Objet du Conseil n. 393 du 22 septembre 1981 - Resoconto
OGGETTO N. 393/81 - PROPOSTE GOVERNATIVE DI AGGIORNAMENTO DEL PIANO QUINQUENNALE FINSIDER. (Approvazione di ordine del giorno)
Presidente - L'o.d.g. di questa convocazione straordinaria è nel testo del telegramma di convocazione e riguarda l'esame, la discussione ed il pronunciamento del Consiglio regionale sulle proposte governative di aggiornamento del piano quinquennale Finsider.
La richiesta di questa convocazione straordinaria ed urgente mi è pervenuta con la presentazione di un documento sottoscritto in data 18 settembre da quattordici Consiglieri, con i quali si è ritenuto di fare la riunione oggi in quanto sembra - e non ci sono smentite ufficiali fino a questo momento - che il pronunciamento degli organi competenti quali il Comune e la Regione - per quanto riguarda la Valle d'Aosta - avrebbe potuto essere preso in considerazione solo se espresso ovviamente prima del 23 settembre, data della nuova riunione indetta dal Ministro. Sono stati inviati ai Capigruppo dei documenti che riguardano il riassunto del piano Finsider dell'aggiornamento; sono stati anche consegnati - sono pervenuti ieri sera - dei documenti elaborati dalla organizzazioni sindacali, non vi sono stati dati dalle organizzazioni sindacali sia romane che regionali.
Apro la discussione sull'argomento di questi documenti che sono a nostra disposizione con un certo ritardo non per colpa della Presidenza, ma in seguito alla trasmissione non tempestiva che noi stessi ne abbiamo avuta. Ricordo per quanti non fossero stati presenti, che l'esame di questo argomento ha già avuto luogo con una riunione informale avvenuta nella sala delle manifestazioni alla presenza di tutti i Capigruppo regionali, comunali, l'Associazione industriale, le organizzazioni sindacali, il Consiglio di fabbrica F.L.M. e i rappresentanti della direzione della Nuova SIAS. So che il Consiglio comunale ha ieri affrontato lo stesso argomento, non ho altro da dire se non che tutti i Gruppi hanno avuto i documenti di cui vi ho parlato; quelli che non fossero in possesso del primo documento della Finsider possono ritirarlo in quanto ne abbiamo fatto alcune copie in più.
È aperta la discussione sull'argomento che riguarda il piano aggiornamento della Finsider.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Tamone, ne ha facoltà.
Tamone (UV) - Innanzitutto vorremmo ringraziare tutti i colleghi Consiglieri di altri Gruppi che hanno voluto firmare con noi la richiesta di convocazione del Consiglio. Sappiamo che non tutti sono entusiasti di essere qui oggi e non lo siamo neanche noi perché la gravità dell'argomento credo non sia da mettere in discussione.
Noi che abbiamo passato l'estate qui in Valle senza muoverci troppo, ci siamo dilettati a leggere i documenti che ci arrivavano dalla Finsider e che vedete qui allineati davanti al mio banco: il primo è questo qua giallo e bello spesso con la data del 1° luglio; il secondo del 3 agosto, è diventato più piccino ed infine il terzo del 16 settembre è diventato proprio sottile così. E man mano che lo spessore diminuiva, aumentava la gravità del problema della Cogne. Il primo piano che avevamo ricevuto al 1° luglio e che abbiamo letto attentamente, soprattutto la parte che concerne gli acciai speciali, era un piano che noi potevamo anche condividere perché in fondo, salvo la eliminazione di un forno elettrico da 70 tonn. Che probabilmente quando era stato fatto, ai primi del 1980, era diciamo un po' largo per la Cogne - perché con due forni non si sa bene cosa sarebbe potuto colare - qui ci veniva riproposto il contenuto del piano del 1980, cioè la revisione della vecchia area fusoria della Cogne con l'eliminazione dell'LD e dell'alto forno, con una perdita di circa 200 posti di lavoro che sarebbero stati riassorbiti senza rimuovere il turn over.
Il secondo piano ci va meno bene perché cominciano ad essere messi in discussione certi presupposti; per arrivare poi alla memoria del 16/9 che veramente è un disastro. Il 16 settembre la Finsider con queste cinque pagine liquida la Cogne perché alla pag. 3 parla di "impianti da fermare la Cogne", mentre in questo piano "impianti da fermare la Cogne" erano solo altoforno, acciaierie LD, finitura e trattamenti acciai da costruzione. E se il Sindacato si dice stupito delle cifre presentate dal Ministro, noi ci stupiamo che il Sindacato si stupisca, perché è evidente che se il Ministro o la Finsider hanno intenzione di chiudere questi reparti, le perdite di 1300-1400 persone non ce le leva nessuno. Qui in aula c'è qualche tecnico della Cogne che credo non possa che assentire con me del fatto che se questi reparti sono chiusi, 1300 persone in meno alla Cogne ci stanno tutte e poi ancora. Quindi dico che il discorso è diventato a questo punto drammatico perché non solo la perdita di 1300 persone è già di per sé gravissima, ma anche il fatto di fare qui ad Aosta solo la fusione dell'acciaio, che non chiamerei più neppure così, ma - se mi permettete il termine - "collage di rottami" in quanto arriva il rottame da sotto, lo ficchiamo in un forno e lo rivendiamo come rottame. Altro che discorsi dell'ingegnere dell'altro giorno che ci parlava di superproduzione, di iperproduzione, qui delle 280 mila tonnellate che andiamo a colare per acciai da costruzione, non ne raduniamo neanche più un chilo, e ben diversamente dal verticalizzare, qui non si fa più nemmeno quello che si è fatto fino ad adesso; per cui riteniamo che se il piano sarà realizzato in questi termini, la Cogne farà una brutta fine, tanto per parlare chiaro. Non voglio parlare di effetti politici del piano perché quelli non li accettiamo, ma questo indubbiamente ci porterà a breve termine a fare delle considerazioni perché il costo dei nostri prodotti cesserà di essere competitivo in quanto l'energia elettrica bene o male aumenterà di prezzo ed allora ci diranno che tutto quello che stiamo facendo qua ad Aosta, si farà invece a Piombino perché costa meno e sarà la fine che sarà.
In secondo luogo l'Union Valdôtaine non è assolutamente d'accordo sulla posizione che la F.L.M. assume su questo argomento e lo dichiariamo anche a costo di correre il rischio - come lo abbiamo corso nel 1968 - di essere chiamati localistici; non ci interessa. Noi siamo sicuramente localistici, ci mancherebbe altro, anzi quando ci chiamano così ci fanno un piacere. Perché già nel '68 quando noi dicevamo di non fare le vie di Aosta eravamo dei localistici; l'ho sentito dire da quel banco lì, dal senatore Germano e me lo ricordo come se fosse oggi perché ero in tribuna che ascoltavo. E le stesse cose le ho sentite ripetere l'altro giorno qui sotto. Noi non vogliamo essere aggregati alla fabbrica di Piombino che riteniamo sarebbe un errore tecnologico madornale, perché per fare gli acciai speciali ci vuole "una certa cultura", nonostante questa sia una parola un po' abusata, e questa cultura sicuramente non c'è a Piombino. Posso dire anche qualcosa di più senza tema di smentita: quando la gente di Piombino è venuta ad Aosta e si è stabilita qui, lo stabilimento siderurgico di Aosta si è dequalificato. Di conseguenza non possiamo accettare che le acciaierie di Piombino facciano parte del nostro gruppo, cioè degli acciai speciali.
La terza questione è molto importante e qui il piccolo documento diventa assai interessante, perché finalmente dice come andrebbe scomposta la Teksid che dovrebbe poi passare al comparto pubblico. Non siamo assolutamente contrari come ipotesi ad un discorso sulla Teksid, purché sia fatto globalmente ed inglobi anche il discorso Vertek, altrimenti è inutile che i Ministri facciano gli accordi al mese di ottobre dell'anno scorso, quando poi sotto banco ci viene rifilato il bidone della Teksid, perché l'accordo era chiaro: la Fiat chiudeva la questione, e invece la Teksid - che è una delle poche parti della Fiat che perdono - ci viene affibbiata come partecipazione statale.
Riteniamo che il problema della Teksid si debba studiare, perché se deve entrare nel comparto degli acciai speciali, deve entrarci tutta e non solo la parte che perde lasciando alla Fiat la Vertek, che invece rende, proprio per verticalizzare i prodotti che poi uscirebbero dalle aziende a partecipazione statale.
Non abbiamo molte altre cose da dire; evidentemente ascolteremo con attenzione la posizione degli altri Gruppi su questo argomento, sul quale abbiamo presentato un o.d.g. che speriamo possa essere accettato dal Consiglio - anche se con le dovute modifiche. Insistiamo perché si faccia presente al Ministro De Michelis, che sta trattando la questione, che non si può prendere sotto gamba un problema come quello degli acciai speciali che è ancora uno dei più drammatici per la bilancia dei pagamenti, perché con l'estero ci perdiamo ogni anno quasi 500 miliardi. Riteniamo che se questo discorso sarà fatto seriamente, una buona parte del deficit possa essere colmata con le acciaierie della Cogne di Aosta; e non solo non dovranno realizzarsi dei tagli di personale, ma la Cogne può ed è in grado di rispondere a queste esigenze dello Stato italiano.
Presidente - Il Consigliere Tamone ha annunciato la presentazione di o.d.g. firmato Tamone, Faval, Rolando, Voyat e Martin, e dal momento che è piuttosto lungo e quindi può servire ai Consiglieri per il seguito della discussione, la Presidenza ritiene di farlo distribuire adesso, in modo che i Consiglieri possano prenderne visione subito.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Mafrica, ne ha facoltà.
Mafrica (PCI) - Questa discussione sui problemi della siderurgia ed in particolare sul futuro della Cogne è da noi ritenuta importante, tant'è che l'avevamo già richiesta con una mozione presentata il 16 settembre inserita nell'o.d.g. del Consiglio del 29 settembre. Dalla riunione dei Capigruppo del 18 settembre è emersa la volontà di anticipare i tempi della discussione per rendere noto il parere del Consiglio possibilmente prima di ulteriori incontri tra il Ministro delle Partecipazioni Statali, i Sindacati ed i rappresentanti delle Comunità locali dove sono presenti grandi aziende siderurgiche.
Abbiamo naturalmente aderito a questa richiesta anche se ci hanno lasciati perplessi alcuni fatti che intendo ricordare perché significativi. Innanzitutto non ci è chiara la ragione della richiesta di parere alla nostra Regione. La legge 675 dell'agosto del '77 che riguarda la predisposizione dei piani di settore, prescrive all'art. 1, l'obbligo per il CIPI - Comitato Interministeriale Programmazione Industriale - l'obbligo di sottoporre i piani stessi e quindi i loro aggiornamenti all'esame delle Regioni, in particolare all'esame della Commissione interregionale composta dai Presidenti delle Giunte regionali. È giunta qualche richiesta ufficiale dal Governo e dal Ministro delle Partecipazioni Statali in questo senso, ma come mai la nostra Regione non ha partecipato alla riunione di Bari, promossa dal Ministro delle Partecipazioni Statali con i rappresentanti delle Comunità interessate al problema siderurgico? Ci risulta che a questa riunione era presente solo il Sindaco della città di Aosta e - cosa che ci lascia perplessi - in questa riunione sembra sia stato in qualche modo avallato il piano presentato dal Ministro. Pensiamo che la presenza della nostra Regione sarebbe stata certamente utile; ci è stato detto che la sua assenza sia da attribuire ad un disguido nella convocazione. In casi del genere devono essere sottolineati sia la distrazione del Governo centrale rispetto ai suoi obblighi di consultazione delle realtà periferiche, sia la scarsa attenzione verso i gravi problemi dell'industria valdostana da parte della Giunta regionale, per non dire il suo voluto disimpegno, confermato dal fatto che sono stati quattordici Consiglieri a richiedere la convocazione del Consiglio, tra i quali anche i Consiglieri dell'Union Valdôtaine, e non direttamente il Presidente della Giunta che, se lo avesse ritenuto necessario, avrebbe potuto convocare urgentemente il Consiglio senza altre formalità, specialmente il nostro dove ci si trova uniti nei momenti difficili, come mi auguro accada anche oggi. Ci si trova uniti nell'affermare una volontà di difesa dei livelli occupazionali nell'industria della nostra Regione, ma di fatto la Giunta regionale ha dimostrato in più occasioni, di avere idee diverse in proposito. Basta ricordare le dichiarazioni dell'Assessore all'Industria in merito alla possibile chiusura della Cogne, rilasciate nell'inverno scorso ad un settimanale cattolico, oppure le dichiarazioni fatalistiche e rassegnate dello stesso Presidente della Giunta in merito alla impossibilità della Regione di intervenire in processi complessi di dimensioni nazionali ed internazionali quali quelli della siderurgia. Non siamo di questo avviso e crediamo anche che dall'iniziativa delle realtà locali possano partire spinte in grado di modificare gli orientamenti del Governo, come si è dimostrato in occasione della discussione sul riparto fiscale al Senato che ha modificato gli orientamenti anti-autonomistici del Governo, mentre per il Presidente della Giunta era addirittura improponibile la semplice richiesta di modifica. Per questo siamo dell'idea che il Consiglio regionale debba esprimersi in modo chiaro e netto sull'aggiornamento del piano quinquennale per la siderurgia, in quanto riteniamo che anche l'opinione del Consiglio regionale possa e debba pesare nelle scelte che verranno fatte. Cominciamo quindi a pensare che chi teorizza l'impossibilità di intervento nella Valle d'Aosta sulle grandi scelte nazionali - fatto già grave che richiederebbe di per sé un cambiamento della Giunta regionale - non sia solo un tiepido autonomista, ma che in realtà condivida la prospettiva di una Valle d'Aosta in cui l'industria abbia sempre meno peso ed al limite possa addirittura scomparire. Una prospettiva di questo tipo sarebbe a nostro avviso sciagurata e faremo quanto è nelle nostre possibilità per scongiurarla, perché non crediamo in un futuro della Valle che prescinda da una equilibrata integrazione da attività industriali, turistiche ed agricole.
Veniamo ora ad un esame più ravvicinato dell'oggetto in discussione, cioè dell'aggiornamento del piano quinquennale per la siderurgia. Non può essere passato inosservato il fatto che in realtà quello che c'è stato presentato non è un documento definito e puntuale, di cui si possano discutere numeri e dati precisi, nel tempo trascorso dal 1° luglio all'11 settembre - quindi in meno di due mesi e mezzo - sono già state fornite ben quattro varianti di questo aggiornamento che sono quelle illustrate prima dal Consigliere Tamone. È curioso che mentre le grandi scelte strategiche restano grosso modo le stesse, una grande variabilità è da registrarsi nei dati finanziari e soprattutto nei dati occupazionali. Citerò qualche esempio e poi dirò la mia interpretazione di queste diverse questioni. A pag. 114 della versione 1° luglio, viene prevista una riduzione degli occupati Finsider di 8730 unità. A pag. 114 della versione senza data - presumibilmente del 3 agosto - consegnataci dal Presidente del Consiglio, senza che sia mutato nulla nel complesso delle previsioni la riduzione degli occupati Finsider sale a 9158 occupati. Nella versione di qualche giorno dopo - del 7 agosto - con una revisione delle curve e dei conti economici, ipotizzando una riduzione sensibile dell'inflazione nei prossimi anni, facendo quindi un atto di fede nei confronti degli orientamenti del Governo, il dato complessivo del costo del personale alla data finale del 1985, viene ridotto da ca. 4000 miliardi a ca. 3600 miliardi. In questa terza versione per ciò che riguarda il futuro della Cogne, a pag. 46 si scrive che la ristrutturazione in corso prevede la fermata degli altiforni e dell'acciaieria LD, il nuovo forno elettrico da 70 tonn., la nuova acciaieria alta lega sotto vuoto, seconde lavorazioni e finiture ex-Tecnocogne. Non c'è quindi notizia della grave, ulteriore novità introdotta in seguito nel promemoria di fonte Finsider dell'11 settembre in cui, per la Cogne fra gli impianti da fermare compaiono anche la finitura ed il trattamento degli acciai da costruzione. Da questo pro-memoria desumiamo, ed è l'unico documento da cui risulti ciò, che gli occupati Cogne diminuiranno nei 5 anni da 4905 a 3732 - quindi 1173 in meno - e si può accertare in quel documento che l'occupazione globale per la nuova SIAS non è più di 8920, come appariva nella seconda versione, ma è già scesa a 8648 addetti e quindi ca. 300 in meno. Anche l'ultima versione come già le precedenti, lascia nel vago i rapporti fra Teksid e Finsider; non condivido l'idea che ha il Consigliere Tamone, che sia già chiarito come andranno a finire le cose fra Fiat e Finsider, perché molto rimane ancora nel vago. In quel documento si rinvia infatti ad ulteriori incontri tra le parti, decisioni che possono avere conseguenze rilevanti sua sulle quantità di acciaio prodotte dalla Finsider che sui livelli di occupazione. Gli esempi precedenti confermano a mio avviso tre ordini di considerazioni: innanzitutto il piano non è credibile per la sua indeterminatezza e per l'arbitrarietà di tutta una serie di dati in esso presenti e derivanti da calcoli di una astratta, teorica, convenienza economica, più che da confronto effettivo con le realtà impiantistiche e produttive della siderurgia pubblica. In altri tempi si conservava nelle proprie mani il potere nascondendo dati economici, finanziari, produttivi; oggi si è un po' cambiato sistema ma l'obiettivo è sempre quello: si cerca di ottenere lo stesso risultato creando confusione con continui cambiamenti di dati di riferimento.
In secondo luogo la logica principale che indirizza tutto il piano è recessiva. Partendo da una disastrosa situazione finanziaria della siderurgia pubblica - ca. 2 mila miliardi di perdite previste per il 1981 - si cerca gradualmente di rientrare in livelli di indebitamento tollerabili, tagliando sui costi di lavoro e riducendo drasticamente la quantità di acciaio prodotto dalla Finsider: per i posti di lavoro c'è una riduzione di 9150 addetti su 121 mila, per le quantità di acciaio c'è una diminuzione di oltre 2 milioni di tonn. al 1985, di cui 210 mila di prodotti lunghi in acciaio speciale. Si tratta di una logica perdente e inaccettabile che prende atto in modo fattivo dell'esistente, accettando la situazione che è definita abnorme negli stessi documenti che stiamo discutendo e che è quella di un paese che continua ad importare quantità crescenti di acciaio - si è passati a 5,5 milioni di tonn. importate nel '78 a quasi 9 milioni di tonn. nell'80 - senza reagire. La logica riduttiva deriva da una forzata subalternità ad orientamenti ed indirizzi decisi in altri paesi europei che non tengono conto della diversità della realtà italiana. Infatti, mentre negli altri paesi europei - che comunque hanno fatto investimenti massicci negli anni scorsi - prosegue una contrazione nei consumi di acciaio di circa il 9% per il 1980, in Italia il mercato si mantiene a livelli pressochè stabili e c'è quindi una diminuzione delle produzioni delle aziende pubbliche che va a tutto vantaggio della penetrazione di aziende straniere in questo paese. È perciò necessario puntare non su una riduzione artificiosa delle produzioni, ma su una riconquista di fette di mercato interne di acciaio, soprattutto acciaio speciale, che l'imprevidenza dei Governi ha abbandonato alla mercè di una concorrenza che spesso è sleale quando non è addirittura fraudolenta. Si tratta di puntare su una nuova competitività verso l'estero attraverso un urgente risanamento finanziario delle aziende pubbliche ed un rilancio qualitativo delle produzioni, a questo scopo sono necessarie innanzitutto una trattativa del Governo con gli altri paese europei sugli articoli 58-60 e 74 del trattato C.E.C.A. per impedire rallentamenti ed ostacoli agli interventi finanziari e strutturali necessari per la siderurgia italiana, e poi una accelerazione dei provvedimenti per il consolidamento dei debiti e la ricapitalizzazione delle aziende pubbliche. Inoltre occorre definire i rapporti che dovranno esistere fra Teksid e Finsider in modo che non si implichino né oneri per lo Stato, né duplicazione di produzione con conseguenti tagli per la siderurgia pubblica. E ancora è necessario un approfondimento di effetti importanti rimasti disattesi nella formulazione del piano, quali gli approvvigionamenti, la commercializzazione, i consumi energetici, la ricerca.
In terzo luogo non è accettabile - per usare le parole dell'Ing. Liberati - un affinamento della capacità competitiva che in sostanza punti esclusivamente sulla riduzione dei costi del personale; almeno secondo l'ultima versione del piano infatti i costi del personale dovrebbero passare da £ 2.265 miliardi nel 1981 su un dato complessivo di £ 8.772 miliardi - quindi con una percentuale di ca. il 26% - a £ 3.607 su £ 16.308 miliardi - quindi con una percentuale del 22%. Si vuole ridurre allora del 7,5% l'occupazione per ottenere una riduzione del 4% dei costi. La netta impressione che si riceve dall'esame del piano e dalla contraddittorietà delle versioni fornite è che si sia fatto un calcolo sui grandi numeri, sulle tonnellate prodotte per addetto, senza prendere in considerazione altri costi al di fuori di quelli del personale, che potrebbero essere invece quelli derivanti dall'approvvigionamento delle materie prime, da una non razionale commercializzazione, dalla mancanza di una politica energetica vera e propria. Ancora una volta si punta sul costo del lavoro visto come costo del personale, seguendo anche in questo caso un indirizzo che punta a riversare sui lavoratori i costi degli errori dei governi e dei gruppi dirigenti dell'industria italiana. È un indirizzo che non può essere accettato, in particolare dalle forze che fanno diretto riferimento agli interessi dei lavoratori, soprattutto se si osserva che nell'81, a fronte di spese per il personale per £ 2.265 miliardi, ci sono stati oneri finanziari per £ 1.636 miliardi. È quello finanziario il primo punto di attacco per un risanamento della siderurgia italiana, non certamente quello del personale.
Un ultimo ordine di considerazioni riguarda poi il futuro della Cogne, perché dopo mesi e mesi di continue assicurazioni sul mantenimento dei livelli di occupazione fornite dai dirigenti della SIAS - adesso Nuova SIAS - a organizzazioni sindacali, a forze politiche, all'opinione pubblica in tante sedi, veniamo ad apprendere da questo pro-memoria dell'11 settembre, che alla Cogne si avranno 1173 posti in meno rispetto al 30 giugno 1981, cioè oltre 1300 rispetto al dato occupazionale del 31 dicembre 1980. Invece di una ristrutturazione che porti verso lavorazioni capaci di produrre maggior valore aggiunto, con una frase che prima era detta a mezze parole ma che poi è stata aggiunta in fondo ad un pro-memoria, si cancellano o si riducono, senza capire bene dove, come, quando e perché, gli impianti di finitura e trattamento degli acciai da costruzione della Cogne. È questa la maggiore verticalizzazione di cui ci hanno parlato per anni gli attuali dirigenti della Nuova SIAS, se - come sembra - si vogliono mandare alla Breda circa 120 mila tonnellate di acciaio da costruzione per le finiture? Quale ruolo si vuole assegnare alla Cogne? Il progetto ambizioso - ambizioso è una parola usata dall'Ing. Liberati - dei dirigenti della Nuova SIAS è forse quello di salire sempre più su nella piramide degli acciai speciali, fino a fare quantità sempre più trascurabili di acciai superlegati ma con poche centinaia di dipendenti? Se i dirigenti della Nuova SIAS, che non amano sentirsi definire padroni, ma vogliono essere considerati dei tecnici, hanno veramente a cuore il futuro delle loro aziende, si impegnino anche loro, ma stando dalla parte dei lavoratori e non accettando decisioni ed opzioni continuamente variabili e chiaramente verticistiche. Forse - vogliamo sperarlo - neanche loro conoscevano fino a poco tempo fa quali erano gli obiettivi finali di questi piani, visto che hanno firmato un mese fa un accordo aziendale che garantiva il mantenimento dei livelli di occupazione. Chiediamo anche il loro impegno, altrimenti dovremo dare un giudizio chiaramente negativo.
Per concludere, è necessario respingere gli orientamenti oscuri e quelli sbagliati di questo aggiornamento del piano Finsider con un largo schieramento di forze politiche e sociali, che non lasci isolate le organizzazioni dei lavoratori; occorre ribaltare la logica repressiva del piano a chiarire le equazioni ancora lasciate nel vago; a questo scopo un loro peso possono averlo un pronunciamento chiaro, in senso negativo, del Consiglio regionale e l'impegno delle forze politiche e sociali della Regione. Occorre battersi per avere un piano per la siderurgia che punti alla difesa degli interessi di fondo delle industrie del paese salvaguardando i livelli occupazionali. Ogni altra scelta sarebbe a nostro giudizio perdente e particolarmente grave per la nostra Regione che in pochi mesi ha visto cadere l'occupazione industriale dal 37% al 32%, non abbiamo ancora dati precisi ma lo vedremo con il prossimo censimento a quale livello sia scesa di questi tempi.
Nell'esprimere il nostro parere favorevole, consegneremo alla Presidenza una copia dell'o.d.g. e vorremmo invitare le altre forze ad impegnarsi a fondo per difendere il futuro della Cogne e dell'occupazione industriale in Valle.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Martin, ne ha facoltà.
Martin (UVP) - Siamo oggi riuniti per esaminare il piano quinquennale 1981-1985 predisposto dalla Finsider e riguardante la siderurgia a partecipazione statale. Questo piano riguarda da vicino anche la Cogne, stabilimento per il quale è previsto un ridimensionamento sia in termini di produzione che di mano d'opera impiegata. Con la chiusura dei forni Martin - di cui non sono titolare del brevetto ma purtroppo solo un omonimo - alla Breda di Sesto S. Giovanni, è previsto che la Cogne fornisca acciai allo stato di lingotti a questo stabilimento, riducendosi sempre più a semplici attività fusorie che naturalmente sono quelle più povere rispetto al profilo economico.
Un altro aspetto preoccupante del piano presentato è costituito dal fatto che non si intravede un deciso indirizzo verso gli acciai inossidabili, le valvole, gli utensili e i rapidi; è vero che il piano prevede per questi acciai un aumento di ca. il 60%, ma si deve considerare che essi hanno rappresentato nel 1980 solo il 15% e che nel 1985 rappresenteranno il 25% dell'intero prodotto della Nuova SIAS. Ci pare di poter affermare che è ancora troppo poco per poter parlare di verticalizzazione del prodotto alla Cogne. Siamo d'altronde convinti che solo una maggiore specializzazione dello stabilimento in termini sia di colato che soprattutto di prodotto finito, possa rendere competitivo lo stabilimento di Aosta rispetto agli altri stabilimenti del gruppo che, a differenza del nostro, dispongono di impianti tecnologicamente più avanzati. Una conferma in tal senso che si legge anche nel piano presentatoci, è stata espressa dai dirigenti della Nuova SIAS nell'incontro di venerdì scorso delle forze sindacali con i Capogruppo del Comune di Aosta e della Regione, quando il Presidente della società ha dichiarato che gli acciai da costruzione basso legati sono più economicamente producibili con il ciclo integrale e sono stati portati a Piombino che dispone di convertitore di ossigeno di 100 tonnellate, contro le sole 50 tonnellate dei convertitori di Aosta.
Da qui la necessità di chiudere l'acciaieria di ossigeno e l'altoforno di Aosta. Mi chiedo allora come mai all'inizio degli anni '70, quando è stato messo in funzione l'LD, l'acciaieria d'ossigeno, non sono stati fatti questi conti da quei dirigenti che alcuni anni dopo hanno lasciato la Cogne per la porta e, dopo essere passati per la Fiat, stanno ora ritornando, per così dire, dalla finestra. Il problema della verticalizzazione e della specializzazione del prodotto, abbandonato negli anni '70 quando l'LD si puntò tutto sulla quantità a scapito della qualità, riemerge nuovamente in tutta la sua drammatica evidenza, anche perché se è pur vero che importiamo il 30% di acciai speciali, è anche vero che in conseguenza - prima - a politiche aziendali perseguite negli anni '70 e - poi - alla successiva crisi dell'E.G.A.M., questo tipo di mercato è stato occupato da altri produttori italiani e soprattutto da altri produttori stranieri. Per cui si tratta di ricominciare per la Cogne una politica più qualificata di marketing e di commercializzazione del prodotto, che - ammesso che questo piano non passi - è estremamente difficile, soprattutto in un periodo in cui la Cogne non si chiama nemmeno più come tale. Questo del nome è un altro dei problemi che pur non essendo specificatamente oggetto dell'esame che stiamo trattando, è di estrema importanza perché il nome Cogne ha sempre significato qualità, competenza e garanzia, ed è quindi con questo nome che va affrontato il rientro sui mercati nazionali ed esteri, per la città di Aosta in special modo questo nome assume un significato particolare. Chiederei quindi al Consiglio di pronunciarsi su un eventuale intervento da farsi presso i dirigenti della Nuova SIAS, e se necessario anche presso il Ministero delle Partecipazioni Statali, per riottenere la denominazione primitiva della società; penso che questo sia possibile perché, come ci ha detto l'Ing. Liberati anche i dirigenti della Nuova SIAS hanno tutto l'interesse perché questo nome ritorni ad essere il nome dell'azienda capofila.
Uno degli obiettivi del piano Finsider è il recupero dell'efficienza degli impianti in termini di produttività e di utilizzo degli stessi onde raggiungere buoni livelli di produzione a costi competitivi.
È senza dubbio una strada che non solo l'azienda siderurgica ma qualsiasi altra dovrebbe prefissarsi, perché è fuori dubbio che la competitività di un'azienda è indispensabile per la propria esistenza. Il problema dell'importanza di questo fattore è condiviso attualmente da tutti, anche dal Sindacato, specie in un momento come l'attuale, caratterizzato da una domanda sempre più scarsa e dalla crescita di una concorrenza sempre più agguerrita. Il Sindacato ha capito gli errori del passato, quando le parole produttività e professionalità erano da considerare tabù, ha capito certi errori commessi all'atto dell'inquadramento unico, dove importanti categorie di lavoratori, non sentendosi tutelate, si sono allontanate sempre più dal Sindacato, costituendosi in forme associative che non sono, come si vorrebbe far credere, delle associazioni corporative, bensì delle associazioni che vogliono semplicemente riconosciuta la propria professionalità ed i propri diritti, e verso le quali finalmente anche i partiti politici si stanno muovendo, proponendo la modifica di un articolo del Codice Civile per riconoscerne la presenza.
Siamo quindi tutti d'accordo sul recupero dell'efficienza, ma non siamo d'accordo quando questa significa - come nel piano propostoci - solo la riduzione del personale addetto; può essere che in certi settori ci sia un eccesso di mano d'opera, o che in altri, dopo l'introduzione di attrezzature e di macchine più sofisticate, si possa ridurre una parte del personale aumentando contemporaneamente la efficienza dell'impianto e la qualità del prodotto, ma ci rifiutiamo di credere che una maggiore efficienza degli impianti passi esclusivamente attraverso una pura e semplice riduzione del personale. Non ci è dato di sapere quante unità in meno sono previste ad Aosta, perché nel piano sono solamente riportate le cifre previste per tutto il gruppo, che sono stimate in 9158 addetti in meno nell'arco di 5 anni. Il Consigliere Tamone mi dà adesso un appunto dove si dice che le persone valutate in meno per Aosta siano circa 1200, come fra l'altro ci è stato affermato dal Presidente della Nuova SIAS nell'ultimo incontro avuto con i Capigruppo, senza contare naturalmente tutte le persone che in questi anni se ne sono andate in pensione e che non sono mai state sostituite.
Questa riduzione del personale non può essere accettata dalla Regione Valle d'Aosta; l'industria valdostana è in crisi, le fabbriche della bassa valle ogni giorno affrontano problemi di sopravvivenza e i giovani stentano sempre più a trovare un lavoro. Non è possibile continuare ad incrementare in modo abnorme il terziario, l'unico settore che ancora assuma del personale. Pur essendo un fautore del potenziamento del turismo, dell'agricoltura, dell'artigianato, pur apprezzando gli sforzi compiuti dall'Amministrazione regionale in questi settori per lanciarli definitivamente in quanto hanno delle buone prospettive nella nostra Regione, ritengo sarebbe una catastrofe togliere alla Cogne 1200 posti di lavoro che non vedo come possono poi essere recuperati. Non nascondiamoci poi le insidie che con l'attuazione di questo piano potrebbero ancora derivare in un prossimo futuro con il probabile inserimento della Teksid, in quel momento probabilmente ci sentiremo dire che per il benessere del gruppo sarà indispensabile effettuare altri tagli all'occupazione. Sotto questo aspetto quindi il piano va respinto e va rivisto perché non può non tenere conto che in Valle d'Aosta l'unica azienda di una certa dimensione è la Cogne e che non siamo compresi nel famoso triangolo industriale dove si cambia posto di lavoro con una certa facilità - anche se per la verità questa facilità viene sempre meno - per cui una riduzione dello stabilimento significherebbe inevitabilmente una flessione anche all'esterno dell'azienda.
Infine per quanto riguarda i problemi energetici, pur apprezzando quanto si sta facendo all'interno dello stabilimento di Aosta, riteniamo - anche se nel piano non se ne fa una menzione particolare - che occorra come Regione intervenire al più presto al fine di prevedere il prolungamento del metanodotto fino ad Aosta; lo stabilimento siderurgico ne ricaverebbe un apporto determinanti in fatto di costi e di qualità del prodotto. Ritengo sia giusto apportare critiche costrittive al piano e fare tutto quello che è in nostro potere per far vivere questo stabilimento, nei cui reparti sono passate già alcune generazioni di valdostani che hanno tratto dei benefici dal lavoro svolto e che hanno reso possibile migliorare le condizioni di vita in Valle d'Aosta. In tal senso chiedo al Presidente della Giunta ed all'Assessore all'Industria un preciso impegno per tradurre in progetto quello che oggi forse è solo a livello di intenzione e che è in grado di apportare notevoli benefici alla città di Aosta ed alle zone vicine.
Per concludere, il mio giudizio e quello del mio movimento sul piano presentatoci sono negativi. Ci auguriamo che questo venga rivisto anche tenendo conto dei suggerimenti che scaturiranno dal dibattito odierno e soprattutto del patrimonio umano rappresentato dalle maestranze della Cogne che da sempre sono state addestrate per produrre acciaio di qualità, da tutti riconosciute come altamente qualificate, per cui sarebbe veramente mostruoso non utilizzarle completamente.
Presidente - Dopo l'intervento del Consigliere Tamone è stato distribuito l'o.d.g. presentato dai Consiglieri dell'Union Valdôtaine e dell'Union Valdôtaine progressiste. Mi viene ora consegnata la fotocopia dell'o.d.g. annunciato dal Consigliere Mafrica e sottoscritto dai Consiglieri del Gruppo Comunista.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Pedrini, ne ha facoltà.
Pedrini (IPLI) - Signor Presidente, colleghi, devo fare subito una brevissima premessa che è anzitutto quella di essere stato veramente spiacente venerdì scorso di non essere presente alla riunione dei Capigruppo in quanto precedentemente impegnato fuori Valle da impegni inderogabili. Sono spiacente per due motivi: primo, perché il nuovo progetto quinquennale della Finsider mi ha lasciato tremendamente scioccato; il secondo, perché avrei voluto dire ai dirigenti della SIAS-Cogne - chiamiamola ancora così per un momento - quello che pensavo e penso tutt'ora. Devo fare una piccola premessa - come dicevo - oltre quella di prima e cioè che il PLI aveva chiesto ed ottenuto un colloquio fra lo staff della SIAS-Cogne diretto dall'Ing. Adani e, da questa parte, un gruppo di tecnici, liberali, indipendenti e sindacalisti, che avevano posto in quell'occasione delle domande ben precise di quanto si andava svolgendo intorno a questo problema. Le risposte erano state estremamente chiare e precise e ci era stato detto dall'Ing. Adani in persona - che guidava lo staff dirigenziale della Cogne - che ci sarebbe stato questo nuovo movimento ma che comunque la Cogne ne sarebbe uscita come la primaria società del Gruppo e sarebbe stata alla testa di tutte le altre società. Bisogna anche chiarire bene i problemi, altrimenti facciamo della demagogia come spesso succede e come anche qua ho sentito fare: l'ing. Adani ha detto che non avrebbe proceduto ad alcun licenziamento, fermo restando il tempo del 31 dicembre 1981, che nello stesso tempo non si sarebbe proceduto alla Cassa Integrazione se non per qualche giorno per casi eccezionali, ancora da venire, e che quindi la situazione del momento - parlo del mese di luglio prospettata sino al 31 dicembre 1981 - non era così come Radio Scarpa aveva detto, ossia 500 licenziamenti - con questo non è che noi li accettiamo - si parla di 5 anni e non di domani. Non è detto che non ci dobbiamo preoccupare, ma vorrei solo che si ponesse il problema nei suoi giusti binari e non si facesse della bassa demagogia perché sappiamo benissimo - non come diceva il Consigliere Mafrica che "solo" la Cogne è in questa situazione, che "solo" il nostro Governo ci porta a questo - che questa crisi non è solo della SIAS-Cogne o della Finsider, ma di tutta l'Europa, direi di tutto il mondo. Con una certa differenza, che noi abbiamo avuto proprio per risanare determinate aziende, perché è ora di dire che certa gente, che va a timbrare al mattino e poi alla sera, senza fare un minuto di lavoro, è tempo che si metta a lavorare. Abbiamo visto l'esempio inglese dove sono state prese certe disposizioni che servono a far progredire le aziende, a dare un pezzo di pane sicuro ai lavoratori e non per mantenere i cosiddetti "fagnani" tipo quello che ha detto "buffone", che sono legati con la palla al piede all'azienda, che non rendono niente e che portano via veramente il pane agli altri lavoratori, questa è la verità ed hanno ancora il coraggio di dire "buffoni"! Gente di malaffare che solo vive nella speculazione sulle spalle altrui. È ora che queste cose si dicano e che qualcuno le sappia, perché dobbiamo tirarci su non solo le mutandine, se vogliamo veramente che la Cogne prosegua, ma tutto il resto, e far sì che si possa camminare con un piano di programmazione che porti a qualcosa di concreto.
Diceva qualcuno: "desideriamo una produzione qualificata". È giusto ed onesto, siamo per una produzione qualificata, la Cogne in modo particolare è un'azienda tremendamente preparata di fronte a tutti gli altri complessi per una produzione qualificata. A quanto pare invece siamo sottesi, a noi era stato assicurato che Piombino non sarebbe entrata nel gruppo della Fiat e che in seno alla Cogne sarebbero state date nuovo lavorazioni, ma questo non ci risulta. Ne prendiamo atto, lo denunciamo pubblicamente, così come abbiamo avuto il coraggio di dire pubblicamente che abbiamo cercato di difendere con competenti e tecnici - ma senza demagogia e sbandieramenti di bandiere di un coloro o dell'altro - un qualcosa che ci stava veramente a cuore: la posizione dei nostri lavoratori valdostani. È evidente che se quello che a noi è stato detto e promesso, non viene mantenuto, le nostre posizioni sono allineate perfettamente sull'o.d.g. presentato dall'Union Valdôtaine, perché questo ha da farsi. Ripeto che avrei voluto essere presente venerdì per dire queste cose di fronte alla gente che con noi aveva preso determinati impegni, per avere almeno la soddisfazione di far loro ingoiare il rospo e fare dire loro che non erano persone né corrette né tecniche, come si deve essere quando si afferma una cosa. Le vie della politica sono come quelle del Signore, infinite, quindi si possono non capire o non accettare, ma diciamo intuire e vedersele poi prospettate; questa è la realtà del fatto e su questo noi siamo d'accordo.
Siamo per lo sviluppo della Cogne, per il mantenimento dei posti di lavoro, per fare qualcosa tecnicamente valido perché l'acciaio della Cogne che è conosciuto in tutto il mondo, possa continuare ad avere il suo prestigio. Siamo - come ha detto bene il Consigliere Martin - per lo sviluppo e la costruzione immediata di quel progetto all'ILSSA Viola di Pont St. Martin, siamo per tutto quello che in realtà riteniamo sia giusto fare al di fuori della demagogia, del far credere che tutte le cose hanno un certo colore mentre non è vero, di coprire coloro che non producono ma cercano solo di rovinare le aziende e coloro che per mezzo della politica vogliono arrivare al potere proprio portandoci a questi risultati. Sono cose ormai provate e chiarite che non voglio citare proprio per non fare demagogia, le stiamo vedendo anche in altri paesi europei. Ritengo che il Presidente della Giunta si darà da fare sicuramente sotto tutti i profili - con Commissione o senza - ma una cosa è certa: la voce del Consiglio regionale deve essere portata e sentita in campo nazionale dal Consiglio dei Ministri intero con il suo Presidente.
Questo è quanto noi liberali auspichiamo e chiediamo.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Minuzzo, ne ha facoltà.
Minuzzo (PSDI) - Viene difficile a questo punto esternare la posizione del proprio partito, senza ripetere quanto i precedenti oratori hanno già detto.
Ci ha meravigliato che in apertura di dibattito su questo importante problema, in considerazione delle varie posizioni emerse dai dibattiti che hanno preceduto questa riunione consiliare, non ci sia stata una relazione o un intervento di un rappresentante della Giunta per esternare la posizione del Governo regionale in merito. Dico questo perché diverse sono le posizioni delle forze politiche attualmente in esecutivo regionale, per cui avremmo gradito, al di là dell'intervento del Consigliere Tamone - che fra l'altro sotto molti aspetti è condiviso - un elaborato da parte della Giunta con il quale rendere ufficiale la propria posizione.
Detto questo, ritengo che siamo giunti al principio della fine. L'esposizione del Consigliere Tamone è direi emblematica se rapportata con delle documentazioni e noi come PSDI ci dichiariamo contrari a questo piano quinquennale Finsider che ci preoccupa soprattutto per l'assenza di proposte concrete e di strategie per quanto riguarda il futuro della SIAS in particolare e più in generale la siderurgia italiana e di come la Finsider andrà a collocarsi in questo ambito. Sia quello che ha detto il Consigliere Tamone, sia i dati che ha posto alla nostra attenzione il Consigliere Mafrica, confermano quanto ho appena detto e cioè che non si possa intravedere una linea chiara sulla strategia della Nuova SIAS e della Finsider; infatti in tutti i documenti, i piani, che ci sono stati presentati, vi erano sempre dei dati diversi, quando non erano contradditori fra loro. Non possiamo intravedere il futuro della SIAS perché quando si è in ritardo sul mercato, quando si è persa una quota di mercato come di fatto è avvenuto per la Cogne, quando si esce da una piazza, è assai difficile rientrarci, per cui tutto il ritardo accumulato dalla Cogne - adesso Nuova SIAS - su quella che era l'offerta della stessa per la richiesta del mercato, chiaramente crea grossi problemi per l'avvenire dello stabilimento e della Finsider in genere. Inoltre appare evidente che si sia voluto risolvere questo problema licenziando personale, favorendo il prepensionamento, non effettuando il turn-over. Di fatto non è stato detto a che livello sono effettuati i tagli di personale, se a pagare ancora una volta saranno i più deboli, le categorie all'interno della Finsider e Nuova SIAS; non sappiamo ancora quante unità lavorative dei vari settori, tra gli amministrativi, gli specializzati, gli operai, vengono a questi tagli, che è invece questione di rilevante importanza per la gestione ed il mantenimento di questi posti di lavoro, perché la Giunta in base a questi tagli dovrà con un'adeguata programmazione creare nuovi posti di lavoro. Non ci è ancora dato di sapere quanti sono i pre-pensionamenti; si parla che questi tagli saranno resi indolori tramite i pre-pensionamenti, che a quel che ci risulta non sono più di 3-400, quindi da dove saltano fuori le altre 800 unità lavorative che il Piano Finsider pensa di tagliare qui alla Nuova SIAS? Ma il fatto più preoccupante è che i tagli vanno a mettere in crisi le piccole industrie, le imprese artigiane, perché di fatto i pre-pensionamenti vanno ad incrementare quel fenomeno, già grave di per sé stesso, del lavoro nero che sta mettendo in grosse difficoltà le piccole industrie, soprattutto quelle artigiane. Ed ancora una volta ci siamo resi conto che a pagare sono sempre i lavoratori, oggi forse più che mai, anche perché stanno pagando per un'errata politica fatta dai loro Sindacati, che hanno perso di credibilità, favorendo - come ha detto il Consigliere Martin - il crearsi di organizzazioni autonome che anziché tutelare i lavoratori nei loro interessi, li rendono più vulnerabili. Oggi più che mai si deve insistere per una rivalorizzazione dell'uomo, che forse fino ad oggi è stato considerato un oggetto di produzione da queste grosse industrie nelle catene di montaggio, e non il soggetto - che deve invece tornare ad essere - protagonista della crescita civile, democratica e sociale del nostro paese. Forse è la prima volta che ci troviamo a discutere un problema di così grossa portata, ed infatti ieri per la prima volta un Ente locale - ci sono state riunioni dei Sindaci interessati a questo piano Finsider - si è riunito per discutere questo problema.
Ci stupisce che si voglia questo parere e ci chiediamo il perché: per avere dei suggerimenti, per poi discuterli e magari accettarli, per andare a trovare assieme le soluzioni, oppure per addossare le responsabilità proprie dell'Ente locale in questo problema? Questa è una cosa che effettivamente ci fa pensare e non siamo riusciti a capirne la ragione. Riteniamo che per quanto concerne la questione della Nuova SIAS - la vecchia Cogne - si debba tener conto, soprattutto a livello umano, di quanto ha pagato la Valle d'Aosta in termini sociali, per questo insediamento industriale. È chiaro che tutti i posti di lavoro a partecipazione pubblica creano dei costi sociali a cui certamente l'Ente pubblico non può sottrarsi. Ebbene ritengo che forse la nostra Regione sarebbe anche d'accordo nell'accollarsi questi oneri sociali per il mantenimento dei posti dei livelli occupazionali, ma che se la Giunta dovesse prendere questo indirizzo, dovremmo discutere esclusivamente dei costi sociali e non porre la questione in termini clientelari, perché le industrie a partecipazione statale sono diventate dei veri e propri carrozzoni che servono a collocare questa o quella persona nei Consigli di Amministrazione. Detto questo, e annunciando che anche il PSDI presenta un'o.d.g. nel quale ci dichiariamo disponibili ad accettare modifiche e suggerimenti, ed eventualmente a cercare un'intesa per fare un'o.d.g. comune con altre forze politiche, vorrei fare una considerazione: dalla nostra Regione esportiamo capitale - lo abbiamo letto sui giornali all'inizio dell'anno, ca. 400 miliardi - esportiamo energia, abbiamo la capacità produttiva, propria della tradizione del popolo valdostano; mi chiedo allora cosa ci manca per poter essere autosufficienti, per non essere più succubi della mannaia, del ricatto per il mantenimento dei livelli occupazionali oggi alla Finsider, ieri alla Dolfra e prima ancora ad altre aziende. Forse ci manca una seria programmazione, forse manca la volontà di calarsi nella realtà dei problemi di chi non trova un'occupazione, di chi vede in pericolo il proprio posto di lavoro, di chi si trova tutti i giorni a combattere contro il lavoro nero.
Presidente - Il Consigliere Minuzzo ha annunciato un o.d.g. del PSDI, che viene distribuito in questo momento; sono così tre gli o.d.g. presentati in sede di discussione generale.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Lustrissy, ne ha facoltà.
Lustrissy (DP) - Dopo l'accusa di Sette del marzo scorso allo Stato, al quale veniva addebitata la responsabilità grave di aver creato una situazione ingovernabile nel settore della siderurgia in seguito alla mancata attenzione della crisi profonda che investiva tale settore, nei confronti del quale invece in questi ultimi anni si erano realizzati interventi nei paesi della Comunità europea, ci troviamo finalmente - a livello di Consiglio regionale - a discutere di una proposta di intervento che trae le mosse da questa situazione organizzativa e finanziaria di grave crisi in cui si trova il settore nel nostro Paese. Si tratta di crisi che ha messo in una situazione precaria non solo tutta l'attività industriale, ma che - come denunciava anche ieri la CISL nel suo convegno di Pesaro - ha coinvolto anche il corpo sociale, per cui il Sindacato oggi si trova preso in un giro di contraddizioni dal quale è difficile uscire senza un esame chiaro e sereno dei motivi profondi che hanno determinato la crisi nella quale ci troviamo.
Non è da oggi che il Consiglio regionale ha preso in esame questa situazione almeno per quanto riguarda l'industria che ci sta più a cuore, che è quella della Cogne. Nel marzo scorso abbiamo avuto un incontro con i dirigenti di questa società, quando ancora non era denominata Nuova SIAS, ed anche in quella sede si lamentavano i gravi ritardi e le carenze di intervento da parte dello Stato, che non solo avevano imposto una ristrutturazione del piano di intervento, ma per carenze di fondo non si poteva procedere neppure nella strutturazione così ridimensionata. Infatti l'azienda stava autofinanziando la propria ristrutturazione interna, per cui ancora più grave è oggi la denuncia che Sette, Presidente dell'IRI, faceva alcuni mesi fa allo Stato, di questo torpore, di questa inerzia nei confronti di un settore così gravemente provato. Oggi, di fronte a questa richiesta che ci viene inoltrata per le vie brevi - non si sa bene come - da parte del Ministro competente, ci troviamo qui ad esprimere un giudizio su questo piano della siderurgia per quanto riguarda l'industria a partecipazione statale. Non sappiamo bene se questo parere così richiesto in maniera informale, senza per altro seguire le procedure della 675 che sono abbastanza chiare, venga fatto solo per sollecitare l'avallo dell'Amministrazione locale o della Regione ad un piano finanziario, oppure si tratta di qualcosa di più e cioè di un processo di ristrutturazione che coinvolge persone, cose e mezzi, di fronte al quale gli Enti locali hanno delle responsabilità. Ebbene, noi speriamo che la nostra sollecitudine nell'esprimere le nostre osservazioni e determinazioni sul piano che ci viene oggi sottoposto, siano tenute nella dovuta considerazione là dove si dovrà poi assumere il provvedimento definitivo.
Dall'esame dei documenti che ci sono stati trasmessi appare evidente che le cose che da un anno si vanno dicendo - da Sette in poi - sono di una tale limpidità che non vale la pena di soffermarci sulla dimensione internazionale della crisi dell'industria siderurgica. Purtroppo nel nostro paese c'è sempre questa abitudine di spostare il discorso lontano, e sarebbe troppo facile ed assolutorio ignorare la gestione delle aziende che hanno operato nel settore in termini critici, e limitarsi solo a lamentare dei mali e ad attribuirli ad una crisi internazionale che ci vede coinvolti e di fronte alla quale siamo impreparati a coglierne gli aspetti significativi per uscirne. Allora dobbiamo vedere cosa succede all'interno di questo stabilimento che opera da anni in Valle d'Aosta per concludere che da molti anni - o forse da sempre - la Cogne è gestita da gruppi di potere che ne hanno sfruttato la potenzialità produttiva prevalentemente per costruire delle posizioni personali e per distribuire posti ben remunerati, che ben conosciamo. Presentata come una razionalizzazione del settore, la fusione della Nuova SIAS - così com'è avvenuta - si è risolta in un appesantimento burocratico, una duplicazione di funzioni ed un notevolissimo aumento dei tempi decisionali. Si sono prese una serie di industrie che funzionavano male, senza andare a vedere bene il perché, e le si sono messe assieme sperando che funzionassero meglio. Tale fusione ha rappresentato il prevalere di un gruppo su un altro, risolvendosi nel trasferire a Milano le ultime parvenze di un potere decisionale che è rimasto troppo spesso assente dalla valle d'Aosta. Quando si parla di assenteismo, si dimentica l'assenteismo direzionale che in alcuni casi direi è permanente e totale. Noi ci auguriamo proprio, ed è questo uno degli aspetti positivi delle dichiarazioni fatte dal Ministro De Michelis, che la valutazione dei dirigenti e la verifica del loro operato - come ha promesso di fare - trovi puntuale attuazione affinchè si vadano a ricercare all'interno di queste organizzazioni, le vere responsabilità. Queste considerazioni non derivano da uno spirito polemico rivolto a priori contro l'intera categoria dei dirigenti, tra essi ci sono anche tecnici di valore che vengono utilizzati per mandare avanti gli impianti, ma spesso sono tenuti all'oscuro dei piano aziendali e quasi mai consultati per la formulazione dei programmi. La polemica soprattutto è rivolta contro quei dirigenti che sono arrivati ai loro posti per dignità di stirpe o per meriti di clientela, e che nonostante errori ed incapacità manifeste, continuano a rimanere a loro posto, costituendo la prima ragione della scarsa efficienza aziendale e della relativa bassa produttività. I napoletani, parafrasando i latini, avevano coniato un detto: "quando u' pesce fete, fete u'cape", per cui vale proprio la pena di andare dentro il problema per vedere di mettere ordine anche a questa situazione caotica che poi si rivela in una disfunzione totale di tutta l'organizzazione. Constatiamo di conseguenza che nello stabilimento subentra una perdita di motivazione a tutti i livelli, soprattutto dovuta a questo assenteismo, e nel considerare l'involuzione della situazione aziendale si deve purtroppo constatare che non sempre noi, come Amministrazione regionale, abbiamo brillato per presenza, nello stabilire un confronto organico e col Governo e col Ministero competente delle Partecipazioni Statali.
Quando nel '77 noi democratici popolari chiedevamo che la Cogne venisse salvata nella sua integrità, paventavamo, come purtroppo sta avvenendo, che lo smembramento dell'unità produttiva e la sua ricomposizione in più vasti organismi significasse una dequalificazione del prodotto in uscita dallo stabilimento di Aosta, con una crisi conseguente occupazionale destinata ad incidere nella limitatezza della nostra Regione in modo drammatico, che oggi si ripropone in quei termini abbastanza gravi della caduta occupazionale dei 1200-1500 posti di lavoro, tant'è che non siamo ancora in grado oggi di valutare appieno questa situazione. Le ipotesi di produzione e ristrutturazione presenti nel piano Finsider sono scarsamente attendibili proprio perché costruite su informazioni trasmesse da quei settori in gran parte responsabili della scarsa efficienza. I dati in genere non sono mai stati raccolti né sono stati discussi coi tecnici e i quadri di stabilimento, che per quanto riguarda la Cogne sono l'ultima garanzia della qualità del prodotto. Quindi neghiamo la validità dell'analisi sul piano produttivo ed organizzativo, perché non ci si è avvalsi dell'esperienza presente nell'industria, anzi il più delle volte si è cercato di ignorarla. Allora che senso ha presentarsi di fronte alla reale crisi economica, finanziaria e commerciale di portata internazionale, con proposte di ristrutturazione approssimative quali quelle che ci sono state sottoposte? Tanto per dirne una: da una parte si propone una ristrutturazione per la Cogne, di forni ad alto consumo di energia, nello stesso tempo si denuncia la grave situazione energetica, cioè la Cogne diventerebbe estremamente tributaria e carente di energia, ma non si fa niente per considerare tutta la potenzialità produttiva della Cogne nella sua globalità, ovvero impianto siderurgico ed impianti elettrici, che sono poi quelli che potranno dare alla Cogne la capacità e l'energia necessaria per portare avanti un piano di ristrutturazione del genere, che si basa soprattutto sui costi dell'energia. E che altro? Sul piano concorrenziale, oltre all'efficienza e la produttività, una parte preponderante dei costi di produzione è rappresentata anche dal costo dell'energia consumata in modo abbastanza massiccio da questi nuovi impianti. Se il piano Finsider ha il principale scopo di ottenere finanziamenti governativi in esso previsti, è un documento che può essere considerato anche sufficiente, se si limita a quella funzione; ma se deve essere inteso come una proposta di discussione che va oltre il problema immediato e contingente del finanziamento, potrebbe diventare accettabile solo dopo delle modificazioni, perché così com'è - lo abbiamo detto tutti - non può essere condiviso. E le considerazioni che seguono, esprimono alcune proposte che vengono fatte nella speranza di poter migliorare una previsione che non tiene sufficientemente conto di una realtà locale come è la nostra.
Primo: la fusione della SIAS, Cogne e Breda è stata una manovra abbastanza infelice che ha tolto un unico nome di prestigio dal mercato che forse dava fastidio a qualcuno: quello degli acciai speciali, quello della tradizione, quello della Cogne con la sua presenza sul mercato internazionale. Il piano Finsider parla di 6 aziende: Cogne, Breda, SIAS; Tecnocogne, Sadea, Cerimet, in realtà le aziende sono due, la Cogne e la Breda. Se voi vedete i dati che ci vengono forniti, e occupazionali e produttivi, sono le due aziende che all'interno di questo piano hanno la leadership sia come occupazione che come produzione. Reparti di lavorazione sparsi qua e là, uffici smembrati, sono tutti elevati a rango di società e messi alla pari. Si potrebbe, con l'aggiunta di qualche apparecchiatura, qualche pressa o tornio in più, nominare anche i relativi Consigli di Amministrazione e allargare questa pletora dirigenziale di nomina politica e governativa. Si otterrebbe forse così un potenziamento del risultato che si vuole conseguire fraudolentemente, di aumentare la piramide o il potenziale dirigenziale, che è quanto vediamo prosperare nella SIAS. In realtà l'esperienza ha dimostrato che, superate certe dimensioni, le economie di scala che si dovrebbero realizzare sono completamente annullate dall'elefantiasi burocratica che provoca in tempi anche brevi, maggiori costi di quelli iniziali, soprattutto se considerato che il male endemico di tutte queste organizzazioni rimane e rimarrà sempre quello dell'organizzazione interna, le relazioni industriali che sono gestite come sono gestite. Il coordinamento previsto da un piano di comparto per gli acciai speciali si deve attuare attraverso la fissazione di quote di mercato da coprire e di obiettivi da raggiungere, sulla falsariga di quanto fa la Comunità europea, lasciando poi alle aziende ed alla loro individualità, capacità ed efficienza produttiva. Cioè si devono fissare dei traguardi ed obiettivi con analisi ben più accurate e più serie di quelle che vengono qui proposte; solo così vari gruppi dirigenti avrebbero modo di confrontarsi con gli obiettivi loro assegnati ed essere giudicati in base ai risultati raggiunti. Nella Nuova SIAS sarà difficile sapere se il deficit sarà procurato dallo Stabilimento di Aosta o da quello di Sesto S. Giovanni, e sarà sicuramente impossibile sapere di quanto incida sul deficit la vecchia SIAS, che era e rimane un organismo esclusivamente burocratico. È assolutamente necessario che in questo contesto venga mantenuto - individuando in ciò già una proposta politica ed operativa - la Cogne quale società capofila con la sua alta qualificazione di mercato. Secondo la soluzione indicata dal piano Finsider, si prevede ancora di sviluppare il settore fusorio dell'ex-Cogne, l'unico che sarà sempre sicuramente in perdita a scapito della laminazione e finitura, anche se i responsabili dell'azienda assicurano il contrario. In effetti mentre è prevista la massima verticalizzazione del prodotto di maggior pregio che tuttavia deve ancora trovarsi un mercato adeguato e le cui possibilità di vendita sono in gran parte teoriche, è prevista la eliminazione delle fasi intermedie e finali degli acciai basso legati che costituiscono il grosso della produzione ex-Cogne, e lo costituiranno ancora per alcuni anni perdurando la situazione attuale. Ciò è detto molto chiaramente anche tra l'altro a pag. 145 del fascicolo "Siderurgia Finsider", dove si legge: "...ne è quindi derivata l'opportunità di realizzare una forte integrazione con le acciaierie di Piombino, si stima che la gamma di acciai legati realizzabile presso tali unità, possa raggiungere la metà circa della produzione prevista per detto raggruppamento. Ne consegue in tal caso un drastico ridimensionamento dell'attività a livello di acciaierie e laminazione della SIAS e della Teksid". È evidente quindi il pericolo, dopo la chiusura delle acciaierie LD, di fermare anche diversi treni di laminazione e le unità di finitura corrispondenti. Allora mi domando cosa intendono realizzare coloro che chiedono una maggiore integrazione con le acciaierie di Piombino, forse, data l'estrazione di molti dirigenti, il trasferimento della Cogne in Toscana? È invece necessario che rimangano ad Aosta, fino a quando non saranno rimpiazzate dalle corrispondenti lavorazioni degli acciai altamente legati, le unità di laminazione e finitura esistenti oggi nello stabilimento. È chiaro che questo richiederà qualche investimento aggiuntivo, il TAF ha raggiunto ormai i vent'anni di marcia senza che vi siano stati fatti investimenti di qualche rilevanza e fra poco sarà superato, c'è l'intenzione di chiuderlo o di riammodernarlo?
Il piano quinquennale infine non prevede un concreto potenziamento del settore commerciale al di là delle generiche ipotesi. La ex Cogne ha sempre prodotto su ordine, quasi mai per i depositi; se questo è opportuno per un'azienda a corto di capitale che non può certo investire nello stoccaggio, impone d'altra parte anche l'accettazione di ordini di qualità scarsamente considerabili o redditizie. Occorrerebbe quindi cercare altri clienti, utilizzatori degli stessi acciai che produciamo in quantità minima. Questo impone di trasformare radicalmente il settore di vendita della SIAS, che si limita oggi ad aspettare l'arrivo degli ordini, per puntare invece su una rete di produttori capaci di conquistare mercati sempre più vasti e interessanti.
A conclusione di queste brevi considerazioni, riteniamo che questo piano se non altro deve meritare la dovuta attenzione e che, se verrà emendato e corretto con i suggerimenti e le proposte che sono state fatte un po' da tutti i Gruppi consiliari, può essere accettabile, soprattutto tenendo presente che la questione più grossa è sempre la riduzione dei posti di lavoro. Se vanno bene le linee finanziarie del piano e le previsioni di investimento, è necessario fare più attenzione ai disinvestimenti, bisogna vedere nella logica di questa ristrutturazione come si può salvaguardare la possibilità occupazionale. E se la riduzione dei costi di lavoro avverrà per volontà altrui, contro la quale nulla potremo, la subiremo come disgrazia, ma non saremo certo noi ad accettare una proposta di questo tipo e cioè che in sostanza sia sufficiente una riduzione dell'occupazione in quanto il discorso non può essere ridotto semplicemente a questo. È chiaro che tutte le ristrutturazioni hanno un alto costo e finanziario ed umano, ma facciamo in modo che questo costo umano che deve pagare la Valle d'Aosta sia un costo non così alto.
Riteniamo che se c'è la volontà di seguire questo indirizzo, cioè di confrontarsi ancora con il Ministero competente, tramite una Commissione consiliare, tramite il Presidente della Giunta, allora va bene; ma ribadiamo che questo piano così come viene presentato, non è accettabile per quelle critiche e osservazioni che abbiamo fatto, per cui dichiariamo la nostra disponibilità totale a rappresentare ed ad affiancare qualsiasi delegazione politica o la Giunta, le organizzazioni sindacali, il Ministero delle Partecipazioni Statali nella ricerca di una soluzione che possa essere accettabile per la nostra Regione.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Fosson, ne ha facoltà.
Fosson (DC) - I piani Finsider così come si sono evoluti in questi ultimi tempi - per lo stabilimento Cogne si tratta di evoluzione in peggio - presentano allo stato attuale una previsione di ridimensionamento dello stabilimento di Aosta, una assegnazione a questo di prodotti più poveri con esclusione dei prodotti altamente specializzati, senza d'altra parte indicare nessun indirizzo verso la produzione di acciai speciali. Questi piani si chiamano di razionalizzazione, perchè in effetti c'è la necessità di razionalizzare, ristrutturare, modificare tutta l'industria siderurgica nazionale a causa di una congiuntura sfavorevole per la siderurgia che, come è stato detto, non è solo nazionale, ma mondiale. Si tratta di un problema complesso che è troppo vasto per essere affrontato in questa sede; noi assistiamo da una parte ad una produzione di acciaio nazionale che non viene venduta, e dall'altra ad un'importazione dall'estero di acciai, per altro prodotti in Italia, ci sono anche fenomeni di vendite sottocosto, dumping.
La Cogne quindi da una parte paga la congiuntura sfavorevole della siderurgia mondiale, dall'altra paga errori - è stato detto e ne conveniamo - di gestione non solo a livello dirigenziale, per scelte tecniche, politiche e amministrative, ma anche a livello di organizzazioni sindacali. E direi che questi due termini del problema sono strettamente collegati: ad una gestione amministrativa corretta e con le idee chiare corrisponde necessariamente una risposta sindacale precisa. Quando l'una delle due, o tutte e due, sono imprecise, si crea la confusione che si è generata e gli effetti negativi dei quali stiamo pagando le conseguenze.
La razionalizzazione del settore degli acciai può essere vista sotto diversi aspetti: l'uno può essere quello di un risanamento finanziario che rispetti leggi economiche ispirate magari al liberismo, all'equilibrio dei bilanci. Il Consigliere Pedrini accennava prima all'esempio inglese, alla Signora Margaret Thatcher che sta portando avanti con fermezza una politica economica ispirata alle tesi di Friemann classicamente liberiste, che ha condotto a certi risultati positivi nel risanamento dell'economia, ma dall'altra parte, oggettivamente, anche ad un aumento della disoccupazione. È ovvio che non ci sono delle teorie economiche perfette in grado di risolvere tutti i problemi, ma piuttosto c'è l'uomo che sente di dover osservare i problemi non soltanto da un punto di vista di una legge economica astratta precisa e perfetta. Il problema nel nostro caso è proprio quello che ci tocca da vicino qui ad Aosta; si tratta di razionalizzare tutto il settore della siderurgia, ma a quali prezzi? Al prezzo della diminuzione di 1000-1500 unità lavorative, il che vuol dire far pagare questo costo agli uomini che vivono nella nostra Regione ed a noi stessi. Quindi se a questo si aggiunge il fatto che non si intravede per lo stabilimento di Aosta una produzione orientata verso gli acciai speciali, per la quale ad Aosta c'è il materiale umano - chiamiamolo così - ci sono le maestranze, c'è la cultura e la preparazione, ma ci si vuole orientare verso quella che qualcuno definiva una carriera di infima qualità, ebbene noi avanziamo delle forti perplessità.
Per concludere, invitiamo la Giunta ad impostare un dibattito con il Governo, con i responsabili della politica economica e siderurgica su queste linee: quella di dare alla Cogne di Aosta una produzione qualificata, con particolare riguardo al problema energetico che di questa deve essere - ed è di fatto - il supporto, quindi ci trovano consenzienti le valutazioni sulle fonti di energia sia idroelettriche, che possiamo reperire nella nostra Regione, sia sul metanodotto, cioè su forme nuove di approvvigionamento di energia a basso costo, sia poi soprattutto nella linea del mantenimento - anche se questo sarà molto difficile - dei livelli occupazionali.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Nebbia, ne ha facoltà.
Nebbia (PSI) - Dall'andamento del dibattito mi pare di rilevare una concorde valutazione nel respingere quanto il piano Finsider prevede per lo stabilimento di Aosta, la Cogne, che si riduce in sostanza ad una diminuzione di posti di lavoro in Valle d'Aosta. Credo che su questo siamo tutti d'accordo, anche il nostro partito si impegna come gli altri ad operare perché i cosiddetti tagli non siano così pesanti perché in questo momento sarebbero disastrosi non solo per l'economia, ma per la vita di tutti nella nostra Regione. Però il dibattito mi pare sia piuttosto limitato in tutti i sensi: primo, perché del piano Finsider ha sempre e solo considerato i risvolti che a noi interessano obiettivamente di più, ma che sono una conseguenza, e non sono state date delle valutazioni sul piano in generale, se non qualche accenno fatto dal Consigliere Mafrica. Bisogna anche dare una valutazione sulla validità del piano, vedere se i presupposti illustrati nel documento sono reali, e se le conclusioni di carattere generale sono esatte. Forse non tutti i presupposti del piano sono da condividere senza riserve, perché sono evidenziati molti aspetti, è vero, ma molti altri si sono taciuti, comunque dobbiamo affermare che finalmente il metodo della pianificazione - anche per un settore specifico quale quello della siderurgia - è un metodo che si sta avviando pur con tutti i dubbi, errori, intoppi connaturati con le cose che si fanno. È vero che in questi ultimi mesi ogni 15 giorni, a quanto è stato detto - perché ai Consiglieri non è stata data tutta la documentazione che è stata citata in questa aula - il piano ha avuto delle modifiche, però è altrettanto vero che il dibattito politico ed economico in Italia in questo momento è all'apice della tensione; infatti - nessuno lo ha detto in questo Consiglio - le scelte di piano saranno realizzate solo se avverrà la ricapitalizzazione delle imprese e il rifinanziamento delle stesse. Il piano lo dice più volte, lo ha detto ancora ieri il Presidente dell'IRI Sette, perché diversamente tutto il settore pubblico potrebbe avere un collasso dal quale probabilmente le banche IRI non si salverebbero, per cui tutto il sistema economico italiano si avvicinerebbe alla bancarotta. Credo che su queste cose bisogna anche ragionare per valutare qual è il quadro entro cui possiamo muoverci, perché condivido l'opinione espressa dal Consigliere Lustrissy circa l'inanità della nostra azione, se questa sarà simile a quella espressa quando si è trattato di fare qualcosa per le miniere di Cogne: dichiariamo che certe scelte non le accettiamo, facciamo degli o.d.g. e poi succede che le scelte ci passano sopra la testa, la miniera di Cogne si chiude e per quel che riguarda lo stabilimento della Cogne, si arriva ugualmente al ridimensionamento. Dobbiamo chiederci invece se e cosa possiamo fare per ovviare a questo inconveniente. C'erano state in precedenza da parte del Consigliere Mafrica delle valutazioni che non condividiamo, circa le azioni che il Governo italiano dovrebbe fare per evitare la sub-alternità ad altri paesi, per affermare la diversità italiana. Si è parlato di concorrenza sleale e fraudolenta che mi ricorda per inciso il famoso detto del "destino cinico e baro" che si affermava nei confronti della politica italiana; occorre però evitare di cadere in una guerra dell'acciaio simile alla guerra del vino. È vero che la politica estera italiana e la politica economica del commercio estero italiano non hanno mai brillato ed è vero che ca. 5000 miliardi all'anno di affari che le aziende italiane non fanno, sono da attribuire alla incapacità della politica nei confronti del commercio estero e delle strutture fiscali e finanziarie a questo connesse, però bisogna fare scelte precise, scelte di campo, nel senso di affermare o meno la nostra appartenenza alla C.E.E. e di dire che la C.E.E. non è sufficiente ma che si deve arrivare ad una Comunità politica e ad una omogeneizzazione della legislazione, per evitare che ci siano zone favorite ed altre sfavorite, non per effettivi meriti o demeriti, ma per politiche protezionistiche eccessive. Non credo si possa affermare che la guerra dell'acciaio si risolve con le politiche protezionistiche, quando ormai sappiamo che l'industria dell'acciaio come quella automobilistica, per altro verso, o come altre industrie, sul tipo della tessile, sono così dette imprese mature e che i paesi del terzo mondo sono ormai capaci di fare le stesse cose che facciamo noi in modo migliore ed a minori costi. Si tratta molto spesso di sfruttamento, ma non credo che i Giapponesi ragionino in questo modo. È chiaro che la nostra mentalità di operare è diversa da quella giapponese, ma oggi dobbiamo fare il confronto anche con loro, come - sappiamo da notizie recenti - lo stanno facendo gli Stati Uniti perfino per industrie di carattere delicatissimo quale quella dei semi conduttori, e simili. Quindi la scelta di campo nostro è quella purtroppo - lo dico perché ci è faticoso e scomodo - di dover fare i conti con quello che fanno gli altri, per cui riteniamo che l'industria siderurgica in Italia si salverà se ci sarà un'accentuazione della qualità della stessa. Infatti su questa linea si è mossa anche la politica della Finsider quando si è rinunciato alla costruzione del 5° centro siderurgico dopo essersi accorti che il 4° di Taranto produceva a costi eccessivi rispetto alla concorrenza, o quando si tenta di ristrutturare tutto il settore, come mostra il progetto di pianificazione della Finsider.
Per scendere alla nostra situazione, dobbiamo valutare se non altro positivamente la riqualificazione dello stabilimento di Aosta, perché è forse l'unico motivo per cui si possa giustificare oggi la posizione di uno stabilimento siderurgico in mezzo alle montagne. Infatti oggi insediamenti di questo tipo, se dovessero essere costituiti ex-novo, sarebbero antiproduttivi e antieconomici. C'è invece una tradizione e ci sono degli impianti, però ci sono anche aspetti negativi quali i costi di trasporto, che possono essere superati solo se il valore aggiunto del prodotto è tale da giustificare, anzi da rendere addirittura indifferente, la localizzazione dello stabilimento. Quindi dobbiamo accettare quanto non solo questo piano, ma anche i precedenti, avevano individuato, ma d'altra parte non si deve accettare, come dicevo, la diminuzione di forze lavoro. Dopo queste considerazioni il nostro suggerimento è di due tipi: il primo, attuare all'interno della stessa industria siderurgica - o direi delle partecipazioni statali - un potenziamento di tutto il settore mediante quella che è stata chiamata verticalizzazione, mediante anche un potenziamento dell'indotto, non solo intendendo per tale quello delle industrie che lavorano all'interno della Cogne, che sub-appaltano alcuni servizi, ma un indotto di piccole industrie che lavorano il prodotto sfornato dalla Cogne. Inoltre favorire il potenziamento, anzi direi la creazione della ricerca, con un Istituto di Ricerca che è chiamato nel rapporto C.S.M. - non so esattamente cosa vogliono dire queste iniziali - ma se fosse localizzato in Valle d'Aosta potrebbe avere un grosso sviluppo in futuro. La seconda soluzione è quella esterna, in quanto non nascondo, pessimisticamente, che una certa riduzione del personale ci sarà, quindi la Regione dovrà ovviare a questa carenza di mano d'opera creando nuovi posti di lavoro, facendo un'operazione analoga, anche se sotto certi aspetti forse discutibile, a quella che si è fatta per sopperire alla carenza di posti di lavoro creati dalla chiusura della miniera. Si dovrebbe pertanto preparare rapidamente - è stato sollecitato più volte ma non è mai stato fatto - un piano di sviluppo industriale per la Regione, che tenga conto di tutta una serie di variabili connesse al territorio, ma anche delle prospettive di lavoro efficienti che si verrebbero ad offrire ai giovani, che per fortuna nostra hanno un livello di qualificazione ed istruzione abbastanza elevato perché quasi tutti ormai escono da scuole medie superiori, ma che subiranno le conseguenze della riduzione di personale alla Cogne.
La Regione deve impegnarsi fin d'ora a promuovere iniziative di nuovi insediamenti industriali, prevedendo tutti gli strumenti necessari per urbanizzare le aree e per dotare di servizi, per individuare quali settori industriali potrebbero localizzarsi in Valle d'Aosta, per promuovere le professionalità dei dipendenti, cioè promuovere tutta una serie di azioni che permetta di parare, nella misura del possibile, il colpo da eventuali crisi come questa dell'industria primaria in Valle d'Aosta - e non è detto che fra 5 anni ce ne sia un'altra.
Per concludere, ci auguriamo che non succeda quello che sta succedendo per il Piemonte che, per aver basato la sua economia sulla monocultura della Fiat, va in crisi non appena il settore automobilistico o la Fiat vanno in crisi. Regioni diverse, più organicamente strutturate come la Lombardia, per tradizione, o il Veneto, per recente tradizione, ma anche l'Emilia, sopportano meglio le modifiche derivanti da colpi dell'economia e dalle crisi e quindi riescono meglio a sostenere la propria popolazione. Questo il suggerimento che il nostro partito dà e che vorremmo inserire in un o.d.g. unitario: proporrei di concordare, se gli altri presentatori sono d'accordo, diversamente ne presenteremo uno prima della fine della discussione generale, in modo che queste cose dette o almeno le principali trovino affermazione.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Viberti, ne ha facoltà.
Viberti (DPROL) - Voglio innanzitutto scusarmi con i colleghi e con il pubblico in quanto non ho predisposto un intervento da leggere ma ho solo alcuni appunti e non avrò quindi la possibilità di essere così preciso come quelli che mi hanno preceduto.
In primo luogo l'onore delle armi al Consigliere socialista Nebbia, unico rappresentante della coalizione governativa che attraverso questo piano vuole far licenziare una cifra non ancora precisa di dipendenti della ex-società nazionale Cogne, unico che ha avuto il coraggio di difendere in questa sala, anche abilmente per quelli che sono i livelli di questo Consiglio, il piano in questione. Ha fatto tra l'altro delle proposte proprio per dire che se questi licenziamenti sono necessari, devono trovare in qualche modo una adeguata collocazione. Quindi senza polemica nei suoi confronti, a lui l'onore delle armi da parte di questo Consiglio che credo unanime fino a questo momento nel condannare il piano, ed anche i rappresentanti della Nuova Sinistra troveranno un'indicazione in questo senso. Preannuncio immediatamente la volontà della Nuova Sinistra di presentare un o.d.g. dichiarando la nostra disponibilità ad una discussione per un o.d.g. unitario.
E veniamo nel più breve tempo possibile a quello che è il nostro pensiero sopra questi documenti che definire poco chiari è forse eufemistico. C'è la mancanza di una linea strategica chiara per quello che concerne tutto il comparto della siderurgia; a noi in particolare è sembrata ambigua e contraddittoria proprio quella riguardante il settore degli acciai speciali che poi a noi interessa in modo particolare. Non sto a ridire cose dette molto bene dal collega Consigliere Tamone, riguardo all'andamento dei documenti che decrescevano come numero di fogli e vedevano salire invece il numero dei potenziali licenziamenti. Non riusciamo a capire come il nostro paese, con un'importazione di acciai speciali che credevamo nell'80 avesse raggiunto il Boom già supera - pur in questo momento di crisi dichiarata per tutta la C.E.E. - nel primo semestre '81 le importazioni del 1° semestre '80. Allora qui c'è qualcuno che fa il furbo all'interno della C.E.E., ed ancora una volta il nostro Stato non è in grado di far fronte a chi da furbo si comporta. Sulle pagine di quel giornaletto che da dieci anni compare nella nostra Regione e si chiama "Lotta proletaria", e che ha fatto da voce a quanti, iscritti al PCI, hanno cercato di fare politica in questa Regione, già negli anni '72-'73-'74 faceva una serie di analisi molto precise su quali dovevano essere gli sbocchi per lo stabilimento Cogne, cercando di dare proposte per una soluzione. Quando siamo andati in crisi su questo problema? Quando è subentrato il problema delle centrali nucleari ed è diventato difficile da una parte sostenere che era necessario produrre gli acciai speciali e nel frattempo scoprire che gli acciai speciali servivano principalmente a certi tipi di lavorazione. Comunque è possibile oggi sul mercato reperire anche altri sbocchi per questo tipo di lavorazione, quindi anche dal nostro punto di vista, che va contro questo tipo di produzione, c'è una possibilità di sopravvivenza per l'industria che per anni ha rappresentato il settore portante nella nostra Regione. Non riusciamo a capire come questo paese, che deve importare per certi tipi di acciaio speciale addirittura il 70% dall'estero, non intenda mettere la Nuova SIAS, al suo interno la Cogne, in condizioni di produrre quanto ci viene dall'estero. Per questo, e credo che l'esempio del vino, molto recente, cada a pennello, il nostro paese non ha la volontà politica - non credo che non abbia la forza - di far valere le proprie capacità e possibilità all'interno di una strategia a livello mondiale, per cui l'Italia è destinata dai potenti a fare certi tipi di lavorazione che non sono gli acciai speciali. Diventiamo sempre più dei colonizzati, ed anche se la Valle d'Aosta è piccola, deve avere il coraggio, anzi ha il dovere di dire no a questa logica e non solo perché un certo numero di persone perdono posti di lavoro, ma anche per quanto sta dietro a questi licenziamenti, per una logica da incantatori di serpenti che di volta in volta ci dicono cose diverse, che da un anno all'altro si contraddicono. Lo avete detto in parecchi: la chiusura della miniera della Cogne prevedeva certe cose; oggi ci si spiega che il ciclo integrale è quello che permette di avere costi inferiori per certe produzioni. Al momento in cui si è chiusa la miniera di Cogne, si diceva esattamente il contrario: è chiaro che è anche una questione di dimensioni, però queste cose vengono fatte sempre in malafede. E tanto per arrivare ai laiani, io mi permetterei di aggiungere a quanto molto abilmente ha detto il Consigliere Lustrissy, che se le vie della politica sono infinite, non altrettanto lo sono quelle del retto o del dotto anale, come viene molto più signorilmente battezzato, anzi ce n'è una sola e gli operai purtroppo sono abituati a doverne fare uso, perché sono sempre quelli che alla fine se lo trovano in quel posto. Quindi diamogliela pure addosso ai laiani, ma mettiamoci anche d'accordo su chi sono. Nella riunione informale che abbiamo avuto alla presenza dei capigruppo del Consiglio regionale, del Comune, dei Sindacati, F.L.M. e di Liberati, Adani e Lessini, abbiamo avuto modo di sentire ancora una volta gli incantatori di serpenti, ma quello che più mi ha dato fastidio era di vedere - scusate non mi permetto di definirlo così, ma sarete voi a giudicare - l'Assessore all'Industria che assentiva a tutte le affermazioni dell'ing. Liberati. Non ho capito tutto quello che l'Ing. Liberati ha detto, pare invece che l'Assessore all'Industria avesse tutto chiaro e fosse inoltre completamente d'accordo con quanto questo signore diceva. Ora mi chiedo se questo stesso signore, che già si è contraddetto - d'altra parte più che l'ingegnere fa il politico e quindi è concesso più a lui che ad altri di fare così - in altre occasioni assentiva in altro modo. E poi perché non ci ha presentato almeno una posizione del suo Assessorato, se non proprio della Giunta, rispetto a questo tragico momento, alla possibilità di vedere 1200 famiglie della nostra Regione senza sostentamento. A questo dobbiamo aggiungere l'indotto; è già stato detto - mi spiace dovermi ripetere - che dobbiamo considerare l'impossibilità dei giovani di trovare lavoro, l'incapacità di questo governo regionale non solo di prevedere queste cose, ma neanche a stare dietro alla loro evoluzione e di fare interventi che abbiamo definito almeno estemporanei.
Un'altra cosa inaccettabile del piano sono le affermazioni che vengono fatte rispetto alle relazioni industriali. Anche qui è facile smantellare la responsabilità degli operai e dei lavoratori. Si dice che le colpe sono ancora una volta tutte loro, e ritorniamo ancora una volta alla situazione del retto. Le lotte dei lavoratori che saranno necessarie anche in questa occasione, perchè solo la loro mobilitazione potrà dare maggiore forza alle pressioni che tutte le forze politiche faranno - almeno a parole sono state promesse - per evitare questi licenziamenti. È facile ricordare quello che è successo con l'E.G.A.M., questi assenteisti hanno dilapidato centinaia di milioni raggruppando delle industrie - così dette decotte - senza avere l'intento di ristrutturarle o di renderle produttive, ma con dei necessari tagli, industrie che in questa situazione potrebbero - se a suo tempo fossero state bene indirizzate - essere competitive sul mercato. Invece siamo sempre in ritardo.
Nell'o.d.g. richiamiamo anche la questione dei rapporti fra industrie siderurgiche private e pubbliche, dove non c'è nessuna chiarezza. Concordiamo con quanto è stato detto dal Consigliere Tamone e riteniamo addirittura che quanto sta avvenendo alla Breda, voglia dire la chiusura per la Breda. Auguriamoci di no, ma è possibile che se alla Cogne ci vengono tolte le lavorazioni provate con l'eliminazione prevista in quelle tre paginette degli inizi di settembre, anche qui ad Aosta si arrivi a questa tragica soluzione, anche se poi qualcun altro - mago o illusionista - ci dice che la punta della piramide sarà qui ad Aosta. Non ci basta vedere alzare dei capannoni all'interno del perimetro dello stabilimento, o sapere che parte dei macchinari della Tecnocogne sono all'interno della fabbrica; sono stati chiusi dei settori produttivi all'interno della fabbrica ed in cambio di questi non c'è ancora niente. Non possiamo accettare che le cose continuino in questo modo. È vero che il 1985 è la fine del piano, ma se non ci si muove adesso, gli anni passano molto in fretta e ci si ritroverà forse con la nostra Cogne fusa e non più con 1000 persone senza lavoro, ma con tutte quelle che sono attualmente, cioè 4478.
Cosa dire del piano del CIPI, dei livelli occupazionali del '78 che secondo accordi sottoscritti, dovevano essere mantenuti? Si trattava di 4626 persone, oggi abbiamo già un abbassamento di quasi 200 persone dovuto al naturale allontanamento dall'azienda dei lavoratori.
Cosa chiediamo noi allora al Consiglio regionale ed in particolare alla Giunta che è quella che avrebbe dovuto curare la questione e che invece per disguidi tecnici non ha potuto partecipare ad un convegno a Bari? Lo abbiamo detto più volte, ci pare che la Giunta regionale in questo settore non muova un dito e lasci andare le cose come vanno. La Sadea è chiusa da due anni e cosa si è fatto nel frattempo? Fra l'altro la Sadea rientra in questo piano, dove però non si dice che cosa se ne intenda fare, si dice solo che dovrà produrre queste monete ed ancora una volta sarà dipendente dalla Zecca. Avevamo chiesto tutti d'accordo - perfino chi a suo tempo era stato Presidente - di diversificare il lavoro all'interno di questa azienda o almeno di avere più clienti, semplicemente di non dover dipendere solo dalla Zecca. Sono passati due anni, eppure sembra ieri che la Sadea è stata messa in cassa Integrazione e non è successo niente da allora. In questo piano che dovrebbe se non essere una panacea, comunque una proposta, non c'è niente di preciso rispetto a questo problema che è chiaro per chi calcola tutto in base ai numeri, ma per la nostra Regione è importante. Tra l'altro buttiamo via due anni con degli impianti che naturalmente diventano sempre meno competitivi. Quindi a me sembra che la logica che muove questo piano sia quella di rispondere al Parlamento che avrebbe stanziato i soldi solo di fronte al piano, ed allora il piano in qualche modo è stato fatto ed è stato modificato di volta in volta a seconda delle pressioni? Ma allora che validità riconosciamo a questo piano?
Per il momento non ho altro da aggiungere se non chiedere al Presidente della Giunta di darmi dei chiarimenti circa la questione elettricità. Mi auguro sia stato messo al corrente da chi ha partecipato a quella riunione, che sono state poste delle domande circa le concessioni e la possibilità per la Cogne di avere nuovamente un rinnovo delle concessioni. So che in Consiglio abbiamo a suo tempo votato una delibera al riguardo, ma pare che ci sia un disegno di legge di cui non so niente. Quindi vorrei avere notizie in merito, anche perché, se non ricordo male, in occasione di quella votazione, il Consiglio chiese anche al Presidente di tenere informati circa l'andamento dell'autoproduzione.
Ribadiamo il nostro giudizio negativo sul piano presentato dal Governo e dalla Finsider, soprattutto per quel che concerne gli acciai speciali, e con il nostro o.d.g. chiediamo di respingere il tentativo di far passare dei licenziamenti come soluzione per la razionalizzazione e lo sviluppo del comparto acciai speciali. Non possiamo accettare che ci venga imposto, proprio a noi che abbiamo una tradizione, un'esperienza, una capacità in questo settore, da difendere, di lasciar perdere tutto questo patrimonio, quindi assieme ai fattori più importanti di ordine economico, ci metterei anche questi fattori di ordine culturale.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Andrione, ne ha facoltà.
Andrione (UV) - Purtroppo avviene sovente che assistiamo a dei riti dove vi è una parte di sostanza ed una parte di ripetizione, qualche volta addirittura meccanica di interventi e di discussioni fatti nel passato. Ultimamente, da quando sono stati nominati Ministri un certo numero di professori di Economia, a questi riti si è aggiunto il parere richiesto alle Regioni, Comuni, Province interessate, parere che dovrebbe avere come significato quello di mettere tutte le forze sociali, politiche, gli enti istituzionali, di fronte alla gravità della crisi che stiamo attraversando e quindi suscitare la coscienza di tutti i cittadini su quel che ci aspetta, perché nell'opinione nostra non è che siamo alle porte della bancarotta, ma ci siamo già dentro. Personalmente almeno credo che parole esorcistiche come recapito non possano risolvere un problema quando questo vuol dire pagare entro qualche mese £ 16 mila miliardi solo per il reparto siderurgico, che è una somma che fa tremare. Quindi il nostro parere dovrebbe essere dato su un piano concreto, su un piano che ha una logica e razionalità specifica. Non voglio ripetere quanto è stato detto qualche volta anche molto bene, da chi mi ha preceduto. Si ha però l'impressione che il vecchio piano, tanto per intendersi con quelli che erano Consiglieri alla legislatura precedente, il piano Niutta, stia andando avanti a colpetti se non a colponi. Il che vuol dire che non vogliamo trovare i soldi necessari per i nuovi investimenti - ed ha fatto bene il Consigliere Nebbia a ricordare anche la ricerca, il C.S.M. è il Centro Sperimentale Metallurgico - per fare un'industria competitiva da un'industria sistemata in una Valle di montagna, perché se importiamo acciai speciali è perché costano meno e non perché gli acciai speciali tedeschi, francesi o inglesi abbiano sopra un marchio fraudolento o siano comprati per far dispetto a qualcuno. Chiederei quindi che si facesse un o.d.g. unitario annunciando che la BEI ha dato parere favorevole al finanziamento del metanodotto, e che nell'o.d.g. venisse menzionato anche il metanodotto, perché a nostro avviso l'unica maniera nella quale la Regione può concretamente aiutare la Finsider nelle scelte da farsi per il comparto degli acciai speciali è quella di fornire un tipo di energia che permetta la produzione di acciai di altissima specializzazione e in futuro, quando questo sarà possibile, provocare un indotto locale che per adesso, per quanto riguarda la Cogne, è molto modesto, perché è una delle vecchie rivendicazioni che sono state fatte da 30 anni a questa parte, di chiedere che il prodotto semilavorato dalla Cogne venisse lavorato in Valle.
Non vorrei che dopo questa riunione si procedesse con la venuta del Ministro, ad un rovesciamento di fronte e dire in un pronunciamento giocoso di inutili parole che le cose vanno abbastanza bene, perché secondo l'opinione della Giunta, l'unica cosa da fare sono delle azioni concrete. In questo momento di concreto c'è la questione metanodotto.
Per quel che riguarda le conseguenze di questo piano e le discussioni che avremo per diminuire l'impatto, è evidente che possiamo dare come ragionevole che vi sarà un rallentamento più che nei licenziamenti nella non assunzione, nel non rinnovo, però non dobbiamo neanche dimenticare che sul lungo termine una diminuzione dell'occupazione della siderurgia in questo momento non è facilmente negabile, anzi direi che entro certi limiti deve avvenire per ragioni fisiologiche proprio tipiche del procedimento siderurgico (non conosco molto, quindi non mi addentro in questo campo). È un fenomeno mondiale che di conseguenza non potrà non toccare la Valle d'Aosta.
Per quanto mi chiedeva il Consigliere Viberti, lo consiglierei di leggersi lo statuto della Valle d'Aosta per quanto riguarda gli articoli relativi alle acque, 7-8, e la legge dell'11 novembre 1975 dove è specificato quello che deve essere fatto, fino ad oggi, dal Consiglio regionale in materia di concessioni di acque. È in corso a quanto sembra una trattativa che riguarda regioni a statuto ordinario, per permettere da parte dell'Enel a questi autoproduttori di fare degli investimenti tali da potersi rinnovare la concessione. Il caso della Valle d'Aosta è totalmente differente perché le sue concessioni devono essere fatte solo dal Consiglio regionale. In questo momento potrebbero essere fatte - secondo legge - solo dall'Enel. Se domani si dovessero aprire le porte, il Consiglio regionale discuterà se fare queste sub-concessioni per 99 anni a partire dal '45 a quell'Ente o a sé stesso o al Comune di Aosta, o magari al Consigliere Viberti per le sue attività artigiane.
Presidente - Colleghi Consiglieri, è stato distribuito l'o.d.g. presentato dal Consigliere Viberti, per cui gli o.d.g. presentati sono quattro. Non ho più nessuno iscritto a parlare, c'è una proposta del Consigliere Nebbia che dice: "Inviti la Presidenza i presentatori degli o.d.g. a trovare un minimo comune denominatore, un o.d.g. che, o emendato o preso così com'è, trovi l'accordo di tutti, se no anch'io presento un o.d.g. prima della chiusura della discussione generale".
La Presidenza ritiene dunque che questo sondaggio sulla possibilità di un o.d.g. comune debba essere fatto prima della discussione generale, se no automaticamente escludiamo la possibilità a quei Consiglieri che lo ritenessero, di presentare l'o.d.g..
Dopo l'intervento del Presidente della Giunta ci sono Consiglieri che ritengono di dover fare un secondo intervento prima che ci sia una sospensione immancabile per trovare questo intento comune?
Allora mi sembra che il Consiglio sia orientato sulla proposta che formalizzo, di sospendere la seduta affinchè i presentatori dell'o.d.g. trovino abbastanza rapidamente con quelli che hanno intenzione di presentarlo - quindi i Consiglieri Nebbia e Pedrini che si sono pronunciati - un documento unico da mettere in votazione. Faccio presente che se non si trova un accordo, saranno messi in votazione quegli o.d.g. su cui si realizza l'accordo e quelli anche su cui l'accordo non si realizza. Pertanto la seduta è sospesa.
La seduta è sospesa.
Presidente - Colleghi Consiglieri, riprendiamo i lavori dopo la sospensione. I presentatori degli o.d.g. e gli altri Consiglieri che hanno partecipato alla riunione per la stesura di un unico o.d.g., hanno trovato l'accordo e pertanto questo testo concordato verrà letto dal Collega Consigliere Tamone. Faccio la raccomandazione, anche se superflua, di fare attenzione durante la lettura, perché, siccome il documento è frutto di un collage di quattro documenti, è particolarmente composito e non abbiamo fatto in tempo né a ribatterlo né a fotocopiarlo, per cui non possiamo consegnarlo, ma sarà letto e la votazione avverrà solo sulla lettura.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Tamone per la lettura del documento concordato, ne ha facoltà.
Tamone (UV) - È un documento complicato anche perché frutto di molte meditazioni.
Do lettura del testo:
Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta
Tenuto conto che il CIPI in data 17 gennaio 1980 ha approvato il programma di ristrutturazione dello stabilimento siderurgico della Cogne di Aosta consistente in:
a) installazione di due forni elettrici da 70 tonn. in sostituzione del ciclo integrale;
b) installazione della nuova acciaieria sotto vuoto per acciai rapidi e superleghe (Forni VIM-VAR-ESR);
c) ristrutturazione della Fucina mediante la sostituzione dei vecchi macchinari con pressa e martellatrice di grandi dimensioni;
d) messa in funzione degli impianti Tecnocogne nello stabilimento di Aosta;
e) ultimazione del TT4;
f) ristrutturazione delle finiture e preparazione acciai con la concentrazione in due nuovi capannoni;
Esaminato il piano siderurgico della Finsider del 1° luglio 1981 che confermava sia l'organizzazione dello stabilimento, anche se con la presenza di un solo nuovo forno da 70 T., che gli indirizzi produttivi volti a consolidare e accentuare la produzione di acciai alto legati, rapidi, superleghe e verso una maggiore qualificazione della produzione degli acciai da costruzione da porre sul mercato italiano ed estero mediante una rete commerciale potenziata e organizzata in due settori separati:
- acciai da costruzione;
- prodotti per applicazioni speciali.
Piano del quale si poteva condividere l'impostazione generale, messo però in discussione con l'aggiornamento del 3 agosto 1981 della stessa Finsider e oggetto di controdeduzioni ed osservazioni da parte della F.L.M. nazionale con il documento conclusivo del coordinamento sindacale, nel quale si rivendica una maggiore chiarezza nel rapporto fra operatori pubblici e privati in particolar modo circa la integrazione della Teksid nel comparto pubblico, ma soprattutto la mancata integrazione societaria tra le acciaierie di Piombino e la SIAS o quanto meno l'indicazione dell'azienda capofila nella produzione degli acciai speciali e per applicazioni particolari.
Considerato che la Finsider ha presentato l'11 settembre 1981 un ulteriore documento frutto di studi svolti da Fiat-Teksid e IRI-Finsider, che dovranno essere approfonditi per permettere la presentazione dei programmi definitivi entro il 21 ottobre p.v., nel quale si ipotizza la fermata o la drastica riduzione alla Cogne degli impianti di finitura e trattamento degli acciai da costruzione, (TPM - TT -FINITURE - PAC - FUC) e con conseguente cessione dell'acciaio colato in continuo alla Breda 130.000 T. annue e 140.000 T. annue a terzi su una capacità fusoria che a fine ristrutturazione dovrebbe risultare inferiore alle 400.000 T. annue.
Ritenuto che qualsiasi piano di ristrutturazione, pur motivato da necessità economiche, tecniche e finanziarie, debba riferirsi ad un piano generale di risanamento dell'economia che salvaguardi prima di tutto la tutela del posto di lavoro cercando di conseguire la piena occupazione.
Espresso il completo disaccordo sugli orientamenti produttivi contenuti negli ultimi documenti, i cui indirizzi implicano lo smembramento totale e a breve termine dello stabilimento siderurgico valdostano che verrebbe così privato di un fondamentale momento di verticalizzazione degli acciai da costruzione che comporta valore aggiunto alla produzione totale.
Ritenuta inaccettabile l'ipotesi di una riduzione di circa 1.300 posti di lavoro per la Cogne di Aosta, che verrebbe attuata mediante lo svuotamento delle lavorazioni a valle dell'area fusoria, le quali sono un momento di arricchimento e di qualificazione della produzione degli acciai con contenuto di lega non troppo elevato, ma concorrono ad innalzare il mix qualitativo della produzione globale dello stabilimento.
Nel ribadire che la organizzazione della siderurgia speciale deve attuarsi mediante una razionale organizzazione dell'area fusoria dello stabilimento siderurgico valdostano, ma anche attraverso la specializzazione a valle che non può essere limitata ai soli acciai ad altissimo contenuto di lega.
Nell'invitare i Ministri competenti a mutare radicalmente gli indirizzi previsti per la siderurgia speciale, abbandonando ogni ipotesi recessiva e puntando invece sulla riconquista di fette di mercato interno e su una nuova competitività verso l'estero, attraverso l'urgente risanamento finanziario delle aziende pubbliche, collegato ad un rilancio qualitativo della produzione.
Constatata la disponibilità della BEI a concorrere alle spese per la realizzazione del prolungamento del metanodotto almeno fino a Aosta, la cui presenza avrebbe una funzione positiva ai fini energetici e per i processi produttivi della Nuova SIAS e delle altre aziende siderurgiche valdostane
SOLLECITA
il Governo a favorire, per quanto di propria competenza, la realizzazione del progetto del metanodotto
RESPINGE
il tentativo di far passare dei licenziamenti come soluzione per la razionalizzazione e lo sviluppo del comparto acciai speciali
DELIBERA
1) di impegnare la Giunta regionale a rappresentare al Governo il parere sfavorevole del Consiglio regionale in merito al Piano Finsider, soprattutto per quanto riguarda le scelte nel settore acciai speciali, avvalendosi di tutte le possibilità di intervento previste dalla legge 675;
2) di sollecitare i Ministri competenti a rinviare ogni decisione in merito al definitivo assetto produttivo ed occupazionale della siderurgia speciale fino a quando non sia chiarito il rapporto fra aziende pubbliche e private ed in particolare con Teksid-Vertek;
3) di nominare una commissione consiliare ad hoc che segni l'evoluzione del Piano Siderurgico al fine di difendere il ruolo produttivo ed i livelli di occupazione della Cogne.
Presidente - Colleghi Consiglieri avete tutti ascoltato? Come ho detto prima, non c'è la possibilità di ribatterlo e fotocopiarlo, pertanto essendo un documento concordato e poiché c'è l'impegno di non riaprire la discussione, dichiaro chiusa la discussione generale.
Metto in approvazione il testo del documento testé letto.
Esito della votazione:
Presenti, votanti e favorevoli: 27
Approvato all'unanimità.
Presidente - Ricordo che il Consiglio è già convocato in sessione ordinaria per martedì 29 alle ore 16.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle ore 19,35.