Objet du Conseil n. 598 du 17 avril 2019 - Resoconto
OGGETTO N. 598/XV - Interrogazione: "Modalità di utilizzo dei castelli di proprietà della Regione presenti sul territorio valdostano".
Rini (Présidente) - Point n° 10 à l'ordre du jour. La parole à l'Assesseur Viérin pour la réponse.
Viérin (AV) - Je remercie les collègues, en particulier le collègue Luboz, pour cette initiative qui nous donne la possibilité de faire un peu le point de la situation sur les biens de propriété régionale, surtout les sites culturels, les châteaux, les tours et leur utilisation; quelles sont les perspectives, quels sont les nouveaux sites qui vont être ouverts et quelles sont les stratégies dans le réseau des biens culturels. Comme on le sait, la Vallée d'Aoste est très riche de patrimoine matériel et immatériel et dans les années ce patrimoine matériel a été objet d'un grand nombre d'investissements: avant tout il y a eu l'acquisition - comme vous le citez dans votre initiative - et puis la conservation, la restauration, l'ouverture et la mise en réseau d'un système de biens culturels qui est encore en devenir.
Per venire ai dati puntuali, la prima e la seconda domanda le unirò in un'unica risposta che è riassunta nei dati più interessanti. "Quanti e quali sono i castelli o caseforti" e soprattutto "qual è il loro utilizzo". Intanto sono venti e ve li cito. Ad Aosta abbiamo il Castello di Bramafam, che è un rudere. Ad Arnad abbiamo il Château Vallaise, che è l'ultimo acquisito negli anni dall'Amministrazione regionale ed è un edificio in fase di restauro. Come sapete, avevamo messo in piedi un progetto europeo con l'Abbaye de Sixt-Fer-à-Cheval e abbiamo avuto accesso anche ai finanziamenti del gioco del Lotto; questo progetto prosegue, quindi è in fase di restauro, ed è finalizzato poi a un utilizzo: è l'unico castello già propedeutico ad un utilizzo immerso nella ruralità e nell'enogastronomia di un territorio di riferimento molto interessante. Sempre ad Aosta abbiamo la Torre dei Balivi, complesso di interesse storico e artistico dove negli anni abbiamo messo la sede del nostro distretto musicale. Ad Avise abbiamo il Castello Blonay, di parziale proprietà. Ad Aymavilles c'è il Castello di Aymavilles con le pertinenze, che, come sapete, è in fase di restauro e di musealizzazione, propedeutico all'apertura l'anno prossimo. A Bard c'è il Forte di Bard. A Brusson abbiamo il Castello di Graines, che è un rudere; a Gressan c'è La Tour de Villa, che è un rudere. A Châtillon c'è il Castello di Ussel che, come sapete, quest'anno verrà riaperto con l'utilizzo del territorio. Sempre a Châtillon abbiamo il Castello Gamba, sede del Museo di arte moderna e contemporanea. A Fénis c'è il Castello di Fénis, sede di visita e quindi edificio di interesse storico. A Gressoney abbiamo il Castel Savoia, con lo stesso utilizzo. A Issogne abbiamo il Castello di Issogne. A Montjovet ne abbiamo due: il Castello Chenal e il Castello di Saint-Germain, che sono dei ruderi.
In questi giorni è scomparso il Senatore Dujany, che veniva spesso a sollecitare la bellezza del Château di Saint-Germain, uno degli edifici che si vedono molto bene quando si attraversa la Valle d'Aosta. A Morgex abbiamo La Tour de l'Archet; come sapete, negli anni sono stati fatti dei grandi investimenti attraverso la Sovrintendenza e oggi è sede della Fondazione Sapegno. A Quart c'è il Castello di Quart, che è un bene incredibile, l'unico esempio di château village insieme ad altri beni che non sono di proprietà regionale; penso alla suggestione di Cly o anche a Châtel-Argent in una suggestione diversa. Anche qui, Aymavilles e Quart fanno parte di progetti parzialmente finanziati dalla Regione e parzialmente con fondi europei, e saranno, insieme ad Arnad, i prossimi castelli in apertura, con questa sequenza: Aymavilles, Quart e Arnad.
C'è stato poi un grande lavoro nel Castello di Quart. Ricordo quando inventammo la logica dei "cantieri evento": uno dei primi fu il Castello di Quart insieme al Castello di Aymavilles, anche per far vedere le tecniche di restauro. Ricordo il laser, per esempio, che riportò visibili le scene di caccia dove si vedevano degli orsi, dove c'erano scene molto importanti da un punto di vista artistico e storico-artistico, ma anche molto suggestive dal punto di vista della futura e parziale fruizione, anche attraverso questa logica di non aspettare che un bene venga definitivamente aperto, bensì di dare la possibilità di fruirlo già in una fase di restauro, per condividere anche con la comunità queste fasi molto importanti attraverso tecnici esperti, giovani che hanno studiato queste discipline e queste parti culturali, quindi condividere, trasformare un disagio in un'opportunità affinché la comunità possa vivere ciò che era il patrimonio culturale. Il primo esempio lo portammo a dire il vero in un'edizione estiva della Foire d'été, dove la città era sommersa da scavi e ci venne l'idea di far visitare questi scavi con degli spettacoli tra l'altro abbinati.
A Saint-Pierre abbiamo poi il Castello Sarriod de la Tour. Sapete che è un altro castello di proprietà comunale, motivo per cui, spesso anche attraverso l'utilizzo di fondi, non si possono direttamente finanziare i beni non di proprietà con queste disposizioni che ci sono, quindi abbiamo fatto ricorso ad un progetto europeo e ad altri finanziamenti che derivano sempre da fondi strutturali. Poi abbiamo il Castello di Sarre, un castello molto importante per la storia della Casa Savoia, legato alla nostra Marie José e a tutta la lotta di liberazione dall'occupazione nazifascista. A Verrès c'è il Castello di Verrès. Questi sono numericamente quelli che sono di proprietà e tutti utilizzati, quindi sono sette i castelli che la Sovrintendenza gestisce.
I fatti di Parigi oggi ci ricordano anche come la delicatezza di un bene culturale e come nella cultura non ci sia sempre il rapporto spesa-beneficio. A me piace sempre ricordare che, invece di parlare di spesa - è un po' come quando si parla di scuola, collega Pulz e colleghi che siete nel mondo dell'istruzione -, è più corretto utilizzare il termine "investimento", a fronte sicuramente di ricavi che la rete dei beni culturali può avere. Pensiamo a ciò che è successo a Parigi, in una chiesa che non è gestita dal Vaticano per la questione delle espropriazioni storiche: genera un indotto, ma paradossalmente - lo diceva Sgarbi ieri in TV - ha avuto più finanziamenti in questo momento da privati rispetto all'attenzione dovuta negli anni in cui necessitava di interventi. Questo per dire che il lavoro di manutenzione, di continuo restauro è importante. Pensiamo agli interventi che annualmente vengono fatti sui nostri beni culturali, perché un bene che è secolare, in itinere, necessita, al di là della fase di fruizione e di gestione, anche di una continua manutenzione.
Dicevo che i castelli sono sette e - come dicevo - la sequenza sarà questa. Gli scopi, ça va sans dire, sono due: educare e dare la possibilità a tutti, o meglio, ai più di accedere alla cultura, un po' ribaltando il concetto che la cultura è dedicata a pochi. Quindi la primaria funzione, prima ancora di avere un risvolto economico, è quella di dare la possibilità alla comunità e ai giovani in particolare di fruire dei nostri beni culturali e di poter vivere appieno questa crescita culturale che non tutte le comunità hanno la fortuna di avere. Io aggiungerei il patrimonio ecclesiastico: abbiamo investito tantissimo su tale patrimonio. Ci ha dato un ritorno in termini economici: una Valle magnifica con segni tangibili della nostra cristianità, della nostra storia, che in certe valli piemontesi sono stati purtroppo cancellati. Basti pensare che nel libro della "Restitution" abbiamo pubblicato alcuni esempi, Pont-Suaz piuttosto che Charvaz, per citare i casi meno conosciuti, senza andare sulla Cattedrale e il Museo del tesoro, che peraltro è uno dei siti più visitati. C'è quindi anche tutto questo patrimonio e il primo obiettivo è questo.
Il secondo obiettivo chiaramente, una volta fatti gli investimenti, è di mettere in rete e di creare questa rete dei beni culturali, tant'è che l'adesione a Torino Musei, di cui parleremo all'interno della variazione di bilancio, ha un reale bacino su Piemonte, Liguria e Lombardia di un milione di visitatori. Noi dobbiamo essere in rete. Intanto noi stessi dobbiamo avere una rete che funga da catalizzatore del Forte di Bard e di tutto il sistema, con la bigliettazione unica, la questione della riforma del turismo che dà la possibilità di avere book shop e di fare anche indotto sulla vendita di una serie di materiale. Una rete che però vada anche al di fuori dei nostri confini e che dia la possibilità di avere questo turismo culturale potenziato che dà buoni risultati, ma che può ancora dare di più.
Concludo dicendo quanti sono gli investimenti di gestione, tutti gli investimenti che facciamo annualmente, e quali sono ad oggi i ricavi su questi beni. Ci sono 2,5 milioni circa di spese di investimento per quanto riguarda il costo del mantenimento, e abbiamo circa un milione di indotto per quanto riguarda le visite, i paganti, gli eventi. Ci tenevo a dire che questo è un elemento fondamentale dopo anni di investimento per dedicare la cultura ai valdostani, alla popolazione locale, perché fa crescere anche il turismo culturale, e mi auspico si possa ancora migliorare tale indotto, che è fondamentale anche per le ricadute economiche che ha sul territorio.
Presidente - La parola al collega Luboz per la replica.
Luboz (LEGA VDA) - Merci, monsieur l'Assesseur. Par votre réponse je voudrais aussi remercier vos bureaux qui, sûrement, vous ont mis à disposition toutes ces données.
Je suis partiellement satisfait, parce que j'aurais aimé avoir, pour chacun de ces monuments, un aspect un peu plus détaillé, mais bon, peut-être on aura le temps pour faire cette analyse un peu plus approfondie. Je lisais aujourd'hui une déclaration de Célia Vérot, Directrice de la Fondation du patrimoine de la France: "Le patrimoine c'est notre histoire et notre culture à partager ensemble. Notre ambition est d'être au service du patrimoine de proximité, celui qui fait de notre pays un lieu où il fait bon vivre". Je crois qu'en Vallée d'Aoste aussi il fait un bon vivre et par tous les joyaux, les monuments, les églises, les châteaux qu'on a, sûrement nous devons prêter beaucoup d'attention à ce système. C'est vrai que les investissements doivent être analysés avec attention et pas seulement misés sur un retour économique, mais il faut raisonner à plus amples rayons. En parlant avec quelqu'un - ce n'est pas un copyright que je m'assume -, celui-ci me disait: "En France on a les châteaux de la Loire, pourquoi ne pas inventer aussi chez nous les châteaux de la Doire?". Ce serait un très bon billet de visite, ce serait même quelque chose à étudier pour changer peut-être un peu la vision qu'on a de ces châteaux, qui sont essentiellement siège de musées, d'expositions, mais qui pourraient changer leur destination, dans le futur, s'il y aura la volonté politique.