Oggetto del Consiglio n. 4207 del 18 dicembre 2024 - Resoconto
OGGETTO N. 4207/XVI - Discussione generale sulla Mozione: Impegno affinché venga esaminata e approvata dal Parlamento una riforma di legge sulla cittadinanza che includa il principio dello "Ius Scholae".
Bertin (Presidente) - Punto n. 4.02 all'ordine del giorno.
Consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà, a lei la parola.
Guichardaz E. (PCP) - Questa mozione vuole portare in quest'Aula un tema importante per il futuro del nostro Paese, ma anche della nostra Regione: il riconoscimento della cittadinanza ai giovani che crescono, studiano e si integrano pienamente nella nostra società.
Attualmente, in Italia la legge sulla cittadinanza per i minori si basa principalmente sul principio dello Ius Sanguinis, che conferisce la cittadinanza per discendenza diretta da genitori italiani.
Questo significa che un bambino nato in Italia da genitori stranieri non acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana, ma può richiederla solo al compimento del diciottesimo anno di età, a condizione che abbia risieduto legalmente ininterrottamente in Italia fino a quel momento e presenti la domanda entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.
Questo principio esclude molti minori, nati e cresciuti in Italia, dai diritti e dai benefici concessi alla cittadinanza italiana, creando una situazione di incertezza e disuguaglianza.
La proposta di legge dello Ius Scholae prevede di concedere la cittadinanza italiana, invece, ai minori stranieri nati in Italia, o arrivati entro i 12 anni di età, che abbiano completato almeno 5 anni di scuola in Italia, rappresentando un passo avanti verso una maggiore inclusione e riconoscimento proprio dei diritti di questi giovani che crescono e studiano nel nostro Paese.
È evidente che i minori che non hanno la cittadinanza italiana affrontano numerose complicazioni, tra cui la difficoltà nell'accesso alle borse di studio, le limitazioni nel partecipare a concorsi pubblici, l'incertezza anche riferita al loro status legale una volta raggiunta la maggiore età.
Queste difficoltà possono limitare significativamente le opportunità educative e lavorative di questi giovani, nonostante la loro formazione e integrazione nella società italiana. Credo che chi di noi abbia dei figli che hanno frequentato le scuole nella nostra Regione sappia bene che, arrivati a una certa età, vedono che i compagni, che con loro hanno seguito tutti i percorsi di studio, a un certo punto hanno dei diritti diversi da loro. Questa, almeno, è una domanda che i miei figli spesso mi hanno posto, chiedendomi il perché succedeva una cosa del genere quando quegli stessi ragazzi, molto probabilmente, nel loro paese non vengono più riconosciuti come tali, perché parlano la nostra lingua, hanno le nostre abitudini, i nostri costumi, alcuni anche le nostre tradizioni, perché credo che sia capitato a tutti anche di vederli in gruppi oppure anche di vederli parlare in patois insieme a noi. Quindi, sotto questo punto di vista, è una cosa che è assolutamente incomprensibile per chi ha vissuto tutta una vita accanto a questi ragazzi.
Ribadiamo che non sono concessioni gratuite e automatiche, ma un percorso meritocratico, inclusivo, che valorizza il contributo di questi giovani alla nostra comunità.
È evidente che la nostra posizione sarebbe addirittura di fare qualche passo avanti rispetto allo Ius Scholae, ma sotto questo punto di vista abbiamo deciso di presentare una mozione che, in qualche modo, avrebbe potuto trovare magari il favore di una parte più importante dell'Aula, vista anche la discussione che c'è a livello nazionale e che sicuramente tutti noi, in qualche modo, abbiamo seguito.
Quello che noi chiediamo è che il Consiglio regionale impegni il Governo ad attivarsi, anche attraverso i Parlamentari valdostani, presso il Governo nazionale e il Parlamento, affinché venga esaminata e approvata una riforma della legge sulla cittadinanza, che includa proprio questo principio, riconoscendo quindi il diritto alla cittadinanza a quei minori stranieri nati o arrivati in Italia in giovane età che abbiano completato un ciclo scolastico almeno di cinque anni nel nostro Paese.
Questa riforma non è solo una questione di diritti civili, ma riteniamo anche un investimento per il futuro, perché offrire a questi giovani una piena appartenenza, significa anche rafforzare il loro ruolo nella società e riconoscere anche il valore della loro partecipazione alla vita della nostra Regione.
È tempo, secondo noi, di superare delle barriere anacronistiche e di abbracciare una visione inclusiva che riconosca e valorizzi le nuove generazioni per ciò che già sono, perché, vi ripeto - e credo che anche alcuni di noi lo abbiano vissuto, non solo i nostri figli -, ma sicuramente sotto questo punto di vista tutti noi possiamo avere anche delle esperienze personali che ci portano a dire che queste persone hanno in tutto e per tutto acquisito anche tutti i modi di essere della nostra comunità.
In questo senso, quindi, non ritenere una risorsa preziosa anche quei giovani, secondo noi è sbagliato.
È un dibattito sicuramente che vedrà delle posizioni contrapposte, questo già lo sappiamo perché avviene così anche a livello nazionale, però riteniamo importante porre anche all'attenzione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta alcune tematiche che riguardano la politica italiana e che sicuramente hanno delle ripercussioni anche sulla nostra Regione.
Presidente - Apriamo la discussione generale sulla mozione. La discussione generale è aperta. Qualcuno interviene in discussione generale? Consigliere Manfrin, ne ha facoltà.
Manfrin (LEGA VDA) - Ringrazio le colleghe che ci permettono di intervenire su un dibattito che ha assunto, come giustamente è stato ricordato, un valore nazionale, anche perché ovviamente, pur essendo una Regione a Statuto speciale e con una discreta autonomia, non abbiamo ancora la possibilità ovviamente di concedere cittadinanza, quindi è evidente che questo riguarda chiaramente un dibattito nazionale ed è corretto che ognuno rappresenti anche la propria posizione.
Io mi sono focalizzato in parte rispetto alla nostra realtà anche per fornire una fotografia, poi questo chiunque può estenderlo eventualmente anche al resto del Paese, ma parto con una considerazione che era contenuta nel Documento di economia e finanza regionale che ci permette di inquadrare anche la questione.
In un paragrafo del Documento di economia e finanza regionale si dice che: "Il bilancio demografico per popolazione residente straniera per l'anno 2023, seppure provvisorio, evidenzia la compresenza di un saldo naturale positivo, +45 unità, di un altrettanto saldo positivo interno, +78 unità, e soprattutto di un importante saldo migratorio con l'estero, +649 unità" e, si badi bene, al pezzo che viene dopo.
"A ciò si deve aggiungere che il numero dell'acquisizione di cittadinanza si mantiene molto elevato".
Quante sono? 490. Nel solo 2023 in Valle d'Aosta ci sono state 490 acquisizioni di cittadinanza.
È molto elevato e quindi evidentemente queste barriere non sono osservabili - lo dico per un collega che ci faceva ampi gesti dalle quinte-, ovviamente i dati sono quelli del DEFR perché i dati 2024 complessivi non li abbiamo già, per cui citiamo quelli che sono completi e poi ovviamente citeremo anche, quando sarà finito il 2024, a meno che non veda nel futuro, quelli del 2024.
Si dice che "Il recente rapporto sulla società valdostana", questo è uscito dopo, è uscito quando abbiamo discusso il DEFR a ottobre, "ha evidenziato che la popolazione straniera è cresciuta di 300 unità rispetto al 2023", quindi si evidenzia che non ci sono grosse difficoltà, né nell'arrivare né nell'acquisire cittadinanza, come invece viene ipotizzato.
Sul DEFR, però, si trova anche un altro dato che ritengo molto interessante, dove si dice che nell'anno scolastico 2022-2023 il numero degli studenti di cittadinanza straniera si attesta complessivamente attorno alle 1.340 unità, valore quest'ultimo che è in sensibile crescita rispetto a quello dell'anno precedente, +17,5%.
La popolazione scolastica straniera ha un'incidenza sul totale degli studenti pari all'8%, percentuale superiore a quella rilevata rispetto all'incidenza degli stranieri sul totale della popolazione.
A fronte di questi dati, che cosa rileviamo? Che se effettivamente noi fossimo un Paese, ma stiamo nella nostra realtà, fossimo in una Regione così escludente, così cattiva, così perfida nel non concedere la cittadinanza e nel vessare quelli che non ce l'hanno, probabilmente questi dati sarebbero diversi, perché è chiaro che se io non creo le condizioni o ci sono condizioni negative perché una persona che non ha la cittadinanza possa arrivare e vivere su un territorio, è chiaro che persone non ce ne sarebbero, invece sono in forte aumento. È in forte aumento l'arrivo di persone straniere ed è in forte aumento anche il numero di concessioni di cittadinanza.
Veniamo ad alcune cose che avete scritto. Nella vostra mozione scrivete innanzitutto che il principio di concessione della cittadinanza esclude molti minori nati e cresciuti in Italia dai diritti e dai benefici connessi alla cittadinanza italiana, creando una situazione di incertezza e disuguaglianza.
E cosa indicate quale discriminazione rispetto...oppure incertezze e disuguaglianza rispetto alle altre persone? Voi scrivete che i minori, che non hanno la cittadinanza italiana, affrontano numerose complicazioni, tra cui le difficoltà nell'accesso a borse di studio.
Io mi sono documento, ma tanto per farci un po' di cultura, vi leggo un bando che è presente per le borse di studio per i minori della Regione autonoma Valle d'Aosta, dove nei requisiti si dice che "Per accedere a questo tipo di bandi, bisogna aver frequentato le scuole regionali e paritarie ubicate nella Regione, aver frequentato le scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie o di tipo o di indirizzo non esistenti in Valle d'Aosta e non aver presentato analoga domanda in altre Regioni, essere in regola con le disposizioni in ordine all'adempimento dell'obbligo scolastico e successiva frequenza alla scuola secondaria, essere residenti nella Regione Valle d'Aosta, essere in possesso dei requisiti economici previsti all'articolo 2".
Non vedo requisiti che impediscano nel bando di accedere, quindi viene a cadere la difficoltà nell'accesso a borse di studio. Sono residente e chiedo l'accesso alla borsa di studio.
Qui veniamo invece poi a un passaggio importante: i minori che non hanno la cittadinanza italiana hanno difficoltà a partecipare a concorsi pubblici.
Io non sapevo che i minori potessero partecipare a concorsi pubblici, effettivamente non ne avevo idea, quindi io scopro qui che i minori non possono accedere ai concorsi pubblici e hanno difficoltà in questo.
Io mi rivolgo direttamente al Presidente della Regione: faccia dei concorsi per minori in Valle d'Aosta per entrare nella pubblica Amministrazione, così cominceremo ad allevare le nuove leve e la nuova Amministrazione della nostra Regione.
E poi incertezza riguardo al loro status legale una volta raggiunta la maggiore età, non c'è nessuna incertezza perché è, molto semplice: raggiungo i 18 anni e faccio la richiesta di cittadinanza.
Nel momento in cui ho fatto il mio percorso scolastico, posso fare ovviamente la mia richiesta di percorso di cittadinanza e i dati, come detto prima, lo dimostrano.
Allora credo che a questo punto possiamo sfatare qualche mito: i minori stranieri hanno già gli stessi diritti degli italiani. La cittadinanza non è uno strumento di integrazione, è il punto d'arrivo dell'integrazione.
Io prima ti integro e poi ti concedo la cittadinanza, non è che prima ti concedo la cittadinanza e in virtù di quella tu sei integrato, soprattutto non basta un pezzo di carta per essere buoni cittadini ed essere integrati, non è con un documento in tasca che io sistemo le cose.
La famiglia - e questo è un passo importante - influenza più della scuola, e lo vediamo, nel momento in cui ci sono immigrati di seconda o di terza generazione, che pur avendo avuto tutte le possibilità di questo mondo, e pur avendo avuto anche accesso alla cittadinanza, magari, come a Corvetto, fanno delle rivolte, bruciano tutto quello che trovano perché un loro amico, scappando dai Carabinieri, si è schiantato contro un palo.
Lo vediamo, eppure hanno tutti la cittadinanza.
E poi un quinto dato: il nostro Paese è quello che concede più cittadinanze in tutta l'Unione europea, 115 mila soltanto l'anno scorso. 115 mila nuove cittadinanze soltanto l'anno scorso.
Allora, se fossimo il Paese che ne concede di meno, io potrei capire che qualcuno sollevi delle obiezioni e dica: "Ma, guardate, noi siamo quelli che ne concedono di meno, quindi ci deve essere un problema", invece l'immigrazione continua a essere anche eccessiva, per quanto ci riguarda, ma questa è una valutazione, continua a essere ovviamente costante, i numeri sono in costante aumento, e anche gli studenti frequentano tranquillamente le scuole e non hanno impedimenti di sorta.
Le cittadinanze facili, e questo è un problema a cui non si pensa mai, sono un danno per chi invece ha il desiderio di integrarsi e sentirsi cittadino sul serio, come ha giustamente spiegato... Lo so che adesso provocherò un moto di disdegno nelle colleghe, e non solo nelle colleghe, ma insomma le colleghe sanno bene che la pensiamo in maniera diversa rispetto a loro. Come ha spiegato bene il generale Vannacci, se domani andassi in Arabia Saudita e facessi cinque anni di scuola lì, di certo non mi sentirei arabo. Penso di poter parlare a nome tutti.
Io ho lavorato per sei mesi in Egitto, ho imparato anche delle parole di arabo, parlavo arabo o in parte con il personale locale, ma non mi sento arabo nella maniera più assoluta e ovviamente non mi sarei mai permesso di immaginarmi cittadino di quel Paese.
Certo, è ovvio che questo si contrappone un po' a quelli che vorrebbero modificare la norma. Voi scrivete lo Ius Soli, "andiamo verso il modello dello Ius Soli", Ius qualsiasi cosa, Ius Scholae; in realtà io immagino che molti esponenti, non soltanto voi, ma soprattutto chi con le cooperative che accoglievano gli immigrati ci faceva un sacco di grana, al punto che addirittura si diceva che con gli immigrati si guadagnava più che con la droga, probabilmente vorrebbe l'applicazione dello Ius Oculi, cioè nel momento in cui io vedo le coste italiane sono già italiano.
Sarebbe lo strumento più efficace per mantenere le simpatiche cooperative che, per puro spirito di disponibilità e non certo di lucro, preferirebbero avere questo sistema qui: lo prendiamo, hai visto le coste? Cittadinanza per tutti.
Chiudo con una riflessione che io non posso non condividere, che non è mia, ma vi leggerò tra poco di chi è.
"La cittadinanza italiana deve rimanere un obiettivo da conquistare attraverso un impegno e dedizione piuttosto che un diritto automatico.
La mia esperienza mi ha insegnato l'importanza di rispettare questo processo, poiché solo attraverso un'integrazione profonda si può realmente comprendere cosa significhi essere italiani".
Parole di buon senso di Claudiu Stanasel, ragazzo romeno, e Consigliere comunale, nonché Presidente del Consiglio comunale della Lega a Prato.
Presidente - Consigliere Padovani, ne ha facoltà.
Padovani (FP-PD) - Grazie alle colleghe per darci la possibilità di parlare di un tema importante come lo Ius Scholae.
Inizierei con il dire che lo Ius Scholae non è un regalo di cittadinanza, né una via semplificata e superficiale per ottenere diritti, ma un'opportunità basata sull'impegno, sulla crescita e sull'appartenenza.
Lo Ius Scholae, infatti, propone che i ragazzi e le ragazze, figli di genitori stranieri ma cresciuti in Italia, e che abbiano completato almeno cinque anni nelle nostre scuole, possano acquisire la cittadinanza italiana.
Stiamo parlando di giovani che, nella maggior parte dei casi, sono nati o arrivati in Italia da piccoli, che parlano l'italiano come lingua madre, che frequentano scuole italiane, che tifano per le nostre squadre, che condividono ogni esperienza e passione con i loro coetanei italiani.
In altre parole, ragazzi e ragazze che sono italiani nei fatti, e qui mi verrebbe da chiedermi perché al Presidente dell'Argentina Milei si concede la cittadinanza seduta stante, mentre a queste ragazze e a questi ragazzi no, ma, evidentemente, nel favoloso mondo di Meloni funziona così.
Qui io voglio invitare tutte e tutti a provare a pensare come sarebbe per voi crescere in una terra che sentite vostra in tutto e per tutto ma nella quale siete considerati ospiti, a volte addirittura ospiti indesiderati.
Provate a pensare al senso di estraneità e di esclusione che ne deriva, un sentimento che spesso alimenta frustrazione, smarrimento e insicurezza.
Ecco, con lo Ius Scholae possiamo dare a questi giovani ciò che meritano, un senso di appartenenza concreto, riconosciuto dalla legge. Si tratta di un riconoscimento di diritti, di un'integrazione vera, che permetterebbe loro di sentirsi finalmente partecipi della società italiana senza riserve o barriere.
Lo Ius Scholae non rappresenta però solo un importante e giusto atto di integrazione, ma anche un importante riconoscimento dal punto di vista educativo e sociale.
Riconoscere la cittadinanza a chi completa un ciclo scolastico in Italia significa anche valorizzare il nostro sistema educativo come spazio di crescita civica e culturale. La scuola, infatti, non è solo un luogo di istruzione, ma il primo vero spazio di integrazione e confronto, dove si formano cittadine e cittadini consapevoli, aperti al dialogo e al rispetto delle diversità.
Infine, concedere la cittadinanza a chi vive e studia in Italia sin da piccolo significa costruire una società più coesa e inclusiva, una società che non lascia nessuno indietro e che valorizza le differenze come una ricchezza.
I nostri giovani e le nostre giovani, indipendentemente dall'origine dei loro genitori, sono il nostro futuro, non riconoscerli come italiane e italiani significa privarci del loro talento, della loro energia e del loro contributo.
In conclusione, lo Ius Scholae è un investimento nel futuro del nostro Paese, è una scelta di inclusione e di giustizia sociale. Dare cittadinanza a chi già vive, studia e cresce come italiano è un diritto per loro, ma anche un dovere per noi, per costruire un'Italia migliore, più giusta e realmente unita.
Presidente - Consigliere Marquis, ne ha facoltà.
Marquis (FI) - Questo è un tema di cui si sta dibattendo molto in quest'ultimo periodo e quindi di grande attualità in una società che sta evolvendo rapidamente.
Per noi è un tema serio, quello dei diritti, ma va trattato con un quadro valoriale preciso di riferimento.
Va attualizzata la normativa che lo disciplina, anche in virtù delle dinamiche demografiche del Paese, sempre con una visione inclusiva. Però, per quanto ci riguarda, occorre essere consapevolmente italiani per essere cittadini italiani e non bisogna ricondurre questo a una pratica di carattere amministrativo.
È questo lo spirito per cui non condividiamo la proposta che è stata presentata dalle colleghe, ci vede distanti nell'impegnativa.
Non entriamo nel merito di quelle che sono le questioni affrontate a livello di premesse, sulle quali ognuno potrebbe fare delle proprie valutazioni, ma proprio per questa ragione, per il fatto che questo è un tema di grande importanza in questo momento nel nostro Paese, Forza Italia ha presentato una proposta sul tema della cittadinanza che si chiama Ius Italiae. É una proposta che è stata sottoposta al tavolo degli alleati per fare delle valutazioni perché, come è giusto che sia, ogni partito, ogni componente ha una sua declinazione, ha delle sue visioni che possono avere delle sfumature leggermente diverse sotto ogni profilo.
In sostanza, la nostra proposta prevede che se uno straniero è nato in Italia, o per lo straniero che arriva entro il compimento del quinto anno di età, che poi risiede ininterrottamente per dieci anni in Italia e deve frequentare con profitto - è qui la differenza rispetto alla vostra proposta - le classi della scuola dell'obbligo, dieci anni di scuola per ottenere eventualmente la cittadinanza a 16 anni, qualora il genitore inoltri la richiesta; diversamente, deve poter aver diritto a presentare la sua richiesta al compimento del diciottesimo anno.
Questo vogliamo sottolinearlo con grande attenzione: non si tratta di regole permissive per favorire l'immigrazione illegale nel nostro Paese, le regole che noi vediamo devono corrispondere a serietà in termini applicativi di questi concetti.
Essere cittadini italiani è una cosa seria, pertanto occorre conoscere - colleghe - l'italiano, la storia, la geografia italiana, la Costituzione e l'educazione civica e riteniamo che non possano essere queste acquisizioni che si possono fare con una partecipazione di 5 anni in una scuola italiana, perché, per essere italiani nei fatti, bisogna riconoscersi nella cultura del paese, bisogna riconoscersi nella cultura, lo sottolineo, e non è possibile acquisire la cultura di un paese con 5 anni di presenza in un percorso scolastico.
La nostra proposta prevede anche delle riduzioni per quanto riguarda le attese, perché adesso ci sono anche dei problemi procedurali sulle iniziative, bisogna evidenziarlo che bisognerà prendersi in carico.
In definitiva, il nostro posizionamento politico l'abbiamo sottoposto agli alleati, è una proposta che riteniamo che sia seria su questo argomento e come tale vada trattato: non si può fare della demagogia o basarsi su delle ideologie che sono poco attinenti a quella che è poi la realtà concreta che dobbiamo affrontare tutti i giorni.
Noi non ci sottrarremo dal trattare quest'argomento, ma su determinate basi che devono corrispondere all'inclusione sociale delle persone, e su questo siamo pienamente d'accordo, ma deve essere un'inclusione che si basa sul presupposto dell'integrazione e del sentirsi veramente italiani. Questo lo si può solo ottenere attraverso un percorso di crescita nelle scuole che sia eseguito con profitto.
Per queste ragioni, il nostro voto non sarà di condivisione della proposta che è stata presentata.
Presidente - Consigliere Di Marco, ne ha facoltà.
Di Marco (PA) - In una società multietnica e multiculturale come quella italiana è necessario porre la più attenta cura ai temi dell'integrazione e dell'inclusione sociale, per fare in modo che vengano garantiti gli stessi diritti civili a tutta la popolazione residente.
I diritti su cui ci concentriamo con questa mozione sono quelli relativi al riconoscimento della cittadinanza per i minori stranieri, nati e cresciuti in Italia. Tema di cui si è fatto un gran parlare in seguito ai diversi progetti di riforma basati sui principi dello Ius Solis e dello Ius Scholae.
Al presente, la cittadinanza italiana si acquisisce automaticamente secondo lo Ius Sanguinis, cioè per discendenza e filiazione, se nati o adottati da padre o madre italiani, mentre per gli stranieri nati in Italia la legge prevede che divengano cittadini solo se residenti legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese dalla nascita e fino ai diciott'anni, unicamente previa richiesta diretta presentata dall'interessato entro un anno dal compimento della maggiore età.
La normativa nazionale che fissa questa, come tutte le altre disposizioni in materia di cittadinanza, è la numero 91 del 5 febbraio del 1992, una legge che, in ragione dei suoi oltre 30 anni dall'entrata in vigore, certamente non risponde più alle necessità di un contesto che ha subìto in questo lungo lasso di tempo dei profondi cambiamenti di natura sociale, culturale, demografica ed economica, a seguito del massiccio aumento dei flussi di migranti e rifugiati che ha interessato l'Europa e in particolare l'Italia.
Mentre ancora si dibatte, con toni accesi, sulla questione dei migranti, sui salvataggi in mare, sul ruolo delle ONG, sui centri di accoglienza nel nostro Paese ormai al collasso e su quelli allestiti in Albania che, con chiara evidenza, non possono che definirsi complessivamente, alla luce dei recenti fatti, come un progetto fallimentare, la questione della cittadinanza è tornata al centro dell'attenzione politica negli ultimi mesi, dopo che è stata già affrontata in Parlamento e si è successivamente arenata per motivi vari e diversi, tra cui senza dubbio l'estrema difficoltà di conciliare le posizioni espresse sulla materia dai diversi schieramenti politici; il tentativo da parte di alcuni di confondere a fini strumentali e propagandistici la questione della cittadinanza con quella della gestione dell'immigrazione; e la mancata volontà di trovare una soluzione il più possibile condivisa.
La mozione oggi portata alla nostra attenzione ci permette di discutere in quest'Aula di una delle ipotesi di riforma della normativa relativa alla cittadinanza, quella che vede come suo cardine il principio dello Ius Scholae, un principio secondo cui la cittadinanza italiana viene ad essere riconosciuta a tutti i minori stranieri nati in Italia o qui arrivati entro il dodicesimo anno di età, che risiedono legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese e abbiano compiuto un percorso scolastico in istituti italiani di almeno 5 anni.
Dico subito che, come Gruppo consiliare di Pour l'Autonomie, diamo il nostro pieno appoggio a una riforma che vada in questa direzione; una direzione che riteniamo coerente e necessaria per un Paese che voglia definirsi civile e rispettoso dei diritti della sua popolazione e voglia costruire una società equa e solidale; nonché opportuna e indispensabile a risolvere quella che, ad oggi, è una problematica che interessa un numero rilevante di giovani stranieri residenti in Italia.
Vado di seguito a esporre brevemente le ragioni che sono il fondamento di questo nostro convincimento.
In primo luogo, la normativa attualmente vigente in materia di cittadinanza relega i minori stranieri a uno status civile diseguale rispetto ai loro coetanei italiani. Uno status di italiani, di fatto, ma non di riconoscimento giuridico, evidentemente contraddittorio dato che impone loro degli obblighi, tra cui quello scolastico, ma altresì li priva del godimento dei benefici e delle opportunità derivanti dall'essere cittadini italiani, uno per tutti l'accesso alle borse di studio - e vorrei ricordare al collega Manfrin che questa è una mozione su una legge nazionale, non su una legge regionale.
In secondo luogo, si tratta di minori che essendo nati e cresciuti in Italia, parlano la nostra lingua, spesso con le inflessioni dialettali tipiche delle regioni di residenza, partecipano alle quotidiane attività scolastiche, sportive e relazionali, e sono perfettamente integrati nel nostro tessuto sociale in cui stanno costruendo il loro presente e, in prospettiva, il loro futuro. E hanno quindi acquisito nel tempo la nostra cultura e il nostro stile di vita, magari combinandoli con quelli dei paesi di origine dei loro genitori, ma più spesso entrandoci in conflitto, come purtroppo ci ricordano dolorosi fatti di cronaca che sono successi, senza che la normativa italiana sappia aiutarli nel difficile e complesso percorso di reale inclusione, che passa necessariamente attraverso il loro riconoscimento quali cittadini italiani.
In ultimo, ma non meno importante, se il vero significato della cittadinanza sta nel riconoscersi profondamente nel proprio Paese, è indubbio che proprio in virtù degli studi intrapresi e dei rapporti intessuti con la collettività, questi minori abbiano sviluppato un senso di identità fortemente connesso con l'appartenenza all'Italia. Eppure si ritrovano ancora nella ben difficile posizione di essere considerati stranieri nel nostro Paese, ma se per questo "stranieri" anche nella patria originaria della famiglia, vivendo così in una specie di limbo che, di fatto, li discrimina ingiustamente e immotivatamente rispetto al resto della giovane e giovanissima popolazione italiana con cui hanno in comune gli stessi sogni, le stesse aspirazioni, le stesse speranze, e la stessa volontà di partecipare attivamente alla vita sociale, lavorativa, economica e politica di uno Stato che percepiscono e riconoscono come proprio.
Adesso permettetemi una digressione personale. Tutti, credo, abbiamo ancora negli occhi le immagini dei nostri atleti su quell'imbarcazione che ha sfilato lungo la Senna nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi francesi. Ecco, guardando quella scena, non ho potuto fare a meno di pensare come lo sport stesse dando una severa lezione alla politica, che stenta ancora a trovare un accordo su un tema così sensibile per la nostra popolazione. Su quell'imbarcazione e poi durante le gare, i veri protagonisti sono stati giovani donne e uomini che, a prescindere dall'etnia di appartenenza, erano uniti sotto la comune bandiera italiana e dalla volontà di onorare con le loro vittorie la nostra Nazione. Un fantastico e vincente miscuglio di etnie provenienti da diverse parti del mondo, che dimostra come l'Italia sia ormai una comunità multietnica e fiera di esserlo, nonostante da diverse parti della politica italiana giungano messaggi controversi, se non di vera negazione.
Da parte del Gruppo consiliare di Pour l'Autonomie, tali negazioni e opinioni controverse non hanno ragione di esistere, come non sussistono, dal nostro punto di vista, tutte le motivazioni che negli anni sono state opposte all'approvazione di una modifica della normativa sulla cittadinanza che accolga il principio dello Ius Scholae.
Anticipando quindi la dichiarazione di voto, il nostro sarà un voto favorevole a questa mozione e all'impegno che viene richiesto, nel convincimento che consentire ai giovani stranieri, che già si sentono italiani, di diventarlo a tutti gli effetti rappresenti al contempo un atto di civiltà ed un arricchimento per la nostra società.
Presidente - Consigliere Jordan, ne ha facoltà.
Jordan (UV) - Le Ius Scholae est un projet de loi qui vise à accorder la citoyenneté italienne aux enfants immigrés, nés en Italie ou arrivés en Italie dans leur enfance, à condition qu'ils aient effectué une période scolaire dans notre pays.
Le Ius Scholae représente une opportunité pour une société plus inclusive et plus juste. Les raisons de cette affirmation sont les suivantes: l'Italie est un État fondé sur une valeur de l'égalité, solidarité et de l'éducation; le Ius Scholae incarne ces principes, il représente un pas vers l'inclusion et la reconnaissance de ceux qui, bien ayant vécu et grandi dans notre pays, sont exclus de cette citoyenneté.
Ce critère n'est pas fortuit, l'école est le lieu où les jeunes apprennent la langue, la culture, l'histoire et les valeurs de notre communauté et, en ce sens, il est autant plus important que le particularisme valdôtain soit présent et valorisé dans notre système éducatif. Grâce à l'éducation, ils deviennent un outil à partie intégrante et importante de notre société.
Refuser la citoyenneté à ces jeunes ce n'est pas reconnaître ce qui sont déjà: des citoyens de facto, partageant des rêves, des expériences et des perspectives avec leurs paires. Or, sans citoyenneté, ils sont exclus d'un important droit civil et ils peuvent subir des discriminations qui limitent leur avenir.
Adopter le Ius Scholae ne signifie pas renoncer à la rigueur ou au respect des règles, ne signifie pas renoncer à nos valeurs et à notre identité. L'école - et je donne pour acquis le rôle fondamental et irremplaçable de la famille - est un des principaux instruments d'éducation aux valeurs de la société, elle ne se contente pas de transmettre des connaissances, mais elle forme et doit former des citoyens conscients, capables de vivre ensemble, dans le respect des autres et de la diversité, dans une société juste et inclusive.
Par l'enseignement - et c'est ça le plus grand défi -, l'école doit promouvoir des valeurs encore plus fondamentales, telles que l'égalité, la solidarité, la responsabilité civique, en donnant aux jeunes les bases pour contribuer positivement à la communauté. Adopter le Ius Scholae ne veut pas dire accorder un privilège, mais signifie valoriser ceux qui, par leur éducation, montrent qu'ils appartiennent à notre communauté. C'est un investissement dans une société plus solidaire, capable d'affronter les défis de l'avenir, en reconnaissant que l'intégration signifie aussi le droit de se sentir membres d'un pays, le droit et le devoir.
Notre système scolaire apprend aux jeunes le sens de la citoyenneté: il est le temps que l'État reconnaisse formellement ce parcours. Ius Scholae n'est pas seulement une question de droit, mais un acte de justice envers ceux qui vivent, étudient et contribuent, leur aussi, chaque jour à la croissance de notre Pays.
Presidente - Consigliere Chatrian, ne ha facoltà.
Chatrian (UV) - Innanzitutto vorrei ringraziare le colleghe che hanno presentato questa mozione e vorrei fare con voi solo qualche considerazione.
Gli interventi già portati avanti dai colleghi hanno spiegato molto bene quali sono le esigenze.
Io partirei invece dall'esigenza, forse la più importante per quanto mi riguarda e per quanto ci riguarda: l'attuale legge sulla cittadinanza è vecchia di trent'anni, e proprio perché è vecchia di trent'anni, non fotografa assolutamente più quello che è lo stato dell'arte di questo Paese. Questa è la prima considerazione, quindi la fotografia è completamente diversa.
La seconda: sono tantissimi gli alunni e le alunne migratori che ogni giorno frequentano le nostre scuole, e vorrei mettere in evidenza due dati a nostro avviso importanti: gli ultimi dati statistici ci dicono che nelle scuole ci sono quasi un milione di studenti con cittadinanza non italiana, è l'11% della popolazione scolastica.
Calcolate che solo il 15,5% delle scuole italiane non registra la presenza di alunni di origine straniera. Questo è il secondo elemento.
Il terzo elemento che vorrei mettere in evidenza è che in tutto questo ci sono delle grandi disuguaglianze; ecco perché, per quanto ci riguarda, è importante sostenere il percorso, perché oggi questi ragazzi non hanno delle garanzie o hanno delle garanzie inferiori e soprattutto ci sono delle importanti disuguaglianze all'interno proprio del loro percorso.
Questi sono i tre elementi che volevo mettere in evidenza, tant'è vero che probabilmente i colleghi del PD o direttamente il Presidente della Regione proporranno una piccola modifica alla mozione che è stata presentata dalle colleghe Minelli e Guichardaz, proprio con l'obiettivo nostro che è quello di sostenere politicamente il percorso per raggiungere quest'obiettivo che va in una società, che ogni tanto vogliamo dire moderna, che guarda avanti e che è mutata rispetto a trent'anni fa, solo a ridurre sicuramente le disuguaglianze che oggi ci sono all'interno del nostro Paese.
Presidente - Consigliere Aggravi, ne ha facoltà.
Aggravi (RV) - Per fare alcune brevi considerazioni ed esprimere la posizione di voto del gruppo di Rassemblement Valdôtain, nell'attesa, se ho capito anche di capire quale può essere l'emendamento che verrà proposto dai banchi del Governo.
Abbiamo letto con interesse già da un po' di tempo, perché è una di quelle mozioni che è stata reiterata, i contenuti della proposta delle colleghe di PCP.
Abbiamo voluto ascoltare anche con interesse quelli che sono stati gli interventi nell'ambito del dibattito che si sta sviluppando.
Consentitemi una battuta e una considerazione: quante certezze io ho sentito da una parte e dall'altra, nel senso che la prima domanda che io mi sono posto, leggendo in particolare l'impegnativa, è: sì, ma quale Ius Scholae? Cioè quale, nel dettaglio, proposta di legge, con che modalità, in che termini e quant'altro?
Perché, lo sappiamo, le mozioni necessariamente sono stringate e sintetiche però, ripeto, c'è chi ha molta più certezza rispetto ai nostri dubbi.
Lo dico anche in termini di semplificazione, è facile semplificare da parte di chi dice no e da parte di chi dice sì. Ripeto, c'era anche chi parlava di blocco navale, ha ben fatto qualcuno, non mi ricordo se il collega Di Marco che ha detto: "Non confondiamo il tema della cittadinanza con il tema della gestione dell'immigrazione", è una situazione un po' diversa e un po' complessa.
Mi viene anche da dire: spesso la gestione dell'immigrazione si può risolvere o all'australiana con il no way - non vedo il collega Manfrin, ma penso che sia un cultore di politiche di gestione dell'immigrazione e sappia che cosa sto dicendo-, quindi in maniera drastica e decisa, oppure con strumenti di diversa natura, e anche chi di propaganda dice di averli applicati, in realtà a oggi non ha definito delle politiche che permettessero una gestione ordinata e corretta dei flussi dell'immigrazione, perché questo oggi è un dato di fatto, vediamo che cambiano i governi, ci sono varie intenzioni, parlo in particolare di quello nazionale, perché stiamo parlando di un tema à la une della politica nazionale.
Ci sono anche delle proposte depositate in Parlamento che possono essere considerate di interesse sul modo di gestire lo Ius Scholae, ma io credo che in realtà un po' tutti qui oggi abbiano parlato del tema facendo finta, in realtà, e volendo parlare di politica. Perché Agatha Christie diceva: "Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova". Allora forse oggi siamo a due indizi che sono una coincidenza, ovvero abbiamo già vissuto la scorsa settimana il bilancio, non sappiamo in che termini... Ecco, il collega Cretier è un cultore come me di Agatha Christie e mi fa vedere il cartello, quindi condividiamo qualcosa. E da quei banchi è arrivato qualcosa di sinistra, noi spesso l'abbiamo detto: "Dite qualcosa di sinistra".
Io non so se c'è una prova, ma siamo a una coincidenza, perché siamo alla seconda, poi non so quale sarà la terza, non so se questa è una compensazione natalizia che la maggioranza vuole dare all'ala di sinistra o progressista della sua maggioranza, però oggettivamente a me un po' sembra, e se voi vi accontentate di questo, sono ben contento ed è giusto che sia così perché, ripeto, sono dichiarazioni di principio, tra l'altro anche il fatto di attivarsi attraverso i Parlamentari valdostani... voglio vedere poi quale può essere la posizione della stessa senatrice, quindi magari l'emendamento che ha annunciato il collega Chatrian sarà dirimente.
Però il tema è questo: a me sembra tanto che questa scelta, soprattutto espressa dalla maggioranza, sia una scelta più di natura politica che poi alla fine non impegna, e cerca soprattutto di depotenziare la giusta schermaglia politica - e ne do atto - delle colleghe di PCP, che invece pongono questo tema che è tutto un cavallo di battaglia, giusto dell'area progressista, e che in questo caso vede, guarda caso, alla loro destra per assurdo, però questa oggi è la seduta, un contentino da parte dell'ala progressista della maggioranza che domani o oggi potrà dire: "Abbiamo votato qualcosa di sinistra".
Noi siamo ben contenti per voi, siamo ben contenti che abbiate ricevuto questa compensazione, secondo noi ci sono altre cose che andrebbero fatte, e il tema della cittadinanza, come il tema della gestione dell'immigrazione, andrebbe finalmente gestito nel senso - e questo lo dico a livello nazionale e lo dico a chi ha rappresentanti a livello nazionale - che è inutile annunciare blocchi navali o è inutile annunciare la politica delle porte aperte se poi, in realtà, il problema si presenta.
In realtà è un problema che di politico forse ha un po' meno di quello che pensiamo, in realtà è un vero problema di natura pratica ed è anche un problema umanitario e sicuramente - come qualcuno ha ricordato - per certi gruppi di interesse, anche un gran business, e questo - al di là di come la si pensi - sappiamo che le storture sono dietro l'angolo.
Per quello che riguarda il posizionamento del gruppo di Rassemblement Valdôtain, ripeto, magari noi passeremo per quelli che hanno tanti dubbi, ma meglio avere un dubbio in più che una certezza che ci porta sulla strada sbagliata.
Detto questo, noi ci asterremo, guarderemo ancora e ascolteremo con interesse il dibattito che si svilupperà, capiremo anche effettivamente da parte del Governo quale sarà l'emendamento, ma dubito che farà cambiare il nostro posizionamento. Non lo so, io guardo al Presidente perché il collega Chatrian ha annunciato sostanzialmente l'arrivo di un emendamento dirimente che cambi.
Insomma, un po' tutti stanno giocando a presidiare l'ala sinistra, forse anche all'interno dell'Union Valdôtaine.
Bonne chanche et bon vote.
Presidente - Consigliere Distort, ne ha facoltà.
Distort (LEGA VDA) - Stiamo trattando evidentemente una mozione fortemente politica, perché esprime la visione e la necessità di esporre la propria visione politica, la propria visione ideologica. Nel 2017 la battaglia era stata per lo Ius Soli ed è stata persa.
Adesso, nell'ottica del "Non hai vinto, ritenta", la battaglia è per lo Ius Scholae.
La battaglia, come è già stato detto, ma rafforzo, è la presunta difesa dei diritti.
L'attenzione della sinistra è sempre e solo sui diritti, mai sui doveri, che sarebbero minati da una grande ingiustizia. Questa è la formula della manipolazione mentale di cui, permettetemi, la sinistra è maestra, e lo dico anche con un certo senso di complimento, e lo è in quanto parte integrante di un sistema universale di controllo del pensiero, il mainstream del meticcio e multietnico.
Un mainstream che ha raccolto e raccoglie normalmente l'adesione della sinistra, e su questo io chiaramente sto dicendo qualcosa che non è di sinistra e che è diverso dalla visione della sinistra, ma in realtà quello che mi stupisce di più, anzi, l'unica cosa che mi stupisce non è che voi di sinistra abbiate questo posizionamento ideologico, quello che sinceramente oggi mi stupisce è lo schieramento a sinistra dei rappresentanti della cosiddetta forza o delle cosiddette forze autonomiste.
Gli interventi del collega Di Marco, del collega Jordan, del collega Chatrian esprimono proprio una chiarezza cristallina; se prima, se fino a oggi poteva valere l'ipotesi più o meno credibile del ni droite ni gauche, oggi le forze autonomiste hanno dichiarato che questa formula è rottamata.
Le forze autonomiste hanno dichiarato, con gli interventi chiarissimi in Aula, di essere schierati con il mainstream progressista del pensiero meticcio, del progetto di società meticcia e multietnica.
Bene, è arrivato il momento di fare chiarezza, avete fatto chiarezza, quindi adesso si sa perfettamente che posizione politica avete e si capisce ovviamente ancora di più il fatto che la maggioranza prosegua, ormai da quasi 5 anni, in allineamento perfetto, in simbiosi con la sinistra.
Questa sinistra secondo la quale bisogna mettere fine a una grande ingiustizia. E lo avete detto anche voi, autonomisti, nei vostri interventi; ma di quale ingiustizia si sta parlando? Nessun diritto è negato ai minori stranieri che vivono in Italia: godono degli stessi diritti, delle stesse libertà, usufruiscono degli stessi servizi dei bambini italiani, senza discriminazioni e limitazioni. E secondo quanto prevede attualmente la legge, raggiunta l'età di 18 anni, come è stato detto, se risultano risiedere stabilmente in Italia, hanno facoltà di scegliere se mantenere la cittadinanza dei loro genitori, tra l'altro figure mai emerse in questo dialogo e in questa visione. Se mantenere la cittadinanza dei loro genitori, della famiglia di origine, che magari avrà anche un certo significato, immagino, per qualcuno; è chiaro che bisogna avere una visione di famiglia, bisogna avere un concetto valoriale di famiglia per capire anche il senso di questo rispetto delle radici di provenienza di una persona. Oppure sceglieranno se diventare cittadini italiani, e hanno due anni di tempo per decidere cosa fare.
"Italia prometti che potrò andare al voto, potrò andare a votare" era uno degli slogan che venivano usati da questi vari raggruppamenti di sinistra a sostegno di questa proposta di legge.
Gli italiani maturano il diritto al voto con la maggiore età, allo stesso modo il giovane straniero, che al compimento di diciott'anni sceglie la cittadinanza italiana, acquisisce il diritto di votare e inoltre quello di candidarsi e ricoprire cariche pubbliche ed elettive.
Ora, forse l'unica modifica che potrebbe avere senso è di tipo amministrativo, sui tempi di raggiungimento di questo iter, di applicazione di questo iter; mi sembra, tra l'altro, dall'intervento del collega Marquis, che lo Ius Italiae vada esattamente in questa linea, proprio di semplificare, di abbreviare questo rito, nel momento in cui si sono assolti questi requisiti.
Dal punto di vieta legislativo, non c'è nessun diritto negato ai minori stranieri, per contro - e vorrei riflettere invece su quest'aspetto, che non è minimamente emerso dagli interventi svolti da sostenitori di questa visione di legge -, l'acquisizione della cittadinanza italiana in minore età, per decisione dei genitori, come vorrebbe lo Ius Scholae, è un'imposizione che il bambino subisce. Nella nostra visione, che è aperta al senso di libertà, questa è un'imposizione.
Potrebbe, tra l'altro, generare dei problemi, oltre che dispiacere al ragazzino adulto.
La proposta di legge dello Ius Scholae prevede quindi che, compiuti diciott'anni, l'interessato acquisisce in automatico la cittadinanza, alla quale potrà rinunciare solo facendone domanda e purché abbia diritto a un'altra cittadinanza, quella originaria o un'altra perché, in caso contrario, diventerebbe un apolide.
Questo tema mi sembra che non sia minimamente uscito negli interventi.
Mi chiedo allora quale sarebbe, a questo punto, il vantaggio dello Ius Scholae?
Il collega Chatrian ha ribadito "Oltre un milione di giovani sono ancora senza cittadinanza", è esattamente papale papale la protesta della sinistra che ha imboccato il collega Chatrian. Invece una cittadinanza questi giovani ce l'hanno, è quella dei loro genitori, e dal momento che questo non comporta privazione di diritti, discriminazione, esclusione dai servizi di cui godono i bambini italiani, è davvero difficile concordare sull'urgenza di una legge che riconosca ai minori stranieri un diritto automatico alla cittadinanza italiana, acquisibile frequentando dei corsi scolastici per 5 anni senza che questo cambi qualcosa nella loro vita.
Per inciso, faccio presente un fatto che in una società normale, dove si pensa in modo normale, dove non si deve per forza schierarsi a favore di un mainstream progressista, esiste una situazione che è quella delle attività professionali.
Immagino i professionisti, architetti, ingegneri, medici, commercialisti, dopo che hanno svolto un percorso di studi universitari di 5 anni, sostenuto tutti gli esami relativi alla materia specifica che forma proprio queste figure a svolgere la loro professione, diventano dottori in architettura, in giurisprudenza, ma non automaticamente diventano architetti, ingegneri, insomma iscritti a un ordine professionale o un albo professionale.
In un paese normale, è previsto che questi 5 anni di formazione scolastica non siano sufficienti, ma devi dare prova di essere in grado di svolgere la professione.
Questo succede in una visione normale delle cose. 5 anni di formazione universitaria non sono sufficienti per entrare a far parte di diritto e automaticamente in un ordine professionale e svolgere ed esercitare la professione.
Questo mi sembra cominci a far riflettere, perché questa riflessione è fondamentale, perché allora non stiamo parlando di un percorso logico, stiamo parlando di una visione ideologica, e tra l'altro, a proposito di ideologia, lo Ius Scholae si basa su di un pregiudizio razzista, cioè la nazionalità italiana dovrebbe essere, secondo questo pregiudizio razzista, più ambita, più desiderabile, più prestigiosa rispetto ad altre cittadinanze e che potersi presentare al mondo come italiani sia meglio che farlo da marocchini, da albanesi o da nigeriani.
Questa è la visione della sinistra contenuta nello Ius Scholae.
O si tratta di pregiudizio razzista, o si tratta di sminuire il concetto di cittadinanza, des deux l'une, o l'una o l'altra.
Questa visione ideologica non ci rappresenta minimamente e il nostro voto alla mozione sarà contrario.
Presidente - Ci sono ancora diverse prenotazioni. Vi proporrei, visto che la discussione continuerà, di fare adesso la pausa e di riprendere tra 10 minuti. I lavori del Consiglio sono sospesi.
La seduta è sospesa dalle ore 11:37 alle ore 11:54.
Bertin (Presidente) - Riprendiamo i lavori. Siamo al punto n. 4.02 all'ordine del giorno, in discussione generale sulla mozione. Si era prenotato il consigliere Perron. Invito i colleghi a prendere posto per iniziare il resto della discussione generale. Consigliere Perron.
Perron (LEGA VDA) - Per mozione d'ordine: chiediamo il controllo del numero legale.
Presidente - Consigliere Segretario, per procedere all'appello. Procediamo all'appello.
30 Consiglieri presenti: abbiamo il numero legale, possiamo procedere. Si rera prenotato già in precedenza il consigliere Perron: ha facoltà di intervenire, siamo sempre in discussione generale. A lei la parola.
Perron (LEGA VDA) - Un ritorno un po' a rilento, mi ha fatto tornare ai tempi della scuola, quando dopo gli intervalli non tornava più nessuno. E proprio di scuola stiamo parlando, quindi le mie saranno considerazioni su quanto ho sentito finora. I miei colleghi hanno già esplicitato in realtà molto bene tutte le parti più teoriche e le nostre motivazioni.
Io penso che, quando si parla di scuola, sarebbe bello che qualcuno vedesse ogni tanto le situazioni nelle scuole, le situazioni nelle classi multietniche (personalmente, ne ho avute parecchie) e quindi si facesse un po' contezza di quello che si ritrovano ad affrontare spesso gli insegnanti in situazioni che sono palesemente difficili.
Ora, un certo campanilismo fa parte dell'essere umano, forse sessant'anni fa litigavano perché c'era quello di Châtillon contro quello di Saint-Vincent, quello di Valtournenche contro quello di Cervinia. Sono dinamiche già viste, ma quando si ha una classe dove (e mi è capitato) sono i ragazzi di origine marocchina che si insultano con quelli che sono di origine albanese, i quali insultano quelli che sono rumeni, i quali rimbalzano sul valdostano definendolo in certi modi rurali, e i quali poi rimbalzano verso i ragazzi calabresi che a loro volta se la prendono col tunisino che difendeva il marocchino.
Tutti questi giochi di sponda io li ho personalmente visti, li ho personalmente gestiti, posso dire che non è sempre facile. Posso dire che una società multietnica è decisamente più conflittuale delle società con un plafond più omogeneo.
Non capisco onestamente... qui farò un po' di domande, perché va bene la dialettica politica, va bene raccontarla e leggere dei bei discorsi, va benissimo, però ci piacerebbe capire un po' di sostanza. Io non capisco il tono così emotivo di chi descrive gli studenti così depressi e depauperati di ogni diritto a scuola se non hanno la cittadinanza. Mi piacerebbe che qualcuno che ne ha parlato, adesso mi pare il collega Chatrian, o meglio Albert Chatrian, e il collega Jordan... prendo questa parte, mi ricordo loro; poi a sinistra sappiamo come la pensano e va bene così. Quali sarebbero i diritti e quali sarebbero le tematiche che a un ragazzo a scuola vengono tolti? Quali sono i danni che vengono fatti ai ragazzi a scuola? Le discriminazioni che vengono fatte a dei ragazzi che non hanno la cittadinanza ma sono dentro la scuola valdostana o italiana quali sono? Perché, altrimenti, queste frasi sono delle chiacchiere belle, magari servono a livello elettorale, ma io vorrei sapere, siccome a scuola ci sono stato e presumibilmente ci tornerò, cosa manca ai ragazzi che non hanno cittadinanza quando sono a scuola e sono in una classe gestiti da dei professori e da una struttura che ne garantisce ovviamente il funzionamento positivo? Quali sono? Se me li dite sono contento, aspetto.
Tanto più che poi la cittadinanza, come vi abbiamo detto da tutte le parti, la chiedono poi a diciott'anni. Ne conosco un sacco di ex alunni che hanno chiesto la cittadinanza a diciott'anni, altri che non la vogliono, altri che sono contenti di rimanere con la cittadinanza marocchina e sono contenti così e vanno via sei mesi in Marocco, tornano a lavorare e sono contentissimi così.
Dove sarebbe la discriminazione e su quali punti la scuola discrimina questi ragazzi? Ce lo dovete dire. Se no sono chiacchiere, chiacchiere elettorali. Va bene, ma restano chiacchiere.
Poi che sia certo che l'intero Paese deve affrontare il discorso dell'identità, questo è indubbio; che sia certo che la Regione deve affrontare il discorso dell'identità, è indubbio. Posso dire che noi nel nostro piccolo, come Lega, lo stiamo facendo. È un dibattito complesso di cui si occupano gli antropologi sul tema dell'identità, è veramente complesso e noi ce ne stiamo occupando.
Qui chiudo con una battuta e ogni tanto mi vien da ridere perché sento delle frasi che non hanno molto senso. Capisco che la logica a volte possa un po' scappare, ma pensate alla polemica sul generale Vannacci e la pallavolista Egonu. Quando si dice il generale Vannacci vedo la parte progressista dell'Union che giustamente arretra...
Intervento fuori microfono di un Consigliere
Qualcuno sì, collega Lavevaz, qualcuno sì dalla sua parte lo fa, lei dice di no. Qualche nervosismo lo vedo. Prima l'ho sentito, si evoca il male assoluto e le forze del bene reagiscono nella... ok, va bene.
Pensate a quel tipo di polemica, se si guardano i giornali, si riprende... Vedete, ad esempio, un bel titolo "Il caso Egonu-Vannacci e il falso mito della italianità etnica". Il generale Vannacci si è reso responsabile di un certo razzismo perché lega l'italianità al fatto etnico. Spero che mi seguiate, lo so che sono a volte concetti un po' complicati, ma io sono convinto che con un buon impegno ce la si possa fare. Sono ottimista. Se da una parte abbiamo il generale Vannacci che viene considerato il male assoluto e in qualche modo razzista perché lega l'italianità all'etnia, bene, cosa si potrebbe dire di chi il tema dell'etnia lo inserisce anche in Valle d'Aosta? Chi sarà che unisce il tema dell'etnia all'essere valdostano? Saranno quelli della Lega, gli identitari della Lega, che dicono una cosa del genere? Saremo noi? Perché, se vale la proprietà transitiva, se l'etnia è un termine che non si può più utilizzare chiaramente non lo si può utilizzare nemmeno in Valle.
Chi è che, ripeto, sul tema valdostano inserisce esplicitamente la questione etnica? Io leggo lo statuto dell'Union Valdôtaine - non so se sia stato aggiornato nuovamente, sennò avete tutto il diritto di correggermi -, che dice "L'Union Valdôtaine è un movimento politico che si collega ai principi del federalismo globale, ha come finalità quella di assicurare la crescita e la vitalità di carattere etnico e linguistico del popolo valdostano; per servire gli interessi politici, culturali, sociali ed economici; per promuovere la cooperazione tra le comunità etniche". Se ce la prendiamo col generale Vannacci che ha usato il termine etnico, lo dobbiamo discutere anche qua. In realtà, al di là della polemica, va discusso, perché oggi rispondere alla domanda "chi è il valdostano?" è complesso e va ridefinito per creare un nuovo senso di comunità e questa sarà la nostra parte costruttiva in seguito. Però, colleghi, quando parlate qua dentro - e va benissimo la dialettica politica - e sostenete delle cose dovreste avere radici un po' più solide, altrimenti qualcuno si diverte a tagliarle le radici. Poi per carità, non riuscirà a far seccare la pianta perché le forze nostre sono minoritarie, però qualche bel colpo di piccone alla radice storta ve lo diamo.
Presidente - Consigliera Minelli, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Comincio con il chiedere scusa per una frase che non è stata scritta correttamente dal punto di vista della punteggiatura nella mozione, il cui significato, peraltro, si può chiaramente evincere. Certo, se non si vuole farlo, non lo si fa. Manca un punto e virgola nel secondo comma delle premesse, laddove si dice "tra cui difficoltà nell'accesso a borse di studio, punto e virgola, limitazioni nel partecipare a concorsi pubblici e incertezza riguardo al loro status legale una volta raggiunta la maggiore età". Nel momento in cui facevamo riferimento ai concorsi, facevamo ovviamente riferimento a chi gli anni li ha compiuti, anche perché tutti sappiamo che i minori non possono accedere a dei concorsi pubblici. Quando però lo possono fare, una volta diventati maggiorenni, il requisito della cittadinanza italiana è un requisito che viene richiesto; questo in moltissimi concorsi pubblici, non so se in tutti, ma anche guardando i nostri, questo è un requisito che viene richiesto.
Avete detto "a 18 anni si può tranquillamente chiedere la cittadinanza, qualora si voglia e il problema non sussiste". Non è esattamente così, perché sappiamo che il percorso è lungo, anche quello per richiedere la cittadinanza, ma, al di là dei tempi, il principio su cui abbiamo insistito e continuiamo a insistere è quello che fa sì che le persone che sono nate o che sono arrivate da piccole nel nostro Paese hanno compiuto un percorso, a nostro avviso è uno degli elementi che possono far riflettere sulla possibilità di trovare una convergenza su una ipotesi che è diversa da quella originaria dalla quale noi partiamo.
Dal nostro punto di vista, dovrebbe esistere lo Ius Soli. Sappiamo che questo argomento purtroppo in questo momento storico non può trovare favore, non può avere gli elementi per diventare una realtà, quindi si parla di Ius Scholae e su questo, lo abbiamo visto quest'estate, sembrava esserci un'apertura da parte di Forza Italia. Anche le proposte sullo Ius Scholae sono diverse, prevedono modalità che sono per qualcuno più ampie e per qualcun altro più rigide.
Noi abbiamo fatto riferimento al ciclo scolastico dei 5 anni e alla questione dei minori arrivati entro i 12 anni di età. Ho ascoltato il collega Marquis che ha, in qualche modo, spiegato di questa proposta di Forza Italia un po' fantomatica perché deve essere prima vista dagli alleati. Gli alleati mi sembra che abbiano detto chiaramente picche, "non ce ne facciamo nulla di quella proposta", ma quello che mi preoccupa un po' non sono neanche tanto i due cicli di studio. Tra l'altro faccio presente che a settembre, durante la discussione di un provvedimento in Parlamento, sono stati presentati tanti emendamenti sulla questione dello Ius Scholae, compreso quello che prevedeva i 10 anni di scuola. Sono stati tutti bocciati, quindi anche dei 10 anni non ce ne facciamo nulla. Soprattutto si fa una valutazione sul profitto, sul fatto che essere cittadini italiani non è uno scherzo, non è una barzelletta, è una cosa importante e credo che tutti quanti crediamo che la cittadinanza sia una cosa importante. Però si dice che si devono conoscere, oltre che l'italiano, la storia, devono conoscere la geografia, l'educazione civica e tutto quanto con profitto. Ora, il profitto dovrebbe essere un obiettivo che si persegue a scuola nei confronti di tutti gli alunni e io so per esperienza sia diretta, ma anche per aver lavorato insieme a tante altre persone per trent'anni nel mondo della scuola, che c'è questo obiettivo, che si cerca di tendere a questo obiettivo che è quello di portare i ragazzi ad acquisire un certo livello di competenze al termine di un ciclo di studi; parlo del primo ciclo di studi, la secondaria, la media, per intenderci, alle volte con successo, alle volte no.
Per esperienza so perfettamente, ve lo posso assicurare, che ci sono alunni italiani da N generazioni, che possono esibire pedigree, e che al termine di un ciclo di studi hanno buone conoscenze per quello che riguarda la lingua, la storia, la geografia e l'educazione civica, eccetera, ottime conoscenze, come ci sono degli alunni che non riescono ad arrivare ad avere se non un livello minimo accettabile. Qualcuno non ce l'ha e quindi si deve fermare e deve ripetere.
La stessa identica cosa riguarda gli alunni di origine straniera, la stessa identica cosa. Pretendere quindi che questi alunni dopo due cicli completi o forse anche di più, non lo so perché non è ben chiaro, abbiano acquisito le competenze e abbiano un buon profitto, magari anche un ottimo profitto, quella sì che è una discriminante nei confronti degli altri alunni e quindi non mi convince assolutamente questa questione. Quella è la proposta di Forza Italia buttata un po' lì, è stato un sogno di mezza estate. Come spesso succede i sogni restano sogni e sappiamo che - almeno io credo in questa Legislatura - difficilmente ci si arriverà, però bisogna spendersi per poterci arrivare.
Come dicevo, lo Ius Scholae dal nostro punto di vista è una mediazione su una posizione di partenza che è più incisiva, che è sicuramente più radicale. Però è stato detto "vorremmo capire quali sono queste famose discriminazioni che si fanno a scuola". Ora, io non so se avete letto con attenzione il testo, non si parla mai di "discriminazioni", anche perché sono profondamente convinta che la scuola, per fortuna, per grazia del cielo e di chi ci lavora, è il luogo oggi dove ci sono le minori discriminazioni possibili e si cerca di portare i ragazzi davvero ad arrivare a quella integrazione a cui tutti aspiriamo. È un lavoro quotidiano. È un lavoro quotidiano difficile, complicato, in cui dirigenti scolastici, docenti, personale non docente, famiglie, alunni, si impegnano per creare quella che - a mio avviso - dovrà essere l'Italia di domani. Ma ci sono delle complicazioni. Le complicazioni... sì, è stata citata la questione delle borse di studio, poi il collega Manfrin ha parlato delle nostre borse di studio, noi stiamo facendo un discorso che interessa l'intero Paese, non soltanto la Valle d'Aosta.
Ci sono però delle complicazioni che sono uguali in tutta Italia e sono per esempio... faccio un esempio molto banale, ma visto che bisogna farli... Voi sapete tutti benissimo che all'interno del curricolo scolastico ci sono momenti di lezione frontale e altri momenti che sono di altro tipo, ci sono uscite didattiche, ci sono le cosiddette - mi piace ancora chiamarle così, anche se non è il termine più pertinente - gite scolastiche. In una Regione come la nostra, per esempio, che è una Regione di frontiera e che favorisce gli scambi con scuole d'Oltralpe da tantissimo tempo, è una delle cose che la nostra Regione ha sostenuto in maniera molto significativa, anche dal punto di vista economico ed è una cosa, a mio avviso, positiva. Per poter portare degli alunni stranieri che non hanno la cittadinanza - e sono tanti - all'estero, anche solo per due o tre giorni, che cosa bisogna fare? È significativo dal punto di vista di quelle che abbiamo chiamato complicazioni. I cittadini extracomunitari - è la Polizia di Stato che ci dà le indicazioni - eccezionalmente per le gite scolastiche fanno riferimento all'ufficio immigrazione della Questura. Compito dell'istituzione scolastica è di richiedere l'assenso alla partecipazione alla gita da parte dei genitori. Questo assenso non viene portato in Questura, ma viene conservato dalla scuola. C'è poi un modulo, che è l'elenco dei partecipanti, che deve essere compilato in duplice copia in tutte le sue parti, intestazione dell'Istituto, classe di frequenza, durata, destinazione del viaggio, firma del dirigente scolastico, timbro dell'Istituto, generalità complete dello studente, fotografie, due. Bisogna fare un modulo per ogni alunno, per ogni cittadino extracomunitario, bisogna allegare fotocopia dei passaporti dei genitori del minore, fotocopia del permesso di soggiorno dei genitori del minore oppure, nel caso in cui il permesso sia in fase di rinnovo, fotocopia del permesso di soggiorno scaduto e della ricevuta della richiesta di rinnovo, due fotografie formato tessera del minore, fotocopia del passaporto del minore, fotocopia del permesso di soggiorno individuale del minore. Se il permesso del minore è in fase di rinnovo di prima richiesta, deve essere presentata la fotocopia della ricevuta di richiesta, tenendo presente che gli Stati europei non accettano la ricevuta ma soltanto il permesso di soggiorno in corso di validità. La documentazione deve essere consegnata all'ufficio immigrazione della Questura, in alcuni casi è indicato "almeno 30 giorni prima dell'uscita" e, dopo la verifica della documentazione, saranno indicati i tempi per il ritiro del nulla osta. Questa è la procedura che si deve seguire.
Ora è chiaro che tutte le scuole la seguono perché è una norma di legge e così si deve fare. Sapete anche benissimo - è stato ricordato da qualcuno nell'intervento - che abbiamo nelle nostre scuole... in Valle d'Aosta è una percentuale forse un po' più bassa, ma in alcuni paesi della Valle no, penso per esempio a Verrès o a Pont-Saint-Martin, ma soprattutto a Verrès, il numero di alunni stranieri all'interno di ogni classe è un numero molto significativo. Abbiamo tante nazionalità. Spesso si parla di alunni marocchini o rumeni, abbiamo alunni che provengono da tante parti del mondo e ci sono anche delle procedure che riguardano alcuni di loro che sono anche più complesse. Questo è un esempio di complicazione, non è l'unico... Una complicazione che le scuole affrontano di buon grado, ma proprio perché a scuola c'è una vera volontà di integrazione. Poi ci saranno dei casi, purtroppo, come spesso accade, di quelle che possono essere considerate delle discriminazioni, ma a mio avviso sono, per fortuna, nelle nostre scuole un po' più isolate.
Quello che vorrei aggiungere però è la posizione... Voi dite "qui adesso si stanno facendo anche delle strumentalizzazioni". Si sta dicendo che questo è un tema da campagna elettorale. "C'è qualcuno che deve posizionarsi... qualcuno lo ha sempre detto qual è la sua posizione, qualcun altro adesso deve trovare una posizione".
Io non so se è così, io penso piuttosto che qui si tratti di prendere atto di una situazione che nel corso degli anni è estremamente cambiata. Nelle nostre scuole oggi ci sono 877.000 alunni stranieri, quasi un milione di alunni stranieri, e abbiamo anche una popolazione giovane italiana che sta - lo sappiamo, lo diciamo tutti i giorni - diminuendo. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a una situazione del genere e qui abbiamo persone o che sono già nate in Italia e qual è la prima lingua che hanno sentito parlare nel contesto non strettamente familiare, che è quella del paese di provenienza, ma come poteva essere per tanti noi da bambini, non l'italiano, ma il patois, per qualcun altro poteva essere, per pochi, il francese? Queste persone nel primo approccio che hanno nella società, parliamo di asili nido, parliamo di contesti di vario tipo, scuole, biblioteche, sport... che cosa sentono? Qual è la lingua che imparano? Qual è la loro lingua di comunicazione? L'italiano. Parlano l'italiano e a scuola studiano le stesse cose che studiano i nostri figli perché la scuola non fa dei programmi differenziati. Certo, cerca di fare percorsi facilitati per chi la lingua la deve apprendere. Vengono messe in campo un mucchio di risorse. Ci sono proprio le risorse aggiuntive che l'Assessorato all'istruzione mette nelle scuole per dare la possibilità di potenziare al massimo le competenze linguistiche in primis e poi tutte le altre. Ma di fronte a una situazione del genere noi ci diciamo che l'Italia del 2024, l'Italia di oggi, e anche la nostra Regione di oggi, è cambiata rispetto a quella di 20, 30, 40 anni fa o più, e quindi ci rendiamo conto che di queste persone, oltretutto andando avanti perché i bambini crescono, avremo anche bisogno da un punto di vista di una popolazione in età lavorativa che permetta a questo Paese di continuare ad avere certi livelli e di non collassare, perché, con la popolazione vecchia che abbiamo, questo è un rischio.
Di fronte a tutto questo a me sembra che sia di scarso buon senso opporsi a una misura come quella dello Ius Scholae, che è un riconoscimento di un percorso già fatto ma che deve portare a un percorso futuro. Poi sulla posizione dello Ius Soli, io capisco che ci possano essere delle idee diverse, la mia è chiara, quella di altri è differente. Ma su una cosa come questa, su cui sembrava esserci un'apertura anche da parte di una delle forze di governo che credo non ci sarà perché poi ci sono veti incrociati... Sappiamo benissimo che la partita si gioca anche su altre questioni e ci sono elementi di scambio nel panorama politico. Questo però è uno scambio che è sulla pelle delle persone, più di altri.
Io non so se vi è mai capitato di entrare, ma penso proprio di sì, in una scuola, in una delle nostre scuole dove ci sono bambini di tutte le nazionalità. Io ho avuto negli ultimi due anni in cui ero a scuola una ragazzina che proveniva da un paese africano, mi pare dal Camerun, e che parlava il patois meglio di tutti i suoi compagni di classe. A me faceva specie e ero ammirata dal fatto che ci fosse un livello di integrazione... Dove lo aveva imparato? Un po' con i nonni, un po' nella scuola dell'infanzia, perché avevano fatto il Concours Cerlogne, avevano fatto tanti progetti che sono quelli che la Valle d'Aosta porta avanti.
Dico un'altra cosa: guardate che ci sono degli alunni che arrivano anche già nella fascia della scuola secondaria di primo grado, e che quindi non hanno tutto il percorso che è stato fatto dietro, che hanno una volontà di apprendimento che è sbalorditiva, in certi casi. Poi ci sono quelli cui non importa niente di imparare, ma come è prerogativa di tutti i ragazzi di quell'età. Però a me piacerebbe tanto che qualcuno scendesse un po' nella realtà e si rendesse conto che ci sono alunni... Mi viene in mente un'alunna polacca che è arrivata nel mese di marzo della terza media e che, all'esame di Stato di terza media, ha scritto un tema di italiano da 9. Io non lo avevo dato, in quell'anno, a nessun altro se non a uno, quindi è inutile parlare di conoscere con profitto le materie dell'ordinamento scolastico italiano.
Il profitto deve essere qualcosa a cui si tende, ci deve essere una scuola in cui si porta tutti a fare il meglio possibile, ma questo per fortuna gli insegnanti già lo fanno.
La mozione ha un impegno preciso, che è quello che chiede di attivarsi anche presso i Parlamentari, presso il Governo nazionale, affinché venga esaminata e approvata una riforma della legge sulla cittadinanza che includa il principio dello Ius Scholae e non è stata dettagliata di più, perché sappiamo che ci sono posizioni diverse, ma se negli emendamenti bocciati a settembre si è addirittura detto "no" a un emendamento sui 10 anni di Ius Scholae, altro che i 5 e i minori di 12 anni.
Presidente - Consigliere Cretier, ne ha facoltà.
Cretier (FP-PD) - Un breve intervento sul tema della mozione. Qui, intanto, non si parla di soggetti irregolari e violenti, ma di coloro che vivono pacificamente e lavorano in Italia da tempo. Il fatto di frequentare le scuole è proprio uno di questi obiettivi dello Ius Scholae: permetterebbe di integrarsi, di seguire un percorso di studi in cui la cultura italiana e il sistema scolastico possono gettare le basi per un progressivo sviluppo delle conoscenze del soggetto e del suo inserimento nella società e nel sistema sociale che deve sempre e comunque rispettare la nostra Costituzione e i suoi articoli, in particolare l'articolo 2, dove la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo - sinteticamente - e l'articolo 3 per cui tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione.
Qui lo Ius Scholae permetterebbe ai regolari di fare una scelta seria e avere dei diritti e anche dei doveri. Soprattutto in presenza di una forte volontà di integrarsi, perché impedirlo? Perché sbarrare la volontà di fare parte concretamente della cittadinanza italiana, quella a cui si è scelto e si è deciso di rivolgersi e aspirare a un futuro migliore per sé e per le generazioni future? Quindi bisogna, in qualche modo, dare la possibilità di fare un percorso di istruzione e un atto di civiltà potrebbe favorire in prospettiva anche quel necessario sviluppo di manodopera richiesto dalle tante imprese e dalle tante associazioni di categoria che lamentano la mancanza di manodopera stagionale, avendola in loco con una certa cultura presente per togliere dallo sfruttamento molti soggetti che nella disperazione possono rivolgersi ad altre attività per sopravvivere. Credo sia importante avere un personale acculturato, conoscitore della storia locale, preparato nei vari settori, che diventerebbe sicuramente una risorsa locale.
In conclusione, la nostra visione è di sostenere questa mozione e quindi di votare a sostegno della stessa, pur sapendo che il Governo nazionale ha altre incombenze e certe dichiarazioni non danno proprio speranze, probabilmente distratti da altri temi, ad esempio il ponte sullo stretto e le sue imponenti arcate che, legate alla dichiarazione del collega della Lega Valle d'Aosta - io sono capace a pronunciare il nome del gruppo - che ha parlato dello Ius Oculi, chiaramente banalizzando, era evidente, però ricordo che sarebbe possibile vederlo dalle coste africane l'Italia e quindi attenzione alle proposte che vengono fatte e se devo scegliere tra l'argomento citato oggi e il pensiero di Vannacci, io non ho dubbi.
Allo stesso tempo, approfitto per emendare la mozione presentata dalle colleghe di PCP. Praticamente si tratta semplicemente dell'impegno: è un invito, il Consiglio regionale, ad attivarsi anche attraverso i parlamentari valdostani presso il Governo nazionale e il Parlamento, affinché venga sostenuta una riforma della legge sulla cittadinanza. Segue papale papale l'altro capoverso e con questo vi ringrazio dell'ascolto.
Presidente - Ci sono altri interventi? Siamo sempre in discussione generale. Assessore Jean-Pierre Guichardaz si è prenotato, ne ha facoltà.
Guichardaz J. (FP-PD) - Intervengo per dare il mio contributo, visto che la scuola è stata variamente tirata in ballo. Io credo che - al di là del nome Ius Scholae, che è il titolo di questo dibattito sul riconoscimento di una cittadinanza a ragazzi che, il più delle volte, magari sono nati o sono cresciuti in Italia, che si sentono completamente italiani - la scuola sia marginalmente inserita all'interno di questo dibattito che per alcuni è un dibattito ideologico-politico della sinistra estrema, quella che vorrebbe includere tutti. Io credo, come è stato detto anche dai colleghi e dalla collega Minelli, che la scuola, per quello che posso aver osservato io - anche essendo figlio di insegnanti, mia moglie è un' insegnante e ho, dalla nascita, potuto vivere all'interno di un contesto in cui spesso si parlava di scuola e di come gli insegnanti si atteggiano nei confronti dei ragazzi -, è proprio l'ultimo dei contesti in cui i ragazzi, di qualunque origine, non siano integrati, non siano... con sforzi alle volte suppletivi, perché tanti di questi ragazzi magari arrivano con delle conoscenze limitate rispetto alla cultura, alla lingua. Ma gli insegnanti, così come tutto il sistema educativo, hanno sempre fatto degli sforzi enormi per cercare di includere tutti, di includere persone straniere, di includere persone disabili, di includere ragazzi o ragazze di qualunque tipo di tendenza politica o di altro genere. Io quindi non tirerei in ballo la scuola come se qui la scuola fosse protagonista assoluta del dibattito. Non c'entra nulla e non credo neanche - se mi posso permettere, collega Distort - che ci sia un mainstream progressista con progetto meticcio di società multietnica della maggioranza. Una cosa a cui non avrei mai pensato, ho dovuto proprio scriverla, ma perché ero piuttosto incredulo rispetto a questa sua definizione; qua non c'è proprio nessun progetto di meticciato, eccetera attraverso la scuola, c'è semplicemente il tentativo - e il dibattito credo si incentri in quello - di non escludere e di non far sentire isolati dei bambini. Qua parliamo di bambini che all'interno della scuola vengono accolti, si fanno degli sforzi enormi per cercare di portarli al pari con i propri compagni e spesso e volentieri ci si riesce e in alcuni casi, come quelli citati dalla collega Minelli, addirittura questi bambini riescono ad avere dei profitti e dei risultati scolastici superiori rispetto ai loro compagni.
Qui la logica è una logica di integrazione, di inclusione, che credo vada nella direzione vostra. Non è un razzismo al contrario, cioè nella direzione anche della destra e della destra estrema che vede probabilmente all'interno di una società in cui non vi è il riconoscimento da parte delle persone che ci vivono di una identità, di una appartenenza, probabilmente il pericolo è che l'esclusione possa creare poi un'apartheid anche pericolosa dal punto di vista dell'ordine pubblico, della devianza, di comportamenti a rischio. Il fatto di includere dei bambini, di farli sentire a tutti gli effetti - poi loro non lo sanno, credo che non abbiano nessuna cognizione sul significato di cittadinanza, di Ius Scholae, di Ius Culturae, Ius sportivo... tutto quello che vogliamo - uguali ai propri compagni, perché la scuola fa uno sforzo enorme, dopodiché però questi bambini magari non possono iscriversi a una società sportiva, perché per potersi iscrivere i genitori devono avere comunque la residenza, quindi non devono essere magari degli immigrati, clandestini o di altro genere. Alle volte anche se non sei immigrato clandestino c'è tutto un processo di ottenimento di residenza che li esclude magari dalla partecipazione all'attività sportiva. Adesso lasciamo stare la questione delle gite scolastiche fuori porta, che è un problema anche quello in una Regione come la nostra che fa dello scambio internazionale con altre Regioni anche un suo punto di forza.
Il problema, per esempio, delle società sportive è un problema enorme, che c'è stato anche rilevato dalle stesse società che non riescono a inquadrare correttamente alcuni bambini come potrebbero attraverso lo sport, uno perché magari sono dotati e due perché lo sport, come sappiamo, è comunque un momento di aggregazione e di inclusione ulteriore; non possono partecipare fintanto che i genitori magari non hanno risolto la questione relativa alla propria residenza, perché anche questo è un problema. Lasciamo stare la partecipazione, poi magari di minorenni, a corpi militari o addirittura a entrare all'interno di competizioni internazionali che non possano essere, se non attraverso un processo di naturalizzazione, che è un processo anche quello piuttosto complicato, incorporati all'interno, per esempio, di compagini nazionali di rappresentanza di sport e di vario genere.
Le difficoltà quindi legate alla mancanza di una cittadinanza da parte dei ragazzi, che parte anche da prima, cioè dalla questione della residenza, è qualcosa di concreto ed è qualcosa che esiste ed è qualcosa di problematico.
Voglio solo fare un'annotazione rispetto alle considerazioni del collega Marquis relativamente alla proposta di Forza Italia sullo Ius Scholae che in qualche modo rettifica e pone dei vincoli ulteriori rispetto a questa proposta che è una delle varie proposte che da anni si sovrappongono sui tavoli della discussione politica e sempre magari con un côté ideologico. Quando si chiede una frequentazione di scuola di 10 anni con profitto - lo ha già accennato la collega Minelli -, noi facciamo una discriminazione enorme, perché l'obbligo di istruzione in Italia presuppone la frequenza di 10 anni di scuola senza che questo comporti il profitto o il merito. Questo è un concetto che la scuola cerca di portare avanti con tutti gli strumenti possibili e immaginabili, perché il sistema scuola lavora affinché le persone possano avere un curriculum scolastico che abbia anche degli elementi di profitto di competenze, oltre che tutta la parte di socialità e tutta la parte che la scuola ricomprende anche nei propri programmi di competenze anche extrascolastiche, le famose soft skill, eccetera. Ma quando noi poniamo come condizione 10 anni con profitto e non lo richiediamo agli italiani, ai cittadini italiani per i quali è previsto per legge solo ed esclusivamente l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, come 10 anni di frequentazione di un percorso scolastico con almeno, se non ricordo male, 75% della frequenza per ogni anno, noi sì che lì facciamo un'azione che è incostituzionale, a mio modesto parere. È un'azione che va contro una norma che a questo punto, sì, privilegia i cittadini italiani. Questo non è un modo, secondo me, per intercettare un bisogno e lavorare per l'inclusione; perché si chiede a un bambino straniero di fare 10 anni di scuola con profitto? 5 anni di elementari, tre di medie e due di superiori, quindi mai bocciati e mai magari interrotti nel proprio circuito scolastico? Perché lo si chiede a loro e non lo si chiede, per esempio, al figlio del collega Distort?
Lei non ce l'ha... Alle volte, quando si fanno delle cose, magari non si ha la percezione poi di che cosa ricade sui ragazzi, di quali sono gli effetti che ricadono sui ragazzi.
Questo per dire semplicemente che chi sposta la barra sulla discussione ideologica non è la sinistra estrema che vuole meticciare la popolazione italiana facendo chissà quali azioni. Siete voi al Governo, siete voi che state facendo una politica migratoria assolutamente consona rispetto ai vostri programmi operativi. Mi pare di capire che non entri più un clandestino in Italia, che tutto vada benissimo, che tutto sia perfetto sotto il profilo dell'ordine pubblico e tutto quanto. Siete voi in questo momento da quasi tre anni che state facendo la politica migratoria. Il problema eventualmente non è della sinistra che vuole meticciare, ma è il problema di un Governo che, da quello che dite, dalla narrazione che viene fuori, è assolutamente coerente rispetto al proprio programma elettorale nel momento in cui siete stati incaricati di governare questo Paese.
Questa è una questione di civiltà, da una parte, ed è anche una questione proprio squisitamente di integrazione ai fini anche dell'ordine pubblico, della capacità poi delle persone di potersi integrare, riconoscere all'interno di uno Stato, e non lo si fa attraverso 10 anni di profitto scolastico, ma lo si fa attraverso una uguaglianza formale e sostanziale di questi bambini, perché parliamo di bambini, non parliamo dei loro genitori, non spostiamo la barra sugli adulti, sulle persone, sugli immigrati irregolari, sulle persone che vengono qua. Parliamo di bambini. Il collega Di Marco l'ha detto chiaramente: parliamo di persone che arrivano qua e non sanno neanche di cosa stiamo parlando, quando parliamo di cittadinanza o quando parliamo di Ius Scholae o quando parliamo di qualunque altro concetto giuridico o politico e ideologico. Parliamo di bambini che, nel momento in cui sono all'interno di un gruppo scuola, sono all'interno della loro classe, devono essere trattati allo stesso modo, devono avere le stesse opportunità, non devono sentirsi anche se minimamente, visto che la scuola fa lo sforzo per cercare di far sentire tutti i bambini uguali davanti ai programmi scolastici o al comportamento degli insegnanti, ma non possono sentirsi perché la discriminazione proviene non solo dall'atteggiamento degli insegnanti, ma proviene dalla società stessa. Questo è un modo per includere i bambini, poi parliamo di Ius Scholae 5 anni... Non siamo noi che facciamo le leggi, noi al limite possiamo perorare una causa, è una causa di principio. Il fatto che dei bambini possano riconoscersi a 360° all'interno e appartenere e sentirsi parte di un gruppo è anche un modo per includerli.
Presidente - Consigliere Sammaritani, ne ha facoltà.
Sammaritani (LEGA VDA) - Il dibattito ultimamente, con le ultime dichiarazioni, mi sta addirittura infastidendo perché quando si vuole a tutti i costi rendere una cosa che è chiaramente puramente politica e ideologica e poi le si vuol dare una veste di coerenza, di logicità, si cade in grandissime contraddizioni.
L'esempio, purtroppo, mi dispiace Assessore, lo ha dato lei adesso. Da un lato si dice che 5 anni bastano perché la scuola forma, la scuola insegna, la scuola fa e quindi diventi un cittadino, è giusto riconoscere questo percorso; dall'altra parte si dice: ma è chiaro che un bambino che magari ha fatto la primaria da 6 a 10 anni cosa volete che sappia della cittadinanza? Però si sente un cittadino: chissà come farà? Come cavolo fa a non sentirsi cittadino italiano e sentire questa discriminazione che subisce se non sa neanche cos'è la cittadinanza? Veramente, questi discorsi che non hanno la minima logicità mi infastidiscono.
Facciamo un po' un punto, perché è chiaro che questa questione è puramente politica e mi stupirei se le colleghe accettassero l'emendamento proposto, che vuol dire praticamente azzerargli tutto e non dire niente. Modificare la legge sulla cittadinanza cosa significa? La restringiamo? La facciamo peggio? Facciamo vent'anni di permanenza continuativa, con tutti gli obblighi scolastici, con tutti i voti sopra il 10, eccetera? Non lo so, è questo? Quindi veramente diventa un po' ridicola tutta questa discussione.
Riprendiamo alcuni punti di questa discussione: qualcuno è arrivato addirittura a dire che il Governo pensa più al ponte sullo stretto piuttosto che ai diritti delle persone; qualcun altro si è lanciato nel fare dei pronostici sui centri in Albania, ma non vendete la pelle dell'orso troppo presto perché, a quanto pare, quel progetto lì è stato condiviso abbastanza in Europa, anzi parecchio e forse l'intervento della Von Der Leyen di ieri ha dato qualche idea in ordine al fatto che quel progetto non è affatto rottamato, quindi andateci cauti, perché poi dopo magari vi sentirete dire delle cose.
Il discorso è che, a proposito di questo, sulla cittadinanza e come ha detto già bene nel suo primo intervento il collega Manfrin, i numeri vi danno torto, perché siamo lo Stato in Europa che dà più cittadinanze e quindi già questo dovrebbe farci capire che, forse, non è una nostra emergenza questa qui, o una nostra mancanza rispetto agli altri dell'Unione Europea, che quando va bene sono tanto bravi e funzionano bene, sono meglio di noi, ma poi quando fanno qualcosa che è meno di noi ce ne dimentichiamo, stranamente. Anche la ragione, come dicevo prima, vi dà torto, perché si fanno le mozioni dicendo che in realtà queste persone, questi ragazzi che vanno a scuola sarebbero discriminati, in qualche modo, e poi dopo si dice "ma no, ma discriminati dai... diteci quali". Anche il collega Chatrian ha ribadito questo concetto, diteci in cosa sono discriminati... queste borse di studio, questi concorsi, come aveva giustamente osservato il collega Manfrin, non si fanno prima dei 18 anni. Come accidenti fa uno a essere discriminato a non poter fare i concorsi se tanto non ha l'età per farli, i concorsi? Capite che diventa difficile sostenere queste argomentazioni. Davvero, io vi ammiro per la sfacciataggine con la quale sostenete invece questa ideologia che non sta in piedi. Da una parte si dice che la scuola è fondamentale, dall'altra parte arriva l'Assessore alla scuola e dice "qui non stiamo mica parlando di scuola", come no? È il principio. Se il criterio per dare la cittadinanza è 5 anni di scuola, sarà la scuola il nucleo centrale dove si acquisiscono gli elementi e il requisito di diritto per accedere alla cittadinanza. Perché allora la scuola cosa conta? È un fatto, vi siete scoperti, vi siete smascherati: in realtà il concetto è "diamola la cittadinanza, che valore ha? Tanto la scuola non serve a niente". Qualcun altro è riuscito a dire, la collega Minelli, "sì, la scuola è fondamentale per costruire un percorso di consapevolezza, di coscienza sulla cittadinanza" e poi arriva la polacca che in 6 mesi sa già l'italiano meglio degli italiani e a quella bisogna dare in 6 mesi la cittadinanza. Non è più una questione di tempo, bisogna dargliela perché ha acquisito dei requisiti che, secondo voi, sono sufficienti.
Dove volete arrivare? Qual è il tema vero? È un tema semplicemente politico e che la maggioranza si appiattisca su questo è comprensibile perché è evidente che bisogna dare un contentino anche alla parte sinistra di questo Governo che spesso è in conflitto, che molto spesso ha ceduto - dimenticando il proprio programma, eccetera - alle esigenze di Governo pur di rimanere lì. Naturalmente... in questo caso è in linea col conformismo tipico della sinistra e non impegna perché tanto questa impegnativa non impegna. E tanto meno impegnerà, addirittura diventerà ridicola se verrà accettato l'emendamento... Allora passiamolo, facciamolo. Qui stiamo facendo chiacchiere da bar. Non è servito a niente tutto questo. Sono discussioni essenzialmente politiche, come ha adombrato anche il collega Aggravi, naturalmente, che ha un certo fiuto per queste cose.
Il concetto è: ma se uno studente americano viene qua a studiare, ci sta degli anni perché il papà è un diplomatico eccetera, e non gliene frega niente di diventare cittadino italiano, quali sono le discriminazioni che subisce? Io vorrei che si alzasse qualcuno e me le dicesse, ma con le norme in mano. È una questione essenzialmente formale, perché il problema è un problema che non esiste in realtà. Sapete quale sarebbe la sola vera impegnativa seria, se noi qui stessimo facendo un dibattito serio su questo concetto: è che, una volta che hai maturato i requisiti e hai compiuto i diciott'anni, la cittadinanza deve essere rapida, subito, perché i requisiti ce li hai, e non essere vittima di uno della burocrazia che magari ti fa aspettare due anni per ottenerla; questa sì, era un'impegnativa seria. Non c'è da cambiare le norme sulla cittadinanza. C'è da fare una grossa riflessione sui diritti che non sono solo dei cittadini stranieri ma anche degli italiani che molte volte si scontrano con una burocrazia che i diritti in realtà li nega, li nega di fatto, anche se sulla carta sono scritti.
Facciamo le cose seriamente, per cortesia, non facciamo queste battaglie ideologiche che davvero non portano a nulla e non ci cambiano la vita, né per i cittadini e neanche per chi cittadino ancora non è.
Presidente - Consigliere Marquis.
Marquis (FI) - Due considerazioni perché è stata richiamata la nostra iniziativa durante il dibattito, in particolare dalla collega Minelli che ha definito l'iniziativa di Forza Italia, lo Ius Italiae, come un'iniziativa fantomatica, ovvero misteriosa, di cui non si conosce il perimetro. Mi pareva, durante l'intervento, di aver chiarito che Forza Italia ha ravvisato la necessità di intervento sulla questione della cittadinanza e ha messo in piedi una proposta che non è fantomatica, è chiarissima. È una proposta che è messa a disposizione sul sito del partito, che è stata comunicata da tutti i media, che la mettiamo anche in favore di telecamere e adesso gliela consegneremo, così potrà apprezzarne i contenuti e poi eventualmente fare delle considerazioni nel merito.
La nostra proposta è una proposta seria - come abbiamo detto prima -, che prende in considerazione la cittadinanza non come una questione di carattere amministrativo, ma un sentirsi figli del Paese perché bisogna essere preparati e consapevoli per fare questo passaggio. Questo passaggio avviene attraverso le scuole, attraverso un percorso di formazione culturale e pensare che si possa fare questo in 5 anni è impossibile. Se vogliamo essere seri, noi riteniamo che vada percorso tutto l'iter scolastico con profitto. Questo sarà declinato successivamente, il significato della parola profitto. Vuol dire che la cittadinanza deve essere guadagnata, vuol dire che bisogna gestire questa tematica con grande attenzione e delicatezza e non si può imbastire un ragionamento così come è stato fatto, "l'importante è che tu hai questi giorni di permanenza nel nostro Paese, ti sei iscritto a quel ciclo scolastico e noi ti riconosciamo con un documento la cittadinanza".
Il problema vero è l'ultimo che è stato anche richiamato, sono i tempi per il rilascio della cittadinanza. Oggi ci vogliono 24 mesi e più per tutte le verifiche richieste. Volevo mettere a conoscenza che la nostra proposta tiene anche conto di questo; tiene conto di dimezzare i tempi per andare incontro a coloro che si trovano nella condizione di seguire l'iter che è un iter farraginoso. Pertanto ci sono tutta una serie di verifiche che devono essere effettuate. Si lavora anche sul contenimento dei tempi, però non accettiamo delle patenti e conosciamo che ci possono essere delle posizioni, delle pagelle... Ci possono essere tranquillamente delle posizioni ideologiche diverse, ma per quanto ci riguarda siamo fermamente convinti della bontà della nostra iniziativa che è stata messa a disposizione, come avviene in ogni ambito e in ogni tipo di amministrazione, delle forze alleate per le opportune valutazioni per arrivare a delle sintesi che possono poi essere il punto finale per prendere delle decisioni. Questo è il modo di lavoro che ci appartiene. Non vogliamo entrare in queste dinamiche di discussione che sono fuorvianti e che, anzi, tendono a mistificare in alcune situazioni la realtà.
E pertanto noi dichiariamo che su questa iniziativa ci asterremo, non la possiamo condividere.
Presidente - Consigliere Di Marco, ne ha facoltà.
Di Marco (PA) - Molto brevemente, Presidente, per ribadire che voteremo questa mozione emendata convintamente. Due considerazioni: a noi di Pour l'Autonomie nessuno ci deve nulla e non facciamo regali neanche sotto Natale, a nessuno. Vorrei dire, soprattutto al collega Distort, che la difesa dei diritti civili deve essere patrimonio di tutti. Se crede che sia solo della sinistra, avete un problema molto serio.
Presidente - Consigliera Minelli, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Ovviamente per ribadire quanto è stato detto e per esplicitare il fatto che accetteremo la proposta di emendamento che è venuta dalla maggioranza, che non è - dal nostro punto di vista - una diminutio rispetto a quello che prevedeva l'impegno originario, anche perché si parla di "sostenere una riforma della legge" e poi resta nell'impegnativa "che includa il principio dello ius...". Quindi dal nostro punto di vista si modifica certamente, ma la proposta è accettabile.
Vorrei però spendere due parole sul fatto che si è cercato di spostare molto il tiro sulla ideologia e sul senso ideologico di questa mozione, dicendo che la maggioranza in qualche modo si appiattisce su richieste della sinistra e via di questo passo. Si può dire tutto quello che si vuole. Io ho detto già precedentemente che, secondo me, qui si tratta di rendersi conto di una situazione che si sta vivendo, di una realtà, e se non si vuole vedere quella che è la realtà si è assolutamente liberi di coprirsi gli occhi e di tapparsi le orecchie, di non rendersi conto di quella che oggi ormai è una cosa che è sotto gli occhi di tutti. Però proprio perché si continua a tirare in ballo l'ideologia, allora di persone che sono ideologiche e estremiste ce ne sono veramente tantissime, perché a sostenere l'ipotesi dello Ius Scholae, e anzi a dire che bisognerebbe prevedere anche un allargamento rispetto a questo, è nientepopodimeno che la Conferenza Episcopale Italiana.
A settembre, proprio nel momento in cui sono stati bocciati tutti quegli emendamenti, compreso quello dei 10 anni di scuola svolta in Italia, il Vescovo di Cagliari, che è il Segretario della CEI, Baturi, ha proprio detto che non è da oggi che la Conferenza Episcopale ha assunto questo orientamento; quindi sono ideologici da molto, quelli della Conferenza Episcopale, perché con ben tre Presidenti della Cei, Bagnasco, Bassetti e Zuppi, i tre Cardinali, è stato detto chiaramente che bisognava andare in questa direzione. Ma perché? Perché lo Ius Scholae - cito - "è uno strumento che dà la possibilità di integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono anche i nostri valori". In una sua dichiarazione il cardinale Zuppi ha detto una cosa che, a mio avviso, è molto interessante, perché che cosa dice riguardo allo Ius Scholae? Che è uno strumento di inclusione delle persone e poi dice "la questione mette in gioco un diritto fondamentale delle persone" e si pone una domanda, "è la stessa cosa poter essere uguale ai miei compagni" - fa riferimento a un ragazzino - "o sentirmi addosso di essere uguale a metà?". Più facilmente: "sceglierò i doveri che comporta essere cittadino italiano, se ho chiari quelli che sono i diritti". Io penso che sia veramente così. Ci sono dei diritti e dei doveri per ognuno di noi e nel momento in cui si acquisisce un diritto di cittadinanza si può... Ormai sappiamo che per il momento sarà per chi lo richiederà a 18 anni, ma c'è un percorso, cioè dalla scuola in avanti, dall'inizio della comunità educativa che è rappresentata dalla scuola e anche dai segmenti precedenti, parlo persino della scuola dell'infanzia o di attività che vengono fatte in altre agenzie educative; c'è tutta una volontà di spiegare, di insegnare quelli che sono i diritti e i doveri.
Prima il collega Sammaritani diceva che si parla di bambini che non sanno neanche che cosa significa avere la cittadinanza. Il termine, ovviamente, è complesso e ci sono tante cose che ci stanno dietro, ma nel momento in cui si fa una azione educativa che è continuativa, che ha un percorso, si fanno delle attività con i bambini piccolissimi. Attività che prevedono tutta una serie di insegnamenti relativi a quelli che sono i doveri e i diritti, che riguardano il nostro vivere comune, vivere in comunità; ma si parla anche a bambini piccoli di quello che è questo Paese, lo si fa. Lo si fa attraverso attività molto semplici che sono quelle di creare un senso di appartenenza a una comunità nazionale e, nel nostro caso, un senso di appartenenza a una comunità locale. Sono cose che vengono fatte, si fanno fin dall'inizio del percorso educativo di questi bambini.
Dal nostro punto di vista, lo ribadisco, bisognerà tendere nel futuro - a questo punto mi pare un futuro lontano - a un obiettivo superiore a quello dello Ius Scholae. Abbiamo però la capacità di vivere adesso e con i piedi per terra in questa situazione e questo è l'unico obiettivo che in questo momento è forse possibile ottenere ed è un obbligo morale poterci e doverci lavorare. Accettiamo la modifica e voteremo la mozione in quei termini.
Presidente - Vi sono tre interventi. Rinviamo la discussione al pomeriggio. Restiamo nella discussione generale. I lavori del Consiglio sono sospesi. Riprenderemo alle ore 15:00.