Oggetto del Consiglio n. 4210 del 18 dicembre 2024 - Resoconto
OGGETTO N. 4210/XVI - Reiezione di mozione: "Impegno per chiedere al Governo nazionale il riconoscimento a tutti gli effetti dello Stato palestinese". (Approvazione di una risoluzione)
Bertin (Presidente) - Punto 4.04 dell'ordine del giorno. Ha chiesto la parola la consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.
Guichardaz E. (PCP) - Oggi continuiamo a parlare, questa volta di politica estera. Abbiamo portato un tema che è à la une a livello nazionale. Questo credo sia il tema dei temi in questo momento, un tema che richiama profondamente i valori della pace e della giustizia e del rispetto del diritto internazionale, a cui anche la Valle d'Aosta, come parte integrante del nostro Paese dell'Unione europea, non può rimanere indifferente. La mozione che presentiamo chiede al Governo regionale di sollecitare il Governo nazionale a riconoscere formalmente lo Stato di Palestina; un passo essenziale per avanzare in prospettiva di una soluzione duratura al conflitto israelo-palestinese basata proprio sul principio di due popoli in due Stati.
Come abbiamo riportato nelle premesse, nei documenti ufficiali la comunità internazionale ha già compiuto passi significativi verso questo obiettivo e lo Stato di Palestina è riconosciuto oggi da oltre il 75% dei membri delle Nazioni Unite e da una crescente schiera di Paesi europei, tra cui Spagna, Norvegia, Slovenia e Irlanda che nel 2024 hanno aggiunto il loro riconoscimento. In questo contesto non può continuare a restare indietro l'Italia. Abbiamo una storia di impegno nella promozione della pace e nel riconoscimento del diritto all'autodeterminazione, come dimostrato dalla Dichiarazione di Venezia del 1980 e il voto favorevole alla missione della Palestina come Stato osservatore all'ONU nel 2012. Ora è il momento, secondo noi, di compiere un passo ulteriore, concreto e coerente con questi precedenti. Perché è importante quindi il riconoscimento dello Stato di Palestina? Il riconoscimento dello Stato non è solo un atto formale, è uno strumento fondamentale per garantire quelle condizioni di parità nei negoziati tra Israele e Palestina. Solo così sarà possibile affrontare le cause profonde del conflitto e promuovere una pace giusta e duratura.
Riconoscere lo Stato di Palestina significa dare un segnale forte in favore del rispetto del diritto internazionale, delle risoluzioni dell'ONU e delle legittime aspirazioni del popolo palestinese, ma significa anche riaffermare il nostro impegno per tutti i diritti umani e per una mediazione attiva da parte della comunità internazionale. Come Consiglio regionale, non abbiamo naturalmente competenze dirette in politica estera, ma possiamo e dobbiamo esercitare in qualche modo la nostra azione politica affinché il Governo nazionale assuma una chiara e coraggiosa posizione. La nostra voce, insieme a quella delle Regioni e delle altre comunità locali - questa stessa mozione è stata votata non molto tempo fa in Comune ad Aosta, ad esempio -, può contribuire a costruire quel consenso necessario per spingere l'Italia e l'Europa verso una politica estera più giusta e coerente.
Quello che chiediamo nella mozione è un impegno al Governo regionale ad attivarsi, anche attraverso i propri Parlamentari, perché effettivamente è una discussione che avviene in Parlamento per chiedere al Governo nazionale di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina, ad agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite per permettere alla Palestina e a Israele di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità, a impegnare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di diritto internazionale per cercare di fermare il conflitto.
Sostenere questa mozione vuol dire prendere una posizione chiara, a nostro modo di vedere, verso quel percorso di pace e giustizia che noi riteniamo indispensabile. Accanto alla nostra mozione è stata presentata una risoluzione da parte del gruppo di Rassemblement, quindi intervengo già rispetto a questo tema senza dover intervenire in un secondo momento evidenziando che per noi quella risoluzione invece non contiene quegli elementi essenziali che sono invece riportati da noi, perché non c'è menzione della sproporzione della reazione di Israele. Questo è quello che rileviamo all'interno di questa iniziativa: si critica giustamente il terrorismo di Hamas, ma una critica a Netanyahu non la ritroviamo. È, secondo noi, un modo per uscire da una impasse e non prendere una posizione più chiara in questo senso. Questa è la nostra posizione.
Poi certo avremmo potuto usare parole come genocidio o altre parole all'interno di questa mozione, ma sempre nella logica di avere la possibilità di portare questa votazione all'unanimità abbiamo cercato di fare già una mediazione rispetto alle critiche che potevano nascere, che conosciamo, all'interno delle posizioni dell'Aula, quindi volutamente alcuni passaggi abbiamo deciso di non metterli proprio perché conoscevamo bene la diversità rispetto a questo tema e come è avvenuto, perché ci siamo espresse, ad esempio, se non ricordo male, all'unanimità rispetto alla questione Ucraina, pensavamo che con una mozione di questo tipo si potesse trovare un'unanimità, che evidentemente non c'è, perché già solo la posizione e la risoluzione di Rassemblement ci dice che in qualche modo c'è una posizione diversa rispetto alla nostra, però lascerò poi presentare ai colleghi del gruppo per comprendere che cosa non ritenevano corretto nella nostra mozione, tanto da dover presentare una risoluzione.
Presidente - La discussione generale è aperta. Come detto, è stata depositata una risoluzione su questa mozione. Chi vuole intervenire in discussione generale? Ha chiesto la parola il consigliere Aggravi.
Aggravi (RV) - Per fare efficienza sul dibattito visto che siamo soltanto al punto 4.04. Gestirò il mio intervento rappresentando e presentando anche gli elementi costitutivi della risoluzione che abbiamo presentato e che ha anticipato la collega Guichardaz.
Io ringrazio le colleghe per aver presentato questa mozione. Faccio subito un appunto visto quello che ha poc'anzi detto la collega. Lei ha detto che nella nostra mozione non c'è una condanna o comunque una critica nei confronti dell'azione del Governo Netanyahu. Le farei notare che o avete cambiato la mozione oppure nella vostra mozione non si fa menzione di due momenti, né i fatti del 7 ottobre, né quello che è successo dopo. Al contrario nella nostra si parla dei terribili fatti del 7 ottobre e si parla anche del perdurare dell'azione militare condotta dal Governo israeliano, che si sta altrettanto manifestando con violenza nei confronti delle popolazioni dei territori palestinesi, tra cui molti bambini e anziani.
Abbiamo cercato di presentare una risoluzione di equilibrio rispetto a due temi. Cerco di andare per punti così rendo conto anche alla critica, che accettiamo, della collega Guichardaz e spero di rappresentare un po' meglio il perché abbiamo scelto di presentare una risoluzione e non degli emendamenti alla mozione, perché era un po' più complicato... diciamo che è molto più facile emendare l'impegnativa che le premesse, a volte abbiamo preferito mettere in ordine le cose.
Inizio dal primo punto, ovvero dal termine "Stato", che non è banale. Sostanzialmente ci sono due grandi teorie: una è quella che dice che lo Stato è l'insieme di territorio, popolo e autorità di governo, che deve essere necessariamente esclusiva e lo diceva un certo Jellinek; poi vi è la teoria, molto più semplice, che rappresenta la situazione che perdura ormai da tempo immemorabile, che è quella di Carl Schmitt, che dice che sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.
Oggi dal lato dello Stato di Palestina io posso capire benissimo le valutazioni politiche fatte da altri, però oggettivamente, se uno deve votare una cosa, deve esserne convinto o, meglio, deve rappresentare una situazione. Oggi lo Stato di Palestina non ha di fatto un'autorità che guida in maniera univoca ed esclusiva quello Stato. La stessa situazione di confusione che spesso c'è stata tra quello che è l'OLP e l'Autorità Nazionale Palestinese lo dimostra. Voi citate nelle premesse gli accordi di Oslo. Capisco che vi fermate agli accordi di Oslo perché negli accordi di Oslo, che non sono stati un gran successo, ci sono state due grandi situazioni, ovvero quella del riconoscimento del ruolo dell'OLP nei confronti della trattativa con lo Stato di Israele e quindi indirettamente o direttamente un riconoscimento da parte della parte palestinese dello Stato di Israele e la nascita dell'Autorità Nazionale Palestinese, che, tra l'altro, ricordo, ha il suo organo legislativo e rappresentativo fermo dal 2006, quando di fatto il suo Consiglio a maggioranza era guidato da Hamas e non da Fatah. Questo è un altro grosso problema.
La questione è tutta politica, che è stata gestita a livello di ONU per quello che riguarda l'inserimento, e voi lo riconoscete correttamente, di Stato non membro, osservatore permanente. Molto interessante è la posizione dell'Unione europea, dove la politica è ancora più fine perché - e lo riconoscete proprio nel passaggio di premessa che utilizzerò per commentare il resto - il Parlamento europeo ha riconosciuto in linea di principio lo Stato di Palestina. Se si va a vedere la risoluzione europea, si parla giustamente della sempre considerata soluzione dei due Stati, che è un problema di base, che è quello del territorio, perché il grosso problema è sui confini del territorio di cui si riconosce lo Stato di Israele o lo Stato di Palestina, perché da una parte o dall'altra sicuramente lo Stato di Israele ha molti più mezzi della parte palestinese, che ho delle difficoltà a considerare Stato, perché nella provincia di Gaza non comanda l'Autorità Nazionale Palestinese, comanda Hamas, e lo abbiamo visto direttamente. È vero che Israele considera Gaza il suo giardino, perché, tra l'altro, Gaza è gestita dallo Shin Bet, non dal Mossad, non dall'intelligence, ma dalla sua polizia. Questa è una cosa che molti non considerano. C'è quindi un grosso problema dal punto di vista territoriale e questo mette in crisi il termine "Stato", soprattutto per quello che riguarda il riconoscimento dello Stato di Palestina. Io ho quindi delle difficoltà a trovare due soggetti che possano sedersi al tavolo e parlare perché, come hanno dimostrato gli accordi di Oslo, l'OLP non era il rappresentante unico, di fatto, dello Stato palestinese, perché la presenza di queste due anime di Fatah e di Hamas è sempre più presente e più dichiarata. Rispetto a quando abbiamo scritto questa risoluzione e anche la vostra mozione, la situazione si è complicata ulteriormente, perché - piaccia o no - la caduta del regime di Assad sta molto probabilmente sfavorendo Hamas. Sappiamo benissimo che il ruolo di Israele nei confronti di questa caduta non è secondario, ma non voglio ulteriormente complicarci.
Nella risoluzione del Parlamento europeo, tra l'altro, c'è un passaggio interessante perché si parla giustamente dello Stato di Palestina, si ricorda l'impegno dell'OLP a riconoscere lo Stato di Israele nel 1993, ma nello stesso momento poi si fa riferimento all'Autorità Nazionale Palestinese, ma soprattutto si esortano le fazioni palestinesi, tra cui Hamas, che, fino a prova contraria è un'organizzazione terroristica, ad accettare gli impegni assunti dall'OLP e a porre fine alle divisioni interne. Come può Hamas accettare le posizioni dell'OLP se l'OLP non rappresenta le posizioni di Hamas? E qui abbiamo un'ulteriore problematica. La soluzione a due Stati oggi ha un problema di base rispetto alla controparte palestinese, che non ha, ripeto, un ente autonomo di Governo esclusivo. Potrei aggiungerci anche democratico, ma sappiamo che gli Stati e l'esclusività dell'autorità di Governo non necessariamente devono essere democratici, perché, ripeto, sovrano è chi può decidere sullo stato di eccezione.
I futuri colloqui tra le due parti sono quindi ulteriormente complicati perché, se il Governo Netanyahu può essere criticato - e, per certi versi, giustamente va criticato -, lì comunque c'è uno Stato di diritto; dall'altra parte con chi si parla? Si rischia di prendere accordi con una rappresentanza che non rappresenta tutta la realtà palestinese. Tra l'altro, lo Stato di Palestina è diviso sostanzialmente in due con questa dicotomia di Hamas e di Fatah o di quello che ne rimane.
È anche abbastanza controversa la risoluzione dell'ONU, dove giustamente si riafferma un principio sacrosanto - e vorrei specificare: noi lo abbiamo anche messo nero su bianco nelle premesse -: il giusto principio di autodeterminazione dei due popoli, sia quello palestinese sia quello israeliano, e noi lo abbiamo voluto citare citando giustamente gli articoli 1-55-76 della Carta delle Nazioni Unite, cosa che non riscontro nella vostra mozione.
Per quello che riguarda l'impegnativa, ci troviamo in difficoltà a poter votare la vostra mozione seppur riconosciamo la posizione politica che questa mozione rappresenta, di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina. Perché come posso io riconoscere oggi un qualcosa che ha una problematica nelle 3 gambe di definizione di Stato? Perché io riconoscerei vagamente un territorio... lo stesso problema relativamente al territorio di Israele e su questo le dico che noi abbiamo voluto anche citare giustamente il piano di disimpegno unilaterale israeliano del 2005, che voi non citate nella mozione che dovrebbe fare ordine nell'ambito dei territori di cui stiamo parlando, perché sennò parliamo di auspici, se vogliamo parlare di auspici, facciamolo pure ma diciamolo... dall'altro lato di agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite per permettere alla Palestina e Israele di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità.
Detto fra noi, se lo Stato di Palestina fosse effettivamente uno Stato e avesse un'univoca, unica ed esclusiva autorità di governo, al di là dell'appartenenza o di membro in sede ONU, avrebbe tutte le carte per discutere con Israele, sulla base, tra l'altro, di quelli che possono essere dei luoghi terzi, come tutta la storia degli accordi che sono stati fatti, perché l'ONU ha inciso con degli auspici ma sono sempre le grandi potenze internazionali, più o meno grandi, che hanno cercato di creare delle conferenze di pace. L'ONU ha fatto davvero poco se non presentare risoluzioni.
Il terzo, per carità, lo condividiamo, lo abbiamo anche inserito: quello di impegnare tutti gli strumenti politici, diplomatici, di diritto internazionale per cercare di fermare il conflitto.
Nella nostra risoluzione, oltre a rappresentare, come ho detto, alcuni punti, abbiamo anche voluto giustamente citare e mettere nero su bianco quello che è oggi il conflitto che si crea all'interno dello stesso popolo palestinese, tra Hamas, radicale, la componente più moderata, Fatah, che complicano ulteriormente la soluzione di pace prima di tutto palestinese, perché prima di tutto è il popolo palestinese che ha la necessità di avere pace perché non c'è.
Dall'altro lato, dobbiamo anche dircelo, c'è un problema riguardo all'Autorità Nazionale Palestinese perché, oggi come oggi, ha delle problematiche di essere rappresentante di un'autorità sovrana operante nei territori palestinesi, quindi la situazione è davvero complicata e complessa. Per questo nella nostra risoluzione proponiamo al Consiglio Valle, esprimendo piena solidarietà a tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti e interessati da un conflitto che sembra non avere soluzione, né pace, in particolare i più deboli come i bambini, malati, anziani, e impegneremmo il Governo regionale ad attivarsi, anche attraverso i Parlamentari valdostani, per chiedere al Governo nazionale di incoraggiare e sostenere ogni azione utile a garantire il cessate il fuoco umanitario nelle aree oggi interessate dagli scontri, l'immediata liberazione degli ostaggi, di cui non bisogna dimenticarsi, la sicurezza dei due popoli e l'operatività degli aiuti umanitari per la popolazione civile a Gaza, in linea con i principi definiti dalla risoluzione ONU 27-28 - abbiamo citato i principi non sapendo quando sarebbe stata discussa... però oggi Gaza ha un problema umanitario al di là di tutto -, a promuovere un'azione ampia, condivisa e coordinata a livello internazionale col coinvolgimento dell'Unione europea e delle Nazioni Unite per l'organizzazione di una vera conferenza di pace, che non si fa con le risoluzioni, si fa con gli incontri e con ovviamente delle garanzie, perché un altro grosso problema che ha lo Stato palestinese è che è uno Stato che non batte moneta, quindi non esercita anche il potere economico e soprattutto quale economia avrebbe? C'è quindi la necessità eventualmente di sostenere la costruzione di uno Stato palestinese. Inoltre a favorire lo sviluppo di un'autorità nazionale palestinese moderata affinché possa poter esercitare sovranità sul proprio territorio emancipandosi da ogni influenza o limitazione nell'agire dettata dal ricatto di organizzazione terroristiche, come Hamas, che va necessariamente disarmata e messa in condizione di non perpetrare azioni di stampo terroristico come quella del 7 ottobre. Sicuramente Netanyahu non è una persona simpaticissima, ma va detto che, se a ogni volta che si fa un passo avanti, c'è qualcuno che te ne fa fare due indietro da una parte e dall'altra, non si arriverà mai alla soluzione ed è probabilmente quello che certe organizzazioni, come Hamas, vogliono.
Vedremo che cosa succederà nel prosieguo, ma, al di là delle problematiche che riguardano gli alti confini di Israele, sicuramente non è detto che anche il depotenziamento di Hamas, che comunque aveva un suo luogo di rifugio nei territori siriani o nel confuso Libano, va detto che comunque fatti come quello del 7 ottobre sicuramente non avvicinano le parti.
Detto questo, io penso che, per quanto siano estremamente complessi il tema e la problematica, sia chiaro il perché noi abbiamo preferito mettere in ordine i pezzi e presentare una risoluzione, che ovviamente sosterremo e - non ce ne vogliano le colleghe - sulla loro noi ci asterremo.
Presidente - La parola al consigliere Baccega.
Baccega (FI) - La collega che ha presentato la mozione ha evidenziato e sottolineato che la stessa - o comunque una cosa simile - è stata votata dal Comune di Aosta, quel Comune che è sprofondato al diciassettesimo posto nella graduatoria delle città italiane perdendo tanti punti di classifica, un Comune certamente di forte conduzione sinistrorsa. Questo non rafforza certamente il giudizio sulla mozione che è stata presentata e che stiamo discutendo, ma credo che qui Destra e Sinistra possano fare un passo indietro e debba in qualche modo prevalere il buon senso.
Tra i tanti passaggi della mozione - in parte li ha percorsi molto bene il collega Aggravi - c'è da dire che vengono richiamati... la risoluzione ONU del 10 aprile, che riguarda l'ammissione dei membri alle Nazioni Unite, stabilisce che lo Stato di Palestina è qualificato per l'adesione alle Nazioni Unite, benissimo, questo era previsto. Abbiamo anche sostenuto con il Ministro degli esteri - lo citate tra le altre cose nella vostra mozione - e vicepremier Antonio Tajani che vanno riconosciuti le aspirazioni di avere uno Stato da parte della popolazione palestinese e quindi questo è un altro passo importante.
C'è però comunque il rammarico di una... che poteva essere un'operazione verità riguardo alla situazione che sta vivendo Gaza. Io credo che ormai da mesi e mesi qualsiasi telegiornale, qualsiasi trasmissione di approfondimento sul tema non fa che farci vedere delle immagini veramente drammatiche.
Non è citato il ruolo di Hamas, questa organizzazione paramilitare che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza ed è responsabile degli attacchi contro Israele iniziati proprio con l'azione terroristica del 7 ottobre, come sottolineava il collega, organizzazione peraltro che ha come obiettivo nel suo statuto la liberazione della Palestina da Israele, questo dopo il conflitto con Fatah. Questa ovviamente fa parte di quella che noi chiamiamo l'operazione verità. Non si parla del conflitto generato dopo il 7 ottobre, non si sottolinea l'aggressione assassina di Hamas e la reazione pesantissima di Israele, perché anche qui abbiamo avuto delle cose da dire, la reazione c'è stata pesantissima, forse andava misurata, ma bisogna in qualche modo sottolinearlo perché questo conflitto ha infuocato il Medio Oriente, che forse adesso sta guardando a percorsi meno difficili e a un cessate il fuoco che potrebbe in qualche modo avvenire - sentendo le riflessioni che vengono fatte sui media nazionali e internazionali rispetto a un cessate il fuoco - a breve.
Noi condividiamo il punto 3 dell'impegno, insieme anche al punto 1 e sottolineiamo, come abbiamo sempre detto, e come ha sempre detto il nostro ministro degli esteri Tajani, due popoli, due Stati, due territori e quindi questo è il tema che noi sottolineiamo in modo significativo.
Proprio sulla base di questo punto 2 della mozione che non condividiamo, noi crediamo che si possa tranquillamente fare una più attenta valutazione sulla risoluzione che il collega Aggravi ha presentato. Sulla mozione ci asteniamo e valuteremo con un confronto con il gruppo la risoluzione che ancora non abbiamo come testo, ma abbiamo capito che ci sono quelle indicazioni che anche per noi sono state oggetto di una valutazione non pienamente condivisibile della mozione che è stata presentata.
Presidente - La parola al consigliere Di Marco.
Di Marco (PA) - Il conflitto israelo-palestinese, che si protrae di fatto da molti anni, ha radici e motivazioni molto complesse, tra cui senza dubbio questioni religiose e politiche, ma soprattutto territoriali, che sono emerse in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele avvenuto il 14 maggio del 1948, tre anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Nella risoluzione approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre del 1947 l'area fino a quel momento identificata come Palestina avrebbe dovuto essere ripartita in due Stati: uno ebraico e uno arabo, con confini esattamente definiti e pari dignità. Come sappiamo, le cose sono andate in maniera differente. Il popolo israeliano ha effettivamente visto riconosciuto il proprio diritto a una propria Nazione libera e indipendente, mentre lo stesso non è avvenuto per il popolo palestinese, che è stato costretto a vivere sostanzialmente sotto occupazione, soggetto a innumerevoli restrizioni della libertà e a sistematiche violazioni dei diritti umani. In questa situazione esplosiva, evidentemente irrisolta, rivendicazioni giuste o sbagliate del popolo israeliano sono andate a contrapporsi a quelle altrettante giuste o sbagliate del popolo palestinese in modo assoluto e violento, generando non uno ma tutta una serie di episodi di guerra, che da allora e fino ad oggi hanno insanguinato quella parte del mondo.
Se la storia ci insegna qualcosa, è che ogni forma di ragionevolezza si infrange sempre contro l'istinto di sopravvivenza di un popolo ed è esattamente quello che è accaduto e accade oggi tra Israeliani e Palestinesi. I primi determinati a difendersi dagli attacchi che sono stati da sempre portati ai loro danni da tutti i Paesi confinanti, certamente contrari al loro insediamento in quel territorio a forte matrice musulmana. I secondi determinati a difendere il loro diritto all'esistenza e all'identità nonostante l'invasività dell'aggressivo confinante e le decisioni occidentali non proprio illuminate. Entrambi i popoli rivendicano come spazio vitale il medesimo territorio, gli Israeliani perché loro luogo storico di nascita, i Palestinesi perché lo detenevano interamente e ne sono stati in buona parte cacciati in seguito alla creazione di Israele.
Per quanto riguarda il presente, come Pour Autonomie, non possiamo che condannare i terribili fatti di cui si è resa responsabile l'organizzazione terroristica Hamas nel 2023, che hanno portato alla morte di almeno 1200 civili, il ferimento di più di 3000 e il rapimento di circa 240 persone. Al contempo non possiamo che guardare con orrore all'offensiva portata avanti da Israele nella Striscia di Gaza, che sta causando ingenti vittime tra i civili anche dei campi profughi, in massima parte donne, bambini e anziani, la devastazione di edifici ed infrastrutture, tra cui gli indispensabili ospedali e un'imponente crisi umanitaria per l'assenza di acqua, di cibo, e il propagarsi di malattie.
Le ragioni e i torti degli uni e degli altri sono a tal punto radicati che è ben difficile trovare oggi soluzioni che possano essere condivise e possano riportare la pace, eppure crediamo che non si possa assistere impotenti al moltiplicarsi delle vittime di entrambi gli schieramenti. Crediamo che ancora una volta, dopo gli errori commessi ed ormai non più sanabili, sia essenziale che proprio dal mondo occidentale giungano delle proposte e delle posizioni atte a conciliare le ragioni tra loro distanti e contrastanti dei due contendenti.
Crediamo che il primo passo in questa direzione sia il riconoscimento da parte dell'Italia di uno Stato palestinese, democratico e sovrano, come peraltro hanno già fatto il 70% circa degli Stati membri dell'ONU, nonché l'ONU stessa ammettendolo nell'Organizzazione anche se con lo status di Stato osservatore permanente.
Riconoscere il diritto del popolo palestinese a definirsi come un'entità politica e geografica significa infatti equipararne lo stato giuridico a quello di tutti gli altri Stati, garantirgli tutte le tutele sancite dal diritto internazionale e permettergli di interfacciarsi da pari a pari con lo Stato di Israele, al fine di trovare un accordo per superare le contrapposizioni passate e presenti, e consentire una convivenza pacifica e sicura per entrambe le popolazioni. Il riconoscimento dello Stato palestinese è, dal nostro punto di vista, un presupposto fondamentale, nonché una condizione sine qua non per poter avviare mediazioni internazionali realmente efficaci, a patto naturalmente che l'Autorità palestinese sappia prendere le distanze dalle componenti terroristiche islamiche, il cui integralismo può solo nuocere alla sua immagine e alle sue prospettive di rinascita, nonché all'avvio di sereni rapporti di collaborazione.
Il ruolo delle diplomazie internazionali è, a nostro giudizio, essenziale per riportare la pace in questa terra tormentata. Per raggiungere questo obiettivo da tutti auspicato, riteniamo che si debba passare certamente attraverso il riconoscimento di uno Stato palestinese, ma anche attraverso la ferma denuncia e condanna di crimini commessi da Hamas come da Israele, e l'impegno degli Stati terzi a interrompere l'invio di armamenti a entrambi i contendenti - questo è fondamentale -, a esercitare le dovute pressioni sulle due parti in conflitto affinché: si pongano le basi e i presupposti condivisi per la cessazione delle ostilità e per l'instaurarsi della pace; si ottenga la liberazione degli ostaggi; e si consenta la fornitura e la distribuzione degli essenziali aiuti umanitari rivolti alla popolazione civile ormai allo stremo delle forze.
Come Pour l'Autonomie su questa mozione ci asterremo, ma accogliamo con favore la risoluzione oggi presentata e gli impegni che contiene perché si avvicinano più al nostro pensiero. Siamo ben consapevoli che la nostra, come quella del Comune di Aosta, che nel Consiglio comunale di ottobre 2024 ha approvato un ordine del giorno con impegni sovrapponibili, sono due piccole voci in un contesto internazionale ampio e variegato, ma siamo fermamente convinti che sia nostro dovere dare un contributo per vedere finalmente ristabilita una pace che si attende invano da decenni e per garantire futuro e speranza a popolazioni che hanno conosciuto solo guerre e devastazioni.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Sammaritani, ne ha facoltà.
Sammaritani (LEGA VDA) - Naturalmente intervengo anch'io per manifestare e rappresentare il posizionamento del gruppo Lega e che è in effetti anche l'espressione della posizione del partito a livello nazionale. Il tema è proprio quello che già è stato affrontato dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, cioè quello che noi vediamo... la posizione che condividiamo è sicuramente quella che è poi la stessa della diplomazia a livello nazionale, italiana, cioè che si vuole la coesistenza di due Stati, due Stati dove i Palestinesi e gli Israeliani finalmente possano vedere un loro futuro di pace anziché di continuo conflitto.
Il problema di questa mozione è proprio il fatto temporale cronologico, lo ha ribadito anche in sede di presentazione la collega Guichardaz, perché chiedono un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina e, come già è stato anticipato in particolare dal collega Aggravi, non è esattamente il momento evidentemente per quanto ci riguarda. La domanda che dobbiamo porci è questa, cioè riconoscere adesso lo Stato di Palestina sarebbe un errore estremamente grave. In questo momento a Gaza non comanda sicuramente Abu Mazen, comanda Hamas, è Hamas che guida le danze, è Hamas che, con quell'attacco terroristico che sapeva benissimo avrebbe scatenato la reazione di Israele, ha cagionato tutte le sofferenze che adesso la popolazione civile di Gaza sta subendo al di là della eccessività o meno di quella che può essere stata la reazione. In effetti, d'altronde pensare che un terrorista, chi agisce da terrorista si preoccupi di quanti e quali morti ci saranno credo sia un tema abbastanza irrilevante, d'altronde esercitano attività terroristiche mandando a morire gli stessi loro adepti, quindi c'è poco da discutere su questo.
Si parla molto spesso di questi mitizzati confini dello Stato di Palestina, che in realtà non ci sono, già nel 1967 non erano certi questi confini, quindi questo discorso del territorio è abbastanza irrilevante in questo momento. Il tema immediato non è quello di riconoscere lo Stato di Palestina, è quello di sradicare Hamas da quei territori, facendo sì che riconoscere lo Stato di Palestina non sia un regalo fatto a Hamas in questo momento, ma piuttosto cercare di rafforzare Abu Mazen, piuttosto che Hamas. Noi, riconoscendolo adesso, faremmo esattamente il contrario, aiuteremmo un gruppo di terroristi ben organizzati e ben determinati a instaurare nello Stato palestinese un regime totalitario, una sorta di teocrazia sostenuta dall'Iran, che davvero non vede il nostro favore, evidentemente.
Vogliamo assolutamente evitare che anche in questa linea politica di questa visione... fra le righe anche di questa mozione, come tante azioni e come quelle che abbiamo anche già discusso in questa mattinata, che veda sempre nell'Occidente l'origine di tutti i mali. Dobbiamo un po' liberarci da questi sensi di colpa diffusi ormai, che davvero vanno permeando una certa narrazione dell'Occidente. In realtà, noi siamo quelli che consentono anche di criticare Netanyahu. Non soltanto, naturalmente, la parte opposta. Noi abbiamo inventato quei principi di libertà di democrazia che in realtà consentono a tutti, almeno in regimi democratici come i nostri, di manifestare il proprio pensiero anche in modo trasversale e criticando sia una parte che l'altra.
Secondo noi, dobbiamo ripartire piuttosto dagli accordi di Abramo, con gli accordi che furono uno strumento di stabilizzazione di quell'area geografica e di contenimento dell'Iran. Come abbiamo già accennato prima, di Iran ce n'è già uno e credo che ci possa anche bastare, sperando che non duri ancora molto, ma questo ce lo dirà solo la storia.
L'impegno nostro deve essere quello di continuare a promuovere la de-escalation, aprendo un dialogo con tutti gli attori coinvolti, inclusi Israele e gli altri Paesi della regione mediorientale, ma riconoscere adesso la Palestina significherebbe davvero legittimare il controllo di Hamas sulla popolazione di Gaza e aumentare l'instabilità di tutto il Medio Oriente, significherebbe di fatto legittimare la creazione di una teocrazia e, come abbiamo detto già prima, di Iran ne abbiamo già uno, ci può anche bastare. Evidentemente daremo voto di astensione, mentre al contrario riteniamo che la risoluzione presentata da Rassemblement Valdôtain possa davvero essere condivisa, perché quello è il giusto approccio che emerge peraltro anche, credo, dall'intervento che abbiamo appena fatto, cioè quello è il tentativo di perseguire la strada giusta per far sì che ci sia una de-escalation, far sì che ci siano tutti i provvedimenti necessari e le trattative diplomatiche necessarie per fermare sì subito il conflitto ed è l'unica parte - il punto 3 di questa mozione - che ci sentiamo di poter dire che condividiamo, ma d'altra parte non certo di creare uno Stato di Palestina a guida Hamas.
Presidente - Ha chiesto la parola la consigliera Minelli, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Ho ascoltato con interesse tutto quello che è stato detto perché si tratta di un tema estremamente complesso e su questo credo che siamo tutti d'accordo. Chiaramente anche l'azione che possiamo fare noi in un senso o nell'altro è un'azione estremamente limitata, lo sappiamo, ne siamo consapevoli, ma sappiamo anche che questo è un tema, un argomento che comunque ci tocca, ci tocca più o meno da vicino. Gli equilibri che ci sono in Medio Oriente non sono così distanti anche da quella che poi è la realtà nostra, la realtà politica a livello più generale e poi c'è - lo abbiamo riconosciuto credo tutti - un gravissimo problema umanitario, su questo penso che non ci siano contrapposizioni, tutti lo riconoscono, tutti ogni giorno siamo sottoposti a questo bombardamento di notizie, di immagini e non possiamo non pensare a chi sta vivendo drammaticamente nel popolo palestinese e nel popolo israeliano la situazione che si è creata.
Sulla mozione che abbiamo presentato sono state fatte delle osservazioni, delle critiche assolutamente legittime. Noi però abbiamo presentato una mozione, se l'avete letta e mi pare che lo abbiate fatto tutti, dove non si entra nella situazione tanto dell'azione terroristica di Hamas del 7 ottobre del 2023, che, a scanso di equivoci - lo dico con grande determinazione e con grande forza -, condanniamo in ogni modo. Non siamo entrati nella questione legata alla reazione di Israele, che va avanti da molto tempo. Non abbiamo citato numeri, sappiamo che i morti sono tantissimi, il collega Aggravi mi sembra che abbia parlato di 1200 morti per Israele e di molti morti a Gaza. Io, dai dati che avevo visto, erano 1500 i morti in Israele, che sono obiettivamente tanti, è un attacco terroristico molto pesante, non c'è nulla da dire. Poi leggo anche di cifre che parlano di 40.000 morti a Gaza di cui 13.000 bambini. Su questa cosa dei bambini, sia quelli uccisi il 7 ottobre nelle loro case dove dovevano essere tranquilli e sicuri, sia quelli che quotidianamente stanno morendo sotto le bombe e con gli attacchi che ci sono a Gaza, io penso che dovremmo fermarci tutti quanti un momento. Poi ci sono i feriti, ci sono le persone mutilate e che porteranno le conseguenze di quest'azione tutta la vita e probabilmente le conseguenze non si fermeranno a loro, ma ci saranno strascichi anche in chi verrà dopo di loro, perché sono ferite che non si rimarginano.
Sulla questione però della richiesta che noi facevamo in questa mozione, cioè di attivarsi per chiedere di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina, vorrei spendere ancora due parole. Il collega Aggravi nella sua risoluzione dice nel penultimo comma delle premesse, e poi lo ha spiegato: "tenuto conto che ad oggi la prospettata soluzione dei due popoli e dei due Stati non si potrà mai concretamente realizzare sino a quando l'Autorità Nazionale Palestinese non si evolverà realmente in un'autorità sovrana operante nei territori palestinesi, capace di emanciparsi da ogni forma di organizzazione terroristica". Ora, perché insistiamo sulla questione, invece, di favorire in ogni modo la questione dei due Stati? Perché siamo perfettamente coscienti di alcuni aspetti precisi: il primo è che Israele... e, quando parlo di Israele, non mi riferisco a tutta Israele, ma mi riferisco al Governo, al premier Netanyahu, al Ministro della Difesa, a chi ricopre degli incarichi di responsabilità perché, se parliamo di popolo israeliano, penso che le cose potrebbero essere molto più variegate... rimanendo sui vertici, Netanyahu ha affermato di essere contrario alla soluzione di uno Stato palestinese e ha detto anche recentemente: "Israele accetterà solo un accordo che porterebbe lo Stato ebraico ad avere il controllo della sicurezza sull'intera Striscia di Gaza". Il Ministro delle finanze, poco tempo fa, ha dichiarato che il popolo palestinese è un'invenzione che ha meno di 100 anni e si è posto una domanda retorica dicendo: "Hanno una storia e una cultura?", "No, i Palestinesi non esistono, esistono solo gli Arabi". Da parte sua Hamas non lo vuole uno Stato palestinese, una soluzione di due Stati con confini definiti. Che cosa dice Hamas? Vuole la Palestina - lo sappiamo - dal mare al fiume, dal nord al sud. Le posizioni sono quindi radicali in entrambi i casi, ma la comunità internazionale... e, quando parlo di comunità internazionale, parlo di persone che conoscono - diplomatici - molto meglio di noi, di me di sicuro, la situazione, che non è una situazione che dura, e lo sappiamo tutti, dal 7 ottobre del 2023: stiamo parlando di una situazione che dura dalla nascita dello Stato di Israele nel 1948 e prima ancora... io credo che, se non passa questo principio del riconoscimento da parte della comunità internazionale all'unanimità, dal mio punto di vista, cosa molto difficile... ma almeno arrivare al più possibile a riconoscere questa possibilità come l'unico obiettivo. Tre giorni fa il presidente Mattarella ha detto chiaramente che - e cito le sue parole - "per la Repubblica italiana l'autentica prospettiva di futuro risiede nella soluzione a due Stati ed è un obiettivo privo di alternative".
Ora, nel suo intervento il collega Aggravi ha fatto riferimento alla questione della presenza, ed è così, di Hamas e della componente terroristica dicendo: "Non si può fare nulla se questa non viene in qualche modo eliminata". Io credo però che questo ragionamento si potrebbe in qualche modo ribaltare, se uno Stato non viene riconosciuto ufficialmente con i suoi confini... uno Stato per essere tale deve avere un territorio che deve essere delimitato, deve essere in qualche maniera codificato. Io credo che, se non si arriva a questo, dal mio punto di vista, sia utopistico pensare che quella terza gamba che il collega ha citato, quella parte terroristica le cui azioni condanniamo in toto, possa in qualche maniera venire meno, possa dissolversi, possa sparire. Io penso invece che si rischi l'effetto opposto, cioè che si rischi effettivamente il contrario. Se non si arriva a dare una legittimazione dell'esistenza di uno Stato palestinese accanto a uno Stato di Israele, la mia preoccupazione è che buona parte di quella popolazione che adesso vive quella situazione terribile - e parlo soprattutto dei giovani, tra l'altro, è una popolazione più giovane di quella di tanti altri Paesi -, di quelli che sopravviveranno perché stanno morendo come mosche... io ho paura che ci sarà un'adesione massiccia, da parte di chi sopravviverà, alla parte terroristica della Palestina. La mia preoccupazione è questa: che si vada nella direzione contraria a quella verso cui tutti aspiriamo: eliminare il terrorismo all'interno dello Stato palestinese.
Io credo quindi che gli impegni che erano stati previsti dalla mozione, cioè di riconoscere a tutti gli effetti lo Stato di Palestina, di agire in sede ONU per il riconoscimento dello Stato come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, perché solo così i due Stati possono essere posti sullo stesso piano, sur un pied d'égalité, per poter discutere perché altrimenti avremo sempre uno squilibrio fortissimo. Se poi qualcuno si metterà anche a fare i conteggi delle vittime, ma rendiamoci conto, io non voglio parlare di... non voglio utilizzare il termine "genocidio", voglio soltanto che ci rendiamo conto che la situazione è talmente drammatica, che, a mio avviso, se non si supera quello scoglio del riconoscere i due Stati e di metterli in modo da potersi confrontare, non si arriverà a delle soluzioni.
Il terzo impegno era quello di impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici, del diritto internazionale per cercare di fermare il conflitto. Credo che questa forse era l'unica cosa su cui non c'erano, mi sembra, divisioni o comunque opinioni diversificate.
Noi ovviamente porteremo al voto la mozione, mentre sulla risoluzione dei colleghi di Rassemblement, di cui comprendiamo la ratio... però questo principio, che ho appena illustrato, non viene contemplato, quindi, a nostro avviso, ci sono degli impegni di principio che si possono anche condividere in linea di massima, ma poi manca una concretizzazione senza la quale io credo che non riusciremo a trovare una soluzione.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Padovani, ne ha facoltà.
Padovani (FP-PD) - Farò anch'io un intervento diviso a metà, nella prima parte parlerò della mozione, nella seconda parte della risoluzione.
Quello che sta accadendo a Gaza è un affronto alla dignità umana e ai valori di giustizia e solidarietà su cui si basa la nostra stessa idea di umanità. La situazione è drammatica, una popolazione di oltre due milioni di persone è sottoposta a bombardamenti incessanti, privazioni e un isolamento che impedisce ai Palestinesi ogni forma di libertà e di speranza. Le cifre parlano chiaro: più di 40.000 persone sono rimaste uccise e i feriti ormai non si contano più. Moltissime famiglie hanno perso ogni cosa: dalle loro case ai loro cari e gran parte della Striscia di Gaza è ridotta in rovina. L'assedio impedisce l'ingresso di beni essenziali come acqua, cibo, carburante e medicine e ha lasciato un'intera popolazione abbandonata senza nemmeno il diritto alla sopravvivenza. Come se non bastasse, il Parlamento israeliano ha approvato una legge che vieta all'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi nel vicino Oriente, l'UNRWA, di operare in Israele, un attacco diretto ai diritti dei Palestinesi e delle Palestinesi, una legge chiaramente pensata per rendere impossibile l'operato dell'UNRWA nel territorio palestinese occupato, costringendo l'agenzia alla chiusura della sua sede a Gerusalemme est e negando i visti al suo personale, ciò equivale a criminalizzare l'aiuto umanitario. Tutto questo sta causando una crisi umanitaria terribile che non può essere ignorata o giustificata. Non si tratta solo di una risposta a un atto, quello del 7 ottobre, che qui credo nessuno giustifichi e tutti anzi condanniamo con grandissima forza. Non si tratta soltanto della legittima difesa del popolo israeliano nei confronti di questo attacco. Si tratta di un vero e proprio genocidio nei confronti del popolo palestinese, genocidio che non è assolutamente giustificabile in nessun modo e per nessun motivo. Parlare di pace però è doveroso e necessario, ma non possiamo parlare di pace senza parlare di giustizia e non ci sarà giustizia senza il riconoscimento pieno e definitivo dello Stato di Palestina. Il riconoscimento dello Stato di Palestina è una necessità per costruire una pace duratura. Non possiamo più accettare soluzioni che mantengano i Palestinesi in uno stato di occupazione e li privano dei loro diritti fondamentali e che permettono la continua espansione di insediamenti illegali. Ogni giorno che passa senza uno Stato palestinese è un giorno in cui aumenta la sofferenza, si acuiscono le disuguaglianze e si allontana la speranza di una pace reale. Infine, vorrei ricordare che il riconoscimento dello Stato di Palestina non significa in alcun modo ignorare i diritti e la sicurezza di Israele, al contrario è una via per garantire che entrambi i popoli possano convivere in pace e prosperità, ognuno all'interno dei propri confini. La storia ci insegna che il riconoscimento reciproco è il primo passo verso una coesistenza pacifica. Dobbiamo esigere che la comunità internazionale intervenga con forza, che si chieda immediatamente un cessate il fuoco, l'ingresso degli aiuti umanitari e soprattutto che si mette in atto un percorso chiaro e concreto per il riconoscimento dello Stato di Palestina, come dobbiamo esigere che i 124 Paesi della Corte penale internazionale che hanno aderito allo Statuto di Roma eseguano il mandato di arresto internazionale spiccato nei confronti di Netanyahu e Gallant, come dovremmo esigerlo nei confronti del Capo di Hamas, che però è stato dichiarato morto da Israele. È tempo di porre fine all'ingiustizia e di lavorare per una pace giusta che dia a Israeliani e Palestinesi la possibilità di vivere come popoli liberi. È tempo di scegliere l'umanità, di scegliere la dignità, di scegliere la vita. Questo per quanto riguarda la mozione.
Io poi ho letto la risoluzione e devo dire che dell'iniziativa apprezzo il tentativo di mettere in fila alcuni fatti. Mi sembra però che a questo tentativo manchino delle cose, dove si dice in particolare che, "così com'è puntualizzato nell'ambito della Roadmap "for Peace", il punto di partenza per una coesistenza pacifica nello stesso territorio sia proprio la cessazione della lotta armata e lo smantellamento di tutte le entità e le figure che lo sostengono e lo promuovono". Mi sembra che si faccia riferimento al primo step della Roadmap, che è divisa in tre step: manca il ritiro israeliano e il congelamento dell'espansione delle colonie israeliane che sta nello stesso step.
"Il perdurare dell'azione militare condotta dal Governo israeliano si sta altrettanto manifestando con violenza nei confronti della popolazione dei territori palestinesi, tra cui molti bambini e anziani", mi si permetta di dire che è un eufemismo. In quel territorio si sta consumando un genocidio. Ho appena detto che apprezzo alcune cose e che però ho alcuni dubbi. Uno dei dubbi è questo, perché, per quanto mi riguarda, lì - e non solo per quanto riguarda me, ma anche per diverse organizzazioni internazionali - si sta consumando un genocidio ed è stato anche spiccato un mandato di arresto per il Capo del Governo israeliano e dell'ex ministro Gallant. Dove c'è scritto: "la popolazione civile nella Striscia di Gaza è stretta dalla morsa dell'Esercito israeliano e dalla violenza delle forze terroristiche, con gli arrivi degli aiuti sempre più limitati...": ecco qui io però non vorrei che si facesse della confusione: gli arrivi degli aiuti sono limitati dagli Israeliani. Qui non c'è scritto, ma è un dubbio che ho avuto leggendo la risoluzione.
"Considerato inoltre che gli ultimi sviluppi del conflitto hanno visto un incremento dei bombardamenti a Gaza, con la crescita del numero delle vittime civili... tuttavia la violenza nell'area rischia di aumentare con l'intervento dell'Iran e le ripetute azioni terroristiche promosse da Hezbollah (gruppo terroristico armato...), la cui escalation conseguente potrebbe...". Questo è un pezzo un po' vecchio, perché nel frattempo è stato, per fortuna, firmato un cessate il fuoco, anche se questo è... come dire? un po' traballante. È notizia di qualche giorno fa che sono state uccise 10 persone al confine con il Libano da forze israeliane. Il mio dubbio era che l'escalation non è stata portata avanti solo da Hezbollah, della quale sinceramente non ho nessuna simpatia, ma anche da parte di Israele. Ricordiamo, credo tutti, il fatto più unico che raro, direi, di uccisioni in territorio libanese di alcuni esponenti di Hezbollah con ordigni dei quali ancora io non ho capito bene il meccanismo, ma che hanno fatto esplodere cercapersone e telefoni, che, devo dire, è un po' inquietante.
Arrivando verso la fine al "tenuto conto tuttavia" e anche al punto 3 dell'impegnativa - così riassumo e faccio un po' di economia di tempo -, siamo un po' in ritardo, perché qua si dice: "già all'interno dello stesso popolo palestinese si protrae da tempo un conflitto tra Hamas, la sua componente più radicale, e Fatah, la sua componente più moderata, scontro che necessiterebbe prioritariamente di una "soluzione di pace palestinese" e funzionale, tra l'altro, a favorire il rilancio delle trattative con la controparte israeliana".
Poi al punto tre dell'impegnativa si dice: "a favorire lo sviluppo di un'Autorità Nazionale Palestinese moderata...". È già stato letto e non lo rileggo. Qui siamo un po' in ritardo perché tra Fatah, Hamas e altre 12 organizzazioni politiche palestinesi si sono in questi mesi tenuti due incontri che sono durati più giorni: uno in Cina, a Pechino, e uno in Egitto. Nel primo - leggo un articolo che riporta alcuni passi del comunicato stampa diffuso tramite X, anche qui la comunicazione diffusa tramite i social non risparmia anche questa parte di mondo -, diffuso dall'Ufficio stampa di Fatah e dal Capo Ufficio, del quale non farò il nome perché non voglio sbagliare la pronuncia, che dice sostanzialmente che le fazioni firmatarie si sono impegnate a implementare gli accordi di unità nazionale grazie all'aiuto di Egitto, Algeria, Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa al fine di creare "uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale in conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite e a garantire il diritto al ritorno alle proprie terre per i Palestinesi profughi in conformità con la risoluzione 194". Le parti hanno inoltre concordato in merito - e cito - "al diritto del popolo palestinese a resistere all'occupazione e a porvi fine, oltre che sulla formazione di "un Governo temporaneo di conciliazione nazionale che unifichi tutte le fazioni palestinesi nell'ottica di raggiungere un'unità palestinese globale nel quadro dell'organizzazione per la liberazione della Palestina, unico legittimo rappresentante del popolo palestinese. Tutte le fazioni hanno inoltre dichiarato di aver accolto con favore il parere della Corte internazionale di giustizia e confermato l'illegalità della presenza, dell'occupazione, degli insegnamenti israeliani sul territorio dello Stato di Palestina - questa era la cosa più ovvia forse dell'accordo - esse si impegnano a contrastare - cito - le continue violazioni contro la benedetta Moschea di Al-Aqsa, gli altri due luoghi sacri di Gerusalemme, tanto islamici quanto cristiani, oltre a sostenere i prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. Per implementare quanto contenuto nella dichiarazione, le fazioni hanno deciso di creare un meccanismo collettivo, cito: "espresso collettivamente il loro apprezzamento per gli sforzi della Repubblica Popolare Cinese e della sua leadership per raggiungere tale accordo".
Oltre a questo accordo, notizia di due settimane fa è che è stato raggiunto un altro accordo, questa volta in Egitto, tra Fatah e Hamas per la gestione della Striscia di Gaza post conflitto. Questo accordo prevedrebbe, secondo fonti stampa, la creazione di un Governo che noi chiameremmo tecnico, cioè di persone non appartenenti né a Fatah, né a Hamas, che gestiscano le questioni più politiche del post conflitto a Gaza. Io devo dire che trovo il "tenuto conto, tuttavia..." e la terza impegnativa quanto meno superate. Io poi penso davvero che una delle condizioni sine qua non per arrivare a una pace che si chiama pace giusta e duratura sia il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Nella risoluzione voi tra gli impegni non lo mettete, ma devo dire che però apprezzo e condivido anche le prime due impegnative, cioè incoraggiare e sostenere ogni azione utile a garantire il cessate il fuoco e a promuovere un'azione ampia, condivisa e coordinata a livello internazionale con il coinvolgimento dell'Unione europea e delle Nazioni Unite per l'organizzazione di una vera conferenza di pace, che è quello che effettivamente manca, un vero impegno della comunità internazionale per arrivare a una pace.
Detto tutto ciò, a livello personale io annuncio che voterò a favore della mozione e mi asterrò sulla risoluzione per i dubbi che ho appena espresso.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Jordan, ne ha facoltà.
Jordan (UV) - Le conflit israélo-palestinien est l'une des questions les plus complexes et les plus douloureuses de notre époque, marqué par des décennies de violence, d'incompréhensions et de souffrance. Cependant, même au milieu de la dévastation, un principe émerge qui peut offrir de l'espoir d'un avenir: la reconnaissance des droits des deux peuples, Israéliens et Palestiniens, à vivre en paix, en sécurité (incompréhensible) souverain.
La paix n'est pas seulement un idéal mais une nécessité. L'histoire a montré que ni la guerre, ni l'oppression ne peuvent garantir une solution durable; au contraire, la coexistence fondée sur le respect mutuel et le dialogue est la seule voie vers un avenir durable dans la région.
La reconnaissance des deux États : un État israélien et un État palestinien n'est pas seulement une proposition politique, c'est le fondement d'une paix juste et stable. Les accords internationaux, tels que la solution à deux États, soutenue par les Nations Unies, offrent un cadre réaliste pour mettre fin au conflit en garantissant le droit à l'autodétermination des deux parties.
Pour le peuple israélien, je crois qu'un État palestinien souverain serait une garantie de sécurité et mettrait fin à une situation du conflit qui a miné la stabilité et le bien-être du Pays ; pour le peuple palestinien, la reconnaissance d'un État indépendant peut-être synonyme de dignité, de liberté, de justice. Un État souverain représente le dépassement des injustices historiques et la possibilité de construire un avenir prospère pour les générations futures ; toutefois, pour y parvenir il est essentiel que les deux parties soutenues par la communauté internationale abandonnent la logique de la force, de l'exclusion et adoptent celle du compromis et du respect. La paix exige du courage, surtout dans un contexte où la haine et la suspicion ont souvent pris le dessus; elle exige que les dirigeants israéliens et palestiniens ainsi que leurs souteneurs s'engagent sérieusement dans les négociations directes fondées sur des principes de justice et d'égalité. La communauté internationale, pour sa part, a le devoir de soutenir ces efforts par une médiation impartiale, une assistance économique et des interventions diplomatiques visant à réduire les tensions. La paix entre Israéliens et Palestiniens ne sera pas facile à atteindre, mais c'est une cause qui mérite tous les efforts, il ne s'agit pas seulement du sort des deux peuples mais de la possibilité de prouver que même dans les conflits plus profonds on peut trouver une solution lorsque le dialogue, la compréhension et la volonté de construire avec un avenir commun prévalent.
Presidente - Ha chiesto la parola l'assessore Grosjacques, ne ha facoltà.
Grosjacques (UV) - Solo qualche considerazione, perché seguo da tanto tempo questo tema, ancor prima del 7 di ottobre e devo dire in premessa che tutto quello che ruota intorno al mondo islamico e alla religione islamica mi inquieta perché non condivido le posizioni religiose verso il genere femminile e verso tutta una serie di altri aspetti, però credo sia bene analizzare la situazione dal punto di vista dei due popoli.
Ci siamo occupati in modo puntuale e importante della situazione palestinese dopo il 7 di ottobre del 2023, perché abbiamo avuto questo atto terroristico di Hamas, che è assolutamente da condannare, perché dobbiamo considerare come premessa che Hamas è un'organizzazione terroristica che non rappresenta il popolo palestinese, ma che opprime la Striscia di Gaza dal 2007, tant'è che dal 2007 non ci sono più state elezioni e la debolezza dell'Autorità nazionale palestinese, che è confinata nella Cisgiordania, e io direi più che altro a Ramallah, dove ha il suo quartier generale, è evidentissima perché in questi 14 mesi non è mai intervenuta in modo efficace nel tentare di risolvere questa situazione, però l'occupazione di Israele nei confronti della Striscia di Gaza e della Cisgiordania ha delle radici piuttosto lontane, perché non ci dobbiamo dimenticare che nel 1967, con la guerra dei sei giorni, è iniziata l'occupazione, l'avanzamento di Israele all'interno dei territori che erano stati riconosciuti nel 1948 al popolo palestinese. Direi che quest'occupazione è continuata nel tempo, il collega Aggravi ha detto che l'Autorità palestinese non batte moneta, ma io aggiungo anche che non incassa nemmeno i proventi delle tasse, che vengono incassati dallo Stato di Israele e che vengono o, meglio, venivano riversati all'Autorità nazionale palestinese con una frequenza che oggi non c'è più, quindi, oltre ad affamare il popolo palestinese, non vengono nemmeno fornite le legittime risorse finanziarie affinché il popolo palestinese possa in qualche modo far fronte a questa crisi. Non voglio poi parlare della chiusura del valico di Rafah, dove gli aiuti umanitari marciscono, i vaccini non vengono consentiti ai bambini.
Io credo che Papa Francesco ci abbia fatto fare una riflessione alcune settimane fa, cioè abbia chiesto a tutti noi di interrogarci sulla possibilità che quello che sta succedendo in Palestina sia da definire genocidio. Personalmente credo sia così, perché la reazione, la rappresaglia è stata assolutamente spropositata: 1.200 persone in un atto terroristico del 7 di ottobre, oltre 45 mila persone dal 7 di ottobre ad oggi, sono dati del Ministero della salute palestinese; tra l'altro, la mozione non fa praticamente cenno alla situazione di guerra tra i due Stati, tra i due popoli.
Credo che invece la risoluzione abbia come impegnativa quello che è da fare nell'immediato, cioè intavolare una trattativa di pace per far sì che termini l'occupazione israeliana sulle terre per poi successivamente ristabilire, da un punto di vista amministrativo, un Governo stabile che non potrà avere - e non concordo con quello che diceva il collega Padovani - per nessuna ragione la presenza di Hamas in un'ipotesi di Governo sulla Striscia e sulla Cisgiordania, ma credo che siamo lontani dal riconoscimento dello Stato palestinese per due semplici ragioni: primo perché nello Statuto di Hamas è scritto a chiare lettere che deve essere annientato lo Stato sionista, dall'altro lato Israele non concederà mai, o almeno fino ad oggi mai si è parlato della possibilità di unire le due parti dello Stato palestinese o del soi-disant Stato palestinese, Cisgiordania e Gaza, attraverso una Striscia appunto di collegamento, perché l'interesse è quello di tenerli distanti e di continuare l'occupazione. Io credo che oggi l'impegno che possiamo prendere - e personalmente dico dobbiamo prendere - è quello di attivarci per sostenere un'azione che porti a un tavolo che ragioni su una pace duratura, non su un cessate il fuoco, perché il cessate il fuoco che è stato fatto è stato concordato con Hezbollah e un cessate il fuoco che è stato violato pesantemente negli ultimi giorni. Credo quindi che ci voglia un armistizio e una pace che ponga le basi per poter in qualche modo salvare quello che resta della popolazione della Striscia di Gaza e solo successivamente ragionare su un'organizzazione politica dello Stato palestinese che oggi è sicuramente prematura.
Personalmente, ma credo di interpretare anche la volontà del gruppo dell'Union Valdôtaine, ci asterremo sulla mozione e voteremo la risoluzione presentata da Rassemblement.
Presidente - Faccio un breve intervento, se mi autorizzate a farlo da qui, sarò estremamente breve. Stavo pensando che una ventina di anni fa, e forse anche di più, ho partecipato, nell'ambito di attività di studio accademico, a due simulazioni con una conferenza di pace sul caso palestinese e un'altra su Cipro per la querelle turco-cipriota. Erano due simulazioni che si sono compiute e ovviamente, come tutte le simulazioni, come è successo o quasi, ma l'accademia è più facile della realtà. Oggi la situazione è estremamente drammatica, una guerra che sembra non finire e non può essere la soluzione l'annientamento del nemico e la guerra continua. Una prospettiva a questa situazione va data, va data alle popolazioni, ai Palestinesi innanzitutto e anche agli Israeliani, ai popoli in questione.
Non posso che finire con un riconoscimento da parte di tutti allo Stato palestinese, con i due Stati entrambi riconosciuti. Siamo tutti consapevoli che quella potrà essere la soluzione che dovrà concludere un percorso, questo o lo si faccia subito, come lo chiede la mozione di PCP, o lo si faccia in un secondo momento, alla fine quello sarà inevitabilmente il risultato.
I due documenti, in parte diversi, entrambi con delle buone ragioni, vanno perlomeno nella stessa direzione. È chiaro che l'obiettivo finale sia poi quello di dare una prospettiva per uscire da una guerra continua e da una tragedia che sta uccidendo migliaia e migliaia di persone, tra cui anche bambini, e il rischio anche che questa guerra si espanda su altri teatri è comunque sempre presente.
Pertanto, al di là delle differenze, per quanto mi riguarda, voterò entrambe, la mozione e la risoluzione, consapevole che stiamo purtroppo facendo dell'accademia e niente più.
Vi sono altri interventi? Se non ve ne sono, metto in votazione prima la mozione e successivamente la risoluzione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 35
Votanti: 7
Favorevoli: 7
Astenuti: 28 (Aggravi, Baccega, Barmasse, Bertschy, Brunod, Carrel, Caveri, Chatrian, Di Marco, Distort, Foudraz, Ganis, Grosjacques, Jordan, Lavevaz, Lavy, Lucianaz, Manfrin, Marguerettaz, Marquis, Marzi, Perron, Planaz, Restano, Rosaire, Sammaritani, Sapinet, Testolin)
La mozione non è approvata.
Metto ora in votazione la risoluzione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 35
Votanti: 32
Favorevoli: 32
Astenuti: 3 (Guichardaz Erika, Minelli, Padovani)
La risoluzione è approvata.
Sono le ore 17:30, sospendiamo brevemente i lavori del Consiglio, che riprenderanno tra una decina di minuti. Arieggiamo i locali.
La seduta è sospesa dalle ore 17:26 alle ore 17.45.