Il Consiglio del C.L.N.

Composizione

Il Consiglio del C.L.N. (1946-1949)

Dopo febbrili consultazioni, già a fine ottobre i partiti del C.L.N. comunicano i nomi dei membri designati per il Consiglio Valle, ma ben sette persone che figuravano nella lista non saranno poi nominate: Cerise e Savoini del Partito d'Azione, Carral del Pci, Aymonod e Ciamporcero della Dc, Vincent e Thomasset del Pli (quest'ultimo subentra dopo le dimissioni di Alessandro Passerin d'Entrèves). La lista definitiva, redatta "dalle direzioni centrali dei partiti, su proposta dei loro organi locali, sentito il Comitato di Liberazione della Valle d'Aosta", viene approvata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 29 dicembre 1945 e la nomina, con decreto del Capo del governo italiano, Alcide De Gasperi, è del 4 gennaio 1946. Il giorno prima, nell'ultima riunione ufficiosa, viene concordato dai consiglieri un messaggio bilingue ai valdostani, che è un accorato appello all'unità e alla collaborazione.

I primi 25 consiglieri regionali si ritrovano il pomeriggio del 10 gennaio per la prima riunione ufficiale nella sede di via Ollietti. Questi i loro nomi: Flaviano Arbaney, Beniamino Armand, Lino Binel, Ferdinando Bionaz, Severino Caveri, Giovanni Chabloz, Federico Chabod, Aureliano Chanu, Enrico Cuaz, Francesco David, Ugo De La Pierre, Giuseppe Ferrein, Luigi Fresia, Claudio Manganoni, Giulio Nicco, Renato Nouchy, Ernest Page, Enrico Pareyson, Alessandro Passerin d'Entrèves, Giuseppe Thiébat, Carlo Torrione, Candido Vacher, Luigi Vesan, Maria Ida Viglino e Alessandro Villettaz. La prima adunanza è presieduta dal membro più anziano, il notaio Giuseppe Thiébat; svolge le funzioni di segretario la componente più giovane, Maria Ida Viglino. Il Consiglio procede all'elezione del presidente e il professor Federico Chabod prevale per un solo voto (13 a 12) sull'avvocato Severino Caveri, entrambi designati dal Partito d'Azione; vengono eletti anche gli assessori: Enrico Cuaz (Psi) ai Lavori Pubblici, uigi Fresia (P. d'Az.) alle Finanze, Renato Nouchy (Pci) all'Agricoltura e Foreste, Ernest Page (Dc) alla Pubblica Istruzione ed Enrico Pareyson (Pli) all'Industria e Commercio. "Compromesso, lottizzazione, consociativismo" erano concetti ancora estranei al dibattito olitico, resta il fatto che ogni partito ottiene un assessorato. Nella stessa seduta Paolo Alfonso Farinet viene designato rappresentante del Consiglio Valle in seno alla Commissione di coordinamento.

Severino Caveri, che interviene non lesinando critiche in occasione della presentazione dei decreti luogotenenziali, è già da tempo il leader indiscusso dell'Union Valdôtaine, movimento costituito il 13 settembre 1945 per "réaliser la souveraineté politique du Val d'Aoste par les voies démocratiques afin de seconder l'aspiration du peuple à l'autogouvernement dans le cadre d'une Europe des peuples". L'insoddisfazione di Caveri, dell'Union e di buona parte dei Valdostani per la struttura regionalista del nuovo ente, diventa insofferenza ed aspra polemica dopo la violenta filippica contro la concessione dell'autonomia alla Valle d'Aosta firmata dall'ex presidente del Consiglio dei ministri, Francesco Saverio Nitti, sulla "Gazzetta d'Italia" del 9 febbraio 1946; altrettanto dura la replica del Comité Central dell'Uv, firmata da Flavien Arbaney, Aimé Berthet, Amédée Berthod, Robert Berton, Séverin Caveri, Albert Deffeyes, Félix Ollietti, Ernest Page, Victor Rosset, Jean-Joconde Stévenin, con cui si reclama anche una "garanzia internazionale dei diritti del popolo valdostano". L'argomento viene proposto al Consiglio Valle nell'adunanza del 7 marzo, con un ordine del giorno firmato da Arbaney, Binel, Caveri, Cuaz, Page e Viglino; Chabod, spiegando che la garanzia internazionale limita la sovranità dello Stato italiano e attenta alla sua indipendenza ed unità e che il presidente del Consiglio regionale in nessun caso avrebbe potuto rivolgersi direttamente all'Onu senza passare tramite il ministero italiano degli Affari Esteri, rifiuta di mettere ai voti la proposta. Ne nasce un'accesa discussione al termine della quale Chabod propone un ordine del giorno, redatto da Ferrein e Torrione, di biasimo a Nitti: 9 voti favorevoli, 8 contrari e 4 astenuti per cui un ordine del giorno è respinto.

Il 26 marzo, con un'animata manifestazione di piazza, viene chiesto a gran voce il plebiscito per l'indipendenza e la garanzia internazionale. Una delegazione chiede e ottiene di essere ricevuta dal Presidente, ma le cose precipitano e Chabod rischia di essere defenestrato. Nella seduta consiliare del 29 aprile Chabod rassegna, a sorpresa, le dimissioni per favorire, anzi provocare, "un chiarimento dentro e fuori dall'aula"; le ritirerà su richiesta unanime di tutto il Consiglio. "Per chiarire bene le cose e mettere ognuno di fronte alla propria responsabilità - confida in una lettera ad Alessandro Passerin d'Entrèves - ieri mattina ho dato le dimissioni d'improvviso. Sconcerto generale, anche fra gli oppositori, dichiarazioni di tutti che in questo momento ero insostituibile; in fine, la giunta al completo è venuta a chiedermi di ritirare le dimissioni, ciò che ho fatto. Così anche l'opposizione ha dovuto compromettersi di fronte alla Valle; e ciò, spero, avrà effetto politico."

Il 2 giugno 1946 si svolgono sia le elezioni per l'Assemblea Costituente che il referendum istituzionale. Nelle prime viene eletto il candidato del "Fronte Democratico Progressista", Giulio Bordon, con 21.553 voti contro i 20.091 del candidato democristiano, Paolo Alfonso Farinet. Molto più netta la scelta repubblicana della Valle d'Aosta: 28.166 voti contro i 16.195 per la monarchia. La propaganda affinché sulle schede elettorali venga scritto "nous voulons le plébiscite" ottiene risultati modesti: 3.611 schede nulle per il referendum e 4.386 nell'elezione della Costituente. Chabod, che considera questo risultato un successo, si dimette definitivamente il 17 ottobre. Motivo ufficiale sono i problemi di salute, ma probabilmente gli impegni universitari a Roma e la convinzione di aver definitivamente debellato il pericolo separatista, determinano la sua decisione. Dopo la tragica scomparsa di Chanoux, un altro dei più alti esponenti di quel difficile periodo, esce dalla scena politica valdostana.

Nuovo presidente del Consiglio Valle viene eletto Severino Caveri (anch'egli per un solo voto: 12 contro gli 11 per Luigi Fresia) e l'avvenimento viene sottolineato dall'Union Valdôtaine come l'inizio di un nuovo corso verso la realizzazione delle aspirazioni dei valdostani.

Già da tempo l'attenzione degli intellettuali si era concentrata sullo Statuto. Agli inizi di maggio del 1945 monsignor Jean-Joconde Stévenin aveva presentato, nei locali dell'Académie Saint-Anselme, un progetto articolato che, insieme alla "dichiarazione di Chivasso", alimenta il dibattito sulle competenze amministrative da riservare alla Regione. Da notare, tra gli spunti originali del canonico, il riconoscimento giuridico della Chiesa valdostana, nonché la possibilità riservata ai Consigli comunali di eleggere i consiglieri regionali. Anche il Consiglio Valle lavora ad una proposta di Statuto e il testo definitivo viene approvato all'unanimità il 3 marzo del 1947: il progetto consta di ben 93 articoli distribuiti in 12 titoli e vi sono allegati la planimetria della regione, l'elenco e la denominazione dei comuni, la formula di promulgazione di leggi e regolamenti regionali. Si tratta di un progetto d'autonomia federalista che riserva alla Regione potestà legislative molto ampie; l'elettorato passivo viene riservato ai soli valdostani nati in Valle o ivi residenti da almeno 20 anni mentre per quello attivo ne occorrono 5. In questo periodo i contatti tra Aosta e Roma sono fittissimi e un'apposita delegazione segue i lavori dell'Assemblea Costituente; il 27 luglio viene approvato l'articolo 116 della Costituzione della Repubblica, che recita: "Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto-Adige, al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari i autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali".

Dopo la promulgazione della Costituzione, il 10 gennaio 1948 la "Commissione parlamentare dei 18" inizia l'esame degli Statuti speciali regionali. Tra le tesi dei sostenitori della causa autonomista, come il relatore all'Assemblea Costituente Emilio Lussu, e quelle di coloro che, come Nitti, considerano lo Statuto speciale pericoloso per l'unità dello Stato o ingiustificato privilegio, il risultato è una mediazione sintetica. Lo Statuto viene promulgato dal Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, nella forma di legge costituzionale il 26 febbraio 1948. L'11 marzo il Consiglio regionale vota all'unanimità un ordine del giorno che dimostra chiaramente il sentimento con cui è accolto dai valdostani. In esso, pur riconoscendo che "lo Statuto rappresenta uno sviluppo dell'ordinamento autonomo concesso con il decreto legislativo luogotenenziale", si critica la riduzione peggiorativa e si lamenta che "le rivendicazioni del popolo valdostano non siano state accolte in modo soddisfacente" dichiarando che "fino a quando non vi sarà autonomia finanziaria non vi sarà una vera e propria autonomia degna di tale nome".

Proprio questa istanza, cioè la necessità di "dar gambe", ovvero risorse, all'autonomia impone di richiamare per un attimo nella nostra storia Federico Chabod. Nell'aprile del '46 lo studioso emana il decreto d'apertura del Casinò de la Vallée che autorizza l'istituzione della casa da gioco "per la durata di anni venti", richiamando l'art. 12 del decreto legge luogotenenziale n. 545 del 1945 che attribuisce alla regione competenze amministrative per "iniziative in materia turistica, vigilanza alberghiera, tutela del paesaggio e vigilanza sulla conservazione delle antichità e delle opere artistiche"; infilarci in mezzo una casa da gioco fu senz'altro una forzatura, ma anche un colpo da maestro. Gli incassi nel 1947 sono di 523 milioni di lire, nel '48 arrivano a 774 e nel '50 raggiungono la cifra di un miliardo e 431 milioni.

La legislatura del Consiglio del C.L.N. si chiude con un solo altro episodio di grande rilievo: le elezioni politiche del 18 e 19 aprile 1948. Anche grazie ai voti dell'Union Valdôtaine e all'appoggio del Pli, i candidati democristiani vincono nettamente; il dottor Paolo Alfonso Farinet e l'avvocato Ernest Page, entrambi protagonisti della Liberazione, saranno rispettivamente il primo deputato e il primo senatore valdostani al Parlamento della Repubblica italiana.