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Comunicato n° 58 del 13 febbraio 2003

LA CORTE COSTITUZIONALE HA DICHIARATO NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE SOLLEVATA DAL GOVERNO SULLE MODIFICHE ALLA LEGGE ELETTORALE

Nella mattinata di oggi, giovedì 13 febbraio, a Roma

Le modifiche alle norme per l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta, che prevedono la presenza, in ciascuna lista elettorale e a pena di invalidità, di “candidati di entrambi i sessi”, sono legittime.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale che, nella sentenza emessa oggi, giovedì 13 febbraio, ha infatti dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di due articoli della legge regionale 21/2002 - che modifica la legge elettorale regionale del 1993 -, sollevata dal Governo.

La Corte, inoltre, ha escluso che il requisito per la presentazione delle liste ponga “l’appartenenza all’uno o all’altro sesso come requisito ulteriore di eleggibilità e nemmeno di “candidabilità” dei singoli cittadini”, mentre l’obbligo imposto dalla legge regionale riguarda “solo le liste e i soggetti che le presentano”; ed ha escluso che la modifica realizzi una misura legislativa volutamente “diseguale”, incidendo sui diritti di alcuni cittadini per attribuire vantaggi ad altri, al fine di eliminare situazioni di inferiorità sociale ed economica e di rimuovere disuguaglianze materiali tra le persone.

Prendiamo atto, ancora una volta – sottolinea il Presidente del Consiglio della Valle Ego  Perron – che le osservazioni del Governo, alla base del ricorso, sono state lesive della sovranità del Consiglio regionale e della nostra autonomia e si sono rivelate prive di fondamento, ad ulteriore conferma della fondatezza delle nostre scelte politiche. Con questa sentenza viene così ribadita la specificità della Regione Autonoma Valle d’Aosta ”.

In particolare, la legge costituzionale n. 2 del 2001 (che attribuisce alle leggi elettorali delle Regioni a Statuto speciale il compito di promuovere “condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”) pone l’obiettivo della “parità effettiva fra uomini e donne anche nell’accesso alla rappresentanza elettiva”, collegato “alla constatazione, storicamente incontrovertibile, di uno squilibrio di fatto tuttora esistente nella presenza dei due sessi nelle assemblee rappresentative, a sfavore delle donne”.