Objet du Conseil n. 313 du 10 février 2021 - Resoconto
OGGETTO N. 313/XVI - Approvazione di mozione: "Iniziative per l'intitolazione a Salvatore Radizza di un luogo idoneo a ricordarne l'importanza storica, quale simbolo del massacro delle foibe".
Bertin (Presidente) - Alla presenza di 31 Consiglieri, possiamo iniziare ad analizzare l'ordine del giorno pomeridiano.
Come deciso dalla conferenza dei capigruppo nella giornata di ieri, l'ordine del giorno di questo pomeriggio inizierà con la mozione n. 48 all'ordine del giorno. Per l'illustrazione della mozione, il consigliere Manfrin ne ha facoltà.
Manfrin (LEGA VDA) - Con questa iniziativa, con questa mozione, abbiamo la possibilità, come abbiamo fatto questa mattina nella maniera più approfondita, di celebrare una giornata importante, la giornata del ricordo, istituita con legge dello Stato, legge 92/2004, per restituire una dignità a una tragedia tutta italiana, quella delle foibe, che riguarda l'esodo di centinaia di migliaia di persone dai luoghi natii con una deportazione forzata - quella appunto dell'esodo - che ha distrutto famiglie, storie, tradizioni, culture e ha privato 350 mila persone di ogni cosa. Una tragedia nella tragedia, se pensiamo alla terribile fine riservata a un numero che ancora oggi purtroppo non è certo: gli storici non concordano, c'è chi dice 5 mila, c'è chi dice 20 mila; tendenzialmente la cifra su cui si è più o meno concordato è quella di 10 mila.
Queste 10 mila persone vennero massacrate in maniera orribile, spesso prelevate da casa con la forza, con la violenza, alcune stuprate, altre orribilmente torturate e poi giustiziate dopo aver cercato di far confessare loro con queste indicibili torture qualcosa di assurdo, qualche segreto militare, qualche cospirazione contro chi governava all'epoca e poi dicevo giustiziate, gettate a volte da sole a volte a gruppi nelle profonde e frastagliate doline carsiche.
A volte le modalità di esecuzione prevedevano che venissero legati a gruppi di venti, con il fil di ferro, venissero portati sul ciglio di queste doline di queste foibe, di queste profonde spaccature del terreno, ne venisse ucciso uno con un colpo alla nuca e il peso di questi trascinasse gli altri ancora vivi a fondo. Per ovviare al fatto che queste persone rimanevano vive a volte, dopo giorni di sete e di dolori lancinanti, venivano gettate delle bombe a mano dentro queste spaccature del terreno.
Tutte queste persone avevano le professioni più disparate, erano militari, erano poliziotti, erano insegnanti, erano funzionari pubblici, erano commercianti - come nel caso di Salvatore Radizza - e avevano le idee più differenti. C'erano i fascisti, c'erano i liberali, fino ad arrivare ad alcuni partigiani comunisti. Avevano però tutti una caratteristica in comune: rappresentavano l'italianità di quelle terre, rappresentavano il legame che il nostro Paese aveva con quelle terre ed erano, evidentemente, un ostacolo per chi aveva messo gli occhi su quei territori.
Ed è qui che nasce la storia di Salvatore Radizza, commerciante, come detto prima, anche lui inerme di fronte all'odio barbaro e selvaggio di chi lo percepiva come un ostacolo e - come ci ha raccontato sua nipote, dopo aver sentito raccontare la storia da suo padre - fu prelevato per degli accertamenti dall'allora Polizia titina per poi non essere più rilasciato e infine infoibato con immensa crudeltà il 2 ottobre del 1943.
Questa iniziativa arriva dopo due anni di ricerche e approfondimenti; era cominciata nel 2019, proprio in occasione della giornata del 10 febbraio che aveva visto una celebrazione con un ricordo dedicato da Davide Giandrini presso la Cittadella dei Giovani di Aosta, un'iniziativa davvero bellissima, splendida, che aveva raccontato una storia di vita vissuta al periodo appunto delle foibe e che ci ha permesso ovviamente di raccogliere il consenso della famiglia ma di raccogliere anche una storia e una testimonianza, ed è una storia che è stata tramandata proprio dal figlio di Salvatore Radizza, Antonio Radizza, che ha vissuto sulla propria pelle l'esilio dal suo territorio natio, dal suo paese natio, che ha perso suo padre in nome di una conquista territoriale voluta da un regime dittatoriale, ma che ha saputo rialzarsi, ha saputo arrivare, al termine di una lunga carriera militare, a comandare lo storico Battaglione Aosta con il grado di Tenente Colonnello, stabilendosi nella nostra regione fin dal 1966.
Quest'iniziativa arriva anche con il consenso dei due nipoti, Elena - oggetto della consegna del riconoscimento conferito dal Presidente della Repubblica nel 2006 e consegnato dall'allora presidente del Consiglio Cerise - e di Salvatore Paolo, anch'egli legatissimo alla Valle d'Aosta, che ha seguito le orme militari del padre e che è arrivato a comandare il Centro Addestramento Alpino con il grado di Generale di Brigata.
Riteniamo quindi - alla luce di questi fatti, alla luce della tragedia che oggi siamo chiamati a ricordare all'interno delle istituzioni, al di fuori, siamo chiamati a trasmettere - che sia assolutamente necessario lasciare un'importante memoria di questi luttuosi fatti, affinché il ricordo di questi tragici eventi rimanga vivo, venga raccontato e spiegato, per fare in modo che tali azioni non debbano ripetersi mai più.
Per questo motivo, con questa mozione, chiediamo che si assumano le iniziative necessarie all'intitolazione a Salvatore Radizza di un luogo idoneo a ricordarne la figura e l'importanza storica, quale simbolo del ricordo sia del massacro etnico delle foibe sia dell'esodo di Istria, Fiume e Dalmazia.
Concludo dicendo che questa iniziativa - accogliendo più che altro un suggerimento che ci è stato trasmesso - riporta nell'impegnativa un impegno per il Presidente e l'Ufficio di Presidenza ed è una formula che abbiamo utilizzato perché era stata utilizzata così nella stessa maniera per l'intitolazione di un precedente personaggio, quale Lussu, ovviamente ci è detto che c'è la possibilità di avere un margine di manovrabilità, chiamiamola così, di possibilità per l'intitolazione più ampio indirizzandolo alla Giunta e quindi evidentemente proponiamo questo auto emendamento semplicemente indirizzando alla Giunta questa nostra mozione.
Presidente - siamo in discussione generale, consigliere Carrel ne ha facoltà.
Carrel (PA) - Quindici giorni fa quest'Aula si è ritrovata a celebrare la giornata della Memoria e oggi, il 10 febbraio, è dedicato alle celebrazioni del giorno del Ricordo per tutte le vittime, milioni di Italiani, che sono state massacrate a Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Mi piace ricordare le parole di Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica, che quindici anni fa nel giorno del ricordo disse: "l'odio e la pulizia etnica sono stati l'abominevole corollario dell'Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati".
Il giorno del Ricordo e il giorno della Memoria sono due giornate molto importanti e molto simili, dobbiamo ricordare di non cadere più nella violenza, una follia che non ha colore o appartenenza, ma che è unitariamente da condannare, celebrando questi momenti per far permeare nella cultura delle giovani generazioni quello che non può essere e che non potrà mai più essere.
Presidente - Altri intendono intervenire? Chiudiamo la discussione... consigliere Perron ne ha facoltà.
Perron (LEGA VDA) - Dopo l'8 settembre 1943 venne meno l'autorità dello Stato italiano in Istria. La prima ondata di persecuzioni durò circa un mese, proprio all'indomani di tale data, e venne colpito non solo chi avesse avuto a che fare con lo stato fascista ma anche chi fosse di etnia italiana oppure fosse uno Sloveno o un Croato non comunista, per esempio militante cattolico o liberale.
A questa fase poi ne seguì un'altra, dal maggio '45 in poi, che aveva lo scopo di generare terrore per far uscire da quei territori gli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, popolazioni che erano lì da secoli. Vi furono processi sommari, prelevamenti, uccisioni e infoibamenti, questo triste termine, infoibamento, ormai è entrato nel linguaggio comune; per chi non lo sapesse, per chi ci sta seguendo, le foibe sono quelle depressioni carsiche a forma di conca sul fondo delle quali scorre acqua e nelle quali vennero gettati i cadaveri, o peggio, come si è già detto, persone ancora vive, vittime della pulizia etnica e ideologica dei comunisti e partigiani di Tito.
Con la firma del Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, l'Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, all'Istria e a parte della Provincia di Gorizia.
A seguito di questi fatti, seguì un grande esodo - in cui un numero già stimato precedentemente dal collega, queste sono le stime che abbiamo - tra 250 mila e 350 mila persone furono costrette a fuggire dalla loro terra a causa della repressione che fu di vari aspetti, perché ci fu quella politica, ci fu quella etnica, ci fu quella religiosa, ci fu la nazionalizzazione del territorio che vide la sottrazione della proprietà privata di molte famiglie italiane.
Il tema di questa tragedia è ormai istituzionalizzato, lo sappiamo, patrimonio della nazione a partire dal 2004 quando venne istituito il giorno del Ricordo, ma questa memoria è stata avversata per decenni - questo è un tema grande che va affrontato - da una parte ideologica e questo tema fa fatica ancora oggi, e per gli stessi motivi, a entrare nelle scuole e nella coscienza collettiva.
Ci sono stati dei crimini che sono stati taciuti in Italia per connivenze ideologiche e per convenienza politica, perché c'era il tabù della cortina di ferro a dividere i due mondi, perché questi fatti incrinavano i rapporti politici con la vicina Jugoslavia e perché in Italia avevamo un partito comunista tra i più forti dell'intero mondo atlantico il quale aveva rapporti diretti con Mosca e aveva avallato la presenza del IX Corpus jugoslavo nel Friuli.
Quindi le motivazioni per l'omertà, o peggio la negazione - la negazione esiste ancora oggi, basta farsi un giro su Facebook, la negazione di questi fatti esiste ancora oggi -sono tante e sono giuste soltanto per chi ancora oggi rivendica un passato ideologico da difendere. Le motivazioni sono invece sbagliate, direi, e qui possiamo convenire per tutti gli altri, perché la storia non si fa con retorici e spesso ipocriti giudizi morali, si fa con lo studio, i dati, la comprensione profonda degli avvenimenti e con il ricordo.
Sono passati oltre settanta anni da quei tragici giorni e finalmente possiamo e dobbiamo sentirci liberi di ricordare quegli avvenimenti.
È in quest'ottica che proponiamo oggi la nostra iniziativa.
Presidente - Altri? Consigliere Padovani, ne ha facoltà.
Padovani (PCP) - "E allora le foibe?" non è soltanto il titolo di un interessante libro uscito recentemente, ma è anche il ritornello tipico di chi sostiene che si parla troppo della shoah e troppo poco delle foibe.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di foibe? Cosa è successo realmente?
A leggere gli articoli di alcuni giornali e a sentire le dichiarazioni di alcuni politici sul numero delle vittime delle foibe, si va dalle decine di migliaia passando per le centinaia di migliaia fino ad arrivare a oltre un milione. Negli anni poi tutta la vicenda dell'esodo istriano-dalmata è diventato oggetto di polemiche sempre più forti e violente, frutto di una strumentalizzazione politica del tema. La verità storica, frutto dei risultati raggiunti dalla ricerca storica, è però molto distante dal discorso pubblico sul tema.
Questo racconto distorto degli eventi ha contribuito a dare consenso a chi usa in maniera falsa e strumentale la storia per capovolgere i valori fondanti della nostra Repubblica, che sono quelli dell'antifascismo e della resistenza, e che ha contribuito a dare visibilità a quelle organizzazioni che vorrebbero condannare l'intero fronte antifascista, i valori che incarnava, capovolgere la storia e presentare i fascisti solamente come vittime innocenti.
Il fascismo ha contribuito a scatenare la guerra peggiore che l'umanità ricordi e ha combattuto fino all'ultimo dalla parte del nazismo, di chi faceva della violenza un valore, di chi voleva sterminare interi popoli per motivi razziali.
Questo va ribadito con chiarezza, pur condannando i crimini delle foibe, lo voglio ripetere, pur condannando crimini delle foibe.
Quella presunzione di superiorità culturale e razziale che contraddistinse l'Italia fascista, la stessa impose l'italianizzazione forzata a quelle centinaia di migliaia di Slavi che si trovarono a vivere dentro i nuovi confini italiani dal 1918 in poi.
Furono così italianizzati obbligatoriamente i nomi, i cognomi e i toponimi, lo sloveno e il croato furono proibiti persino nei paesi dove non c'erano abitanti di lingua italiana, come in molte località del Carso, e gli Slavi erano svantaggiati in campo sociale, economico, scolastico, lavorativo, tutto ciò nella presunzione che queste persone avrebbero abbracciato l'identità italiana, perché considerata dal regime fascista superiore.
Così ovviamente non fu e molte persone soggette a questa pressione per più di vent'anni finirono per covare odio verso chi li opprimeva, ovvero lo Stato italiano e i suoi rappresentanti.
Il falso mito degli "Italiani brava gente" ha cacciato nell'oblio i crimini fascisti non solo durante l'occupazione dei Balcani nella Seconda Guerra Mondiale, occupazione della quale quest'anno ricorre l'ottantesimo anniversario, ma forse ancora di più negli anni '30 in Libia e in Etiopia.
Questo ha consentito di costruire un'immagine edulcorata dei comportamenti dei soldati e dell'Esercito italiano nel suo complesso, appunto quello stereotipo del bravo italiano sempre umano e generoso anche quando occupa i territori altrui.
Questo immaginario è molto lontano dal vero, l'esercito fascista agiva nei territori occupati con una logica repressiva spietata. In Jugoslavia il comportamento del nostro esercito è paragonabile a quello che caratterizzò in seguito l'esercito tedesco occupante in Italia.
L'obiettivo primario era terrorizzare le popolazioni civili per impedirgli di dare supporto alla resistenza e terrorizzarle tramite incendi, distruzioni, catture di ostaggi, fucilazioni per rappresaglia e la creazione di campi di concentramento dove vennero internati circa 100 mila Jugoslavi, in gran parte civili.
Nel discorso politico-mediatico quando si parla dell'esodo si parla comunemente di espulsione della popolazione italiana. Tutti gli storici che hanno studiato il fenomeno affermano che dire questo è scorretto. L'esodo è un fenomeno di lunga durata che comincia già nel corso della guerra e termina a metà degli anni '50 ed è scollegato dai due momenti di violenza che colpiscono soprattutto le popolazioni italiane nel '43 e nel '45, che comunemente vengono ricordati con il termine simbolico di foibe.
Le popolazioni che lasciano questi territori non lo fanno perché costrette con la forza o in seguito a episodi di violenza, ma per una molteplicità di ragioni di tipo sociale, economico, politico, a volte psicologico e certamente anche nazionale.
Inoltre da parte jugoslava non ci fu la volontà di allontanare un'intera popolazione, ma solo una percentuale d'individui apertamente contrari al nuovo regime comunista che si stava imponendo, a prescindere comunque dalla nazionalità, infatti se ne andarono anche decine di migliaia di Sloveni e Croati sebbene non avessero il diritto per legge, a differenza degli Italiani che poterono, diciamo così, optare se rimanere o andarsene.
Tutto ciò non significa negare le sofferenze patite da queste persone, anzi, significa dargli valore, proprio perché viene spiegata nelle sue reali motivazioni. D'altronde tutta quella tragedia che cancella per sempre una realtà multiculturale nel cuore d'Europa è il risultato finale dello spostamento del confine in seguito alla sconfitta dell'Italia fascista in una guerra che aveva contribuito a scatenare.
Il tentativo di assimilare le foibe e la shoah era fin dall'inizio uno degli scopi dei neofascisti che proposero la legge istitutiva, poi approvata nel 2004. I due fenomeni sono completamente diversi e non hanno nulla in comune e rappresentarli come simili denota una palese malafede da parte di chi lo fa.
Lo scopo è sempre quello di scagionare dalle sue responsabilità il fascismo, in questa rappresentazione i tedeschi avrebbero massacrato gli Ebrei, dimenticandosi volentieri il contributo dato dalle istituzioni dei militi fascisti alla deportazione, così come gli Jugoslavi avrebbero massacrato gli Italiani, dimenticando naturalmente tutti i crimini commessi prima dal fascismo che non giustificano ma spiegano, almeno in parte, quegli eventi.
Ecco, la vicinanza anche terminologica delle due date memoriali serve a dare l'idea che le violenze patite dagli Italiani siano incommensurabilmente gravi quanto la shoah, ma il giorno del Ricordo sempre più si pone come giornata contrapposta al 25 aprile.
L'atteggiamento di quasi tutto lo schieramento politico sembra lasciar credere che se i partigiani la cui memoria è rappresentata sempre più come divisiva, come sostanzialmente solo comunista, hanno la loro giornata, anche i fascisti devono averne una, ma tutto ciò è assurdo perché capovolge i valori fondanti della nostra Repubblica e della nostra democrazia.
Il fascismo non può avere una giornata commemorativa perché contro di esso si è costituito il nostro Paese. La memoria delle vittime delle foibe e soprattutto dell'esodo deve entrare a far parte della memoria collettiva, ma va letta nel suo contesto storico e geografico e deve contribuire a raccontare alle nuove generazioni i drammi del nazifascismo.
Presidente - Consigliere Segretario Jordan, ne ha facoltà.
Jordan (VdA Unie) - Aujourd'hui nous commémorons une tragédie oubliée depuis longtemps. Nous avons le devoir de nous souvenir afin de préserver la vérité historique de notre passé. Un drame qui a couté la vie à tant d'innocents qui a provoqué l'exil de tant d'Italiens, d'individus et de familles entières qui ont été obligés de fuir de leurs terres et de leurs maisons. Une haine raciale a été déclenchée par des faits historico-politiques et non par un plan d'extermination prémédité comme dans le cas de la Shoah. Un plan criminel, celui des Foibe, qui a certainement fait moins de victimes, mais qui pour cette raison ne peut pas être considéré d'importance mineure.
Afin de ne pas retomber dans l'horreur que tout type de discrimination ethnique provoque inévitablement, nous devons donc construire aujourd'hui une mémoire de plus en plus partagée, capable de surmonter les murs et les divisions.
Une mémoire collective basée sur des valeurs de liberté, de civilisation et de démocratie. La mémoire devient aussi une occasion, surtout une forme de condamnation contre toutes les formes de haine raciste et ethnique, au nom de l'appartenance à une seule humanité et dans la reconnaissance de sa diversité.
Ce n'est qu'ainsi que nous pourrions envisager l'avenir avec confiance, en évitant que de nombreux drames puissent se reproduire. Nos particularités et nos différentes identités doivent toujours être perçues comme une valeur, comme une opportunité de découverte mutuelle et de relations sur laquelle bâtir le monde que nous voulons pour ceux qui viendront après nous.
Presidente - Consigliere Segretario Distort, ne ha facoltà.
Distort (LEGA VDA) - Potrebbe essere interessante dal punto di vista accademico-intellettuale rispondere all'intervento del collega Padovani, ma siccome io vorrei quantomeno rispettare il regolamento del Consiglio che prevede all'articolo 59 di attenersi all'argomento e sono abituato - forse anche dal retaggio scolastico - a svolgere delle composizioni di pensiero che siano in tema, poiché il tema di oggi è la giornata del Ricordo, questo è; la chiacchierata la si può rinviare in un'altra sede.
Oggi si tratta di parlare della giornata del Ricordo e ribadisco il concetto espresso già in occasione della giornata della Memoria: la commemorazione di un fatto storico non deve essere auto celebrativo, soprattutto se il fatto storico è una tragedia che ha dei responsabili.
Una commemorazione serve per il presente e per il futuro altrimenti è ritualismo, è un bronzo che risuona, un cembalo che tintinna, per dirlo con San Paolo.
La commemorazione deve generare vigilanza, perché la storia si ripete, con tutte le sue varianti ma si ripete e quindi questa vigilanza deve essere informata, attenta e intelligente.
Tutto questo si fonda sul rispetto della storia, in tutta la sua verità, lo dobbiamo alla storia stessa e lo dobbiamo soprattutto a tutti quelli che sono stati gettati nelle foibe dopo essere stati trucidati e tanto più a quelli che orrendamente vi sono stati gettati da vivi.
Noi come Istituzione, non come circolo culturale, noi come Istituzione abbiamo il dovere di consegnare alle nuove generazioni il vigile e attento ricordo di quanto l'uomo può diventare diabolico, soprattutto quando un'ideologia diabolica ne giustifica gli atti e soprattutto quando è condotta per decenni e decenni una macchinazione da parte degli interpreti e degli eredi di quella stessa ideologia, che hanno cercato e che cercano tutt'ora di minimizzarne l'orrore.
Oggi voglio rivolgere a tutti noi una raccomandazione, a noi come autorità, per avere il coraggio di dire che quel massacro ebbe dei sicari ben precisi che furono i comunisti di Tito con la responsabilità di altri comunisti italiani; questa è la verità storica di quell'evento che oggi si celebra e la storia va trattata da storia con coraggio, con rispetto e con rigore.
È noto che il comunismo di Tito fu un comunismo nazionalista ma fu il comunismo di Tito a generare questa tragedia che nulla ha a che fare con sussulti nazionalistici generici per spiegare e nello stesso tempo per deviare la reale tragedia delle foibe.
L'invito che rivolgiamo oggi al Consiglio regionale con l'impegnativa di questa mozione è affermare questo nostro ruolo istituzionale, questa vocazione civica a tenere viva la memoria per generare rispetto, coscienza e vigilanza e non rimuovere assolutamente la verità storica dell'infame tattica delle foibe.
In questo obiettivo oggi proponiamo un atto simbolico - così come simbolo è l'allestimento a lutto delle bandiere presenti oggi in quest'aula - e il simbolo proposto da questa mozione è l'intitolazione di uno spazio pubblico a Salvatore Radizza, fucilato - come ha espresso bene il mio collega Manfrin - il 2 ottobre 1943 a Curzola insieme ad altri civili militari italiani, come evidenziato dal riconoscimento dato dal Ministero dell'Interno.
Salvatore Radizza, padre di Antonio Radizza diventato poi Comandante di Compagnia presso il Battaglione Aosta con il grado di Capitano e successivamente Comandante del Battaglione stesso con il grado di Tenente Colonnello e, a sua volta, padre del Generale di Brigata Paolo Salvatore Radizza che ha comandato il Centro Addestramento Alpino sino all'avvicendamento con l'attuale Comandante Generale Matteo Spreafico avvenuto nel settembre 2019.
Quindi una storia che s'incardina e si lega sia con quell'evento tragico, con quella realtà e si lega con la nostra storia, permettetemi di dire con la fiera storia del Battaglione Aosta.
La dedicazione è un atto simbolico nel senso etimologico del termine, ????????, parole, radici greche, significano: "mettere insieme", mettere quindi insieme oggetto con concetto, e una comunità con un atto di dedicazione si riappropria di un meccanismo ben espresso dalla tradizione della nostra civiltà cristiana, dove la celebrazione non ha un ruolo ritualistico ma liturgico, cioè evocativo, ascetico, che genera coscienza e forza. Non a caso il termine "liturgia" deriva dal greco "???? " che significa popolo, "?????", opera, azione ma anche forza, quindi la liturgia è la forza del popolo, la forza di un popolo.
Questo, e soltanto questo, è il tenore delle azioni simboliche e noi oggi con questa semplice mozione diamo corso all'opportunità di attuarne una, e ricordiamoci che una società che ignora la sua storia, non ha passato ma soprattutto non ha futuro.
Presidente - Altri? Vicepresidente del Consiglio Marguerettaz, ne ha facoltà.
Marguerettaz (UV) - Il Gruppo dell'Union Valdôtaine questa mattina ha voluto divulgare un comunicato stampa dove pensa di aver rappresentato bene il sentimento che proviamo in occasione di questa ricorrenza. Abbiamo voluto ricordare quello che disse Napolitano, questa breve affermazione: "Non dimentichiamo nulla, le sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del fascismo e della guerra ma non possiamo certo dimenticare la sofferenza fino a un'orribile morte inflitta a Italiani assolutamente immuni da colpa".
Ora, quando noi leggiamo e ci avviciniamo a determinati argomenti, siamo noi stessi che diamo il valore e diamo le interpretazioni; abbiamo avuto modo di dirlo quando abbiamo celebrato la giornata della Memoria: non esiste una violenza positiva, una violenza giustificata e una violenza cattiva. La violenza è violenza, va condannata.
Ora non credo che sia necessario fare tante considerazioni, sono state già dette tante cose.
Non so se qualcuno questa mattina ha avuto l'occasione di leggere su "Huffington Post" un articolo di Mauro Suttora: mi pare che abbia veramente fatto centro, anche perché è un figlio, un nipote, di quella parte di popolo italiano che è stato cacciato e, sostanzialmente, credo che il titolo del pezzo sia sufficiente per capire. "Sulla pelle di noi figli dei profughi litigano ancora comunisti e fascisti".
Allora se le ricorrenze servono per far litigare comunisti e fascisti, queste ricorrenze non ci insegnano nulla, se le Istituzioni servono per mandare dei messaggi, questi messaggi devono servire alle generazioni, alle giovani generazioni nel dire che avere e sostenere una propria identità non vuol dire prevaricare sugli altri e non possiamo immaginare di ricordare determinati fatti per avvalorare delle nostre posizioni e soprattutto per mettere in risalto che c'era qualcuno più cattivo dall'altra parte.
I cattivi sono cattivi, indipendentemente da dove si collocano.
Allora, vedete, questo articolo di un figlio di quel momento dice: "Guardate, non dovete utilizzare queste occasioni per sostenere le vostre tesi. Ricordate quello che è accaduto - e lì sì rivendica quello che è accaduto al popolo istriano che è stato cacciato - e da quel punto di vista condannate, però evitate di fare della giornata del Ricordo o della Memoria o del 25 aprile uno scontro per avvalorare le proprie tesi politiche.
Limitiamoci - e oltre al regolamento io credo sia il buon senso che ci aiuta - a condannare le cose che sono da condannare, il dibattito politico lasciamolo da parte.
Quindi con convinzione noi riteniamo che questi momenti debbano essere vissuti per quello che sono - anche oggi Sergio Mattarella ha detto delle parole molto corrette che sono condivisibili, è inutile che le ripetiamo - quindi da questo punto di vista se riusciamo con l'approvazione di questa mozione a individuare un luogo che deve servire per creare una coscienza, io credo che abbiamo fatto un'opera positiva.
Presidente - Consigliere Chatrian, ne ha facoltà.
Chatrian (AV-SA) - Questa mattina, Alliance Valdôtaine ha inoltrato un documento, un comunicato, proprio nel ricordare il giorno del Ricordo, ma per diversi motivi: è un punto di vista molto robusto e forte quello del sapere, del conoscere, dell'affrontare in una maniera corretta un momento comunque brutto, un momento particolare da un punto di vista storico, condannando quello che è successo perché, nel momento in cui ci sono stati dei drammi, è obbligatorio che l'Istituzione prenda le distanze.
Alliance Valdôtaine auspica che la storia sia da insegnamento e che si arrivi il prima possibile a completare la costruzione di un'Europa unita, federale, un'Europa in cui l'appartenenza etnica o la lingua parlata non siano più motivi soprattutto di divisioni e morte, bensì di vita e di crescita.
Anche altri colleghi l'hanno citato, penso che il passaggio che ha fatto questa mattina il Presidente della Repubblica riassuma molto bene quello che deve essere comunque messo in evidenza, cioè il ricordare le sofferenze, i lutti ma lo sradicamento penso che sia forse il passaggio più importante, più violento su cui bisogna fermarsi, e soprattutto che non succeda più.
Io penso che non ci sia altro da aggiungere, se non sottolineare che si deve ricordare in una maniera corretta conoscere, sapere, perché noi pensiamo che la storia sia fondamentale perché certe brutture non capitino più.
Presidente - Consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.
Guichardaz E. (PCP) - Riteniamo importante intervenire in questo dibattito perché spesso, come ricordava il collega Marguerettaz, viene usata questa ricorrenza in modo divisivo. Chi sfrutta una tragedia per vantaggi personali o politici non agisce certo per amore della verità e manca di rispetto in particolar modo alle vittime di quelle tragedie.
È necessario invece ribadire l'importanza e la comprensione di quei fenomeni storici nella loro complessità, perché risuonino come un monito - lo diceva questa mattina il Presidente Bertin - perché estremismi ideologici, nazionalismi e totalitarismi possano non riprodurre più quelle cose verso l'umanità.
Quando parliamo di foibe, parliamo di confine orientale, parliamo di una vasta fascia di territorio che va pressappoco da Gorizia a Trieste fino a Fiume e a Pola, un'area oggi divisa in tre stati: Italia, Slovenia e Croazia, che include regioni molto diverse da un punto di vista morfologico, economico e culturale, che hanno però visto nella prima metà del Novecento un destino comune a causa di un ripetuto e violento mutamento dei confini statali portando avanti politiche d'italianizzazione, negando e moltiplicando le aggressioni contro le minoranze che rifiutavano di adeguarsi e noi Valdostani sappiamo bene cosa voglia dire tutto questo e da sempre ci battiamo per il nostro particolarismo, e non solo.
Ci tengo a citare uno dei miei grandi maestri di vita, il Senatore Cesare Dujany e con lui l'Onorevole, oggi nostro collega, deputato Luciano Caveri che hanno prestato il loro aiuto nella lunga battaglia terminata con l'approvazione della legge 38/2001 che riconosce e tutela i diritti di cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena presente nelle Province di Trieste, Gorizia e Udine, non dimenticando mai quanto è avvenuto.
Ecco, questa giornata deve diventare, come lo è stata la giornata della Memoria, un momento importante per condannare ogni forma di odio che genera violenza e tutti noi, soprattutto noi che facciamo parte di queste Istituzioni, noi Valdostani, noi Italiani, noi Europei e noi cittadini del mondo, dobbiamo restare custodi attenti, attivi e determinati perché tutto questo non riaccada, perché le nostre libertà e diversità continuino a essere tenacemente difese.
Diventa anche un momento importante per studiare, per conoscere e porre l'attenzione a chi ancora oggi subisce violenze etniche politiche religiose come ad esempio i Curdi, gli Armeni, i Kosovari e ne potremmo citare tanti altri.
Non abbassiamo la guardia, restiamo uniti e condanniamo tutte le violenze, credo che questa mozione vada in questo senso e credo che sia importante - lo dicevo prima - che soprattutto noi che apparteniamo a questa Istituzione prendiamo una posizione contro ogni tipo di violenza e questa iniziativa, in ricordo di Salvatore Radizza, fucilato come è stato detto precedentemente dai colleghi il 2 ottobre '43, va in questo senso.
Quindi non posso che esprimere la mia solidarietà e il mio contributo per quello che avete portato in quest'aula.
Presidente - Altri? Non vedo altre richieste d'intervento. Chiudiamo la discussione... consigliere Manfrin, vuole modificare l'emendamento?
Manfrin (LEGA VDA) - Semplicemente, come detto prima, sostanzialmente si modifica la parte impegnativa, nella parte in cui si impegna invece che "Il Presidente e l'Ufficio di Presidenza del Consiglio", a questo punto "Il Presidente della Regione e la Giunta", così almeno credo che possa avere una certa coerenza come testo.
Presidente - La parola al consigliere Marguerettaz.
Marguerettaz (UV) - Solo una questione formale, non sposta di una virgola ma avete indicato come Presidente del Consiglio Albert Cerise: nel 2007 non era Presidente del Consiglio. Se era Albert Cerise non aveva quella carica e se era il Presidente del Consiglio era Ego Perron.
Quindi semplicemente per evitare di scrivere... può darsi che sia Cerise ma era Assessore ai lavori pubblici allora. Però non voglio rubare il mestiere della maestrina però...
Presidente - Potrebbe essere la data sbagliata. Consigliere Manfrin.
Manfrin (LEGA VDA) - No, in realtà è un errore di trascrizione perché abbiamo riportato la notizia che era riportata dagli organi di informazione che avevo riferito dell'evento, in realtà Alberto Cerise era Vicepresidente e aveva sostituito in quell'occasione, quindi faceva le funzioni di Presidente, quindi si può scrivere Vicepresidente. Questo era quello che era stato riportato, quindi è un errore di trascrizione e niente più.
Presidente - Mettiamo in votazione la mozione così come... Consigliere, per ulteriore precisazione? Consigliere Manfrin, ne ha facoltà.
Manfrin (LEGA VDA) - Solo per dichiarazione di voto, Presidente.
Presidente - Va bene.
Manfrin (LEGA VDA) - Visto che è stato fatto un approfondito dibattito, io mi permetto di ringraziare quest'Aula per aver voluto ciascun Gruppo portare il proprio contributo, ritengo che sia molto importante aver trovato una certa unanimità all'interno di questo Consiglio su questo tema che sicuramente necessita di unanimità e non di divisione, è già stato detto, e come già ricordato questo è stato l'atteggiamento che il Gruppo che mi onoro di rappresentare ha avuto in occasione del 27 di gennaio.
Mentre attendiamo che rientrino tutti i Consiglieri per partecipare al voto, mi permetto di fare soltanto qualche piccola osservazione finale e mi sarebbe piaciuto confrontarmi con il collega che è uscito dall'aula, perché io credo che il collega Chatrian abbia detto una cosa molto importante, cioè che coloro che dovettero lasciare i loro territori, i luoghi in cui erano nati e cresciuti, furono forzati e ha utilizzato una parola secondo me perfetta: furono "sradicati" dai loro territori. Ecco, credo che questa affermazione, collega Chatrian, si opponga in maniera decisamente chiara rispetto a quanto è stato dichiarato prima, cioè che coloro che abitavano quei territori poterono optare.
Io chiedo a tutti d'immedesimarsi in quella situazione e di pensare se davvero 350 mila persone possono optare di lasciare e abbandonare il proprio territorio, la propria casa, i propri averi e andarsene ovviamente in un luogo completamente diverso e sconosciuto.
Rifuggo in maniera netta - mi auguro che sia un errore, mi auguro che sia la foga dell'intervento - il fatto che il 10 febbraio venga definita come la giornata di ricordo del fascismo; io credo che si possa tranquillamente rifuggire ed è sufficiente avere la capacità di leggere le poche righe del testo della legge 92/2004 per capire che effettivamente questo non è l'oggetto della legge, ma questo tipo di negazionismo ritengo sia quello che oggi, con questa iniziativa, andiamo a combattere e per questo motivo voglio leggervi solo alcune brevi frasi scritte in Valle d'Aosta a proposito di questa giornata:
"Da quando nel 2005 è stato istituito il giorno del Ricordo, appare evidente la strategia di manipolazione degli eventi storici che s'intendono commemorare in modo ufficiale. La ricorrenza è stata di fatto imposta dalle forze politiche di destra in risposta alla giornata della Memoria. Da questa discutibile genesi si può facilmente desumere di fronte a quale retorica ci troviamo immancabilmente ogni 10 febbraio. Le destre post-fasciste hanno bisogno di una loro narrazione nella quale il collaborazionismo diventa eroismo o martirio e dove scompaiono i crimini di guerra italiani nei Balcani. Così il ricordo diventa il modo per riabilitare di fatto il regime nazifascista in nome dell'italianità e per condannare in blocco il fronte di liberazione del popolo sloveno in nome di una stucchevole retorica anticomunista".
Il Movimento che scrive questa nota dice che intende condannare la totale cinica ipocrisia di queste altre operazioni falsificatorie e stigmatizza la partecipazione irresponsabile delle Istituzioni a momenti di spregio della memoria storica: "La nostra ferma presa di distanza valga soprattutto come segno di rispetto per tutte le vittime le cui storie tragiche vengono manipolate e strumentalizzate per fini propagandistici di bassa lega che si basano sulle costruzioni storiche, fantasiose e farlocche".
Io credo che per rispondere a queste affermazioni sia sufficiente leggere quello che oggi ha pubblicato un grande giornalista, Toni Capuozzo - che ho avuto l'onore di avere ospite in un incontro culturale nella sala Maria Ida Viglino - che scrive: "Giorno del Ricordo. Pur di scolorire la tragedia delle foibe e il dramma dell'esodo si ricorre a due argomenti: erano pochi gli infoibati ed erano fascisti su cui si esercitava una comprensibile vendetta. Oggi voglio ricordare solo una vittima che da sola basterebbe a spiegare la ferocia delle ideologie, si chiamava Angelo Adam, meccanico, ed era di Fiume. Il 2 dicembre del '43 era stato deportato dai nazisti a Dachau con numero di matricola 59001. Era sopravvissuto ed era tornato alla sua città. Nel 1945 venne prelevato con la moglie dai titini e scomparve, come la figlia diciassettenne che aveva chiesto notizie dei genitori. Angelo Adam aveva 45 anni, era Italiano, era antifascista, era ebreo".
Presidente - Altre dichiarazioni di voto? Non vedo altre richieste, mettiamo in votazione la mozione come emendata.
La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti, votanti e favorevoli: 33
La mozione è approvata all'unanimità.