Info Conseil

Comunicato n° 10 dell'11 gennaio 2023

Il Consiglio non approva l'effettuazione del referendum consultivo sulla riforma elettorale

 

Nella seduta consiliare dell'11 gennaio 2023, l'Assemblea regionale ha deliberato di non approvare - con 26 voti contrari (UV, AV-VdAU, SA, GM, Lega VdA, PlA), 7 astensioni (FP-PD, FI) e 2 a favore (PCP) - lo svolgimento del referendum consultivo di iniziativa popolare sulla proposta di legge n. 58 del gruppo Progetto Civico Progressista in materia di elezione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta.

È decaduto, invece, un emendamento depositato dal gruppo PCP contenente tre quesiti da sottoporre agli elettori.

La richiesta di referendum consultivo, previsto dalla norma regionale n. 19/2003, era stata presentata il 24 maggio 2022 da un comitato promotore formato da Gabriella Poliani, Elio Riccarand, Raimondo Donzel, Giovanni Girardini e Walter Musso e corredata da oltre tremila firme, con il fine di conoscere l'orientamento degli elettori sulla proposta di legge di riforma elettorale depositata dal gruppo PCP il 26 aprile 2022.

Nella seduta del 13 luglio 2022, l'Assemblea regionale aveva rinviato la decisione di sottoporre a referendum consultivo la proposta di legge in attesa di approfondimenti in prima Commissione consiliare, su cui ha riferito in Aula il Presidente Claudio Restano (GM). «La Commissione con il voto contrario del gruppo consiliare di PCP, ha deliberato di richiedere un parere al professore Massimo Luciani che è stato sentito il 20 dicembre. Il costituzionalista ha affermato che la richiesta di effettuazione del referendum appare, per plurimi profili, di dubbia ammissibilità: innanzitutto, ha per oggetto una proposta di legge di modifica della forma di governo della Regione, la cui approvazione deve rispettare il procedimento aggravato di cui all'art. 15 dello Statuto speciale; inoltre, sebbene il referendum consultivo sia privo di effetti giuridicamente vincolanti, è indetto "prima" di "procedere all'adozione" dei provvedimenti legislativi interessati e, diventando oggetto della discussione consiliare che lo segue, esibisce un rilevante effetto "politico", con un condizionamento delle determinazioni consiliari, che problematicamente potrebbero disattendere l'indicazione referendaria; infine, il referendum consultivo determina comunque un ulteriore aggravamento procedimentale, oltre a quelli già previsti dallo Statuto. Ulteriori ragioni di inammissibilità, secondo Luciani, sono rinvenibili nel fatto che una richiesta di referendum consultivo non può avere l'effetto di superare il giudizio di inammissibilità pronunciato nella deliberazione della Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare dell'aprile scorso. Inoltre, è inammissibile la richiesta referendaria che contenga una pluralità di domande eterogenee che, impedendo una scelta univoca, coartino la libertà del voto.»

Il Presidente della Commissione ha poi riferito che «su richiesta del gruppo PCP è stato sentito il consulente di parte Andrea Morrone, il quale ha evidenziato che il referendum consultivo è legittimo e pienamente ammissibile al voto perché rispetta tutti i requisiti legali previsti dalla legge regionale n. 19/2003 secondo la quale non sussistono ulteriori limiti di ammissibilità né possono essere applicati i limiti previsti solo per il referendum propositivo e abrogativo. Inoltre, la particolare natura consultiva del referendum non impedisce la sua ammissibilità in una materia come quella della “forma di governo” regionale, affidata dall’art. 15 dello Statuto ad una “legge” alla competenza riservata e qualificata del Consiglio regionale, perché, a differenza di un referendum propositivo o decisionale, esso non attribuisce al corpo elettorale il potere di approvare una siffatta legge statutaria, ma solo di esprimere il proprio orientamento nei confronti del Consiglio regionale. Infine, su richiesta della Lega VdA, la Commissione ha deliberato di richiedere eventuali precisazioni al professore Luciani in merito al parere da lui fornito: precisazioni che hanno ulteriormente reso chiaro ed evidente quanto da lui espresso.»

Il dibattito in Aula

«La riforma del sistema elettorale è sicuramente sentita tant'è vero che, sul tema, ci sono anche altre due proposte di legge già depositate e altre non formalizzate, ma rese pubbliche - ha evidenziato la Consigliera di PCP Chiara Minelli -. Sarebbe stato bene fin dal mese di luglio prenderne atto e procedere alla indizione delle consultazioni. Si sarebbe fatto il referendum nello scorso mese di novembre e ora il Consiglio potrebbe essere al lavoro per predisporre la legge regionale. È, invece, mancata la volontà politica di decidere e si è avviata una lunga e discutibile fase di approfondimento in prima Commissione, che in realtà, ai sensi della legge, non avrebbe compiti istruttori rispetto ad una richiesta di referendum consultivo. Ci sono state molte forzature. Prima, quella di chiedere un parere alla Commissione per i procedimenti referendari, che ha giustamente respinto la richiesta, perché non è competente in materia. E poi la successiva forzatura della richiesta di un parere ad un costituzionalista, individuato unilateralmente, senza che fosse scelto e concordato con tutta la Commissione sulla base di più proposte. Noi abbiamo chiesto ad un altro costituzionalista di pari grado di esprimere le sue valutazioni e da questo parere abbiamo avuto conferma della piena legittimità e ammissibilità della richiesta di referendum consultivo.»

«Oggi, a ben otto mesi di distanza dal deposito della richiesta di referendum consultivo, il Consiglio deve prendere una decisione - ha proseguito la Consigliera Minelli -. Il nostro giudizio sulla deliberazione proposta dal Presidente del Consiglio è sostanzialmente positivo. Il documento ripercorre i fondamenti normativi e il percorso che è stato fatto, richiama i contenuti dei pareri che sono stati richiesti ai costituzionalisti e nei tre ultimi commi della premessa apre la strada allo svolgimento del referendum consultivo, non essendo emersi ostacoli ostativi né di tipo procedurale né di tipo giuridico. Manca però la parte deliberativa che spetta oggi al Consiglio. A noi pare che la scelta migliore più utile sia quella di formulare tre quesiti su tre aspetti essenziali della normativa elettorale. Abbiamo quindi predisposto un emendamento con i tre quesiti: "Siete voi favorevoli alla approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che recepisca il principio della elezione diretta della maggioranza e del Presidente della Regione?"; "Siete voi favorevoli alla approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che preveda un premio di maggioranza per la lista o la coalizione vincente?"; "Siete voi favorevoli alla approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che preveda la possibilità di un voto di preferenza per entrambi i generi?". Non è naturalmente un prendere o lasciare, vanno bene anche altre formulazioni, però è evidente che non si può votare la deliberazione in assenza del quesito o dei quesiti.»

Il Capogruppo di FP-PD, Paolo Cretier, ha dichiarato: «Nessuno ha voluto allungare il brodo su questo tema così delicato che è stato oggetto di un complicato iter in Commissione tra consulenze, pareri, audizioni. Non mettiamo in discussione la volontà del referendum legata ai firmatari, ma ci interroghiamo sull’opportunità del percorso scelto. Non era più semplice presentare una proposta di legge e rendere il Consiglio al centro del potere legislativo e dell’azione che giustifica la sua esistenza, piuttosto che tentare un percorso molto complicato, una situazione nuova da sperimentare complessa e con qualche debolezza normativa? Come Partito Democratico, già a luglio 2022 abbiamo fatto una proposta concreta da condividere, non un testo di legge definitivo ma dei punti necessari da condividere e da prendere in carico, purtroppo le risposte sono state poche e non ufficiali, era una proposta che si poteva valutare ma ancora del tutto attuale e valida. Per quanto riguarda i pareri dei due costituzionalisti in Commissione, entrambi ci hanno eloquentemente spiegato i limiti della norma e del numero consistente di quesiti presenti nella proposta di legge 58. È quindi evidente che mancano i requisiti elementari di "omogeneità, chiarezza, completezza e unicità di matrice". Manca, ad esempio, un chiaro quesito binario "sì o no". Sicuramente il referendum è una bella espressione di partecipazione politica popolare, un legame forte fra comunità (o una parte di essa) e l'organo pubblico, insomma una espressione di orientamento e di valutazione. Ma deve essere il Consiglio regionale che si prende l'onere e l'onore di scrivere una legge, in breve tempo, chiara e completa nel confronto delle forze politiche presenti in questa Aula: una priorità - come avevo richiesto personalmente in una delle ultime riunioni di PCP - era che nel 2023, a metà mandato, si scrivesse la norma per rendere stabile la Legislatura per almeno 5 anni. Certo ogni partito, movimento, gruppo consiliare avrà delle puntuali richieste da evidenziare, ma alcuni punti fermi devono essere scritti chiaramente e devono essere il fondamento su cui costruire una solida e duratura maggioranza, alcuni mi hanno ricordato che non esistono "maggioranze bulgare" la storia del Consiglio ci ricorda che di inciampi ve ne sono stati tanti.  Quindi sono gli eletti che devono essere responsabili, propositivi, efficaci e veloci. Infine, in Commissione, sui giornali, nelle conferenze stampa si è detto molto della “stabilità”: mi fa specie - e mi assumo la responsabilità della dichiarazione - che la stabilità sia citata da chi l’ha minata nel 2021.»

«La forma di governo è fondamentale per il futuro della Valle, ma non si può farla a colpi di referendum - ha detto l'Assessore Luciano Caveri a nome del gruppo AV-VdA Unie -. Il Consiglio ha normato in maniera bizzarra l'istituto del referendum propositivo, che va a sostituirsi agli eletti, ma ricordo che il nostro è un sistema democratico elettivo e questo forzare la mano non è condivisibile. Viviamo in una democrazia rappresentativa: sentirmi dire che dobbiamo fare il referendum perché lo chiede il popolo: è populismo e demagogia allo stato puro. Se decidiamo che la democrazia passa attraverso internet e i social, smettiamo di fare politica e cominciamo a lavorare su algoritmi per una democrazia digitale che personalmente non mi piace e che mi spaventa. Assistiamo alla nascita di comitati che vogliono delegittimare la logica assembleare della nostra democrazia, ma non esiste un potere sostitutivo agli organismi democratici. Non si può immaginare che una legge statutaria, quale quella sulla forma di governo, sia una legge come le altre. Questa è una legge che dà la possibilità di fare il referendum a posteriori: non c'è nulla di impositivo. La nostra Assemblea si troverà di fronte alla necessità di una riforma profonda e intelligente delle nostre Istituzioni: non possiamo fare finta di niente di fronte all'instabilità e al rischio di delegittimazione del nostro Consiglio di fronte a eterni litigi e incomprensioni. Dobbiamo affrontare il tema con serietà. Oggi dire di no al referendum non è un grave attentato alla democrazia e alla partecipazione popolare: anzi, i promotori di questa iniziativa dovranno cominciare a riflettere sul fatto che la politica è confronto, sia all'interno che all'esterno di questo Consiglio, con chi ha a cuore i destini della nostra comunità. Non mi hanno convinto i promotori né il professor Morrone, mentre mi ha convinto il professor Luciani. A nome del gruppo esprimo quindi un parere negativo rispetto ad un uso demagogico, populistico e profondamente sbagliato di questo istituto: faremmo uno stupro del nostro Statuto di autonomia e questo non ce lo possiamo permettere.»

Il Consigliere dell'UV Giulio Grosjacques si è soffermato sui due pareri dei costituzionalisti espressi in Commissione: «Il professor Luciani risponde ai quesiti chiesti dalla Commissione e non per limitarne il margine di operatività ma per dare le informazioni necessarie alla formazione di un giudizio chiaro e completo. Il professor Morrone ha, invece, analizzato nel dettaglio il parere di Luciani. Quest'ultimo ha chiarito che il referendum consultivo, anziché concentrarsi su un testo normativo, genera confusione e non rispetta la sua funzione, dal momento che dovrebbe essere orientato a conoscere la posizione degli elettori su un tema specifico e non su un intero testo di legge. Quindi la maggioranza non proporrà i quesiti referendari perché ritiene questa iniziativa inammissibile. Tuttavia, il richiamo a una nuova legge elettorale che vada nella direzione della governabilità da realizzare entro il 2023 dev'essere fatto nostro e, una volta completato il testo, sarà possibile indire un referendum per chiamare i valdostani ad esprimere il loro giudizio sulla norma. Non c'è stata inerzia o mancanza di interesse della maggioranza su questo argomento. In questi due anni ci siamo dovuti concentrare ad arginare gli effetti di una crisi pandemica senza precedenti che ha messo in difficoltà l'intero sistema economico valdostano. Abbiamo spesso sentito parlare di instabilità politica ma mi spingerei oltre, dicendo che, in questi ultimi anni, si è assistito a una degenerazione della politica: ci sono state delle materie di competenza del Consiglio che sono state oggetto di diffide, denunce, esposti alla magistratura ordinaria e contabile che hanno segnato la vita di molti Consiglieri e ne hanno condizionato l'attività personale e politica. Questo non è il corretto esercizio della democrazia che ci viene chiesto dagli elettori. Il popolo, che viene chiamato alle armi tutte le volte che queste iniziative non hanno dato il risultato sperato, si è già espresso dando fiducia a chi siede in questo Consiglio, luogo deputato alla discussione della materia elettorale.»

Il Consigliere di Forza Italia Mauro Baccega ha rilevato che «in tutti i programmi elettorali, le forze politiche hanno rappresentato la necessità di cambiare la legge elettorale per dare stabilità e concretezza all'azione amministrativa. Oggi, la scelta che dobbiamo fare è importante, ma è altrettanto importante dare alla Valle d'Aosta la miglior legge elettorale. Noi abbiamo depositato una proposta di legge sulla tematica, perché fa parte del nostro ruolo di Consiglieri, e avevamo aderito al comitato promotore per la riforma elettorale: c'era un unico elemento di sintonia che era quello dell'elezione diretta del Presidente della Regione, ma volevamo dare significato alla volontà di andare nella direzione di trovare una quadra per portare la legge elettorale all'attenzione del Consiglio. Il lungo dibattito ha portato ad una significativa svolta. A fronte di due pareri sui quali sono nate delle perplessità, noi, in quanto Consiglieri, abbiamo preso in forte considerazione quello del costituzionalista Luciani che il Consiglio regionale ha messo a disposizione della Commissione. Poi è iniziata la farsa: si è chiesto al professor Luciani un ulteriore chiarimento a fronte del parere del professor Morrone richiesto dal gruppo PCP. Ci sono delle oggettive difficoltà a interpretare questi pareri. Noi rileviamo che è necessario e opportuno che la legge elettorale vada rivista, perché quella attuale è sconcertante e non risponde alla realtà. Dobbiamo affrontare l'argomento in quest'Aula: mettiamoci insieme e decidiamo. Dobbiamo mettere fine a questa stagione di instabilità politica e fare una legge che dia certezze e solidità all'azione amministrativa. Una legge elettorale fatta dal Consiglio regionale: si può e si deve fare. Siamo contrari a questo percorso del referendum per fare la campagna elettorale solo di alcuni.»

«La Lega è tutt'altro che contraria alle forme di partecipazione, ma ci sono regole che non devono essere dimenticate dai politici - ha affermato il Consigliere Paolo Sammaritani (Lega VdA) -. Populisticamente è stato detto che chi si è schierato contro questo referendum non voleva riformare la legge elettorale ma questa è una semplificazione del messaggio, distorsiva e non corretta. Alla luce dei pareri dei costituzionalisti abbiamo avuto la conferma che non è opportuno deliberare in Consiglio senza avere informazioni chiare. La giurisprudenza della Corte costituzionale ci dice che è erroneo comparare i referendum, anche quelli consultivi a un qualsiasi esercizio della libertà di manifestazione del pensiero da parte di più cittadini. Si tratta, inoltre, di istituti tipizzati che devono svolgersi nelle misure e nei limiti stabiliti dalla legge. In questo senso, ricordo che il referendum non è "a schema libero" e per questo è necessario avere quesiti individuabili chiaramente. Questo referendum d'iniziativa popolare è fatto su un intero provvedimento di legge molto articolato, ricco di una quindicina di principi cardine. Allora, per correttezza, bisognerebbe interrogare il votante su tutti questi principi contenuti. Le firme sono state raccolte sull'intera legge e oggi si vuole estrapolare solo qualche quesito. Questo significa disattendere la volontà di chi ha firmato. Inoltre, la norma non dice che sia il Consiglio a definire i quesiti e sarebbe bene che chi ha raccolto le firme formulasse le domande nel rispetto della volontà di tutti i firmatari. Non sappiamo se chi ha firmato volesse esattamente questo. Abbiamo forti dubbi sull'ammissibilità e utilità di questo referendum che avrebbe come risultato, non quello di orientare, ma di disorientare l'elettore. Dovendo scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile noi sceglieremo ciò che è giusto e per questo non voteremo.»

Il Capogruppo di Pour l'Autonomie, Marco Carrel, ha osservato che «questa è una scelta politica. A fronte delle due proposte di legge presentate sulla tematica - quella di PCP e quella di FI -, come gruppo e come movimento abbiamo iniziato a discutere al nostro interno: porteremo in Consiglio le nostre proposte, perché è questa la sede dove discutere di queste tematiche. Riguardo al referendum consultivo - che ci tengo a sottolineare non è vincolante -, andare oggi a chiedere il parere dei valdostani su di una proposta che rappresenta solo due Consiglieri su 35 non ha senso. Cosa diversa sarebbe stata se questa proposta fosse stata condivisa da almeno la maggioranza dei Consiglieri: almeno c'era un senso, perché avrebbe potuto evitare il referendum confermativo successivo. Il senso della delibera di oggi è difficile da capire: chiediamo ai valdostani di pronunciarsi su di un argomento che non abbiamo ancora discusso in quest'Aula e su cui sarà quest'Aula a decidere. Il rapporto tra Istituzioni e popolazione è delicato, difficile da gestire, di cui non dobbiamo abusare: oggi, rischiamo di abusare di populismo e di incrinare ancora di più questo rapporto. Ecco perché siamo favorevoli a trovare una soluzione in Consiglio e ribadiamo la nostra volontà di affrontare queste tematiche. Il lavoro della prima Commissione è stato prezioso perché, grazie ai pareri dei due costituzionalisti, ha fatto luce sui quesiti, ma non è questo di cui dobbiamo discutere. L'invito che recepisco dai firmatari è che dobbiamo lavorare sulla riforma elettorale: quando ci sarà una maggioranza qualificata e con le idee chiare, potremo allora decidere se ci sarà un referendum. Questo è l'iter rispettoso nei confronti della popolazione, per non rischiare di prendere in giro i valdostani. Non abusiamo dell'uso e della pazienza dei cittadini: non è questo il modo ideale di rappresentare la Valle d'Aosta e i cittadini.»

La Capogruppo di PCP, Erika Guichardaz, ha ricordato: «Non stiamo votando la legge sulla riforma elettorale, ma per decidere se fare o meno un referendum, per sentire il parere della popolazione. Ricordo poi che noi abbiamo depositato la legge nove mesi fa e, a parte Forza Italia e delle slides generiche del PD, nessuno ha presentato altro e oggi tutti parlano di "una priorità". Mi sembra che si stiano prendendo in giro i valdostani. La partecipazione è il momento più alto in cui la politica si esprime e noi, non solo non ci sentiamo sminuite nel nostro ruolo, ma ascoltiamo anche quei cittadini che attraverso i comitati danno il loro contributo attivo all'azione politica e li ringraziamo. E porto solo due esempi: l'azione di Valle Virtuosa che ha bloccato la costruzione del pirogassificatore e il comitato "Discarica sicura" che ha fatto emergere le criticità della discarica di Pompiod. L'iniziativa referendaria è stata sostenuta da tanti valdostani che non appartengono al nostro schieramento e che mai ne faranno parte. Rispedisco quindi al mittente le accuse della ricerca di nuovi "adepti" o di trasformismo. Noi continuiamo a essere chiare e coerenti.»

Il Capogruppo di Forza Italia, Pierluigi Marquis, ha dichiarato: «Gli approfondimenti condotti in prima Commissione hanno evidenziato una complessità della situazione che va oltre quanto si potesse immaginare e che presenta molte incognite sotto sul profilo giuridico. Come Forza Italia, noi crediamo nell'elezione diretta del Presidente della Regione e in questo solco abbiamo presentato una proposta di legge, ma ci rendiamo conto di non avere il 51% per cui siamo disponibili al confronto tra le forze politiche per poi trovare una sintesi all'interno del Consiglio regionale. Oggi non ci riconosciamo nei quesiti proposti dal gruppo PCP: la nostra posizione iniziale, quando abbiamo aderito al CRE, rifletteva quella dell'elezione diretta del Presidente della Regione e della formula di governo. La situazione, a seguito dell’approfondimento fatto in Commissione, è profondamente cambiata: ci sono forti dubbi sull’ammissibilità giuridica dell’iniziativa ed inoltre i quesiti proposti sono una interpretazione soggettiva a posteriori della volontà dei sottoscrittori della richiesta di referendum. Pertanto, non sono sostenibili in quanto trattano anche questioni su cui abbiamo un approccio divergente nella nostra proposta di legge. Per evitare ulteriore confusione, è quindi importante che il Consiglio lavori su di una proposta la più condivisa possibile per dare stabilità alla Regione per poi sottoporla, in modo serio, eventualmente, al referendum confermativo. Questo è l'approccio corretto. Fare populismo e demagogia su un tema di questo rilievo non risolve il problema e fa del male alla comunità valdostana: per noi è più importante lavorare ad una soluzione concreta.»

«Come Evolvendo - ha specificato il Consigliere Claudio Restano (Misto) - riconosciamo l'importanza del referendum popolare e della democrazia partecipata così come ci riconosciamo nell'elezione diretta del Presidente della Regione. Tutte le forze politiche che si sono candidate hanno dichiarato la necessità di fare una riforma elettorale partecipata, che raccolga le proposte di tutti i gruppi consiliari, altrimenti si rischia di fare una legge catastrofica, come quella con cui abbiamo votato. Cerchiamo di ottenere almeno i due terzi dei consensi all'interno di questo Consiglio: questo obiettivo si raggiunge con il confronto, ognuno portando la propria visione, ma con la consapevolezza che il risultato primario è quello di dare più stabilità ai governi; in quanto al percorso, lo decideremo insieme. Noi non ci stiamo quando gli strumenti di democrazia partecipata vengono utilizzati e strumentalizzati da pochi per raggranellare un po' di consenso. Assicuro fin d'ora la mia disponibilità a partecipare a lavori e confronti per addivenire ad una legge seria, condivisa e partecipata all'interno di questo Consiglio. Se poi la legge dovrà essere sottoposta a referendum confermativo, lo faremo, perché crediamo in questo istituto.»

A proposito della legge referendaria, il Capogruppo di UV, Aurelio Marguerettaz, ha evidenziato che «anche questa andrebbe migliorata, dal momento che ha una serie di aree grigie dove è difficile muoversi, come hanno evidenziato anche il professor Luciani e i Saggi. Il Consiglio deve lavorare su entrambe le norme e, per quanto riguarda quella elettorale, deve fare in modo che garantisca tutti e non i singoli partiti o una serie di comitati. Il fatto che due trentacinquesimi di questo Consiglio vogliano imporre il loro modello è un po' singolare. Tuttavia, riconosco loro la bravura di introdurre argomenti con il principio del "Cavallo di Troia": dicendo che il sistema non è stabile, propongono l'elezione diretta del Presidente, senza però mettere in evidenza tutta una serie di altri temi. Trovo anche singolare che tra i soggetti promotori del referendum vi siano quei partiti che non hanno raggiunto il quorum alle elezioni passate e adesso ne chiedono l'abbassamento. Si parla di stabilità politica e poi si va a frazionare la rappresentanza in Consiglio. Per quanto riguarda l'intervento dei costituzionalisti in Commissione, ricordo che, come Consiglio regionale abbiamo chiesto un parere super partes al professor Luciani, mentre l'incarico del consulente tecnico di parte individuato da PCP, a prescindere dall'autorevolezza del costituzionalista, ha un'altra finalità. Commento e parere sono due cose diverse.»

Il Capogruppo di Stella Alpina, Carlo Marzi, ha commentato: «In democrazia rappresentativa ognuno di noi rappresenta la propria parte politica e, senza vincolo di mandato, i cittadini che lo hanno eletto, non per questo la propria visione del mondo deve essere accettata tout court dalle altre componenti il Consiglio. Bisogna mediare con gli altri e trovare accordi comuni, a maggior ragione su temi così importanti. Nel caso specifico, stiamo assistendo ad un paradosso: in un Assemblea dove si è deputati a legiferare sulle regole del gioco, e quindi sulle leggi elettorali, si propone in solitudine e senza cercare mediazioni di delegare ad altri un proprio compito primario. Non è opportuno per il Consiglio, per il ruolo che ricopriamo e per i cittadini far credere che questo sia il modo corretto di agire.»

Il Presidente del Consiglio, Alberto Bertin, in qualità di Consigliere di FP-PD, ha osservato che «il comitato promotore si è costituito a suo tempo per promuovere un referendum propositivo sulla riforma elettorale, che è poi stato dichiarato inammissibile dal Comitato per i procedimenti referendari, e ha poi riproposto tale e quale l'iniziativa sotto forma di referendum consultivo sulla proposta di legge n. 58. La proposta di legge in questione è ampia e dettagliata: sono, questi, elementi che hanno influenzato il prosieguo del percorso e creato una serie di problematiche. È stato utile chiedere un approfondimento in Commissione: i costituzionalisti hanno evidenziato come il referendum consultivo sulle materie di cui all'articolo 15 dello Statuto sia possibile, ma al contempo hanno rappresentato problematiche procedurali e di sostanza, paventando peraltro ricorsi. Questioni che rischiano di indebolire lo strumento referendario, facendo un cattivo servizio alla democrazia partecipativa. Da federalista, sono un convinto sostenitore del referendum e della partecipazione dei cittadini: istituto che va valorizzato seguendo il modello svizzero. Ci vuole un cambio di mentalità, sapendo che il referendum non è la rivincita delle elezioni, è qualcos'altro. Bisogna, però, avere uno strumento che funzioni: è quindi importante rivedere la normativa sul referendum, così come anche evidenziato dal Comitato per i procedimenti referendari. Il CRE ha avuto il merito di tenere alta l'attenzione sulla necessità di intervenire sul tema della riforma elettorale: il Consiglio reginale deve prendersi l'impegno di rivedere in poco tempo la normativa, condivisa il più possibile, e a mio avviso sottoporla, indipendentemente dal consenso raggiunto, ad un referendum confermativo per fare pronunciare i cittadini sul risultato ottenuto.»

«La volontà popolare dev'essere tutelata attraverso la chiarezza della legge - ha affermato il Consigliere Andrea Padovani (FP-PD) -. È la prima volta che affrontiamo il tema del referendum consultivo e, le prime volte, creano precedenti. Per questo motivo, bisogna fare in modo che siano corrette dal punto di vista giuridico. I pareri forniti dai due costituzionalisti ci hanno illustrato i limiti e le difficoltà di questo iter elettorale. Primo tra tutti, lo scoglio dell'individuazione di quesiti chiari visto che si vuole unire la riforma di governo con la legge elettorale. Questo richiederebbe una quindicina di quesiti specifici a sé stanti e per alcuni dei quali, la semplice risposta "si" o "no", non sarebbe sufficiente a chiarire la posizione dell'elettore sul punto. Chiedere al Consiglio di trovare delle sintesi per rendere i quesiti più omogenei possibile è sbagliato soprattutto nei confronti dei firmatari di questa proposta di iniziativa popolare. Trovo anche scorretto utilizzare il referendum come un'arma politica o come un "secondo tempo delle elezioni" perché squalifica queste forme di espressione della volontà popolare. Sicuramente la norma deve essere rivista per dare a tutti noi la possibilità di deliberare dei referendum chiari e nei prossimi sei mesi sarà necessario rivedere anche la legge elettorale.»

Il Capogruppo della Lega VdA, Andrea Manfrin, ha chiarito che «se anche questo referendum si tenesse e anche se dovesse avere una sua affermazione, noi non avremmo comunque una legge elettorale! Il Consiglio Valle non ha mai dibattuto sulla materia e, ad oggi, non esiste un testo su cui dibattere. Le regole del gioco che disciplinano la vita democratica devono essere scritte a larghissima maggioranza mentre qui, invece, siamo di fronte ad una situazione proposta da una ridottissima maggioranza. Non trovo neanche corretti i tentativi di pressione esercitati tramite le dichiarazioni e gli annunci a mezzo stampa, le insistenti richieste di incontro con i Comitati e le richieste di sottoscrizione di petizioni online. Rilevo inoltre che sia l'abbassamento del quorum che quello del numero di firme per la presentazione delle liste porterebbero a un maggiore frazionamento del Consiglio. Infine, il parere acquisito dalla Commissione è uno solo e delinea in modo inequivocabile la situazione.»

 

SC-LT