Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2187 del 23 marzo 2023 - Resoconto

OGGETTO N. 2187/XVI - Reiezione di mozione: "Analisi della situazione linguistica valdostana comprendente un censimento linguistico a campione in tutti i comuni della Valle d'Aosta".

Bertin (Presidente) - Alla presenza di 33 consiglieri, possiamo continuare nell'analisi dell'ordine del giorno. Punto n. 12. Per l'illustrazione della mozione, si è prenotato il collega Lavy a cui passo la parola.

Lavy (LEGA VDA) - On entend très souvent dans cette salle parler de la langue, du bilinguisme, de plurilinguisme et je crois que c'est la salle correcte dans laquelle en parler. Mais on est aussi dans les Journées de la francophonie et l'autre jour le président Bertin a dit une très belle phrase : "l'avenir du français est dans la main des jeunes". Je partage du tout et je crois qu'ici tous peuvent partager ce genre de message, mais est-ce qu'on s'est demandé quelle est l'attitude de nos jeunes envers le français et envers les langues valdôtaines en général ? Bien évidemment non, parce qu'on n'a pas de données, on n'a pas de numéros, on n'a pas de recherches qui démontrent l'attitude de nos jeunes et en général des valdôtains vers les langues.

Mais on peut noter certains aspects : les associations ou quand même les événements dans lequel le français est le protagoniste voient un manque toujours plus grand de participation. Enfin, le Conseil des Jeunes Valdôtains : je sais que toujours on a plus de difficulté à trouver des jeunes qui fassent ce jeu de rôle ici en français. Le Concours Trèves a un manque de participants. Alors, on doit se questionner sur l'efficacité ou non de l'enseignement, de la transmission de la langue française ici en Vallée d'Aoste.

La Vallée d'Aoste, du point de vue linguistique, est une petite Suisse parce que on a une langue dominante, l'italien, on a une langue officielle, comme je l'ai déjà dit, le français qui est toujours plus vue en tant qu'une langue étrangère, qui n'est pas aimée par les jeunes. Après on a trois langues minoritaires, le francoprovençal, le titsch et le töitschu, qui maintenant sont en train de passer un moment de grande difficulté, pour le simple fait que les jeunes ne les parlent plus, on n'a plus la transmission envers les jeunes. L'autre jour, par hasard, je regardais une émission télévisée dans laquelle on avait un habitant de Gressoney qui disait qu'à Gressoney il n'y avait seulement plus que deux familles qui parlaient encore le titsch . On sait avec ces numéros que pour le parcours du titsch - pour le töitschu et pour le francoprovençal on est encore une génération en arrière, parce que simplement la base de locuteurs est un peu plus grande par rapport à celle de la vallée du Lys - c'est la mort. C'est la mort des langues, si on continue de cette façon, et peut-être pour le titsch et le töitschu on est déjà trop, trop, trop en retard pour faire quelque chose pour les sauver. Alors, voilà que c'est là le moment de faire un raisonnement complexe sur l'efficacité ou non des politiques valdôtaines qui, dans l'histoire, ont été portés en avant.

Se guardiamo un pochino la storia della Valle d'Aosta, vediamo l'importanza delle lingue: dal Conseil des Commis che adottò il francese come lingua ufficiale, primo Stato al mondo, quando allora la Valle d'Aosta era Stato. L'evoluzione poi che arrivò, bene o male, fino all'unità Italia quando arrivò in maniera dirompente l'italiano, con i funzionari dello Stato che arrivarono, con l'internalizzazione del collège che doveva formare la classe dirigente valdostana, delle scuole e poi successivamente del Tribunale. Però è interessante vedere come nel dibattito di allora non c'era questa percezione di pericolo da parte della lingua italiana ma, anzi, si vedeva molto di più una difficoltà o un pericolo nel piemontese, che arrivava portato essenzialmente dall'arrivo della ferrovia, dai mercanti che arrivavano dal Piemonte e sfruttavano il vantaggio competitivo di avere merce a più basso costo rispetto a quella valdostana e si installarono soprattutto a Pont-Saint-Martin e Verrès. Se si guardano un pochino gli scritti dell'Abbé Cerlogne e dell'Abbé Frutaz, si vede proprio che c'è una paura del piemontese, mentre per l'italiano, quella paura a fine ottocento non c'era.

La paura crebbe maggiormente quando poi certi giornali iniziarono a essere pubblicati in italiano; la nascita della Ligue valdôtaine che sperò addirittura che il fascismo in qualche maniera potesse garantire l'uso del francese in Valle d'Aosta, sbagliando tutto; le attività della Jeune Vallée d'Aoste. E poi tutte attività che pian pianino andarono a perdersi con il fascismo, che cercò di italianizzare qualsiasi cosa, dalle epigrafi delle tombe ai nomi dei Comuni, avrebbero dovuto essere italianizzati anche i nomi dei villaggi, i cognomi, cosa che per fortuna non avvenne.

Dopo il fascismo però dovette essere fatta una riflessione generale per dove ripartire dal punto di vista linguistico, perché il fascismo aveva messo tutto da parte: la questione del francese, esisteva ancora il francoprovenzale, i Walser non erano mai stati considerati. Nei lavori per lo Statuto si era deciso di rendere almeno ufficiale la lingua francese, parificandola anche nell'insegnamento nelle scuole alla lingua italiana, con il problema che però le ore di insegnamento di italiano e francese erano le stesse, ma tutte le altre materie venivano fatte in lingua italiana, quindi lì si può capire benissimo il paradosso e quanto la parificazione delle due lingue fosse del tutto fittizia.

Si arrivò poi comunque agli anni sessanta e settanta, che furono anni importanti anche per la ricerca dal punto di vista linguistico. Tanti autori, esperti e studiosi, si concentrarono sull'aspetto linguistico, ma da lì cominciò un po' un fenomeno che fu quello, a livello proprio di popolazione, per cui non si credeva più nelle lingue minoritarie e per evitare che magari i bambini avessero delle difficoltà nell'imparare l'italiano a scuola, si decise in diverse famiglie di parlare ai bambini in italiano, mentre fra di loro continuavano a parlare nella lingua minoritaria. Questo portò a una perdita sostanziale dell'uso delle lingue minoritarie. Si arriva poi ai giorni nostri in cui purtroppo certi aspetti linguistici sono diventati dei totem e andarli a toccare è molto complesso.

Però io credo che noi tutti qua abbiamo a cuore il futuro della Valle d'Aosta sotto tanti punti di vista, tra cui anche quello linguistico-culturale, perché ricordiamoci che una garanzia essenziale dello Statuto speciale è appunto la lingua. Se nel tempo la perdiamo, probabilmente addirittura lo Statuto speciale un giorno o l'altro potrebbe essere messo in discussione. Ecco perché senza nessun tipo di dogma, senza nessun tipo di presa di posizione antecedente, bisogna forse trovare un punto zero, dire: qual è la situazione attuale dal punto di vista linguistico oggi in Valle d'Aosta?

In qualsiasi Regione o Stato in cui c'è una minoranza linguistica, si va avanti all'incirca ogni dieci anni di censimento linguistico in censimento linguistico, perché è la base capire chi parla quale lingua e qual è l'attitudine degli abitanti verso le lingue. Solo in quella maniera si può capire se le politiche linguistiche fatte o meno sono state efficaci o no. In Valle d'Aosta invece è dal 1921 che non viene fatto più nessun sondaggio linguistico: il fascismo li abolì e dopo, con la repubblica, non vennero mai più istituiti.

Ma se si vuole capire qual è la situazione attuale, bisogna avere un minimo di dimestichezza dei dati e chiedersi: dov'è si può intervenire di più? Qual è l'attitudine dei giovani verso il francese e l'attitudine di quelli magari meno giovani? E avanti così. È l'unica maniera per capire cosa si vuole fare in futuro per sviluppare certi altri tipi di politiche linguistiche, che magari possono essere stati molto efficaci o magari no, ma ovviamente questi risultati escono fuori solamente se si hanno dei dati sottomano.

Ovunque si legga nella letteratura, dal punto di vista delle lingue e quant'altro - il Centro Studi Internazionale Escarré, Sergio Maria Gilardino, Martine Charlot, Heinz Kloss, George Fishman - gli studiosi indicano come sia necessario, ovunque ci sia una minoranza linguistica, avere cognizione dell'esistenza di essa, che può avvenire solamente tramite una ricerca linguistica, tramite un censimento linguistico, per cui si possa capire effettivamente qual è il numero di locutori delle varie lingue e qual è l'attitudine degli abitanti di un certo posto verso le lingue. È lì che si può capire se il francese, per esempio, è amato o no, è più parlato dai giovani, è più parlato dagli anziani e quant'altro. Stessa cosa per le lingue minoritarie, perché altrimenti se non si hanno dati su cui ragionare, come si può pensare di fare un certo tipo di politica linguistica? Ecco perché sarebbe fondamentale avere dei dati con cui interfacciarsi.

Qualcuno potrebbe dire: "Eh, ma fare un censimento linguistico può essere forse divisivo, perché si vede chi parla quale lingua, chi parla quell'altra lingua". Invece no, credo che non ci sia proprio niente di divisivo, perché far venire fuori che in Valle d'Aosta esiste un plurilinguismo, che i valdostani hanno dimestichezza con diversi tipi di lingue, non credo sia qualcosa di negativo ma, anzi, un atout da sfruttare. Quindi, se si ha la volontà di approfondire il tema, l'unico strumento con cui farlo è appunto fare un censimento linguistico, come fanno in tutte le altre terre in cui esiste una minoranza linguistica; è l'unica maniera per capire qual è il numero dei locutori e qual è l'attitudine verso le lingue.

È ovvio che stiamo parlando di un punto zero, e come per tutti i punti zero è difficoltoso capire quali potrebbero essere le ripercussioni. Però, io mi chiedo: se le cose in passato sono state fatte bene dal punto di vista linguistico, che paura dovremmo avere nel vedere i dati, nel chiedere i dati, nell'interessarsi? Se invece le cose non sono state fatte bene, lo si vedrà una volta che si avranno i dati di queste ricerche. Ma non ci deve essere paura, perché se c'è la paura, allora non potremo mai evidenziare certi problemi e continueremo magari sempre con un certo tipo di atteggiamento, un certo tipo di politiche, che poi magari nella realtà risultano totalmente fallimentari.

Ecco che allora serve un minimo di coraggio, un minimo di visione per capire dove si vuole andare, perché se il plurilinguismo di cui tanto si parla qua è effettivamente un valore aggiunto per i valdostani e non solo, valorizziamolo in qualche maniera, diamone contezza! Non possiamo parlare qui un pochino a vanvera dicendo: "Ma sì, si parla francoprovenzale, si parla francese, il titsch e il töitschu"; ma se non si ha contezza di quanti le parlano, cosa si fa? Si parla del nulla e magari fra dieci anni si sarà ancora qui a dire "Che bello il plurilinguismo", quando magari certe lingue saranno morte.

Prendiamo coscienza della situazione attuale, poi ragioniamo su eventuali altri tipi di politiche linguistiche. Bisogna imparare da tanti altri territori in cui le politiche linguistiche vengono fatte in maniera molto diversa rispetto a qua. Non dico che per forza debbano essere adattate al territorio valdostano, ma capiamoci. Se dai dati che potrebbero venir fuori, si evidenziassero delle difficoltà dal punto di vista linguistico dei Valdostani, delle perdite nel francoprovenzale e quant'altro, un ragionamento dovrà essere fatto, però la condizione necessaria per fare questo ragionamento è avere dei dati su cui ragionare. Questo è il senso della mozione.

Presidente - La mozione è stata illustrata. Si apre la discussione generale. Si è prenotato l'assessore Jean-Pierre Guichardaz a cui passo la parola.

Guichardaz J. (FP-PD) - Grazie collega Lavy per aver portato in aula un tema sul quale credo tutti noi, a prescindere dal colore politico e dall'essere opposizione o maggioranza, abbiamo una particolare sensibilità. È un tema che sentiamo profondamente insito nella nostra storia di popolo e di comunità, quello della preservazione e valorizzazione delle nostre lingue.

Credo sia specioso fare distinzioni troppo nette tra lingue minoritarie, prevalenti, seconde, straniere: preferisco parlare del nostro bel plurilinguismo come di un patrimonio unico e soprattutto peculiare. La situazione valdostana sappiamo essere diversa da quella del Sud Tirolo e di altri territori, citati nella premessa della mozione come esempi da perseguire. Come noto, qui in Valle d'Aosta i dialetti, così come la lingua francese, non sono mezzi di rivendicazioni irredentistiche e indipendentistiche, tranne limitatissime eccezioni. Alex Langer, che era un europarlamentare altoatesino che negli anni Ottanta e novanta sosteneva una battaglia convinta contro le cosiddette gabbie etniche, cioè la netta separazione portata avanti fin dai censimenti decennali tra le comunità tedesche, italiane e ladine, nel 1994 spiegava che il 33 percento dei sudtirolesi di lingua tedesca aspirava a una completa indipendenza, mentre il 21 percento voleva addirittura l'annessione, anzi, il ritorno all'Austria. In sintesi, all'epoca, ma non credo oggi si sia molto lontani da quella situazione, il 55 percento avrebbe rotto volentieri i rapporti istituzionali con l'Italia. In Valle il dato degli indipendentisti, come sappiamo, è assolutamente marginale e credo che lo dimostri il collega Lavy con la sua collocazione politica in un partito dal carattere ormai fortemente nazionale e nazionalistico.

Da noi in Valle d'Aosta, anche a causa di una struttura sociale e sociologica diversa da quella altoatesina, basca o catalana, per non rimanere confinati nel nostro Paese, visto che sono state citate diverse realtà nella premessa della sua mozione, le lingue non hanno una connotazione così marcata dal punto di vista ideologico. In Valle le lingue hanno sicuramente una valenza identitaria e culturale, ma non sono strumenti, questo lo voglio dire chiaro e lei comunque lo sa perfettamente, impiegati per separare la comunità in quote, quindi la quota italofona, francofona e patoisante, per l'accesso al sistema dell'istruzione e alle professioni pubbliche, come succede, per esempio, in Alto Adige. L'esame di francese che si propone in Valle d'Aosta serve per di verificare la conoscenza della lingua paritaria, non per accertare un'appartenenza a un'etnia o a un'altra. In Valle credo, per la particolare composizione sociale della nostra comunità che è stata fortemente condizionata da fenomeni migratori in entrata e in uscita, la questione linguistica è oggettivamente, direi fortunatamente, meno divisiva e politicizzata che altrove.

Il francese parlato e scritto è insegnato nelle scuole sin dall'infanzia, oltre che per aumentare competenze linguistiche dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, anche per salvaguardare un'identità storica e culturale unica e peculiare. Fino a un secolo fa, per oltre l'85 percento, mi pare che lei l'abbia citato nelle premesse, nei valdostani il francese era la lingua ufficiale, naturalmente i dialetti poi venivano correntemente parlati in famiglia e nei nostri comuni e villaggi.

Lei ha ben rappresentato nella sua mozione l'azione, neanche tanto strisciante, del regime fascista che volle minare quella che per noi era all'epoca la normalità, italianizzando con inaudita violenza un popolo e una cultura, cercando di cancellare un patrimonio prezioso e unico, allo scopo di omologare le differenze a beneficio di una propaganda di regime, che vedeva nemica ogni cultura diversa da quella ufficiale; peraltro questa è la storia di ogni regime e non solo del regime fascista.

Oggi il francese è insegnato non tanto come una lingua minoritaria da tutelare a scopi ideologici, ma come un patrimonio culturale, direi anche ancestrale, incancellabile, straordinario, da salvaguardare e da tutelare, perché è parte della nostra storia, della storia di un popolo e di un territorio, ma è anche insegnato e approcciato dal nostro sistema scolastico come uno strumento per agevolare e mantenere le relazioni. Intanto con i nostri cugini d'oltralpe, come si usa dire, e più diffusamente per aprirci verso le realtà francofone sparse in Europa e nel mondo, oltre naturalmente per arricchire le competenze linguistiche dei nostri ragazzi che sappiamo essere propensi all'apprendimento delle lingue, oggi forse più che non diverse decine di anni fa.

I dialetti in Valle sono realtà linguistiche inserite in un contesto per lo più italofono, il dibattito consiliare ne è buona testimonianza, credo, a differenza dell'Alto Adige, che è in una situazione di diglossia. Pensate che il 70 percento degli abitanti della Provincia di Bolzano è madrelingua tedesca, ma parla il dialetto sudtirolese anche in contesti ufficiali, mentre il tedesco è utilizzato nella comunicazione scritta e nelle occasioni ufficiali. Qui da noi in Valle d'Aosta si insegna il francese ufficiale, si insegna la lingua di Molière, non si insegna un francese che si mescola poi a un dialetto francofono differente e diverso parlato dalla comunità.

Qui da noi, proprio per questa situazione di prevalenza oggettiva dell'italiano nella comunicazione parlata e scritta, e proprio attraverso un lavoro attento e non ideologico delle nostre strutture, il BREL e il Guichet linguistique, ma anche delle cosiddette sociétés savantes, della scuola nel suo insieme, compresa l'Università che è molto engagé in questa battaglia per la conservazione e la preservazione della nostra lingua paritaria, questa nostra ricchezza culturale storica identitaria viene preservata e messa in sicurezza, affinché non si disperda un patrimonio unico e peculiare nel suo genere.

Non crediamo pertanto che siano al momento utili censimenti linguistici etnici sulla falsariga di quelli effettuati in altri territori, con storie e con posizioni sociali diverse dalle nostre, ma le assicuro che vi è la ferma volontà del Governo di continuare ad approfondire e ad investire con gli strumenti che attualmente abbiamo a disposizione e con l'elaborazione di sistemi adeguati e statisticamente significativi la questione della diffusione, della preservazione, dell'insegnamento e dell'uso corrente anche, che come sappiamo, nel caso del francese è meno diffuso nelle realtà che voi avete citato, una per tutte l'Alto Adige, proprio delle lingue minoritarie e del francese in quanto lingua paritaria usata anche negli atti pubblici, nello scritto e nei percorsi scolastici, e come si diceva ieri in occasione del dibattito che abbiamo avuto con il collega Lucianaz, anche nel dibattito pubblico. Ciò non esclude che in una fase successiva a questo lavoro di studio e di sensibilizzazione sul milieu linguistico, che passa attraverso politiche pubbliche a vari livelli, da quelle regionali a quelle territoriali, in futuro si possano immaginare strumenti di valutazione e di analisi della situazione linguistica valdostana non necessariamente in forma di censimento.

Personalmente ho dei dubbi sullo strumento, che non a caso in Valle d'Aosta non viene più utilizzato dal 1921, quindi non è che siamo noi che abbiamo su questo strumento dei dubbi anche in merito all'efficacia. Mi riprometto comunque di coinvolgere in questo percorso, in un'ottica di massima condivisione, convinto anche come sono che questo tema non debba essere ad appannaggio di opposizioni o maggioranze per scopi politici o di schieramento, quindi le chiederemmo, come le ho già anticipato personalmente, di ritirare questa mozione, diversamente ci asterremo.

Presidente - Altri vogliono intervenire? Se non vi sono altri interventi, chiudiamo la discussione generale. Consigliere Lavy ne ha facoltà.

Lavy (LEGA VDA) - Certi concetti da lei citati, Assessore, li condivido appieno. Sono, appunto, dei concetti e purtroppo per decenni in Valle d'Aosta si è ragionato su dei concetti, senza però vedere la loro ripercussione sulla realtà. È questo un pochino il problema, per cui tutti sono a favore del plurilinguismo e della tutela delle lingue, ma effettivamente lo stiamo facendo, sì o no? Personalmente ho dei dubbi, ma avere una ricerca di questo tipo serviva a eliminare questi dubbi, perché poi magari mi sbaglio io e la politica linguistica portata avanti in Valle d'Aosta è stata efficacissima; magari mi sbaglio io, ho dei dubbi, però è così purtroppo.

Giustamente lei dice che questi temi non devono essere politicizzati, appartengono a tutti. Arriviamo da decenni in cui invece questi temi sono stati politicizzati da un partito, forse anche giustamente da un certo lato, perché l'Union Valdôtaine è nata per rappresentare tutta una fascia di popolazione valdostana de inque [patois, di qua, ndc] valdôtains de souche, che vedeva comunque nel francese un flambeau molto importante da portare avanti.

Adesso dispiace, da un lato, che mi abbia risposto lei e non il Presidente della Regione, perché su un tema del genere mi sarei aspettato che avesse preso parola il presidente Testolin. Poco importa, questo è un tema che riguarda essenzialmente la cultura, quindi non mi stupisce, però mi stupisce un pochino il silenzio da parte dell'Union Valdôtaine che comunque su questi temi ha sempre fatto una giusta battaglia. Ma c'è un minimo la volontà di mettersi in discussione? Sì o no? O si continua a ragionare ideologicamente? Perché io e lei, assessore Guichardaz, ragioniamo su quest'aspetto alla stessa maniera, le lingue sono qualcosa che vanno al di là della politica; non per tutti è così, credo, forse. È questo che un pochino dispiace, perché non si arriva mai a quel grado di maturità in cui si dica: proviamo a fare qualcosa che tutti gli altri fanno e che noi non facciamo.

Non c'è nessuna volontà di replicare il modello del Sudtirolo, lì c'è una divisione etnica. Questo non è un censimento etnico, questo è un censimento linguistico, e sappiamo tutti quante lingue parlano i valdostani, ed è quello l'aspetto più interessante da vedere, però se non si ha cognizione di quali lingue si parlano, si rischia appunto di perdere addirittura le nostre lingue. È quella la cosa più grave e che dovrebbe minimo farci sobbalzare sulla sedia dicendo: "Cavolo però! Se non portiamo avanti qualcosa di un minimo diverso forse c'è la morte di queste lingue". E la questione che c'è a Gressoney e Issime è esemplificativa: da qui a una generazione quelle lingue saranno morte! E non basta fare i corsi di formazione, perché se una lingua non viene parlata, anch'io posso farmi il corso di spagnolo, ma se non lo parlo mai che senso ha?

Ecco che allora mi dispiace sinceramente questo genere di atteggiamento. Credo che forse sia in parte dovuto, non dico da parte sua Assessore ma da parte generale, a un pochino di miopia, di mancanza di coraggio e di mettersi in discussione e di dire: ragioniamoci. Se si frequentano un minimo certi tipi di comunità in cui le lingue minoritarie sono ancora forti, o meglio, meno forti rispetto che in passato, si vede proprio che in prospettiva si avranno delle grandissime difficoltà, perché oggi i giovani, a parte in alcune realtà, le lingue minoritarie non le parlano più. Poi c'è il dramma per cui spesso i bambini che cominciano le scuole dell'infanzia parlando solamente la lingua minoritaria, e quello era il mio caso, io l'italiano non lo sapevo, poi tornano a casa frequentando la scuola e parlano addirittura in italiano ai genitori che si adeguano parlando loro in italiano. Quello è un dramma, è un problema culturale alla base, per cui si deve fare capire alle persone l'importanza di continuare a parlare le proprie lingue minoritarie. È ovvio che se non si vuole un minimo approfondire la tematica per paura, per qualsiasi tipo di motivo, che tipo di ragionamento si può fare? Si hanno dei totem che non si possono toccare.

Questo però è un grandissimo dispiacere, perché qui ce ne va della nostra cultura! La fortuna della Valle d'Aosta è sempre stata quella di essere unita nelle diversità. Ha citato lei la questione dell'immigrazione: durante la fine dell'ottocento fino al fascismo, ventimila valdostani sono emigrati, e quante altre persone da fuori Valle sono arrivate! E non è un caso che qui ci fosse la Cogne, non è un caso che l'altra grande industria siderurgica sia situata a Bolzano. C'era una volontà di portare gente italofona nel territorio valdostano, e questa non è una questione divisiva: erano questioni risalenti a un secolo fa, oggi guardiamo un minimo avanti, sapendo benissimo che tutti hanno diritto di essere considerati valdostani.

Un po' mi stupisce che si citi sempre la questione della langue du coeur: eh, ma il patois, il titsch e il töitschu sono le langues du coeur. Oggi non è stato detto, ma me l'aspettavo si dicesse. Le langues du coeur alla lunga muoiono, perché se non le si considera su un livello base, per cui devono un minimo entrare nel mondo della scuola, affichage, media, rapporti con l'amministrazione, tutte questioni che sono i pilastri linguistici nella vera politica linguistica, una langue du coeur muore! È un dato di fatto, lo si sta vedendo, ce l'abbiamo sotto gli occhi. Non è che ci si deve inventare chissà che, basta andare a vedere ciò che capita nella Valle del Lys, in cui quelle lingue non hanno una prospettiva, non hanno un futuro. A Gressoney solamente due famiglie parlano titsch, rendiamoci conto di qual è la gravità.

Se la politica non vuole portare avanti certi messaggi per certe motivazioni, io assessore Guichardaz so benissimo della buona fede che ha lei e so benissimo che comunque un certo tipo di lavoro lo si può fare, però se non si vuole in qualche maniera mettere un punto zero, la politica non vuole farlo, ecco che allora devono essere le persone volenterose fuori, che ci credono ancora in questi temi, a prendersi in carico questa trasmissione, il rilancio di queste lingue. È molto più difficile: sicuramente sì. Noi potremmo fare tutte le leggi del mondo, ma se le persone fuori non capiscono l'importanza di parlare certe lingue, di portare avanti certe nostre usanze, certe tradizioni, certe cose che sono proprie a noi, con tutte le leggi del mondo una lingua comunque muore, una cultura muore, un'identità muore, e purtroppo noi lo stiamo vedendo ora. Dispiace che non ci sia la volontà di portare avanti questa tematica, questo soggetto, questa proposta. Si cercherà di fare in un'altra maniera, il dispiacere però è tanto.

Presidente - Consigliere Lucianaz si è prenotato, ne ha facoltà.

Lucianaz (LEGA VDA) - Rapidement... anzi, lo dico in italiano. Senza acrimonia e contaminato dal mio collega, per amore di verità vi dirò che sull'intervento dell'Assessore io qualche appunto lo vorrei fare, nel senso che non è stato il fascismo a italianizzare la Valle d'Aosta. Emilio Chanoux nel 1924, diciottenne, si lamentava del fatto che il francese non era più utilizzato in Valle d'Aosta, ed eravamo appena dall'inizio del fascismo. L'italianizzazione della Valle d'Aosta è avvenuta molti anni prima, a cominciare dal 1880 in avanti. È lo Stato italiano che ha italianizzato la Valle d'Aosta, ben prima del fascismo; il fascismo ci ha messo del suo.

Ora, dopo ottant'anni, assistiamo a una costante italianizzazione della Valle d'Aosta, non c'è un linguista che non affermi che la Valle d'Aosta vive una vera situazione di diglossia, come giustamente lei, Assessore, ha fatto notare prima. La prevalenza dell'italiano è determinante in tutti i campi, quindi parlare di bilinguismo comincia a essere un fatto un po' distorto.

Non accetto che vengano definiti dialetti le parlate valdostane francoprovenzali: sono lingue a tutti gli effetti. Il termine "dialetto" potremmo anche eliminarlo, come è stato eliminato il termine "razza"; ci limitiamo alle varianti linguistiche di una lingua, le varianti locali.

Quanto all'università, io le leggo una frase recente apparsa sull'ultimo numero de Lo Flambo, scritta da Alessandro Celi, in un bel articolo sulla situazione linguistica nel periodo fascista, che cita una frase del professor Raimondi dell'Università della Valle d'Aosta, che penso sia uno dei massimi dirigenti in fatto linguistico, il quale afferma: "Il n'est pas inhabituel d'entendre affirmer qu'en Vallée d'Aoste n'a jamais existé une communauté francophone stricto sensu". All'Università della Valle d'Aosta si insegna che non è mai esistita una communauté francophone, perché oltre al francese venivano utilizzate altre lingue, come è normale che sia sempre successo; in Valle d'Aosta si è sempre parlato più di una lingua e i contatti sono sempre stati con le comunità vicine.

Quindi, io sarei curioso di capire che indirizzo linguistico si sta dando all'Università della Valle d'Aosta.

Non voglio fare altre polemiche, mi preoccupa solo questo timore che la sua area politica ha nei confronti di termini quali lingua, identità, etnia; qui non ci si oppone a nessuno, qui si vuole solo salvaguardare il proprio essere. Parliamo di lingua perché ci teniamo, è la nostra lingua, non è l'italiano la mia lingua, e lo dico a voce alta, e forse l'avete anche capito, come non è neanche dei miei figli, però dobbiamo per forza utilizzare l'italiano. Etnia è un termine che continueremo ad adoperare finché non verrà soppresso da qualche tribunale dell'inquisizione, ma sono tutti termini che assolutamente non hanno nulla di opposto alle comunità diverse dalle nostre. Lasciateci salvaguardare e lottare per i nostri valori culturali.

Presidente - Consigliere Distort ne ha facoltà.

Distort (LEGA VDA) - La citazione con cui ha esordito il collega Lucianaz, richiamandosi a una mia tendenza di precisare certi aspetti, non certo per presunzione petulante, ma semplicemente per normale servizio alla verità, in qualche modo mi ha innescato la necessità di poter intervenire per dare un ulteriore contributo. Il contributo che io vorrei dare all'Assessore competente, perché possa andare ad avere tutti gli strumenti necessari per portare avanti una battaglia, se crede in questa battaglia e se l'iniziativa del collega Lavy sprona esattamente questo tipo di atteggiamento, perché tra l'altro le nostre iniziative sono sempre rivolte in quel senso.

Io vorrei a questo punto far presente all'Assessore che noi disponiamo di una struttura - in quanto componente dell'Ufficio di Presidenza lo posso esprimere con un certo orgoglio - che è il Co.re.com, il quale svolge tutta un'azione di monitoraggio e di individuazione di quelli che sono elementi che possono essere estremamente utili per poter condurre questo tipo di lavoro, se veramente ci si crede. La invito quindi, Assessore, a leggere l'ultimo dossier del Co.re.com nel quale, tra l'altro, si mette in luce una posizione, un'efficacia, una linea strategica della nostra Regione per cui, purtroppo, rispetto alla competitività dei nostri competitor Bolzano e Friuli, noi dimostriamo di avere ancora tanta strada da fare.

Questo non deve mortificarci, perché quest'indicazione serve per poter rilanciare, per poter cambiare passo. Nella vita non sono le buone notizie che aiutano a fare dei passi, a volte sono esattamente le cattive notizie, a volte esattamente è la comprensione e la necessità di leggere una situazione in cui c'è ancora tanto da fare. Abbiamo questi strumenti: utilizziamoli.

Presidente - Si è prenotato il Presidente della Regione, ne ha facoltà.

Testolin (UV) - Le collègue Lavy a évoqué une intervention de ma part : je l'aurais bien faite sans son rappel, mais je le remercie tout d'abord pour avoir présenté une motion tout à fait particulière. Je ne rentre pas dans le technicisme de ce qu'il a représenté, à suivre les choses qu'a proposé d'aborder, mais je me penche plutôt sur l'aspect politique, qui nous concerne plus de proche et qui me permet de souligner encore une fois la volonté, de la part du Gouvernement régional et de ses composants, ainsi que de la majorité toute. Je souhaite et j'ai vu hier dans l'après-midi même l'attitude d'une grande partie de la minorité face à celle qui est l'importance des langues valdôtaines, je dirais. Donc l'italien, bien sûr, qu'on emploie dans toutes les occasions. Pendant la plupart de la journée, si on se trouve dans certains domaines, aussi le français qu'on emploie, bien sûr, à l'école, dans des communications officielles, plutôt que dans les rapports de travail et surtout dans le tourisme qui, heureusement, nous rapproche à des identités francophones comme la Suisse ou bien la France, tant que le tunnel restera ouvert, au moindre.

Je tiens à évaluer positivement la réponse du collègue Guichardaz, qui a bien voulu souligner un parcours différent de notre communauté par rapport à celle du Sud Tyrol, par exemple. Et je tiens à souligner encore une fois, comme moi, je ne suis pas valdotain de souche ou bien seulement pour 50 pour cent, et l'autre 50 pour cent c'est quelqu'un qui est arrivé de dehors du Val d'Aoste et a bien fait, comme il souhaitait monsieur Lucianaz hier : tu arrives dans une situation tout à fait particulière et tu t'adaptes à celle situation-là. Probablement, dans le temps on a perdu cette attitude ; probablement, c'est un peu faute à tous.

De ce qui est de l'Administration régionale, je crois que l'intention ce n'est pas de cacher la tête dans le sable, mais de travailler dans les mois et dans les années à venir pour améliorer, là où il le faut, les rapports entre l'école et entre les langues, et pour améliorer même la possibilité de rendre le français plus vif dans notre communauté. C'est une chose qui revient à nous tous, pas seulement aux lois, vous avez bien raison : ce ne sont pas les lois qui changent une attitude, mais c'est le comportement quotidien, c'est l'attention et le cœur qu'on met à exprimer certains passages.

Hier, je me suis oublié, ou bien je n'ai plus eu la possibilité d'intervenir quand madame Minelli a bien voulu rappeler une situation qui la touche de tout près, mais qui arrive un peu à tous quand on parle avec quelqu'un qui ne parle pas le français ou bien le patois : on va s'exprimer en italien. Moi je regrette, mais ce n'est pas ma position: je crois que on devrait insister un peu plus, parce qu'il y a des personnes qui arrivent de dehors et qui aimeront plus d'être accueillis avec l'engagement de notre part de lui enseigner quelque chose, de lui rendre participant d'une situation qui est seulement valdôtaine.

C'est ça l'esprit avec lequel le Gouvernement a intention de travailler dans le futur, pour réaffirmer la centralité du plurilinguisme et du bilinguisme en particulier. Évidemment le monde a changé, l'anglais et l'allemand sont des langues qui de plus en plus intéressent à nos jeunes. Justement, moi j'ai deux fils et un a bien décidé de poursuivre un parcours de langue qui nous met à disposition notre institution scolaire. Ça devrait être de stimulation à cette salle pour travailler tous ensemble dans cette direction.

Pour ce qui est de la motion dans le détail, on va s'abstenir. Mais le parcours qui a été tracé par l'Assesseur c'est, à mon avis, à partager : avec le travail, avec la présence quotidienne, avec l'engagement commun pour essayer d'améliorer ce que, tout compte fait, a été fort bien fait dans ces années, malheureusement pas avec les résultats qu'on pouvait s'attendre. Mais le travail continue et on doit croire dans ce que nous avons dans le cœur, même le fait de dire peut-être que la langue du cœur ce n'est pas originaire, mais c'est quand même une chose que nous rend différents de toutes les autres régions italiennes.

Presidente - Se non ci sono dichiarazioni di voto, mettiamo in votazione la mozione. La votazione è aperta.

Esito della votazione:

Presenti: 34

Votanti: 15

Favorevoli: 15

Astenuti: 19 (Barmasse, Bertin, Bertschy, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Grosjacques, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Malacrinò, Marguerettaz, Marzi, Padovani, Rollandin, Rosaire, Sapinet, Testolin)

La mozione non è approvata.