Oggetto del Consiglio n. 3783 del 11 luglio 2024 - Resoconto
OGGETTO N. 3783/XVI - P.L.S. n. 1: "Disposizioni concernenti l'istituzione di zone produttive speciali (ZPS) e zone franche montane (ZFM) in Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste".
Bertin (Presidente) - Con 31 Consiglieri presenti, possiamo iniziare i lavori del Consiglio di oggi. Si è prenotato il consigliere Chatrian, ha facoltà di intervenire.
Chatrian (UV) - Chiederei gentilmente se si può organizzare una riunione della Conferenza dei Capigruppo, solo per organizzare i lavori.
Presidente - Potremmo farla subito. Sospendiamo il Consiglio: è convocata la Conferenza dei Capigruppo nella sala adiacente.
La seduta è sospesa dalle ore 09:06 alle ore 09:15.
Bertin (Presidente) - Riprendiamo con i lavori. La Conferenza dei Capigruppo si è riunita velocemente per definire alcuni aspetti dei lavori di oggi. Possiamo riprendere l'ordine del giorno, siamo al punto n. 4.02.
La proposta di legge statale sulle zone franche è composta da nove articoli. Esaminiamo il nuovo testo predisposto dalla prima Commissione consiliare.
Come concordato in Conferenza Capigruppo, si propone il rinvio della proposta sia alla Camera dei Deputati che dei Senatori della Repubblica. Il relatore è il consigliere Aggravi, che si è già prenotato e a cui passo la parola.
Aggravi (RV) - Chers collègues, le projet de loi d'État numéro 1 a été soumis à l'attention du Conseil de la Vallée par le groupe Rassemblement Valdôtain le 11 octobre 2023 et a reçu l'avis positif de la première Commission le 4 juillet dernier.
Dès sa présentation, mon groupe au Conseil a exprimé la volonté de rendre ce texte le plus ouvert possible à des contributions politiques, ou bien aussi techniques, afin de le rendre le plus concret possible (dans l'hypothèse d'une prochaine approbation par le Parlement). En ce sens, le texte proposé (puis amendé) veut finalement donner réponse à un débat qui n'a jamais cessé et qui souvent a été ravivé sous différentes formes.
La proposition de ce texte de loi cherche de mettre en œuvre les dispositions de notre Statut spécial qui, jusqu'à présent, n'ont pas été pleinement appliquées ou, le cas échéant, seulement en partie et, en tout cas, au cours d'une période de temps limitée. C'est pour ça qu'avant de présenter dans le détail les contenus du projet de loi d'État, il convient de concentrer l'attention sur quelques notions importantes de portée plus générale.
L'articolo 14 dello Statuto speciale della Regione autonoma, dispone: "Il territorio della Valle d'Aosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca. Le modalità d'attuazione della zona franca saranno concordate con la Regione e stabilite con legge dello Stato".
Questo è oggi, come ieri, il passaggio più complicato, più citato e più "nostalgico" del nostro Statuto speciale del 1948.
Nel corso della storia repubblicana vi sono stati, per citare degli esempi, vari disegni di legge presentati al Parlamento, in particolare si richiamano quelli del Senato, presentati dal senatore Chabod nel corso della III e IX Legislatura, nonché quello del senatore Fillietroz nel corso della VI. Una previsione, una possibilità, una prerogativa che, come ben sappiamo, di fatto non fu mai realmente applicata, vuoi per ragioni pratiche, vuoi anche per ragioni politiche.
In alternativa, si preferì quello che, in breve, possiamo chiamare il regime del "contingentamento", con le relative applicazioni ed incombenze.
Quanto storicamente successo sembra essere già stato pronosticato dal relatore del nostro Statuto, l'onorevole Lussu, che sul punto ebbe a dire: "L'attuazione di questa concessione deve affrontare e risolvere una serie di difficoltà che sono lungi dall'essere semplici".
Non erano certo semplici allora, quando l'Europa, l'Italia e la Valle d'Aosta erano tutte da ricostruire dopo una guerra devastante, non lo sono certo oggi dove il quadro normativo di riferimento si è significativamente evoluto con la fine del regime d'antan, la nascita della Comunità europea, l'Atto unico europeo ed il resto del ginepraio normativo comunitario, sino a quella che oggi è diventata l'Unione europea.
Allo stesso modo anche con la Svizzera i rapporti si sono significativamente evoluti rispetto al Dopoguerra, così come in senso lato anche con realtà tutt'altro che limitrofe e poste anche al di là degli stessi confini comunitari.
Il Consiglio Valle trattò l'argomento già nella sua seduta dell'11 marzo 1948: nel corso di quell'adunanza emersero varie posizioni politiche e personali sull'argomento, così come anche quella serie di difficoltà di cui aveva già parlato l'onorevole Lussu all'Assemblea costituente.
Nella storia del Consiglio Valle si trovano anche altri due momenti importanti in cui la massima assise valdostana trattò il tema. Nel corso della seduta del 28 luglio 1961 si discusse di una proposta di disegno di legge dello Stato per l'attuazione della zona franca in Valle d'Aosta, ai tempi del già richiamato articolo 14.
Una lunga ed interessante discussione che, tra i documenti preparatori, teneva anche conto della già citata proposta di disegno di legge del senatore Chabod.
In quella del 6 giugno 1967 si discusse nuovamente della questione nella forma, però, di ordine del giorno (poi approvato), sempre in merito ad una proposta di legge al Parlamento della Repubblica di iniziativa del Consiglio regionale valdostano relativa all'attuazione della zona franca della Valle d'Aosta.
Una completa ricostruzione del contesto di riferimento, da 1948 ad oggi, sulla mai attuata fino in fondo zona franca in Valle d'Aosta meriterebbe molta più analisi e cronistoria storica di quanto sin qui fatto. Tuttavia in questa sede, e sino a qui, il relatore intende rappresentare per sommi capi quelli che sono stati, forse, i momenti più importanti, almeno dal punto di vista del contenuto degli atti discussi, della questione riguardante la zona franca.
Come si è già detto, oggi il contesto di riferimento, normativo e non, è enormemente cambiato, tuttavia quello che resta scritto e valido sono proprio i contenuti dell'articolo 14, in particolare tre importanti principi: quello della territorialità, ovvero la Valle d'Aosta, così costituita territorialmente dal 1948 ad oggi, quello dell'intesa, ovvero il fatto che, come chiaramente previsto dal secondo paragrafo dell'articolo 14, le modalità di attuazione devono essere necessariamente concordate tra la Regione e lo Stato; quello della forma legislativa di attuazione, ovvero per mezzo di una legge dello Stato.
Questi, in estrema sintesi, i principi cardine del testo dell'articolo 14 dello Statuto speciale rimasto in questa forma sino ad oggi.
Nella seduta del Consiglio Valle del 6 aprile 2023 veniva approvata all'unanimità una mozione con all'oggetto "la predisposizione di uno schema di norme di attuazione dello Statuto speciale per l'istituzione di zone franche urbane e di montagna all'interno del territorio regionale". L'atto consiliare impegnava il Governo regionale, entro sei mesi, ad approfondire "il quadro normativo in essere, anche al fine di verificare la fattibilità della previsione di una norma di attuazione che tenga conto delle esigenze territoriali, delle opportunità di sviluppo e delle esperienze europee, ed all'esito a relazionare presso la competente Commissione consiliare".
Un importante lavoro condotto dalle strutture tecniche del Dipartimento legislativo e aiuti di Stato, il Dipartimento bilancio, finanze e patrimonio, degli Affari europei, dello Sviluppo economico, nonché del Dipartimento turismo, sport e commercio. Un importante lavoro i cui contenuti e le analisi sono stati poi oggetto di una dettagliata presentazione in prima Commissione consiliare il 15 febbraio scorso.
Al termine della presentazione, in Commissione si sarebbe potuto scegliere di fermare il percorso avviato, rimandando a chissà quando ogni ulteriore determinazione di sorta; al contrario, è stato condiviso, tra le varie parti in causa, di procedere ad un lavoro di confronto e adeguamento razionale della proposta di legge statale n. 1 con l'ipotesi di schema di norma di attuazione.
Questo per dar vita a due percorsi paralleli, differenti ma con una comune finalità: dare finalmente avvio ad un dibattito politico e tecnico, ad una trattativa tra la Regione e lo Stato centrale per identificare la via moderna d'attuazione delle previsioni di cui al sempre citato articolo 14.
Un percorso tutt'altro che semplice, questo va detto e ripetuto sin dall'inizio, un tema che non si può certo banalizzare o rendere a slogan senza necessariamente i dovuti approfondimenti tecnici.
Il testo di legge finale, che qui di seguito si rappresenterà nei suoi contenuti, è il frutto di un importante lavoro di coordinamento tra la parte tecnica e quella politica per addivenire ad un testo finale il più possibile chiaro e funzionale ai prossimi passaggi legislativi.
La proposta di legge statale n. 1 si compone di nove articoli.
L'articolo 1 ne definisce le finalità e i principi, tra cui quelle volte a compensare gli svantaggi strutturali propri del territorio della Regione autonoma attraverso, per l'appunto, l'istituzione di zone produttive speciali per il sostegno e lo sviluppo di attività produttive, ubicate in zone strutturalmente svantaggiate del territorio regionale e zone franche montane.
La denominazione di "zone produttive speciali" è sostitutiva rispetto a quella precedentemente utilizzata di zone franche urbane, che richiamava l'esperienza francese, al fine di renderla coerente con le risultanze del già richiamato studio tecnico condotto dalle strutture regionali.
L'articolo 2 individua l'ambito di applicazione delle zone produttive speciali e delle zone franche di montagna, ovvero quelle zone delimitate dal territorio dello Stato della Regione, nelle quali l'esercizio di attività economiche e imprenditoriali da parte delle aziende già operative e di quelle che si insedieranno può beneficiare di speciali condizioni in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo dell'impresa.
L'articolo 3 statuisce le modalità di individuazione dei territori delle zone per mezzo di decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale.
L'articolo 4 definisce puntualmente le caratteristiche dei benefici e la relativa modalità di attuazione degli stessi per ogni zona produttiva speciale e zona franca di montagna.
L'articolo 5 disciplina le modalità di definizione e applicazione delle aliquote agevolate e diversificate dell'Iva.
L'articolo 6 individua le tipologie di imprese beneficiarie dell'intervento legislativo.
L'articolo 6bis rappresenta una novità rispetto al testo storico ed introduce benefici a favore delle persone fisiche con la finalità di ridurre il rischio di desertificazione dei centri abitati ubicati nelle zone franche montane, prevedendo incentivi, anche sotto forma di esenzione o di riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali (regionali e comunali) all'IRPEF, in favore di coloro che vi trasferiscono la residenza con impegno a non ritrasferirla per dieci anni.
L'articolo 7 introduce le disposizioni finanziarie. L'onere derivante dall'applicazione della proposta di legge è quantificato forfettariamente in 30 milioni di euro anni, riduzione del contributo dovuto dalla Regione quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico stabilito a decorrere dal 2022.
L'ammontare è stato stimato per difetto a partire dall'andamento degli ultimi anni dell'extra gettito IMU, nell'ottica di una restituzione alle attività produttive dei territori più svantaggiati.
L'articolo 8, in ultimo, introduce disposizioni finali, volte a prevedere una valutazione del livello di rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale delle zone individuate da parte dello Stato e della Regione, al fine di valutare la proroga, l'implementazione o il termine dei benefici previsti all'articolo 4, nonché l'impegno annuale reciproco di interloquire sul complessivo stato di applicazione della presente legge.
Alla luce di quanto sin qui esposto, questa proposta di legge al Parlamento italiano vuole proporre una via d'attuazione di quelle modalità richiamate in forma di legge dello Stato dal secondo paragrafo dell'articolo 14 del nostro Statuto speciale. Una proposta concreta, come già detto, per favorire il dibattito in corso e l'avvio di utili interlocuzioni con lo Stato italiano sul tema.
Con queste motivazioni, questa proposta di legge, formulata ai sensi degli articoli 121 e 131 della Costituzione italiana e dell'articolo 26 del nostro Statuto, viene sottoposta all'esame del Consiglio Valle con l'obiettivo di trasmetterla secondo le procedure e le norme vigenti, come già ha anticipato il Presidente del Consiglio, ai rami del Parlamento.
Mi si consenta, in ultimo, di ringraziare tutti i colleghi che, membri o meno della prima Commissione, hanno voluto confrontarsi sulle tematiche contenute nella presente proposta di legge e vorrei anche ringraziare quei colleghi che hanno condiviso, o anche meno, il sostegno agli emendamenti che hanno contribuito a rendere il testo di legge quello che oggi è all'esame di quest'Aula.
Allo stesso modo voglio ringraziare tutte le strutture tecniche del Consiglio Valle e dell'Amministrazione regionale a vario titolo coinvolte per il prezioso aiuto dato ad analizzare le materie e costruire gli emendamenti utili a rendere tale, come già detto, il testo finale oggi all'esame di questo Consiglio.
In conclusione, mi si consenta anche un auspicio: visto che il testo, nel caso in cui - mi auguro - dovesse essere approvato dall'Aula, verrà incardinato nei due rami del Parlamento, mi auguro che i nostri rappresentanti in Parlamento possano raccoglierlo e sostenerlo nelle deputate sedi, non soltanto parlamentari perché, come ho detto, c'è un'attività necessaria di lobby, in senso positivo, e anche di interlocuzione con lo Stato che sarà poi nelle mani sicuramente del Governo regionale e del Presidente, ma anche e soprattutto dei nostri due rappresentanti nel Parlamento italiano.
Presidente - Possiamo aprire la discussione generale. La discussione generale è aperta. Invito i colleghi che vogliono intervenire a prenotarsi.
Si è prenotato il consigliere Lavy: ha facoltà di intervenire.
Lavy (LEGA VDA) - C'è uno scopo per cui si parla di zona franca: il riequilibrio di uno svantaggio. E questo scopo è stato per lungo tempo, e ancora oggi, uno dei motori dell'azione autonomistica in Valle d'Aosta, una sorta di mito fondativo verso cui questa legge mette - potremmo dire - una parola "fine", dato che è una legge calata nella realtà attuale, che non ha niente, o quasi, da spartire con la rivendicazione di chi la zona franca l'aveva concepita e che si basava su dei presupposti legati ad un'area extra doganale che ad oggi non è più fattibile.
Il tema delle dogane, che è strettamente legato allo sviluppo storico delle zone franche; non è affatto un caso che gli svantaggi siano presenti soprattutto nei territori di confine, di cui la Valle d'Aosta è perfetto esempio. Zone franche che però sono nate e si sono diffuse dapprima sul mare, con i cosiddetti "porti franchi", per poi svilupparsi, nel tempo, nell'entroterra con la nascita degli Stati e delle frontiere.
Ne abbiamo un esempio qui vicino a noi, di zona franca, quella del Pays de Gex in Francia, in Savoia, che nacque nel 1815 e che ancora oggi è vigente, pur essendo contestualizzata nell'attuale assetto europeo.
Per motivi simili, che si legano anche alla geopolitica, oltre che alla conformazione geografica, si volle la costituzione della Valle d'Aosta in quanto zona franca; una zona franca doganale, però, che oggi, con il mercato unico europeo, la politica di coesione e la concorrenza, non è più attuale e fattibile.
Ovvio che la zona franca costituisce in passato un'enorme occasione persa, ma purtroppo si è preferito concentrarsi sul regime dei contingentamenti, sancito in attesa proprio dell'attuazione della zona franca, con la legge 3 agosto 1949 n. 623, che consentiva l'immissione e il consumo per il fabbisogno locale di determinati prodotti nel limite di contingenti annui, in esenzione dal dazio, dalle imposte di fabbricazione ed erariale di consumo e dalle corrispondenti sovraimposte di confine, del diritto erariale sugli alcolici, nonché dei prelievi stabiliti dai competenti organi dell'allora Comunità economica europea.
Purtroppo quel treno è stato perso, e anche con il nuovo riparto fiscale del 1981 si è deciso che era meglio per la Regione tenere il "borsone" in mano e distribuire i soldi, piuttosto di lasciare i borselli nelle tasche dei cittadini: una differenza di vedute che oggi paghiamo caramente, anche e soprattutto nella mentalità dei valdostani.
Ora è necessario fare altri tipi di ragionamenti, prendendo atto che la Valle d'Aosta non è più quella di 70 anni fa, e che oggi vede invece fenomeni, come quello dello spopolamento della montagna e della desertificazione commerciale, prendere sempre più piede.
In questa proposta di legge, per ciò che concerne la zona franca, diciamo che si fa un po' quel che si può, avendo da un lato gli strumenti che hanno armi spuntate, dall'altro tutta una serie di criticità che riducono l'effetto desiderato, addirittura rischiano di creare esternalità non sempre positive se non si gestisce bene il tutto anche nelle fasi attuative.
Due sono le tipologie di zone franche citate in legge: le zone produttive speciali e le zone franche montane, entrambe tipologie che rientrano nelle cosiddette "zone economiche speciali", o meglio, nelle zone logistiche speciali, visto che le ZES prevedono l'esistenza di un porto e sono diffuse più che altro al sud, anche se adesso, lo vediamo ultimamente, è stato deciso di creare un'unica zona economica speciale per il Mezzogiorno.
Ogni zona franca ha carattere di fiscalità di vantaggio o di sviluppo, per compensare deficit infrastrutturali consolidati, ragioni geografiche, storiche, demografiche, tramite una serie di esenzioni. In questo caso, nel testo che stiamo discutendo, sono previste esenzioni per le imprese e attività produttive, questo assolutamente è fondamentale.
Le zone produttive speciali e le zone franche montane hanno ovviamente vantaggi e svantaggi, hanno una grande forza di suggestione oggi connotate dal marketing territoriale. Le zone franche, se ben gestite, costituiscono un'attrazione di capitali e di talenti, è ovvio che a monte deve esserci un'attività di comunicazione se si vuole appunto invogliare ad insediare la propria azienda in un'area che gode della defiscalizzazione, ma di ciò abbiamo anche parlato anche in sede di discussione della zona franca per la ricerca e lo sviluppo.
Per le aziende però che decidono di installarsi, ci sono ovviamente anche degli oneri, per cui una volta approvata nel caso una legge, una volta delimitate le aree, non aspettiamoci un'invasione immediata di aziende, perché gli oneri di progettazione di valutazione preventiva dell'impatto economico-ambientale, gli oneri di insegnamento e di infrastrutturazione, gli oneri di delimitazione e controllo, gli oneri di gestione ordinaria e di promozione sono da tenere pesantemente in considerazione.
È ovvio che con altri atti la Regione dovrà andare incontro a questi tipi di necessità, per non rischiare di non consolidare poi il tessuto produttivo che con questa legge, invece, si vuole incentivare.
C'è poi un'altra criticità da evidenziare: la temporaneità. Ovvio, da questa purtroppo non si scappa, non è di certo colpa nostra né colpa del proponente, proprio perché il vincolo della temporaneità è il presupposto per la concessione di una zona a fiscalità di vantaggio che appunto, come scopo, è quello della reversibilità della condizione stessa di svantaggio.
Le agevolazioni sono riconosciute in misura massima all'atto di costituzione di una zona franca, per poi attenuarsi con il passare del tempo, fino ad arrivare ad azzerarsi del tutto.
Le zone a fiscalità di vantaggio devono essere funzionali a colmare un divario economico di sviluppo per situazioni territoriali strutturalmente sfavorite.
Ragioniamo però su un eventuale rischio potenziale: un'azienda decide di aprire una sede in un territorio inserito nella zona franca, sfruttando la defiscalizzazione, e quando essa (la defiscalizzazione) non ci sarà più, quindi il suo vantaggio competitivo originario cesserà, cosa succederà? Avrà dei costi di trasporto superiori, oneri legati magari al riscaldamento che, in altre aree, forse potrebbero essere minori, oneri che non sono controbilanciati dalla defiscalizzazione.
È questo un pochino il limite di questo tipo di zone franche, non è colpa di nessuno, purtroppo non si può pensare di avere una defiscalizzazione che duri in eterno, se si concepisce questo tipo di misura, perché, appunto, una volta terminato l'incentivo della defiscalizzazione, la situazione ritorna ad essere come prima.
Un esempio banale: se un'azienda decide di insediarsi in una zona franca a mezz'ora da Aosta, una volta terminati gli incentivi, non è che si ritrova magicamente ad un quarto d'ora da Aosta, rimane sempre a mezz'ora da Aosta.
Il terzo punto, che riguarda la criticità, è lo strumento tramite cui si presenta questa proposta di legge che non è una norma d'attuazione.
Sappiamo che per avere un'attuazione piena dell'articolo 14 è appunto necessaria una norma d'attuazione: abbiamo visto la bozza in Commissione, e sicuramente anche su questo lato si lavorerà; è comunque positivo avere due tipi di canale da portare avanti, perché giustamente è una rivendicazione che deve essere fatta, e avere da un lato le norme d'attuazione e dall'altro una legge statale è sicuramente un ottimo modo anche per mettere pressione agli organi romani.
C'è poi una curiosità, perché in questi mesi di tempo mi stavo un pochino segnando i punti principali per quest'intervento, per il lavoro ovviamente precedente per quanto riguarda il testo, e sicuramente, nell'intervento che avrei fatto sul testo originario, avrei fatto uno specifico accenno al modo che non c'è di garantire una defiscalizzazione legata alle persone fisiche; defiscalizzazione, invece, che adesso, in questo testo modificato, è presente, perché, tutto ad un tratto, sono stati consegnati degli emendamenti, che sono stati presentati come tecnici formali e che invece inseriscono un articolo, il 6bis, che appunto tratta di benefici per le persone fisiche.
"Carramba, che sorpresa!" perché appunto erano stati presentati questi emendamenti come tecnici e invece inseriscono comunque un punto assolutamente centrale che sosteniamo assolutamente, perché con quest'articolo si copia bellamente quello che è proposto sulla proposta di legge contro lo spopolamento dei piccoli Comuni di montagna, però inserendo un articolo più generico, perché - anche personalmente mi sono dovuto fare tutta una serie di conti che mi ha portato via un sacco di tempo per quanto riguarda il tema della defiscalizzazione in quella proposta di legge - in quest'articolo si inserisce una nozione molto più generica, però ci fa assolutamente piacere che comunque anche le nostre proposte di legge vengano in qualche maniera copiate, e se quelle idee, quelle proposte di legge, possono servire per migliorarne altre, ben venga assolutamente.
Ci saranno ovviamente delle sfide interessanti, la prima è vedere approvata la legge, quindi è giusto fare anche pressione sui parlamentari, ma credo che qui, in quanto forze politiche, dovranno fare pressione tutti, perché sappiamo benissimo che dal punto di vista delle concessioni, per quanto riguarda l'autogestione della Regione, i nemici sono più all'opposizione a Roma che al Governo, lo vediamo adesso sul dibattito sull'autonomia differenziata, è un dato di fatto, quindi tutte le forze politiche devono in qualche maniera fare pressione affinché questo tipo di legge possa fare breccia e possa essere approvata anche dai due rami del Parlamento.
Ci sarà poi il tema ovviamente della comunicazione, del marketing territoriale, da fare, la sfida degli oneri citati in precedenza, e successivamente mantenere, dopo gli anni previsti per la defiscalizzazione, le imprese sul territorio affinché queste poi, una volta finita l'esenzione, non decidano di delocalizzare.
La fase attuativa della legge, se mai potrà essere approvata, sarà forse la parte più importante e più fondamentale: speriamo di arrivarci, a questa fase.
Questa è una proposta che ovviamente noi sosterremo perché crediamo e sappiamo che potrebbe dare delle risposte concrete al nostro territorio; risposte assolutamente essenziali per contrastare certi fenomeni che stanno assumendo caratteri importanti, in primis due: quello dello spopolamento dei territori montani e quello della desertificazione commerciale.
Sicuramente sarà una legge che non basterà per invertire una rotta, però questa, insieme ad altrettante proposte di legge che sono sul tavolo o che potranno arrivare, potranno disegnare sicuramente il futuro di una nuova Valle d'Aosta.
Presidente - Si è prenotato il consigliere Jordan, a cui passo la parola.
Jordan (UV) - In merito alla discussione sulla proposta di legge statale, anche ad integrazione di quanto emerso ed emergerà oggi nei lavori del Consiglio e nei lavori della Commissione, vorrei fare alcune considerazioni.
Il tema che stiamo trattando è assolutamente complesso, e non va in nessun modo - così come ha giustamente ricordato il collega Aggravi - né banalizzato né usato come slogan da brandire periodicamente per il solo fine di attirare l'attenzione.
Credo che la discussione sul tema sarà l'occasione (e lo è stata in Commissione) per dare vita ad un dibattito serio, rispetto al quale sono le politiche che abbiamo il dovere di presentare, di ipotizzare per sostenere il vivere in montagna, per sostenere le zone della nostra Regione che soffrono di più rispetto alle altre, per migliorare la qualità della vita, in modo che le differenze tra i territori siano minime, ma anche per invertire un pericoloso trend di calo demografico, i cui effetti più evidenti sono presenti proprio nelle zone più marginali.
Tutto questo, e non voglio essere né banale né scontato, deve far parte di una strategia, che non può essere affrontata settorialmente o individualmente, ma deve essere vista in modo sinergico, trasversale e più complessivo.
Purtroppo, mentre il problema è sufficientemente evidente, la soluzione a questo problema non è altrettanto né facile né fattibile, se non utilizzando gli strumenti che la legislazione regionale e statale permette.
Come dicevo, assistiamo ad un inverno demografico che, pur non essendo circoscritto solo alla nostra regione, da noi assume dei contorni molto forti.
Nei Comuni più marginali la percentuale di giovani residenti è mediamente inferiore rispetto agli altri Comuni, dato che si inverte se riferito agli ultra sessantacinquenni.
Non solo spopolamento, ma anche il rischio concreto di una nuova emigrazione e di perdere vitali energie, intellettuali e lavorative.
A questo si aggiungono i servizi essenziali, sia pubblici che privati, che nei territori più marginali sono di difficile accesso; nonostante il crescente sviluppo delle nuove tecnologie e dell'informazione, mancano nei territori più svantaggiati infrastrutture adeguate alle comunicazioni materiali e immateriali.
Ancora, le difficoltà nel fare impresa, le difficoltà nel mercato del lavoro, difficoltà nel mantenere livelli adeguati di servizi essenziali, servizi sociali, servizi educativi ed istruzioni, a condizioni di parità con chi risiede nelle altre zone.
Noi crediamo che dobbiamo partire proprio da queste considerazioni, attraverso una discussione aperta che coinvolga il Consiglio, che coinvolga il sistema degli Enti locali, che coinvolga i movimenti politici, e, più in generale, che coinvolga il territorio nel modo più ampio possibile, al fine di disegnare un quadro di azioni complessivo. Azioni che, come dicevo, solo in parte possiamo ipotizzare autonomamente nella nostra regione, ma soprattutto azioni che devono essere strutturate e definite a livello nazionale.
Questi interventi - e mi riferisco ai territori più marginali - possono passare attraverso diversi strumenti, che sono in qualche modo già stati indicati: una fiscalità differenzia, una politica tributaria più mirata, incentivi diversificati per favorire il lavoro e l'impresa, una politica di welfare che favorisca la permanenza di famiglie, ma anche e soprattutto una politica di attrattività per le famiglie e per i lavoratori.
Pensare a politiche per la montagna è doveroso, oltre che necessario; politiche che non devono fermarsi alla definizione della zona franca, in cui l'immaginario collettivo si lega piuttosto a politiche doganali che ad altri tipi di aiuti.
Dobbiamo mettere in atto politiche necessarie perché serve una vera politica per la montagna che, unendo sinergicamente tutte le diverse iniziative presentate a livello regionale ma anche a livello statale, possa iniziare anche in questo contesto di cui stiamo parlando oggi un percorso di valorizzazione della montagna e all'interno di esso le zone più svantaggiate e marginali.
Crediamo che sia la risposta alle istanze del futuro delle nuove generazioni, a cui è doveroso guardare con attenzione e cura, nella consapevolezza che i nostri giovani sono il capitale più prezioso; giovani che devono essere incoraggiati a restare nelle nostre valli e nei nostri paesi; incoraggiati e sostenuti e, se possibile, beneficiari di opportunità, per scongiurare l'abbandono di luoghi e comunità, che per noi costituiscono un patrimonio prezioso e fondamentale, a cui non possiamo permetterci di rinunciare.
Presidente - Si è prenotato il consigliere Cretier, ha facoltà di intervenire.
Cretier (FP-PD) - Una breve dichiarazione che vale anche come dichiarazione di voto. La legge statale in discussione ha le finalità di compensare gli svantaggi strutturali del territorio regionale e richiama sia la Costituzione che il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
La montagna e le sue attività hanno da sempre difficoltà e costi superiori rispetto a coloro che svolgono attività imprenditoriali vicini alle grandi vie di comunicazione, dov'è possibile abbattere i costi dell'energia e di trasporto, questi sono alcuni esempi.
La comprensione e la suddivisione delle zone risulta, a mio modo di vedere, piuttosto complessa, legata a parametri fisici e socio-economici fluttuanti nel tempo.
Ulteriori parametri sono la popolazione residente ad una quota altimetrica di 650 metri sul livello del mare, con nuclei storici in fase di spopolamento trentennale.
Sono evidenziati alcuni benefici per la ZPS (zone produttive speciali), da non confondere con altri temi ambientali, sulle imposte dei redditi, sulla società, sull'IRAP e sull'IMU, l'esonero del versamento dei contributi sulle retribuzioni di lavoro dipendente.
Anche per le ZFM (zone franche montane), la legge porta in dote l'esenzione delle imposte sui redditi, dell'IRAP, dell'IMU e del versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente con tempistiche specifiche.
Per tutti e due si applicano Iva agevolata e diversificata a seconda della dimensione.
Il tutto va concertato "con il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle imprese e del made in Italy, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, sicuramente, con il Presidente della Regione Autonoma Valle d'Aosta, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge".
Questa, a mio modo di vedere, è una complessità perché prende in causa diversi Ministeri.
Importante è il passaggio della riduzione del contributo dovuto alla Regione dallo Stato, una legge di rango statale, con un nobile fine ma forse - pensiero personale - entra in un meccanismo e con un iter complesso di confronto con lo Stato che, come noi, è in dirittura d'arrivo come mandato.
Preannuncio il voto a favore del gruppo FP-PD visto che il testo di Commissione ha raccolto elementi perfezionanti sul testo originale e di condivisione in un approccio che tende a sostenere le attività locali e che impegna le persone fisiche anche al trasferimento della residenza e a mantenerla per dieci anni, per contrastare anche l'abbandono e il calo demografico in un complesso di sviluppo imprenditoriale e occupazionale.
Importante anche la valutazione proposta al termine del periodo relativo dei benefici previsti: una disposizione necessaria per una valutazione per un'eventuale proroga dei suoi benefici, un modello insito al Comitato paritetico di controllo e valutazione delle politiche regionali e della qualità della normazione, di cui faccio parte con alcuni colleghi.
Presidente - Il consigliere Marquis si è prenotato, ha facoltà di intervenire.
Marquis (FI) - Ringrazio innanzitutto il collega Aggravi e il gruppo di Rassemblement per aver presentato quest'iniziativa, che ci dà l'occasione di discutere su un tema di grande rilevanza e che troppo spesso viene bandito a livello di slogan. Credo che le zone franche non siano la soluzione di tutti i mali, ma siano uno strumento molto importante.
Credo che ci sia da sottolineare anche la positività del metodo che è stato adottato, perché, a fianco della presentazione di quest'iniziativa, è stato fatto un grosso lavoro da parte degli uffici, grazie al gruppo che è stato costituito dalla Presidenza della Regione per fare un'analisi a 360 gradi sulle zone franche.
Su cosa significa poter attuare oggi una zona franca è stata fatta una ricerca che, sostanzialmente, prende in considerazione tutte le normative, a partire dal carattere dell'Unione Europea, per arrivare a quelle dello Stato e a quelle delle Regioni, per comprendere come si può declinare oggi sul territorio un concetto di questo genere.
Noi spesso guardiamo ancora a livello nostalgico all'articolo 14 che, per tutta una serie di ragioni e di complessità, non ha trovato attuazione nel percorso della storia dal momento dell'approvazione del nostro Statuto.
Molto spesso sono state fatte delle negoziazioni per ottenere delle situazioni di vantaggio a livello fiscale, proprio per cercare di andare a compensazione di questa mancata attuazione. É del tutto evidente che oggi il concetto va affrontato in modo molto diverso rispetto a quello che è nell'immaginario collettivo: le zone franche doganali non possono essere perseguite perché devono oltretutto essere anche eventualmente autorizzate dalla Commissione Europea, ma sono state individuate in questa proposta di legge due situazioni di intervento: le zone franche montane e le zone produttive speciali, che - come è stato detto da chi è intervenuto poc'anzi - hanno un limite temporale di loro applicazione, dei limiti spaziali e anche dei limiti delle categorie che possono essere interessate dall'iniziativa.
La cosa che più vorrei sottolineare è che questa discussione mette in luce soprattutto l'esigenza e la consapevolezza che il nostro territorio è un territorio che ha delle differenze, nonostante sia piccolo, e che vada trattato a livello politico-amministrativo in modo diversificato.
Credo che sia un po' questo il nocciolo della situazione, quindi questo sta a significare che noi dobbiamo perseguire quest'obiettivo ma, dall'altra parte, a livello politico-amministrativo, dobbiamo cambiare modello di amministrazione, perché non possiamo più pensare di procedere con la distribuzione a pioggia, ma deve essere una distribuzione selettiva che dà la possibilità, sostanzialmente, laddove ci sono le necessità, di intervenire sul sistema produttivo soprattutto per cercare di rilanciare il suo tessuto e dare rilancio all'economia della nostra Valle.
I temi che possono essere toccati, che poi incidono a livello fiscale - è stato rappresentato dalla dottoressa Borney quando è stato fatto il percorso in Commissione - sono in particolare i tributi locali, che sono l'IRAP e l'addizionale IRPEF, sui quali abbiamo già ampia possibilità di intervento perché godiamo della manovrabilità, grazie alla norma di attuazione che abbiamo approvato nel 2017, la 184 che aveva il titolo: "Manovrabilità fiscale".
L'altro grande settore di intervento sono i tributi erariali, l'IRPEF e l'IRES, sui quali noi oggi non abbiamo manovrabilità, però c'è da evidenziare che abbiamo la piena disponibilità di introito su questi tributi.
Pertanto, se noi andiamo ad incidere su questi due tributi, il finanziamento successivo della defiscalizzazione dovrebbe essere a carico dell'Amministrazione regionale, salvo diversi intenti da parte dello Stato.
Altro settore su cui si può intervenire, grazie alla manovrabilità del 2017, ma non è ancora stato preso in considerazione dalla pubblica Amministrazione - noi abbiamo già fatto diversi ordini del giorno negli anni passati a seguito dell'approvazione di questa norma -, è quello dell'IMU.
L'IMU consentirebbe già, a livello di singoli cittadini, di poter intervenire, nonostante questo sia un tributo locale, attraverso il rimborso da parte della Regione come ristoro ai Comuni interessati dal mancato gettito.
Qui si potrebbe già fare oggi una politica di differenziazione sul territorio laddove si ritiene ce ne siano le condizioni di necessità.
Per quanto invece riguarda i contributi previdenziali che sono evidenziati in questa legge, sono sicuramente dei contributi che vanno versati a degli enti terzi, pertanto qui bisognerebbe trovare una quadra tra lo Stato e la Regione per vedere sostanzialmente chi mette le disponibilità.
Questo per dire che questo è un obiettivo da perseguire nel modo migliore possibile, perché è come poter possedere una cassetta degli attrezzi per intervenire; queste sono le chiavi per poter fare poi delle manovre.
Qualche chiave però ce l'abbiamo, già come ho detto; purtroppo sino ad oggi non è che abbiamo dato dei grossi esempi di utilizzazione di queste chiavi, perché - come ho detto prima - sull'IMU si potrebbe intervenire a livello di politica differenziata sul territorio, così come lo si può fare rispetto a quello che viene fatto oggi sull'IRAP, perché un intervento c'è, così come sull'addizionale IRPEF nelle categorie più deboli, ma si potrebbe implementare quest'azione.
Pertanto, credo che ci sia la necessità di acquisire anche noi al nostro interno maggiore consapevolezza di intervento differenziato sul territorio, perché qualche strumento è a disposizione.
Andiamo a cercare di ottenere anche l'approvazione di quest'iniziativa per poter implementare la cassetta degli attrezzi, però - come dicevo - bisogna cercare di approcciare in modo nuovo ed in modo diverso, e questo richiede anche una forte conoscenza del territorio, perché qualcuno che è intervenuto prima di me ha detto: "Non sarà semplice applicare sul territorio questa legge, perché bisogna avere una conoscenza di dati sotto il profilo socio-economico e sotto tanti altri profili", quindi bisogna avere delle banche dati, bisogna darsi un modello d'intervento e soprattutto sapere che è uno strumento, questo, che può essere di aiuto per cercare di rilanciare delle situazioni che vivono in una situazione di difficoltà, che vanno sostenute ed aiutate, ma che non può essere la soluzione di tutti i mali se non c'è un'adeguata politica da parte dell'Amministrazione regionale conseguente.
Questo è un po' quello che ci tenevamo, come gruppo, a sottolineare nella discussione generale, perché riteniamo che l'argomento sia di grande importanza e che sia la giusta direzione verso cui andare e verso la quale dobbiamo anche implementare la velocità di utilizzo degli strumenti che oggi abbiamo già a disposizione.
Presidente - Assessore Caveri, ha facoltà di parola.
Caveri (UV) - Intervengo come Consigliere regionale dal banco dell'Union Valdôtaine ed è la prima volta, e sono anche un po' emozionato, perché per molti di noi questa scelta, condivisa con l'Union di tornare a casa, ha un significato politico che colpisce anche dal punto di vista umano.
La questione della zona franca è una questione antica, che in qualche maniera si rifà in maniera profondissima al privilège che il Duché d'Aoste aveva nei confronti de la Maison de Savoie. "Privilège" era all'epoca un termine non negativo, mentre vicende come la zona franca sono sempre state vissute all'esterno della Valle d'Aosta come un privilegio in senso negativo.
L'articolo 14 dello Statuto è stata una scelta molto intelligente da parte dei fondatori della nostra autonomia nella trattativa che portò la Costituente a inserire questa norma, pur con tutte le difficoltà che Aggravi ha ricordato; Emilio Lussu è stato relatore del provvedimento e a spada tratta, nel corso dei lavori della Costituente, ha difeso molti di quegli aspetti del nostro Statuto che sono una peculiarità, anche rispetto agli Statuti delle altre Regioni, e quest'espressione dell'articolo 14 è certamente più forte di cenni sulle zone franche che, per esempio, sono presenti nello Statuto d'autonomia della Sardegna o la situazione che è derivata dalla tutela anglo-americana su Trieste, con quella zona franca portuale e industriale che è servita moltissimo al commercio del caffè.
La zona franca è stata un tema politico ed è stata anche uno degli elementi di rottura tra la Democrazia Cristiana e l'Union Valdôtaine quando, a fronte di moltissimi proclami, ricordo Amintore Fanfani in Piazza Chanoux che affermò: "La zona franca sarà fatta domani" e poi la zona franca non venne fatta; questo portò il leader dell'Union Valdôtaine dell'epoca, Severino Caveri, a rompere quest'alleanza con la Democrazia Cristiana e a dar vita alla famosa "Giunta del Leone" che, per il Partito comunista, una volta uscito questo partito dal Governo nazionale, fu veramente un unicum a livello nazionale.
Una delle ragioni fu anche l'inganno di chi non passò da quella legge sui beni in esenzione fiscale del 1949, una legge sicuramente temporanea, e non portò questa temporaneità, poi, a quello che sarebbe stato uno status del tutto particolare, con la nascita di una vera e propria dogana, a Pont-Saint-Martin, come avviene in molte zone franche esistenti in Europa, però - come è stato osservato giustamente - oggi all'interno dell'Unione Europea la normativa deve tenere conto del mercato unico, quindi dell'abolizione delle frontiere doganali; è un tema sicuramente non semplice.
Ci tenevo semplicemente a dire che un primo tentativo di norma d'attuazione, anche se poi la questione è sparita e io probabilmente ce l'ho in qualche incartamento nel garage, un passaggio che fu abbastanza interessante fu all'epoca del Governo Prodi quando, a fronte della vicenda complicata dei buoni di benzina, vicenda che, come ricorderete, poi finì male per la semplice ragione che questa situazione delle accise particolari in Valle d'Aosta per i carburanti finì sotto la lente d'ingrandimento della Commissione Europea e della Direzione che si occupa della concorrenza perché ci fu quest'interpretazione in senso negativo che portò poi all'abolizione, di fatto, della legge regionale; è una tesi che io non ho mai condiviso perché, secondo me, si sarebbe dovuto semmai chiedere l'abrogazione della legge del '49, quindi chi mi succedette alla Presidenza della Regione, ritengo, in quell'occasione non fece una scelta giusta, perché lo Stato doveva rispondere all'Unione Europea e doveva assumersi la responsabilità del far venir meno di quella norma a tutela dei valdostani, presente una legge nazionale, e devo dire che le delibere di Giunta regionali e le leggi regionali non facevano altro che rifarsi a quella normativa madre, però queste sono vicende ormai superate e storicizzate, è inutile tornarci sopra.
Semmai è interessante che quella vicenda portò alla presentazione di una norma di attuazione dello Statuto al Governo Prodi in cui si cercava, profittando di questa situazione dei carburanti e dell'esenzione fiscale, di far vivere una norma di attuazione, cosa che, anche in questo momento, si sta facendo, e trovo anche utile quanto si viene a discutere oggi, cioè la proposta di mandare in Parlamento, come elemento di stimolo, e ringrazio i promotori, perché ritengo che questa sia una cosa interessante.
Nel tempo, si sono battute molte strade: ricordo uno studio sul bipolo franco con Martigny, perché a Martigny esiste, una piccola zona franca.
Nel frattempo, va detto che nella legislazione nazionale si è molto pasticciato sul tema: ricordo le zone franche urbane, le zone franche montane, qualche cenno è presente anche nell'attuale disegno di legge all'esame del Senato sull'ipotesi di zone franche nell'ambito della normativa nuova sulla montagna.
Io credo che il tema resti di grande attualità, modus in rebus, cioè rendendosi conto del quadro complessivo comunitario che certo rende più difficile la nascita di una zona franca integrale come era stata concepita dal Costituente - lo ripeto - su spinta intelligente dei padri fondatori della nostra autonomia. Però credo che ci siano in effetti delle motivazioni forti che, in qualche maniera, dovranno essere evocate, sia nel cammino della norma d'attuazione, sia nel cammino di questa legge quando verrà ritirata e trasferita in Parlamento, cioè in fondo questa questione dei territori di montagna è un tema che noi dobbiamo tenere come elemento forte, perché nel momento in cui l'articolo 174 dei Trattati parla della particolarità dei territori di montagna e degli handicap naturali permanenti che pesano sulla montagna, e devo dire che fra le motivazioni che ho sentito oggi nel dibattito ce ne sono tantissime che portano a spiegare il perché elementi di vantaggio non cozzerebbero con la logica della concorrenza dei territori o della eguaglianza, per cui una scelta di questo genere, in qualche maniera, sarebbe difforme da essere equanimi fra territori, proprio perché l'articolo 174 evoca questa coesione territoriale, che è anche una coesione economica e sociale, perché questa è la ratio dell'articolo 174. Credo, da questo punto di vista, che ad esempio si potrebbe immaginare una costruzione giuridica che parta proprio dalla logica applicativa di una norma di favore che, per adesso, è rimasta abbastanza inespressa nell'articolo 174 dei Trattati.
Ricordo certe discussioni, anche a livello europeo, che sono state fatte per dire: "Come diavolo concretizziamo questa evocazione significativa della particolarità dei territori di montagna? ".
Una strada potrebbe essere quella di avere una direttiva europea che, in qualche maniera, dica che cos'è la montagna, perché non è un elemento così banale, non lo è certamente per noi, avendo un'altimetria di 2.100 metri, non lo è per noi che siamo attorniati dai 4.000, ma lo è nel momento in cui noi dobbiamo affermare che se ci dev'essere particolarità per i territori di montagna, compresa l'ipotesi di una zona franca, questo deve avvenire dove la montagna c'è, e noi sappiamo che questo sarà il tema che forse rallenterà l'attuale legge sulla montagna in discussione al Senato perché - scorrevo poco fa gli emendamenti che sono stati presentati alla legge - ci sono già quelli che dicono: "Sì, è vero che dobbiamo cambiare la classificazione della montagna e rendere più cogente che cos'è montagna, però quelli che erano già stati considerati montagna nel 1952, perché, poverini, dopo tanti anni, anche se sono in pianura, anche se sono sulle coste marittime, perché devono perdere lo status di montagna?" Questo è il solito gioco delle tre campane un po' all'italiana rispetto al fatto che chi ha ottenuto ingiustamente un privilegio, poi sembra in una logica quasi medievale di doverlo conservare per tutto il resto della propria vita.
Plaudo quindi a quest'iniziativa, plaudo alla scelta che è stata fatta di portare quest'argomento per l'ennesima volta alla Commissione paritetica. Io sono convinto che oggi ci siano delle possibilità, lo ripeto, tenendo conto del contesto europeo, quindi non immaginandosi una dogana a Pont-Saint-Martin perché questo sarebbe del tutto irrealistico e antistorico. Non lo sarebbe stato a mio avviso nel 1945, o meglio dopo l'approvazione dello Statuto, quindi dopo il 1948; oggi evidentemente bisogna trovare delle soluzioni che servono anche a far capire che la montagna, in un'epoca in cui si discute di autonomia differenziata, quindi di questi livelli che potrebbero livellare in parte le specialità rispetto alle zone delle Regioni a statuto ordinario, la montagna resta la nostra luce, perché i privilèges che citavo all'inizio, derivavano, per il Duché d'Aoste, della particolare condizione, all'epoca non esisteva un problema di minoranze linguistiche, per millenni le due lingue del bilinguismo erano il francese e il francoprovenzale, solo le vicende successive storiche hanno portato la Valle d'Aosta a porre in primissimo piano la questione della salvaguardia linguistica come elemento fortemente caratterizzante. Ma la montagna resta una delle chiavi di volta della nostra specialità e rivendicare qualche elemento nuovo, innovativo e interessante della zona franca, è nel solco del cammino millenario del pensiero autonomista dei valdostani.
Presidente - Consigliera Minelli ha facoltà di intervenire.
Minelli (PCP) - Negli interventi di coloro che mi hanno preceduta c'è stata una sostanziale dichiarazione di sostegno alla proposta di legge, ma dalle parole che sono state espresse ho avvertito anche alcune cautele.
Da parte nostra, avevamo espresso già in Commissione varie perplessità e alcune obiezioni e ci sembra opportuno riproporle e chiarirle anche oggi.
Nella relazione di accompagnamento che è stata presentata alla proposta di legge depositata ad ottobre 2023, e poi riproposta oggi, il punto di partenza che abbiamo potuto leggere è sicuramente alto ed ambizioso: c'è infatti una descrizione puntuale delle varie vicende relative alle discussioni in Consiglio regionale sull'applicazione dell'articolo 14 dello Statuto, però la nostra impressione è che da un livello decisamente alto improvvisamente poi si scenda a terra, come è normale, con un notevole salto logico, nel senso che la relazione parte dal 1948 e ricorda le discussioni in Consiglio degli anni '60 e i vari tentativi che ci sono stati di dare attuazione all'articolo 14 attraverso proposte di legge statali, di iniziativa regionale, tentativi molto enfatizzati. Va detto che non hanno però portato a risultato.
Poi, la relazione afferma che questa nuova proposta di legge ha proprio lo scopo di concorrere a dare attuazione al principio dell'articolo 14 dello Statuto, riprendendo un discorso che nel tempo si era interrotto.
Solo che, a nostro avviso, non tutto quadra, se poi guardiamo effettivamente al contenuto della proposta di legge. Il problema sta nel fatto che l'articolo 14 dello Statuto afferma testualmente che: "Il territorio della Valle d'Aosta è posto fuori dalla linea doganale e costituisce zona franca".
Al di là delle posizioni che possiamo avere, che ci possono essere oggi sull'articolo 14, a me sembra che questa sia comunque un'affermazione chiarissima che riguarda l'intero territorio della Valle d'Aosta, e invece quello che prevede la proposta di legge che stiamo esaminando non riguarda tutta la Valle d'Aosta, non riguarda neppure interi Comuni, ma delle aree all'interno di alcuni Comuni che, a nostro avviso, non sono ben definite. E questo rappresenta una problematicità.
Inoltre poi, anche all'interno di queste aree, non si prevede la cosiddetta zona franca, non si prevede la scomparsa delle imposte, ma si interviene soltanto su alcune di esse con una riduzione.
Non si tratta quindi, secondo noi, di zone franche, così come si possono intendere, ma di aree in cui la tassazione è ridotta.
Il Consigliere Lavy ha fatto un giusto rilievo nel suo intervento sulla questione della fiscalità di vantaggio, che sarebbe comunque a tempo limitato, quindi secondo noi siamo lontani dal principio dell'articolo 14, un articolo che sappiamo tutti essere particolarmente problematico nella sua realizzazione, e i fatti lo dimostrano.
Certo, si potrà dire, ed è stato anche in parte già detto, che di più è impossibile chiedere. Ne prendiamo atto, però descrivere questo provvedimento come attuativo in parte dell'articolo 14 a noi sembra un po' un'esagerazione e, non me ne voglia il collega Aggravi, anche un po' una forma propagandistica.
Una seconda considerazione riguarda l'evoluzione della proposta di legge, dal primo testo visto ad ottobre a quello poi uscito dalla Commissione l'altra settimana.
Secondo noi il testo, invece di diventare più chiaro, nel tempo si è un po' complicato, e faccio un esempio: nel primo testo si parlava di zone franche urbane e di zone franche montane. A parte che, come ho detto, secondo me definirle franche è un po' improprio, ma le zone franche urbane sono diventate delle ZPS, cioè delle zone di produzione speciale.
Osservo intanto che questa sigla può generare confusione, perché per ZPS tutta la normativa europea intende le zone di protezione speciale della direttiva Natura 2000, quindi delle zone che sono di conservazione naturalistica, come quella del Vallone delle Cime Bianche per intenderci, quindi c'è una confusione terminologica.
Poi il termine "franche" scompare, e forse anche correttamente, perché non sono esattamente così, però una zona produttiva speciale a me sembra una cosa diversa da una zona franca.
Una terza osservazione riguarda la descrizione per individuare le zone. Leggo all'articolo 2: "Ai fini dell'individuazione delle ZPS si considerano le aree particolarmente svantaggiate nell'ambito dei territori dei Comuni della Valle d'Aosta sulla base di parametri fisici e socio-economici rappresentativi dei fenomeni di degrado urbano e sociale, quali ad esempio la desertificazione commerciale, la delocalizzazione o chiusura di attività economiche produttive importanti insistenti sul territorio di riferimento".
L'individuazione non riguarda il Comune ma un'area all'interno di un Comune dove c'è questa situazione di degrado urbano e sociale. Per me è complicato capire che cosa significa: di vere e proprie aree urbane in Valle d'Aosta ce ne sono poche, perché c'è la città capoluogo, Aosta, e poi, se vogliamo, ci sono alcuni Comuni del fondovalle, della valle centrale, quindi che cosa significa questo? Significa che si individua un'area in Aosta dove c'è una situazione di degrado urbano? Ma, ad esempio, quale?
Noi avevamo chiesto in Commissione la possibilità di avere una simulazione per capire di che cosa stiamo parlando, però questo suggerimento non è stato accolto, e a noi sembra che la definizione sia stata creata, e poi anche utilizzata, per delle aree metropolitane, che possono essere in stato di abbandono. Ma da noi per fortuna una realtà di questo tipo, aree in stato di abbandono all'interno del tessuto, non sono proprio così delle aree, piuttosto ci sono delle situazioni critiche a livello però di interi territori.
Per quanto riguarda invece le ZFM, cioè le zone franche montane, si dice: "Ai fini dell'individuazione delle zone franche montane, si considerano le aree particolarmente svantaggiate relative ai territori di Comuni nei quali oltre il 50% della superficie è posto ad altitudine di almeno 650 metri sul livello del mare, con una popolazione residente inferiore a 5 mila abitanti o porzioni di aree comunali densamente edificate, poste sempre al di sopra di 650 metri sul livello del mare, con popolazioni inferiori a 5 mila abitanti e costituenti nuclei storicizzati dove sono presenti fenomeni di spopolamento calcolati in funzione dell'andamento demografico di tali aree con dati storici certi negli ultimi 50 anni".
Anche in questo caso si parla di aree o addirittura di porzioni di aree.
Secondo noi è un sistema che difficilmente può funzionare per una realtà come la nostra, per una regione come la nostra; secondo noi bisognerebbe individuare i Comuni di montagna, quelli dove c'è più spopolamento, con i criteri anche che sono stati inseriti, ma non delle parti di un Comune, perché diventa molto difficile anche fare una cosa di questo tipo.
Per noi quindi questa è un'impostazione confusa, pensiamo che bisognava fare un po' più di chiarezza.
Una quarta ed ultima considerazione riguarda lo strumento che si vuole utilizzare, quello della proposta di legge per una legge statale.
La legge dello Stato è uno strumento che potrebbe andar bene, secondo me, se si trattasse di dire come applicare l'articolo 14 dello Statuto, così come è già accaduto, però qui - mi ripeto - non stiamo parlando di applicazione del principio che la Valle d'Aosta sia una zona franca, ma di aree, di zone all'interno della Valle, in cui si riduce la pressione fiscale e si cerca di dare dei benefici a cittadini ed imprese.
È un intervento che in parte si potrebbe fare con legge regionale, mi sembra che proprio oggi all'ordine del giorno, per decorrenza termini, ci sia una proposta di legge, la 138 della Lega, che cerca di affrontare, anche in maniera più limitata, quel problema dello spopolamento di alcuni Comuni attraverso una proposta di legge regionale, quindi con uno strumento diverso.
Devo dire poi anche che non ho capito bene come mai nei lavori che ci sono stati non si sia pensato di integrare anche quella proposta di legge, però - devo essere sincera - io non ho seguito proprio tutte le varie fasi.
Poi c'è un'altra cosa da dire: sappiamo - e su questo si sofferma anche la relazione che ha fatto il collega Aggravi - che in parallelo a questa proposta di legge c'è l'intenzione, ma poi lo sappiamo, di affrontare lo stesso tema con una norma di attuazione dello Statuto.
Certo, si può fare, si possono tentare più vie contemporaneamente, quella della legge statale, della legge regionale, della norma di attuazione, però questo modo di operare su più fronti, con più strumenti, può essere vista come un'implicita ammissione di incertezza, cioè di un'incertezza su come fare, quali strumenti utilizzare. Che poi si accentua - secondo me - questa incertezza se consideriamo che c'è ancora un altro canale d'intervento che potrebbe essere usato, che è quello dell'intervento sullo Statuto stesso.
Come sappiamo, la Regione sta partecipando ad un tavolo tecnico con le altre Regioni a Statuto speciale proprio per una revisione dello Statuto; c'è una prima bozza dell'ottobre del 2023 in cui però mi sembra che nulla si dica sull'articolo 14.
A breve, da quello che sappiamo, che ci è dato sapere, dovrebbe essere pronta una nuova bozza, il condizionale è d'obbligo, e su questo tema, tra l'altro, c'è all'ordine del giorno di questo Consiglio una nostra mozione che non so a questo punto, con i tempi, se riusciremo a discutere.
In conclusione, a noi sembra che si stia procedendo su tre tavoli diversi, come dicevo, un po' a tentoni, con il rischio che poi, alla fine, non si ottenga il risultato e che fra alcuni anni potremmo essere di nuovo qui a constatare lo spopolamento ulteriore di alcuni Comuni montani e di dirci che la Regione non è stata in grado di adottare le misure correttive più adeguate.
Voglio però dire un'ultima cosa che è questa: noi condividiamo il principio che occorra intervenire rispetto a delle realtà comunali in cui c'è spopolamento, desertificazione commerciale, problemi di questo tipo di cui abbiamo già tanto discusso; questo strumento, che viene proposto oggi, non ci sembra particolarmente efficace.
Presidente - Si è prenotato il consigliere Lavevaz, ha facoltà di parola.
Lavevaz (UV) - J'interviens aussi avec quelques très brèves considérations sur ce projet de loi de l'État, qui a fait l'objet d'un parcours de confrontation à l'intérieur de la première Commission très intense, d'abord avec le proposant de ce projet de loi que je remercie, parce qu'il a mis sur la table un aspect et un argument qui a été évidemment objet maintes fois de discussion à l'intérieur de ce Conseil régional et qui est, tout de même, d'actualité.
On a travaillé avec le proposant, en particulier, mais aussi avec les bureaux de la Présidence de la Région: on a tâché de faire une analyse, soit du travail important qui a déjà été cité par les bureaux de la Présidence de la Région; un travail d'analyse des contextes, d'application ou d'exemples d'applications de zones franches soit au niveau national, mais voire même au niveau européen ou sur des réalités territoriales et régionales de notre pays.
Un travail très intéressant qui a évidemment l'objectif d'arriver à une ébauche de proposition des règles d'application de notre Statut à analyser à l'intérieur de la Commission paritaire, mais qui est aussi un point de départ pour des raisonnements d'adaptation pour cette loi de l'Etat.
Et, en effet, le travail qu'on a fait de partage avec le proposant et la Commission a été justement d'adapter un peu, avec des petits amendements d'adaptation du texte initial du projet de loi, en l'adaptant et en le mettant de façon plus correcte à jour avec le parcours parallèle qui débutera dans la Commission paritaire.
Je crois que - comme on l'a déjà dit, on l'a dit en Commission et il l'a dit le proposant tout à l'heure -, ce sont deux parcours qui sont parallèles, mais qui ce ne sont pas de nulle façon en contradiction, parce que ce sont deux parcours que de quelques façons se complètent, parce qu'il y a évidemment des niveaux différents, des compétences différentes, qui soient de la Commission paritaire, qui soient évidemment des lois de l'État et des lois du Conseil régional. Je ne crois pas que c'est une question d'incertitude, comme l'a dit la collègue maintenant: c'est une question évidemment de plans différents, de compétences différentes, sur des arguments qui sont à analyser et, de quelque façon, à tâcher même de mettre à jour avec la législation actuelle, parce que évidemment, comme il l'a très bien dit le collègue Caveri tout à l'heure, c'est difficile d'imaginer une application de l'article 14, comme a été envisagé lors de la Constituante en 1948.
De l'autre côté, évidemment, il y a des questions qui sont plus ponctuelles et là je suis d'accord, je l'ai déjà dit en Commission, avec la collègue Minelli; il y a des questions ponctuelles qui seront à analyser dans la phase applicative non sur la mise d'application de de cette loi; il y a des questions qui sont évidemment à analyser, mais qui seront l'objet évidemment, et je l'espère, le cas échéant où cette loi ira à sa conclusion, à son approbation.
Je crois que mes collègues qui m'ont précédé, en particulier le collègue Caveri, qui a fait un très beau excursus historique de tout ce qui a été le débat tant au niveau national, qu'au niveau du Conseil régional en particulier, mais il l'avait déjà fait le collègue tout début, en présentation du projet de loi, en particulier les rapports entre Lussu et Chanoux, qui ont été même objet d'un article, d'un livre très intéressant de confrontation par le professeur Louvin, le professeur Demuro: une publication assez récente, un livre, je crois, à relire, parce que on voit que déjà dans la phase pré-constituante, pré-statutaire, le débat sur les difficultés qui envisageaient tant Lussu qu'évidemment Chanoux, qui n'a pas eu la chance de voir la Constituante, et surtout l'application et la naissance du Statut spécial. Mais ils envisageaient déjà des difficultés à mettre en œuvre les formes d'autonomie et donner la possibilité au territoire de se autogouverner et pour se autogouverner, évidemment, de trouver les formes de gérer les aspects financiers: évidemment, pour se autogouverner les aspects financiers sont les aspects les plus importants, au-delà de l'autonomie, de l'autonomie politique; pour cela, je crois que ces aspects sont, à la une, aujourd'hui, sont les objets centrales comme il était autrefois et c'est pour cela que je crois que ce projet de loi de l'État est appréciable, parce que il met sur la table une forme d'effort par rapport à la remise en cause des aspects financiers avec l'État, qui a été évidemment l'objet déjà maintes fois, toute législature évidemment ont tâche de remettre main au rapport avec l'Etat, mais il y a dans cette proposition un effort en ce sens que je crois être très important et est le pilier sur lequel je base ce projet de loi de l'État.
Je l'ai déjà dit autrefois, même quand j'avais d'autres rôles, je crois que vraiment ce Conseil régional doit travailler davantage sur ce sillon, parce que je crois que demain nous devons être à même de faire des propositions plus audacieuses de ce point de vue, par rapport au rapport avec l'Etat, évidemment en tâchant toujours de maintenir, ou même davantage, de construire des rapports productifs avec le Gouvernement de l'État et avec l'Union européenne; pour ce qui me concerne, je ne crois pas qu'il est de la propagande ce projet de loi; au contraire, je crois que c'est un sillon dans lequel on doit travailler, comme je le disais davantage.
Je veux terminer seulement en remerciant moi aussi pour la collaboration les bureaux de la Présidence de la Région, le Président, avec le proposant de ce projet de loi: tâchez tous ensemble de trouver un accord qui aille dans la direction de pouvoir approuver ce projet de loi avec la plus large majorité. Je crois que c'est un passage quand même important, vu l'importance de cet argument.
Presidente - Vi sono altri che intendono intervenire nella discussione generale? Si è prenotato il consigliere Aggravi, ne ha facoltà.
Aggravi (RV) - Ringrazio anche i colleghi che hanno voluto partecipare a questa discussione generale fino ad ora. Mi si consenta di aggiungere alcuni elementi rispetto alle giuste - e li ringrazio - considerazioni che sono state fatte, più o meno positive; non me ne vogliano, mi concentrerò più su quelle non del tutto positive, proprio perché le ritengo utili ai fini della comprensione di tutta una serie di elementi.
Credo anche che - ironia anche un po' della sorte sul termine -, ma l'utilisation du terme adaptation je pense que c'est l'explication ponctuelle de ce qui est arrivé et de ce qui peut arriver.
Ci sono due elementi comuni: uno è la possibilità e l'altro è il modello.
Sulla possibilità sappiamo che spesso la politica è l'arte dell'impossibile ed invece la realizzazione del possibile; quindi io sono d'accordo sul fatto che si poteva fare di più, si sarebbe potuto fare di più, però in tempi che non sono quelli attuali.
È ovvio che c'è anche una sorta di forzatura, e io ho cercato anche di dirlo, non soltanto nel corso della presentazione in Commissione, non soltanto nella prima versione della relazione, ma anche oggi.
L'articolo 14 - lo ricordava qualcuno - è stato scritto in un momento storico e in un momento che non è il 2024, e non era neanche il 2023.
L'articolo 14 nasce di due componenti: una che è quella già ricordata, e ringrazio anche il collega Lavy per l'aggiunta di nozioni di base, soprattutto su quello che è il complesso mondo delle zone franche, o meglio, delle zone economiche speciali, che prima di tutto sono una finzione, perché sono una finzione giuridica le zone franche, le zone economiche speciali, i punti franchi e tutta una serie di questioni; una finzione che nel passato si rappresentava con quelli che in una delle sedute che ho citato del Consiglio regionale erano chiamati "baraccamenti" con i quali si sarebbero dovute realizzare le dogane, perché appunto erano zone al di fuori della dogana, che prevedevano la realizzazione di una dogana, ma, come hanno ben rappresentato e come è ben stato rappresentato nel complesso testo che è stato realizzato con il coordinamento del professor Louvin, oggi le zone franche sono un'altra cosa, sono appunto la continuità di una finzione che è più finzione di una volta e che va a toccare non tanto quello che era il complesso mondo dei dazi di entrata e di uscita da una dogana. E ricordo tra l'altro che se uno va a rileggersi la storia delle discussioni in Consiglio regionale, quelli più preoccupati erano i rappresentanti della grande industria, perché all'epoca non era solo un problema di comprendere dove piazzare le imprese, ma soprattutto quelli che potevano essere poi i rapporti di riferimento con i mercati di sbocco e in quel momento era principalmente la ricostruzione italiana, perché se uno va a vedere, effettivamente, i rappresentanti di quella categoria erano molto scettici sull'applicazione tout court di una zona franca extra doganale. Ma erano altri tempi.
Quello che viene fatto oggi è ovviamente una forzatura, come in quota parte sarà anche una forzatura la norma di attuazione, perché il concetto di base dell'extra doganalità che qualcuno - per carità - ha fatto sua, oggi non è più attuabile, dobbiamo dircelo, c'è poco da fare. Il codice doganale europeo è completamente diverso, ma il mondo è diverso. O si applicano delle politiche di dazi, vedi quello che si fa nei confronti della Cina, nei confronti di altre situazioni, ma è un'altra cosa.
Oggi bisogna creare una via moderna, una possibilità, e quindi questa è la rappresentazione, magari imperfetta, magari anche confusa - e sul confuso tornerò -, magari anche con dei rischi dovuti alle esternalità. E ringrazio il collega Lavy per aver toccato un punto di critica che è corretto, che è quello degli investimenti collegati e correlati.
Una zona franca tout court creata non porta a nulla: chiedete a Cagliari a che punto è il porto franco, oppure chiedete al sud, per me la soluzione della ZES unica sarà la fine della logica delle zone economiche speciali del sud, si trasformerà in una sorta di nuova Cassa del Mezzogiorno ma io penso questo.
Qual è il problema più grosso che è mancato nello sviluppo di quelle zone economiche speciali? Che intorno non c'era nulla, che non c'erano degli investimenti collegati. Per assurdo, se andiamo a vedere quelle che sono le valutazioni e gli studi fatti sull'applicazione in particolare delle zones franches urbaines in Francia, ma anche della sopravvivenza di alcune zone franche in Europa, è proprio il fatto che, al di fuori di quella realtà, ci siano dei contesti dove le infrastrutture e gli investimenti sono correlati a questa possibilità, e non è una creazione di una enclave, ma è la diretta conseguenza di quella che è una politica di sviluppo e soprattutto - e il collega Caveri l'ha sottolineato e l'ha detto correttamente - di coesione, perché purtroppo, che ci piaccia o no (perché in alcuni casi l'Europa ci piace, in alcuni casi un po' meno, questo è da capire), ma la temporaneità e il fatto che gli aiuti siano a scadenza, è proprio per questo, per riportare a livello determinati territori.
Questo purtroppo non l'abbiamo deciso noi, purtroppo c'è una cosa che si chiama Unione Europea e il Trattato di funzionamento dell'Unione Europea porta a quello. L'articolo 174 porta a quello. Ci sono delle realtà svantaggiate, la temporalità resta ed è determinata sino a quando quelle realtà non si riportano al livello delle realtà più avvantaggiate.
Se questo livello non si raggiunge, allora - ed è quello che è prevista la contrattazione tra lo Stato e la Regione continua - per capire effettivamente se il livello è nuovamente raggiunto.
È ovvio che ci sono tutta una serie di questioni che andranno trattate a parte, perché l'Iva non è un tema banale, perché la questione dei contributi previdenziali, come ha detto qualcuno, non è un tema banale, come il discorso anche delle infrastrutture collegate, perché non è solo un problema di Amministrazione regionale e di infrastrutture regionali, ma un'area, come ad esempio quella della Valle d'Aosta, o delle aree, che hanno delle infrastrutture come autostrade ed altro, che non dipendono direttamente dalla volontà della politica regionale, devono necessariamente avere un colloquio e una leale collaborazione nei confronti dello Stato o di sue emanazioni.
È ovvio che abbiamo preso - e l'ho citato continuamente - il secondo paragrafo dell'articolo 14, e io sono molto preoccupato di un'affermazione che ho sentito, perché mi si dice che la legge statale è forse uno strumento non corretto, è meglio la norma di attuazione, ma sembra quasi più facile cambiare lo Statuto speciale.
Se oggi noi andassimo a trattare, con lo Stato centrale, il cambiamento dell'articolo 14, io mi chiedo che fine farebbe l'articolo 14, e mi chiedo soprattutto che fine farebbe il principio base dell'articolo 14, perché il mondo è cambiato.
Bellezze, il mondo è cambiato, quindi facciamo quello che è possibile, proviamoci, ma da qualche parte bisogna partire.
È vero, abbiamo fatto nella relazione un bond à l'avance, un grande salto, come magari qualcuno preferirebbe sentirsi dire, primo perché sennò non mi sarebbero bastati sicuramente i 30 minuti e neanche quelli in discussione generale, secondo perché molto modestamente non sono uno storico, non sono in grado di farlo e lo lascio fare a chi è molto più bravo di me; terza cosa, bisogna arrivare al punto, perché sennò, altrimenti, moriamo nelle nuvole, perché è vero che partiamo da un principio alto, ma prima o poi bisogna arrivare a terra e bisogna dirsi che cosa si intende fare.
Purtroppo sono una persona pratica, e me ne scuso.
Detto questo, è ovvio che quella che noi oggi facciamo è una forzatura, ma è una forzatura che ha o comunque tenta di proporre un modello di sviluppo alternativo, ed è correttissimo quello che ho sentito dire, nel senso che all'epoca forse il regime del contingentamento, e io in parte lo comprendo anche perché si usciva da una situazione estremamente complessa, qual era quella del dopoguerra, non ci voglio vedere totalmente la malizia della re-distribuzione, per quanto la mia scuola di pensiero veda la re-distribuzione come una limitazione della libertà e della libertà economica, a questo punto è ovvio che quello che si tenta di fare è di applicare, un po' anche sul sillon della 184, e non soltanto, il principio di lasciare le risorse nelle tasche delle imprese e dei cittadini perché possano essere loro in qualche modo, magari in quota parte, ma a poter reinvestire o spendere come meglio credono.
Ringrazio anche il collega Lavy perché è vero, l'articolo 6bis è molto simile ad una parte della proposta di legge, di cui adesso non ricordo il numero, dei colleghi della Lega, ma gli chèques li lasciamo da un'altra parte, perché quelli sono contributi netti, non sono una detassazione.
Forse sono anche d'accordo anch'io che per favorire determinate politiche, vedi anche il discorso della natalità, non basti la defiscalizzazione, che comunque sarà sempre limitata, perché è vero, stiamo facendo della propaganda, collega Minelli, però c'è anche chi sogna e dice alla gente che non pagherà più le bollette elettriche, e se questa non è propaganda, mi chiedo che cosa sia. Perché oggettivamente è facile dire che bisogna applicare la tassazione, verissimo, però c'è un problema: la spesa pubblica chi la sostiene? Anche minima, perché anche chi come me ha simpatia per le politiche di Stato minimo, sa che uno Stato minimo c'è ed un costo ce l'avrà, e non ce lo paga Pantalone o non possiamo stampare degli euro come vorrebbe qualcuno, perché sappiamo che sono logiche un pochettino più complesse. Quindi sì, è vero, facciamo della propaganda, ma cerchiamo di farla in senso realistico.
In questo senso non andiamo ad individuare - è vero - precisamente delle zone, dei Comuni o delle aree, però le faccio una provocazione: lo so che a voi la programmazione di stampo cinese piace tanto, ma allora io la invito ad indicarci precisamente quali sono le comunità energetiche rinnovabili che voi intendete fare con le vostre visioni di programmazione puntuale con la legge che è in discussione in quarta Commissione; perché è vero, noi lasciamo la libertà agli Enti locali, all'Assessore allo sviluppo economico, alle Commissioni o a quant'altro di poter lavorare per la creazione o per l'individuazione di aree che sono delle finzioni giuridiche e quindi per questo è ovvio che serve un decreto del Presidente per individuarle, però la battuta è: benissimo, ma non ci sono due pesi e due misure, diteci dove devono essere fatte le comunità energetiche rinnovabili, perché è molto simile.
Diteci come, e chi; individuatele puntualmente. Noi abbiamo fatto una scelta diversa, abbiamo lasciato la libertà di poter scegliere ai territori come svilupparsi, perché noi non crediamo nella programmazione sovietica, e questo è un punto di partenza, perché quella è mancanza di libertà, e non voglio per una volta svegliare il collega Padovani, non è verso di lei quest'affermazione.
Abbiamo fatto quindi una adaptation, abbiamo adattato il possibile, abbiamo cercato di presentare una norma, una legge di Stato, che potesse servire - e parlando di approccio lobbistico in questo senso lo abbiamo fatto -, perché la norma di attuazione ha anche un altro problema in questo momento, che ha una scadenza, perché è stata portata avanti giustamente dalla Presidenza, ma quando terminerà la Legislatura regionale, dove finirà la norma di attuazione? La legge per lo Stato, comunque, in qualche modo rimarrà. È incerta ovviamente la sua trattazione, e per questo io cito i rappresentanti a Roma, perché più o meno tutti, chi più, chi meno, li ha mandati a fare qualcosa.
Io mi auguro quindi che su questo punto se la prendano a cuore. C'è stata anche da parte nostra inizialmente la comunicazione ai rappresentanti, perché à chacun son rôle ovviamente, e poi giustamente il Governo regionale ha le sue responsabilità, come ce le avrà il Consiglio, perché non è che finisca oggi, e sono contento che alcuni colleghi abbiano parlato in prospettiva di fare di più e di essere anche più coraggiosi, sono pienamente d'accordo, al di là di come ognuno la pensi.
Io mi auguro quindi che qualcuno a Roma batta un colpo, almeno dal punto di vista morale, che sarebbe già un qualcosa di positivo. Perché è vero che ci sono tanti nemici delle autonomie, ed è vero che quelli forse più acharnés sono anche addirittura all'opposizione in questo momento, però nell'autonomia differenziata io qualche preoccupazione ce l'ho e l'ho detto, perché non basta scrivere "autonomia" per farlo, come sulla legge della montagna, perché si dà la possibilità di applicare la fiscalità di vantaggio con degli strumenti che sono da un lato molto concorrenziali rispetto alla norma di attuazione, perché la legge semplice di una Regione a Statuto ordinario è molto più rapida, la facciamo e via.
Stiamo attenti e vigiliamo su questo principio, poi meglio un'autonomia magari che nasce male rispetto ad una che non nascerà mai, però occhio alla penna, perché non è un passaggio semplice e delicato, soprattutto per chi ha degli Statuti che nascono nel dopoguerra e che ha delle previsioni che sono datate; perché non è colpa nostra, purtroppo hanno questa età.
La cassetta degli attrezzi, come diceva il collega Marquis, è un po' vecchia, ma almeno c'è, e quindi utilizziamola se vogliamo provare a farlo.
Ripeto, la volontà era cercare nuovamente di rimettere à jour ed individuare una via moderna per non dimenticarsi di una previsione che oggi nello Statuto c'è, domani io non lo so, si è provato a farlo.
Ripeto, c'è un contributo importante anche delle strutture tecniche, perché c'è stata, c'è una relazione molto interessante che è stata presentata nel febbraio in Commissione in cui tutta una serie di passaggi sono stati ben evidenziati.
È ovvio che, come è stato detto e lo sposo, non basta, anche venisse approvata domani in Parlamento questa questione, e già il fatto delle risorse disponibili ovviamente necessitano una contrattazione, ma sappiamo come funziona la vita, e avremmo potuto identificare delle risorse fresche da trattare con lo Stato; abbiamo preferito provare a mettere sul piatto quelle che sono già oggetto comunque di una sorta di contrattazione, proprio per provare ad avviare quelli che sono i giusti rapporti. Lo dico soprattutto anche a chi magari li può avviare per i contatti che ha con i Ministeri di riferimento, quindi sarebbe una cosa molto positiva e di aiuto a tutti quanti.
Poi ognuno farà la sua parte però, ripeto, questi sono gli elementi ulteriori che mi sentivo di dire.
Ringrazio anche chi non voterà questa proposta di legge perché ha fatto delle osservazioni che sono sicuramente utili, non soltanto a questa discussione, ma anche in prospettiva.
Presidente - Vi sono altri che intendono intervenire in discussione generale? Non vedo ulteriori richieste, pertanto chiudo la discussione generale. La discussione generale è chiusa. Per il Governo in fase di replica, ha facoltà di intervenire il Presidente della Regione.
Testolin (UV) - Ce n'est pas une réplique, mais seulement un complément de réflexions au débat, un débat qui s'est épanoui dans deux heures, une confrontation de laquelle ils ressortent pas mal de suggestions à retenir, un moment de confrontation sur un thème qui appartient à beaucoup des groupes qui sont aujourd'hui assis dans cette salle du Conseil et que le Gouvernement et la majorité ont bien voulu insérer dans le programme de gouvernement.
Je remercie, tout d'abord, pour l'action et le travail de partage et de mise à jour de la loi originelle, qui a été présentée par le groupe du conseiller Aggravi, le Président de la première Commission Erik Lavy, qui a conduit et partagé, avec la Présidence et les premiers interlocuteurs, ce qui a été un parcours de mise à jour d'un document et a voulu prendre une partie du travail que les structures de la Présidence ont bien voulu mettre à disposition du Conseil régional, suite à une motion qui a été votée, je crois à l'unanimité, l'année dernière et qui nous a permis de démarrer avec ce parcours. Un parcours d'approfondissement de la thématique et des suggestions qui peuvent être mises à facteur commun, pour améliorer ce que pouvait être une présentation, n'importe dans quelle forme, au Gouvernement régional.
Alors, on a choisi de bien vouloir procéder dans les deux routes: d'un côté, une loi qu'aujourd'hui nous sommes là pour voter, une proposition de loi de l'Etat, qui a des caractéristiques d'un certain type, qui reprend, en principe, ce que nous avons essayé de mettre aussi dans la loi que nous avons présentée à la Commission paritaire, mais qui a voulu foncer sur la situation fiscale dont vient de parler le proposant; et alors, on a essayé de partager ce parcours de soutien de cette loi, en partie avec de ressources du Gouvernement régional et, de l'autre côté, de ressources de l'État.
Un parcours, sans doute, pas facile mais ce n'est pas une provocation, c'est un essai de dialogue, pour essayer de comprendre s'il y a la possibilité de le partager avec l'Etat, ou bien - et alors en deuxième lieu - si on doit revoir quelque chose dans la loi présentée en Commission paritaire, pour approfondir le périmètre dans lequel on peut et on doit travailler, pour démarrer avec la concession d'avoir vu le principe approuvé de la part de l'Etat, de pouvoir avoir sur le territoire valdôtain des zones franches, qui évidemment sont des vraies zones franches limitées.
D'abord, le principe de la zone franche devait servir, au commencement, déjà dans le Statut, pour soulever des territoires pauvres, des territoires qui avaient des difficultés du point de vue économique, d'un point de vue social, pour donner une perspective aux territoires et aux habitants de ces territoires.
Alors aujourd'hui, heureusement, certaines situations dans notre Vallée ont évoluées avec certaines formules, qui nous ont portés à avoir sur notre territoire des situations primaires dans le tourisme et dans la possibilité de développer des situations favorables à l'installation des structures pour le tourisme, plutôt que pour l'industrie ou la recherche; et il a d'autres territoires qui ont, en effet, de grandes difficultés à pouvoir démarrer avec n'importe quelle situation économique et sociale et à retenir, sur leur territoire, les professionnels et même les familles qui ne peuvent plus se permettre de rester dans ces situations.
Penso che sia assolutamente importante sottolineare come questo tipo di provvedimento sia innanzitutto un provvedimento che deve sensibilizzare al nostro interno. E raccolgo la suggestione che è stata avanzata, mi sembra dal collega Jordan, di dover fungere anche da sensibilizzatore dell'opinione pubblica, perché deve esserci di nuovo una coscienza all'interno del nostro territorio, che possa sviluppare una volontà di avere una sorta di autogoverno - l'ha detto bene il collega Lavevaz -, io direi un'amplificazione di quella che è una situazione già abbastanza conclamata sul nostro territorio con la sussidiarietà che c'è tra Comuni e Regione. Situazione che deve essere enfatizzata laddove ci sono delle criticità a trattenere sul territorio famiglie e mantenere il presidio di un territorio che mai come in questa situazione così particolare, caratterizzata anche da questi eventi calamitosi, dimostra la necessità del presidio da parte degli uomini di montagna in zone non solo svantaggiate ma anche molto fragili e pericolose, se non presidiate.
Questo tipo di approccio è già applicato per certi versi all'interno di situazioni sancite anche dall'Unione Europea quando si parla di zone particolarmente svantaggiate da un punto di vista agricolo, dove già l'Unione Europea prevede la possibilità - identificate queste zone come vorremmo fare noi sia da un punto di vista sociale e produttivo, sia da un punto di vista degli svantaggi geografici e morfologici - di poter aumentare le percentuali di contributo all'interno dello stesso tipo di investimento che l'azienda agricola può fare in un posto piuttosto che in un altro. Questo vorrebbe essere un approccio attuale e serio.
La Valle d'Aosta non chiede e non vanta la necessità di dover intervenire su tutto il territorio, perché ci sono territori che fortunatamente si sono sviluppati in maniera organica, molto fattiva, molto importante, altri invece riscontrano delle enormi difficoltà. Su questi bisogna essere d'accordo e sdoganare questo principio della possibilità di individuare queste zone per dar loro un sostegno che non può essere un sostegno protratto per sempre ma che nell'arco di anni, un quinquennio, un decennio, possa consolidare la presenza, la rinascita e il consolidamento di una rinascita su quei territori.
Questo è lo spirito con il quale ci si è avvicinati. Si sono trovate delle convergenze che fanno molto onore a quest'Aula, anche da un punto di vista della condivisione. È poi sempre più semplice trovare i difetti in quello che fanno gli altri, ma mettere assieme è altrettanto poco semplice e quando si riesce a farlo anche se il risultato potrebbe sempre essere migliore, si è cercato di lavorare per condividere dei principi che fanno parte di questa comunità in senso più ampio possibile e soprattutto di certe visioni che ci appartengono da sempre, sulle quali ci siamo presi l'impegno di lavorare. L'abbiamo fatto, lo facciamo oggi, lo faremo nel seguire ancora la norma di attuazione in maniera puntuale, una norma di attuazione che potrà basarsi anche su delle considerazioni negative che il Governo eventualmente vorrà esprimere nei confronti di questa proposta di legge, ma che ci darà l'apertura magari per rilanciare e trovare delle soluzioni per smorzare qualche angolo e per riuscire a portare finalmente a casa un'opportunità che potrebbe e potrà solo far bene a tutti noi.
Presidente - Vi sono altri interventi? Non vedo richieste... Consigliere Perron, per dichiarazione di voto.
Perron (LEGA VDA) - Devo dire che ho apprezzato gli interventi che ho sentito fino ad ora, ho apprezzato l'excursus storico che è stato fatto, non entrerò nei dettagli, non ho - confesso - culturalmente studiato a fondo la proposta che è complessa, che chiaramente è dettagliata, complessa per sua natura com'è e non può essere altrimenti.
Non ho personalmente competenze tributarie e devo dire, istintivamente, sto lontano ogni volta che vedo cavilli e burocrazia.
Notoriamente ho però interesse nei massimi sistemi, quindi devo dire che apprezzo lo sforzo che è stato fatto per mettere a terra ed attualizzare un principio importante del nostro Statuto. Apprezzo in questo caso l'approccio pragmatico che è stato utilizzato, in particolare dal collega Aggravi, perché giustamente concordo con lui che da qualche parte bisogna partire.
Penso, sempre rimanendo sui massimi sistemi, invece, che lo sforzo riformistico sia per una classe politica degna di tale nome l'attività più elevata e in qualche modo più nobile che appunto una classe politica possa operare.
Al di là quindi dei dettagli, delle possibili incongruenze che andranno valutate caso per caso, delle critiche più specifiche, e anche al di là dei risultati, bene che un tentativo sia fatto, c'è una doppia strategia, quindi norma di attuazione e questa proposta di legge statale. Confesso che inizialmente non capivo molto il senso di questa doppia attività ma, ripeto, vista in sinergia strategica per ottenere un risultato, ha il suo senso, quindi voterò questa proposta.
Presidente - Altri vogliono intervenire in questa fase di dichiarazione di voto? Consigliera Minelli ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Ringrazio il collega Aggravi anche per una serie di spiegazioni e delucidazioni che sono state date, alcune sicuramente utili a comprendere meglio alcuni passaggi. Rilevo che non è stato detto praticamente nulla su una parte che invece io ho evidenziato, cioè sulla definizione di quelle che sono le zone che si prevedono e soprattutto le aree e le porzioni di territorio che dovrebbero essere sottoposte a zone produttive speciali e a zone franche montane.
Voglio soltanto puntualizzare alcune cose: io non ho detto che lo strumento della proposta di legge statale non vada bene, e non ho nemmeno detto che era meglio utilizzare la legge regionale; ho detto un'altra cosa, cioè che utilizzare vari canali secondo me genera anche una sorta di incertezza del percorso, questo ho detto.
Non ho nemmeno detto che, a mio avviso, bisogna e si deve cambiare l'articolo 14, però mi pare che sia stato detto da molti che quell'articolo è rimasto inapplicato e che il mondo è cambiato e forse anche su quello bisognerà intervenire, ma ho evidenziato che esiste anche quel tipo di strumento.
Non ho detto qual è il migliore, ma che questo lavorio a mio avviso può generare una situazione di incertezza.
Lei ha detto anche "C'è chi è pragmatico, chi sogna e dice alla gente che non pagherà le bollette elettriche", non penso si riferisse a noi perché noi questa cosa non l'abbiamo mai detta, ma c'è qualcun altro che forse ha questa visione, noi ne abbiamo un'altra.
Sulla programmazione di stampo cinese, guardi, io non apprezzo particolarmente la cultura cinese e alcuni aspetti di quella politica; sicuramente è vero che chiediamo sempre che ci sia una programmazione più puntuale ed efficace.
Sulla questione delle comunità energetiche e che cosa intendiamo fare noi per implementarle eccetera, credo che questa cosa noi l'abbiamo già detta più e più volte, operativamente noi abbiamo detto che sarebbe utile, l'ho detto in Aula cinque o sei volte: avere un'unica grande CER regionale perché le condizioni, a nostro avviso, lo permetterebbero.
Un'ultima cosa sulla questione della norma di attuazione, lei dice "Poi finisce la Legislatura, non si sa dove va a finire la norma di attuazione, invece la legge statale è una garanzia, la legge statale resta", allora mi chiedo se avete già delle assicurazioni che a livello romano tutto andrà avanti. Se è così, chapeau, però credo che il percorso non sarà così semplice. Io mi auguro che lo sia, però temo che non sarà così.
Sul fatto poi che il risultato potrebbe essere migliore, va beh, sempre i risultati possono essere migliori, non è che questo debba essere visto come una volontà a tutti i costi, come diceva anche poco fa il Presidente, di criticare quello che fanno gli altri, perché personalmente è vero, spesso sono critica su alcune questioni e su modalità in particolare che vengono utilizzate, però credo di aver dimostrato più di una volta che siamo anche propositivi e cerchiamo di fare in questo senso un lavoro che ci richiede un certo sforzo, ma che facciamo assolutamente volentieri perché pensiamo che quello è ciò che bisogna fare nel momento in cui si è qui.
In conclusione, il nostro voto sarà di astensione: alcune cose sono state chiarite ma sulle perplessità più importanti, non siamo state convinte anche dalle spiegazioni.
Presidente - Altri interventi? Non vedo altre richieste, se non ci sono, passiamo all'analisi del testo. Come ricordato, stiamo valutando il nuovo testo predisposto dalla prima Commissione, con il nuovo titolo.
Articolo n. 1, vi sono interventi? Se non vi sono interventi, mettiamo in votazione.
La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 35
Favorevoli: 33
Astenuti: 2 (Guichardaz Erika, Minelli)
L'articolo n. 1 è approvato.
Stesso risultato per gli articoli n. 2, n. 3, n. 4, n. 5, n. 6, n. 7, n. 8 e n. 9.
Mettiamo ora in votazione la legge nel suo complesso. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 35
Favorevoli: 33
Astenuti: 2 (Guichardaz Erika, Minelli)
La proposta di legge statale è approvata.
Ricordo che il Consiglio decide di presentare, sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica, la proposta di legge statale in questione.
Con l'approvazione di questa legge, sospendiamo brevemente per arieggiare i locali. I lavori del Consiglio sono sospesi.
La seduta è sospesa dalle ore 11:11 alle ore 11:32.