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Communiqué n° 180 de 27 mars 2025
Respinta una proposta di legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere
Nella seduta pomeridiana del 27 marzo 2025, l'Assemblea ha respinto una proposta di legge che contiene disposizioni contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere. Sono stati 9 i voti contrari (Lega VdA, FI), 24 le astensioni (UV, FP-PD, PlA, SA, RV, GM) e 2 i voti a favore (PCP).
Depositata dal gruppo Progetto Civico Progressista il 17 maggio 2022, l'iniziativa legislativa intendeva dotare la Regione di strumenti per contrastare atti e comportamenti discriminatori negli ambiti del lavoro, della scuola e dello sport, prevedendo specifici progetti di formazione, la promozione di eventi culturali, gli interventi di sostegno alle vittime, l'attivazione di uno sportello di ascolto.
Relazione d'Aula
«Questa proposta - ha detto la Capogruppo di PCP, Erika Guichardaz, relatrice - arriva in Aula dopo un travaglio di oltre sei anni: presentata il 17 maggio 2022, riprende il testo della Consigliera Pulz del 2019, rielaborato alla luce delle osservazioni della scorsa Legislatura, dei Sindaci che hanno espresso parere favorevole al testo e delle nuove normative adottate in altre regioni. Una legge regionale contro l'omobitransfobia è già presente in altre dieci Regioni ed è necessaria non solo per dare un segnale di civiltà, ma per colmare un vuoto legislativo nazionale e per iniziare a rispettare veramente l'articolo 3 della nostra Costituzione. Purtroppo i fenomeni e le violenze omobitransfobiche crescono per numero e intensità, in tutta Italia, ma le denunce sono poche, ed è per questo che i numeri ufficiali riflettono solo marginalmente un problema strutturale della nostra società contemporanea. Riguardo alla Valle d'Aosta nel 2021 era stato diffuso un sondaggio che confermava l'esistenza di episodi di carattere omobitransfobico: si andava dagli insulti (62,5%), alle minacce (12,5%), al bullismo in ambito scolastico (12,5%), alla violenza fisica e percosse (12,5%), con un 50% di segnalazioni effettuate da persone tra i 19 e i 25 anni, il 43,8% dai 15 ai 18 e il 6,3% dai 36 ai 45 anni. Tema centrale quindi di questa legge è l'articolo che dispone l'istituzione di uno Sportello di ascolto con le associazioni di volontariato per promuovere l'accesso ai servizi psicologici presenti sul territorio stipulando accordi al fine di poter svolgere le funzioni di monitoraggio sulle discriminazioni, sull'omobitransfobia e sulle violenze determinate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. C'è l'esigenza di creare una cultura del rispetto che passi anche attraverso la conoscenza di quella che è la realtà delle persone Queer, che vivono, studiano, lavorano, pagano le tasse, fanno parte della cittadinanza tutta, ma poi sono coloro che sulla propria pelle vivono quotidianamente queste discriminazioni e queste violenze. Dietro alle discriminazioni ci sono le persone, avrei quindi auspicato che la discussione non si trasformasse nel solito teatrino imbarazzante che vede spesso coinvolta quest'Aula quando si parla di diritti.»
Il dibattito in Aula
Il Capogruppo di Lega VdA, Andrea Manfrin, dopo aver elencato alcune tra le tante identità di genere che sono state censite ad oggi, ha osservato che «il testo di legge, paradossalmente, è stato contestato dal Presidente stesso di Arcigay, in quanto non inclusivo poiché contenente solo un numero limitato di generi, il che è una contraddizione in termini se viene da parte di chi parla di massima apertura e inclusione. Il rapporto Arcigay che ha ispirato la norma parla di 138 aggressioni omobitransfobiche avvenute nel corso del 2019-2020 in tutto il Paese e per questo motivo ci è stato spiegato che è necessario intervenire con uno strumento normativo innovativo che sopravanza anche l'iniziativa nazionale. I dati sulla Valle d'Aosta evidenziano che non vi sono episodi di aggressione o violenza, eppure si tratta il tema come fosse una emergenza. Anche gli studi utilizzati sono di non facile reperimento, quello citato nella relazione d'Aula della legge è basato su venticinque segnalazioni anonime, numeri insufficienti per stilare classifiche. Nonostante questo, la norma prevede una serie di iniziative per contrastare la violenza di genere che coinvolgono prima di tutto la scuola e tanti altri ambiti della società civile. Gli attori sono i soliti operatori, le note cooperative che spesso fanno politica nascondendosi dietro una mission sociale. Con la scusa del contrasto alle discriminazioni rischiamo di fare entrare dalla finestra ciò che stiamo cercando di tenere fuori dalla porta: una sessualizzazione precoce dei ragazzi e una propaganda spacciata per percorsi di sensibilizzazione, formazione e aggiornamento, un vero ddl Zan in salsa valdostana a spese dei contribuenti.»
«Siamo fortemente contro alcune derive che sono sotto gli occhi di tutti - ha detto il Consigliere Simone Perron (Lega VdA) -. Per noi, questa proposta di legge è frutto di una visione ideologica ben precisa, a partire dal suo titolo. L'identità di genere non ha una definizione scientifica e quindi non è definibile per legge. È un tema che appartiene alle scienze sociali e che è diventato politico: un concetto che rende gli individui, e in particolare i giovani, confusi, senza radici, senza identità, facendoli diventare degli esseri fluidi, che non sanno nemmeno più cosa sono. Ovviamente, tutto questo non ha nulla a che vedere con la tutela legittima di chi si sente di appartenere ad un genere diverso o ad un orientamento sessuale diverso. E questo lo dico a scanso di equivoci: chi discrimina le persone, in ogni campo, non è scusabile, non ha nessuna simpatia da parte nostra, ma per questo ci sono già gli apparati giudiziari che tutelano le offese e le violenze. Non abbiamo nessun problema ad accettare ogni forma di sessualità, ma è ben diverso farne una ideologia strumentalizzata politicamente. Quello che si vuole fare qua è creare a tavolino un'emergenza, con una legge che si basa su idee, che vuole infiltrarsi nell'ambiente culturale della società e che non ha nulla a che vedere con la tutela delle persone. C'è una radice totalitaria in questa legge, con progetti e misure che vogliono formare le persone ad una certa ideologia, prevedendo il supporto di psicologi, esperti, forum, sportelli, andando finanche a controllare la pubblicità: un vero regime comunista.»
«Il tema è di grande rilevanza politica nel nostro Paese, visti anche i numerosi episodi di violenza sulla comunità Queer - ha osservato il Consigliere Andrea Padovani (FP-PD) -. Il contact center che si occupa di anti omotransfobia rileva che i fenomeni di discriminazione e odio sono cresciuti del 34% e impattano in maniera sistemica su fasce di popolazione esposte a molteplici fattori di esclusione e marginalità. Sono colpiti molti giovani e adolescenti che a causa della loro identità di genere hanno subìto violenze in famiglia ma anche bullismo e violenze online. Così avviene anche sul posto di lavoro e in ambito sanitario. Sono situazioni preoccupanti che ci sollecitano a intervenire con una norma che garantisca sicurezza e maggiori tutele alla comunità Queer. Mi sono interessato concretamente di questo tema sin da quando ho assunto l'incarico di Presidente della quinta Commissione e segnalo che è in corso di revisione la legge n. 4/2013 sulla prevenzione e contrasto alle violenze di genere che, dopo 12 anni, necessitava di un aggiornamento sostanziale e che conterrà anche disposizioni specifiche contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale, in modo da costruire una nuova normativa quadro che possa garantire un intervento più efficace. Ribadisco il mio impegno affinché questa legge quadro arrivi in Consiglio prima della fine di questa Legislatura. Il mio voto contrario in Commissione al progetto di legge in discussione oggi, non è stato per motivi ideologici ma semplicemente perché, così facendo, è diventato immediatamente iscrivibile per la discussione in Consiglio. È nostro dovere affrontare questa tematica con serietà evitando strumentalizzazioni e lavorando insieme per una normativa efficace e attuabile.»
«Come Forza Italia siamo contro ogni forma di violenza e discriminazione verso chiunque: per noi esistono solo delle persone - ha dichiarato il Vicecapogruppo di FI, Mauro Baccega -. Ci chiediamo quindi se sia davvero necessario legiferare in questo modo. Nel nostro ordinamento giuridico, non ci sono già le norme che tutelano tutte le persone? Questa differenziazione di genere è per noi fortemente ideologica. Entrando nel merito della proposta, ci sono due articoli in particolare che ci lasciano perplessi. Il primo riguarda lo sport: un mondo dove c'è una comunanza e un'attenzione degli uni verso gli altri. Il secondo è la formazione degli operatori sanitari: in queste figure è insita nel loro Dna la volontà di non discriminare. Siamo quindi fortemente lontani da questa iniziativa legislativa.»
«La norma è stata depositata nel 2022 e oggi, finalmente, arriva in Aula - ha affermato la Consigliera Chiara Minelli (PCP) -. Questo lungo percorso è stato caratterizzato da un'inerzia complessiva durata tre anni in cui spicca, isolato, l'interesse dell'Assemblea del Cpel che nel suo parere ha dimostrato una reale attenzione al testo, dicendosi disponibile a far parte di un apposito gruppo di lavoro per attuare le previsioni della norma. Un raro esempio di concretezza che abbiamo apprezzato ma che purtroppo è rimasto lettera morta. Nel corso di questa lenta genesi ci è stata anche prospettata l'inclusione del nostro testo nella revisione della legge n. 4/2013 e, pur sollevando obiezioni, ci siamo rese disponibili ad analizzare proposte che però non sono mai arrivate. Poi abbiamo capito che la revisione non sarà ultimata fino all'estate 2025. Insomma non è stato fatto nulla per due anni interi, fino allo scorso mese di dicembre quando il percorso ha ricevuto un nuovo impulso ottenendo il parere negativo della quinta Commissione. Non ci stupisce che la Lega di Salvini e del generale Vannacci sia contraria alla nostra proposta, ma rimaniamo un po' stupite dalla posizione presa in Commissione dai colleghi di Forza Italia, partito che a livello nazionale si è dimostrato disponibile a intervenire positivamente su queste dinamiche. Sconcerta anche il voto negativo di chi rappresenta il PD e si professa progressista e paladino dei diritti civili. Ma tant'è. Forse è più importante poter dire alla fine "la legge l'abbiamo fatta noi". Abbiamo perso un'occasione per la nostra regione e per questa Assemblea di dotarci di uno strumento utile contro le discriminazioni di genere. Il testo che abbiamo elaborato contiene principi di buon senso, non so dove sia l'ideologismo esasperato che alcuni ci hanno rimproverato e che riteniamo un'accusa strumentale.»
«Sicuramente questa proposta di legge, seppur riduttiva e parziale, è stata da stimolo all'azione dell'Amministrazione che sta già lavorando sul riordino della legge regionale n. 4/2013 con un approccio complessivo e multidisciplinare applicabile e più completo - ha commentato l'Assessore alle politiche sociali, Carlo Marzi -. È infatti in corso un articolato processo di revisione che si concluderà con l'avvio dell'estate. Si tratta di un percorso partecipato con il supporto dell'Istituto di ricerca di Milano che porta con sé 50 anni di esperienza nell'ambito sociale e il coinvolgimento di enti, soggetti e attori sul territorio. Le azioni previste da sviluppare coinvolgono più Assessorati: dalle politiche sociali alla sanità, dall'istruzione alle politiche del lavoro e ciascuno Dipartimento approverà con propri atti deliberativi le azioni da mettere in campo. La proposta di legge in discussione oggi prevede misure di accoglienza, protezione e sostegno alle vittime e introdurrebbe strumenti che al momento non sono stati direttamente assegnati alla Regione, ma che sono di competenza del Ministero, intervenuto con specifici bandi attraverso l'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazione razziali). Anche la realizzazione di uno sportello di ascolto regionale comporterebbe una sovrapposizione alle attività già previste e finanziate a livello nazionale attraverso i Centri antidiscriminazione. Diversi altri contenuti di questa proposta di legge sono già stati integrati nel lavoro di revisione della legge quadro. Riteniamo opportuno proseguire con un intervento normativo che valorizzi il lavoro già avviato in modo partecipato e che si ponga in continuità con le linee guida nazionali e internazionali nel rispetto dei ruoli istituzionali, valorizzando il confronto. Auspichiamo che questo percorso condiviso possa trovare il più ampio consenso possibile al di là delle parti e delle primogeniture.»
SC-LT