Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 825 del 24 ottobre 2014 - Resoconto

OGGETTO N. 825/XIV - Riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione. (Approvazione di una risoluzione).

Presidente - Prima di iniziare i lavori del Consiglio, voglio ricordare a tutti che, come è stato stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo l'altro giorno, i lavori procederanno con l'introduzione del Presidente del Consiglio, la relazione del Presidente della Regione, l'intervento di dieci minuti per gruppo consiliare, poi con l'intervento successivo dei Parlamentari valdostani e una discussione di venti minuti per gruppo consiliare, le repliche del Presidente della Regione e l'eventuale approvazione di una risoluzione. Tutto questo è stato stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo. Punto 1 all'ordine del giorno.

Chères et chers collègues, Monsieur le Sénateur, Monsieur le Député, la session extraordinaire du Conseil d'aujourd'hui a été convoquée pour un débat et pour un échange sur les réformes constitutionnelles à l'examen de la Chambre des Députés italienne et fait suite à la motion approuvée par notre Assemblée, dans la séance du 27 septembre dernier. L'approbation en première lecture du texte de révision constitutionnelle introduit des importantes innovations, qui réforment l'organisation du système régional italien, qui se reflètent aussi sur le système des autonomies spéciales. La suite de ce parcours de révision, qui est actuellement à la Chambre des Députés, impose l'opportune attention critique et constructive de la classe politique. Ce parcours sollicite aussi des occasions de réflexion, d'échange et de dialogue, dans le but de focaliser les aspects cruciaux et dans la perspective de confirmer le fondement des autonomies spéciales.

Ce parcours est aussi des organismes du Conseil et tout particulièrement de la Ie Commission: on a déjà commencé à approfondir les contenus de la réforme, grâce aussi à la contribution académique du groupe ASA, Autonomie Speciali Alpine, de l'Université de Trento, dont le document, analysant l'impact sur le système des autonomies spéciales, a été distribué à tous les Conseillers.

La questione delle riforme costituzionali, che è stata una costante del dibattito politico parlamentare fin dalla metà degli anni settanta, si è nuovamente posta fin dall'avvio della XVII legislatura ed è stata sottolineata con forza dal Presidente della Repubblica Napolitano, nel discorso pronunciato il 22 aprile del 2013, in occasione del giuramento per il suo secondo mandato. A sua volta, nelle dichiarazioni programmatiche alle Camere, il Presidente del Consiglio ha sottolineato l'esigenza anche ai fini del semestre europeo sotto la presidenza dell'Italia, di intervenire in tempi ravvicinati con una riforma costituzionale, incentrata sul superamento del bicameralismo perfetto e sulla revisione del Titolo V della Costituzione.

Il disegno di legge governativo, già approvato dall'aula del Senato, di cui la Commissione affari costituzionali della Camera, ha avviato l'esame in sede referente l'11 settembre 2014, è finalizzato all'introduzione dei un bicameralismo differenziato, in cui il Parlamento continua ad articolarsi in Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, ma i due organi hanno composizione diversa e funzioni in gran parte differenti. La Camera rappresenta la nazione, la titolarità del rapporto fiduciario e delle funzioni di indirizzo politico, nonché il controllo dell'operato del Governo. Al Senato della Repubblica è attribuita, invece, la funzione di rappresentanza degli Enti territoriali e quella di raccordo tra l'Unione Europea, lo Stato e gli altri Enti costitutivi della Repubblica. Il testo, oltre al superamento dell'attuale sistema bicamerale, prevede poi la soppressione della previsione costituzionale delle province, la riforma del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, l'abrogazione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

La parte del testo relativa a Regioni ed Enti locali è, a mio giudizio, il punto più debole del progetto di riforma. Dopo il fervore federalista degli anni novanta, oggi l'attenzione si sposta verso un esasperato centralismo. Il progetto di legge riduce i margini dell'autonomia regionale, con la scusa di ridurre il contenzioso costituzionale, ma pone le premesse perché esso si rinnovi. Infatti, determina un nuovo riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni e inserisce la clausola di supremazia verso le Regioni, a tutela dell'unità della Repubblica, nonché il potere sostitutivo statale nei confronti degli organi regionali e comunali. Nel complesso il progetto risponde ancora a una logica troppo centralista. Il Parlamento dovrebbe, invece, avere il coraggio di ispirarsi alle ragioni profonde dell'autonomia territoriale, che sono radicate nella storia e caratterizzano la Repubblica delle autonomie prefigurata dall'articolo 5 della Costituzione, incoraggiando le innovazioni che vengono dalla periferia, assicurando sul piano tributario spazi di autodeterminazione e di responsabilità locale, prevedendo meccanismi di perequazione efficaci non disgiunti da controlli a tutela degli equilibri finanziari.

È necessario innanzitutto affermare con forza che la proposta di cambiamento deve rispondere all'esigenza reali del paese, evitando in ogni modo un neocentralismo di ritorno quale panacea di tutti i mali. Occorre, al contrario, sostenere un federalismo responsabile e cooperativo, rafforzando i valori della sussidiarietà, dell'autonomia e del decentramento, nonché rilanciare il ruolo delle Regioni e dei Comuni e di chi li governa, in quanto soggetti che conoscono il proprio territorio e quindi meglio le esigenze dei cittadini.

Credo che sia doveroso da parte della classe politica coinvolgere la popolazione su temi così importanti per il nostro presente e il nostro futuro. La conoscenza di una materia a volte di difficile comprensione per i non addetti ai lavori deve essere tradotta da chi in prima persona è impegnato nell'amministrazione della cosa pubblica. Il Consiglio Valle, coi nostri Parlamentari, in condivisione con l'Associazione degli ex Consiglieri e la Conferenza dei Capigruppo di questa assemblea, deve essere promotore di iniziative da attivare sul territorio per portare l'attenzione dei valdostani sulla natura delle riforme costituzionali e le conseguenze delle stesse, sia a breve che a lungo termine. Auspico, altresì, che il Consiglio regionale, in stretta sinergia con i nostri Parlamentari, dialoghi con il Governo nazionale con una unità di intenti, tale da permettere di rappresentare e far comprendere le specificità e le competenze attribuite alla nostra Regione dallo Statuto speciale. L'autonomia dev'essere sempre più un modello politico a cui ispirarsi. Grazie.

La parola al Presidente della Regione.

Rollandin (UV) - Messieurs les Parlementaires, Monsieur le Président, chers collègues, le projet de réforme constitutionnelle lancé par le Gouvernement Renzi se fonde sur une exigence certainement ressentie par un grand nombre de personnes, c'est-à-dire le besoin de reformer les institutions républicaines, afin de les adapter aux nouvelles attentes du Pays. En effet, au fil des années, le besoin d'un espace adéquat aux différentes requêtes émanant du territoire et des institutions - puissent faire entendre le Roi - s'est fait peu à peu sentir et un consensus s'est dégagé quant à l'opportunité d'aller au-delà du bicaméralisme parfait, pour créer une deuxième chambre qui soit l'expressions des autonomies territoriales. Celles-ci avaient partagé la position de l'État quant au fait que cette réforme pouvait offrir l'occasion d'apporter les corrections nécessaires à certaines distorsions engendrées par la réforme constitutionnelle de 2001, surtout en matière de répartition des compétences législatives entre l'État et les Régions, afin aussi de réduire le contentieux constitutionnel qui a pris des proportions considérables au cours de ces dernières années.

Les Régions et les collectivités locales espéraient que la modification de la Constitution aurait confirmé la validité de l'évolution vers un véritable régionalisme et qu'il viendrait, ainsi, à se créer les conditions pour une application complète de l'article 119 de la Constitution, en matière de fédéralisme fiscal, après la première étape qu'en ce sens avait constitué la loi n° 42 de 2009. Toutefois, en dépit de ces attentes, le Gouvernement a élaboré un projet de réformes qui ne va pas dans le sens des autonomies italiennes. La structure du projet de la loi constitutionnelle, approuvée en première lecture par le Sénat et qui sera maintenant soumis à la Chambre des Députés, révèle clairement une intention de limiter l'autonomie sur le territoire et de réinsérer le contrôle de l'État dans de nombreux domaines, en ramenant dans le giron de celui-ci une série de compétences qui avaient été dévolues aux Régions au cours des vingt dernières années. Il est vrai que pour les deux chambres du Parlement la réforme prévoit des modes d'élection et des missions différentes de la deuxième chambre, le nouveau Sénat, qui représentera les institutions territoriales selon des modalités qui assureront à la Vallée d'Aoste un second Sénateur, mais il est tout aussi vrai que ce nouveau Sénat de la République disposera de moins de pouvoirs, ce qui aura, pour conséquence, d'affaiblir le système régional dans son ensemble. En effet, c'est auprès de la Chambre des Députés qu'ils auront lieu les choix législatifs importants destinés à avoir beaucoup d'influence sur la politique italienne.

Le Sénat, quant à lui, ne disposera plus d'une compétence législative générale et ne contribuera à la fonction législative de l'État que dans certains cas, comme pour ce qui est de l'adoption des lois de révision de la Constitution, des lois constitutionnelles, de l'application des dispositions constitutionnelles sur la protection des minorités linguistiques, des référendums d'initiative populaire, de l'organisation des autonomies locales et des principes relatifs aux modèles d'élections des organismes municipaux. Hors de ce cadre, il pourra demander avec une majorité qualifiée que la Chambre étudie certains projets de loi et il aura la possibilité d'approuver des amendements, sur l'adoption desquels sera toutefois la Chambre qui aura le dernier mot. Le nouveau Sénat pourra également demander que soit relevé le seuil des voix nécessaires pour approuver certaines lois et il disposera d'un pouvoir d'enquête parlementaire; ce dernier sera toutefois très limité dans la mesure où il ne portera que sur des questions relatives aux autonomies territoriales.

Le fait qu'au futur Sénat sera attribué un rôle de liaison entre l'Union européenne et les Régions constitue, en revanche, un élément positif. Il n'en reste pas moins que, dans l'ensemble, la possibilité pour le Sénat de peser sur les décisions de la Chambre semble infime. La nouvelle répartition des compétences législatives confirme la vision centraliste qui a présidé à l'élaboration de la réforme et qui, d'une certaine manière, va totalement à l'encontre de l'esprit même du projet de révision constitutionnelle. Presque toutes les matières relevant des compétences concourantes - catégorie qui disparaîtra - sont, en effet, attribuées à l'État, tandis que les Régions, dont les compétences résiduelles sont confirmées, n'obtiennent des compétences exclusives que dans un nombre réduit de domaines qui relèvent, déjà aujourd'hui, des compétences régionales. Quant à la clause de suprématie, son introduction, qui est susceptible d'avoir un effet dévastateur sur le système de toutes les Régions, suscite la plus grande préoccupation.

Après cet aperçu général, je dois dire que, notamment, grâce à un excellent rapport de collaboration avec nos collègues des autres Régions et des Provinces autonomes, avec le Président et avec nos représentants au Parlement que je remercie, nous sommes parvenus à obtenir qu'il soient reconnues les spécificités et les compétences prévues par notre Statut et à limiter l'impact de cette réforme sur notre système. Nous avons tout d'abord réussi à faire insérer dans le texte de la reforme une clause de sauvegarde, en vertu de laquelle les dispositions du chapitre 4, qui concernent principalement la répartition des compétences et la clause de suprématie, ne s'appliqueront pas aux autonomies spéciales tant que leurs statuts respectifs n'auront pas été adaptés. En second lieu, l'adaptation de chaque statut spécial se fera sur la base d'une entente avec la Région ou Province autonome concernée et cela est décidément un élément important pour protéger l'organisation de notre Région. Il serait certainement plus opportun que les principes de l'entente soient insérés directement dans le texte constitutionnel et non pas seulement dans les dispositions transitoires, mais ce résultat représente, cependant, un pas dans la bonne direction. Enfin, ces mêmes dispositions transitoires renferment un article qui confirme l'attribution aux Régions des fonctions qu'exerçaient les Provinces supprimées: cela représente un élément qui reprend les mêmes mesures introduites par le Décret lieutenant du royaume n° 145 de 1945. Celui est un résultat très important car il est la première fois que cette possibilité est reconnue.

Vu la structure de ce projet de loi constitutionnelle, je considère que l'action conjointe des autonomies spéciales a permis de limiter les aspects les plus dévastateurs et de protéger le système juridique de nos Régions. Naturellement, ce texte n'est pas encore définitif. Nous allons, donc, poursuivre notre travail avec nos Parlementaires, avec nos collègues des autonomies spéciales, avec la Conférence des Régions et, bien sûr, les Parlementaires, afin d'améliorer encore et de valoriser comme il le mérite le rôle des autonomies territoriales. Merci.

Président - Merci Président.

C'è la consuetudine di dare la parola partendo dal gruppo meno numeroso per arrivare al gruppo più numeroso. Siamo tutti d'accordo di procedere in questa maniera? Allora, la parola al Movimento Cinque Stelle.

Ferrero (M5S) - Grazie Presidente.

Intanto, un saluto ai nostri due Parlamentari che sono venuti qui dopo le battaglie di Roma. Io vorrei che oggi, al di là della retorica, al di là delle parole, al di là della pennellata di francese e di autonomia che tutti si devono dare qui dentro perché è una tradizione, si affrontasse veramente la gravità della situazione per quella che è. Di fatto, quando parliamo di riforme istituzionali, i valdostani, secondo me, hanno difficoltà a capire di che cosa si parli: ma sén que l'è? (traduzione letterale dal patois: ma che cos'è?) Bisogna innanzitutto spiegare che cosa siano queste riforme costituzionali o istituzionali: sono, sostanzialmente, per la Valle d'Aosta, lo spazzare via il settanta-ottanta percento delle competenze, cioè le possibilità di governo che ha la Valle d'Aosta. Lo Stato, in una maniera o nell'altra - inutile fare lezioni giuridiche sulla competenza primaria, quella concorrente o ripartita - si riprende buona parte delle competenze, le riporta a livello centrale e la Valle, improvvisamente, viene spogliata di queste competenze.

Come affrontare questa situazione? Non vogliamo fare noi gli autonomisti dell'ultima ora, ma dal punto di vista del Movimento Cinque Stelle la nostra posizione è chiarissima: noi l'abbiamo anche riverificata con i nostri Consiglieri regionali delle altre Regioni autonome a statuto speciale, a Roma di recente, e l'abbiamo verificata con i nostri Parlamentari. La riforma che il Governo Renzi sta portando avanti è devastante e noi la combatteremo con tutti i mezzi: a livello parlamentare, a livello regionale e tutto quello che si potrà fare sarà fatto. Quindi, da questo punto di vista, i veri autonomisti che ci sono in Valle d'Aosta siamo noi, non per difendere i privilegi, non per difendere qualche cosa che è indifendibile, ma per difendere delle prerogative che, come Movimento Cinque Stelle, vorremmo estendere a tutte le altre Regioni, perché in una visione federalista, in una visione in cui le competenze si devono riavvicinare ai cittadini e, quindi, in cui sono i Comuni che devono decidere di più, in cui sono le Regioni che devono decidere di più ed è lo Stato che deve essere marginalizzato nelle decisioni, stiamo andando esattamente nella direzione contraria.

Secondo noi, si esce, si può uscire o si può tentare di uscire da questa situazione solo con un lavoro di équipe che, però, deve essere fatto al di là di qualsiasi ipocrisia, che deve tenere conto degli errori magari fatti in passato e che deve tenere conto del fatto che, al di là di quello che ci sarà scritto in questo famoso disegno di legge che... Apro una parentesi: a quanto dicono i nostri Parlamentari, è tutt'altro che certo che verrà poi approvato, perché si parla già di ulteriori modifiche che faranno scattare di altri sei mesi il palleggio che c'è tra la Camera ed il Senato e, di conseguenza, si rischia di arrivare in uno dei rami del Parlamento con un testo che viene modificato e deve ritornare nell'altro, perché le leggi costituzionali hanno un procedimento che è tutto particolare, proprio per garantire il fatto che, quando viene modificata la Costituzione, questa venga modificata in maniera cosciente da parte di tutti. Quindi, da parte nostra - ma vorrei sentire quanto avranno da dire i nostri Parlamentari e quanto avranno da dire le altre forze politiche - vi è un'assoluta contrarietà al disegno di legge e questa è la nostra posizione che continuiamo a portare avanti. È ovvio che non basterà la nostra azione, anche se si raggiungerà una specie di accordo tra i trentacinque Consiglieri che sono qui in quest'aula. Noi siamo disponibili e ve lo diciamo già, ma non per fare una difesa becera dell'autonomia, ma semplicemente per andare contro un modo di centralizzare che è antistorico da parte del Governo nazionale.

Noi dovremmo scendere a Roma, come dico e come abbiamo detto oggi con il collega Cognetta, non in trentacinque: dovremmo organizzare i pullman per invadere una piazza a Roma, per difendere la nostra autonomia. E non solo per difendere la nostra autonomia, ma anche per difendere la nostra Costituzione che, con alcuni escamotage, è già stata sottoposta a precedenti tentativi di violazione e che attualmente viene snaturata, perché, in ogni caso, il principio che sottende alla tutela delle autonomie locali è un principio costituzionale e se alcuni articoli della Costituzione si possono cambiare, i principi non si possono cambiare; qui si va decisamente a cambiare i principi.

A questo punto, a noi interessa sentire quali sono le altre posizioni. Pregherei tutti di andare al di là dell'ipocrisia, al di là delle solite pennellate sull'autonomia e di parlare di cose concrete. Poi, ognuno è libero di fare quello che vuole, ma questa non deve essere una semplice commemorazione di qualche cosa che sta finendo. Deve essere un momento in cui ci si trova per trovare una soluzione che ci consentirà di limitare i danni e di fare un percorso che ci porti fuori da questo guado.

Presidente - Grazie, collega Ferrero. La parola al rappresentante del PD-Sinistra VdA, il collega Donzel.

Donzel (PD-SIN.VDA) - Grazie Presidente.

Prendo con piacere la parola in questo dibattito e ringrazio coloro che l'hanno organizzato dando un equilibrato spazio a tutte le forze politiche, anche quelle che magari numericamente sono meno consistenti in questo Consiglio regionale.

Parto da una considerazione: oltre quindici anni a discutere di riforme, che in due casi sono state anche approvate, ma che poi non hanno avuto seguito perché addirittura, in un caso, un referendum popolare le ha bocciate, quindi non è escluso che anche in questo caso nel nostro Paese si risolva tutto con un nulla di fatto.

Si confrontano da sempre due campi, centrosinistra e di centrodestra, dentro i quali vi sono tensioni diverse che motivano tutti a discutere di riforme, ma che in questi anni hanno portato questo Paese a non produrre le riforme necessarie per il nostro Paese stesso. Io penso che tutti converremo almeno sul fatto che da anni abbiamo un Parlamento con un numero smisurato di Parlamentari, che da anni discutiamo di ridurne il numero e che qui stiamo discutendo e ci siamo seduti ad un tavolo dove qualcuno ha detto di voler ridurre il numero dei consiglieri comunali; e qui ci sono forze politiche che vogliono ridurre il numero dei Consiglieri regionali. Dopodiché, quando qualcuno comincia a dire "proviamo a tagliare qualche cosa", si fa appello ai principi, ai valori fondanti, eccetera, e di solito c'è un atteggiamento frenante a priori. Quindi, bisogna distinguere, come è avvenuto negli anni, sia nel campo del centrosinistra sia nel campo del centrodestra, quelli che vogliono discutere nel merito e che giustamente dicono "non prendiamo tutto quello che ci arriva come oro colato", da quelli che, invece, usano determinati argomenti, come quello dell'autonomia, per dire che non si cambia nulla e che rimane tutto fermo lì. Noi abbiamo una sensibilità che ci porta a dire di discutere nel merito delle riforme, ma non perché non si cambi nulla.

Mi sorprende che, quando Bersani aprì al Movimento Cinque Stelle la possibilità di sedersi ad un tavolo per discutere di riforme, costoro lo abbiano mandato a quel paese senza tanti complimenti ed abbiano poi obbligato i successivi governi a guardare agli avversari, cioè al centrodestra, per fare la riforma costituzionale, perché in Parlamento ci vogliono dei numeri e non è possibile che una forza politica possa fare da sola faccia: le riforme costituzionali hanno bisogno di numeri tali che implicano accordi di più ampio raggio tra varie forze politiche, varie sensibilità, per riuscire a portare a casa questo risultato.

È evidente che c'è una grande insoddisfazione da parte nostra, in quanto era stato fatto un grosso lavoro per individuare un percorso federalista all'interno delle riforme istituzionali: lo attestano proposte di legge, convegni e quant'altro. Questo importante percorso federalista si è inceppato a partire dal Governo Monti ed a seguito delle pressioni che venivano esercitate dall'Unione Europea sul controllo dei conti del nostro Paese. Qui, una serie di sinergie estremamente negative hanno favorito una tendenza costante di una parte del nostro Paese, diffusa e partecipata in vario modo all'interno di diverse forze politiche, di tornare ad accentrare il controllo della spesa pubblica a livello ministeriale. Si è approfittato anche di qualche difficoltà delle Regioni - è il caso, per esempio, delle spese pazze dei Consiglieri regionali - e tutto questo ha fatto parte di un disegno che ha favorito il tentativo di rimettere in discussione un impianto federalista, che negli anni era cresciuto ed era la strategia che si voleva portare avanti. Così come non era un segreto per nessuno l'idea di superare il bicameralismo perfetto: mi sembra che questa fosse una partita profondamente condivisa fra tutte le forze politiche, per addivenire a un Senato che veniva chiamato il Senato delle Autonomie, il Senato delle Regioni, e quindi questo era lo sbocco.

Non possiamo certamente essere soddisfatti di questo primo passo della riforma perché il Senato delle Autonomie, il Senato delle Regioni, che anche una parte del Partito Democratico auspicava e per il quale continua a lavorare, era di tipo profondamente diverso: un Senato su base elettiva e non su base di nomina, le cui competenze erano sicuramente maggiori. Qui, invece, assistiamo ad un Senato che vede fortemente ridimensionato il suo ruolo rispetto a quello della Camera che assume un ruolo più centrale e fondamentale. Naturalmente, questo passaggio si sposa con la parte del Titolo V che, anche questa, ispirata da una logica di controllo centralistico della spesa, tende a limitare in modo significativo il percorso federalista, perché non possiamo nasconderci - al di là delle sparate che possiamo fare sui privilegi, sulle ricchezze e quant'altro - che una impostazione federalista è basata anche su un sistema fiscale e di risorse a disposizione delle Regioni, che consenta l'esercizio delle autonomie locali. Quindi, le due cose stanno in sostanziale parallelo e, al di là delle posizioni ideologiche, questi sono i percorsi da fare.

Qual è la situazione al momento attuale? Si è comunque creata una maggioranza parlamentare che ha favorito il primo step della riforma nella parte del Senato e l'ha portata in sede di discussione alla Camera. È chiaro che, in questa sede, bisogna riprendere un percorso di discussione e di riflessione per evitare che il progetto venga assunto così com'è. I rischi ci sono e non è assolutamente vero che sia facilmente correggibile: io penso che non sia facilmente correggibile. Penso che nel nostro Paese ci siano tensioni tali, ci sia la pressione di una crisi economica durissima - che tanto viviamo anche qui a livello regionale, dove vediamo come sia difficile governare, per delle maggioranze che qui addirittura non esistono più - e che quindi ci sia la necessità di compromessi non di qualità, di percorsi, alle volte, non sono di qualità. Quindi, non è un percorso facile, ma ciò non ci esime dal far sentire in modo serio, chiaro, non strillato e non furbesco le nostre posizioni in merito alla riforma e non ci esime dal lavorare perché l'impianto della riforma ritorni al suo senso originario. Che senso ha nominare rappresentanti regionali e comunali all'interno di una camera importante come il Senato, se dall'altra parte non rafforzo il sistema federalista? Bisogna tornare all'origine di questa riforma e da lì partire se vogliamo incidere in qualche modo e poter dire la nostra.

Se la riforma segue l'indirizzo di dire "io do voce ai territori", parte prima, con tutti i limiti... Per esempio, ribadisco, io preferisco un sistema elettivo ad un sistema di elezione di secondo livello come quello che è proposto; io preferisco l'elezione diretta da parte dei cittadini e lo sanno anche coloro che in quest'aula, in questi giorni, stanno discutendo di non fare più eleggere i sindaci. Allora, vediamo di capirci: non è che qui per i sindaci non volete l'elezione diretta, ma poi andate a Roma a dire che volete l'elezione diretta dei senatori, perché le cose si dicono... io, quello che dico per i senatori lo dico anche per i sindaci della Valle d'Aosta! È qui che voglio sfidare il Consiglio regionale a una coerenza interna: a non essere autonomisti, come fa qualcuno che ha parlato prima di me qui oggi, il giorno che devo dire "io devo fare di tutto per contrastare la riforma di Renzi". Io voglio che la riforma sia buona, voglio una riforma migliore, ma la faccio in coerenza con quello che faccio anche sul mio territorio! Questo è l'esempio di un ragionamento: se sul mio territorio promuovo le elezioni di secondo livello, non posso andare da Renzi a dire "però tu non fai le elezioni di primo livello".

Mi scuso, ma l'argomento è complicato ed il tempo a disposizione è questo, vedremo di perfezionarlo nella replica.

Presidente - Ancora un minuto, prego.

Donzel (PD-SIN.VDA) - Mi permetto di dire che ci sono aspetti di coerenza del nostro percorso, che sono indispensabili per poter dare coerenza anche al tema che noi portiamo in discussione a livello nazionale. Allo stesso modo, ci deve essere coerenza, da parte del Governo, rispetto alla questione del Titolo V.

Anch'io ho delle grosse perplessità sulla facile liquidazione di tutte quelle che sono definite materie concorrenti. Siccome c'è stato tantissimo contenzioso, siccome siamo sempre (tra virgolette) nelle aule dei tribunali, Regione e Stato, visto che questa cosa non funziona, la tolgo; non è questo il percorso! Dobbiamo, invece, andare a capire quali siano le competenze che sono meglio esercitate dai territori locali rispetto a quelle nazionali. Questo processo di sottrazione delle competenze per semplificazione, va fortemente messo in discussione!

Concludo con un passaggio che ho scritto mesi fa e che quindi non è inventato per la seduta di oggi: sono profondamente convinto che il federalismo, un federalismo costruito bene, sia il motore di una ripresa economica. Quindi, l'idea centralizzatrice e centralista, per di più in un'impostazione liberista del mercato, è veramente una teoria di riforme costituzionali che non è utile ad un rilancio e ad una ripresa di questo Paese. Per quanto mi riguarda, questo è il percorso che noi faremo: sì alle riforme costituzionali, ma con una profonda e sensibile correzione, sia per quanto riguarda la parte del Senato, sia per quanto riguarda la parte del Titolo V. Le nostre piccole idee le metteremo a disposizione degli altri per condividere insieme il percorso.

Presidente - Grazie collega. La parola al rappresentante del gruppo Stella Alpina, il collega Borrello.

Borrello (SA) - Signori Parlamentari, Signor Presidente, Colleghi, il tema che affrontiamo è un tema importante che non è nella sua fase iniziale, ma è in itinere e, di conseguenza, noi faremo un passaggio anche a seguito di tutta una serie di momenti di discussione che si sono susseguiti all'interno della I Commissione consiliare. È proprio all'interno di quella Commissione che abbiamo avuto la possibilità di percepire e recepire alcune sensibilità, anche dal punto di vista prettamente istituzionale, dei Parlamentari che sono stati auditi, ma anche di gruppi di docenti universitari i quali hanno prodotto una serie di interpretazioni in merito a quelle che possono essere le ripercussioni e l'applicazione di questa riforma costituzionale.

È una riforma che è attesa da più di vent'anni, ma la domanda che ci poniamo è: qual è il motore che ha portato a questa riforma costituzionale? È legata ad una valutazione prettamente politica o ci sono anche aspetti legati alla crisi economica? La speranza è che sia legata solo e solamente ad una valutazione di carattere politico perché, in un contesto di crisi economica come quella che stiamo vivendo, in un contesto di logiche sistematiche e centraliste, in un contesto generale di crisi della politica con un allontanamento dei cittadini nei confronti delle istituzioni, noi riteniamo che occorra fare molta attenzione nell'applicare e nello scrivere queste riforme.

All'inizio di questo percorso di riforma, molti erano stati gli aspetti negativi che erano predisposti all'interno del documento, così come abbiamo potuto percepire nella riunione che si è tenuta il 14 aprile a Roma, a cui erano presenti tutte le Regioni e dove era emersa una preoccupazione trasversale da parte di tutte le Regioni, non solo quelle autonome, in merito alla possibile applicazione di questa riforma costituzionale. Per fortuna, il lavoro di tutti i rappresentanti delle Regioni, il lavoro dei Parlamentari rappresentanti delle autonomie è riuscito a produrre delle modifiche che sono andate a ridurre gli impatti negativi all'interno di questa riforma.

Gli aspetti da analizzare si possono dividere - lo sapete meglio di me - in due punti: la riforma del Senato in senso stretto e la modifica del Titolo V della Costituzione.

Innanzitutto, bisogna dire che questo superamento del bicameralismo perfetto produce una modificazione radicale, sia per quanto riguarda la composizione numerica, sia per quanto riguarda le funzioni delle stesse, sia anche per quanto riguarda le modalità di elezione del Senato. Una elezione che è un'espressione di secondo grado, non è diretta, con una rappresentanza territoriale di novantacinque senatori che sono la rappresentazione del territorio italiano. Avremmo sperato anche noi che una riforma costituzionale, così come era sottointesa all'interno della riforma del 2001, avesse delle logiche più federaliste. Dico questo perché riteniamo che il modello delle autonomie, il modello federalista sia un elemento da seguire e non da sopprimere.

Abbiamo detto delle modifiche alle Camere dal punto di vista della Costituzione, ma quali sono le competenze all'interno delle quali noi ci dobbiamo muovere? Innanzitutto, il Senato non ha più una competenza legislativa generalizzata, ma ci sarà un concorso paritario con la Camera e verranno ridotte drasticamente le competenze del Senato stesso. Bisogna dire che ci sono anche degli aspetti positivi all'interno di questa riforma. Sicuramente ci sarà un peso di rappresentanza maggiore, per quanto riguarda la Valle d'Aosta, all'interno del Senato, con le due unità a noi assegnateci. Un altro aspetto positivo, più di carattere generale, così come è già stato detto da chi mi ha preceduto, è la riduzione numerica dei Parlamentari all'interno del nostro sistema consiliare principe in Italia.

Per quanto riguarda la modifica del Titolo V, gli aspetti sono delicati e sono incardinati soprattutto sull'articolo 30, che poi si ripercuote sull'articolo 116 e 117 della Costituzione. Essa consta essenzialmente nella soppressione della competenza legislativa concorrente per tutta una serie di tematiche che sono diventate di competenza esclusiva dello Stato. Non entro nel tecnico: la fortuna è stata che, all'interno di questo tavolo di lavoro organizzato a livello romano, si è riusciti a creare una specie di cuscinetto, un ammortizzatore, con questa norma di salvaguardia che ancora riesce a tutelare la peculiarità e la caratteristica dello statuto valdostano. C'è un aspetto negativo in tutto questo ed essenzialmente il fatto che questa norma di salvaguardia non sia applicabile in maniera durevole, essa è cioè limitata nel tempo e questa norma di salvaguardia decadrà nel momento in cui noi andremo a modificare i nostri statuti.

C'è grande preoccupazione per quanto riguarda la clausola di supremazia, una clausola che dà la possibilità al Governo di intervenire su materie non di competenza esclusiva, quando lo richieda l'unità giuridica ed economica della Repubblica. La preoccupazione che io vorrei sottolineare è la seguente: quando e chi deciderà di intervenire su questa unità giuridica ed economica della Repubblica? Quale sarà l'organo che si esporrà nella valutazione di questa unità giuridica? Sono diverse le considerazioni che si possono fare all'interno di questa riforma. Ripeto che la preoccupazione c'è ed è tanta e l'impegno che noi chiediamo ai nostri rappresentanti all'interno del Parlamento italiano è di monitorare in maniera continuativa gli sviluppi del percorso di riforma, cercando di manifestare - ma sono già sicuro che lo stanno facendo con convinzione - e di dare maggiore risalto alla positività dell'esperienza autonomista delle Regioni in seno al sistema italiano.

Io credo che questo passaggio consiliare sia importante e che debba essere riempito di contenuti. Da qui l'auspicio che i contributi dei vari gruppi politici, presenti all'interno dell'assise regionale, siano propedeutici alla formulazione di documento unitario che possa essere rappresentativo e dare forza e tono alla voce della Valle d'Aosta e dei valdostani.

Presidente - Grazie collega. Per il movimento dell'ALPE, la parola alla collega Morelli.

Morelli (ALPE) - Merci Monsieur le Président.

Chers collègues nous pensons qu'il ne soit pas exagéré d'affirmer que nous abordons aujourd'hui un thème d'importance capitale pour la survie même de notre Région et, donc, le collègue Ferrero a bien raison: pas de rhétorique, mais des arguments concrets et ponctuels. La réforme du Titre V de la deuxième partie de la Constitution italienne, c'est-à-dire de cette partie de la Constitution qui règlemente le pouvoir des organes de la République et qui, par la réforme adoptée en 2001, avait défini le principe de parité entre toutes les composantes, entre tous les différents niveaux de gouvernement. L'article 114 dit: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato", ce qui signifie qu'elle met sur un plan de parité toutes les différentes composantes. La reforme actuelle du Titre V, au contraire, introduit des principes totalement opposés et il nous fait faire un inquiétant pas en arrière, un retour au centralisme étatique poussé et qui nous inquiète beaucoup. Passage que l'on voudrait justifier par la prétendue efficacité administrative de l'État, qui serait opposée à l'inefficacité attribuée aux Régions et qui, selon les détracteurs du système fédéraliste, seraient devenues l'exemple concret du gaspillage et de la mauvaise administration. Ores, d'un certain point de vue, il faut reconnaître que les nouveaux centralistes ont eu le jeu facile, du fait que, effectivement, dans ces dernières années il y a bien eu des épisodes de corruption et de mauvaise administration de la part des Régions, ce qui a produit également une réaction hostile diffusée même dans l'opinion publique.

Eh bien, c'est contre ces prises de position que nous devons réagir vigoureusement en tant qu'autonomistes, bien sûr, mais en tant que valdôtains, avant tout. Il faut le faire en agissant chaque jour en pratiquant - chaque jour! - une autonomie responsable, en démontrant que dans notre Région on sait faire les bon choix administratifs, que l'on ne gaspille pas l'argent et que l'on travaille pour le bien de la communauté: c'est le rôle du Conseil de la Vallée. Il faut le faire également en garantissant l'autonomie à tous les niveaux, non seulement pour ce qui concerne les rapports de la Région avec l'État, mais aussi à l'égard des individus, des personnes et à l'égard des collectivités locales. Notre groupe n'a jamais manqué de dénoncer la tendance centralisatrice qui appartient même à notre Région, au Gouvernement régional, au détriment des autonomies locales: il faut le dire clairement.

La riforma attuale, già approvata dal Senato - lo ricordiamo: con il voto del nostro Senatore della Valle d'Aosta, sulle cui ragioni il Consiglio regionale non ha avuto modo di confrontarsi ed oggi ciò potrà avvenire, ma sarà in maniera, ahimè, tardiva - rimette in discussione la riforma del 2001 e, in alternativa ad una organizzazione federale, per quanto embrionale ed imperfetta potesse essere, rispettosa delle competenze regionali e delle differenze culturali presenti in Italia, nonché delle esperienze secolari - secolari! - di autogoverno come la nostra, con il pretesto della semplificazione vuole concentrare nelle mani dello Stato e delle burocrazie ministeriali il potere di intervenire anche nelle materie già ridotte riservate alle Regioni, privandole della loro ragione di essere, in nome di una pretesa tutela dell'unità della Repubblica e dell'interesse nazionale. La clausola di supremazia che è inserita in questa riforma è una mina vagante che potrebbe legittimare pesanti incursioni del legislatore statale e vi è il rischio reale che il sistema di finanziamento delle Regioni a statuto speciale venga riorientato verso logiche antiche, che credevamo superate e scongiurate, rispetto alla piena autonomia finanziaria ed alla discrezionalità delle scelte politiche ed amministrative che deve revenir alla nostra regione.

De quoi provoquer des frissons - permettez-moi ce passage - et déranger le repos éternel des pères de notre autonomie! Aussi parce que, comme le souligne le rapport du groupe de recherche que le Président a évoqué, l'ASA, lié à l'Université de Trento, duquel fait partie même notre ancien collègue Robert Louvin, rapport qui nous a été transmis par la Présidence du Conseil, les Régions à statut spécial ainsi que leurs représentants au Parlement ont préféré adopter une attitude défensive. C'est une constatation qui est faite à l'intérieur de ce rapport et qui souligne une position politiquement très faible, presque passive, insoutenable, de notre point de vue, car c'est une position qui a été adoptée plutôt que de faire face en assumant un rôle actif de proposition. Est-ce que la clause de sauvegarde, qui a déjà été énoncée et évoquée par les collègues, insérée dans les dispositions transitoires, qui prévoit l'entente sur les modifications des statuts spéciaux, sera un bastion suffisant pour sauvegarder notre spécialité? Est-ce que nos devanciers s'en seraient contentés? Ce qui est évident c'est que la norme ne définit pas quel est l'organe régional député a exprimer l'accord: il ne nous semble pas que ce soit le Conseil de la Vallée.

Notre mouvement a voulu se pencher sur le thème des reformes et des conséquences de celles-ci sur notre autonomie spéciale, car nous estimons que ce soit un patrimoine auquel nous ne devons renoncer. La Vallée d'Aoste sans l'autonomie ne serait plus, ne serait plus en absolu! Elle ne serait même pas autre chose: elle ne serait plus. Donc, nous sommes très inquiets car, pour sauvegarder nos prérogatives et notre autonomie, il est plus que jamais nécessaire de pouvoir compter sur des règles certaines, afin de pouvoir programmer l'action administrative à moyen et à long terme. Dans les moments de crise que nous vivons, et au Conseil de la Vallée nous sommes à la veille de la discussion sur le budget, ce n'est plus soutenable de vivre au jour le jour. Il faut avoir des certitudes aux niveaux administratif et politique. Et ce sont certainement les certitudes qui nous manquent dans nos rapports avec l'État! Tout en étant bien conscient que notre Région doit faire sa part, que notre Région doit contribuer à l'assainissement des finances italiennes.

Donc - je conclus - un élan nouveau est nécessaire, une action partagée entre toutes les forces politiques présentes au Conseil de la Vallée, une action qui aille marquer une césure nette avec le passé, avec un passé trop souvent caractérisé par l'action solitaire de la majorité, l'action solitaire même du Président. Le Conseil de la Vallée doit jouer un rôle important et, en tant que groupe de Alpe, nous sommes prêts à y contribuer, pour inciser sur une réforme qui nous inquiète beaucoup, que nous ne pouvons partager car elle amoindrit les compétences des Régions, leurs actions législatives et administratives et, donc, elle diminue la démocratie. Merci.

Presidente - Grazie, collega Morelli. La parola al gruppo dell'UVP, al collega Laurent Viérin.

Viérin L. (UVP) - Merci Monsieur le Président.

Il m'est agréable, au nom de l'Union Valdôtaine Progressiste, de prendre la parole dans cette Assemblée, qui est le symbole de notre autonomie. Une autonomie qui a des siècles, mais qui dans sa forme moderne est représentée par cette Assemblée, c'est-à-dire par le Conseil de la Vallée. En 1946 avant et en 1948 après, l'autonomie moderne que nous sommes aujourd'hui habitués à rappeler et à connaître est celle qui a vécu, à l'intérieur de cette Assemblée, les moments les plus significatifs. L'Italie était issue d'une guerre, une guerre terrible, et pour la Vallée d'Aoste il y avait l'ultérieur sacrifice et l'ultérieure difficulté d'avoir subi le fascisme, qui a anéanti notre culture et notre identité, ce qui fait probablement aujourd'hui aussi banaliser quelque fois notre autonomie en tant qu'autonomie linguistique. Malheureusement, de 1922 avant et de 1925 après, avec la vraie dictature jusqu'à la lutte de libération, il y a eu une génération au moins qui a été anéantie d'un point de vue culturel et linguistique. Donc, les répercussions, d'un point de vue culturel, sont sous les yeux de tout le monde. La lutte des valdôtains a été avant pour la liberté et après pour une forme démocratique de développement et l'autonomie c'est donc la forme qui a été choisie, mais à l'époque on s'interrogeait. Je voudrais rappeler que nous croyons nécessaire que la partie historique qui est arrivée après le 8 septembre 1943 en Vallée d'Aoste a vu des moments même de tension. On s'interrogeait sur la question du plébiscite, sur l'annexion, sur le rattachement à la France plutôt que la création d'un Canton Suisse, plutôt que sur une autonomie plus ou moins insérée dans un cadre d'une Italie qu'on ne savait pas encore quelle forme de gouvernement elle aurait eu. Donc, des passages avec des sacrifices, mais des passages - on veut le souligner - avec des luttes communes et non pas de quelqu'un d'un côté et d'autres de l'autre, sinon dans le moment de tension et de guerre. Une lutte commune qui a été une lutte de peuple, avec des positions distinguées, avec des nuances, avec des différences sûrement, mais une lutte commune. Celui a été un passage historique avec des morts aussi: des morts et des sacrifices.

Aujourd'hui nous avons le devoir, d'un côté, de ne pas oublier - et ce n'est pas de la rhétorique - mais, de l'autre côté, de nous interroger sur ce que c'est l'autonomie aujourd'hui et sur une forme actuelle et non pas passéiste de cette formule démocratique qui peut défendre notre identité de peuple. Une autonomie qui est arrivée et que les valdôtains ont souvent appelée une autonomie octroyée, mais qui est, quand même, fruit d'un partage, justement, d'une communauté toute entière.

Il nous est agréable d'intervenir, car nous sommes de nouveau devant à un moment crucial, après la réforme de '46 où l'Italie a dû choisir entre la monarchie ou la république, après les années '70 et justement en 1970 la création des Régions, car les Régions à statut ordinaire sont de '70. Aujourd'hui c'est une réforme qui décide le destin avant tout de l'Italie et, bien évidemment, le destin de la Vallée d'Aoste et des autonomies spéciales en particulier. Une forme d'État central qui retrouve de l'élan, une politique centralisatrice - oui, il est vrai, des collègues l'ont rappelé - qui probablement a été favorisée aussi par des exemples de Régions, que pas toujours on aurait voulu voir; mais nous croyons quand même qu'il s'agisse d'un tournant historique.

Nous sommes heureux et satisfait de ce Conseil extraordinaire, conscients que le destin de l'autonomie aujourd'hui est devant un enjeu important, mais un Conseil - d'autres l'ont rappelé - qui, à notre avis, est arrivé un peu tardif. Nous l'avons dénoncé plusieurs fois dans cette salle: nous aurions voulu et nous aurions aimé un partage différent sur ce thème, au moins sur le thème des reformes. Même si la politique souvent se divise sur les thèmes d'administration, sur les reformes nous avons souvent évoqué le partage et nous aurions voulu un partage avant d'un vote à Rome! Un vote à Rome qui représente une Région toute entière et non pas une personne. Dans le moment où une communauté élit des représentants à Rome, elle élit des représentants qui représentent la communauté toute entière et non seulement une partie, non seulement une personne. Alors, c'est avec un peu d'amertume qu'on aurait souhaité cela: avant des attaques à l'autonomie, avant que le Parlement s'exprime, avant même des coupes financières et des discussions de budget, car le budget aussi est un moment où l'on défend l'autonomie. Même du point de vue de l'amélioration le Président a cité des passages d'amélioration que nos Parlementaires ont su obtenir. Toutefois, même les passages d'amélioration sont fondamentaux du point de vue du partage, sinon ils arrivent seulement d'une partie et ils ne représentent pas toutes les sensibilités.

Aujourd'hui - les attaques violentes ont été rappelées - quel débat peut s'enclencher vis-à-vis de vous, les Parlementaires? Car ce Conseil extraordinaire a été sollicité en Commission par les Conseillers, même pas par le Gouvernement, il a été sollicité d'une nécessité de s'interroger sur l'avenir de notre autonomie. Cependant, au de-là des institutions il y a la communauté! Elle aussi doit participer et partager ces moments si importants. Il est vrai, nous vivons une période historique différente, mais nos élus à Rome ont ce devoir et nous sommes aujourd'hui ici pour le rappeler. Quand on décide un vote si important, un petit passage auprès des institutions et peut-être même dans la communauté serait souhaitable: cela nous le demandons même aussi et surtout pour l'avenir.

Ci chiediamo dov'era la Valle d'Aosta: la Valle d'Aosta in tutte le sue sfaccettature, non solo quelle politico-istituzionali, ma la Valle d'Aosta che lavora, quella che vive di categorie, di associazioni. Forse, la debolezza della politica in quel momento è stata quella di non aver saputo suscitare un dibattito nella comunità valdostana: nessuna sinergia e nessun raccordo con il Consiglio Valle. Lo abbiamo detto tante volte, signori Parlamentari, onorevoli: avremmo semplicemente voluto un coinvolgimento maggiore delle istituzioni valdostane che sono il fulcro della nostra democrazia.

Due parole nel merito della riforma del Titolo V. Qualcun altro ha già citato l'incidenza che avrà anche sulla Valle d'Aosta: la soppressione del Senato in questa formula, di fatto riporterà ad un sistema di monocameralismo. Ci sarà una seconda camera che però sarà solo consultiva, che perderebbe così il ruolo nella fase di fiducia della nascita dei governi. Quindi, se è vero che aumenta la nostra rappresentatività, come ricordava il Presidente, però di fatto diminuisce il potere di incidenza. Le Regioni che sono collocate assieme ai Comuni: anche in questo caso, i Comuni sono rappresentati, ma svuotati di competenze; non è questa la formula federalista e di sussidiarietà che noi sogniamo e che Émile Chanoux ci ha veicolato. La riscrittura dell'articolo 116 che abolisce per Regioni ordinarie la possibilità di ottenere poteri e funzioni particolari, oggi in capo alle sole autonomie differenziate, conferma solo in apparenza lo status quo ed è priva del principio dell'intesa, se non nella parte che il Presidente ricordava. L'elenco delle materie che tornano in capo allo Stato e la soppressione delle materie concorrenti sono deprimenti per il regionalismo, sono antistoriche, vanno nella direzione opposta a quella a cui noi abbiamo sempre creduto. Basti pensare che, tra le materie esclusive dello Stato, rientrano la protezione civile, l'ordinamento scolastico, la previdenza integrativa e complementare, l'urbanistica, l'energia, i trasporti e il turismo. Infine, il centralismo si conferma con l'applicazione dei poteri regionali previsti nella revisione costituzionale e nell'unità economica e giuridica, nelle riforme economiche e sociali di interesse nazionale, prova ultima della volontà di distruzione di ogni forma regionale di autonomia.

Questo per dire che oggi noi dobbiamo avere, su un tema così importante per l'autonomia, quella condivisione che stiamo avendo in questi mesi in Valle d'Aosta sui temi del rilancio, della riforma dei Comuni, della legge elettorale, sintesi delle diverse sensibilità e modo - crediamo - in cui si deve operare, con l'idea di difendere l'autonomia qui all'interno, prima di farlo fuori dai nostri confini.

Concludo, Presidente, dicendo che, parlando del futuro di questa autonomia, interroghiamoci anche sulla riforma del modello di sviluppo Valle d'Aosta, sul numero di Consiglieri regionali, sul futuro di questa istituzione che nacque con venticinque consiglieri e che noi vorremmo riportare a venticinque, magari prevedendo all'interno del Consiglio Valle anche la rappresentanza dei nostri Enti locali, non solo in termini di rappresentatività, ma anche come riattribuzione di competenze. Tutto ciò per dire che anche il dibattito sulla riforma degli Enti locali è profondamente legata alla riforma del Consiglio Valle ed eventualmente alla riduzione dei nostri Consiglieri, inseriti però in un sistema federale che potrebbe, al di là del CELVA, fare dialogare maggiormente all'interno di questa assemblea i nostri Comuni ed i nostri Enti locali. Questo, noi dell'UVP, lo lanciamo come tema di riflessione.

Quel avenir pour notre autonomie et, surtout, pour quelle méthode de travail liée à la défense de notre autonomie? Nous croyons que l'autonomie se défend chaque jour, à chaque instant. Les années '70-'80 ont été un exemple de comment un peuple a su, face à des attaques, construire un modèle de développement culturel qui est devenu, d'un point de vue institutionnel, une autonomie qui s'est renforcée dans le temps, car on a eu tout de suite les compétences, mais après on les a renforcées à travers l'acquis quotidien, jusqu'à arriver à des batailles historiques et législatives. Mais, aujourd'hui, elle est une autonomie qui se réduit, malheureusement, à des questions souvent financières et la limite du fait d'avoir moins de ressources porte à une limite d'épanouissement de cette autonomie.

Cependant, nous ne devons pas renoncer à nos principes. Nous le rappelons souvent dans cette salle et tout récemment avec l'Assesseur Marguerettaz: nous ne voulions pas polémiquer, mais avant de crier qu'il y a les attaques de la part de Rome il faut défendre ici l'autonomie. Quand nous construisons une possibilité d'appel de concours pour des professionnalités valdôtaines et on pense que le français est considéré comme une langue étrangère, c'est à ce moment-là qu'on perd l'autonomie, avant même de la perdre à l'extérieur de notre région. Donc, on doit défendre l'autonomie avant tout chez nous.

En conclusion, nous disons, comme Union Valdôtaine Progressiste, comme deuxième force politique de la Vallée d'Aoste en termes numériques ici à l'intérieur de cette salle, que nous sommes à la disposition, que nous sommes disponibles à défendre et à étudier des solutions, face aux nouvelles attaques de l'autonomie, pour défendre cette prérogative de notre peuple; une tentative possible de défendre une autonomie qui est symbole de notre peuple et, surtout, symbole de sauvegarde de notre identité. Merci.

Président - Merci collègue. La parola al gruppo dell'Union Valdôtaine, al suo Capogruppo Farcoz.

Farcoz (UV) - Merci Président, Messieurs les Parlementaires, Collègues.

Quand les systèmes économiques, sociaux, politiques et institutionnels ne sont plus à même de donner des réponses aux citoyens, les règles que jusqu'ici les ont caractérisés doivent être changées: à partir de ce moment que les idées, les idéaux et les principes ressortent.

Je commencerais avec cette constatation générique, pour analyser la période de fort changement que nous sommes en train de vivre. Toutefois, je n'entrerai pas dans le mérite des causes et des prémisses économique, sociales et politiques qui ont fait en sorte que le modèle occidental, avec ses distinguo, ne soit plus le même d'il y a quelques années. La crise économique, une gestion différente des bilans des États, la mentalité selon laquelle le développement et, par conséquent, le bien-être puisse croître constamment, le fait d'avoir une monnaie unique avant d'avoir une organisation similaire dans une zone comme l'Europe, ont créé les conditions pour une évidente réorganisation politique et institutionnelle. Bref, en Italie le dossier des reformes, après de nombreux faux départs, a été ouvert et sous l'action du Gouvernement italien a été proposé aux institutions italiennes. En particulier, le Gouvernement, avec le texte du 31 mars 2014, a proposé de nombreuses modifications à la Constitution italienne: dépasser le bicaméralisme parfait - comme il a été rappelé - réduire le nombre des parlementaires, modifier le Titre Vème de la Constitution.

Comme je le disait au début, quand on doit prendre des décisions pour changer des situations, la route est tracée par les principes et par les idées et, malheureusement, nous ne pouvons que constater que ces adresses reprennent une logique que j'espérais définitivement mise de côté de la part de l'État italien, surtout après la période du début de ce siècle quand on commençait, au moins, à parler du concept de fédéralisme.

Je crois que les contenus de cette réforme nous tous les connaissons, grâce aussi à la disponibilité des Parlementaires à venir en Ière Commission. Je ne veux pas les reprendre tous, mais je crois que la modification du Titre Vème de la Constitution mérite une réflexion que nous ne peut pas laisser indifférents en tant qu'administrateurs d'une Région autonome. Je me demande où ont disparu certains principes fédéralistes et surtout de subsidiarité, qui heureusement, dans l'histoire de ce Pays, ont animé un certain nombre de politiciens italiens, mais aussi nous ne pouvons que nous demander s'il existe encore la capacité, ou mieux, la volonté, de comprendre que les territoires de ce pays, et par conséquence leur gestion et leur coûts, son différents. Donc, les compétences aussi des différents domaines ne peuvent qu'appartenir, toujours selon le principe de subsidiarité, aux territoires qui les gèrent. Heureusement, cette préoccupation qui était en train de se concrétiser avec le passage au Sénat reste telle, grâce à l'intervention des Parlementaires valdôtains et au groupe parlementaire d'appartenance. Avec leur action on a obtenu la clause de sauvegarde qui prévoit un accord bilatéral entre Région et État pour l'adaptation des statuts.

Permettez-moi de faire encore quelque passage de caractère plus technique, en reprenant quelque réflexion, comme il a été rappelé avant, du groupe ASA et donc du document qui nous a été envoyé. Je citerai quelques passages particulièrement intéressants: "Attesa ed auspicata da oltre vent'anni, la creazione di una seconda Camera con spiccata vocazione a rappresentare le autonomie regionali è purtroppo avvenuta in una situazione politica contingente di estrema debolezza del sistema regionale. La sommatoria dei fattori negativi, crisi economica, paralisi del processo verso il federalismo fiscale, delegittimazione della classe politica regionale, insoddisfacente applicazione della riforma del Titolo V del 2001, ha collocato la riforma del Senato in uno scenario diametralmente opposto a quello che l'avrebbe contraddistinta se essa fosse avvenuta dieci anni prima, quando fu riformato il Titolo V della parte seconda della Costituzione. Riguardo alla clausola della supremazia, lo Stato si è riservato l'esercizio di una clausola di supremazia verso le Regioni, a tutela dell'unità della Repubblica e dell'interesse nazionale. Dal punto di vista delle Regioni a statuto speciale, si deve comunque evidenziare il rischio che la clausola di supremazia possa essere, nei fatti, veicolo di potenziale superamento di alcune norme di attuazione di cui potrebbe provocare un parziale svuotamento". Sur les coûts et les besoins standard: "Si presta a obiezioni in termini di principio la costituzionalizzazione del principio del finanziamento regionale sulla base dei costi e fabbisogni standard. L'inserimento in Costituzione di questo principio tende ad ingessare, in via generale, un criterio di riparto e le relative metodologie per determinarlo. Una lettura combinata di questo criterio e delle potestà esclusive dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica può contribuire ad orientare ulteriormente l'intero sistema di finanziamento delle stesse Regioni a statuto speciale verso logiche opposte rispetto l'obiettivo di una piena autonomia finanziaria".

Vous comprenez bien que les préoccupations ici remportées ne sont pas à sous-évaluer. Le chemin pour terminer les reformes est encore plutôt long, mais les menaces sur le parcours et la possibilité de se voir changer les textes dans les différents passages nous oblige à maintenir une attention très élevée.

Enfin, je termine en me posant deux questions. Aujourd'hui, dans notre Conseil, on parle des reformes qui iront modifier fortement les règles du jeu auquel le système a été habitué jusqu'à maintenant. Par conséquent, la classe politique ne peut qu'être fortement sensible et attentive, et je crois que le Conseil d'aujourd'hui le démontre. Mais, comme on le disait avant, la population valdôtaine est-elle à même de comprendre ce qui se passe, ou a-t-elle encore l'envie de comprendre ce qui se passe? De notre côté, nous ne pouvons que constater de forts mouvements que dans l'Europe sont en train de demander toujours plus de liberté, en exprimant même leur volonté de constituer un État à part, avec un fort soutien du peuple. Serait-il le début d'une nouvelle vision de concevoir l'Europe? Sûrement, nous ne sommes pas dans une période simple et personnellement j'espère que la politique valdôtaine sur ce point puisse être fort unie, en ne défendant pas exclusivement le concept de l'autonomie du Pays d'Aoste, mais en le relançant tous ensemble dans toutes ses facettes. Merci.

Presidente - Come avevamo programmato, ci sono adesso gli interventi dei Parlamentari. Iniziamo con il Senatore Lanièce, ne ha facoltà.

Lanièce Albert (Sénateur) - Monsieur le Président du Conseil, Monsieur le Président du Gouvernement régional, Conseillères et Conseillers, le thème des réformes constitutionnelles a engagé les législatures qui se sont suivies au Parlement italien dans les derniers vingt ans. Jusqu'à présent, les tentatives de modifier et de mettre à jour notre Constitution n'ont pas atteint l'objectif recherché et c'est pour cela que dans cette XVIIème législature toutes les forces politiques, au niveau national aussi bien que régional, ont jugé nécessaire proposer à nouveau cet important argument pour contribuer à rendre plus modernes et compétitives nos institutions.

Les aspects fondamentaux de ce processus de réforme de notre Constitution, qui ont déjà été soulignés dans les précédentes interventions, sont les suivant: dépasser le bicaméralisme parfait, réduire le nombre des parlementaires, transformer le Sénat en Chambre représentative des autonomies du territoire et, surtout, le maintien et la valorisation de notre Statut spécial et de notre autonomie.

Le 7 du mois d'août, le Sénat de la République a approuvé, en première lecture, la réforme proposée par le Gouvernement et modifiée par le parcours parlementaire. Le résultat a produit un texte dans lequel les objectifs dont je parlais avant sont rejoints partiellement. Le nombre des parlementaires, oui, a été réduit de 315, mais le Sénat, par exemple, ne représente pas du tout un réel contrepoids vers la Chambre des Députés: le Sénat qui est vidé du pouvoir nécessaire pour influencer réellement l'activité parlementaire comme, par exemple, dans le Bundesrat allemand. En plus, analysé du point de vue des Régions, en particulier des autonomies spéciales, la philosophie de cette réforme est difficilement partageable. Nous aurions souhaité un renforcement du système fédéraliste et régionaliste, de la réforme du titre Vème de la Constitution de 2001. Maintes fois, en effet, nous avons exprimé, avec les amis autonomistes de la Südtiroler et du Trentin, nos craintes pour un retour à la centralisation du pouvoir et à un affaiblissement des Régions.

Cette modification constitutionnelle ne se limite pas à transférer de nouveau à l'État les compétences confiées aux Régions en 2001, comme les grands réseaux des transports, l'environnement, le tourisme, l'énergie, l'ordre des professions, pour faire des exemples. Au contraire, ont produit - passez-moi le terme - une contreréforme: les compétences législatives régionales sont réduites à sens unique tout pour l'État; un néo centralisme encore plus marqué même, peut-être, à l'égard de la Constitution de '48. Pour ce qui concerne les compétences législatives résiduelles des Régions, elles doivent être conformées, quand même, aux dispositions générales de l'État. La compétence concourante - on l'a déjà rappelé maintes fois - disparaît, absorbée par la législation centrale. L'introduction même d'une clause de suprématie nationale représente un aspect négatif et qui, par son imprécision, sera sans doute une source de nouveaux conflits à la Cour Constitutionnelle. Un autre aspect délicat, à mon avis, est l'introduction dans la Constitution du principe des coûts standards dans l'attribution financière aux Régions. Ce concept pourrait porter atteinte à l'autonomie décisionnelle même des réalités spéciales, dans les secteurs sensibles tels que la santé, le social et l'éducation.

Pour vous faire mieux comprendre le climat qui a accompagné ce premier débat dans l'hémicycle du Sénat, on a repoussé avec l'apport essentiel de notre Groupe pour l'autonomie un amendement, qui avait été présenté par un ensemble de sénateurs de tous les partis politiques, qui prévoyait le passage des compétences sur la santé et sur le social exclusivement à l'État: cela signifiait la fin de notre welfare.

Il y a quelques années, nous avons assisté au niveau national à une répétition presque obsessionnelle de la parole "fédéralisme" et "fédéral": tout le mal était l'État . Maintenant, en partie même pour des raisons qui sont liées aux scandales qui ont eu lieu dans de nombreuses Régions, la tendance est à inverser. On dit que le problème est l'excessive autonomie et l'incapacité de gestion de la part des institutions régionales et la solution est de centraliser de nouveau le gouvernement des ressources, débat très actuel dans ces jours pour ce qui concerne la confrontation sur la loi de stabilité entre l'État et les Régions.

Toutefois, il y a des aspects moins négatifs, premièrement, la sauvegarde des compétences et des pouvoirs des Régions à statut spécial. À cet égard, cette réforme exclue la Vallée d'Aoste et les autres spécialités de l'application de ce nouveau Titre Vème et renvoie l'adaptation des statuts à une future loi constitutionnelle, introduisant la clause de "l'intesa" dans la Constitution. Une fois la réforme entrée en vigueur, il appartiendra aux Régions autonomes et aux gouvernements d'ouvrir les négociations pour aborder la question sur le futur développement de l'autonomie. En réalité, nous avions présenté, comme Groupe pour l'autonomie au Sénat et en contact étroit avec les Présidences du gouvernement des spécialités des Alpes, un amendement qui prévoyait l'introduction de la "previa intesa" dans l'article 116 de la Constitution, comme d'ailleurs était prévu dans la réforme constitutionnelle que le Parlement avait approuvé en 2005, puis rejetée par le référendum populaire de 2006. Cela nous aurait donné une plus grande garantie dans le cas de modification de notre Statut spécial et pas seulement à l'égard de cette modification de la Constitution. Dans ce sens, nous avons présenté aussi un dessin de loi au début de cette législature.

Sur la composition du nouveau Sénat, la Vallée d'Aoste - on l'a déjà rappelé - comme les autres autonomies spéciales des Alpes est bien représentée: on prévoit deux sénateurs, un conseiller et un syndic élus par le Conseil de la Vallée, donc une représentation indirecte. Nous sommes arrivés aussi à insérer dans la Charte Constitutionnelle la définitive attribution des fonctions provinciales à la Région autonome de la Vallée d'Aoste, aspect important à la lumière aussi des reformes des provinces qui a été introduite par la loi Del Rio. Un ultérieur aspect positif est l'acceptation de notre amendement présenté par notre groupe, qui prévoit l'inclusion, parmi les questions qui sont objet de la procédure législative des deux Chambres, des lois concernant la protection des minorités linguistiques.

Si le chemin de cette réforme de la Constitution sera achevé, il y aura encore au moins quatre passages parlementaires, car presque sûrement la Chambre ira changer quelque chose par rapport à la première lecture: quatre passages au moins et un référendum populaire à la fin du parcours.

Quelles seront les retombées pour notre Vallée d'Aoste? Formellement, aucune conséquence particulière car la condition de Région autonome, avec son propre Statut spécial, est confirmée au paragraphe 1 de l'article 116 de la modification constitutionnelle. Mais notre avenir dépendra du travail que nous devrons faire quand s'ouvrira la délicate phase de la négociation, merci à la clause de sauvegarde avec l'État, dans laquelle notre Statut spécial devra adopter les modifications constitutionnelles tout en respectant - et c'est là l'aspect plus délicat - nos prérogatives statutaires et notre législation particulière. Il sera aussi un moment pour procéder à la modernisation de la Charte de notre autonomie. Ce nouveau vent de centralisme qui souffle sur notre Pays nous rendra sûrement la vie difficile dans ce travail pour la réaffirmation de nos droits et le développement de notre autonomie.

Vorrei ricordare semplicemente come nel passaggio in commissione e poi in aula molti emendamenti erano stati presentati con l'intenzione di eliminare le Regioni a statuto speciale, da parte di quasi tutte le forze politiche, e ci sono anche in questa legislatura leggi che sono state presentate con questo intento; l'ultima tre mesi fa, depositata con l'intento di abolire le Regioni a statuto speciale. Due brevi considerazioni per quanto riguarda questo atteggiamento di difesa che avremmo avuto, con gli amici del Gruppo per l'autonomia, quindi con la Südtiroler Volkspartei, con il PATT, con l'UpT, quindi, con il gruppo delle autonomie forti delle Alpi. È vero, abbiamo avuto un atteggiamento di difesa: noi ci siamo trovati in certi momenti, in aula ed in Commissione, soli a difendere il regionalismo, non solo le Regioni a statuto speciale. Vi sono state Regioni ordinarie che non sono intervenute: silenzio assordante. A volte ci siamo trovati in otto a difendere degli attacchi importanti. Noi abbiamo proposto anche in aula ed in commissione, ad esempio con emendamenti, che il Senato si occupasse anche delle leggi finanziarie, il che era di capitale importanza per poter dare a questa nuova Camera una funzione determinante, perché è chiaro che se non si discute degli aspetti finanziari, delle finanze e delle leggi finanziarie tra Stato e Regioni, non si può incidere in modo fondamentale ed importante. Inoltre, noi abbiamo anche dovuto combattere contro una norma di salvaguardia che era stata proposta con il "si applica" alle Regioni a statuto speciale. Abbiamo dovuto combattere per mettere questo famoso "non" e, soprattutto, per evitare, come era stato proposto, di mettere una scadenza alla norma di salvaguardia: un anno, due, dopodiché la riforma si applicava comunque. Queste sono le piccole battaglie che ci hanno visti in difesa. In questo momento, io credo che bisognerebbe esserci per capire qual è l'atteggiamento e il clima che si respira a Roma verso di noi, e lo dico con grande amarezza.

Donc, pour être mieux préparés à répondre à ce grand défi, il faut que dans notre Région s'ouvre une nouvelle phase politique. Il est nécessaire de trouver une nouvelle synergie entre les forces politiques présentes dans ce Conseil régional - après avoir écouté les interventions des Chefs de groupe, je crois qu'il y a la possibilité - pour construire un front commun le plus large possible, dans la défense de notre Statut et de l'autonomie de notre Vallée d'Aoste.

Président - Merci Sénateur. La parole au Député Marguerettaz.

Marguerettaz Rudi (Deputato) - Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Regione, Assessori, Consiglieri, la prima cosa che devo comunicarvi (non vi interesserà molto, ma la devo dire) è una certa emozione a riprendere la parola in quest'aula, dopo qualcosa come dodici anni! Un'emozione che mi faceva ripensare al tempo che personalmente ho passato in quest'aula. Guardando la tribuna, ricordavo - penso che anche voi mi testimonierete per questa legislatura e per quelle precedenti nelle quali io non ero più qui - ricordavo come, periodicamente, quella tribuna fosse gremita di gente; ricordo, ai miei tempi, forestali, vigili del fuoco, insegnanti. Ci sono stati momenti, nella mia piccola storia vissuta all'interno di quest'aula, in cui persino la piazza qui sotto era gremita di gente, tanto che fu necessario aprire la sala delle manifestazioni con tanto di schermo. Lo dico perché oggi non c'è questa situazione. I volenterosi ed attenti cittadini che sono nella tribuna del pubblico dimostrano che, come anche altri interventi hanno sottolineato, non c'è a livello di società valdostana la consapevolezza della gravità del momento che stiamo vivendo, non c'è, come forse in altre occasioni, la consapevolezza che su queste riforme, in discussione a livello nazionale, si gioca il nostro futuro e si può giocare la nostra stessa identità.

Questa, come è stato detto, è praticamente la terza riforma che viene avviata nel giro di quindici anni. È piuttosto sostenuto come ritmo di riforme! Di solito le riforme vengono fatte con cadenze decisamente più lunghe nel tempo. Però, in questi pur brevi anni - quindici o forse quattordici, per la verità - abbiamo assistito tutti ad un'inversione di tendenza formidabile. Nel giro di così pochi anni, molte forze politiche sono passate da un'impostazione regionalista, federalista o comunque di decentramento del potere centrale, ad un'inversione di tendenza impressionante, che ha partorito il centralismo che tutte le forze intervenute in questo consesso hanno rimarcato essere all'interno di questa riforma.

Una riforma che vuole andare ad incidere su quelle parti già modificate nel 2001 e che nel 2006 il Governo dell'epoca cercò, con la legislatura, di rimodificare in senso - dobbiamo dirlo - ulteriormente federalista: si parlava della devolution, se ricordate. Una proposta, quella, probabilmente pasticciata per certi versi, come molte altre proposte - in parte lo è anche questa, lo abbiamo visto - ma che dobbiamo ammettere, per quanto riguarda la nostra Regione, rispetto al testo che sta uscendo a livello romano, rispetto all'attuale testo che stiamo discutendo, quella riforma ci tutelava di più, stante il testo com'è oggi. Ci tutelava di più perché aveva in previsione, se non altro, l'applicazione del principio dell'intesa nella Carta Costituzionale. Ricordiamo tutti la fine che fece quella riforma: fu abortita da un referendum, tra l'altro con una maggioranza piuttosto schiacciante, e furono intorno al 65 percento gli elettori che si pronunciarono contro quella riforma anche nella nostra regione. Lì scattarono - e forse non solo in quell'occasione - delle motivazioni forse più politiche che di sostanza. Ricordate: c'era stato il cambio di governo, c'era il Governo Prodi che era subentrato al Governo Berlusconi. A ridosso c'era, appunto, il referendum su una riforma fatta dal vecchio governo di centrodestra, quindi scattarono anche motivazioni di tipo politico che certamente influirono su quello che fu poi l'esito di quella riforma.

Un neocentralismo - oggi non possiamo fare altro che definirlo così - che si basa, ahimè - anche questo qualche ex collega l'ha ricordato - che nasce e che trova terreno fertile su un momento di estrema debolezza istituzionale delle realtà regionali. Debolezza istituzionale che, però, non va confusa: qualcuno ha ricordato gli scandali e quant'altro, ma io credo che non vadano mai confuse le persone che interpretano le istituzioni con le istituzioni. Stiamo attenti a non fare questo facile gioco. Questo clima avverso alle Regioni, o meglio, questo clima che riporta i poteri a livello centrale lo abbiamo ancora sentito recentemente nella dichiarazione che il Presidente del Consiglio ha fatto - l'avete credo sentita tutti - non riguardo alle riforme, ma riguardo alla legge di stabilità che sta prendendo luce, a proposito della richiesta fatta nei confronti delle Regioni dei famosi 4 miliardi: di fronte alle prime reazioni delle Regioni il Presidente del Consiglio ha detto "Le regioni hanno tanto da farsi perdonare". Credo che questa frase riassuma bene il clima con il quale ci si avvicina a questa riforma.

È una riforma che, come tutte, ha dei punti positivi e dei punti negativi o comunque migliorabili. I punti positivi sono stati ricordati e io ne voglio citare uno che forse non è stato detto, che è stato magari dato per scontato, ma che probabilmente non lo era anche da parte di molti commentatori: il fatto che il Senato - senza entrare nel merito del provvedimento - sia comunque riuscito ad autoriformarsi, per certi versi ad autoeliminarsi, se vogliamo usare questo termine un po' forte. Non erano in tanti, prima che questo accadesse, a scommetterci. Questo è un dato certamente e comunque di per sé positivo, così come certamente positivo è il superamento del bicameralismo: fatelo dire al Senatore (credo di poterlo certamente dire anche per lui) ed al sottoscritto che in questo anno e mezzo abbiamo visto le storture di questo meccanismo bicamerale. Un dato certamente positivo è la riduzione del numero dei parlamentari. Ne ricordo anche altri che non mi è sembrato di sentire emergere dal dibattito: l'inserimento del referendum propositivo, che credo sia uno strumento di democrazia importante sul quale la Valle d'Aosta ha probabilmente precorso i tempi; la riduzione del quorum per l'approvazione di un referendum, là dove vengono raccolte 800 mila firme; la soppressione del CNEL; l'abrogazione delle province. Questo per dire che vanno riconosciuti, a mio avviso, anche dei punti positivi di questa riforma.

Ci sono chiaramente, però, punti negativi o speriamo migliorabili, ad esempio sul ruolo del Senato. In questa prima parte del dibattito è stato detto giustamente che il Senato era svuotato del suoi poteri, ma, a fianco di questo svuotamento legislativo, io mi sono personalmente interrogato su quale ruolo si vuole però realmente dare a questa assemblea. Il Senato vuole essere davvero una camera di rappresentanza delle autonomie territoriali o, pur svuotata, sarà comunque una camera di tipo politico? Che cosa faranno i rappresentanti delle Regioni quando andranno in Senato? Me lo chiedevo, anche perché la riforma non lo prevede. Come si collocheranno all'interno dell'aula? A seconda dell'appartenenza regionale - come dovrebbe essere se sarà la camera rappresentativa delle Regioni - o attraverso una rappresentanza politica del gruppo politico al quale apparterranno i rappresentanti? Può sembrare una cosa di poco conto, ma credo che, invece, sia importante proprio per capire il ruolo che potrà avere una camera che noi, proprio come Consiglio, abbiamo da anni rivendicato come importante: una camera dove siano rappresentate le autonomie territoriale. Ma se questo ruolo vuole essere di rappresentanza delle autonomie territoriali - viene da chiedersi e su questo si interrogava anche qualche Consigliere pocanzi - come è pensabile che il Senato, che appunto dovrebbe occuparsi di questi temi, non avrà voce in capitolo, qualora il Governo decida di applicare la famosa clausola di supremazia? Qualcuno si chiederà: chi sarà ad applicare la clausola di supremazia? Per come ho letto io la proposta, sarà il Governo, attraverso una legge che passerà esclusivamente alla Camera! Ora, è evidente - come ha detto qualche esperto audito in questo periodo alla Camera - non vorrei che i contenziosi che prima c'erano tra le Regioni ed il Governo si spostassero in un contenzioso tra le Camere, cosa da non escludere. Se il Senato avrà un ruolo di rappresentanza delle autonomie territoriali, che cosa c'entrano i cinque senatori non più a vita, ma a settennato, che dovrebbero essere eletti dal Presidente della Repubblica? Non hanno nessun senso all'interno di una Camera delle autonomie. Se il Senato dovesse essere la rappresentanza delle autonomie locali, è impensabile non prevedere che i Presidenti delle Regioni ne siano parte di diritto.

Ho tralasciato tutti i ragionamenti sul tipo di elezione del Senato, che condivido e che ho già avuto modo di fare in Commissione: sposto un po' gli argomenti anche per dare un po' più di spunti. È impensabile non immaginare la presenza di diritto dei Presidenti delle Regioni, i quali, come si sa, rappresentano la Regione stessa e con i quali inevitabilmente coloro che andranno a rappresentare la Regione saranno costretti a confrontarsi, anche perché, se non altro, come dice uno degli auditi in questo periodo nella I Commissione della Camera, è il Presidente della Regione il titolare che impugna le leggi davanti alla Corte Costituzionale; e non fa necessariamente parte del senato delle autonomie! Questo per dire di alcuni punti che rimangono oscuri all'interno del Senato.

Veniamo a quelli che ci riguardano un po' più da vicino: vi sono punti positivi e punti ancora un po' critici. C'è un punto positivo che è stato detto dal collega Lanièce, ma che voglio richiamare, perché forse non c'è sufficientemente coscienza. Lo dico senza fare torto a nessuno, tantomeno dando responsabilità o colpa, ma voglio ricordare qual è il clima che si è creato nel corso di questi anni nei confronti delle Regioni a statuto speciale. Un clima fatto non solo di attacco politico, istituzionale, ma di tipo culturale e attraverso gli organi di informazione! Ricordiamo tutti le trasmissioni che passavano, ad un certo punto con un ritmo frenetico, sui canali più importanti della RAI ed anche delle altre televisioni che, evidentemente, non erano certo a favore delle autonomie speciali. Questo mi porta a dire che il fatto che il nuovo testo della Carta Costituzionale preveda l'esistenza delle Regioni a statuto speciale non è una cosa scontata e banale e che era data per facile. Per niente! Io ricordo, a chi magari se lo fosse dimenticato, che questa Legislatura - il Governo Letta, per la verità, non ancora il Governo Renzi - era nata con il Ministro Quagliariello che aveva messo in piedi una commissione di saggi per studiare tutte le riforme che potevano essere portate alla Carta Costituzionale. Ebbene, all'interno di questi saggi, un numero considerevole di questi professoroni universitari, costituzionalisti e quant'altro aveva messo tra le priorità o comunque tra i punti indispensabili da superare proprio le Regioni a statuto speciale. Il pericolo di cancellazione - anche qui, per essere attenti fino in fondo a questi argomenti - non è ancora del tutto scomparso, perché, non più di una settimana fa, il Professor Antonini che è stato audito dalla Commissione per gli Affari Istituzionali della Camera, ha messo in guardia i commissari, quindi i partiti, sul fatto che con questa impostazione, così come è stata votata dal Senato, si rischia di avere due costituzioni. Questo ha detto il Professor Antonini: una con il vecchio Titolo V che vale per le Regioni a statuto speciale, l'altra con il nuovo Titolo V che vale per tutte le altre Regioni; lui denunciava fortemente questa incongruità. Quindi questo è un qualche cosa sulla quale bisognerà ancora vegliare.

Taglio perché altrimenti rischio di annoiarvi, ma faccio solo ancora alcune considerazioni conclusive. Quale deve essere l'atteggiamento nostro oggi? L'atteggiamento è quello di cercare di migliorare, per quanto possibile, il lavoro fatto dal Senato. Personalmente, dal punto di vista della Valle d'Aosta, che cosa potremmo cercare di fare? Innanzitutto vegliare su quello che diceva il Senatore Lanièce: il tentativo che è stato messo in atto al Senato certamente sarà riportato anche alla Camera, in modo particolare quello di mettere una scadenza temporanea alla revisione dello Statuto, altrimenti scatta magari la clausola di supremazia; su questo bisognerà stare molo attenti. Poi, per quanto possibile, dovremmo riprovare, a mio avviso, a reinserire nell'articolo 116 della Costituzione il principio dell'intesa, cercando di dargli una valenza costituzionale e non provvisoria, seppure importante, come è stato detto. Il terzo obiettivo è di cercare di ridelimitare, per quanto possibile, questa clausola di supremazia e, come è stato anche detto, di ampliare la possibilità di avere nuove competenze legislative non solo per le Regioni a statuto ordinario, ma anche per quelle a statuto speciale.

Si riuscirà a fare questo? Io non voglio fare facile demagogia e penso che sarà molto difficile, perché è vero che verosimilmente la Camera modificherà in parte il testo uscito dal Senato, ma non credo che lo stravolgerà. La linea che mi pare emergere anche nei gruppi è quella di limitare di molto la modifica del testo. Poi, per carità, magari domani sarò smentito, però sembra un po' questa la tendenza. Devo dire che, anche a livello di parlamentari, si riuscirà a migliorare il testo nella misura in cui, almeno io questo ritengo, i Consigli regionali, soprattutto quelli delle Regioni a statuto speciale, soprattutto quelli dell'arco alpino, saranno più decisi in questa fase a fare sentire alta la loro voce. Lo dico perché, anche con i colleghi della Südtiroler della Camera, mi è parso di percepire una sorta di "cerchiamo di conservare - è chiaro: questo è l'obiettivo minimo - le cose che sono uscite dal Senato", ma non mi è sembrato di percepire una volontà di rilanciare, come se un accordo politico si fosse in qualche modo chiuso.

Segnali positivi - lo ricordava anche Albert Lanièce - li ho visti anch'io: mi ha fatto molto piacere sentire il clima che c'è oggi in quest'aula, la serietà e l'onestà con cui tutte le forze politiche hanno voluto confrontarsi su questo tema. In chiusura faccio solo una considerazione finale: in prospettiva noi dovremo comunque interrogarci su due questioni. Una, sulla capacità nostra di fare le riforme: anche questo consesso ha provato nel tempo a fare delle riforme e non ci è riuscito; ricordo varie commissioni ad hoc per lo statuto che hanno fallito. La seconda questione mi ritorna da dove ero partito ed è questa: io credo che tutte le forze politiche, i Parlamentari certamente, ma tutte le forze politiche ed i consessi istituzionali debbano confrontarsi di più per fare crescere la consapevolezza del bene che rappresenta per tutti noi la nostra autonomia. Grazie.

Si dà atto che dalle ore 16,44 assume la presidenza il Vicepresidente Rosset.

Rosset (Presidente) - Grazie Onorevole.

Abbiamo concluso gli interventi dei due Parlamentari. Siamo in fase di replica. Chiederei ai Consiglieri chi intende prendere la parola? Ricordo che era stato concordato un tempo di circa 20-25 minuti per ogni gruppo. Ha chiesto la parola il Consigliere La Torre, ne ha la facoltà.

La Torre (UV) - Grazie Presidente.

Signor Senatore, Signor Deputato, Colleghi. L'autonomia è un concetto che è nella mente e nel cuore di chi si sente e di chi è valdostano. Il grado di difesa e di affermazione in autotutela di questo valore sta nel quanto siamo disposti a raggiungere un compromesso ed ad accettare quindi i cambiamenti proposti dallo Stato. Questo percorso non può essere condizionato semplicemente dai numeri che esprimiamo, perché questo è un percorso di identità, di cultura e di storia che va al di là dei numeri che una singola Regione può esprimere, in questo caso la Valle d'Aosta. Oggi la nostra coscienza di uomini politici ci impone di fare alcune riflessioni, da valdostani ma anche da italiani, e ci fa dire che sicuramente in questo Paese un cambiamento è necessario, quindi io non intendo intervenire per dire che i cambiamenti non devono essere fatti. Mi pongo bensì una riflessione di tipo diverso, sul tipo di cambiamento di cui questo Paese ha necessità e su quale cambiamento lo Stato ci porta, o meglio, cerca di imporre a questo Paese. Un cambiamento che, a mio avviso, attraverso la riscrittura del Titolo V, tocca la natura stessa delle Regioni autonome ed incide quindi modificandone sia il ruolo, sia i poteri e anche i rapporti di rappresentanza e istituzionali tra lo Stato e le Regioni, perché tocca di fatto anche la potestà legislativa, così come è stato ben spiegato dal Senatore e dal Deputato.

Pongo la prima riflessione, che vuole essere solo tale: un cambiamento, se vuole essere propositivo, deve avere alcuni requisiti. Il primo requisito, che io ritengo per un argomento di questa importanza, dev'essere quello della saggezza. Il requisito della saggezza non può, a mio avviso, non tener conto della cultura, dell'identità e della storia di un paese, di un popolo in questo caso anche di una regione. Quindi la prima domanda che io mi pongo è se questo è un cambiamento saggio. Certamente, quando sento parlare di una clausola di supremazia da parte dello Stato, non mi sembra di leggere all'interno di questo cambiamento quel livello di saggezza che sarebbe necessario ad un Paese per crescere tutti insieme.

La seconda riflessione che mi pongo è sull'importanza che un cambiamento, oltre ad essere saggio, debba essere anche utile. Mi chiedo quindi se questo cambiamento ha in sé quei requisiti di utilità che in qualche modo il Paese reclama. Certamente nel momento stesso in cui vengono introdotti i principi dei costi standard e delle spese dei fabbisogni standard senza distinzioni tra Regione e Regione, senza tener conto delle realtà territoriali e quindi anche delle identità geografiche, mi viene da chiedere se questo ha anche il requisito dell'utilità, che a mio avviso non pare rispettato fino in fondo.

Mi pongo queste domande non tanto perché io, come ho detto prima, voglio ostacolare il cambiamento: io non voglio ostacolare il cambiamento! Io, bensì, vorrei incoraggiare un cambiamento che possa essere, come ho detto, saggio e utile. Anche perché vorrei capire qual è il grado di compromesso, e mi richiamo a quando ho detto all'inizio che il valore dell'autonomia è nel cuore e nella mente, e il compromesso è quel livello a cui noi siamo disposti a scendere con lo Stato per tutelare la nostra autonomia: mi chiedo qual è il livello a cui io posso scendere per trovare una risposta che possa coincidere con quella che è la volontà dello Stato. La prima affermazione che mi viene da fare è che resta fermo in maniera straordinaria il valore del nostro statuto speciale e forse è proprio attraverso una capacità non solo di applicare, ma anche di rileggere e quindi di ammodernare il nostro statuto speciale, che abbiamo lo strumento che ci potrà permettere in qualche modo di affrontare questi cambiamenti, cercando di condizionarli in quella direzione che a mio avviso oggi è indispensabile. Non si può quindi accettare un percorso come questo che ci propone lo Stato, senza essere presenti nel dibattito, senza controbattere e senza in qualche modo cercare, anche senza la forza dei numeri, di essere protagonisti della discussione. Mi fa piacere oggi di vedere il Senatore e il Deputato e credo che potranno, come diceva l'amico Marguerettaz, frequentando quest'aula proprio su questi argomenti, trovare energia in quest'aula, perché io credo che anche la loro battaglia ha più significato nel momento in cui sanno che alle spalle c'è un Consiglio regionale unito che condivide le loro posizioni e che suggerisce dove può e supporta il loro lavoro a Roma - consentitemi - anche in solitudine.

Questa solitudine mi fa anche riflettere su un'altra opportunità che ci offre questo dibattito: quella di aprire e concordare anche con le altre Regioni a statuto speciale una linea di comportamento. Approfondire quindi non solo momento per momento, utilità per utilità, ma cominciare veramente a impostare con le altre Regioni a statuto speciale una linea politica che in qualche modo veda giocare un ruolo più unito delle nostre Regioni, nei confronti di queste situazioni che stanno venendo avanti. Questo però impone ancora un'altra riflessione che è tutta locale e che richiede una condivisione totale non solo del valore dell'autonomia che sicuramente è condiviso, ma che richiede anche una visione intelligente e politica di una prospettiva, perché solo attraverso una centralità politica del Consiglio su questi temi, quindi una condivisione di questi percorsi, noi potremo avere quell'energia all'interno di quest'aula per mettere mano allo statuto speciale, ed è solo in quel momento che noi riusciremo ad esprimere ancora la potenzialità della nostra autonomia. Ma per fare questo è evidente che dobbiamo, come stiamo facendo in questi giorni, portare avanti anche dei percorsi di comprensione politica che sta passando, secondo me anche attraverso numerose leggi che in qualche modo, in una visione anche più condivisa, stanno trovando sbocco attraverso le Commissioni, ma anche attraverso l'aula.

Io credo che questo sia fondamentale, perché non sarà possibile affrontare questi cambiamenti senza un cambiamento anche delle nostre menti e senza un atteggiamento diverso, perché raccogliendo anche alcune delle sollecitazioni di altri Consiglieri è evidente che, quando dovremo parlare di questo Consiglio regionale e della sua trasformazione, non sarà neanche sbagliato pensare all'interno del Consiglio regionale una rappresentanza dei Comuni, così come non è neanche difficile pensare che le riforme in qualche modo siano indispensabili per quelli che saranno i cambiamenti di difesa dell'autonomia.

Vorrei ancora aggiungere e concludere che questo lungo percorso, come ha detto il collega Marguerettaz, sicuramente metterà alla prova le nostre capacità. Però credo anche che esistono in questa Regione le energie, perché c'è la necessità di una visione positiva anche all'interno di un mondo politico che troppo spesso piange su stesso e non è capace di reagire dando quelle risposte verso l'esterno. Quindi credo che la vera energia e la vera forza possano nascere all'interno di questo Consiglio, anche con momenti di confronto duri, anche affrontando argomenti difficili come quelli che stiamo affrontando, ma trovando quando è necessario, come su argomenti come questo, il Titolo V, quella sinergia tra di noi e quella capacità di centrare gli obiettivi, traguardandoli verso il futuro in un unico solo interesse che è quello dei valdostani e della difesa della nostra autonomia. Grazie.

Si dà atto che dalle ore 17,07 assume la presidenza il Vicepresidente Follien.

Follien (Presidente) - Grazie Consigliere La Torre. La parola al Vicepresidente Rosset.

Rosset (UVP) - Grazie Presidente.

Signori Parlamentari, cari Colleghi, ce ne sarebbe da dire in premessa! Di che cosa stiamo parlando? In effetti l'ultima legge di stabilità rende evidente quanto disinteresse e persino disprezzo si colgano ormai nella politica italiana nel parlare delle Regioni e dei regionalismi. La stessa impressione si ricava scorrendo la poca, direi poca, legislazione ordinaria varata in questa legislatura nazionale. Peraltro, nel caso valdostano, vi è anche il grande punto interrogativo sul funzionamento della Commissione paritetica Valle d'Aosta: mentre altri macinano norme di attuazione per migliorare la loro autonomia speciale vigente, nel nostro caso ci sono un silenzio e una paralisi davvero inquietanti. Si tratta di una violazione della logica pattizia che esiste nella logica stessa di questa Commissione paritetica, che rimane invece ai capricci dello Stato. Persino l'emanazione delle norme, come per la ferrovia e il catasto, rischia poi di risolversi in un nulla di fatto, mentre la reazione del Governo regionale dei Parlamentari valdostani risulta essere un pochino debole e non coordinata.

Che l'aria in generale fosse cattiva lo si era capito da tempo, prima con l'uso strumentale del patto di stabilità, peggiorato ancora con l'evoluzione europea nota come fiscal compact, mentre oggi piangiamo sul latte versato con regole negative nell'interpretazione del nuovo riparto fiscale, vedasi i continui tagli, la violazione, le trattenute in favore dell'erario dello Stato. Lo svuotamento della nostra autonomia avviene anche con una sorta di garrota che ci stringe il collo, con i tagli finanziari continui e crescenti che hanno impoverito clamorosamente le nostre finanze e il confronto con le altre Regioni a statuto speciale.

In questo contesto tutt'altro che adatto a un clima costituente, si inserisce il disegno di legge costituzionale: disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero di parlamentari, la soppressione del CNL e la revisione del Titolo V nella Parte II della Costituzione. Questo non è un caso, uno spot pubblicitario cui siamo abituati in questi giorni e in questi mesi, ma è un testo vero e impattante che dovrà viaggiare con l'iter complesso e senza scorciatoie. Quest'estate - è vero, come citava il Senatore - ad agosto sembrava fosse stato votato, sembrava fosse una questione di vita o di morte: ora sarà calendarizzato alla Camera e il fuoco sacro della solita fretta sembra meno caldo, ma forse verrà riattizzato appena possibile.

Siamo dunque di fronte ad un articolato che, in barba a bicamerali, commissioni parlamentari, confronti e dibattiti, abbatte come una folgore sulle istituzioni repubblicane una visione, spiace dirlo e spiace scriverlo, neocentralista. Finito il finto federalismo, in Italia ma anche in Valle d'Aosta, sono cadute molte maschere dei federalisti della domenica che avevano inseguito l'idea per puro opportunismo. Noi, per contro, restiamo fedeli al principio federalista, convinti che solo lì si può andare.

Leggevo di recente una nota del professor Cacciari, nel commentare il "no" scozzese: "Sotto la pressione - diceva - opposta e complementare delle potenze globali e dell'esplodere dei movimenti tra loro diversissimi, alla ricerca di identità locali e nazionali, la via da percorrere non poteva che essere quella di un autentico federalismo, sia all'interno di ciascun Stato che a livello dell'Unione. Non si è voluta neppure riconoscere. E allora - continuava - l'unità politica europea diverrà un'idea spettrale travolta da indipendentismi di ogni tipo, se finalmente non sapremo declinarla in chiave federalista." Questo è fondamentale.

Ma torniamo alla riforma costituzionale in discussione a Roma. Le osservazioni vanno al momento ristrette alle conseguenze per la nostra autonomia speciale, pur ovviamente senza perdere di vista il quadro generale. Infatti, il dato di partenza è la volontà di controriforma, o meglio, se vogliamo chiamarla anche di restaurazione della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, voluta dallo stesso centrosinistra che oggi cambia la sua rotta. Finita l'epoca delle grandi ma in realtà improduttive affermazioni federaliste, cui corrispose allora - con buona pace di una Lega che finì presto per essere un partito di lotta, ma preferendo la sua posizione di governo - solo un lieve progresso del regionalismo, compreso quello ad autonomia differenziata. Ora si fa una marcia indietro. Un pentimento senza ragione, forse comprensibile in uno Stato nazionale funzionante, ma da noi chi pensi di riaccentrare su Roma non è vittima solo di un abbaglio personalista, ma anche di un disegno che si rivelerà disastroso, non fosse altro che le riforme costituzionali si fanno quando c'è uno spirito costituente; uno spirito costituente che oggi è nullo.

Pensiamo alla scelta di uscire dal sistema del bicameralismo perfetto come se fosse una panacea. Non siamo di fronte alla nascita, come si sarebbe dovuto fare, di una vera e propria Camera delle Regioni, perché il vecchio Senato una volta soppresso lascerebbe il posto a una assemblea ben diversa dalle camere presenti nei sistemi federali. Di fatto saremmo in un sistema monocamerale, lo ricordava anche il collega Viérin, dove avremmo un doppio voto che resterebbe solo in poche occasioni e la seconda camera sarebbe un organo consultivo; lo ricordava anche il Presidente della Regione. Questo vorrebbe dire perdere il ruolo nella fase di fiducia all'atto della nascita del governo: insomma, una scatola vuota. La composizione, poi, che mette Regioni e Comuni sullo stesso piano, è umiliante. È umiliante per il regionalismo e con questa forte componente comunale opera con il meccanismo del divide et impera nel mondo autonomistico a vantaggio dello Stato.

La scrittura dell'articolo 16 della Costituzione, come citava il Senatore Lanièce, conferma solo in apparenza lo status quo ed è priva del principio dell'intesa per la modifica degli statuti; una modifica degli statuti attesa da decenni e vera chiave di volta del sistema.

L'elenco delle materie che tornano in capo allo Stato e la soppressione delle materie concorrenti sono deprimenti per il regionalismo. Nello scorrere le nuove materie esclusive dello Stato, in assenza di meccanismi veri di tutela delle Regioni speciali nelle materie già proprie, c'è da restare stupiti: l'insidioso coordinamento della finanza pubblica, la protezione civile, l'ordinamento scolastico, la previdenza integrativa, l'urbanistica, l'energia, i trasporti, il turismo. Un disegno centralistico che diventa letale con due ghigliottine applicate ai poteri regionali: l'unità economica e giuridica e le rinate riforme economico-sociali di interesse nazionale. Su questo ho seguito qualche settimana fa sulla stampa un editoriale di un ex presidente della corte dei conti, Ugo De Siervo, che ricordava che si è incominciato a votare al Senato e citava: "La proposta resta caratterizzata da due discutibili scelte di fondo. In primo luogo diminuiscono molto i poteri legislativi ed amministrativi delle Regioni rispetto a quanto attualmente previsto dal Titolo V della Costituzione, andando anche al di là di quanto era stato ipotizzato dagli stessi critici delle Regioni negli ultimi anni. Tutte le innovazioni relative a Regioni e Province non si applicano che alle quindici Regioni ad autonomia ordinaria, mentre per le altre cinque, Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli, tutto resta come prima, in ipotetica attesa di future modifiche dei loro statuti speciali." Attenzione: statuti speciali che sono leggi costituzionali. Addirittura il forte gruppo di pressione, che evidentemente ha operato sia al Governo che nella Commissione, ha addirittura fatto prevedere che queste future modifiche potranno intervenire - ripeto: queste future modifiche potranno intervenire - solo se il Parlamento conseguirà previe intese con le Regioni e Province autonome interessate; questo la dice lunga!

Quest'ultimo punto, visto dalla prospettiva delle speciali pare positivo, ma le osservazioni proposte fanno notare un rischio evidente. Una mancata alleanza generale delle Regioni a difesa del regionalismo, rischia di riportarci al vecchio refrain delle Regioni ad autonomie speciali come ingiustamente privilegiate e la numerosità delle ordinarie incarognite, che già facevano spesso e sempre fronte comune contro l'autonomia referendaria. Non sarà un buon viatico; sarà un'azione controproducente. Si vince sul breve, è vero, ma sul lungo potranno nascere seri problemi, specie perché la manovra statalista e centralista sta proseguendo fortemente. Si è già visto come si può fingere di non toccare nulla e soffocarti lentamente con tagli finanziari e limiti di spesa. Insomma, le speciali potrebbero ottenere al momento una sorta di paracadute, ma questo paracadute si aprirà o la tutela delle speciali è posata su un terreno paludoso di un regionalismo ridotto a poca cosa e in un contesto negativo? Questa è la triste realtà. È vero che il cammino è lungo e la procedura complessa e che forse sta crescendo in Renzi la voglia di elezione anticipata, ma il clima resta plumbeo per le Regioni e per i regionalismi. Lo si è visto anche nei lavori come svoltosi sul punto al Senato, con fretta e superficialità: è stato scelto di operare la tagliola e poi usare il canguro, metodi per accelerare il lavoro, sfoltire il numero di emendamenti, ricorso all'ostruzionismo parlamentare; non è stato certo una scelta da clima costituente.

Insomma, la stagione delle riforme è partita male e più che andare avanti si sta tornando indietro, correntemente lo citava anche la collega Morelli. Viene sempre la citazione "gli italiani vogliono fare un'Italia nuova" e nessuno si accorge che per riuscirci bisogna prima che si riformino loro. Difetto che sembra non mancare neppure ai valdostani, che paiono seguire con una certa distrazione questi passaggi. Il regionalismo rischia grosso e il nostro, a difesa dell'ordinamento valdostano, deve essere un atteggiamento, cari Parlamentari, cari Colleghi, offensivo e non un atteggiamento difensivo. Semmai difensivo a protezione e per lo sviluppo delle nostre prerogative, come fa con abilità sul piano finanziario Trento in queste ore.

In questo scenario ancora poco chiaro, l'auspicio è che si possa portare avanti un'azione determinata e costante dei nostri Parlamentari, attraverso un lavoro, ripeto, offensivo nelle sedi istituzionali competenti, attivando un parallelo confronto, come citava anche il collega La Torre, con il Consiglio regionale in una sinergia concreta, come auspicato anche dal Senatore Lanièce, sinergia concreta che fino a questo momento non c'è mai stata. Un confronto necessario per portare avanti un'azione efficace, in grado di tutelare la nostra storia e la nostra specificità, altrimenti la pur apprezzabile clausola di salvaguardia rischia di essere una foglia di fico in un bosco in fiamme. Di questo dobbiamo avere consapevolezza e dunque è bene reagire sapendo che la specialità è fatta di diritti, ma anche di doveri. Grazie.

Président - Merci Vice-président Rosset. Collègues, je vous invite à vous réserver. La parole à la Conseillère Certan.

Certan (ALPE) - Monsieur le Sénateur, Monsieur le Député, chers Collègues j'ai suivi avec beaucoup d'intérêt ce débat et toutes les interventions. C'est important d'avoir prévu ce Conseil qui arrive, à mon avis, un peu en retard - beaucoup en retard! - parce que si nous voulions être incisifs, si nous voulions être plus considérés, on devait bien partager un parcours et se renforcer avant que l'ébauche et les premiers documents voyaient la lumière. C'était important, à mon avis, que les Parlementaires valdôtains et tout le Conseil de la Vallée se rencontraient bien avant d'aujourd'hui. Nous avons sollicité ce débat et nous en jouissons: nous sommes contents qu'on puisse se confronter sur ce thème et je souhaite que ce débat soit le début d'un parcours et non seulement un rituel obligé.

Pour nous valdôtains la Commune et la Région sont le cœur de la vie de la communauté. Pour nous valdôtains la communauté et le bien commun partaient du partage de la sauvegarde du territoire et de ses ressources; territoire pas toujours facile, qui était ressource, mais en même temps difficulté et qui imposait donc unitairité et aide réciproque. Nous ne pouvons sûrement pas faire semblant que, si on est arrivé où l'on est, nous n'avons pas de responsabilités. Nous avons vécu un vide d'idées et une hausse d'arrogance. Si la Commune et les Régions perdent aujourd'hui leur autonomie, nous avons des responsabilités en tant qu'administrateurs. Mieux: les gouvernements qui se sont succédés ont des responsabilités. Nous, comme ALPE, nous ne pouvons pas rappeler toutes les fois que dans ces années nous avons soulevé la contrariété de la méthode souvent employée par le Gouvernement régional, d'amoindrir le rôle de nos Communes; les Communes qui devaient être le pilier de notre Région et de notre politique et qui ont vu démanteler petit à petit la loi 54.

Mais regardons à l'avenir. Aujourd'hui nous sommes en train de vivre - je crois que nous l'avons dit dans toutes les interventions - un moment de forte crise, pas seulement économique, mais aussi social et politique. Jamais comme dans cette époque nous assistons à un retour du centralisme de l'État et nous le vivons dans notre État aussi. La France par exemple, qui à vrai dire n'a jamais donné grande importance aux autonomies et aux régionalismes, est en train de serrer encore plus. Les effets des actions qu'on porte de l'avance sont clairs: nous les avons répétés, nous les avons entendus tous. Au lieu d'être la responsabilité de l'autonomie des Régions à Statut spécial qui s'élargit aux autres Régions, comme devrait être le vrai fédéralisme, avec l'excuse de la crise économique, de la délégitimassion de la politique, même à cause d'une gestion immorale de l'argent publique, avec la nécessité de reformer un document qu'on retient vieux et dépassé, le dessin de l'État est clair: enlever toute compétence, tout choix aux Régions. Je suis certaine qu'il y a un dessin, un dessin précis et c'est ce dessin que nous devons essayer d'expliquer aux citoyens: ils le comprendront. Ce n'est pas une vision différente de voir l'avenir, ce qui serait démocratique, ce n'est pas donc une vision différente de l'avenir du Pays celle que nous vivons, mais c'est une imposition.

La clausola di supremazia verso le Regioni a tutela dell'unità della Repubblica è l'esempio più chiaro, chiarissimo, un passaggio a mio avviso che parla e spiega bene le storture di questa riforma. Ma anche il Senato delle autonomie, il Senato delle Regioni dapprima, che avrebbe avuto veramente un senso nella sua essenza, è stato prima tanto decantato e poi sostituito con Senato della Repubblica. Sono esempi chiari e sono d'accordo con chi ha detto che questa maniera di accentramento è antistorica: è vero, è proprio così. Ma la bancarotta del nostro Paese non è più probabilmente solo un fantasma e in questo disegno lo Stato si difende e si sta chiudendo, oserei dire senza saggezza e senza utilità. Dobbiamo reagire, dobbiamo unirci, dobbiamo fare delle proposte e, per salvare e rilanciare l'autonomia per i nostri figli, dobbiamo essere capaci di "voir clair, vouloir vivre". Ciò significa iniziare a mettere a posto le nostre carte nelle azioni di tutti i giorni, essere coerenti nei fatti e nelle azioni con quello che diciamo. Vuol dire mettere da parte la retorica e i rituali spesso finti e bugiardi che non servono a costruire un'alternativa e il vero cambiamento. Dobbiamo smettere di fare populismo e sloganismi: i cittadini hanno bisogno di persone che dicano come stanno le cose. Dobbiamo essere capaci di produrre una legge elettorale che permetta un voto libero e non clientelare, essere capaci di promuovere cultura e dare fiducia ai nostri giovani, coinvolgendoli e dando loro la possibilità di mettersi in gioco con ruoli importanti, in base alla loro competenza e non al colore del loro movimento di appartenenza. Bisogna essere capaci di respingere tutti insieme con forza ogni forma di criminalità organizzata. Bisogna essere anche capaci di chiedere maggiori competenze, ciò che implica gestirle poi in modo inequivocabile, sicuro ed eccellente. Se vogliamo competenze in più e competenze che ci spettano, dobbiamo avere poi la voglia e la capacità di fare meglio e confrontarci con gli altri. Bisogna essere capaci di portare a Roma una voce, ma anche la forza plurale ma unitaria - unitaria! - della Valle d'Aosta, ciò che nel concreto vuol dire, Presidente Rollandin, non chiudersi nella torre d'avorio, ma avere il coraggio di condividere ogni azione di ogni giorno con tutto il Consiglio regionale. Quando si è più deboli e si ha bisogno di aiuto, bisogna avere la voglia e la forza, direi, di avere fiducia negli altri, invece di liquidare quel che resta con i soliti metodi.

Je lis un passage que je crois très intéressant de Laurent Ferretti dans L'amour du pays: "Chacun de nous vit avec ses idées, ses amours, ses amitiés, ses espérances et aussi avec ses humeurs et ses contradictions. Quand il arrive, il nous arrive de prendre des décisions, de faire des choix, d'entreprendre des initiatives nouvelles il y a toujours un petit conflit avec l'inclination, l'instinct et la raison. Cependant dans la plupart de nous il y a aussi une composante un peu mystérieuse un peu cachée dans le plus profond de nous-mêmes, il s'agit d'un petit ou d'un grand sentiment qui nous aide et nous facilite dans le choix. Il arrive même que dans l'inconscient c'est ce sentiment qui choisit pour nous. Ce sentiment est présent ou pas, peut être présent ou pas, il n'est pas égal pour tout le monde, il est parfois incertain, obscure, alternatif, et contradictoire: il s'agit de l'amour du pays."

Voilà, je termine, je vais vers la conclusion. Nous sommes sûrs, comme mouvement ALPE, que c'est un moment difficile qui permettra à notre Région d'en sortir plus fort qu'avant. Au-delà de l'analyse stérile des documents, de l'argent, au-delà de la répartition et de la dénombre des composants, sûrement importants dans la négociation et indispensable je dirais aussi, il faut aller au-delà. Nous devons faire ressortir l'Amour du pays et être capables de le porter au-delà de notre Région. Nous devons faire ressortir les idées, nos idées. Seul les idées et l'exemple seront le vrai moteur pour l'avenir, même et surtout dans un moment de centralisation.

Président - Merci, Conseillère Certan. Collègues, je vous invite à vous réserver, s'il y a quelqu'un d'autre qui veut intervenir. La parole au Conseiller Donzel.

Donzel (PD-SIN.VDA) - Grazie Presidente.

Ringrazio tutti i colleghi per il contributo, dato anche a me personalmente, per conoscere e capire meglio questa riforma che stiamo discutendo e le ripercussione che essa ha sulla Valle d'Aosta. Naturalmente ho ascoltato con particolare attenzione l'intervento dei Parlamentari e, al di là del fatto che questo intervento arrivi un attimo in ritardo, c'è comunque ancora il tempo, a mio avviso, affinché si costituisca una posizione più coordinata tra tutte le forze politiche, una posizione che rafforzi il Consiglio regionale e dia magari più voce anche ai Parlamentari, qualora si riuscisse a trovare una posizione comune, almeno per quel riguarda la Valle d'Aosta nei confronti della riforma. Credo che sia un dovere di tutti perseguire questo obiettivo.

Assicuro l'Onorevole Marguerettaz che magari non ci sono più le folle qui in aula che ci ascoltano, ma oggi ci sono anche mezzi di comunicazione come la TV, i social network, i media, insomma sono sicuro che ci sono più spettatori adesso di quelli che c'erano ai suoi tempi; la democrazia cresce anche con le nuove tecnologie. Non penso che i valdostani siano indifferenti al processo riformatore e lo dico perché proprio quelli che vengono dalla sua cultura politica si ricorderanno la battaglia del Presidente Scalfaro, che nel 2006 fu Presidente del Comitato del no, Presidente del Comitato Salviamo la Costituzione, e vorrei ricordare che nonostante in quella riforma il principio dell'intesa fosse scritto veramente bene, nonostante l'avesse fatto il Centrodestra, i valdostani a maggioranza andarono a votare e dissero no a quel progetto di riforma. Quindi vuol dire che i valdostani guardano con una visione ampia al progetto di riforma, naturalmente avendo molto a cuore la difesa della loro autonomia, che può essere difesa in un quadro complessivo di riforme dello Stato. Se lo Stato italiano, come in questo momento, va alla malora, è chiaro che assistiamo ogni volta a questo costante prelievo delle risorse, in particolare sulla Valle d'Aosta - lo dico senza esitazione: si è intervenuto in modo spropositato e sproporzionato rispetto a tutti gli altri prelievi e accordi che sono stati fatti - e chiaramente si mette in discussione gravemente il funzionamento della nostra autonomia.

È quindi importante che si riesca a far sentire la nostra voce a livello nazionale. I tentativi che furono fatti dalla I Commissione, di creare un gruppo di lavoro che partecipasse a dei percorsi nazionali, non sono andati lontano, ma magari questo dibattito di oggi aprirà delle disponibilità. Naturalmente i primi ad essere impegnati siete voi, cioè i Parlamentari, il Senatore, il Presidente della Regione, ma se dovesse capitare che si rendesse necessario un incontro con il Presidente della Repubblica, che è garante della Costituzione, un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri, che veda anche una rappresentanza del Consiglio regionale, io sarei assolutamente favorevole a operazioni di questo tipo, per far capire che c'è una intera comunità che non è disposta a mettere in discussione i valori dell'autonomia e le norme che salvaguardano il nostro Statuto speciale.

In questo senso vorrei chiarire una questione, che è stata oggetto di discussione in quest'aula, che è la norma di supremazia. Sicuramente, come è scritta adesso in questo testo, condivido pienamente le preoccupazioni che sono state avanzate da tutti i colleghi, però la norma di supremazia è la norma fondante di tutti i sistemi federali. Perché stona nel testo attuale? Stona perché non stiamo costruendo un sistema federale. Gli Stati Uniti, che hanno fornito l'esempio base per tutti i sistemi federali repubblicani occidentali, tant'è che persino la Rivoluzione francese ha copiato dalla costituzione americana, hanno come principio fondamentale la clausola di supremazia. Perché ci possano essere degli stati federali, ci vuole che il potere federale, in alcuni determinati casi, sia superiore. La Costituzione tedesca, articolo 31, lo segnalo all'attenta collega Morelli, prevede in modo chiaro la clausola di supremazia: la Costituzione del ?49, la legge fondamentale che non è poi mai stata cambiata, all'articolo 31 prevede che il potere federale è superiore al potere dei Land, ed è lo Stato modello europeo del sistema federale in Europa.

Quindi il problema è: dentro il quadro di questa riforma anziché cercare di far sparire la clausola di supremazia, bisogna fare tutto il resto, cioè rafforzare i poteri del Senato. Mi pare che il Senato sia una Camera federale che conta qualcosa, come è stato giustamente detto bene dai Parlamentari. Bisogna intervenire sul principio dell'intesa e ci sono gli strumenti: visto che anche l'area del Centrodestra, che già lo scrisse bene, come dite voi, è parte di questa riforma, bisogna trovare l'energia tutti insieme per riproporre una stesura forte del principio d'intesa e di salvaguardia del nostro Statuto speciale. Il cammino, a mio avviso, è proprio quello che a me pare di aver capito e di aver intuito in quest'aula, di riuscire in qualche modo a far sì che determinate norme siano riaffermate. Se si aprirà, io spero, la possibilità di intervenire sul testo, non ci sarà una logica stringente di correre alla velocità della luce sulle riforme costituzionali, perché posso capire che dei governi vogliano accelerare sulle riforme dell'economia quando un paese sta affondando, ma le riforme costituzionali devono avere il più ampio consenso possibile per non essere poi stroncate dal percorso referendario, che abbiamo visto essere un percorso che poi coalizza tantissimi tipi di sensibilità e porta poi a non raggiungere un obiettivo che questo Paese persegue da tantissimi anni. Quindi, dal mio punto di vista, gli spazi per intervenire sono ristretti ma, come è stato dimostrato, questi spazi ci sono.

Vorrei poi rispondere a una obiezione che compare costante in quest'aula ed è giusto che noi, PD-Sinistra VdA, si dia una risposta in questo senso: sono le continue leggi e leggine per abolire le Regioni a Statuto speciale. L'ho già spiegato in altre occasioni e mi fa piacere che qualcuno l'abbia richiamato, per poter in qualche modo dare un'ulteriore spiegazione. Come avviene anche in quest'aula, ogni consigliere è libero di votare come vuole, no? Tant'è che abbiamo assistito a franchi tiratori a gogò, abbiamo assistito a gente che ha votato contro il suo Governo, in quest'aula, no? Quindi anche a livello parlamentare, un Parlamentare è libero di presentare le leggi che vuole! Questo significa che nessun organismo dirigente del Partito Democratico abbia mai avallato - abbia mai avallato! - in una direzione del partito l'idea di abolire le Regioni a Statuto speciale; si tratta di iniziative di persone. Se uno va a vedere, ho visto e verificato che generalmente sono dei parlamentari di alcune regioni del Sud, ovviamente non della Sicilia, che di tanto in tanto fanno queste leggine ad hoc per acquisire visibilità sul loro territorio e fare anche una operazione che è volta a raccogliere voti personali. Questa non è l'impostazione ufficiale del partito! Quando Renzi non era ancora Presidente, fu ospite a casa Bertolin e disse apertamente che lui non era assolutamente per eliminare le autonomie speciali del Nord. Poi, si sa, si può anche cambiare idea, ma queste sono affermazioni fatte da un esponente che in questo momento ha in mano le chiavi della riforma. Questo per dire che a livello nazionale magari ci si può fare più o meno campioni delle autonomie speciali, a seconda dei momenti, ma noi abbiamo comunque una storia che parla in questa direzione.

È chiaro che non è un percorso facile, non è un percorso senza ostacoli, perché bisogna creare quelle condizioni, come abbiamo detto più volte, di una ampia condivisione. Le mediazioni fra grandi forze politiche rischiano di schiacciare gli interessi di quei territori che magari, come ha detto bene qualche collega, hanno minor impatto numerico, ma in una Costituzione e in uno Stato queste riforme costituzionali non possono fondarsi su questioni eminentemente numeriche. Bisogna ribadire alcuni valori fondamentali e noi abbiamo una storia che parla dalla nostra parte. Credo che alla fine non si possa arrivare a quello che sarebbe uno stravolgimento della Costituzione, perché l'abolizione delle Regioni a Statuto speciale io lo considero uno stravolgimento della Costituzione. L'obiettivo è invece di riaffermare una idea federalista: riaffermare e riconquistare tutta una serie di materie che nel Titolo V sono state messe in discussione.

Questa è un'opera di mediazione difficilissima e non invidio assolutamente i Parlamentari che dovranno fare questa operazione, però, come qui qualcuno ha suggerito dai banchi, siete più forti se lo fate con il Consiglio regionale, siete più forti se lo fate coinvolgendo la popolazione valdostana. Non isolatevi nelle difficili trattative romane: è chiaro che è lì che si gioca la partita, però non dimenticate che la vostra forza è data da questo Consiglio regionale, è data dai valdostani. Giocate come avete fatto oggi in modo intelligente, cioè non mettendovi contro il movimento riformatore di cambiamento che ha prevalso nel Paese, se no perché tanti valdostani che non hanno poi votato il PD sarebbero venuti a votare per il Partito Democratico alle europee o qualcuno già alle primarie? Perché anche i valdostani vogliono la riforma. Si tratta però, all'interno di un quadro così difficile, di avere una riforma che tuteli e salvaguardi la nostra autonomia speciale, la nostra specificità e noi su questo daremo il massimo del contributo possibile.

Président - Merci Conseiller Donzel. La parole au Conseiller Bertin.

Bertin (ALPE) - Grazie Presidente.

Colleghi Consiglieri, Senatore e Deputato della Valle d'Aosta, ALPE ha proposto attraverso una mozione la convocazione di un Consiglio straordinario monotematico sulla riforma, perché credevamo urgente un dibattito su questo argomento in Valle d'Aosta e siamo contenti che oggi si sia svolto un dibattito interessante. Ci auguriamo che sia l'inizio di un coinvolgimento della popolazione, come sottolineavano anche il Deputato e il Senatore, e di una sensibilizzazione della popolazione tutta intera su un tema che sarà certamente importante per il futuro istituzionale e politico di questa Regione.

La legislatura del Parlamento è nata sotto l'insegna delle riforme costituzionali, motore principale il Presidente della Repubblica Napolitano, con molte iniziative, alcune delle quali anche sui generis, come la cosiddetta Commissione dei Saggi. Il tema delle riforme costituzionali è da decenni argomento di discussioni, basti pensare che la prima Commissione bicamerale fu istituita nel 1983, la Commissione Bozzi; seguirono la Commissione De Mita, Jotti e poi infine quella di Massimo d'Alema nel '97. Nessuna delle Commissioni bicamerali per le riforme istituzionali portò a termine i lavori con la modifica della Costituzione, ma per lungo tempo tra i principali temi della discussione politico-istituzionale ci fu il federalismo, soprattutto negli anni '90. Come ricordava il Deputato Marguerettaz, molti all'epoca si dicevano federalisti e la trasformazione dello Stato italiano in stato federale sembrava possibile, ma anche da quel punto di vista i risultati furono minimi. L'unico intervento significativo sulla Parte II della Costituzione è stato realizzato nel 2001 dal Centrosinistra, un intervento lontano da una logica federalista, che prevedeva però se non altro una parità tra le varie componenti dello Stato, almeno dal punto di vista formale.

Probabilmente quella riforma del 2001 è stata soltanto una risposta poco convinta ad una richiesta sempre più pressante di modernizzazione delle istituzioni attraverso il federalismo. Una risposta che ha manifestato molti limiti, dando vita ad una elevata conflittualità tra le Regioni e lo Stato, con un moltiplicarsi di ricorsi alla Corte Costituzionale, conflitti tra centro e periferia che sono stati identificati nella competenza concorrente. A mio avviso, questi conflitti e questi limiti dell'efficacia della riforma sono piuttosto da vedere nella mancata istituzione di strumenti di arbitrato tra le varie entità dello Stato, piuttosto che dal semplice fatto che vi siano materie concorrenti, tra l'altro presenti in molti ordinamenti, come ad esempio quello tedesco. In questo caso però, per l'ultima riforma, quella di cui stiamo parlando, nessuna Commissione bilaterale, ma addirittura un provvedimento del Governo Renzi, probabilmente mediato al Nazareno con Berlusconi.

Ho già avuto diverse volte l'occasione di esprimere un giudizio politico su questa riforma, pertanto non mi attarderò in valutazioni politico-costituzionali che ho già fatto in altre occasioni. Mi limiterò a indicare alcuni, a mio avviso, interventi necessari per il mantenimento di un sistema che non sia soltanto un ritorno indietro e uno stop verso un processo che è iniziato tempo fa, perché dei cambiamenti, seppure in una condizione estremamente difficile, sono necessari perché questa riforma non diventi, come diceva qualcuno, una controriforma ad iniziare dal Senato. Il superamento del bicameralismo perfetto è sicuramente un fatto positivo, come peraltro la riduzione dei Senatori, ma molte perplessità rimangono sulla composizione, che è ben lontana da un modello federale composto dalle unità che costituiscono lo Stato, bensì è una composizione mista, Regioni e Comuni, e soprattutto ha una componente significativa di nomina del Presidente della Repubblica, che di fatto cambia la natura stessa di rappresentanza istituzionale di questa istituzione. Bisogna, se possibile, intervenire per ridare a questa istituzione quel ruolo, che dovrebbe avere, di porta parola delle Regioni e non una soluzione confusa come quella attualmente prevista anche dal punto di vista delle competenze. Evidentemente sarebbe auspicabile un riequilibrio, ma vedo difficile, purtroppo, un intervento sull'articolo 117.

È invece assolutamente necessario un qualche intervento riguardante la clausola di supremazia, già citata spesso in questo dibattito, che rischia veramente di avere conseguenze negative per tutte le Regioni, anche per quelle speciali che in un primo momento sono risparmiate dall'applicazione diretta di questa riforma, ma in prospettiva il potere di intervento e di sostituzione dello Stato anche in materia di competenza regionale è qualcosa di estremamente negativo. È, inoltre, auspicabile ridare un respiro maggiore al sistema regionale intero, anche perché in un contesto estremamente centralizzato, come rischia di essere quello che viene fuori da questa riforma, anche per le Regioni ad autonomia differenziata, certamente in prospettiva diventa difficile avere un ruolo positivo, come peraltro anche bisogna intervenire per la natura pattizia, affinché vada ancora ulteriormente precisata.

Vedo che il tempo sta scadendo per cui accorcio. Credo che la nostra autonomia debba essere ripensata, come è stato più volte suggerito, ma quando è utilizzata in modo intelligente come nel caso del referendum propositivo può essere un esempio, che tra l'altro è stato in questo caso ripreso dal legislatore statale. Pertanto è importante utilizzare in modo intelligente e responsabile la nostra autonomia per legittimarla ulteriormente. Per finire, è importante che questo sia soltanto l'inizio di un dibattito che coinvolga tutta la comunità valdostana e non soltanto le forze politiche. Grazie.

Presidente - Qualcun altro? La parola al Consigliere Ferrero.

Ferrero (M5S) - Grazie Presidente.

Abbiamo ascoltato gli interventi che si sono succeduti e secondo noi è forse mancato, in questa occasione, un po' di coraggio di fare un po' di autocritica, di riguardare a quello che è successo nell'arco di questi ultimi mesi. Senza alcun intento polemico, mi riferisco ad esempio alla votazione che è stata fatta dal Senatore Lanièce nell'atto 1429, "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario...", sull'apertura di credito che è stata data all'inizio della legislatura Renzi dai nostri Parlamentari a questo Governo; nostro avviso sarebbe stata forse opportuna una valutazione più attenta di quello a cui si andava incontro.

Non è per me facile, nelle parole di chi magari adesso ha al Governo il proprio partito, riuscire ad intendere bene i messaggi: bisogna intervenire, certe norme devono essere riaffermate e non è una questione numerica. Certamente! Ma cosa è stato fatto da chi, qui valdostano e comunque rappresentante di quel partito, in questi mesi ha visto colpirci duramente con i tagli al bilancio? I prossimi 4 miliardi saranno altri 4 miliardi che andranno suddivisi tra tutte le Regioni. E allora questo stare al di sopra delle parti, quando invece si è parte del gioco, ci appare un pochettino strano! Peraltro non bisogna neanche dimenticare che la forza propulsiva che ha consentito a questo Governo, che ovviamente noi contrastiamo come abbiamo sempre contrastato dall'inizio, di riuscire ad imporsi e ad imporre delle soluzioni estreme come queste, viene anche da un risultato delle elezioni europee a cui hanno contribuito alcune forze regionaliste, perché c'era una coalizione che era composta da PD, UVP e ALPE.

Mi fa piacere, collega Bertin, il suo intervento per riportare questo tema all'attenzione del Consiglio, però bisogna riuscire anche a capire che cosa vi eravate detti al tempo, di che cosa eravate andati a parlare, perché c'erano stati degli accordi e delle firme anche al tempo delle elezioni politiche? Che impegni erano stati presi? Perché poi sono i vostri voti che hanno consentito a Renzi di insediarsi, anche i vostri voti!

Se non partiamo da un momento di autocritica generale: tutti avrebbero potuto fare meglio, ma se non lo si dice, beh, è difficile andare avanti! Possiamo anche ritrovarci qui e fare una semplice constatazione di quello che è successo, ma bisogna capire cosa si vuol fare adesso, perché io non so cosa faranno gli altri. Di certo non vado a dare lezioni agli altri, sono l'ultimo arrivato, però se ci fosse il mio movimento al Governo, la prima cosa che avrei fatto è di andare a Roma e far presente la lista della spesa! Poi magari mi avrebbero rimandato via, ma io ci sarei andato giù e non una sola volta, ci sarei anche ritornato, perché se facciamo sempre questa differenza tra il piano romano, il piano nazionale, il piano europeo e il piano regionale, alla fine restiamo sempre allo stesso piano, al pianterreno. Secondo me e secondo noi ci vuole alla fine la volontà di farle le cose, perché sennò ci fermiamo agli intenti, ci fermiamo magari anche a un documento che può essere condiviso, ma del quale poi non so cosa potrebbe farsene il Presidente del Consiglio: guardarlo e poi buttarlo magari...

Bisogna vedere effettivamente dal punto di vista politico cosa è successo, se ci sono stati degli accordi se sono stati rispettati, se non c'erano degli accordi bisogna magari, non so, farli o rivedere il percorso che era stato fatto, perché non penso che chi alle europee ha portato voti al PD si aspettasse poi un Governo che prendeva queste decisioni. Se non si parte da questo momento di revisione di quello che è stato fatto, per noi diventa una specie di questione di tira e molla che non so dove possa poi portare, pur comprendendo - e questo lo dico a favore dei nostri Parlamentari - che ci sono degli equilibri da rispettare, che poi in fase di contrattazione bisogna dare qualcosa per ottenere qualcos'altro. Certo che però qui noi rischiamo in una partita unica di perdere tutto! E allora, il voto per tenere su un provvedimento del Governo, magari si poteva anche non dare, magari la fiducia iniziale poteva essere anche rinegoziata. Per carità, lo sapete voi le problematiche che trovate a Roma, ce le hanno raccontato i nostri Parlamentari, quindi non è che vogliamo dire che non abbiate fatto il vostro lavoro. Certo, è un lavoro difficile, però se non partiamo da una nuova posizione e da nuove idee firmeremo volentieri qualsiasi risoluzione che vada in quella direzione, ma non pensiamo di esserci lavati la coscienza.

Si dà atto che dalle ore 18,04 assume la presidenza il Vicepresidente Rosset.

Rosset (Presidente) - Grazie collega Ferrero. Non ci sono altre richieste? Chiudiamo la discussione? Ha chiesto la parola il Consigliere Bertschy, ne ha la facoltà.

Bertschy (UVP) - Grazie Presidente.

Solo per capire se abbiamo esaurito il dibattito perché si sono esauriti i minuti o perché si è esaurito il dibattito politico, giacché mi pare che ci siano stati una serie di passaggi che hanno stimolato ulteriori... È per capire come ci si muove.

Presidente - Collega, non sono esauriti i minuti concessi, quelli concordati a livello di capigruppo, quindi c'è ancora la possibilità di intervento. Chi ne ha la necessità e vuole fare la richiesta può iscriversi per parlare. Ci sono interventi? Il collega Bertschy ha chiesto la parola, ne ha la facoltà.

Bertschy (UVP) - Grazie Presidente.

Direi che è un pomeriggio difficile: non è il solito dibattito del Consiglio regionale, che si sviluppa su temi più facili, anche più concreti, su cose che conosciamo, su cose che accadono in Valle d'Aosta. Questo dibattito ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità come Consiglieri, perché da un lato si tende a volte a guardare la responsabilità altrui e quando ci si trova coinvolti come eletti, è importante capire quale direzione si vuole prendere. Il gruppo UVP - sono stati numerosi gli interventi - da un lato ha fatto un'analisi di quello che è oggi il documento, la riforma del Titolo V, dall'altro sono emerse le contraddizioni che sono normali quando i livelli sono diversi. Se non ci fossero più livelli di elezione sarebbe tutto più semplice: si decide una volta chi si vota e poi si va avanti; invece, si votano i Comuni, si votano le Regioni, si votano i consiglieri regionali, si votano il Parlamento e il Senato, ed evidentemente politicamente ci sono poi degli incroci che non permettono a volte una linearità.

Quello che a noi interessa oggi è renderci conto di qual è il punto della discussione su questa riforma. Ringraziamo i Parlamentari per averci messo in condizione di capire tutta una serie di problemi, di capire il percorso sino ad oggi. Ai Parlamentari abbiamo chiesto, e lo ribadiamo, d'ora in avanti una collaborazione maggiore. Una collaborazione maggiore che non è tanto la presenza, ma è il trovare un sistema di lavoro su questo argomento, che è di grande importanza per la Valle d'Aosta e per il nostro popolo, su questo argomento come su altri, perché è fondamentale che una piccola Regione come la nostra sappia trovare una grande capacità di risposta. Solo attraverso una grande capacità di risposta, che passa attraverso la condivisione, possiamo provare a difenderci dalla forza d'urto che un Governo, forte di fronte ad un Paese debole, come è stato detto in questi giorni, sta mettendo in campo. Noi dobbiamo capire insieme quali priorità e quali obiettivi ci diamo. Abbiamo aperto una fase di confronto politico che ci permette anche di declinare, a seconda dei momenti e delle situazioni, dove possiamo fare fronte tutti insieme. È evidente che su un argomento come questo l'UVP ha assolutamente intenzione di creare le condizioni perché la prima difesa della Valle d'Aosta parta dal Consiglio regionale.

È stato discusso un documento - ringraziamo i colleghi che l'hanno predisposto - e noi abbiamo cercato già di portare un contributo: più tardi vi verrà portato in aula e vedremo se ci sarà bisogno di dire altre cose; non può che essere una sintesi tra le differenti posizioni a livello politico, però da qui dobbiamo trovare questa forza di difendere la Valle d'Aosta.

Quello che abbiamo chiesto è di trovare il sistema di ridare entusiasmo. È difficile in questo momento ridare entusiasmo alla gente, la quale purtroppo ha altri problemi e tutti i giorni si confronta con altre situazioni. Però vogliamo trovare il sistema di raggiungere lo stesso la gente, le associazioni che rappresentano la gente, le associazioni di tipo economico e culturale, le associazioni sociali, e comunque creare le condizioni perché la rete si allarghi un poco alla volta. È difficile costruire una grossa massa critica d'urto, le condizioni non sono quelle di un tempo. Sarebbe troppo bello avere ancora quell'entusiasmo di difendere la nostra Regione tutti insieme, ma piano piano speriamo di essere capaci di ricreare quelle condizioni come cittadini valdostani, prima che come eletti. Però proviamo ad allargarla questa rete, che può crearsi intorno a un momento politico importante come questo.

Mi pare che in questi giorni in Consiglio regionale abbiamo tutti dato esempio di come su certi argomenti vogliamo lavorare insieme. Su un argomento come questo che ci vede all'angolo perché, come è stato detto, siamo in pochi a difenderci in una situazione estremamente complicata, noi non possiamo che dare questa disponibilità. Certo, con l'impegno che non ci siano più momenti di assenza, momenti di vuoto e impegni presi senza avere la necessaria condivisione e soprattutto, al di là delle logiche parlamentari che il collega Ferrero ha citato, senza aver capito quale può essere il momento migliore per difenderci, perché a volte aiutare con qualche documento qui in Consiglio regionale il vostro lavoro potrà anche essere un sistema di lavorare in maniera diversa, di far politica in maniera differente per difendere la Valle d'Aosta. Grazie.

Presidente - Grazie collega Bertschy. Ci sono altre richieste di intervento? Ha chiesto la parola il Consigliere Farcoz ne ha la facoltà.

Farcoz (UV) - Merci Président.

Credo che le considerazioni del pomeriggio siano state numerose e chiederei gentilmente una riunione dei Capigruppo, per valutare un testo che possa essere condiviso dalle diverse forze del Consiglio regionale, appunto per dare gambe a quelli che sono stati i concetti espressi nel pomeriggio. Grazie.

Presidente - Possiamo allora sospendere per una riunione dei Capigruppo? Il Consiglio è sospeso per dieci minuti.

Si dà atto che la seduta è sospesa dalle ore 18,19 alle ore 18,37 e che dalle ore 18,37 riassume la presidenza il Presidente Viérin Marco.

Viérin M. (Presidente) - Riprendiamo i lavori. I Capigruppo hanno trovato una condivisione su un testo di risoluzione. Mentre gli uffici fanno le fotocopie e la distribuiscono, passerei la parola al Presidente della Regione, per la replica.

Rollandin (UV) - Merci Président.

Je crois que, même si on parle de réplique, je n'ai pas l'intention de faire en quelque sorte un commentaire ou de répliquer à ce qui a été dit, étant donné que chacun a exprimé des concepts importants, des idées, des avis que on ne peut que partager, dans la mesure où vont dans la direction de souligner encore une fois que le débat qui est en train de se porter de l'avant (il sera à la Chambre, pour discuter le texte qui a été approuvé au Sénat) a des limites.

Je crois que les intentions, qui ont été déclarées dans cette salle, vont dans la direction avant tout de faire comprendre mieux à la population, à toutes les associations, aux différents organes qui peuvent être concernés, de ce qui est l'enjeu de cette réforme. Ça c'est déjà un point très important, étant donné, comme ont souligné aussi les Parlementaires, que c'est un thème difficile, c'est un argument qui n'attrait pas l'attention en général de la population et par conséquent des débats sur ce thème c'est difficile de les faire: même si on organise des débats sur ce thème, malheureusement la participation n'est pas si active, compte tenu que les retombées ne sont pas immédiates. Mais c'est là justement l'enjeu: le fait que les retombées négatives peuvent y être dans certains choix qui vont contre ce qui est notre Statut, notre autonomie spéciale, étant donné que ce qu'on avait souhaité et que chacun des intervenus a répété c'était d'avoir un Sénat des Autonomies, tandis que ce n'est pas ce que nous avons dans le texte, car parmi les autonomies on avait toujours imaginé les Régions et non pas les villes, avant tout. Nous ne sommes pas contre les villes, mais on allait dans le sens de dire qu'on était afin qu'il y ait là les organes qui ont un pouvoir législatif; les Communes n'ont pas un pouvoir législatif, c'est seulement administratif, et par conséquent il y avait une logique.

L'autre thème, qui avait été évoqué et qui était sans doute un pilier de ce projet, était l'élection directe, tandis qu'ici c'est une élection indirecte. On doit imaginer qu'il a une faiblesse en elle-même: le fait que celui qui est délégué par l'élection directe soit un Conseiller et qui doit aller à Rome à représenter - il devra rester aux travaux et aux temps qui seront donnés pour examiner les lois et tout ce qui se passera dans les Régions, car ce sont des compétences des autonomies et il faudra prendre en compte le fait de débattre tous ces thèmes - n'aura pas le temps de faire le Conseiller! C'était mieux de faire un choix différent, qui aille dans la direction d'avoir des personnes, comme c'est maintenant, à élection directe, qui puissent représenter les Régions dans un numéro proportionnel! Là aussi, je comprends que dire qu'on a doublé la représentativité au Sénat ne représente pas un grand résultat. Quelqu'un voulait même le souligner et je le reprends, étant donné qu'on ne l'a pas mis dans ce sens: on a dit que c'est mieux d'en avoir deux qu'un seul, mais le fait c'est le pois qu'on va donner à cet organe! Je crois que la collègue l'avait dit tout à l'heure dans le débat, donc je le souligne à nouveau, car on ne l'a pas mis en évidence dans les documents, mais c'est juste de le dire.

Je crois que, sans reprendre toutes les thématiques qui ont été évoquées, ce que nous souhaitons c'est qu'il y ait une reprise de ce débat dès le commencement, pour reprendre ce thème de la juste façon. On veut comprendre si existe encore la volonté de représenter les Régions d'une façon réelle et donc fédéraliste, ou bien si c'est seulement un système pour dire que le système régional est de moins en moins efficace et par conséquent on va faire l'hypothèse, comme quelqu'un l'a fait, des macro régions, qui n'est pas la macro région alpine, mais ce sont des concentrations de régions, comme il est en train de faire quelqu'un d'autre tout près de nous, en France. On veut comprendre si c'est de réduire la force des Régions à Statut spécial de plus en plus, afin qu'il n'y ait plus de sens, qu'il n'y ait plus de reconnaissance et de bien fondé du fait qu'il y a les Régions à Statut spécial.

Je crois que justement le discours de la suprématie et tous ces thèmes ont été évoqués d'une façon très correcte, je n'entre pas dans le mérite. Je crois qu'aujourd'hui ce débat a été intéressant et important, mais nous voulons encore souligner un aspect. Credo che in questa sala molte volte, quando abbiamo cercato di modificare il nostro Statuto - abbiamo anche noi fatto delle Commissioni speciali per modificare lo Statuto - siamo arrivati fino ad un punto in cui abbiamo detto: sì, va bene pensare come modificare lo Statuto, ma quando queste modifiche arrivano a Roma, come vengono lette, come vengono interpretate, chi è che decide della modifica? Nella modifica della Costituzione del 2001, quella del 2006, c'era lo specifico intervento del consenso, del valore del dibattito e dell'assenso dell'aula, che aveva un significato ed è la ragione per cui allora avevamo voluto con forza che ci fosse l'espressione positiva e determinante del Consiglio che l'approva. Cioè, se noi facciamo una riforma dello Statuto, la mandiamo e ci ritorna su stravolta, che cosa diciamo? Dobbiamo dire sì per forza? Era lì il momento di poter decidere e dire. Giustamente altre forze politiche ci hanno detto: sarebbe giusto rivedere la carta statutaria anche nostra. Però il rischio che ci ha sempre un po' fermati è di dire: ma se va giù e viene stravolta, non possiamo più dire niente; quindi non stiamo ad andare oltre! Il fatto di non avere queste garanzie sul mantenimento della capacità legislativa, ha rischiato e rischia di immobilizzare o di frenare quelle che sono anche le possibilità per noi di cambiare il nostro Statuto. E questo è il doppio effetto negativo di questo sistema inchiodato.

Senza farla troppo lunga, io credo che sono state dette cose interessanti. Questo dibattito di oggi era, come è giusto, per riprendere e per dare anche contezza del lavoro che è stato fatto e di quello che verrà fatto, in modo che ci siano le indicazioni ai nostri rappresentanti per lavorare con le altre entità delle autonomie speciali, per cercare di fare gruppo e di ottenere dei risultati. Sicuramente l'attenzione oggi, come qualcuno ha ripetuto, va nella logica di dire che, abolite gran parte delle Province, molte Regioni sono inutili o peggio dannose. Visto quello che è successo, l'appeal delle Regioni è molto basso ed è facile dire che le Regioni sprecano, quindi il discorso dell'attenzione sulle Regioni è molto basso. Sta a noi, a questo punto, trovare delle argomentazioni e soprattutto dei fatti che ribaltino questo discorso e ci diano la possibilità di essere credibili, nel momento in cui chiediamo che questa riforma vada a correggere quelle che erano sicuramente delle deficienze della legge sul federalismo, la 42 che è ancora in vigore, che non è stata abolita, ma che è stata svuotata, perché tutto quello che si sta facendo oggi, a tutti i livelli, bypassa quella che era l'impostazione regionalista, che era l'impostazione forte di una possibilità di lavorare attraverso le Regioni che potevano coordinarsi, ma erano le Regioni che decidevano. Questo è saltato, questo schema sta saltando! Quando noi vediamo - con tutto il rispetto - che si decide a Roma se bisogna ristrutturare la scuola di Ollomont piuttosto che la scuola di Challand, capite che qualcosa non gira, qualcosa non va! Perché oggi è così!

Noi dobbiamo arrivare a definire un percorso, che è quello che ci interessa, che riprenda la linea federalista, una linea che dia contezza di quello che molto bene hanno detto alcuni colleghi sulle debolezze di questo sistema - non le voglio ripetere, perché sono note - possibilmente ripercorrendo le tematiche dandogli quel punto di vista che qui abbiamo espresso e augurandoci che si possa mantenere quella capacità di aggregazione e di assenso, quindi coinvolgendo le comunità locali, i Comuni e tutti quanti sono interessati, per far sì che il messaggio che esce da quest'aula oggi sia quello di un invito a poter essere su questo tema molto seri, molto convincenti, in modo che la riforma venga corretta nel senso che noi qui abbiamo auspicato. Grazie.

Presidente - Grazie Presidente. È stata distribuita la risoluzione, la parola al collega Farcoz.

Farcoz (UV) - Merci Président.

Je veux simplement remercier les collègues Chefs de groupe pour la disponibilité à trouver une solution dans cette résolution. Je lirai simplement les engagements, parce que je crois que les prémisses sont plus ou moins le résumé de ce qu'on a dit cet après-midi. Donc on: "invite les représentants de la Vallée d'Aoste au sein du Parlement italien à se faire, devant les assemblées dont ils font partie, les porte-parole des positions adoptées par le Conseil régional et de la communauté toute entière; engage le Président de la Région et le Président du Conseil à entreprendre dans tous les contextes que leur sembleront opportuns, y compris en collaboration avec les autres Autonomies spéciales, toute action ou initiative visant à concrétiser les positions adoptées par cette assemblée." Je crois que c'est un document très important, où la politique valdôtaine a su trouver une entente, pour évidemment porter de l'avant toujours les intérêts du peuple valdôtain. Merci.

Président - Merci. On passe à la votation. La votation est ouverte.

La votazione è chiusa.

Esito della votazione:

Presenti, votanti e favorevoli: 35

Il Consiglio approva all'unanimità.

Grazie colleghi, la seduta straordinaria si conclude con questa votazione.

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L'adunanza straordinaria termina alle ore 18,50.