Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 4049 del 5 novembre 2024 - Resoconto

OGGETTO N. 4049/XVI - Reiezione di Mozione: "Impegno del Governo regionale a predisporre azioni di sensibilizzazione rivolte ai giovani neo maggiorenni per promuovere una cultura del rispetto delle donne".

Bertin (Presidente) - Punto seguente, n. 16. Per illustrare la mozione, Consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Nell'ottobre dello scorso anno il nostro gruppo aveva presentato in quest'Aula una mozione per chiedere la predisposizione di una specifica azione di sensibilizzazione dei neo maggiorenni, in particolare sul tema della violenza nei confronti delle donne.

L'iniziativa era nata a seguito di una segnalazione - lo ricorderete - pervenuta da una cittadina circa l'utilizzo, per una festa dei coscritti nel mese di agosto, di un'auto con una serie di scritte volgari, offensive, dalle pesanti allusioni sessuali che, dal nostro punto di vista, meritavano una reazione e un'attenzione anche da parte delle Istituzioni.

Si era sviluppato un lungo dibattito, lo ricorderete, a tratti totalmente avulso dalla proposta della mozione in discussione, a mio avviso anche un po' surreale, viste alcune affermazioni che c'erano state, con anche delle veementi accuse, nei miei confronti, di strumentalizzazione di una festa, di mancanza di comprensione di quelli che sono dei comportamenti da tollerare perché sono sostanzialmente innocui, quindi è necessario avere comprensione e indulgenza.

Al di là di quelle che possono essere le valutazioni che erano state fatte, quello che però c'era nell'impegno di quella mozione rivolta al Governo, che cito, che mi pareva e ancora oggi mi pare assolutamente equilibrato, era un impegno a valutare, in collaborazione con l'Assemblea degli Enti locali, la predisposizione di una specifica azione di sensibilizzazione rivolta ai giovani neomaggiorenni per prevenire ogni forma di molestia e di violenza nei confronti delle donne e l'abuso di alcol.

Quell'impegno fu bocciato con 7 voti contrari, quelli dei colleghi del gruppo Lega, e 26 astensioni, cioè praticamente i voti di tutto il Consiglio, tranne i nostri due.

L'assessore Marzi, nel suo intervento, aveva fatto l'elenco delle iniziative che erano state poste in essere dalla Regione e sottolineato come la stessa (la Regione) fosse all'avanguardia nel proporre dei progetti di contrasto alla violenza sulle donne.

Chiedendo poi il ritiro della mozione, l'Assessore aveva concluso in questo modo: "A fronte di quanto è successo, sarà nostra cura, da un punto di vista del tutto oggettivo, continuare a fare assolutamente attenzione a questi temi e soprattutto sarà anche nostra cura incrementare la collaborazione con il mondo scuola e con il CELVA per fare in modo che i messaggi, e quanto posto in essere, possa avere ancora maggiore efficacia sul territorio".

Infine aveva detto: "Riteniamo che quest'iniziativa, da un punto di vista politico e amministrativo, sia superata".

Io credo che tanto superata non fosse, anche perché, a distanza di un anno, abbiamo appreso, tra fine agosto e inizio settembre, dagli organi di informazione, che durante un'altra festa dei coscritti, questa volta a Saint-Oyen, si è riproposta, alla presenza di auto addobbate con varie scritte oscene, se possibile più volgari di quelle dell'anno precedente, e secondo noi decisamente offensive nei confronti di donne e ragazze.

Questa volta, quando è uscita questa notizia, abbiamo però letto su varie testate e su alcuni social commenti in termini decisamente negativi, in particolare un rifiuto a considerare queste scritte come una semplice goliardia e abbiamo percepito, ma era nero su bianco, uno sconcerto riguardo a un comportamento che poco o nulla - nulla a mio avviso - ha a che fare con lo spirito di una festa.

Però, sempre dai media, abbiamo anche appreso che questa modalità adottata dai coscritti, e che sembra anche essere un po' diventata una prassi in alcune zone della nostra regione, è stata accolta positivamente dal collega Manfrin, che già si era speso - ricordo - in un elogio di questi fatti l'anno precedente e che in un suo post ha espresso enorme soddisfazione per il fatto che queste scritte fanno ancora bella mostra di sé sulle auto dei coscritti.

Ora, al di là del fatto che personalmente non comprendo come si possa provare enorme soddisfazione per un episodio del genere, comunicarlo urbi et orbi, però ognuno è libero di farlo, e mi rendo anche conto che a un anno circa dalle elezioni, tutti i mezzi per racimolare consenso possono anche essere ritenuti adeguati da qualcuno.

È vero anche che la pagina Facebook è quella del collega, però, dal mio punto di vista, esiste anche una questione, un po' di codice di comportamento, che i rappresentanti delle Istituzioni dovrebbero avere e io non posso condividere questo sistema.

Su questo - e non solo su questo - credo che sia notoria la distanza che c'è tra il mio modo di vedere e di essere e quello del collega, però - come dicevo - siamo entrambi dei pubblici ufficiali e questo ha una valenza.

Nei giorni successivi a questi episodi, io ho letto delle note di alcune forze politiche e di alcune associazioni femminili regionali, fra cui quella delle Donne Democratiche, che hanno espresso sconcerto e preoccupazione per il ripetersi e l'aggravarsi di tali manifestazioni e hanno anche stigmatizzato l'appoggio dato dal collega.

Il 3 settembre la Consigliera di parità ha scritto al Presidente del Consiglio e ai Capigruppo sollecitando una precisa linea di comportamento riguardo ai linguaggi, immagini e riferimenti che, in qualche modo, siano svalutativi della dignità delle donne; una lettera di cui non è stata mai data alcuna comunicazione nei Consigli che ci sono stati dal 18 settembre a oggi, eppure era una lettera scritta al Presidente del Consiglio.

Una richiesta, quella che era contenuta in tale lettera, che a noi pare opportuna, perché siamo convinte che l'uso di linguaggi sessisti e le espressioni di volgarità nei confronti delle donne siano da condannare in maniera molto decisa, in quanto crediamo che siano parte di un atteggiamento di discriminazione e di prevaricazione che è ancora troppo diffuso e che può potenzialmente portare a degli atteggiamenti pericolosi.

Sappiamo tutti, o per lo meno spero che lo sappiamo quasi tutti, che viviamo immersi in una cultura che è improntata a uno scarso rispetto delle donne e io sono convinta che occorra contrastare e cercare di cambiare questo sistema con il contributo di tutti, anche - e magari anche soprattutto - di chi ha dei ruoli pubblici, dei ruoli istituzionali.

A questo proposito, sarà anche interessante capire quali ulteriori passi che erano stati annunciati a ottobre del 2023 dall'assessore Marzi si siano fatti in quest'ultimo anno con il CELVA e con il mondo della scuola, per fare in modo - cito le esatte parole che erano state pronunciate allora - credo di poterlo fare, che "i messaggi e quanto posto in essere possa avere ancora maggiore efficacia sul territorio", perché io immagino, e confido, nel fatto che non si sia trattato soltanto di un'enunciazione fatta in quel momento e in maniera estemporanea, ma che si sia operato concretamente in tal senso, sia come Assessorato alle politiche sociali, sia come Assessorato all'istruzione.

Ho visto che la mozione, nell'ordine del giorno di oggi, è stata assegnata questa volta all'assessore Guichardaz, quindi immagino che sentiremo da lui che cosa si è fatto nel corso di quest'anno.

Come avevo già evidenziato un anno fa, e come tutti sappiamo, è prassi che nella nostra regione le Amministrazioni comunali organizzino delle manifestazioni solenni per consegnare ai neo diciottenni gli attestati di maturità civica; sono degli eventi, a mio avviso, importanti e significativi, a cui partecipano i Sindaci, gli amministratori, i rappresentanti delle Forze dell'ordine, in tanti casi la cittadinanza tutta; io ho partecipato più volte a queste manifestazioni perché mi sembrano un segno positivo da parte della comunità che accompagna i suoi giovani in quella che poi è la vita adulta e, a nostro avviso, in queste occasioni sarebbe opportuno invitare i giovani a degli atteggiamenti più corretti e al rispetto delle donne.

È chiaro che questa è soltanto una delle possibilità che si possono utilizzare e sfruttare, a fronte del fatto che siamo assolutamente convinte che sia necessario un impegno assai più articolato, compiuto, per far sì che si possa operare un vero cambiamento culturale che veda un maggior grado di rispetto, ma si tratta appunto di occasioni che possono essere utilizzate anche in questo senso.

Alla luce quindi di quello che ho esposto, e tenuto conto anche delle numerose prese di posizione e delle sollecitazioni che si sono verificate nei giorni successivi ai fatti che ho citato, e che mi permetto di dirlo, vengono da persone che sono anche molto lontane da quella che può essere la nostra posizione politica, parlo di cittadini che hanno assistito a questa cosa e ne sono rimasti abbastanza sconcertati.

Alla luce quindi di tutto ciò, quello che proponiamo è che il Consiglio regionale stigmatizzi gli episodi e i comportamenti che sono stati descritti, impegni il Governo a valutare, in collaborazione con l'Assemblea degli Enti locali, la predisposizione di una specifica azione di sensibilizzazione rivolta ai neo maggiorenni per promuovere una cultura del rispetto delle donne e per prevenire ogni forma di molestia, di uso di linguaggi volgari, aggressivi e di violenza; inoltre chiediamo che il Consiglio impegni il Presidente del Consiglio a definire una linea a cui gli eletti si attengano, una linea di non tolleranza, di linguaggio, immagini e contenuti di qualunque natura attinenti al sessismo e a riferimenti svalutativi del corpo delle donne e della loro immagine o del loro ruolo sociale.

Presidente - La discussione generale sul punto è aperta. Chi vuole intervenire in discussione generale è pregato di prenotarsi.

Non vedo richieste di intervento. Se così è, chiudo la discussione generale.... Consigliere Di Marco, la discussione generale è ancora aperta, a lei la parola.

Di Marco (PA) - In ogni società che voglia definirsi civile, uno dei beni più preziosi è il rispetto che un essere umano deve avere per un altro essere umano, principio assoluto che è alla base di ogni forma di convivenza tra persone a cui va riconosciuta la medesima dignità.

Il sessismo, in tutte le sue forme, offende questo principio assoluto, lo mortifica e lo umilia, riaffermando una distinzione tra generi che certamente non esiste e non sussiste, se non nella mente di chi interpreta la libertà di pensiero e azione come un'arma contundente da brandire contro un altro diverso da lui; nel caso specifico, contro un'altra diversa da lui.

Ringrazio quindi le colleghe che hanno nuovamente portato in Aula questo tema. In un mondo perfetto non vi sarebbe ragione di riaffrontarlo, con buona pace di tutti coloro che la volta precedente l'hanno ritenuta un'inutile perdita di tempo, a fronte dei più gravi e annosi problemi della nostra Regione; ma questo non è un mondo perfetto, è un mondo in cui ancora le donne sono fatte oggetto di molestie verbali, di scritte oscene, di discriminazioni nell'ambito sociale e lavorativo e di violenza brutale, in tutte le sue svariate forme, fino a giungere all'omicidio. Quindi, come Gruppo consiliare di Pour l'Autonomie, pensiamo che non solo questa sia la sede giusta per parlarne, ma anche che questa costituisca un'opportunità imperdibile per dare un segnale importante alla nostra comunità.

La violenza di genere, in tutte le sue declinazioni e sfumature, è un fenomeno culturale profondamente radicato, fondato sulla persistenza di convincimenti e sul rinnovarsi di relazioni di potere che hanno radici antiche, per non dire antichissime.

Non ci si stupisca quindi se ancora in una certa parte della nostra società si annidi tenacemente l'idea, del tutto erronea, che il corpo delle donne possa essere oggetto di prevaricazione verbale, per tacere di quella fisica, senza che questo costituisca un agito lesivo e comporti conseguenze sanzionatorie.

Non ci si stupisca quindi se scelte quali quella di decorare auto con frasi a sfondo sessuale, evidentemente offensive per le donne, vengano salutate con soddisfazione e definite come una vittoria conseguita in barba alle femministe nostrane.

A prescindere dal fatto che non bisogna considerarsi femminista per ravvisare in dette scritte volgari un chiaro insulto alle donne, quel che più mi fa specie è che il termine venga usato con chiaro intento dispregiativo, nonostante identifichi un portatore di ideali di uguaglianza di genere, che dovrebbero essere comuni non solo all'universo femminile, ma anche a quello maschile.

La vicenda in oggetto non può essere minimizzata, come invece ho sentito fare da una certa parte politica, riconducendola nell'ambito di una festa con radici lontane e ormai consolidata nella nostra Regione e di una goliardia così cara ai giovani, non solo valdostani, perché essa costituisce una spia, un indicatore e una palese dimostrazione di come una certa visione distorta perduri e si autoalimenti, anche nelle più giovani generazioni, rinnovando quel circolo vizioso, mai interrotto, che ha come comune denominatore la svalutazione della dignità femminile.

Come Gruppo consiliare di Pour l'Autonomie, interamente costituito da uomini, crediamo che sia giunto il momento di spazzare via atteggiamenti permissivi e giustificazioni inconsistenti che si rifanno a una storia e a dei valori in cui la società moderna non può più riconoscersi.

Il primo modo per farlo è proprio quello di criticare apertamente e senza riserve tutti quei comportamenti sessisti che offendono le donne, ma anche tutti quegli uomini che credono nell'eguaglianza di genere. Se poi volete chiamarli femministi, è un problema vostro.

Critica questa che reputiamo vada estesa a tutti coloro che professano o difendono la cultura del patriarcato - ops, scusate, non volevo dirlo, ma mi è sfuggito -soprattutto se ricoprono un incarico istituzionale.

La libertà di opinione è certamente uno dei diritti più importanti di ogni cittadino ma non può e non deve costituire una coperta sotto cui nascondere l'incapacità o la mancanza di volontà di contrastare un fenomeno culturale che purtroppo genera ancora troppe vittime tra le donne. I dati sono sotto gli occhi di tutti e alcuni purtroppo riguardano anche la nostra Regione, a dimostrazione di come questo fenomeno si sia insinuato e perduri anche in comunità forti e coese come la nostra.

Venendo ora all'impegno richiesto da questa mozione, valutiamo che l'Assessorato regionale competente abbia da tempo avviato politiche e interventi mirati alla sensibilizzazione degli studenti di ogni ordine e grado circa i temi del rispetto e del rifiuto di ogni forma di violenza rivolta verso le donne. Se ad oggi i risultati non sono interamente confortanti, è perché si tratta di un fenomeno che, per essere estirpato, richiede non solo l'impegno della nostra scuola, ma anche delle famiglie e della società civile.

Come spesso accade, soprattutto tra i giovani, il cambiamento non passa attraverso l'imposizione, bensì attraverso l'esempio. Il mondo degli adulti ha un ruolo fondamentale nell'educazione affettiva dei giovani, sia quella compiuta direttamente, qualora si sia genitori, che quella compiuta indirettamente, attraverso la costruzione di una società fondata sul rispetto.

Per quanto apparentemente distratti, i giovani ci guardano e da noi traggono modelli di comportamento, e spetta a noi il compito, certamente arduo ma cruciale, di rappresentare un esempio che sia positivo, propositivo e di tolleranza zero verso tutte le forme di violenza contro le donne, a qualsiasi livello d'intensità esse siano esercitate, a maggior ragione, e voglio sottolinearlo con forza, se ricopriamo delle cariche istituzionali.

Concludendo e anticipando la dichiarazione di voto di Pour l'Autonomie, il nostro Gruppo consiliare ritiene che l'impegno richiesto da questa mozione sia stato nella pratica quotidiana già assunto dall'Assessorato competente, che sta mettendo in campo tutte le attività di sensibilizzazione sul tema di sua pertinenza.

Il fatto che risultino ancora insufficienti temiamo sia da imputare soprattutto a un contesto che ci vede tutti, ma in effetti non proprio tutti, corresponsabili e pertanto il nostro voto sarà di astensione. Un'astensione che però porta in sé la ferma convinzione, più volte ribadita in questo intervento, che tutti i presenti in quest'Aula debbano farsi portatori e interpreti di principi di rispetto verso le donne, quando si tratta di prendere una posizione sui comportamenti che ne ledono la dignità e ne svalutano l'immagine e il ruolo sociale.

Presidente - Consigliere Manfrin, ne ha facoltà.

Manfrin (LEGA VDA) - Ritengo, a buon titolo, di essere stato evocato, non da lei, dalle colleghe che mi hanno ampiamente riportato nel testo dell'iniziativa, quindi ritengo opportuno un passaggio.

Alcune valutazioni, ma prima un po' nel merito rispetto a quello che è stato scritto, perché se noi prendiamo il testo della mozione e prendiamo il post che è lì e nessuno ha toccato, possiamo evidenziare come e quanto riportato, purtroppo come spesso succede, non corrisponda alla realtà. Infatti, a questo proposito, invito tutti a rileggere molto bene quello che ho scritto sui social, dove non riporto alcuna frase né condivisione rispetto a quanto campeggia sulle auto dei coscritti, bensì, lo vedrete come precisato, una piccola grande soddisfazione e una grande vittoria contro l'ideologia woke, che è cosa ben diversa, che è riferita alla velleità censoria che le colleghe, anche con questa mozione, vogliono evidentemente introdurre.

Prendo a prestito - so che non si arrabbierà, ma rileggendo quello che è stato un po' il dibattito dello scorso Consiglio - le parole di un collega che mi sono parse assolutamente centrate: "Forse pecco di imprudenza, ma per me le frasi gradasse, scritte con il nastro isolante sull'auto presa a prestito dai genitori, non sono un indicatore di volontà maligna, non mi preoccupano, rimangono quello che sono: frasi gradasse. Rimane vero il detto can che abbaia non morde. Mi preoccupa invece molto di più il lento e costante lavorio di persuasione praticato da alcune lobbies di pensatori di regime, veri e propri bombardamenti di pensiero, attraverso canali subdoli e intangibili, come alcune Pay Tv, che mandano soltanto alcuni messaggi che rifiutano e censurano certe attività e certi prodotti cinematografici, in nome invece di altri che rappresentano un pensiero comune, condiviso, unico, alcune pubblicità, alcuni organi di informazione e tanti portali social, quelli sì mi preoccupano. Come gruppo Lega, la nostra visione sulla festa dei coscritti e sul loro entusiasmo, sia pure feticista e pulsionale, rimane un codice che appartiene alla gioventù e ha un preciso momento della loro vita". Grazie, collega Distort, non avrei potuto utilizzare parole migliori.

I comunicati stampa invece, che sono stati citati e che arrivano da una parte politica ben precisa, non mi preoccupano perché sono esattamente quanto descritto dal collega Distort, ovvero esplicitano una volontà censoria di forze politiche ben precise, sono tesi a manganellare chi la pensa diversamente e che la penso diversamente da loro e che non mi piegherò mai al politicamente corretto, lo ribadisco e lo rivendico.

Peraltro, come tenere in considerazione forze politiche o associazioni fintamente apolitiche che si scagliano sui coscritti che da sempre sono presenti nella nostra regione per una scritta che reputano sessista e che però non trovano nulla di male nel commentare, come ha fatto ad esempio un esponente proprio di quelle associazioni fintamente apolitiche, sotto l'articolo che annuncia l'arrivo del Gay Pride ad Aosta con lo slogan "Lotta anale contro il capitale".

Come possiamo evidentemente mettere a paragone le due cose?

Veniamo poi alla divertente nota del Consigliere di parità: prendo atto innanzitutto quello che abbiamo già ribadito (vi ricorderete l'interpellanza di qualche tempo fa) ovvero l'inquadramento normativo del soggetto in questione.

Considerato che questa ricerca normativa nel merito della figura ci ha permesso di evidenziare come il Consigliere di parità, come specificato all'articolo 14 della legge regionale 53/2009, ha solo due funzioni, la prima è la promozione e controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza e opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro (perché ci si dimentica sempre questo pezzo, tutto quello che detto prima nel lavoro) e in particolare tutte quelle attribuitegli ai sensi del decreto legislativo 198/2006 e dalla presente legge, ovvero interventi in materia lavorativa.

Non c'è quindi lo scibile umano, l'universo mondo, la possibilità di esprimere idee su tutto quello che accade, dalla riproduzione delle formiche al lancio dei satelliti sull'universo, ma c'è la materia lavorativa e c'è anche: referente dei comitati per le pari opportunità di cui all'articolo 4.

Non si capisce quindi a quale titolo il soggetto in questione lanci moniti o faccia valutazioni personali, addirittura trasmettendole al Consiglio circa la comunicazione social di esponenti istituzionali, arrivando addirittura - lo dico perché il Consiglio ne sia edotto, perché magari qualcuno si è perso qualche post - a chiedere le dimissioni del sottoscritto sui social. Una figura istituzionale che si occupa di lavoro che chiede le mie dimissioni sui social.

Ancora, se il Consigliere di parità in questione che, come precisa la 53/2009, nell'esercizio delle sue funzioni è un pubblico ufficiale, perché non denuncia il tutto, se ritiene di aver ravvisato un'istigazione a delinquere?

Perché, come sempre, ci si limita a fumose e vuote parole sui social o su letterine inconcludenti e invece non si fanno i passi necessari per assicurare il colpevole e la giustizia, se ne è certa? Sono quelle azioni che ha appena descritto il collega Di Marco, azioni concrete, non i "proclama" sui social o con le letterine a Babbo Natale.

Mi verrebbe da dire che se il gentile Consigliere di parità desidera fare politica, come sta già facendo in maniera evidente, dovrebbe togliersi il cappello dell'incarico che gli è stato generosamente assegnato e lo potrebbe fare da semplice cittadina, non sfruttando il suo ruolo, peraltro pagato.

Su quello che poi ha scritto, ci sarebbe da fare un tema, ma mi soffermo su una sola affermazione, che da sola descrive la fallacia di certe argomentazioni.

Dice il Consigliere, nella sua lettera che ci ha trasmesso, che nelle ultime settimane sono stati denunciati ben due casi di tentata violenza e di violenza sessuale.

Aspirerebbe il Consigliere, leggendo quanto riportato, ad addurre le responsabilità di questi tentati stupri proprio a questa cultura patriarcale generata dalle scritte sulle portiere o magari nei post social del sottoscritto.

La foga di scrivere qualcosa di sinistra, come direbbe Nanni Moretti, però, le ha giocato un brutto scherzo e, leggendo la cronaca, possiamo comprendere che mai bersaglio fu più mancato, infatti nella lettera si precisa che i casi di specie sono avvenuti su donne valdostane, di cui una giovane durante una festa patronale. Nulla però si dice di chi ha materialmente eseguito o potenzialmente ha accusato di aver eseguito queste violenze o tentate violenze sessuali.

Nello specifico, infatti, i due casi riferiti, resi noti dalle cronache, sono riferibili in un caso a un operaio straniero, temporaneamente in Valle, perché impiegato da un'impresa piemontese per delle opere in Valle d'Aosta, nell'altro a un cittadino extracomunitario che in alta Valle, addirittura, ha attirato una minorenne nella sua abitazione per provare ad abusare di lei.

In entrambi i casi, però, una cosa è certa: difficilmente i due hanno partecipato ai coscritti e difficilmente questo, come si è tentato di fare, può essere utilizzato come una prova a favore. Anzi, per chi, come il Consigliere di parità in questione, si è occupato delle strutture di comparto nazionali dedicate alle politiche di genere, giovanili e migratorie, forse occasioni di profonda riflessione.

Venendo invece alle impegnative, rileviamo esattamente, come il collega Di Marco, ma in maniera un pochino più estesa, qualche lievissima imprecisione che mi accingo a sottolineare, a cominciare dagli episodi e dai comportamenti che si vorrebbero stigmatizzare.

Se l'intento - visto che non è ben chiaro contro che cosa ci si scagli - è stigmatizzare l'utilizzo politico da parte del Consigliere di parità, del suo ruolo e della sua carica, non possiamo che concordare e, anzi, sarei disponibilissimo a votare a favore.

Se invece l'idea, visto che non c'è alcun riferimento concreto in questa impegnativa, soprattutto, collega, lei ci esorta sempre a scrivere in maniera chiara, comprensibile, ci fa delle correzioni, ci sottolinea con la penna rossa e blu, in questo caso l'impegnativa ha dei problemini, e visto che non c'è alcun riferimento concreto a quali siano gli episodi da stigmatizzare, vuole contrastare le manifestazioni solenni organizzate dalle Amministrazioni comunali per la consegna della maturità civica oppure, ancora peggio, intende avallare alcune opinioni assolutamente personali e parziali, che non rispecchiano quanto espresso, così come esplicitato, allora è evidente che non possiamo essere assolutamente d'accordo.

A seguire, la seconda impegnativa ricalca pari pari quella già oggetto di reiezione da parte del Consiglio un anno fa, e questo è già stato ricordato da parte del collega Di Marco.

L'assessore Marzi in quell'occasione motivò proprio il voto di astensione della maggioranza, dichiarando in Aula che si stavano già effettuando numerose azioni di sensibilizzazione, alcune anche decisamente poco centrate, ma di questo avremo modo di parlarne spero in questa seduta di Consiglio, e non essendo mutato nulla, direi che non se ne ravvisa assolutamente la necessità.

Infine, la più importante, e qui io mi rivolgo a lei, Presidente, spero che prenda buona nota di quello che vado a dire: si vorrebbe trasformare il Presidente del Consiglio in una sorta di censore, che ci dica cosa si può pubblicare e cosa no, che tipo di linguaggio si può utilizzare, quale si deve bandire e il tutto sui propri social personali.

Ebbene, ho già avuto modo di ribadirlo, io sono un attento cultore dell'articolo 21 della nostra Costituzione, che consente a ognuno, sia esso Consigliere o meno, la libertà di esprimere il proprio pensiero e che in questo modo e che questa linea che le collega vorrebbero stabilire così labile, così politica, così suscettibile delle sensibilità personali potrebbe garantire la libertà di espressione.

Ad esempio, un commento come quello presente in molti dei cartelli presenti, mi spiace rifare questo esempio, al Gay Pride, rispetterebbero questo limite? Per esempio ci ricordiamo il riferimento ai bambini trans che ci sono stati all'ultima volta, quello rispetta o non rispetta i canoni dei commenti secondo il suo giudizio?

E chi decide la linea che verrà applicata con più o meno discrezionalità?

Sono a conoscenza le gentili presentatrici di quest'iniziativa che, per esempio, i social hanno già severissime policy da rispettare, che vanno anche al di là delle norme del nostro Paese? Al di là delle norme che regolano ovviamente la comunicazione e l'informazione, pena il ban, per esempio, e che il famoso post incriminato, collega, lo dico direttamente a lei, nonostante le plurime segnalazioni che sono giunte, è ancora lì, perché rispetta gli assurdi limiti che il mitico Zuckerberg stesso ha imposto.

E soprattutto, care colleghe, perché, di grazia, gli eletti dovrebbero limitarsi a non tollerare qualsivoglia tipo di messaggio negativo nei confronti delle sole donne e non considerare uomini, bambini, persone con disabilità, persone con idee politiche diverse da quelle progressiste? Il tanto caro articolo 3 della Costituzione ci ricorda che tutti hanno pari dignità, quindi perché parlare di una sola parte della nostra società e non di tutte?

La recente aggressione avvenuta ai danni di persone che non sono di sinistra presso la Cittadella dei giovani ci ricorda che l'odio, quello politico, proviene da una parte ben precisa, ha nomi e cognomi, eppure stranamente nessuno chiede leggi speciali o azioni particolari in questo caso, forse perché qualcuno è più uguale degli altri.

A fronte di tutto questo, quindi, il gruppo Lega voterà convintamente contro questa mozione e contro qualsivoglia censura si voglia portare a chi esprime opinioni e soprattutto a chi difende feste con radici, che affondano nella storia della Valle d'Aosta. E, nonostante i vostri auspici, è d'obbligo ricordarvi che le radici profonde non gelano mai.

Presidente - Consigliere Jordan, ne ha facoltà.

Jordan (UV) - A integrazione di quanto è stato detto e per portare anche da parte nostra un contributo alla discussione, credo- e questa è l'occasione per confrontarsi - che sia utile disincentivare i giovani dall'utilizzo di un linguaggio volgare rispetto alla sessualità e alle donne. Però questo richiede un approccio educativo e di sensibilizzazione e lo dobbiamo fare, lo possiamo fare con diverse azioni, a partire dall'educazione sui valori. É necessario insegnare ai giovani il valore del rispetto reciproco, aiutarli a comprendere che le parole che usiamo influenzano non solo gli altri, ma anche la nostra percezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; quindi, promuovere l'empatia, il rispetto, può incoraggiarli ad utilizzare un linguaggio più appropriato, con la consapevolezza delle conseguenze.

Occorre spiegare ai giovani le conseguenze sociali e personali di un linguaggio offensivo, soprattutto nei confronti delle donne, discutere come il linguaggio volgare può contribuire a perpetuare degli stereotipi, violenza di genere, discriminazione, sia nella società che nelle relazioni interpersonali.

Importante anche il ruolo di modelli positivi, l'esempio è uno strumento potente, educativo: genitori, insegnanti, altri adulti dovrebbero fare attenzione al proprio linguaggio e a quando è possibile usare i termini rispettosi e appropriati.

Anche scegliere con attenzione i contenuti mediatici a cui i giovani sono esposti può fare la differenza.

Importante è anche promuovere l'autostima e la fiducia in sé: molti giovani usano un linguaggio volgare per sentirsi accettati e rispettati dagli altri. Lavorare quindi sull'autostima e sull'identità personale, aiutandoli a capire che non devono usare certi termini per essere apprezzati, può aiutarli a fare delle scelte migliori nel modo di esprimere. Ma ancora nei social e nei contesti digitali, sono tanti i giovani - e purtroppo non solo i giovani - che utilizzano espressioni volgari online: insegnare le buone pratiche del comportamento digitale, facendoli riflettere sull'impatto delle loro parole, anche nel mondo virtuale, li può aiutare a costruire una comunicazione più rispettosa.

Infine, e concludo, è importante ricordare che cambiare atteggiamenti e modi di esprimersi è un processo: genitori, educatori e società in generale devono continuare a sostenere i giovani in questa direzione, senza giudicarli, ma piuttosto aiutandoli a comprendere perché un linguaggio rispettoso è essenziale.

Con un impegno congiunto, con un impegno di tutti, è possibile creare un ambiente in cui i giovani siano motivati a usare un linguaggio rispettoso, che valorizzi sia loro stessi che gli altri.

Ed è questo che vogliamo fare, ed è questo che le Istituzioni stanno già facendo. Ed è per questo che ci asterremo su questa mozione.

Presidente - Consigliere Perron, ne ha facoltà.

Perron (LEGA VDA) - Io penso che l'ottica con cui la nostra parte guarda sempre queste iniziative sia quella della libertà di espressione.

Il collega Manfrin ha espresso un parere personale sul suo social e appunto, perché noi valorizziamo la libertà di espressione, pensiamo che sia fondamentale, ha potuto farlo e l'ha fatto, come chiunque di noi può farlo, sulle proprie pagine o in altri contesti.

Se devo dire il mio parere personale, personalmente a me quel tipo di goliardia non piace, ad esempio, la ritengo di basso livello, di cattivo gusto, questo è un parere personale. Quando ho avuto ruoli in cui ho avuto a che fare con i ragazzi, non ho mai incentivato quel tipo di goliardia, perché è stupida, semplicemente, di basso livello. Però la libertà di espressione fa sì che nel mondo ci siano anche cose che sono stupide, sono di basso livello, non sono belle, sono magari moralmente discutibili, ma possono essere espresse, scritte su una macchina, scritte su un social, scritte in un libro, messe in un film, messe in una canzone, eccetera.

Noi quindi dalla nostra parte abbiamo questa visione e dall'altra parte, mi dico, ad esempio, collega Minelli, quando abbiamo parlato dei Fridays for future, la manifestazione che è stata fatta qua in Valle, dove era presente un cartello (tra l'altro l'ho visto sulla pagina social di un ex Assessore)... quando c'è un cartello, in una manifestazione, con scritto "bruciate i fascisti, non le foreste", quella è libertà di espressione, noi l'abbiamo stigmatizzato, ma non abbiamo detto che devono togliere il cartello. Lo tengono, la ragazzina che l'ha messo su purtroppo è una ragazzina a cui è stato fatto il lavaggio del cervello, però ci sta, l'ha messo. Quello è un cartello che incita la violenza, posto che quella ragazzina probabilmente non riesce ad accendere neanche la stufa della nonna (non la famosa nonna dei detti di Cretier, magari anche quella), quindi rientra in una forma di libertà di espressione, che va tutelata non solo quando la libertà di espressione dice cose che piacciono a noi, ma soprattutto quando dice cose che non ci piacciono, perché sennò così è troppo facile.

Lì quindi com'è possibile, collega Minelli, che su quello non facciate una piega, al di là dei manifesti del Gay Pride, anche "sesso anale contro il capitale".

È brutto, semplicemente, è esteticamente brutto, poi però ci sta anche quello. C'è l'arte dissacrante, dipende dal contesto. Si faccia, è così. La libertà di espressione è questa cosa qua, e non ci può essere un ente censore, che sia il Presidente, che sia qualcuno di noi. Il limite poi è la legge che lo applica, quando si va oltre un certo limite; chiaramente il nostro ordinamento prevede interventi, quindi ci sono gli avvocati, ci sono i giudici eccetera. Ma in quel frangente, per cui la libertà di espressione può essere espressa, c'è ben poco da fare, perché chi è a quel punto che deve stabilire quali sono i confini? Chi è che deve stabilire in quali contesti? Cosa facciamo? Cominciamo a tagliare - ed è quello che succede da una parte politica, che non è la nostra - i film, cominciamo a modificarli? Cominciamo a dire che la Divina Commedia non possiamo più farla a scuola perché altrimenti qualcuno si offende? Ed è stato detto. Cominciamo a modificare le radici della nostra civiltà perché a qualcuno non piacciono e le ritiene offensive?

Questo è il punto dal quale noi guardiamo queste questioni, quindi voteremo giustamente dalla nostra prospettiva contro, pur se ci sono delle cose che possono risultarci non piacevoli, non belle, ma perché sappiamo che sacrificare la libertà di espressione significa andare a creare dei gravissimi guai per tutta la nostra società.

I limiti che ci sono, che attengono al mondo della giustizia, sono quelli che devono essere rispettati, per il resto, anche quando ci sono cose che non ci piacciono, ci dispiace tanto, ma questo deve essere accettato.

Presidente - Se non ci sono altri interventi, chiudiamo la discussione generale.

Non vedo richieste, la discussione generale è chiusa. Per la replica del Governo, assessore Jean-Pierre Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz J. (FP-PD) - "Ti monto che ti smonto. Sete di squirt, putta!! Sputi o ingoi".

Ecco alcune frasi che i cari coscritti di cui discutiamo oggi hanno posizionato sull'auto che, per svariati giorni, immagino, li ha scarrozzati in giro per la Valle e forse anche fuori dai nostri confini.

Io non ho mai avuto il piacere di partecipare alle feste dei coscritti, vivendo ad Aosta, qualche cena dei nati negli anni che finiscono con il 6, a volte anche piuttosto malinconiche, lo confesso, ma mai questa sorta di rito di passaggio che nei paesi della nostra regione ha una tradizione consolidata e che mio padre, ad esempio, ricorda ancora, a 70 anni di distanza con emozione, con un certo orgoglio, avendo portato il venerdì prima del carnevale da Epinel a Cogne il barò, il barilotto di circa 70 litri che i maschi diciottenni, pronti per la leva, usavano e usano tuttora, per contenere il vino che la tradizione vuole sia offerta agli abitanti di Cogne per partecipare collettivamente a questa sorta di rito di iniziazione all'età adulta.

La festa dei coscritti, dicevo, è un modo per attestare un passaggio dall'età dell'incoscienza beata, che per definizione è quella dell'adolescenza e della prima giovinezza, a quella più razionale, posata e responsabile, l'età adulta, appunto.

Oggi, come si può osservare, non dura solo più quattro giorni, ma a volte una settimana e anche di più, e coinvolge anche le ragazze, non solo più i diciottenni maschi pronti per il servizio militare.

Ho fatto questa premessa perché non a tutti sono chiare, compresi alcuni coscritti, l'origine e la motivazione di questa festa, che in molte civiltà si esprime in modi diversi: alcuni emozionanti e simpatici, altri cruenti e a volte addirittura fatali. Ma torniamo al tema di cui alla mozione.

Le frasi che ho evidenziato all'inizio del mio intervento, e che non ho letto certo con compiacimento, anzi, con una certa ripugnanza, per alcuni sono "una sorta di vaccino contro l'ideologia woke, addirittura una piccola grande soddisfazione, una grande vittoria". Ho citato alla lettera ciò che ha scritto il collega Manfrin in un suo post su facebook, con tanto di foto della vettura in questione.

Al di là del mio pensiero su questo endorsement del collega Manfrin, che si conclude con un entusiastico "Viva i coscritti", che reputo comunque assolutamente fuori luogo, è un pessimo esempio per i nostri giovani e non solo, vorrei fare una rapida analisi di tipo letterale, così che si capisca meglio il mio pensiero e il mio disagio per quella che è stata da qualcuno, pochi per fortuna, definita una goliardata, addirittura un atto di libertà di pensiero e di espressione.

Cominciamo dalla frase incriminata, che già l'anno scorso campeggiava sull'auto dei coscritti, non mi ricordo più di quale paese: "Ti monto che ti smonto".

Partiamo dal significato del "ti monto": cos'è che si monta, colleghi? La panna, ad esempio, ma in questo caso il "ti" è indubitabilmente un pronome personale, di secondo grado singolare per essere precisi, e quindi il "ti monto", così come il "ti smonto" è rivolto a qualcuno o a una qualche categoria di esseri viventi.

Visto l'entusiasmo manifestato del collega Manfrin per la frase incriminata, considerato il suo ormai proverbiale assillo per tutto ciò che richiama lo sviamento dalle normali traiettorie, è più facile che sia qualcuna invece che qualcuno.

Ora, l'atto di montare richiama ai più la pratica riproduttiva dei bovini, dei suini e degli ovini. Avrete già sentito parlare di monta controllata, naturale, eccetera; una pratica che generalmente vede il maschio come parte attiva, diciamo così, e la femmina come soggetto che subisce la monta appunto, allo scopo di essere ingravidata per gli usi successivi, per la produzione dei vitellini, dei maialini, degli agnellini, eccetera.

Veniamo al "ti smonto": cos'è che si smonta generalmente, colleghi? Potrebbe essere un turno di guardia o sempre la famosa panna, ma se associata al "ti", pronome personale, più "monto", è più probabile che la frase si riferisca a qualcuno, più facile a qualcuna, che per logica conseguenza è stata prima montata.

Ma torniamo alla domanda: cos'è che si smonta, generalmente? Al netto del pronome personale che connota chiaramente l'azione come è rivolta a una persona, ciò che si smonta per antonomasia è un oggetto che si compone, poi si scompone, lo si riduce in pezzi, lo si smonta, appunto, magari per rimontarlo quando occorre riutilizzarlo per la funzione originaria.

Ho usato questa tecnica retorica, forse un po' estrema, che non so se si può definir del paradosso, per far capire che parole buttate lì con l'idea di fare una goliardata innocua, rappresentano, magari involontariamente, per carità, un pensiero, un'ideologia, una cultura dominante, una cultura che non mi limiterei a definire semplificando sessista o maschilista, ma profondamente aggressiva e violenta. Lo ripeto: violenta, aggressiva e aggiungo giustificatoria, fatemi dire anche criminogena, poi spiegherò perché la ritengo tale.

L'atto di montare e smontare una persona, molto probabilmente di sesso femminile, così come è veicolato in quell'auto rosa fucsia che avrà strombazzato per monti e per mari per giorni e giorni, è qualcosa che inorridisce, ancor più se minimizzata da qualche adulto (adulto nel suo significato letterale).

Qualcuno potrà dire che faccio l'esegesi delle intenzioni, "che ti monto, che ti smonto" è un'innocua espressione da festa dei coscritti e che l'interpretazione che ho cercato di veicolare non ha alcun fondamento, anzi, è frutto di pregiudizi ideologici.

Io penso invece che ragionare sul significato delle parole e sulle conseguenze che queste possono avere sulle persone, quelle che le veicolano e quelle che ne subiscono o ne subiranno gli effetti, non è una perdita di tempo; penso anche che le intenzioni di chi usa parole fuori luogo non sempre sono manifeste, neppure per chi le pronuncia, ma neppure possono essere derubricate a parole inconsapevoli.

Naturalmente si potrebbe fare lo stesso lavoro di analisi per le altre parole scritte sulla famosa auto rosa, che tanto hanno citato il collega Manfrin e i suoi followers, ma mi limito a dire che "sete di squirt, putta!! Sputa e ingoi", oltre a far schifo in termini assoluti, oltre a essere espressione di una volgarità che niente ha di goliardico e di simpatico, e lo ripeto in quest'Aula con una certa reticenza, ma voglio che sia ben chiaro a tutti di cosa parliamo, sono a senso unico, ovvero sono rivolte a ragazze, donne, a persone di sesso femminile, non genericamente entità asessuate, diciamo così, non al genere umano indistinto nella sua molteplicità, ma proprio al genere femminile, colleghi, e lo sono con una tale violenza e disprezzo, che credo non ci si sognerebbe nemmeno di rivolgere alle specie animali di cui ho detto prima parlando della pratica della monta.

L'uomo (chiamiamo così il coscritto in questione) in questo caso comunica a tutti coloro che incrociano l'auto incriminata un messaggio che, a mio modesto parere, non è goliardico, ma di intolleranza verso la donna. È un'idea di sudditanza totale della donna nei confronti del maschio che, di tutta evidenza, qua è il dominante assoluto, non uno dei partner paritario di un'ipotetica coppia di innamorati.

Credo che sottovalutare questi comportamenti ostentatamente pubblici, addirittura applaudirli in nome di una supposta libertà di dire "far ciò che si vuole", sia un comportamento irresponsabile e, secondo me, anche pericoloso.

Io sono profondamente convinto che esista un percorso quasi naturale, diciamo così, che potrebbe sfociare, infine - lo dico in ipotesi, non in termini assoluti, sia chiaro -, negli atti estremi di cui quotidianamente leggiamo gli esiti nelle pagine di cronaca nera.

Un percorso che parte subdolamente dall'accettazione, o quantomeno dalla tolleranza e da una sorta di atteggiamento assolutorio di comportamenti come quelli di cui stiamo parlando, che addirittura si incoraggiano, come peraltro fa il collega Manfrin, a nome di un processo di sviluppo della personalità del giovane adulto o di una reazione a una supposta ideologia woke.

Sul concetto di ideologia woke, mi si permetta solo una piccola digressione: penso che il collega abbia travisato il significato stesso e l'evoluzione o l'involuzione di tale concetto subìto negli anni. Vorrei solo far rilevare che qua non si tratta di cancellare una cultura, che è ciò che propugna l'involuzione del pensiero woke, ma di accettare, di incoraggiare una cultura basata su schemi che incitano al disprezzo dell'altro, anzi dell'altra, e che propugnano modelli a senso unico, come ho provato a spiegare.

Un percorso che passa attraverso una fase di negazione delle elementari forme di rispetto verso l'altro, anzi, verso l'altra, rispetto che dovrebbe essere alla base di ogni forma di convivenza civile, specie tra persone adulte, quindi senzienti, e che potrebbe - e qui riprendo il concetto di criminogeno cui ho accennato - subire un'escalation che dall'insulto goliardico passa all'insulto per insultare, all'umiliazione psichica e infine fisica, fino agli atti estremi che ogni giorno ci vengono dettagliati dalle cronache.

Al di là delle giuste e insindacabili considerazioni di chi in quest'Aula vede nelle ormai famigerate scritte una subcultura pericolosa e socialmente inaccettabile, permettetemi di condividere con voi alcune riflessioni da genitore.

La prima richiede, come premessa, una domanda quasi banale: ma a chi sono intestate le auto che portano in giro le frasi incriminate?

Posso ipotizzare, con quasi ragionevole certezza, non ai coscritti, visto che da pochissimo e fra pochissimo possono o potranno vantare la maggiore età.

Da ciò scaturisce una seconda domanda: ma questa subcultura non è che in alcuni casi viene sdoganata e addirittura incoraggiata dai genitori?

Io penso che se padre e madre accettano che una delle proprie auto sia riempita di frasi del tipo "Ti monto che ti smonto" eccetera e altre schifezze del genere, in fondo in fondo non sono poi così scandalizzati.

Ovviamente non voglio entrare nel merito di talune dinamiche catalogabili nella tipologia "conflitto intergenerazionale", che alle volte si esprimono proprio attraverso una sfida aperta tra figli e genitori.

In tal caso, siamo in un altro ambito che meriterebbe altre riflessioni, quindi mi limito alla prima ipotesi, cioè che i genitori sappiano che cosa fanno i loro figli; peraltro, i media hanno dato ampio risalto all'evento, quindi in tal caso credo che non sia ammessa ignoranza.

Ho già detto ciò che penso sugli effetti che certe espressioni hanno sulla percezione dell'altro, e soprattutto dell'altra, sulla costruzione della personalità dei ragazzi e sui comportamenti che queste possono indurre in chi le utilizza, quindi evito di soffermarmici ulteriormente, ma poco si è detto, mi pare, sul fatto che i coscritti in questione e i loro genitori sono, a tutti gli effetti, persone con piena capacità di agire, oltre che elettori o prossimi tali, quindi cittadini pienamente abilitati a decidere della loro vita e delle loro scelte.

I soggetti in questione sono oramai fuori dall'obbligo formativo, sono maggiorenni, o lo saranno a brevissimo, ma sui loro genitori non ci sono dubbi.

Io credo che ci si possa prendere carico, come sistema scuola, compresa l'Università, di una riflessione su certi temi, naturalmente nel rispetto della sacrosanta autonomia che, occorre dirlo, viene invocata a corrente alternata da chi, a seconda degli argomenti, vorrebbe che la politica si infilasse o si sfilasse dalla scuola, ma se come società non ci interroghiamo sulla responsabilità dei singoli individui, sulla capacità della persona adulta di discernere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, non faremo mai un passo avanti e l'anno prossimo saremo di nuovo qua a dire che sono tutti responsabili, in primis la scuola, tranne i diretti interessati e le loro famiglie.

La scuola si può aggiungere all'azione delle famiglie, degli attori del cosiddetto sistema educativo e la politica dovrebbe fare il suo, ma, senza una presa di coscienza collettiva dell'incapacità di alcuni adulti di gestirsi e di gestire le proprie pulsioni, la questione continuerà ad animare dibattiti inutili e stucchevoli che, diciamocelo, daranno solo visibilità a chi nel torbido ci vede benissimo.

Concludo dicendo che non è l'Amministrazione regionale, attraverso le sue strutture o il sistema scolastico, che può prendersi carico, magari con atteggiamento paternalistico e con spirito rieducativo, del problema delle schifezze scritte sulle auto dei coscritti.

Noi come tavolo Legalità e intergenerazionalità, come politiche giovanili, come sistema scuola facciamo una marea di azioni nella direzione di fornire elementi affinché tutti i cittadini, non solo i giovani neomaggiorenni, possano costruirsi una coscienza civica ma, lo ribadisco, non possiamo sostituirci alla società e neppure possiamo erogarci il diritto, o peggio il dovere, di educare o rieducare persone che, secondo me, non possono e non devono essere prese in carico dal sistema pubblico.

Credo che occorra piuttosto una generale riflessione sul ruolo di tutti gli attori, chiamiamoli così, facenti parte della comunità valdostana: genitori, figli, politici, adulti.

Per questo motivo ci asterremo, invitando ciascuno a fare il suo, a partire da qua dentro, affinché tutti, e ribadisco tutti, capiscano che dalla parola ai fatti il tratto è più breve di quel che si pensa.

Presidente - Ci sono altri interventi? Consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Io ho ascoltato con interesse tutto quello che è stato detto e credo che questo dibattito che si è sviluppato sia anche un po' la prova che non sia questo che è stato presentato un argomento banale o che fa perdere tempo inutile e via di questo passo.

Credo invece che sia stato importante riproporlo, riproporre questa mozione, a seguito dei fatti che si sono ripetuti.

Devo dire che da parte dei colleghi della Lega, del collega Manfrin, non potevo aspettarmi parole diverse; era abbastanza prevedibile che si facesse ancora una volta una banalizzazione di quanto è accaduto, che si citassero nuovamente frasi ascoltate già lo scorso anno: si tratta di frasi gradasse, "Il can che abbaia non morde", "ci vuole una certa comprensione", "i ragazzi vanno in qualche maniera compresi, ci sono radici profonde di questa festa nella nostra cultura"... Ma io non ho mai pensato che la festa dei coscritti non fosse qualche cosa di importante. Vivo in un paese, in una realtà che forse non è appunto quella della città, come diceva l'Assessore; so che le feste ci sono, sono importanti, sono un momento aggregativo, ma personalmente, nella mia realtà, cose di questo genere, per fortuna dico io, non si sono mai viste.

Io immagino quindi che ci sia stato un peggioramento, mettiamolo così, di quella che può essere invece una forma di festa, di aggregazione, ma io la vedo davvero come una degenerazione questa, come un'assoluta degenerazione, e credo che richieda una reazione.

Il collega Manfrin ha parlato di velleità censorie, ha fatto riferimento ai comunicati stampa di forze politiche e di associazioni che si professano apolitiche e ha citato una serie di cose. Ha sorvolato, diciamo così, sul fatto che i media, i giornali locali valdostani, alcuni più di altri, ma tutti in sostanza, hanno segnalato quest'episodio e si sono espressi in maniera direi molto netta e molto dura, e non credo che si possa pensare che certe testate siano in qualche modo vicine a quella che è la nostra posizione politica o a quella che è un'ideologia woke, come è stata definita.

Io leggo da Valle d'Aosta Glocal del primo settembre: "Vergogna istituzionale, sessismo dilagante offende le donne e la Valle d'Aosta, gli episodi hanno suscitato un'ondata di indignazione e di sconcerto" e via di questo passo.

In qualche modo io credo che questo secondo episodio, portato alla conoscenza un po' di tutti, abbia creato davvero una reazione diversa da quella che c'era stata l'anno scorso, che, peraltro, già aveva incontrato lo sfavore di buona parte dell'opinione pubblica.

Ho ascoltato con sincero interesse il lungo discorso del collega Di Marco, il discorso del collega Jordan, la replica articolata dell'Assessore; noto - tra l'altro - che rispetto al dibattito dello scorso anno, in cui per la maggioranza aveva preso la parola soltanto ed esclusivamente l'assessore Marzi, qui abbiamo ascoltato delle opinioni, in gran parte condivisibili.

Io ho apprezzato particolarmente alcuni passaggi dei vostri interventi.

È stato detto, tra le altre cose, che è necessario un percorso educativo, bisogna spiegare che le parole hanno un peso, che i linguaggi volgari possono portare a delle situazioni di prevaricazione; è stato detto dal collega Di Marco in maniera molto decisa, direi, anche che c'è una condanna di quelle che sono le frasi che sono comparse sulle auto e non solo; mi sembra anche che ci sia stata in qualche modo un'espressione di negatività rispetto alle cose che ha detto anche il collega Manfrin.

Poi l'assessore Guichardaz ha sdoganato quelle frasi pesanti che sono comparse sull'auto e ne ha fatto una sorta di esegesi, che ha un senso e che io condivido, però quello che poi resta a fronte di tutto questo, delle considerazioni che sono state fatte, è poi la decisione di voto, è come uno vota.

Sono state dette tante parole, parole condivisibili, alcune più, alcune meno, ma che restano appunto parole, perché poi, alla resa dei conti, quello che resta di una mozione, che chiede un impegno preciso, è come si voterà.

Questa mozione, come è successo lo scorso anno, immagino, prenderà due voti.

Per noi non è una sconfitta, tutt'altro, significa, ancora una volta, che ci sono persone che poi dalle parole passano anche ai fatti. Mi si dirà: "Eh, ma stiamo già facendo", è stato detto, "si fanno migliaia di iniziative, si fa di tutto e di più, siamo sulla strada giusta" e ha anche detto l'assessore Guichardaz: "Non può essere l'Amministrazione regionale che si fa carico di un problema che è molto più ampio e che coinvolge tanti più soggetti, le famiglie, la scuola, la società e tutto quello che vogliamo".

Vero, verissimo, ma da qualche parte concretamente bisogna partire e bisogna farlo con degli atti evidenti. Ora, siamo perfettamente coscienti, e saremmo delle sprovvedute, se pensassimo che un voto a una mozione cambia le cose.

Io ho quasi 60 anni e so benissimo come vanno le cose, ma credo anche che un atto concreto da parte delle Istituzioni abbia un senso, perché poi che cosa succede? Quello che ha detto l'Assessore poco fa: fra un anno probabilmente saremo di nuovo qui a dirci le stesse identiche cose.

Io credo che quella sì, sarebbe una sconfitta, perché invece è necessario che si facciano degli atti concreti.

Ora, valutare un'azione di sensibilizzazione insieme al CELVA, che vada davvero anche a toccare in particolare quelle che sono le feste, la consegna degli attestati di maturità civica, che sono il momento in cui si decreta nelle comunità che questi ragazzi diventano maggiorenni, secondo noi ha un senso e non abbiamo nessun problema a ribadirlo, se sarà necessario a ripresentare ancora iniziative del genere.

Io trovo che l'esito di quello che sarà questo voto, questa mozione, questo scorcio di giornata, è all'insegna dell'incoerenza, perché a poco serve fare un dibattito che dura un'oretta in Consiglio, se poi non c'è davvero una concretizzazione di queste parole, e non ci sarà, come non c'era stata lo scorso anno. Se non altro, magari, qualcuno che avrà avuto la pazienza a quest'ora di ascoltarci potrà fare qualche riflessione in più, perché degli stimoli ci sono stati.

Io direi che rispetto allo scorso anno un piccolo passo avanti c'è stato, nel senso che almeno abbiamo sentito qualcuno esprimersi. Certo è che l'incoerenza diventa veramente eclatante nel momento in cui - immagino - i colleghi alla mia destra si asterranno, quando sono usciti tre comunicati, due del partito democratico (uno il primo settembre, uno il 4 settembre) e uno delle Donne Democratiche in cui sono state dette delle cose in maniera direi molto dura.

"Come Partito Democratico esprimiamo indignazione e sconcerto per le parole espresse dal Consigliere. Un rappresentante delle Istituzioni non può avallare un linguaggio sessista e violento. Non possiamo accettare le parole utilizzate dal Consigliere della Lega che ledono libertà e diritti di ogni donna. Le parole che compaiono sulle macchine di coloro che festeggiano i coscritti sono oscene e non degne di un paese civile. È passato un anno dall'ultima volta e purtroppo non è cambiato nulla".

Questo dimostra che serve più che mai un lavoro importante da fare con le nuove generazioni e con le loro famiglie, e immagino che si delegherà di nuovo alla scuola, a questo punto, perché si dice: "L'educazione all'affettività nelle scuole può essere un punto di partenza", ma si deve iniziare e si deve iniziare subito.

Poi ce n'era un altro che risparmio e le Donne Democratiche che cosa hanno scritto? "Non possiamo che essere indignate dalle parole espresse dal consigliere Manfrin sui social, auspichiamo che questi fatti non si replichino più, perché la dignità delle donne non può essere lesa in questo modo".

"Non può essere lesa, c'è da fare un grande lavoro, tutti devono essere coinvolti"... e ci asteniamo!

Presidente - Vi sono altre dichiarazioni di voto? Non vedo altre richieste. Consigliere Perron, ne ha facoltà.

Perron (LEGA VDA) - Guardi, Assessore, do la risposta più che altro a lei, la tirerò un po' in mezzo, questa volta.

L'analisi logica delle scritte è stata veramente fuori luogo, se lo lasci dire. Penso che tutti qua dentro siamo adulti per... (Interruzione fuori microfono)... logica, grammaticale, quello che sia, lei non si preoccupi, guardi, consigliere Padovani, non mi faccia... stia tranquillo, parli al microfono, qua c'è scritto "microfono", è un pulsante rosso come i comunisti, lo schiacci e così mi lasci in pace, non mi trascini su altre discussioni che ho un carattere fumante, purtroppo, e già devo contenermi.

Grazie quindi, vada pure avanti con la sua chiacchierata.

Assessore, l'ho visto anche particolarmente carico, sicuramente c'è stato qualche intervento esterno in questa sua lunga descrizione delle frasi. Stavo dicendo che non sfuggirà, visto che siamo tutti adulti, che il linguaggio sessuale è un po' diverso dall'essere applicato in maniera grammaticale, ha ragione la consigliera Minelli, quando è scritto da qualche parte, cioè quel "ti monto che ti smonto" non ha una terminologia violenta come è quando siamo in un'officina, cioè c'è un senso simbolico nel linguaggio sessuale, allusivo, che rientra nel mondo della sessualità. Che poi sia brutto, osceno, siamo d'accordo, io sono d'accordo con lei, ma non è un gesto di violenza di quel tipo, perché altrimenti alcune femministe vedono un rapporto sessuale come violento quando la donna subisce sempre.

È sempre che subisce la donna, perché in qualche modo è l'uomo che penetra, non so, se vogliamo arrivare lì, siamo finiti, ma c'è qualcuno che ci arriva.

Quindi quell'analisi nel dettaglio mi sembra un po' fuorviante però io le chiedo ad esempio, Assessore, quando in Cittadella si fa il film su un pensatore di cui poi io parlerò in separata sede, che è Mario Mieli, che abbiamo visto, un eroe del movimento LGBTQ, che parla espressamente... è stato fatto alla Cittadella, ha preso un sacco di soldi pubblici il film su di lui, che parla espressamente della liceità di ogni perversione, tra cui il sadismo, quindi la violenza consentita. L'avevamo portato noi in discussione qua e il collega Caveri si era smarcato un po' da questo: quando lo portammo prese una posizione, infatti fu attaccato dall'Arcigay su questo. Lì la libertà di espressione, la violenza nel mondo omosessuale, quella è accettata però dalla vostra parte. Cosa ne pensa di questo?

Quel film lì, la libertà di espressione, per quanto riguarda il mondo LGBTQ, anche se c'è violenza, quella va bene però, quella è accettabile. Si vada a cercare un po' di robe su Mario Mieli, guardi, le do io qualche lettura da fare, quella è accettabile, l'abbiamo fatto qua, quindi cosa ne pensa?

Cosa ne pensa, invece, lei dei cartelli - se torniamo alla violenza - dei Fridays for Future, "bruciamo i fascisti", cosa ne pensa? La libertà di espressione lì le va bene? Ci dica la sua su questo.

O ancora, guardi, le do un aneddoto molto veloce: mi dicono dei colleghi che a scuola hanno su classi professionali con 15-20 ragazzi, ci sono 10-12 ragazzi che vengono dal Nord Africa, marocchini, e quando fanno le discussioni, questi dicono apertamente: "Ma le donne qua devono mettere il velo, ma voi siete pazzi. Le donne devono mettere il velo", poi qualcuno un po' più liberale c'è? Dico: "Qualcuno un po' più liberale c'è?", dice: "No, se devono mettere il velo o no, è una decisione che spetta al marito", questi sono quelli un po' più liberali, meno male che ce n'è qualcuno che per la libertà... invece questo spetta al marito.

Ecco, assessore Guichardaz, un caso di questo di questo tipo cosa facciamo? Cosa dico ai miei colleghi? Di allertarla, di chiamarla? Dire: "Guardi, fate intervenire qualcuno, la Polizia, perché questi sono contro la libertà della donna"? Li facciamo intervenire? Ecco, capisce che poi i temi si complicano parecchio, questo soltanto volevo aggiungere, si complicano parecchio quando c'è da fare i censori.

Poi, ultimo punto, sull'educazione: se tutti questi interventi che fate nelle scuole portano ancora a casi di questo tipo, a me vien da dire: o non ne fate abbastanza e non li sapete fare, oppure non servono a niente, o forse sono anche controproducenti, perché certe cose vanno gestite dalle famiglie e oltre un certo limite l'ente pubblico non può andare, perché riguarda la libertà delle persone, quindi o tocca il mondo giudiziario (se lei pensa che quelle scritte tocchino il mondo giudiziario, avete le targhe, fate delle denunce), oppure purtroppo c'è un ambito in cui l'ente pubblico non può entrare.

Presidente - Altri? Prendo soltanto il tempo della dichiarazione di voto per evidenziare che queste espressioni sono la degenerazione di una festa e anche un decadimento culturale di una tradizione che niente hanno a che fare con la valdostanità o altro. Sono semplicemente, come dicevo, il frutto di un decadimento culturale che, anche in prospettiva, può essere anche pericoloso, da condannare, perché le parole sono importanti e bisogna usarle nel rispetto di tutti, delle donne in particolare nel caso specifico, e sappiamo come possano anche produrre situazioni pericolose.

Per quanto riguarda il Consiglio regionale, c'è un regolamento preciso su questo, non si possono utilizzare certe espressioni in Consiglio, ma rimane, da regolamento, la responsabilità individuale di non fomentare questi atteggiamenti che sono da stigmatizzare.

Vi sono responsabilità che devono rimanere individuali e ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Però, ripeto, le parole sono importanti e il rispetto delle persone anche. Perciò non si può che stigmatizzare l'accaduto, sperando che ci siano modalità di festeggiare i coscritti in modo più civile.

Assessore Jean-Pierre Guichardaz per dichiarazione di voto.

Guichardaz J. (FP-PD) - Solo perché mi ha chiesto cortesemente il collega. Tra l'altro il dibattito è un dibattito che non mi sembra abbia preso una piega particolarmente ideologica, anche lei ha detto che non le piacciono certi linguaggi; a me non piacciono linguaggi che, in qualche modo, siano motivo di sopraffazione o motivo di insulto nei confronti di persone che sono sostanzialmente più fragili.

Il fatto che lei abbia citato certe situazioni di cui abbiamo già abbondantemente discusso all'interno della Cittadella... come sa, io non mi sono mai entusiasmato per certi testi di canzoni o per certi comportamenti e l'ho detto, l'ho detto più di una volta, appoggiando anche il collega Caveri, mi sembra che su questo non mi si possa dare di quello che ideologicamente si schiera da una parte o che si schiera dall'altra.

Io quello che ho detto è che - senza atteggiamento censorio, perché altrimenti dovremmo censurare probabilmente una società, perché in questo caso, come ho detto, non è solo un problema degli adulti o dei giovani adulti, ma è un problema di società intera - interrogarsi sulle parole non è male, nel senso che, secondo me, il sistema scuola, così come la società, si può interrogare su delle parole, su delle modalità che sono a senso unico.

Quando io ho citato quelle parole apposta e ho calcato sulle parole perché non vengono dette per una questione di vergogna, probabilmente, ho messo in rilievo il fatto che si rivolgono a una parte precisa: cioè "sputi e ingoi" o altri termini che noi abbiamo letto lì, "Putta!!", non è che sono genericamente delle parole che ci si rivolge l'uno all'altra indifferentemente dal genere, sono probabilmente dei modelli culturali che, a mio modesto parere - io non ho mai frequentato le feste dei coscritti, neanche le mie figlie -, non credo facciano parte del sentire comune, e i colleghi lo hanno detto chiaramente. I colleghi, tanti, probabilmente hanno fatto le feste di coscritti senza bisogno di scrivere "puttana" sulla macchina o "sete di squirt" o robe del genere, perché quella roba lì è un tema che tocca probabilmente una precisa situazione.

Dopodiché, se questa è libertà di opinione, può darsi che sia libertà di espressione e forse anche di opinione; dopodiché io mi interrogo e mi dico che se le mie figlie entrassero probabilmente all'interno di quell'auto, con dei ragazzi che sentono liberamente di poter scrivere sull'auto una serie di frasi goliardiche di quel genere lì, a me dispiacerebbe, francamente.

Dopodiché, loro si scelgono i loro amici e non sono questi gli amici che si scelgono.

Presidente - Ci sono altri interventi? Consigliere Malacrinò, ne ha facoltà, per dichiarazione di voto.

Malacrinò (FP-PD) - Chiedo scusa ai colleghi che volevano andare a casa. Come riporta la stessa iniziativa, sono state espresse parole di forte condanna nei confronti delle scritte sessiste e del comportamento del Consigliere regionale coinvolto da parte di diverse associazioni e forze politiche.

Iniziativa da parte del Consigliere a cui siamo purtroppo abituati e dal quale sono già state prese le opportune distanze in occasione di un'altra sua iniziativa, che ha visto l'Ufficio di Presidenza censurarne il comportamento e la condotta deplorevole, con il richiamo a un atteggiamento più consono al ruolo e alla dignità dell'Aula, invitando altresì i Consiglieri coinvolti a formalizzare una dichiarazione scritta di scuse.

Purtroppo abbiamo visto che queste iniziative si replicano.

È capitato in questo Consiglio, così come in altre occasioni, che a inizio seduta venga ricordato come questa assise sia la massima espressione di chi, negli anni, è stato un esempio positivo, di chi si è impegnato per la propria comunità e di chi ha contribuito a migliorarla.

Io credo, purtroppo, che le discussioni a cui spesso assistiamo servano soltanto ad aizzare le varie tifoserie, con l'unico obiettivo di una strumentale propaganda che spesso però porta ad un esito opposto a quello desiderato.

Purtroppo anche quest'anno abbiamo assistito alla replica delle stesse identiche scritte: una pura provocazione, che ha visto lo stesso mezzo completamente ridipinto di rosa e con un upgrade ancora più indecente nei termini utilizzati, termini che, a differenza del nostro Assessore, io non avrei ripetuto.

Confermo dunque la condanna forte dei fatti citati e del tentativo di minimizzare quanto accaduto, parlando di una ragazzata per cui, anche se non voteremo alla vostra iniziativa, confermiamo la condanna.

Mi sfugge però l'obiettivo di quest'iniziativa, la ferma condanna contro le scritte sessiste e la censura del comportamento era arrivata da parte di tutti, senza possibilità di replica. Si è voluto invece dare la possibilità di replicare, di dar sfogo alle solite scontate manfrine di qualche collega che hanno, purtroppo, svilito il dibattito.

Presidente - Consigliera Minelli per dichiarazione di voto, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Per dichiarazione di voto che, ovviamente, visto che non ritiriamo la mozione, sarà un voto favorevole, convintamente favorevole.

Se ho capito bene, ci sarà un voto di astensione da parte di molti colleghi e ci sarà un voto contrario da parte dei colleghi della Lega.

Volevo anche fare un chiarimento: ho ascoltato l'ultimo intervento del collega Malacrinò, a cui sfugge il senso di quest'iniziativa. Non mi stupisco che gli sfugga il senso dell'iniziativa, considerato quello che ho ascoltato, ma va bene così, significa che forse le iniziative, oltre a essere lette con attenzione e commentate con parole anche di sdegno, poi in qualche maniera devono essere prese per quello che sono, cioè la manifestazione di una volontà precisa, che si esprime con un voto che sarà, se ho capito bene, di astensione. Allora a poco servono tanti discorsi.

Presidente - Possiamo mettere in votazione? Consigliere Manfrin per dichiarazione di voto.

Manfrin (LEGA VDA) - Intervengo, in realtà, per fatto personale, quindi vorrei invitarla a non tener conto di quest'intervento e le motivo il fatto personale.

Testé un collega ha detto, dichiarato in quest'Aula, che c'è stata una riunione dell'Ufficio di Presidenza che sostanzialmente ha censurato le dichiarazioni di chi non lo so, perché ha detto "di un Consigliere", e mi sono confrontato con il collega che fa parte dell'Ufficio di Presidenza per chiedere se i verbali siano secretati.

Ora, siccome è stata citata questa questione e siccome non mi pare, ma nessun collega mi ha riferito di aver avuto mozioni di censura, le vorrei chiedere, Presidente, di esplicitare se sono state mandate mozioni di censura a qualche Consigliere o se i verbali sono stati fatti leggere a qualcuno per conoscerne il contenuto, a meno che non siano, appunto, membri dell'Ufficio di Presidenza.

Le chiederei solo di esplicitare questo.

Presidente - Se ricordo bene, è stata mandata una lettera, i verbali ovviamente non sono a disposizione, se non richiesti. È stata inviata una lettera a tutti.

Mettiamo in votazione: la votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Presenti: 34

Votanti: 8

Favorevoli: 2

Contrari: 6

Astenuti: 26 (Aggravi, Baccega, Barmasse, Bertin, Bertschy, Brunod, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Di Marco, Ganis, Grosjacques, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Lucianaz, Malacrinò, Marguerettaz, Marquis, Marzi, Padovani, Planaz, Rosaire, Sapinet, Testolin).

La mozione non è approvata.

Con questo punto all'ordine del giorno, i lavori del Consiglio di oggi si concludono e riprenderanno domani alle ore 08:30.

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La seduta termina alle ore 20:43.