Oggetto del Consiglio n. 2938 del 22 novembre 2023 - Resoconto
OGGETTO N. 2938/XVI - Approvazione di mozione: "Impegno a promuovere, tra le proposte di modifica dello Statuto speciale, il riconoscimento e la tutela della lingua e cultura francoprovenzale".
Bertin (Presidente) - Punto n. 10 all'ordine del giorno. Ha chiesto la parola il consigliere Lucianaz, ne ha facoltà.
Lucianaz (RV) - Bondzor a tcheut [traduzione letterale da patois: buongiorno a tutti], continuiamo in italiano oggi. L'assessore Caveri nel Consiglio scorso se ne è uscito dicendo: "L'argent ne fait pas la guerre" parlando giustamente della lingua francoprovenzale. Io oggi non mi occuperò di titsch perché non ne ho le competenze e comunque il titsch vive una realtà diversa perché comunque è riconosciuto o almeno citato sulla legge statutaria. Per quanto riguarda il francoprovenzale, la nostra iniziativa richiede un impegno da parte del Governo ma farò un brevissimo preambolo, nel senso che probabilmente l'argent ne fait pas la guerre, ma ho l'impressione che les généraux sont en vacances, perché è dal 1999 che abbiamo la legge 482 applicata in tante realtà italiane, sicuramente in Sardegna, in Friuli e in Occitania (intendo quella parte delle vallate piemontesi). Qui in Valle d'Aosta si è fatto veramente poco. Ci sono tutti gli strumenti, ne abbiamo già discusso a lungo, in attesa di norma statutaria non ci sarebbe alcun impedimento a utilizzare la legge quadro italiana; non viene fatto, non è stato fatto nulla, oserei dire da parte dei vari Governi che si sono succeduti, tutti i Governi autonomisti progressisti, progressisti federalisti, un bel coacervo per combinare ben poco. Mi riferisco in particolare agli articoli della 482, che si riferiscono alla radio, alla televisione, al sostegno alla carta stampata, alle adaptations dans les écoles, la toponomastica solo marginalmente toccata.
C'è tantissimo da fare su questa legge, è un diritto che ha la popolazione valdostana, non cito i miei problemi qui in aula, ormai la vexata quaestio dell'utilizzo, tra l'altro, previsto da tutti i Comuni valdostani. Per inciso, i Comuni valdostani è dal 2001 che hanno votato le loro costituzioni, tutti quanti con una formula pressoché uguale, hanno una disposizione che disciplina a grandi linee l'uso della parlata francoprovenzale. In linea generale nei Comuni la lingua francese e quella italiana sono pienamente parificate, ma si riconosce piena dignità al francoprovenzale con le forme tradizionali di espressione esattamente com'è previsto dalla legge citata. Ci sono i casi di Brusson e Sarre, interessanti: ad esempio, lo Statuto di Nus testualmente riporta: "Il Comune incentiva una migliore conoscenza di fusione delle lingue, in particolare della lingua francese e francoprovenzale nell'ambito di un più esteso plurilinguismo. Il repertorio storico linguistico originale del territorio deve trovare il suo riconoscimento e la sua collocazione nel diritto alla libera espressione e nell'affermazione delle proprie identità ed è considerato un patrimonio culturale da valorizzare, salvaguardare e utilizzare, interventi francoprovenzali saranno eventualmente tradotti di volta in volta". Il Comune di Verrayes ha anche un interessante riferimento al proprio patois dove riporta: "Il Comune promuove la peculiarità del proprio patois rispetto alle altre varietà di francoprovenzale". Addirittura anche il Comune di Aosta se ne occupa con un impegno "nell'ambito della salvaguardia del patrimonio linguistico culturale, a valorizzare l'uso del patois nelle assemblee elettive - parlo di Aosta - garantendone la comprensione a tutti i convenuti nei modi stabiliti nel regolamento".
Il grosso buco nero è la Regione autonoma Valle d'Aosta, qui non se n'è mai occupati, se non in modo del tutto marginale, io spero con l'impegno di oggi - e non la faccio più lunga - che finalmente quest'Assemblea abbia la volontà di dare un impulso all'utilizzo, diffusione, valorizzazione e promozione della millenaria lingua. Vi ricordo che il francoprovenzale era utilizzato nelle città di Lyon e di Genève ben prima del francese, abbiamo le documentazioni che lo attestano; la Valle d'Aosta invece aveva continuato con il latino fino al XVI secolo. Questo non significa che la lingua non era diffusa, non era praticata, lo è ancora oggi, grazie a Dio, soprattutto in Valle d'Aosta, nonostante la RAVA.
Per terminare, direi che proprio quest'Assemblea recentemente ha sostenuto l'impegno del Governo spagnolo di includere catalano, basco e galiziano nel regime linguistico dell'Unione europea, lo stesso è stato fatto per la lingua corsa, recentemente la Sardegna chiede questo riconoscimento. Non vedo perché la Valle d'Aosta debba fare tutta questa resistenza, in particolare il Governo a trazione autonomista, veramente ci si chiede quali siano gli impedimenti, se non un'irrazionale voglia di difendere posizioni ormai indifendibili.
L'impegno al Governo regionale è di promuovere, tra le proposte di modifica dello Statuto speciale, anche l'introduzione del riconoscimento e della tutela della lingua francoprovenzale.
Attendo con interesse la risposta del Governo.
Presidente - Apriamo la discussione generale dopo l'illustrazione della mozione. La discussione generale è aperta. Ha chiesto la parola l'assessore Caveri, ne ha facoltà.
Caveri (AV-VdA Unie) - Intervengo subito per consentire una discussione sul testo, così come abbiamo concordato venga riformulato, in maniera che viene spedito via mail ai colleghi e si faccia una discussione non sul testo originario ma anche sul testo che hanno condiviso tutti, tranne il PCP; tutti i Capigruppo l'hanno sottoscritto e naturalmente anche l'interessato.
Intanto vorrei dire a Lucianaz che non è che il francoprovenzale sia negli Statuti dei Comuni per chissà quale invenzione, lo è perché, quando venne discussa la legge 142 sull'ordinamento degli Enti locali, legge che precedette la modifica dello Statuto di autonomia che portò invece nel 1993 all'ottenimento della competenza esclusiva sugli Enti locali, la legge 142 conteneva una norma specifica che inserì nel corso della discussione la I Commissione Affari costituzionali che consentì alla Valle d'Aosta di fare un passo in avanti. Fra questi passi in avanti anche l'originalità dello Statuto comunale, che vide anche una lunga discussione all'epoca con i Comuni grazie a una bozza che venne definita dall'allora (purtroppo scomparso nel frattempo) avvocato Robert Creton, che predispose una bozza che venne poi approvata dai Comuni; all'interno di questa bozza esisteva la possibilità, naturalmente per i Comuni che lo fecero, di poter parlare in francoprovenzale, immaginando poi che i Segretari comunali trasferissero la discussione verbalizzandola in lingua italiana. Ricordo che uno dei limiti di questa modifica fu il fatto che alcuni segretari comunali in servizio non erano in grado di capire il francoprovenzale, talvolta non per mancanza di conoscenza del francoprovenzale ma perché se tu prendevi un segretario comunale di Courmayeur e lo spedivi a fare il segretario comunale ad Arnad o, peggio, a Fénis, era per lui difficile magari seguire la discussione e poterla rendicontare.
Ci terrei in quest'occasione a spiegare le ragioni che hanno portato a questa modifica partendo da un po' distante, perché credo che sia interessante per tutti i colleghi: come mai esiste quest'articolo 6 della Costituzione, che è quello alla base della 482/1999? Cioè come mai c'è una norma che fra i principi fondamentali che dice all'articolo 6: "La Repubblica tutela, con apposite norme, le minoranze linguistiche". Questa norma venne inserita in ultimo nella discussione della Costituzione e partiva da una proposta che era stata fatta da un parlamentare del Partito d'Azione, Tristano Pippo Codignola, nato ad Assisi nel 1913; era un partigiano che era stato eletto alla Costituente, come dicevo, fra gli azionisti, e lui pose verso la fine della discussione sulla Costituzione che si discuteva, esattamente il 1° luglio 1947, una problematica e presentò un emendamento. L'emendamento diceva così: "La Repubblica garantisce il pieno e libero sviluppo nell'ambito della Costituzione delle minoranze etniche-linguistiche esistenti sul territorio dello Stato. Gli Enti autonomi regionali non possono sotto nessuna forma limitare o modificare i diritti fondamentali del cittadino sanciti dalla presente Costituzione, né emanare norme con essa in contrasto".
In realtà, Codignola non era un grande amico delle autonomie speciali che, come lei sa, vennero approvate prima della Costituzione stessa. Non era un amico nel senso che lui contestava il fatto che venissero scelte delle Regioni cui veniva data una particolarità di potere e di competenza. Tuttavia sulla questione linguistica invece era particolarmente avvertito e nel suo intervento disse all'assemblea che esisteva una necessità di riconoscere anche ad altre minoranze linguistiche quanto era già stato di fatto statuito per il Südtirol e per la Valle d'Aosta. Disse: "La situazione dell'Alto Pinerolese, di quella zona comunemente denominata delle Valli Valdesi, la posizione di queste valli sotto molti aspetti è diversa da quella della Valle d'Aosta, ma da parte degli abitanti di queste valli non si è mai chiesto uno Statuto autonomistico di tipo speciale. Si era chiesto soltanto a suo tempo il riconoscimento della condizione particolare di zona mistilingue". È interessante capire che questa nascita dell'articolo 6 nacque su sollecitazione delle Vallate Piemontesi dove si parla francese e occitano. Diceva ancora Codignola: "Vi ricordo che gli abitanti delle Valli Valdesi hanno fatto il loro dovere di cittadini italiani resistendo fino alla fine dell'oppressione. Vi ricordo - e questo è un passaggio che trovo politicamente significativo - che ancora in periodo clandestino, il 19 dicembre 1943, ebbe luogo un incontro a Chivasso fra i rappresentanti delle popolazioni alpine e precisamente fra i rappresentanti della Valle d'Aosta e delle valli valdesi. In tale incontro queste popolazioni riconobbero insieme di avere le medesime esigenze di carattere autonomistico e insieme essere furono protagoniste fra le prime della Resistenza". Gli rispose quello che fu relatore del nostro Statuto delle autonomie, cioè Emilio Lussu, anche lui del Partito Sardo d'Azione, che presenta una riformulazione dell'articolo. Alla fine alla Costituente viene votato quest'articolo 6.
Per molti anni quest'articolo è rimasto inadempiente, fino alla discussione e alla successiva approvazione della legge più volte citata 482/1999, che, come lei sa bene, cita le diverse lingue delle popolazioni albanese, catalane, germaniche, greche, slovene, croate e quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.
Ci tengo a ricordare che il 17 giugno 1998, nell'aula di Montecitorio, intervenni su questa legge, che era frutto di moltissimi incontri nella I Commissione Affari costituzionali, in cui si discusse a fondo su che cosa scrivere, fino a riuscire a ottenere il voto delle Destre, che erano palesemente contrarie a qualunque forma di tutela delle minoranze linguistiche, tant'è che all'articolo 1 c'è questa cosa un po' ridicola che si dice: "La lingua dell'Italia è l'italiano", perché i Parlamentari credo dell'allora Alleanza Nazionale, se ricordo bene, insistettero molto dicendo: "Riconosciamo le minoranze linguistiche ma sia chiaro che la lingua è l'italiano". Dissi in aula: "Sono lieto che accanto al riconoscimento che c'è già con norme costituzionali del francese e dei walser, ci sia in uno dei primi articoli di questa legge il ricordo di una lingua che i Valdostani parlano, come il Presidente sa - perché presiedeva l'assemblea Luciano Violante che, venendo a Cogne, aveva perfetta conoscenza - cioè il francoprovenzale, quello che viene definito il patois".
Che cosa mettiamo noi nella mozione, che non sto a leggere perché è sotto gli occhi di tutti i colleghi; noi ci rifacciamo ovviamente alla necessità che io considero capitale, perché parte di questa legge è già applicata in Valle d'Aosta, i famosi guichets linguistiques sono oggi già finanziati dal trasferimento di fondi sulla legge 482; però è vero quello che lei osservava, cioè che ci sono una serie di altre norme che, in qualche maniera, possono essere sfruttate. Sono difficilmente applicabili senza una norma di attuazione, perché, come lei vede dal contenuto della legge, ci si riferisce quasi sempre a territori di tipo comunale, cioè non c'è un riconoscimento di un'area più vasta. Allora è giusto leggere quanto c'è scritto all'articolo 18 che rimanda alle norme di attuazione. Ora è evidente che quanto contenuto in questa legge del 1999, questa norma che richiama alle norme d'attuazione è, come si dice tecnicamente, tautologica, cioè si dice una cosa che è banale, ma è banale soprattutto rispetto al contenuto dell'articolo 48bis che è stato approvato qualche anno prima, nel 1993, che dice che gli schemi delle norme di attuazione sono elaborati da una Commissione paritetica (che conosciamo), ma non solo per l'applicazione dello Statuto, perché al comma 1 - ed è stata una scrittura innovativa delle norme d'attuazione - si dice: "Per armonizzare la legislazione nazionale con l'ordinamento della Regione Valle d'Aosta tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuite alla Regione".
Non è banale quel "particolari condizioni d'autonomia" perché non si cita solo lo Statuto, ma si citano anche i decreti luogotenenziali precedenti che, in molte materie, pensiamo alle funzioni prefettizie o anche alle acque, avevano già posto degli elementi molto importanti. Sono queste le ragioni per le quali io credo che la mozione affronti in maniera seria, sulla base delle sollecitazioni del consigliere Lucianaz come base di partenza, e ci obblighi oggi a immaginare delle norme d'attuazione dello Statuto, norme d'attuazione che in parte già erano state sottoposte in passato alla Paritetica e che riguardano non solo il francoprovenzale, a mio avviso, ma anche altri aspetti che possono riguardare il francese che sono contenuti all'interno della legge 482/1999.
È un percorso lungo quello che si è tracciato, sicuramente ci sono stati dei ritardi, sicuramente c'è stata una totale insensibilità quando si dice che la Costituzione italiana è una Costituzione "di carta" perché molti aspetti programmatici, tra cui l'articolo 6, sono rimasti purtroppo inevasi. Credo dunque che ci siano tutti gli elementi oggi per poter serenamente votare questa mozione ritenendo che le problematiche che ne sono contenute siano comunque degli elementi importanti a tutela del particolarismo linguistico della Valle d'Aosta.
Presidente - Consigliere Aggravi, a lei la parola.
Aggravi (RV) - Volevo aggiungere anch'io alcune considerazioni come una sorta di specificazione rispetto al contenuto di questa mozione e, in particolare, al contenuto rinnovato presentato dal collega Caveri e sottoscritto da molti di noi.
Va detto che questa non è soltanto una battaglia per poter parlare il francoprovenzale in Consiglio Valle; sicuramente il collega Lucianaz, che mette molto più cuore del sottoscritto, che usa forse di più la mente del cuore, lo dice spesso, ma, in realtà, è una battaglia per difendere la nostra cultura e inserirla nella costituzione del nostro État régional, lo Statuto speciale di autonomia, e penso che anche la parte storica, ovviamente in sintesi che ha fatto per necessità di tempo il collega Caveri, spieghi anche da dove si è partiti, al di là della storia tutta nostra ma anche di quello che è successo nella costruzione della Costituzione italiana.
Quante volte la parola francoprovenzale c'è nel nostro Statuto? Questa è una domanda che faccio e che invito tutti a provare a fare la ricerca, senza accuse, senza rimorsi, ma proprio per ribadire il fatto che magari quando sentiamo il rischio che qualcosa che ci appartiene, qualcosa che per natura è nostra, rischiamo di perdere, è giusto correre ai ripari, è giusto cercare di porvi rimedio, che poi il rimedio sia una modifica statutaria - ne abbiamo anche parlato nella gestione di come poter emendare e rinnovare l'impegnativa - o che sia invece una norma di attuazione, dal mio punto di vista poco cambia, l'importante è che si trovi una via che può essere utile a inserire all'interno delle nostre carte fondamentali un principio importante, che è sicuramente la difesa e l'utilizzo di una lingua ma anche di una cultura, perché comunque sia se nel foyer parliamo patois, tanto per dircela semplice, è perché per noi è una lingua, oltre che un modo anche naturale di interloquire, perché altrimenti diremmo il falso. Non siamo soltanto bilingue, per quello che mi riguarda, mi sento trilingue.
Sul discorso delle valli walser faccio una battuta che ho fatto nella Commissione quando si è parlato della legge sui segretari, adesso il collega Caveri parlava di un ipotetico segretario di Courmayeur che finiva ad Arnad. Nella proposta di legge dei segretari si parlava dell'inglese, però oggettivamente l'articolo 40bis dello Statuto qualcosa dice sulle valli del Lys, quindi immagino un ipotetico segretario di Courmayeur che finisce nelle valli del Lys e non parla il tedesco; forse addirittura più che l'inglese, lì abbiamo un altro tipo di problema, però il 40bis c'è e c'è una salvaguardia e una valorizzazione di quelle valli, il francoprovenzale oggi non lo troviamo.
Abbiamo sempre convintamente difeso ogni iniziativa, è stata citata dal collega Lucianaz l'ultima sulle lingue delle comunità iberiche, perché non lo facciamo su una parte della nostra cultura o facciamo finta, almeno qualcuno, di dimenticarselo? Dico questo anche a chi magari non si sente toccato da quest'argomento e io comunque lo rispetto perché l'identità, la natura e la coscienza individuale di ognuno vanno rispettate, forse vanno difese dalla standardizzazione di certe religioni laiche, ma questo è un altro discorso; io mi chiedo se costui però rispetterà me come io rispetto lui, anche questo è parte della nostra comunità e del nostro modo di vivere.
Io mi auguro e spero, ma è un auspicio non politico, è un auspicio personale, di valdostano, che questa formulazione possa trovare 35 voti in modo tale da poter domani lavorare su una via che sicuramente era già in parte stata tracciata, e ci sono probabilmente ancora dei testi che si sono persi nei cambi di legislature, perché poi sappiamo che almeno ogni 5 anni o quando è si ricomincia da capo, però questa è la democrazia, quindi sicuramente poter riuscire a fare un buon lavoro e almeno identificare un rimedio nell'attesa che si possa magari un domani trovare una via di riforma non soltanto sull'ambito linguistico, ma anche più puntuale, del nostro Statuto speciale di autonomia.
Presidente - Consigliere Lavy, a lei la parola.
Lavy (LEGA VDA) - On est à nouveau ici pour une motion qui a comme thème central celui des langues et, en particulier, le franco-provençal, une des langues des Valdôtains. Il s'agit d'une motion que, bien évidemment, on partage, parce qu'elle a des principes qui sont tout à fait très importants, mais j'ai peur que cette motion n'aura pas des effets réels et concrets. Je m'explique: dans le Statut, au-delà du français qui est quand même une langue officielle et qui est et doit rester un pilier de l'autonomie valdôtaine, on a inséré avec l'article 40 bis les deux langues walser, le titsch et töitschu. Avec cette insertion dans le Statut on pourrait penser que finalement ces deux langues aient une dignité et donc que dans les communes de Greschòney et Eischem on ait toute une série de locuteurs importants en tant de nombre de ces deux langues... et bien évidemment ce n'est pas ainsi. Sur la base de ce que je connais, dans les deux communes de Gressoney-La-Trinité et de Gressoney-Saint-Jean il n'y a plus que 2 familles qui parlent le titsch couramment, 2 familles sur 1100 personnes, donc c'est une catastrophe.
On n'a pas encore compris que, pour ce qui concerne les langues, l'aspect le plus important ne consiste pas à avoir une reconnaissance des langues dans les actes officiels. Oui, c'est important, mais l'aspect le plus concret doit être le rôle des langues dans les communautés, parce qu'on peut avoir la loi la plus belle au monde, mais si elle n'est pas comprise et appliquée, alors elle ne sert à rien. Là il faut effectuer un travail sur les communautés, parce que, du point de vue du franco-provençal, mais aussi du point de vue du titsch et du töitschu, on a des langues qui sont uniques au monde et les Valdôtains ne les savent pas. Voilà le problème le plus important : il faut travailler sur l'attitude des Valdôtains, des communautés, des familles, des écoles par rapport aux langues. Il faut commencer, tout d'abord, en identifiant le problème parce qu'on ne sait pas combien de personnes parlent ces langues et quelle est l'attitude des Valdôtains envers ces langues. Je l'ai déjà répété des dizaines de fois dans cette salle : le premier pas serait d'avoir un recensement linguistique. J'avais déjà porté une motion qui a été rejetée. Dans toutes les régions et les endroits où on a une minorité linguistique le recensement linguistique est le premier pas pour comprendre l'état des langues. Dans la commune de Saint-Nicolas, qui est aussi ma commune, au mois d'octobre, le Centre d'études du franco-provençal a promu un sondage linguistique. Il ne s'agit pas d'un recensement linguistique mais quand même la base est égale. Je me suis alors demandé : sont-ils des abrutis, sont-ils des personnages dangereux qui veulent mettre en discussion l'autonomie en démontrant que le français n'est pas aimé ou que les autres langues ne sont pas parlées ? Bien évidemment, non. Elles sont des réalistes qui veulent comprendre quelle est la réalité linguistique dans la commune de Saint-Nicolas. Voilà c'est le premier pas qu'on doit faire. Si on veut bâtir une politique linguistique sérieuse, il est nécessaire de comprendre quel est le nombre de locuteurs et quelle est l'attitude des Valdôtains envers ces langues, parce qu'on a tout un travail énorme à faire sur les médias, sur les administrations publiques, dans les écoles et sur les familles.
Le titsch et le töitschu, comme je l'ai déjà dit, sont des langues qui sont presque mortes. Elles n'ont pas de futur parce qu'on a même des cours pour les enseigner mais c'est presque comme enseigner une langue étrangère. Je peux faire un cours d'anglais mais si je ne le pratique pas pendant six ans, je le perds. Cette motion est donc importante du point de vue formel, mais il est nécessaire d'effectuer un travail de sensibilisation qui doit partir des écoles et pour les familles. Toute une série d'aspects qui ne peuvent pas être pris en considération sans avoir une photographie réelle de ce qu'est l'état des langues aujourd'hui. On a un rapport qui est tout à fait particulier entre la langue dominante et les langues qui sont au-dessous de cette langue dominante. Dans la Vallée d'Aoste actuelle la langue dominante est l'italien, mais surtout dans certaines communautés il serait important de renverser le rôle des langues dominantes si on veut sauver le franco-provençal, le titsch et le töitschu.
Le groupe de la Lega dans les années passées a porté nombreuses initiatives par rapport au thème des langues, des initiatives concrètes qui auraient eu des effets réels dans les communautés et sûrement on en portera d'autres ici dans les deux années que nous avons devant. On votera cette motion parce qu'on ne peut pas faire autrement, c'est une motion correcte et juste, mais en sachant ce n'est pas une motion qui changera quelque chose dans les communautés valdôtaines soit franco-provençales soit walser. Comme j'ai déjà dit, l'aspect le plus important est de faire toute une série d'activités de sensibilisation dans les écoles, dans les familles, dans les médias et dans l'administration publique. Il s'agit d'une série d'actions qu'ici on ne veut pas prendre.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Cretier, ne ha facoltà.
Cretier (FP-PD) - Un breve intervento sulla mozione. Sono patoisan dalla nascita ma avendo lavorato in varie zone della Valle e, avendo frequentato una scuola specifica, l'Institut agricole per intenderci, ho una ben chiara specificità linguistica originaria ma, essendomi confrontato con gli altri patois, nel tempo ho perso alcuni vocaboli ma ne ho acquisiti di nuovi, simpatici e curiosi. Lo pratico spesso il patois, anzi, è un piacere parlarlo e mi sono anche adeguato a chi mi sta di fronte per una maggiore comprensione e rispetto. Per strada, negli uffici e nelle tante manifestazioni è simpatico sentire i commenti in patois, per me in Bassa Valle sentire anche il piemontese tradizionalmente parlato essendo una Regione a confine con un'altra e con tanti scambi sociali, agricoli e culturali, evidenziati anche e spesso nel canto tradizionale o nel teatro, come anche per quello che riguarda il patois.
Sosteniamo il patois ma nelle opportune sedi per capire se a livello istituzionale la cosa sia possibile ma, attraverso un'attenta analisi, diventa necessario strutturare un percorso, come citato nella mozione, perché, per valorizzare il francoprovenzale, occorrono norme specifiche, o il mantenerlo nella parlata, nelle famiglie e nelle scuole, le misure sono altre e delle azioni mi sembra che siano già in essere, per esempio, nella scuola, nei corsi organizzati dalle biblioteche comunali e sosteniamo le stesse presenti sul territorio.
Credo non esista un patois dominante sugli altri e codificarli in un unico diventa complesso; ci aveva già provato Cerlogne, il grande poeta linguista, che riuscì nell'intento di sistematizzare le varie parlate locali riportando per ogni termine la grammatica in forma scritta, ma anche per lui ogni vocabolo ha riportato nel suo primo dizionario patois francese le tante forme dialettali. Un riconoscimento ufficiale quindi alle tante diversità linguistiche presenti nel territorio valdostano, proprio per confermare che era difficile e poco rispettoso per la diversità linguistica unificare tutto sotto lo stesso vocabolo. Ci sono nel nostro territorio tante parlate, diverse come è già stato ricordato, da comune a comune, anche da frazione a frazione, nello stesso comune che evidenzia di qua e di là di uno spartiacque di un qualsiasi colle interno. Personalmente penso che la criticità del tema sia proprio nell'unificare la parlata che costituirà un problema complesso per i traduttori dei testi consiliari.
Per tornare alla mozione, è bene definire i percorsi per un primo passo di analisi delle possibili strade da percorrere e un sostegno, ma con un'attenzione specifica alla salvaguardia del grande patrimonio linguistico valdostano.
Proseguire nel percorso di valorizzazione del patois, farlo amare sarà meglio di imporlo, non è sufficiente ascoltare e capirlo, con un impegno modificato si traccia il percorso da mettere in atto.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Lucianaz, ne ha facoltà.
Lucianaz (RV) - Je vais être rapide. Je veux confirmer tout ce qu'a dit mon Chef de groupe.
Deux rassurances à Monsieur Cretier dans le sens qu'il y a déjà une standardisation: on ne veut pas parler de linguistique. Il y a une standardisation dans les patois qui techniquement s'appelle koinè et il y a donc une tendance à uniformiser les différences dialectales. C'est un processus qui avance tout normal et ce n'est pas question d'imposer ou de faire quelque chose d'artificiel. C'est quelque chose qui arrive et Cerlogne l'avait déjà compris il y a 150 ans en écrivant le dictionnaire du patois valdôtain, vu qu'il n'a pas fait le dictionnaire du patois de Saint-Nicolas ou du village de Cerlogne. Donc il avait déjà tout compris, mais le pauvre est mort. Cela pour vous dire qu'il n'y a pas de difficultés s'il y a la volonté d'utiliser un langage. Après il y a les synonymes qui sont autre chose, c'est la richesse d'une langue. Ce n'est pas question d'avoir djerna ou dzeleunna [traduzione letterale dal patois: gallina in entrambi i casi] qui pose un problème, il y a plusieurs mots qui rendent la langue encore plus riche.
Je termine en partageant bien sur les préoccupations du collègue Lavy. Moi aussi je crains qu'il soit temps, considéré tout ce qui s'est passé ces derniers ans sur les questions de la reconnaissance pour l'utilisation dans cette Assemblée. On est encore là à chercher la bonne raison normative pour appliquer cela. C'est vrai, ce n'est pas grand-chose, moi non plus je ne crois pas qu'à partir de demain les choses changeront, mais c'est vrai qu'il y a de toute façon une volonté et une attention toute particulière sur cela et on restera très attentifs à ce que fera l'Assessorat de l'éducation publique et j'attends l'assesseur Guichardaz sur ces questions-là. Je vais sûrement souvent le motiver dans le futur pour que notre langue soit à nouveau utilisée dans les écoles valdôtaines et même chose pour les autres réseaux, à savoir l'audio-visuel, la presse, et cetera. Il y a plein de choses à faire, donc au boulot!
Presidente - Altri? Chiudiamo la discussione generale. Per il Governo? Ha chiesto la parola il presidente Testolin, ne ha facoltà.
Testolin (UV) - Avant tout deux mots pour remercier les proposants d'avoir bien voulu partager un parcours politique avec les autres forces politiques présentes au Conseil de la Vallée et merci à Caveri qui a voulu reparcourir ce qui est arrivé dans le parcours administratif partagé même avec l'État avec une illustration de ce qui s'est passé à l'intérieur du Parlement italien et qui nous a donné tout de même une possibilité de valoriser notre langue du cœur. C'est un parcours qui a besoin d'être vitalisé et on l'a bien dit aujourd'hui. C'est un parcours qui doit être analysé pour aboutir à la possibilité de permettre au patois de s'épanouir d'une façon concrète et réelle. On doit avoir de l'enthousiasme : à mon avis, c'est important d'approuver cette motion qui est un passage et une démonstration d'attention envers ce qui est un patrimoine commun à l'intérieur de cette salle et alors je partage le fait de se mettre au boulot pour arriver à donner un message important à nos jeunes et à développer le plus possible notre langue dans différents situations culturelles, linguistiques, de l'école et de la vie de tous les jours. Tout cela pour arriver à une situation meilleure par rapport à celle d'aujourd'hui, mais qui est encore une situation très intéressante surtout dans nos villages qui ont su encore garder cette langue ancestrale qui nous caractérise qui nous fait sûrement du bien quand nous la parlons, notamment entre différentes générations.
Presidente - Altri? La parola alla consigliera Erika Guichardaz.
Guichardaz E. (PCP) - Dichiarando il voto favorevole anche del nostro gruppo, rilevo solo due motivazioni, sia del perché non l'abbiamo firmata, quindi non avevamo votato quella mozione riferita all'utilizzo del patois all'interno del Consiglio regionale, quindi per correttezza non abbiamo firmato questa mozione, dall'altra parte però quest'impegnativa è molto più ampia rispetto a quanto era previsto in quella mozione, quindi si parla di lavorare per l'uso e la valorizzazione del francoprovenzale che, naturalmente, ci vede assolutamente concordi.
Alla luce del dibattito di oggi, immagino che - e io non ho ancora analizzato con la dovuta attenzione il bilancio - proprio per l'uso e la valorizzazione del francoprovenzale, sull'AVAS, sul BREL, sul Centre d'études Réné Willien e via dicendo, ci saranno maggiori risorse rispetto agli anni passati, quindi passeremo anche da lì alla valorizzazione della nostra lingua delle radici.
Non possiamo che vederci favorevoli a quest'impegnativa.
Presidente - Metto in votazione la mozione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti, votanti e favorevoli: 35
La mozione è approvata all'unanimità