Objet du Conseil n. 67 du 4 mai 1955 - Verbale

OGGETTO N. 67/55 - ORDINAMENTO FINANZIARIO REGIONALE E RIPARTIZIONE DELLE ENTRATE ERARIALI FRA LO STATO E LA REGIONE.

L'Assessore alle Finanze, BIONAZ, riferisce al Consiglio in merito alla seguente relazione concernente l'ordinamento finanziario regionale e la ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione, relazione trasmessa in copia ai Signori Consiglieri, unitamente all'ordine del giorno dell'adunanza:

---

L'approvazione di norme sull'ordinamento finanziario della Regione e sulla ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione è prevista dall'articolo 14 del Decreto Legge 7-9-1945, n. 545, e dagli articoli 12, 13 e terzo comma dell'articolo 50 dello Statuto regionale, promulgato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4.

Per l'attuazione delle predette disposizioni legislative sono state condotte, fin dal 1947, trattative con le competenti Autorità governative centrali, allo scopo di addivenire ad una equa ripartizione delle entrate erariali, tenuto conto delle necessità normali della Regione.

Le trattative avevano condotto, alla fine del 1953, alla formulazione di una proposta governativa concretatasi in un disegno di legge che assegnava alla Regione - oltre ai 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche previste dall'articolo 12 dello Statuto - quote percentuali fisse di determinati tributi erariali e quote percentuali variabili di altri tributi erariali, quote, queste ultime, da stabilirsi di anno in anno, in seguito all'esame delle necessità regionali.

Tale proposta governativa prevedeva un ordinamento finanziario e di ripartizione di entrate erariali riferite ad un limitato numero di anni, e cioè dall'1-1-1951 al 31-12-1955. Scaduto tale periodo, l'ordinamento stesso avrebbe dovuto essere modificato, in base all'esame delle necessità regionali e dopo nuove trattative.

L'ammontare annuo complessivo delle proposte quote fisse di ripartizione entrate risulta dai seguenti dati riassuntivi:

- per l'anno 1951

L.

627.233.423

- per l'anno 1952

"

610.759.271

- per l'anno 1953

"

657.177.456

Circa l'ammontare annuale prevedibile delle quote variabili di ripartizione delle entrate erariali previste all'articolo 4 del predetto disegno di legge, sarebbe stato precisato, ai rappresentanti regionali, che l'ammontare di tali quote variabili era di circa 50 milioni.

L'attuale Giunta regionale, dopo avere studiato ed approfondito attentamente tutti i lati del problema, ha iniziato, subito dopo l'insediamento dell'Amministrazione, una decisa azione per addivenire alla soluzione della complessa questione, sia per il passato che per l'avvenire.

Le trattative con le Autorità centrali, riprese dopo oltre un anno di interruzione, furono condotte con ogni possibile sollecitudine e si sono concluse colla formulazione dello schema di disegno di legge allegato alla presente relazione.

In base all'ordinamento finanziario regionale previsto nel nuovo disegno di legge, alla Regione sono devolute, per il periodo dal 1° gennaio 1951 al 31 dicembre 1954, entrate annuali previste, in media, in lire 975 milioni annui per un ammontare di lire 3.900 milioni, non compresi in tale somma i 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche.

Tenuto conto degli acconti ricevuti in lire 1.500 milioni, la Regione dovrà quindi ancora riscuotere dallo Stato la somma di lire 2.400 milioni.

Il nuovo schema di disegno di legge prevede la modifica dell'articolo 5 della Legge 1° agosto 1954, n. 846 -, che poneva a carico della Regione la spesa di lire 1.000.000.000 (un miliardo) per il finanziamento del traforo del Monte Bianco, di cui lire 500 milioni da trattenersi sulle somme da assegnare alla Regione per gli anni 1951-1952-1953. La spesa a carico regionale per il traforo del Monte Bianco potrà essere, in seguito, finanziata dalla Regione mediante dieci rate annuali di non oltre lire 100 milioni a decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello di effettivo versamento delle somme per il traforo del Monte Bianco da parte dello Stato.

La situazione finanziaria relativa agli esercizi passati potrà essere sanata nel modo seguente:

1) - assorbendo gli avanzi di amministrazione degli esercizi precedenti per un ammontare complessivo, accertato alla chiusura dell'esercizio 1954, di lire 972 milioni circa;

2) - stralciando l'accantonamento effettuato per il traforo del Monte Bianco per l'ammontare di lire 405 milioni;

3) - stralciando quella parte di residui passivi riferentisi ad accantonamenti di somme e ad impegni per lavori non eseguiti e differibili.

Per quanto si riferisce all'esercizio finanziario 1955, le trattative intercorse assicurano l'assegnazione alla Regione di quote di riparto (fisse e variabili) non inferiori all'ammontare di 1.200 milioni, di cui almeno lire 1 miliardo di quote fisse, non compresi i 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche.

Tenuti presenti i gettiti delle entrate erariali ripartibili riscosse nel 1° bimestre (gennaio e febbraio) del corrente anno, si prevede che l'ammontare delle quote fisse di riparto sarà di molto superiore alla predetta previsione di lire 1 miliardo. Infatti, le riscossioni accertate nel 1° bimestre 1955 sono le seguenti e comportano quote a favore della Regione, di complessive lire 201 milioni, corrispondenti a circa lire 1.200 milioni per l'anno 1955 di quote fisse.

Gettito bimestre gennaio e febbraio 1955

Entrate per la Regione

Terreni

L.

65.828

Fabbricati

"

1.158.698

Successioni e donazioni

"

5.377.270

Valore globale delle successioni

"

1.979.101

Registro

"

18.182.475

Bollo

"

1.131.417

Surrogazione registro e bollo

"

34.038

Ipotecarie

"

7.605.630

Concessioni governative

"

15.808.959

Pubblico insegnamento

"

4.820

Complementare sul reddito

"

15.542.186

"

66.890.422

9/10

L.

60.201.379

Imposta R. M.

"

176.733.801

8/10

"

141.387.040

TOTALE

L.

243.624.223

L.

201.588.419

La Giunta propone, quindi, al Consiglio di esprimere parere favorevole all'accettazione del nuovo allegato schema di disegno di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione per le seguenti considerazioni:

1) - le entrate assegnate alla Regione per quote di ripartizione di entrate erariali, oltre alle entrate proprie ordinarie, consentono di far fronte alle funzioni normali della Regione;

2) - la Regione potrà usufruire degli incrementi futuri delle entrate erariali - vantaggio non indifferente, in considerazione del continuo aumento dei cespiti ammessi a riparto;

3) - la spesa assunta a carico della Regione per il traforo del Monte Bianco potrà essere finanziata, a differenza di quanto era stato stabilito con la legge 1-8-1954, in rate annuali non superiori a 100 milioni ciascuna, a decorrere dall'esercizio successivo a quello di effettivo versamento delle somme per il traforo da parte dello Stato;

4) - la situazione finanziaria della Regione potrà essere normalizzata, anche nei confronti degli esercizi decorsi, senza aggravio di applicazione, a carico dei bilanci futuri, dei disavanzi di amministrazione degli esercizi precedenti;

5) - la Regione potrà normalmente impostare i propri bilanci dí previsione a decorrere dall'esercizio finanziario 1955 e potrà finanziare le spese per i propri servizi e per i programmi di lavori di pubblica utilità mediante entrate di sicura realizzazione;

6) - il provento del riparto di cui al progetto in esame comporta una entrata alla Regione che consente di compilare un bilancio per un ammontare complessivo non inferiore a quello dell'esercizio precedente e tale da evitare che le attività economiche della Regione debbano subire una qualsiasi flessione.

---

SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE CONCERNENTE L'ORDINAMENTO FINANZIARIO DELLA REGIONE VALLE D'AOSTA.

Art. 1

L'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta, previsto dall'articolo 50, terzo comma, dello Statuto speciale adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, è disciplinato dalla presente legge.

Art. 2

Le entrate ordinarie della Regione sono costituite:

a) dai redditi patrimoniali;

b) da quote di tributi erariali;

c) da una quota dei canoni erariali per le concessioni di derivazioni a scopo idroelettrico;

d) da imposte e sovrimposte istituite nella Regione e dagli altri cespiti di cui al successivo articolo 9.

Art. 3

Sono attribuiti alla Regione:

a) i nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e fabbricati situati nel territorio della Regione e della imposta sui redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio;

b) gli otto decimi della imposta di ricchezza mobile ed i nove decimi della imposta complementare sul reddito, percepite nel territorio della Regione;

c) i nove decimi delle imposte sulle successioni e donazioni, sul valore netto globale delle successioni, sul registro e sul bollo, delle imposte di surrogazione del registro e bollo, delle imposte ipotecarie, nonché delle tasse sulle concessioni governative e di pubblico insegnamento, percepite nel territorio della Regione.

Sono, altresì, devoluti alla Regione i nove decimi dei canoni annuali percepiti a norma di legge per le concessioni di derivazioni a scopo idroelettrico, previsti dall'articolo 12 dello Statuto.

Le percentuali predette si applicano sui versamenti in conto competenze e residui effettuati nella sezione di Tesoreria provinciale di Aosta.

Art. 4

Sono inoltre attribuite alla Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere alle sue funzioni normali:

a) un'ulteriore quota dell'imposta di ricchezza mobile percepita nel territorio della Regione;

b) una quota dell'imposta generale sulla entrata di spettanza dello Stato relativa all'ambito regionale;

c) una quota dei proventi del monopolio sui tabacchi per vendite afferenti al territorio regionale e limitatamente alla parte da considerarsi come imposta di consumo;

d) una quota dell'imposta governativa sul gas e sull'energia elettrica percepita nel detto territorio.

Per ciascun anno finanziario, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'Interno, delle Finanze e del Tesoro, d'accordo con il Presidente della Giunta regionale, verranno determinati i cespiti da ripartire e le quote da attribuire alla Regione ai sensi del precedente comma.

Art. 5

Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Regione, lo Stato assegna alla stessa, con legge, contributi speciali, come previsto dall'articolo 12 dello Statuto.

Art. 6

L'Intendenza di Finanza di Aosta, su ordini di accreditamento, disporrà mensilmente il versamento alla Regione di quanto ad essa spetta a norma degli articoli 3 e 4.

Per gli ordini di accreditamento inerenti ai versamenti di cui al comma precedente, in deroga all'articolo 56 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440, è consentita la emissione senza alcun limite di importo.

Art. 7

La restituzione di tributi da parte dello Stato a titolo di indebito, di inesigibilità o per altre cause fa carico alla Regione in proporzione alle quote ad essa assegnate.

All'uopo, nel bilancio della Regione, verrà istituito apposito capitolo di spesa.

Art. 8

La Regione può istituire, con legge, imposte e sovrimposte regionali, osservando i principi dell'ordinamento tributario dello Stato, come previsto dall'articolo 12 dello Statuto.

Art. 9

Le leggi statali relative all'imposizione e alla riscossione dei tributi, contributi e diritti vari in favore delle Provincie, delle Camere di Commercio, Industria e Agricoltura, degli Enti Provinciali per il Turismo e degli altri Enti e servizi provinciali assorbiti dalla Regione si applicano nel territorio della Valle d'Aosta e le relative entrate sono devolute all'Amministrazione regionale.

A quest'ultima, in luogo della cessata Amministrazione Provinciale di Aosta, sono attribuite le quote di tributi erariali da ripartirsi dallo Stato fra le provincie ai sensi della legislazione statale.

Art. 10

La Regione ha facoltà di emettere prestiti interni, da essa esclusivamente garantiti, per provvedere ad investimenti in opere di carattere permanente, per una cifra annuale non superiore alle entrate ordinarie, salve le autorizzazioni di competenza del Ministro del Tesoro e del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio disposte dalle leggi vigenti.

Art. 11

Ai fini dell'accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici Finanziari dello Stato nella Regione comunicano alla Giunta regionale la lista dei contribuenti domiciliati nella Valle, con l'indicazione dei redditi compresi nella dichiarazione annuale e accertati di ufficio.

La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, indicando la ragione delle variazioni introdotte.

La Giunta indica altresì gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista.

Gli uffici finanziari dello Stato nella Regione daranno alla Giunta notizia dei provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute.

NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 12

Per gli anni 1951, 1952, 1953 e 1954 sono attribuite alla Regione le seguenti quote di tributi erariali, indicati nell'articolo 4, da applicarsi sui versamenti in conto competenza effettuati nella sezione di Tesoreria provinciale competente:

Anno 1951: 1/10 imposta di R. M.; 8/10 imposta governativa sul gas ed energia elettrica; 2/10 proventi del monopolio sui tabacchi.

Anno 1952: 1/10 imposta di R. M.; 9/10 imposta governativa sul gas ed energia elettrica; 3/10 proventi del monopolio sui tabacchi.

Anno 1953: 1/10 imposta di R. M.; 9/10 imposta governativa sul gas ed energia elettrica; 2/10 proventi del monopolio sui tabacchi.

Anno 1954: 1/10 imposta di R. M.; 2/10 imposta governativa sul gas ed energia elettrica.

Art. 13

Il versamento alla Regione, per gli anni 1951, 1952, 1953 e 1954, delle quote di tributi erariali previste negli articoli 3 e 12 della presente legge, eccezione fatta dei nove decimi dei canoni per concessioni di derivazioni a scopo idroelettrico già corrisposti in base all'articolo 12 dello Statuto, sarà disposto con deduzioni degli acconti concessi per gli anni medesimi.

Art. 14

Il ricupero della spesa di lire un miliardo, da sostenersi dallo Stato per conto della Valle d'Aosta ai sensi dell'articolo 5 della legge 1° agosto 1954, n. 846, per l'esecuzione della convenzione sul Traforo del Monte Bianco, sarà effettuato in 10 rate annuali dell'ammontare degli effettivi versamenti da parte dello Stato, a partire dall'esercizio successivo a quello dei versamenti medesimi.

Art. 15

L'onere derivante dall'attuazione della presente legge, a tutto il 30 giugno 1955, sarà fronteggiato con riduzione dello stanziamento inscritto al capoverso 520 dello Stato di previsione della spesa del Ministero del Tesoro per l'esercizio 1954-1955.

Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad apportare in bilancio, con propri decreti, le occorrenti variazioni.

Art. 16

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica ed ha effetto dal 1° gennaio 1951.

Essa resterà in vigore fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'articolo 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta.

Le eventuali successive modifiche alla presente legge saranno apportate con legge, d'accordo con la Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 50 dello Statuto.

---

L'Assessore BIONAZ premette che il problema dell'ordinamento finanziario regionale e della ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione è senza dubbio uno dei problemi più importanti che il Consiglio è chiamato ad affrontare ed a risolvere.

Rammenta che, in varie occasioni, è stato sostenuto e ribadito che non vi può essere vera autonomia se non vi è autonomia finanziaria, il che è vero, ed afferma che la Regione potrà dirsi veramente autonoma il giorno che il problema della ripartizione delle entrate erariali sarà equamente risolto con l'assegnazione alla Valle d'Aosta di una sufficiente quota parte delle entrate erariali. Pone in rilievo che tale problema è sorto con la concessione dell'autonomia alla Valle d'Aosta ed osserva che la sua soluzione è stata difficile e complessa, perché era difficile stabilire, inizialmente, quali fossero ed a quanto ammontassero le spese per il funzionamento della Regione e l'importo delle entrate occorrenti alla Regione per fare fronte alle spese.

Richiama il seguente articolo 14 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545:

"Con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, valutate le spese necessarie per la gestione dei servizi pubblici assunti dalla Valle, sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo Stato e la Valle.

Se le pubbliche entrate non sono sufficienti a coprire le spese indispensabili, lo Stato, esaminato il bilancio della Valle, può accordarle un contributo straordinario; può, altresì, autorizzarla ad istituire imposte speciali, osservando i principi dell'ordinamento tributario vigente. Prima che venga accordato il contributo straordinario, il Ministero del Tesoro può disporre indagini presso le amministrazioni, i servizi e gli uffici della Valle, a norma dell'art. 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037".

Informa che le autorità valdostane si interessarono sin d'allora della questione del riparto delle entrate; presero poi contatto anche con la Commissione parlamentare dei 18, incaricata della elaborazione dello Statuto regionale, ma non fu loro possibile addivenire ad un preciso accordo, per cui la Assemblea Costituente, approvando, a fine gennaio 1948, lo Statuto speciale per la Valle d'Aosta, non ha stabilito la quota parte di entrate erariali spettante alla Regione, pur trattando dell'ordinamento finanziario regionale agli articoli 12, 13 e 50 dello Statuto.

Rileva che l'articolo 12 dello Statuto detta norme di principio e che l'articolo 50 prevedeva che, entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle, con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale, si sarebbe dovuto stabilire, in modifica agli articoli 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione.

Rammenta che, a tale scopo, ebbero luogo varie trattative con le autorità governative centrali, trattative che non sortirono l'esito sperato, per cui il riparto non poté essere definito nel termine di due anni stabilito dall'articolo 50 dello Statuto regionale.

Fa presente che non è sua intenzione di entrare nei dettagli delle diverse proposte fatte dalle autorità centrali e che si limiterà a farne cenno nella sua esposizione.

Comunica che, in seguito ad accordi intercorsi e in attesa di addivenire al riparto definitivo delle entrate erariali, lo Stato ha assegnato alla Regione Valle d'Aosta i seguenti contributi e acconti annui di somme:

anno 1946: contributo annuo L. 145 milioni; anno 1947: contributo annuo L. 585 milioni; anno 1948: contributo annuo L. 585 milioni; anno 1949: contributo annuo L. 585 milioni; anno 1950: quota di ripartizione entrate erariali L. 854 milioni circa, oltre a lire 139 milioni circa per quota 9/10 dei canoni sulle concessioni idroelettriche; per gli anni 1951, 1952 e 1953: acconti annui di lire 500 milioni sulle quote di ripartizione entrate erariali, oltre alle quote 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche rispettivamente in misura di lire 268 milioni circa per il 1951, lire 244 milioni circa per il 1952 e lire 243 milioni circa per il 1953.

Fa presente che, come da accordi intercorsi e da provvedimenti già emanati, saranno assegnati e corrisposti alla Regione per l'anno 1954, un acconto annuo di lire 800 milioni sulle quote di ripartizione delle entrate erariali e la quota di lire 232 milioni circa per 9/10 dei canoni di concessioni idroelettriche.

Informa che, dopo nuove trattative, si giunse alla proposta governativa del 20-6-1952, che fu esaminata dalla Giunta il 28 dello stesso mese. Riferisce, a questo proposito, che erano sorte divergenze fra la Regione e l'autorità governativa, perché, mentre la Regione sosteneva che il riparto entrate doveva essere basato sul principio di una quota percentuale unica fissa, da parte governativa si sosteneva che il riparto dovesse essere basato su due quote, di cui una fissa e l'altra variabile, in analogia a quanto già era stato fatto per altre Regioni a statuto speciale (Sicilia, Trentino Alto Adige).

Precisa che vi erano anche divergenze sulla misura e sull'ammontare delle quote fisse e delle quote variabili. Informa che un progetto di legge governativo, esaminato dalla Giunta regionale il 28-6-1952, attribuiva alla Regione - oltre alla quota dei 9/10 dei canoni di concessione idroelettriche - quote fisse annue di lire 427 milioni circa per il 1951, di lire 424 milioni circa per il 1952 e di lire 465 milioni circa per il 1953, nonché quote annue variabili, prevedibili in 50 milioni circa, da stabilire di anno in anno.

Informa, poi, che un successivo progetto governativo di legge fu trasmesso alla Regione nel novembre 1953, progetto basato sullo stesso principio delle quote fisse e delle quote variabili di riparto e recante un miglioramento alle quote fisse di riparto. Precisa che il progetto non fu accolto dalla Regione e che non risulta vi siano state, in seguito, altre trattative che abbiano portato a conclusioni concrete e positive.

Fa presente che l'attuale Giunta regionale, non appena insediata, si è subito vivamente preoccupata della questione, procurandosi tutti i dati necessari per addivenire a trattative che portassero a risultati positivi.

Comunica che i rappresentanti della Regione hanno immediatamente iniziato con i rappresentanti del Governo la discussione del problema del riparto, nell'intento di arrivare finalmente ad una soluzione dell'importante problema. Rileva che il primo quesito rivolto ai rappresentanti della Regione fu se la Giunta regionale insistesse nel richiedere un riparto basato su una quota fissa di riparto ovvero se potesse, eventualmente, aderire ad un riparto basato su quote fisse e quote variabili.

Fa presente che la Giunta regionale, dopo ponderata riflessione, ha ritenuto opportuno di accettare la seconda soluzione, a condizione, però, che le quote fisse annue fossero di importo molto superiore a quelle della quota variabile e sufficienti, comunque, ad assicurare il finanziamento delle spese per le necessità normali della Regione.

Osserva che la questione del riparto era assai complessa, poiché comprendeva sia le competenze arretrate da assegnare alla Regione per gli anni 1951, 1952, 1953, 1954, sia le quote di entrate erariali da assegnare alla Regione per l'avvenire. Pone in rilievo che, per quanto concerne gli anni passati, il problema non rivestiva eccessiva importanza, in quanto, trattandosi di sanatoria, l'essenziale era di concordare su una cifra globale sufficiente per assestare i bilanci degli ultimi quattro anni, mentre, per l'avvenire, si trattava di stabilire le quote annue di riparto (fisse e variabili), per cui il problema era assai più importante.

Informa che, non appena iniziate le discussioni, i rappresentanti del Governo hanno eccepito che la Regione aveva impostato bilanci su cifre esagerate, in quanto aveva preventivato, quale quota di riparto entrate, una cifra eccessiva, che i Ministeri competenti non avevano mai accettato. Comunica che furono esaminati i bilanci e i conti dei passati esercizi e la situazione finanziaria attuale della Regione. Aggiunge che seguirono lunghe discussioni, nel corso delle quali fu sviscerato il problema in tutti i suoi aspetti particolari.

Fa presente che fu infine raggiunto un accordo in forza del quale lo Stato assegnerebbe alla Regione, quale quota globale di riparto per gli anni 1951, 1952, 1953 e 1954, la somma di lire 3.900.000.000, corrispondente alla media di lire 975 milioni all'anno. Per quanto riguarda l'avvenire, rileva che, essendosi accettato il principio di un riparto di entrate basato su quote fisse e su quote variabili, si doveva stabilire, a partire dall'anno 1955, l'importo delle quote fisse e l'importo delle quote variabili. Riferisce che, dopo lunghe discussioni, si è ottenuto che le quote di riparto da attribuire alla Regione per l'anno 1955 avrebbero raggiunto un minimo di lire 1 miliardo e 200 milioni, con l'assicurazione che le quote fisse avrebbero raggiunto, se non superato, l'importo di un miliardo. Osserva che il riparto è valido, non solo per l'anno 1955, ma anche per il futuro e, cioè, fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'articolo 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, per cui gli incrementi che si verificheranno in futuro nei gettiti dei tributi aumenteranno il provento delle quote fisse di riparto di spettanza della Regione.

Fa presente che all'articolo 3 dello schema di disegno di legge sono elencate le entrate sulle quali sono attribuite alla Regione determinate percentuali invariabili che concorrono a formare l'ammontare della cosiddetta quota fissa annua di spettanza regionale, quota che, come risulta dalla relazione trasmessa in allegato ai Signori Consiglieri, ammonta a lire 211.588.419 per il primo bimestre del 1955. Rileva che, moltiplicando tale importo per i sei bimestri, si ha, soltanto per le quote fisse, un importo di oltre lire 1.200.000.000. Osserva che la Giunta non ha inteso basarsi sui dati relativi ai gettiti di un solo bimestre, ma ha, comunque, la certezza che le quote fisse supereranno l'importo di lire 1 miliardo. Precisa che la eventuale differenza di somma per raggiungere l'importo concordato di almeno lire 1.200.000.000 sarà ottenuta con il provento delle quote percentuali variabili da assegnare annualmente alla Regione, sulle entrate erariali elencate all'articolo 4 dello schema di disegno di legge e che costituiscono la cosiddetta quota annua variabile.

Informa che vi è, altresì, un altro problema, che la Giunta regionale ha dovuto affrontare e risolvere, e, cioè, quello relativo alla compartecipazione della Regione alla sottoscrizione di capitale azionario occorrente per il finanziamento delle spese per il traforo del Monte Bianco.

Osserva che i Consiglieri regionali che già facevano parte del precedente Consiglio ricordano certamente la discussione avvenuta, a suo tempo, e gli impegni assunti a tale riguardo, impegni che non possono essere ignorati.

Rammenta che il Consiglio regionale, nell'adunanza 8 novembre 1948 (oggetto n. 123), considerati i grandi vantaggi che deriverebbero alla Valle d'Aosta dalla esecuzione di tale opera grandiosa, aveva approvato, in linea di massima, che la Valle d'Aosta partecipasse alla sottoscrizione di capitale azionario occorrente per il finanziamento dell'opera per un importo pari a quello sottoscritto dal Cantone di Ginevra, e cioè per l'importo di lire 1 miliardo.

Rammenta ancora che, in relazione alla suddetta deliberazione di massima, con provvedimenti del Consiglio regionale e della Giunta regionale, sono state stanziate e iscritte a residui passivi, sotto la voce "Traforo del Monte Bianco", somme per complessive lire 405 milioni.

Pone in rilievo che a tutti i Consiglieri è stata trasmessa, con lettera prot. 161, del 26-4-1955, copia della legge 1° agosto 1954, n. 846, sulla "Ratifica e esecuzione della convenzione fra l'Italia e la Francia per il Traforo del Monte Bianco conclusa a Parigi il 14-3-1953", legge che, all'articolo 5, stabiliva:

"La spesa complessiva di un miliardo posta a carico delle Collettività pubbliche italiane nel verbale definitivo finanziario annesso alla Convenzione suddetta sarà sostenuta dal Governo italiano per conto della Regione Valle d'Aosta, in ragione di 500 milioni per ciascuno degli esercizi 1953-54 e 1954-55.

Alla copertura della spesa medesima sarà provveduto mediante prelevamento di 500 milioni dal capitolo 487 dello Stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'esercizio 1953-54 e di una pari somma del corrispondente capitolo di bilancio per l'esercizio 1954-55.

Il recupero della detta somma dí un miliardo anticipata dallo Stato sarà effettuato, per l'ammontare di 500 milioni, in unica soluzione, sul complesso delle entrate erariali che saranno attribuite per gli anni 1951, 1952 e 1953 alla Regione Valle d'Aosta in base all'ordinamento finanziario previsto dall'art. 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4.

A partire dall'anno 1955, il recupero sarà effettuato sulle entrate erariali devolute alla Regione medesima, in ragione di 100 milioni annui per cinque anni".

L'Assessore Bionaz osserva che la Giunta non poteva non preoccuparsi di quanto sopra stabilito circa il versamento allo Stato, da parte della Regione, della somma di lire 1 miliardo prima ancora che lo Stato avesse provveduto al pagamento della somma stessa.

Informa che la Giunta, molto opportunamente, fece rilevare che non era logico pretendere che la Regione Valle d'Aosta versasse allo Stato, all'atto dell'incasso delle entrate erariali attribuitele per il triennio 1951-1953, la metà della somma che si è impegnata a sottoscrivere, e che lo Stato dovrebbe anticipare per conto della Regione, ossia lire 500 milioni. Osserva, infatti, che il recupero anticipato di tale somma da parte dello Stato, all'atto del versamento alla Valle d'Aosta della quota parte delle entrate erariali relative al triennio 1951-1953, non è giustificato, perché lo Stato non ha ancora anticipato alcuna somma per conto della Valle d'Aosta, e perché ancora non si sa se i lavori per il Traforo del Monte Bianco potranno avere inizio entro breve tempo.

Comunica che, dopo discussione con i rappresentanti del Governo, la Giunta ha ottenuto la formulazione dell'articolo 14 dello schema di disegno di legge in esame nel modo seguente:

"Il recupero della spesa di lire un miliardo, da sostenersi dallo Stato per conto della Valle d'Aosta, ai sensi dell'articolo 5 della legge 1° agosto 1954, n. 846, per l'esecuzione della convenzione sul traforo del Monte Bianco, sarà effettuato in dieci rate annuali dell'ammontare degli effettivi versamenti da parte dello Stato, a partire dall'esercizio successivo a quello dei versamenti medesimi".

Sottolinea che tale articolo modifica l'articolo 5 della legge 1-8-1954, n. 846, e che il recupero, da parte dello Stato, della spesa di lire 1 miliardo sarà, quindi, effettuato in dieci rate annuali dell'ammontare degli effettivi versamenti da parte dello Stato, a partire dall'esercizio successivo a quello dei versamenti medesimi.

Osserva che la disposizione di tale articolo, oltre ad esentare la Regione dal versamento allo Stato dell'importo di lire 500 milioni all'atto dell'incasso, da parte della Regione stessa, del complesso delle entrate erariali attribuito alla Regione per gli anni 1951, 1952, 1953, dà la possibilità, all'Amministrazione regionale, di stralciare dai residui passivi la somma di lire 405 milioni già accantonati quale compartecipazione della Regione nelle spese per il traforo del Monte Bianco.

Rileva che si può ora esaminare, allo stato delle cose, come si presenta oggi la situazione finanziaria della Regione. Precisa che, quale eredità del passato, rimangono impegni passivi per l'ammontare di circa 4.200.000.000 di lire, comprese in tale importo le anticipazioni di cassa fatte alla Regione dalla Cassa di Risparmio di Torino.

Osserva che la situazione del passato non preoccupa eccessivamente, data l'approvazione del riparto delle entrate erariali sulle basi esposte.

Fa presente che, infatti, gli impegni passivi per L. 4.200.000.000 possono essere fronteggiati come da seguente prospetto:

---

a) Entrate:

-

Somme da riscuotere per quote di riparto entrate erariali per il quadriennio 1951-1954, dedotti gli acconti già riscossi per il triennio 1951-1953 (3.900.000.000 - 1.500.000.000) =

L.

2.400.000.000

-

Somme da riscuotere per quote 9/10 sui canoni di concessioni idroelettriche per gli anni 1953-1954

"

500.000.000

-

Somme da riscuotere per crediti effettivi su residui attivi

"

150.000.000

b) riduzioni di impegni di spese:

-

Somme già impegnate per il traforo del Monte Bianco e stralciabili dai residui passivi

"

400.000.000

-

Somme stralciabili per economie accertate in conto gestione residui passivi

"

30.000.000

-

residui passivi stralciabili

"

720.000.000

TOTALE L.

4.200.000.000

---

Per quanto riguarda la ripartizione delle entrate erariali per l'avvenire, cioè a decorrere dal 1° gennaio 1955, osserva che il problema è regolato dagli articoli 3 e 4 dello schema di disegno di legge in esame.

Rileva che l'articolo 3 stabilisce le misure percentuali fisse delle entrate erariali che concorrono a formare la quota annua fissa di riparto dovuto alla Regione e che il successivo articolo 4 prevede, invece, le entrate erariali le cui quote variabili concorrono a formare, annualmente, la quota variabile di riparto; osserva che, complessivamente, tra quote fisse e quote variabili, si dovrà raggiungere, per il 1955, la cifra di lire 1.200.000.000, prevista in bilancio quale provento di riparto entrate erariali fra lo Stato e la Regione.

Comunica che la Giunta è del parere che una ripartizione delle entrate erariali sulle basi sopra esposte sia da ritenersi accettabile ed equa.

Informa che le discussioni e le trattative che portarono alla conclusione di un accordo sulla questione del riparto furono lunghe e laboriose, e ciò, oltre che per la complessità del problema, anche per il fatto che la Regione dovette trattare con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con ben quattro Ministeri (Interno, Tesoro, Bilancio e Finanze), il che ha richiesto parecchio tempo per giungere ad un accordo.

Comunica che la Giunta ha la coscienza di aver fatto quanto si poteva fare per ottenere il più possibile dallo Stato, quale quota di ripartizione delle entrate erariali, e di avere ottenuto una soluzione equa dell'assillante problema.

Dichiara che, vagliati tutti i dati, la Giunta propone, con tutta tranquillità, al Consiglio, di accettare il riparto delle entrate sulle basi esposte, che permetterà alla Regione di impostare i suoi bilanci annuali su entrate concrete e darà la possibilità di guardare all'avvenire con serena tranquillità.

Il Consigliere Signora PERRUCHON ved. CHANOUX fa la seguente dichiarazione:

"Il disegno di legge per l'ordinamento finanziario della Regione, cioè per la ripartizione delle imposte, tasse e contribuzioni tra lo Stato e la Regione, non rappresenta nulla di nuovo, poiché ricalca pedissequamente e pedestremente il disegno di legge che dal Governo centrale era già stato proposto alla Giunta regionale 1949-1954 e da questa non accettato, perché insufficiente per i bisogni dell'Amministrazione regionale.

Ho esaminato il vecchio testo e il nuovo testo e ho potuto, quindi, constatare che questo è ripetuto esattamente sulla falsariga di quello (vedi verbale 12 maggio 1954 - leggere articoli 1, 2, 3).

Lo dimostrerò meglio nel corso della mia esposizione.

1a OSSERVAZIONE

Prima di tutto mi preme di sottolineare che l'impostazione generale è sempre la stessa e identica di quella già proposta alla Giunta regionale 1949-1954.

Con molta abilità, il Governo centrale assegna alla Regione quote fisse di 9/10 e, per lo più, su imposte il cui gettito è molto modesto: per esempio i 9/10 sull'imposta Terreni, di 3.737.312 nel 1951, di 3.207.395 nel 1952, di 1.885.536 nel 1953, rappresentano, in realtà, cifre derisorie; ma l'ignaro lettore dei giornali governativi cade nella trappola e pensa che i 9/10 dell'imposta terreni rappresentino il meglio che si poteva ottenere.

Lo stesso si dica dei 9/10 sull'imposta fabbricati: lire 496.000 nel 1951, lire 1.464.373 nel 1952, lire 3.644.763 nel 1953.

Anche in questo caso il Governo centrale si propone di raggiungere il suo scopo, cioè d'ingannare la parte meno informata dell'opinione pubblica, la quale parte meno informata cade nell'inganno teso e pensa che i 9/10 dell'imposta terreni e fabbricati rappresentino un buon affare per la Regione.

Ma dell'imposta generale sull'entrata, che ha dato un gettito notevolissimo di 227 milioni nel 1951, di 355 milioni nel 1952, di 358 milioni nel 1953 e di 448 nel 1954, non si danno gli 8 o i 9/10, non si dà la più piccola quota fissa, ma si prevede l'assegnazione di una quota variabile, da stabilire di anno in anno, quota che potrebbe essere di 1/10 o di 2/10 e potrebbe anche essere di 0/10, come per gli anni 1951-1954, così come dispone l'articolo 12 del presente disegno di legge.

Lo stesso si dica del monopolio sui tabacchi, che in questi ultimi anni hanno reso l'enorme cifra di 518 milioni circa all'anno.

Per questo blocco rispettabile di entrate, non si dà quota fissa: le quote fisse dei 9/10 vengono sbandierate per le bazzecole delle imposte che rendono meno, in un tentativo inqualificabile di ingannare i nostri concittadini, che avranno così il danno e le beffe.

Per il monopolio, niente quota fissa, ma una quota variabile, di anno in anno, che non possiamo prevedere: una quota che potrebbe essere di 2/10, come dispone l'art. 12 del disegno di legge per il 1953, o di 0/10, come dispone l'art. 12 del presente disegno di legge per il 1954.

Lo stesso si dica dell'imposta sulla energia elettrica, che ha dato il gettito di 86 milioni per il 1951, di 90 milioni per il 1952, di 94 milioni per il 1953. Anche per questo, niente quota fissa, ma quota variabile di anno in anno, quota rimessa ai capricciosi umori del Centro.

Noi, dell'Union Valdôtaine, siamo, quindi, contrari a questo disegno di legge, perché si distingue tra quota fissa e quota variabile e questa quota variabile viene riservata per quelle imposte il cui gettito è il più cospicuo.

L'articolo 12 dice che... "sarà dallo Stato, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa UNA QUOTA dei tributi erariali", "una quota", dice il nostro Statuto regionale, e non una quota fissa e una quota variabile, cioè due quote.

Basta leggere i lavori preparatori della Assemblea Costituente per vedere che i Costituenti, anche per l'ordinamento finanziario dell'articolo cinquanta dello Statuto, intendevano che UNA QUOTA fosse attribuita dallo Stato alla Regione.

2a OSSERVAZIONE

Quanto ho detto finora si riferisce alla prima critica che l'Union Valdôtaine muove al disegno di legge regionale.

Noi potremmo, in via subordinatissima, accettare una quota variabile, qualora, però, alcune imposte previste come soggette alla quota variabile, all'articolo 4, fossero spostate all'articolo 3 (quota fissa), se, ad esempio, i 1/10 dell'imposta sull'entrata e i 9/10 dell'imposta sull'energia elettrica fossero considerati come quote fisse.

Questa è la seconda nostra tesi, che noi esponiamo solo in subordine e senza pregiudizio e fatta salva ogni riserva sulla costituzionalità del sistema delle due quote, attraverso alle quali si vogliono esercitare ricatti in sede politica e in sede elettorale, ricatti indegni di ogni libera e vera democrazia.

3a OSSERVAZIONE

La vostra relazione, allegata al disegno di legge per il riparto, è molto sintetica, troppo sintetica.

Molto laconicamente, troppo laconicamente, dite che la quota fissa assicura un gettito di un miliardo e che la quota variabile darà un gettito di duecento milioni.

Nella discussione che aveva avuto luogo nella primavera del 1954, esattamente il 12-3-1954, sul problema finanziario, la Giunta 1949-1954 aveva distribuito ai Consiglieri un prospetto a tre colonne, con tutti i dati relativi a tutte le entrate erariali riscosse dallo Stato nella Regione Valle d'Aosta.

È molto grave che Voi vi siate astenuti dal fare altrettanto col nuovo Consiglio, fornendo solo i dati del 1954.

Voi vi basate, bensì, sui dati del primo bimestre del 1955: ora non è detto che tali dati corrispondano alla sesta parte delle entrate del 1955.

Per questo Vi ho chiesto di consegnare a me e agli altri Consiglieri i dati del 1954.

Osservo, d'altra parte, che il Governo, alla Giunta 1949-1954, aveva proposto le stesse percentuali di quota fissa per le imposte indirette percepite dall'Ufficio del Registro e per i terreni e fabbricati: aveva proposto, in un primo tempo, 9/10 per la Ricchezza Mobile (e questo lo si può provare con documenti: se sarà necessario li produrremo), poi era sceso a 4/10, poi era risalito, sulle proposte Vanoni dell'agosto 1952, ai 6/10 della Ricchezza Mobile e, nelle proposte Andreotti dello stesso periodo, ai 7/10.

A Voi si propongono gli 8/10 della R. M.: una modesta differenza di 1/10, cioè poche decine di milioni.

Per quanto riguarda la quota variabile, la vostra previsione di 200 milioni non è suffragata da nessun documento, da nessun documento attendibile: è null'altro che una supposizione.

D'altra parte, non ci possiamo basare su di una quota variabile, che, se anche fosse in ipotesi quest'anno di 200 milioni, potrebbe essere l'anno venturo di 100 o 50 milioni.

Ma io intendo svolgere una:

4a OSSERVAZIONE

Voi stessi affermate che, per ciascuno degli anni 1951-1954, il disegno di legge attribuisce 975 milioni.

Ora, tutti sanno che il Consiglio regionale 1949-1954 aveva, per tali anni, approvato all'unanimità, compresi i Consiglieri democristiani, dei bilanci nei quali erano iscritte le seguenti quote di riparto delle entrate erariali:

per il 1951

1.200

milioni

per il 1952

1.500

milioni

Per il 1953

1.800

milioni

Per il 1954

1.800

milioni

in totale

6.300

milioni

dai quali bisogna sottrarre

1.500

milioni

rimanevano così

4.800

milioni

Di questi 4 miliardi 800 milioni il Governo centrale, tenendo conto dell'acconto di 1 miliardo e 1/2, ci dà soltanto la metà, cioè 2 miliardi e 400 milioni.

Rimane così, in relazione ai bilanci di previsione e agli impegni assunti, un vuoto di due miliardi e 400 milioni. Voi stessi confessate, sia pure con giri di parole, nella vostra relazione allegata al disegno di legge, di dovere annullare gli impegni già assunti, per lavori, dalla Giunta e dal Consiglio 1949-1954.

È come se un aeroplano, da quota 4.800, dovesse improvvisamente scendere a quota 2.400. Questo è uno scivolamento d'ala, che può far venire il cardiopalma al cuore più robusto.

Le previsioni sono pure gravi per l'avvenire, poiché dalla quota di riparto di 1.800 milioni si scende ai pretesi 1.200, cioè minori entrate e minori possibilità di spese per 600 milioni all'anno.

C'est pour ces raisons qu'en ma qualité de représentante de 16.000 électeurs de l'Union Valdôtaine je voterai contre ce projet de loi financière et logiquement je voterai contre le bilan de prévision du 1955.

Après les mirabolantes promesses, non maintenues, de M. Fanfani, la Junte démochrétienne propose au Conseil une capitulation en matière financière.

Il ne vaut rien de dire que l'Administration régionale a d'autres entrées. Pour la solution équitable de nos finances nous devons regarder d'un côté ce que notre pauvre Vallée donne au Pouvoir Central et ce que le Pouvoir Central nous restitue: la pauvre Vallée d'Aoste donne plus de 5 milliards par an: on lui restitue 1 milliard, à quelque chose près.

C'est comme si notre Vallée produisait une grande polenta, dont l'avide Louve romaine s'empare de 4 tranches et laisse une seule tranche à la Vallée d'Aoste.

Ce n'est pas pour une telle exploitation coloniale de la Vallée d'Aoste que la partie meilleure des Valdôtains avait commencé un travail courageux; ce n'est pas pour cette spoliation coloniale de la Vallée d'Aoste que tant de sacrifices ont été accomplis et tant de larmes ont été versées.

Vous, M. BONDAZ, dans la séance précédente, Vous Vous disiez content de ces beaux résultats!

C'est avec le coeur meurtri que j'ai pris vision de ce projet néfaste, de la violation de toutes les promesses, avant, pendant et après la Libération, de la violation des promesses de M. Fanfani, qui n'avait pour but que de tromper le Peuple Valdôtain.

Je supplie les Conseillers de la majorité de réfléchir à la lourde responsabilité qu'ils prennent sur eux en votant ce projet de loi: une lourde responsabilité vis-à-vis du Peuple Valdôtain, qui Vous demandera compte un jour d'avoir approuvé ce projet de loi qui refuse la justice à la Vallée d'Aoste".

Il Consigliere CHABOD Renato dà atto della sollecitudine con la quale la Giunta ha portato all'esame del Consiglio il problema del riparto delle entrate, proponendo una soluzione che egli ritiene di non poter accettare, ma che è stata prospettata con sollecitudine. Dà ancora atto alla Giunta, e, per essa, al suo Presidente, della sportività, del fair-play con cui ha accettato di discutere la questione in seduta pubblica. Ciò premesso, comunica di non potere, peraltro, assolutamente condividere quanto detto dall'Assessore alle Finanze, Bionaz, e cioè che il riparto proposto, con lo schema di legge in esame, sia equo, accettabile e adeguato alle necessità della Valle d'Aosta.

Osserva che intende, anzitutto, fare una piccola precisazione, in rettifica alla affermazione dell'Assessore alle Finanze secondo la quale anche le altre Regioni a Statuto speciale avrebbero un riparto basato su due quote, una fissa e una variabile. Fa presente che tale affermazione è esatta soltanto nei riguardi di due Regioni, e, precisamente, il Trentino-Alto Adige e la Sardegna.

Per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige, comunica che lo Statuto prevede, effettivamente, una quota variabile, ma limitatamente, però, ai gettiti del lotto, dei monopoli e delle tasse e imposte sugli affari, riscossi nel territorio della Regione; infatti l'articolo 60 dello Statuto stabilisce:

"È devoluta alla Regione una percentuale del gettito del lotto, dei monopoli e delle tasse e imposte sugli affari riscosso nel territorio della Regione. La percentuale stessa è determinata ogni anno d'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta regionale".

Precisa che tutti gli altri gettiti dei tributi ammessi a riparto concorrono a formare la quota fissa.

Per quanto riguarda la Sardegna, osserva che lo Statuto elenca le varie percentuali sulle imposte che concorrono a formare la quota fissa e fa presente che la quota variabile incide soltanto sull'imposta generale entrata, come risulta dall'articolo 38 dello Statuto che dice:

"Le entrate della Regione sono costituite:

dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e sui fabbricati situati nel territorio della Regione e dell'imposta sui redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio;

dai nove decimi dell'imposta di ricchezza mobile nel territorio della Regione;

dai nove decimi del gettito delle tasse di bollo, sulla manomorta, in surrogazione del registro e del bollo, sulle concessioni governative, dell'imposta ipotecaria, dell'imposta di fabbricazione del gas e dell'energia elettrica, percette nel territorio della Regione;

dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti di monopoli dei tabacchi consumati nella Regione;

da una quota dell'imposta generale sulla entrata di competenza dello Stato, riscossa nella Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario d'accordo fra lo Stato e la Regione, in relazione alle spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della Regione;

dai canoni per le concessioni idroelettriche;

dai contributi di miglioria ed a spese per opere determinate, da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la Regione ha facoltà di istituire con legge, in armonia coi principi del sistema tributario dello Stato;

da redditi patrimoniali;

da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria".

Pone in rilievo che tutte le altre percentuali sono fisse e risultano stabilite in misura superiore a quanto si propone per la Valle d'Aosta, come ad esempio i canoni per le concessioni idroelettriche, che sono devoluti totalmente alla Regione.

Per quanto riguarda la Sicilia, osserva che tale Regione non introita i 9/10 di determinate imposte, ma i 10/10 di tutte le imposte e, inoltre, percepisce annualmente dallo Stato, in forza dell'articolo 38 del suo Statuto, a titolo di solidarietà nazionale, una rilevantissima somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici. Quindi, egli dichiara, io rettifico, come ho detto, la prima affermazione dell'Assessore Bionaz, secondo la quale anche le altre Regioni a Statuto speciale hanno una quota fissa e una quota variabile di ripartizione delle entrate erariali.

Il Consigliere Chabod Renato comunica che intende, altresì, fare una precisazione circa i cenni storici della relazione Bionaz, e osserva che si riferisce alla prima affermazione della autonomia della Valle d'Aosta, cioè al manifesto di Chivasso del 19 dicembre 1943, redatto con la collaborazione di CHANOUX, manifesto nel quale si affermano anche i principi concernenti il sistema economico auspicato per le zone alpine:

"Noi popolazioni delle vallate alpine,

CONSTATANDO

che i venti anni di mal governo livellatore ed accentratore, sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di "Roma doma", hanno avuto per le nostre valli i seguenti dolorosi e significativi risultati:

a) - OPPRESSIONE POLITICA, attraverso l'opera dei suoi agenti politici ed amministrativi (militi, commissari, prefetti, federali, insegnanti), piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale, di cui furono solerti distruttori;

b) - ROVINA ECONOMICA, per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali ed agricoli, per l'interdizione della emigrazione, con la chiusura ermetica delle frontiere, per l'effettiva mancanza di organizzazione tecnica e finanziaria dell'agricoltura, mascherata dal vasto sfoggio di assistenze centrali, per la incapacità di una moderna organizzazione turistica rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino;

c) - DISTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE, per la soppressione della lingua fondamentale locale, laddove esiste, la brutale e goffa trasformazione dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini della emigrazione temporanea all'estero;

AFFERMANDO

a) - che la libertà di lingua, come quella di culto, è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana;

b) - che il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità e la definitiva liquidazione del fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l'avvento di una pace stabile e duratura;

c) - che un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale è l'unica garanzia contro un ritorno della dittatura, la quale trovò nello stato monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto per il proprio predominio sul paese;

fedeli allo spirito migliore del Risorgimento,

DICHIARIAMO

quanto segue:

a) - AUTONOMIE POLITICHE AMMINISTRATIVE

1) - Nel quadro generale del prossimo Stato italiano, che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in comunità politico-amministrative autonome, sul tipo cantonale;

2) - come tali, ad esse dovrà, comunque, essere assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee legislative regionali e cantonali;

3) - l'esercizio delle funzioni politiche ed amministrative locali (compresa quella giudiziaria), comunali e cantonali, dovrà essere affidato ad elementi originari del luogo ed aventi ivi una residenza stabile per un determinato numero di anni, che verrà fissato dalle assemblee locali.

b) - AUTONOMIE CULTURALI E SCOLASTICHE

Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale e linguistica, consistente nel:

1) - diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici e nella stampa locale;

2) - diritto all'insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni ordine e grado, con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L'insegnamento, in genere, sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un consiglio locale;

3) - ripristino immediato di tutti i nomi locali.

c) - AUTONOMIE ECONOMICHE

Per facilitare lo sviluppo dell'economia montana e, conseguentemente, combattere lo spopolamento delle vallate alpine, sono necessari:

1) - un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano nei cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche, di trasformazione, ecc.), in modo che una parte dei loro utili torni alle vallate alpine, e ciò indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o meno collettivizzate;

2) - un sistema di equa riduzione dei tributi, variabile da zona a zona, a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura, foreste o pastorizia;

3) - una razionale e sostanziale riforma agraria comprendente:

a) - l'unificazione per il buon rendimento dell'azienda, mediante scambi e compensi di terreni e una legislazione adeguata della proprietà familiare agraria, oggi troppo frammentaria;

b) - l'assistenza tecnico-agricola, esercitata da elementi residenti sul luogo ed aventi, ad esempio, delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali, di cui alcune potranno avere carattere agrario;

c) - il potenziamento, da parte delle autorità locali, della vita economica mediante libere cooperative di produzione e di consumo;

4) - il potenziamento dell'industria e dell'artigianato, affidando all'Amministrazione regionale e cantonale, anche in caso di organizzazione collettivistica, il controllo e la amministrazione delle aziende aventi carattere locale;

5) - la dipendenza dell'Amministrazione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi e concessioni aventi carattere pubblico.

Questi principi, Noi rappresentanti delle Valli Alpine, vogliamo vedere affermati da parte del nuovo Stato italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero".

Proseguendo nella sua precisazione, il Consigliere Chabod Renato dichiara che CHANOUX, dopo aver accennato alla durezza della vita dei montanari, diceva testualmente, nel commento al menzionato manifesto di Chivasso:

"Nelle Valli in genere, si nota una strana situazione: una agricoltura povera di mezzi e ricca di uomini: una industria ricca di mezzi e povera di uomini. Ci spieghiamo: nei monti la situazione agricola è assai limitata. La magra terra, strappata sui fianchi dei monti, al bosco o alla roccia, non basta per nutrire il popolo che vive su di lei.

Il grano, primo alimento dell'uomo, vi cresce scarso. Il granoturco non vi cresce affatto. Non vi è neppure, salvo in certe zone privilegiate di alti pascoli e prati, una grande produzione foraggera e quindi di bestiame grosso. Non vi è produzione vinicola rilevante. Ma il montanaro vive della sua terra, perché la coltiva con immenso amore. La coltiva perché la sente sua, fatta da lui, attraverso le generazioni dei suoi antenati, che questa terra hanno, scassata e ridotta in terrazzi, attraverso la sua opera di coltura e di cura, fatta per i suoi figli, che sulla terra sua, solamente sua, crescono forti e liberi, per trasmettere a loro volta ai loro discendenti, con la vita, la terra degli avi.

Questa terra il montanaro non l'abbandona. Ma, naturalmente, non ne trae grandi ricchezze. Eppure nelle Valli l'onere fiscale grava quasi esclusivamente sulle classi agricole. Le industrie, che sfruttano la ricchezza delle valli, le maggiori ricchezze e bellezze delle valli, hanno sede altrove, nelle città. Nelle città hanno il personale meglio retribuito e qualitativamente e socialmente più importante. Nelle città si godono i grossi utili delle aziende idroelettriche, mentre nulla o molto poco va alle valli donde viene quella ricchezza. Nelle città si lavorano i prodotti minerari che dalle valli vengono estratti e che nelle valli subiscono solo la prima indispensabile fusione per essere poi subito avviati altrove, non appena ciò è possibile.

Nelle città si godono i proventi delle grosse speculazioni di carattere turistico, ben poco rimanendone ai Comuni che pur hanno gli oneri delle manutenzioni stradali e degli abbellimenti panoramici. È infatti risaputo che i Comuni di villeggiatura sono fra i più indebitati. Ora è giusto che le ricchezze naturali e industriali delle valli vadano ad alleviare per i contadini della montagna il peso degli oneri pubblici e, particolarmente, degli oneri fiscali:

a) - i canoni per le concessioni di acque pubbliche, percepiti dallo Stato, vadano invece ai Cantoni ed ai Comuni alpini, dove queste acque hanno origine e corso, e questi canoni siano innalzati di molto in modo da corrispondere al "valore" commerciale delle acque concedute;

b) - la concessione di acque pubbliche a scopo industriale sia subordinata ad una utilizzazione, in loco, di una parte delle forze derivate;

c) - le concessioni minerarie non dipendano unicamente dallo Stato, ma anche dai Cantoni e Comuni, e le imprese che le sfruttano contribuiscano in modo corrispondente alla loro importanza e ai bisogni delle valli;

d) - i villeggianti o turisti contribuiscano in modo più organico di quanto fanno attualmente, ai pesi dei servizi pubblici dei Comuni dove vanno ad abitare, con un maggiore sviluppo e migliore esazione delle imposte di soggiorno, la quale dovrebbe potersi applicare da tutti i Comuni;

e) - siano sviluppate nelle valli le industrie di trasformazione, in modo da assorbire in loco la mano d'opera disponibile".

Rileva, a questo proposito, che, relativamente a tale punto, il secondo comma dell'articolo 15 del Decreto LL. 7-9-1945, n. 545, con cui è stata concessa l'autonomia alla Valle d'Aosta, stabilisce:

"Per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Valle, ma che in esso hanno stabilimenti o impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta relativa a detta quota è riscossa dagli organi di riscossione della Valle".

Sottolinea che tale articolo già traduceva in disposizione legislativa il principio del manifesto di Chivasso ed osserva che la disposizione del predetto art. 15 è in pieno contrasto con lo schema di legge sottoposto all'esame e all'approvazione del Consiglio, schema in cui, all'articolo 3 (lettera b e c), è precisato ben chiaramente che vengono attribuite alla Regione percentuali di imposte percepite nel territorio della Regione.

Chiede per quale ragione, nello schema di legge, non sia stato ribadito il principio sancito nel Manifesto di Chivasso e nell'articolo 15 del Decreto L.L. n. 545, del 7-9-1945.

Precisa che non si tratta di cosa impossibile che la Valle d'Aosta pretende, poiché il suddetto principio è sancito anche dallo Statuto di altre Regioni autonome. Rileva che, infatti, l'articolo 37 dello Statuto della Sicilia stabilisce:

"Per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi.

L'imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima".

Pone in rilievo che il Decreto L.L. n. 545, del 7-9-1945, ha servito di base alla Assemblea Costituente nel 1948 per la formulazione dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta. Comunica che intende, a questo proposito, rammentare al Consiglio quanto è stato detto da alcuni Parlamentari nella seduta della Assemblea Costituente in cui è stato discusso il nostro Statuto e, precisamente, quanto è stato detto circa gli articoli relativi al problema del riparto finanziario. Informa che intende, anzitutto, rammentare quanto detto dallo stesso relatore, al progetto di statuto, l'On.le LUSSU, il quale, iniziando la sua relazione e polemizzando con l'On.le Nitti e con altri Parlamentari, i quali tuonavano contro il principio della autonomia regionale, faceva queste considerazioni:

"Desidererei dire qualche cosa anche ai membri del Governo e in particolare al Presidente del Consiglio. Vi sono degli impegni nella vita politica della Nazione che un Governo prende, assumendosi tutta la sua responsabilità; degli impegni che, per il carattere eccezionale che essi acquistano, non rimangono puri e semplici impegni di Governo. Essi diventano permanenti impegni dello Stato; essi toccano la dignità, l'autorità e l'onore dello Stato. E un Governo, succedendo ad un altro Governo, di differente colore politico, rispetta, è obbligato a rispettare, gli impegni dei precedenti. È la continuità della serietà e della autorità dello Stato.

L'impegno dal Governo assunto di fronte alla Valle d'Aosta nel 1945 è noto - è l'impegno del primo Governo dei Comitati di Liberazione nazionale, che d'altronde si riallacciava, così come tutta la questione autonomistica della Valle d'Aosta si riallaccia agli impegni dei Comitati di liberazione nazionale della Valle d'Aosta, agli impegni del Comitato di liberazione nazionale del Piemonte, agli impegni del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia, sede centrale a Milano - come sono noti tutti gli impegni assunti durante la lotta della resistenza e della liberazione.

La piccola Valle d'Aosta - e non aggiungo fiori letterari per definirla - oltre che della coscienza dell'universalità dei suoi abitanti, si sente forte per questi impegni.

E pregherei in modo particolare l'onorevole De Gasperi, Presidente del Consiglio, anche nella sua qualità di leader della Democrazia Cristiana, di intervenire tempestivamente in senso fiducioso e benevole, come ieri egli ha compiuto il dovere di intervenire per lo statuto del Trentino-Alto Adige; e che cerchi tempestivamente di frenare, nella sua tumultuosa e sempre impaziente fantasia costituzionalista, il collega Onorevole Professore Mortati.

Lo Statuto della Valle d'Aosta, in sostanza, non presenta alcuna novità degna di serio rilievo. Esso si riallaccia ai decreti legislativi luogotenenziali e ai decreti legislativi del 1945 e 1946.

La Valle d'Aosta, per questi decreti, ha già in atto una sua struttura organizzativa autonoma, non completa, ma efficiente, con un'esperienza di alcuni anni".

Il Consigliere Chabod Renato pone in rilievo che, nelle sue dichiarazioni, l'On.le LUSSU diceva, in termini chiari, che l'impegno assunto dal Governo nel 1945, anche se firmato da Parri, doveva essere rispettato nel 1948 dal Governo De Gasperi e da qualunque altro Governo.

Continuando, quindi, la sua esposizione, rileva che l'On.le LUSSU, parlando delle finanze regionali, diceva testualmente quanto segue:

"Abbiamo avuto una serie di conversazioni con i rappresentanti della Valle ed abbiamo lungamente discusso sull'ordinamento finanziario da attribuire a questa.

Ci siamo trovati di fronte a quei progetti: uno presentato dagli uffici del Ministero delle finanze; uno presentato dal Consiglio della Valle ed il terzo elaborato dalla nostra Commissione.

Siamo arrivati alla conclusione che nessuno di questi tre progetti poteva essere efficiente; comunque, nessuno ha riscosso l'approvazione unanime della Commissione e degli interessati.

Il progetto del Ministero delle Finanze era tale, per cui appariva anche benevolo rispetto alla Valle; ma la Commissione si è trovata concorde nel ritenere che, se quel progetto fosse stato adottato ed inserito nello Statuto, il vero Presidente della Valle sarebbe stato, non il Presidente eletto dalla Giunta regionale, ma un capo di Divisione del Ministero delle Finanze.

Alla Commissione è parso che questo progetto non rispettasse, in alcun modo, le esigenze autonomistiche, che devono costituire l'essenza di questo Statuto.

Il progetto presentato dalla Giunta della Valle non è stato dalla Commissione accolto favorevolmente. Devo dire che, tranne una difesa fatta, per onor di firma, dal collega onorevole Bordon, la Commissione, ad unanimità, non l'ha potuto accettare.

Il progetto elaborato dalla Commissione si ispirava ai principi esposti l'altro giorno, in sede di discussione dello Statuto per la Sardegna.

Tirate le somme, io credo che la Commissione si debba compiacere di essere arrivata a questo risultato: di trasferire, cioè, negli articoli 12 e 13 dello Statuto gli articoli del Decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945; li abbiamo ricopiati integralmente. Certo questo è un sistema non organico, è la negazione di un sistema di organizzazione finanziaria in regime di autonomia, anzi è l'assoluta contraddittorietà delle esigenze autonomistiche; ma non vi era altra soluzione. Questo modus vivendi che noi proponiamo è quello che attualmente già esiste, cioè sin dal 1945, ed attraverso il rispetto di queste norme del Decreto legislativo luogotenenziale si è iniziata una ricostruzione di vita autonoma: contenti quelli della Valle, e, credo, ancora di più contento il Ministero delle finanze. Ma non può essere che provvisorio. Cioè rinviamo al futuro Consiglio elettivo, alla futura Giunta, il problema di studiare a fondo, ricchi dell'esperienza e della pratica di questi due anni e mezzo, perché si elabori, d'accordo col Ministero delle finanze, un piano organico finanziario per la Valle. Perciò abbiamo inserito, nelle norme transitorie, all'articolo 53, questa disposizione, al primo comma: "entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle sarà stabilito, a modifica degli articoli 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale". Non si è creato, quindi, nulla di improvvisato e tanto meno di cervellotico. All'ultimo momento, mentre stavo per prendere la parola, l'onorevole Ministro del bilancio, Vice presidente del Consiglio, mi ha presentato due emendamenti che non ho avuto ancora il tempo di leggere. Finita la relazione, sarà mio dovere leggerli attentamente e comunicarli alla Commissione, per poter dare una risposta comune".

Il Consigliere Chabod Renato comunica che, dopo la relazione fatta dall'On.le Lussu, in materia finanziaria furono fatte dichiarazioni anche dall'allora Ministro del Bilancio, On.le EINAUDI; dà lettura del seguente passo relativo all'intervento dell'Onorevole Einaudi:

"Ho presentato due emendamenti agli articoli 12 e 13, i quali sono strettamente collegati l'uno all'altro.

Parlerò adesso dell'emendamento nel nuovo testo che ho redatto, allo scopo di tener conto di alcune osservazioni che mi erano state fatte dagli amici della Commissione.

Questo mio emendamento non ha lo scopo di togliere nulla, nella sostanza, di quello che era contenuto già nell'articolo 12 originario della Commissione; ma ha lo scopo di formulare meglio questo articolo 12, di guisa che esso corrisponda al principio dell'autonomia della Valle.

Il vizio dell'articolo 12, a parer mio, era quello che esso negava in pieno quell'autonomia della Valle che oggi, qui, noi siamo chiamati a statuire, in quanto quell'articolo 12 sanciva il principio che la Valle, sia pure solo in questo periodo transitorio, risultasse completamente dipendente dallo Stato. Io non credo che alcuno dei miei amici della Commissione abbia mai avuto intenzione, nei momenti in cui si legiferava su questa materia, con i Decreti del 1945, di considerare gli articoli finanziari come un qualche cosa di definitivo, come un qualche cosa di realmente ed esattamente corrispondente ai desideri della Valle.

I desideri della Valle non si compendiano se non nella unica aspirazione di conseguire, anche in questa materia della finanza, quella autonomia che essa da così lungo volgere di tempo ha perseguito e persegue. Ma è pure evidente che, in quel periodo, non era facile poter stabilire una norma sicura informata al concetto medesimo della legge che noi oggi siamo chiamati a discutere ed ad approvare, che è quello di concedere l'autonomia alla Valle e non già di convertire la Valle in un organo, in un ente che debba venire a piatire continuamente allo Stato, con una prassi che ha molti punti di contatto con quelle che sono state e sono le così dette integrazioni ai bilanci locali, uno dei fenomeni certamente più funesti, più dolorosi, per quanto fossero dovuti alle circostanze particolari determinatesi con il dopo-guerra.

Noi dobbiamo deprecare il perpetuarsi di questo sistema delle integrazioni, per il quale gli amministratori dei Comuni, invece di governare autonomamente le proprie finanze, vengono a chiedere di continuo contributi allo Stato, facendo sì che si spenga, a poco a poco, in loro ogni senso di responsabilità, come sempre avviene quando chi spende non è chi paga; perché - nella specie - chi spende sono gli amministratori dei Comuni, mentre chi paga è lo Stato.

Se c'è un sistema, onorevoli colleghi, che provochi la corruzione, gli è precisamente questo. Sotto la spinta di questa preoccupazione, in modo particolare, sono stati già emanati provvedimenti ed altri ancora sono in corso di studio, sono in corso di elaborazione e saranno presto discussi; provvedimenti intesi tutti a porre un termine al malaugurato sistema delle integrazioni.

Orbene, io credo che sarebbe, invero, quanto mai dannoso che in un testo costituzionale si sancisse un principio così funesto, così esiziale, così corruttore, come quello delle integrazioni date dallo Stato ai bilanci locali.

È questo, onorevoli Colleghi, lo spirito del mio emendamento, con il quale nulla è tolto nella sostanza all'articolo 12, del quale è mutata invece semplicemente la forma. Il primo comma dell'emendamento reca: "Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese necessarie ad adempiere le sue funzioni normali, sarà dallo Stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali".

Il Consigliere Chabod Renato sottolinea che la quota variabile non è altro che una integrazione che, anno per anno, il Presidente della Giunta dovrebbe andare a Roma a trattare, chiedendo l'elemosina, elemosina che potrebbe venire concessa o no, a seconda se il Presidente della Giunta sarà, o non, persona gradita. Dichiara che, in tal modo, la Regione Valle d'Aosta, che dovrebbe avere una finanza autonoma, sarebbe, invece, costretta a ricorrere al deprecato sistema della integrazione.

Pone in rilievo che, nel suo intervento, l'allora Ministro EINAUDI ebbe a dichiarare:

"Ma io devo insistere sul concetto che è illogico trasferire in un provvedimento che si riferisce all'autonomia della Valle d'Aosta ("Statuto speciale della Valle d'Aosta", disegno di legge costituzionale) una norma la quale si riferiva a tutta un'altra materia: all'ordinamento amministrativo dello Stato, non all'autonomia della Valle di Aosta. Oggi noi vogliamo fare qualche cosa di diverso, vogliamo fare qualche cosa di più, e non limitarci soltanto a copiare il Decreto del 1945, che concedeva soltanto una autonomia amministrativa. Qui si vuole dare una autonomia alle Regioni e non ci si vuole supinamente accontentare di una autonomia amministrativa".

Osserva che l'On.le EINAUDI aggiungeva ancora: "Data la piccolezza del territorio, può benissimo darsi che, visto i bisogni della Valle, lo Stato debba assegnare anche i 9/10 di tutte le entrate erariali" (- data l'impossibilità di calcolare, allora, le effettive necessità finanziarie della Regione -). Rammenta che, in seguito alle obbiezioni dell'On.le Einaudi, l'On.le BORDON propose il seguente emendamento:

"La Val d'Aosta ha una finanza autonoma.

Le sue entrate sono costituite:

a) dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni, sui fabbricati e sui redditi agrari;

b) dai nove decimi del gettito dell'imposta di ricchezza mobile e complementare erariale sui redditi per attività esplicate nella Regione, anche se riscosse fuori di essa;

c) dal gettito fiscale del lotto e lotterie;

d) dal gettito dell'imposta governativa sul consumo dell'energia elettrica;

e) dall'importo dell'intero canone su tutte le concessioni di acque pubbliche e delle miniere;

f) dal provento dei monopoli e dei valori bollati;

g) dai proventi delle imposte e tasse di bollo, registro, ipotecario e sulle successioni;

h) da una quota non inferiore ad una percentuale della imposta generale sull'entrata, riscossa nella Regione e fuori della Regione, inerente ad attività esplicate nella Regione. Per le Società e stabilimenti aventi sede legale e fiscale fuori della Regione la quota va riferita all'imposta concernente il primo trasferimento dei prodotti e merci al compratore;

i) dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione sui filati;

l) dal provento dei tributi locali stabiliti con legge regionale;

m) dal reddito del patrimonio della Regione;

n) dai tributi spettanti per legge alla Provincia e agli Enti ed uffici pubblici i cui servizi sono devoluti alla Regione;

o) dai contributi speciali che lo Stato assegna alla Regione per il finanziamento di lavori straordinari".

Il Consigliere Chabod Renato osserva che alla lettera b) di tale emendamento si ribadiva il principio dell'articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545, poiché si stabiliva che una delle entrate della Regione è costituita:

"b) - dai nove decimi del gettito delle imposte di ricchezza mobile e complementare erariali sui redditi per attività esplicate nella Regione, anche se riscosse fuori di essa".

Precisa che l'emendamento presentato dall'On.le Bordon non era altro che la proposta fatta dalla delegazione valdostana, - composta dal Presidente della Giunta Caveri, dagli Assessori Fresia, Page e Nouchy e dal Dott. Farinet -, alla Commissione parlamentare dei 18, il mattino del 27 gennaio 1948.

Rileva che tale proposta contemplava la assegnazione alla Regione Valle d'Aosta di quote fisse di riparto entrate ammontanti - allora - a L. 664 milioni, compresi i canoni di concessioni idroelettriche, contro un gettito annuo di L. 850 milioni di entrate erariali; il che corrispondeva al 75% circa del provento di tutte le entrate erariali riscosse in Valle; mentre l'attuale schema di disegno di legge, sottoposto all'esame del Consiglio, - se si contemplano anche le imposte riscosse fuori Valle -, attribuisce alla Regione una quota di riparto corrispondente all'incirca al 22% del gettito delle entrate erariali, e raggiunge, si e no, il 30% se si tiene conto del provento delle sole imposte riscosse in Valle d'Aosta.

Osserva che l'Assessore alle Finanze, Ing. FRESIA, nel riferire al Consiglio, nell'adunanza delli 9 febbraio 1948, in merito alle trattative intercorse a Roma in materia finanziaria, precisava, fra altro, quanto segue:

"I punti principali da tenersi presenti nella discussione con i rappresentanti dello Stato dovevano essere due:

1) - assegnazione alla Valle di una quota percentuale costante delle entrate erariali, relative agli stabilimenti ed alle attività in Valle, riscosse dentro e fuori Valle per un ammontare sufficiente al minimo dei nostri bisogni. Il sistema del riparto in base ad una quota costante è vantaggioso anzitutto per lo Stato, perché associa la Valle a qualsiasi ordinamento tributario presente e futuro, e per la Valle, alla quale sarebbe garantita la certezza di non temere modificazioni sfavorevoli nel sistema tributario; sarebbe anche incoraggiata una stretta, mutua, fiduciosa collaborazione fra la Regione e lo Stato agli effetti del miglior accertamento dei redditi imponibili;

2) - la possibilità di una revisione automatica della quota percentuale di riparto nel caso di svalutazione o inflazione monetaria, per poter sempre restare autonomi anche in seguito.

Nelle trattative condotte a Roma fin dal 1946, ad una delle quali avevano partecipato anche l'Assessore Pareyson e il Rag. Balduzzi, si era già giunti a fare accettare dai funzionari rappresentanti della Direzione generale Imposte dirette e indirette, Dogane, Bilancio, Tesoro e Finanze, il principio della quota percentuale di riparto costante su tutte le entrate erariali. Inoltre, il Direttore generale delle Imposte dirette, Comm. Fazzi, aveva dato disposizioni, con circolari, precisando che, in base al Decreto n. 545, del 7 settembre 1945, si debbono versare agli organi erariali di riscossione siti in Valle le quote di R. M. esatte dallo Stato fuori della Regione, per attività e stabilimenti industriali in Valle di Società aventi sede fuori Valle".

Il Consigliere Chabod Renato pone in rilievo che, come fatto presente dall'Assessore Ing. Fresia nella sua relazione, i punti principali da tenersi presenti con i rappresentanti dello Stato dovevano essere i due seguenti:

1) - assegnazione alla Regione di una quota percentuale costante delle entrate erariali relative agli stabilimenti e alle attività in Valle riscosse dentro e fuori Valle, per un ammontare sufficiente al minimo dei nostri bisogni;

2) - possibilità di una revisione automatica della quota percentuale di riparto nel caso di svalutazione, di inflazione monetaria, per poter sempre essere finanziariamente autonomi anche in seguito.

Sottolinea che, come detto nel surriportato stralcio di relazione, il principio di una quota percentuale di riparto costante era già stata accettato da Roma in occasione delle trattative alle quali aveva partecipato anche l'allora Assessore Geom. Pareyson. Ribadisce che la quota fissa di riparto proposta dalla delegazione valdostana il 27 gennaio 1948 assicurava alla Regione una quota di riparto corrispondente al 75% delle entrate erariali.

Termina, sottoponendo all'approvazione del Consiglio il seguente ordine del giorno, di cui dà lettura e che propone di porre a votazione prima della chiusura della discussione di carattere generale:

"IL CONSIGLIO

ritenuto che il disegno di Legge sottoposto al suo esame contrasta, nella impostazione generale e nelle singole norme, con i principi fondamentali dello Statuto regionale e rinnega diritti acquisiti alla Valle fin dal D. L. L. 7-9-1945, n. 545;

Delibera

di sottoporlo a sostanziali modifiche, che assicurino, in particolare, il rispetto dei seguenti tre punti:

a) - unica quota fissa adeguata alle necessità della Valle e quindi non inferiore a quella della proposta 27-1-1948 della Delegazione Valdostana alla Commissione dei 18;

b) - riconoscimento esplicito dei proventi del Casinò di St. Vincent;

c) - mantenimento della disposizione dell'art. 15 D. L. L. 7-9-1945, n. 545".

Illustra brevemente l'ordine del giorno proposto, soffermandosi, in particolare, sui punti contraddistinti con le lettere b) e c).

In merito al punto b), osserva che il bilancio della Regione si aggira sui quattro miliardi di lire, di cui 1.200.000.000 sono costituiti dai proventi della quota di riparto delle entrate erariali e L. 1.200.000.000 dai proventi della Casa da Gioco di Saint Vincent. Afferma che i proventi della Casa da Gioco sono fra le maggiori fonti delle nostre entrate e sono stati riconosciuti da Roma in sede di trattative per il riparto delle entrate erariali. Rileva che tale riconoscimento ufficioso dei menzionati proventi, pur essendo già qualche cosa, non è tuttavia sufficiente, poiché potrebbe essere ancora rinnovata, in futuro, la minaccia di chiusura della Casa da Gioco, che fu ventilata al tempo delle elezioni regionali dell'autunno scorso, con il monito "attenti, attenti, votate bene, se no vi togliamo la Casa da Gioco".

Dichiara che tale è la situazione e che, se i proventi della Casa da Gioco devono essere calcolati agli effetti del riparto, il che è giusto, bisogna anche che si riconosca da parte di Roma, esplicitamente, come richiesto nell'ordine del giorno, che i proventi della Casa da Gioco costituiscono una delle fonti delle entrate regionali.

Rileva che lo Stato ha provveduto a tutelarsi, in ordine al riparto, inserendo, nell'ultimo articolo dell'emananda legge, la seguente disposizione: "essa resterà in vigore fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'articolo 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta"; per cui, in caso di attuazione della zona franca, il riparto sarà riveduto. Rileva che è, quindi, doveroso che anche la Regione si tuteli chiedendo il riconoscimento esplicito dei proventi della Casa da Gioco di Saint Vincent, da prevedersi appunto fra le entrate regionali all'articolo 2.

In merito al punto c) osserva che si chiede semplicemente il mantenimento della disposizione dell'articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545.

Riconosce che, per quanto riguarda il passato, il problema è diverso e non desta le preoccupazioni che si devono avere per il futuro, pur essendo del parere che non avrebbero dovuto essere decurtate le somme annue richieste dalla Regione.

Precisa che i tre punti di cui all'ordine del giorno proposto costituiscono una pregiudiziale che, se accettata dal Consiglio, comporterebbe la statuizione, nel disegno di legge, dei 3 punti suddetti.

Osserva che si rende pienamente conto delle difficoltà che ha dovuto superare la Giunta e ritiene che l'approvazione dell'ordine del giorno proposto potrebbe costituire per essa un valido aiuto e un appoggio nelle trattative con Roma, in quanto, se è vero che i Consiglieri della maggioranza hanno la solidarietà dei loro partiti, non bisogna dimenticare che la Regione ha da trattare con uno Stato accentratore e anti autonomista.

Ritiene che i rappresentanti della Regione potrebbero avere buon gioco a trincerarsi dietro la volontà del Consiglio regionale e ribadisce che essi chiedono per la Valle d'Aosta niente di più di quanto è stato concesso alle altre Regioni.

Conclude, dichiarando che, in tale modo, i Consiglieri tutti avranno veramente lavorato nell'interesse della Valle d'Aosta.

Il Consigliere MANGANONI fa le seguenti dichiarazioni:

"Signori Presidenti, Signori Assessori, Colleghi Consiglieri,

Il progetto di legge che oggi viene sottoposto all'esame ed all'approvazione del Consiglio regionale deciderà delle sorti finanziarie della nostra Amministrazione non solo per l'anno in corso, ma per gli anni a venire.

La sua importanza e le responsabilità che il Consiglio deve assumersi, e di cui dovrà rispondere, sono tali da richiederne un profondo esame ed una attenta valutazione, perché oggi, nell'approvarlo, nel modificarlo o nel respingerlo, impegniamo non solo noi stessi ma tutti i valdostani che qui rappresentiamo.

Direi di più, la nostra decisione, oggi, costituirà la misura entro la quale dovremo contenere l'esecuzione delle opere di pubblica utilità, la corresponsione dei sussidi e contributi, da eseguirsi e da erogarsi in Valle d'Aosta.

In un certo modo, le possibilità finanziarie e le attività economiche, sociali, ecc... della Valle d'Aosta dipenderanno, in buona parte, da questo progetto di legge.

Farò del mio meglio per esaminare il contenuto, la portata e le conseguenze che ne derivano, seguendo un intendimento solo: quello di tutelare, nel miglior modo, gli interessi, in questo caso vitali, dei valdostani e della Valle d'Aosta.

L'autonomia rappresenta una delle maggiori conquiste del popolo valdostano, dovuta non solo al fatto che rappresentiamo una minoranza etnica e linguistica, ma in modo particolare al grande contributo dato dal nostro piccolo popolo nella lotta di Liberazione, di cui in questi giorni abbiamo celebrato il Decennale.

È stata una grande conquista, non solo perché sono stati riconosciuti i diritti della Valle, ma perché l'autonomia costituisce un altro passo verso la democrazia, dando al popolo la possibilità di eleggersi i propri rappresentanti nel Consiglio regionale, sebbene una legge elettorale iniqua permetta agli esponenti di una minoranza di accaparrarsi tutte le leve di comando del nostro piccolo governo regionale, escludendone coloro che qui rappresentano il 60% degli elettori.

Ma l'autonomia è stata particolarmente accolta con favore perché rappresenta uno strumento di pratiche realizzazioni per migliorare le condizioni economiche della popolazione, per aumentarne il tenore di vita, per compiere un altro passo in avanti verso il progresso, con l'esecuzione di grandi lavori pubblici, con la concessione di contributi e sussidi per svilupparne le attività artigiane, agricole, industriali, sociali ed economiche.

L'affermazione che in questi dieci anni di amministrazione autonoma si è fatto e si è costruito, in Valle d'Aosta, molto di più che nei cinquant'anni precedenti corrisponde al vero.

Gran parte dei nostri villaggi sono stati forniti di illuminazione elettrica, tutti i Comuni di telefono.

Strade e ponti sono stati costruiti in buon numero, e così per gli acquedotti; qualche cosa si è fatto pure per gli edifici scolastici, canali di irrigazione, fertirrigazione, ecc.

Contributi sono stati assegnati per la costruzione di case rurali, acquisto di attrezzi e macchine agricole, per lo sviluppo turistico ed altre attività.

È stato sancito il principio del diritto alla pensione per i vecchi, anche se per ora il sussidio è assolutamente insufficiente e troppo limitato il numero di coloro che ne fruiscono.

In questo campo la Valle d'Aosta è all'avanguardia; ce ne possiamo sentire giustamente orgogliosi, ed io mi auguro che il Governo ne voglia presto seguire l'esempio, riconoscendo questo diritto a tutti i vecchi lavoratori.

Si poteva fare di più e di meglio se gli stanziamenti e la distribuzione dei fondi destinati a queste opere ed a questi contributi fossero stati fatti con un maggior senso di equità e con minore spirito di parte.

Si poteva fare molto di più se il Governo di Roma avesse rispettato lo Statuto regionale che sancisce la nostra autonomia, se il Governo di Roma avesse dato alla Valle ciò che alla Valle spetta ed, in primo luogo, la sua autonomia finanziaria, base di ogni autonomia, che, altrimenti, altro non è se non una vuota facciata.

Dopo questo breve sguardo su ciò che si è fatto, su ciò che è il passato, giudico necessario guardare avanti, esaminare la situazione presente ed avvenire, trattarne, seppure brevissimamente, alcuni problemi e, se possibile, prospettarne modestamente le soluzioni.

È opinione generalmente diffusa, nelle altre parti d'Italia, e lo sentiamo spesso ripetere, che la Valle d'Aosta rappresenti un'oasi di benessere, non travagliata da tutte quelle serie di dolorosi problemi che affliggono le altre Regioni.

Questo roseo ma errato giudizio sulla Valle d'Aosta se lo possono fare coloro che arrivano da noi su lussuose automobili, la percorrono sulle strade asfaltate di fondo Valle, ammirandone il superbo panorama, le verdi pinete e le maestose montagne e sono, poi, ospiti dei lussuosi e confortevoli alberghi del Breuil e di Courmayeur, oppure coloro che vengono a soddisfare le loro insane manie a St. Vincent, ove scialacquano una sera quanto basterebbe a sfamare migliaia di famiglie di lavoratori. (Nell'interesse della Valle è preferibile, in ogni modo, che vengano a farsi pelare a Saint Vincent piuttosto che a Montecarlo).

Per costoro, la Valle è un luogo di piacere, ed il montanaro, curvo e sudato sotto un carico di fieno, è una nota di colore; il pastore dei nostri alpeggi, con le brache tappezzate o stracciate, rappresenta un aspetto del folklore.

Per conoscere la Valle d'Aosta bisogna, invece, guardare oltre le allettanti facciate degli alberghi, bisogna entrare nelle baite dei nostri montanari, bisogna percorrere le mulattiere che conducono ai villaggi di Perloz, di Arnaz, di Pont Bozet e di Champdepraz, ove le popolazioni dormono ancora nella stalla, sulle foglie di castagno accanto alle capre, ove il nutrimento quotidiano è composto, per lo più, di castagne e di latte di capra.

I più arretrati paesi della Calabria hanno poco da invidiare a questi villaggi della progredita Valle d'Aosta!

Ed in questi villaggi di montagna il triste fenomeno dello spopolamento si va sviluppando in modo preoccupante.

Ovunque, incontrate case abbandonate, diroccate, la popolazione è composta di vecchi, unici abitanti di quelle baite ancora in piedi, i giovani scendono al piano a cercarsi un pane meno amaro.

Le cifre sono impressionanti:

In questo ultimo secolo, in certi Comuni, come a Valsavaranche, Antey, La Magdeleine, Chamois, la popolazione è diminuita di oltre il 50%, ad Ollomont del 40%, a Rhêmes del 44%, a Champorcher del 34%, a Etroubles del 36%, a Issime del 31%, a Pont Bozet del 30%, e così per molti altri Comuni.

Molti villaggi sono stati completamente abbandonati.

È la lenta morte della montagna.

Quali le cause?

Mancanza di comunicazioni, particolarmente di strade, di servizi pubblici e di assistenza sanitaria, di scuole, mancanza di canali d'irrigazione, eccessiva severità dei vincoli forestali, insufficiente reddito agricolo, eccessivo aggravio delle tasse, difficoltà e maggiori spese per la coltivazione dei magri terreni.

La Valle d'Aosta costituisce un'area particolarmente depressa, e questa triste situazione della nostra montagna ne pregiudica gravemente lo sviluppo economico, agricolo e turistico ed impedisce il miglioramento delle condizioni di vita delle povere ma laboriose popolazioni nei confronti dei paesi di fondo valle.

Se disastrosa è la situazione dei villaggi di montagna, non è certamente invidiabile la condizione degli altri Comuni agricoli.

Il crollo, verificatosi in questi ultimi anni, dei prezzi agricoli e l'aumento dei prezzi dei prodotti industriali hanno portato il nostro piccolo e medio contadino sull'orlo del fallimento.

Le dodici ore, ed anche più, di lavoro quotidiano nel periodo estivo non bastano, molto spesso, a chiudere in pareggio il suo modesto bilancio familiare.

I prodotti delle sue fatiche, della sua terra, gli vengono pagati sempre meno, mentre vengono venduti sempre più cari ai consumatori delle città, ad esclusivo vantaggio della vasta rete di speculatori, che si arricchiscono in poco tempo sulle spalle del contadino produttore e dell'operaio consumatore.

E questa situazione viene ancora aggravata dalle indiscriminate importazioni dall'estero, che rendono più difficile il collocamento dei prodotti agricoli.

Grave è pure lo stato di disagio nei centri industriali.

Da Morgex ad Aosta, da St. Marcel a Châtillon, a Verrès ed a Pont St. Martin, le industrie continuano a licenziare le maestranze. Non voglio affliggervi con le statistiche, ma negli ultimi 4 o 5 anni questi stabilimenti hanno ridotto di alcune migliaia il numero dei dipendenti, e coloro che hanno avuto la fortuna di conservarsi il posto di lavoro devono subire ogni sorta di ricatti da parte padronale, che, continuando sulla strada imboccata, vorrebbe ridurre l'operaio ad uno schiavo, privandolo di ogni dignità umana.

La disoccupazione, che rappresenta una delle più vergognose piaghe del Capitalismo, nel suo continuo dilagare, nei cosiddetti "Paesi Liberi", non ha risparmiato la nostra Valle.

Oltre quattromila erano i disoccupati l'inverno scorso; è un numero allarmante se pensiamo che la popolazione totale della Valle è di soli 94.000 abitanti.

Ogni 100 abitanti, quattro disoccupati.

E cosa dire dei giovani, ai quali è negata ogni possibilità di essere assunti nelle fabbriche, di trovarsi una occupazione che permetta loro di guadagnarsi onestamente la vita, di crearsi una famiglia?

Quale prospettiva, quale avvenire è riservato alle nuove generazioni che si affacciano alla vita?

Negli anni passati, molti lavori pubblici, strade, edifici scolastici, ecc., per l'importo di centinaia di milioni, finanziati dalla Valle, venivano iniziati in primavera e per il mese di maggio centinaia di disoccupati trovavano lavoro.

Quest'anno, invece, salvo poche eccezioni e per importi insignificanti, non un lavoro è stato iniziato e neanche appaltato; non solo, ma al Consiglio non è ancora stato sottoposto il programma dei lavori pubblici da eseguirsi nel 1955.

Signori della Giunta, per quale motivo questo programma non è stato portato all'ordine del giorno di questa seduta?

Vi invito a muovervi, a fare presto, perché i disoccupati non possono aspettare.

Questa, che brevemente ho riassunto, è la situazione reale dei lavoratori, operai e contadini in particolare, della nostra Valle.

Sappiamo che l'attuale classe dirigente, attanagliata dalle contraddizioni che dilaniano i paesi nei quali lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è eretto a sistema e tutelato dalle leggi, non solo non riuscirà a risolverli, questi problemi, ma li aggraverà sempre più, perché sono insiti negli Stati borghesi, come la pioggia nelle nubi.

E sappiamo pure che saranno radicalmente risolti solo il giorno in cui i lavoratori prenderanno nelle loro mani le redini del potere. Ciò non toglie che noi, in attesa di questo grande giorno, possiamo attenuare la crudezza di questi problemi, possiamo fare ancora qualche cosa per rendere meno ingrata l'esistenza dei lavoratori della nostra Valle.

Lo possiamo fare avvalendoci del nostro Statuto regionale, pretendendone il rispetto da parte del Governo di Roma, in modo particolare esigendo che Roma restituisca alla Valle i fondi, i soldi che alla Valle spettano.

Potremo, così, attuare in Valle d'Aosta varie iniziative atte ad alleviare le tristi condizioni di vita delle nostre popolazioni di montagna, sviluppare e tutelare l'attività agricola ed eseguire un vasto programma di lavori di pubblica utilità.

Il passato Consiglio aveva elaborato un progetto di legge regionale che prevedeva lo stanziamento di 400 milioni per finanziare la costruzione di moderni caseifici e magazzini di fontina, da affidare in gestione ai Consorzi di Produttori.

Questo sarebbe un primo passo concreto verso la via della cooperativizzazione, unica via per salvare la nostra economia agricola dalla sleale concorrenza e dagli speculatori.

Bisognerà riportarlo in Consiglio al più presto, questo disegno di legge, approvarlo e renderlo esecutivo, ed iniziare la costruzione degli edifici quanto prima, possibilmente già quest'anno.

Sempre nel campo dell'agricoltura, bisognerà incrementare ed estendere i sussidi per le case rurali, gli attrezzi e le macchine agricole, ecc., mettendo anche i contadini più poveri in condizioni di fruire di questi sussidi.

Bisognerà, inoltre, pagarli subito, e non aspettare mesi ed anche anni prima di versare i soldi agli aventi diritto.

È indispensabile attuare il vasto piano di lavori pubblici predisposto dal precedente Consiglio, per un importo di oltre 4 miliardi, e che verrebbe incontro alle necessità più urgenti delle nostre popolazioni, costruendo strade dove mancano, scuole, ponti, acquedotti, allacciamenti telefonici, cimiteri, canali di irrigazione, ecc..

Case: avere una casa è forse la prima aspirazione di ogni uomo. Quante famiglie vivono ancora nelle cantine e nelle soffitte, magari in cinque o sei persone in un solo vano, umido e malsano?

Ed i bimbi crescono rachitici o tubercolotici.

In questo campo ben poco è stato fatto.

Il Consiglio dovrà esaminare seriamente, e quanto prima, anche questo problema.

Mi si potrà obiettare che è semplice elencare i problemi e proporne o sollecitarne le soluzioni e che è molto più difficile trovare i fondi, cioè il denaro per la loro attuazione.

Dimostrerò, con le cifre, che i fondi si possono avere, ad una condizione: che la Giunta, che il Consiglio regionale, pretendano da Roma ciò che il Governo deve restituire alla Valle d'Aosta.

L'art. 12 dello Statuto regionale prevede che lo Stato deve attribuire alla Valle una quota dei tributi erariali, cioè che il Governo deve dare alla Valle una parte delle tasse ed imposte che i valdostani pagano al Governo.

Quanto pagano i valdostani di tasse ed imposte governative?

Mi riferirò all'anno scorso: 1954.

Il Governo ha introitato 5 miliardi e 246 milioni di contributi erariali, di cui:

3 miliardi e 246 milioni pagati in Valle;

2 miliardi pagati da Società, Cogne, SIP, Soie, ecc., aventi sede a Torino e Milano, per le loro attività svolte in Valle.

Di questi 5 miliardi annui, la Valle, per far fronte alle sue necessità finanziarie, richiedeva:

1.200.000.000 per l'anno 1951

1.500.000.000 per l'anno 1952

1.800.000.000 per l'anno 1953

1.800.000.000 per l'anno 1954

cioè un totale di 6 miliardi e 300 milioni per quattro anni.

Se consideriamo che, in questi stessi 4 anni, il Governo ha introitato dalla Valle, o per attività svolte in Valle, circa 20 miliardi, vediamo che le nostre richieste si riducevano ad 1/4 di quanto versiamo.

Era esagerato? Certamente no. Se vogliamo, poi, tener conto che nella Regione autonoma Siciliana tutte le tasse ed imposte governative vengono introitate dalla Regione, non solo, ma il Governo centrale integra il bilancio regionale con alcuni miliardi all'anno, vediamo che le nostre richieste erano modeste.

Ed ora vediamo quanto il Governo ha versato alla Valle in questi 4 anni.

1951: 500.000.000

1952: 500.000.000

1953: 500.000.000

1954: zero - (salvo la famosa promessa degli altrettanto famosi 800 milioni)

Totale: lire 1.500.000.000.

Sottraendo dai 6 miliardi e trecento milioni il miliardo e mezzo di acconti, versato fino ad oggi, il credito della Valle nei confronti del Governo ammonta a lire 4 miliardi e 800 milioni.

Se, poi, ai nostri crediti per gli anni 1951-1952-1953-1954 aggiungiamo la cifra prevista negli anni passati come provento del riparto fiscale, e che quest'anno 1955 non dovrebbe certamente essere inferiore, abbiamo:

lire

4.800.000.000

+

"

1.800.000.000

=

"

6.600.000.000

Preciso che le cifre iscritte nei bilanci preventivi della Regione, come proventi annui del riparto fiscale, non sono state stabilite dai Consiglieri di sinistra, bensì sono state proposte dalla passata Giunta, di cui facevano parte tre degli attuali Assessori, e sono state approvate all'unanimità da tutti i Consiglieri.

Sono del parere che tali cifre rappresentavano il minimo indispensabile per fare fronte alle nostre necessità.

Riassumendo, con la rispettabile cifra di 6 miliardi e 600 milioni, che rappresenta il nostro credito verso il Governo, si potrebbe attuare quanto ho esposto poco prima, cioè: la costruzione dei caseifici e magazzini di fontina per 400 milioni, l'esecuzione del piano di lavori pubblici per 4 miliardi, la costruzione di case per i lavoratori, il pagamento e l'estensione dei sussidi per le attività agricole, artigiane, ecc.

In breve, si poteva, per diversi anni, assicurare lavoro a tutti i disoccupati, soddisfare le necessità più immediate delle nostre popolazioni e dei nostri Comuni, imprimere un notevole impulso a tutte le attività della Regione.

Senonchè, per i passati quattro anni, il Governo di Roma, non solo non ha applicato lo Statuto regionale, ma l'ha considerato alla stregua di un "chiffon de papier", tagliandoci i viveri, rifiutandosi di versare alla Valle ciò che alla Valle spettava, quella piccola parte dei 20 miliardi sottratti dalle tasche dei nostri concittadini.

Alla vigilia elettorale del 14 novembre, i massimi calibri della Democrazia Cristiana, compreso l'On. Fanfani, supremo esponente di questo partito, si sono pubblicamente impegnati di rispettare e di applicare lo Statuto regionale.

Sono passati sette mesi, le parole sono rimaste parole, la zona franca è ancora scritta sull'art. 14 dello Statuto, il traforo del Monte Bianco continua ad essere il cavallo di battaglia propagandistico dell'On.le Farinet, le casse della Regione sono vuote come allora, il miliardo di debiti presso la Cassa di Risparmio è sempre quello ed i soldi, da Roma, continuiamo a sognarceli, e Scelba qualificherà ancora il nostro Casinò di St. Vincent con l'appellativo di bisca.

Dopo lunghe, difficile, faticose trattative, così come le ha definite il Presidente Bondaz, la Giunta riesce ad ottenere un progetto di legge per il riparto fiscale.

Vi dò atto che un primo passo l'avete finalmente fatto.

Avete ottenuto il riparto fiscale, e sarebbe stato mio vivo desiderio di esprimervi pubblicamente il più sincero compiacimento.

Anch'io, come d'altronde l'avranno fatto i miei colleghi, nello scorgere il progetto di legge, mi sono soffermato con particolare attenzione sulle cifre, perché sono quelle che contano.

E, con grande sorpresa, ho notato che per gli anni 1951-1952-1953-1954, si propone di assegnare alla Valle la somma di lire 975 milioni annui, per un totale di 3 miliardi e 900 milioni.

Se da questi si detrae il miliardo e mezzo di acconti già ricevuti, residuano 2 miliardi e 400 milioni.

Dai dati dei bilanci preventivi della Regione, che vi ho prima citato, risulta che il nostro credito nei confronti del Governo centrale è, a tutt'oggi, di 4 miliardi e 800 milioni.

Accettando il progetto di legge propostoci, verremmo a rinunciare a due miliardi e mezzo, cioè esattamente alla metà di quanto il Governo ci deve dare.

Questa somma sarebbe sufficiente per finanziare le spese per la costruzione di 10 caseifici e magazzini di fontina in Valle, previste in 400 milioni, e per l'attuazione di metà del piano di lavori pubblici preventivato in 4 miliardi circa.

Rinunciando, quindi, a questi due miliardi e mezzo, sarà difficile affermare di aver tutelato gli interessi ed i diritti della nostra Valle.

Dovremo, anzi, ammettere di aver tradito i diritti dei valdostani e di aver capitolato di fronte alle imposizioni di Roma.

Proseguendo l'esame della relazione allegata al progetto di legge, incontriamo la richiesta di accantonare 100 milioni all'anno per il traforo del Monte Bianco, a partire dal 1951.

Ho l'impressione che si voglia fare pagare alla Regione questo ormai famoso traforo, prima che se ne inizino i lavori.

Tratterò l'argomento nell'esame dei singoli articoli di legge.

Visto che dovremmo rinunciare a due miliardi e mezzo per gli anni passati, esaminiamo cosa ci propone per l'avvenire questo progetto di legge.

Gli articoli 3, 4, e seguenti, riportano a galla l'annosa questione già dibattuta in numerose sedute del passato Consiglio ed all'unanimità respinta dai Consiglieri di allora.

Essi prevedono, infatti, la suddivisione delle nostre entrate come riparto fiscale in due quote separate: una quota annua fissa, che, una volta stabilita, dovrebbe servire per tutti gli anni seguenti, ed una quoto annua variabile, da stabilirsi ogni anno fra Governo e Giunta regionale.

Questa seconda quota, quella variabile, è stata giustamente definita "un rubinetto che si può chiudere quando si vuole" in mano al Governo e che costringerebbe i nostri Amministratori a recarsi tutti gli anni a Roma, in veste di mendicanti, a stendere la mano per elemosinare dai vari Ministri i denari che alla Valle spettano di diritto.

Dal variare degli umori, dalla preconcetta astiosità nei confronti delle Regioni autonome ed anche semplicemente dal protrarsi di una cattiva digestione di un Ministro o di un onnipotente alto funzionario dipenderebbe la chiusura o meno del rubinetto, dipenderebbe la somma che la Valle deve percepire, dipenderebbe l'impostazione del nostro bilancio preventivo.

Nella relazione della Giunta si prevede l'ammontare di questa quota variabile, per l'anno 1955, in lire 200 milioni circa; ma, io chiedo, su che cosa poggiano queste previsioni, quando l'articolo 4 parla di assegnare alla Regione una quota sul gettito di alcune imposte, senza stabilirne la percentuale? Sulle promesse ultime di Roma?

L'esperienza passata mi consiglia a diffidare delle promesse governative.

L'articolo 12 del nostro Statuto prevede l'attribuzione alla Regione di una quota dei tributi erariali.

Attenendoci, quindi, al nostro Statuto, non si può ammettere che le quote diventino due, di cui una variabile, cioè alla discrezione dei Ministri o dei funzionari romani.

Proponiamo, pertanto, al Consiglio di pronunciarsi contro la quota variabile, integrandola nella quota fissa, che dovrà essere proporzionalmente aumentata.

E veniamo alla quota fissa, che, secondo la relazione della Giunta, dovrebbe non essere inferiore al miliardo di lire.

Al passato Consiglio, per due volte, il Governo aveva proposto un riparto fiscale con la quota fissa ammontante a circa 700 milioni.

All'unanimità il Consiglio l'ha respinta.

Oggi, il Governo ci propone un miliardo, cioè trecento milioni in più.

È ancora troppo poco, anche se sommandovi la quota variabile di 200 milioni si raggiungerebbe la cifra di un miliardo e duecento milioni come ammontare complessivo del riparto.

E questo, tenendo come buone le cifre presentate dalla relazione della Giunta, che io giudico alquanto ottimistiche.

Se ci diamo la pena di sfogliare il bilancio preventivo del 1954, ed anche quelli precedenti, vi troviamo, a pagina 16, previsione delle entrate, iscritta la somma di lire 1 miliardo ed ottocento milioni sotto la voce: "Provento quota di ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione".

Sulla stessa pagina, leggiamo ancora: "... con le inderogabili necessità dei servizi, per assicurare il pareggio del bilancio per il 1954, risulta necessario la iscrizione e l'approvazione di un gettito annuo di lire 1.800.000.000 della quota di riparto di entrate erariali da assegnarsi alla Regione, come già previsto per il precedente esercizio finanziario 1953".

Ed ancora, a pagina 7: "...Le spese previste dai vari Assessorati sono state sensibilmente ridotte al fine di contenerle nei limiti, invero assai ristretti, delle previsioni di entrata...".

Ora, io mi domando, se lo scorso anno la Giunta ed il Consiglio, all'unanimità, ritenevano la cifra di un miliardo ed ottocento milioni, come il minimo indispensabile, e sotto alla quale non si poteva assolutamente scendere, per far fronte alle inderogabili necessità della Regione ed assicurare i servizi dei vari Assessorati, le cui spese erano già state sensibilmente ridotte, come può, oggi, il Consiglio, accettare una cifra inferiore ancora di 600 milioni?

Come possono gli Assessori Berthet, Bionaz, Arbaney, già membri della passata Giunta, accettare una quota annua di riparto di un miliardo e duecento milioni, se affermavano, gli anni scorsi, essere appena sufficiente una quota di un miliardo ed ottocento milioni?

O si auto-accusano di aver affermato ciò che non corrispondeva al vero, oppure devono ammettere la loro capitolazione di fronte al rifiuto dei governanti romani di voler dare alla Valle d'Aosta ciò che le spetta, ciò che costituisce il minimo indispensabile alla sua Amministrazione.

Credo esatta questa seconda tesi, della capitolazione.

Ad ogni modo, li pregherei di volermi togliere da questo dubbio.

Ritornando al progetto di legge sul riparto fiscale, ne possiamo così riassumere il contenuto:

1) - imposizione di una quota variabile, il famoso rubinetto che Roma ci può chiudere quando vuole;

2) - rinuncia alla somma di due miliardi e 400 milioni sugli arretrati del 1951-1952-1953-1954;

3) - riduzione della quota del riparto fiscale, per gli anni a venire, da 1 miliardo ed ottocento milioni ad un miliardo e duecento milioni, con una perdita per la Valle d'Aosta di 600 milioni annui.

Tirando le somme, e considerando i bilanci per il quinquennio 1955-1960, abbiamo:

-

600.000.000 per 5 anni

=

3.000.000.000

-

arretrati 1951, 1952, 1953 e 1954

=

2.400.000.000

TOTALE

5.400.000.000

Approvando questo disegno di legge, rinunceremmo, nel solo periodo di 10 anni, cioè dal 1950 al 1960, a cinque miliardi e mezzo che il Governo deve dare alla Valle d'Aosta e che noi abbiamo il diritto ed il dovere di pretendere.

Rinunceremo alla possibilità di risolvere i problemi che assillano le nostre popolazioni, a cui ho accennato nella prima parte del mio intervento, dall'esecuzione del piano di lavori pubblici, all'estensione dei contributi e dei sussidi, all'incremento delle varie attività economiche e sociali.

Accettare questo disegno di legge vuol dire accettare di costruire meno strade, meno ponti, meno canali di irrigazione, meno scuole, meno acquedotti, meno lavori pubblici in genere.

Vuol dire ritardare la costruzione dei caseifici e dei magazzini per le fontine e rimandare ancora la costruzione di case per i lavoratori.

Vuol dire limitare l'estensione e l'aumento delle varie forme di assistenza, della pensione ai vecchi e dell'integrazione della mutua ai contadini.

Vuol dire ancora metterci nell'impossibilità di far fronte alle richieste di contributi tendenti a migliorare l'edilizia dei nostri villaggi, a sviluppare le attività agricole, turistiche e artigiane della Valle d'Aosta.

Trattandosi, poi, di soldi che appartengono a tutti i Valdostani, e che dovrebbero essere spesi per migliorarne il tenore di vita, la nostra rettitudine di Amministratori, la nostra fedeltà all'Autonomia, il nostro amore per la "Petite Patrie" e le ragioni che vi ho esposto non ci consentono di approvare il progetto di legge che ci è stato presentato.

Potremmo accettare le cifre che ci proponete soltanto come acconto, in attesa di un più equo e giusto riparto di entrate che raggiunga la quota, naturalmente fissa, che sia veramente sufficiente a far fronte alle necessità della Valle d'Aosta, ma non come ordinamento finanziario definitivo della Regione".

Il Vice Presidente del Consiglio, PASQUALI, rileva che vi sarebbero molte considerazioni da fare in merito a quanto detto dai Consiglieri della minoranza nei loro interventi, e comunica che è sua intenzione di prendere la parola sull'argomento, dopo che il Presidente della Giunta e l'Assessore alle Finanze avranno chiarito i punti ancora oscuri e dopo che il Consiglio avrà deciso se questi chiarimenti dovranno essere dati in seduta pubblica o privata. Osserva infatti che, naturalmente, il tono del suo intervento varierà a seconda che esso sarà fatto in seduta pubblica o privata.

L'Assessore BIONAZ premette che intende rispondere brevemente ai rilievi dei Consiglieri della minoranza e controbattere alcune loro dichiarazioni, soprattutto quelle concernenti cifre e dati esposti.

Rileva, innanzitutto, che il Consigliere Signora Perruchon Vedova Chanoux ha lamentato che nello schema di legge si assegnino alla Regione quote fisse di imposte il cui gettito è minimo o, quanto meno, non rilevante, quali, ad esempio, quelle delle imposte sui terreni e fabbricati e si escludano dalle quote fisse le imposte che danno un gettito notevolissimo, quali la imposta generale sull'entrata, i monopoli sui tabacchi, l'imposta sull'energia elettrica, ecc..

Non concorda con tale affermazione, ponendo in rilievo che sono state assegnate quote percentuali fisse tanto su imposte a forte gettito, quanto su imposte a gettito ridotto. Osserva che nel riparto sono state contemplate tutte le principali imposte e informa che, di proposito, non sono state contemplate nelle quote fisse le imposte che hanno attinenza con la zona franca, e ciò perché, con l'attuazione della zona franca, tali imposte verrebbero a scomparire. Ritiene che così facendo si sia agito molto bene.

Rileva ancora che si è detto che lo Stato ha riscosso dalla Valle d'Aosta, nell'anno 1954, cinque e più miliardi, di cui due miliardi circa riscossi fuori Valle per attività svolte in Valle. Dichiara che le cifre comunicate dalla Giunta sono basate su precisi dati di fatto e non sono citate a casaccio, e chiede sia dimostrato come sia stata ricavata la cifra di 5 miliardi e più quale provento dei tributi erariali riscossi dallo Stato nell'anno 1954 per attività e redditi della Valle d'Aosta.

Precisa che, dagli accertamenti fatti, risulta che il gettito dei tributi erariali riscossi in Valle ammonta a circa 3 miliardi di lire, di cui, però, una parte, anche se incassata dallo Stato, non è di sua pertinenza, quali, ad esempio, le seguenti: una quota parte della IGE, che va ripartita a favore dei Comuni; i canoni delle radio audizioni (26 milioni), l'addizionale sulle imposte (63 milioni), l'addizionale per gli anni passati (50 milioni); il diritto erariale sugli incassi del cinema (L. 47 milioni); i 9/10 dei canoni sulle concessioni idroelettriche (231 milioni); per un totale di entrate di circa 467 milioni che non vanno allo Stato e che, quindi, vanno dedotte dai 3 miliardi.

Dichiara che, pertanto, l'ammontare dei tributi erariali riscossi in Valle, di effettiva spettanza dello Stato, si aggira sui 2 miliardi e 600 milioni. Osserva che è fuori luogo affermare che lo Stato incassa annualmente 5 e più miliardi in Valle. È vero, egli dichiara, che lo Stato riscuote fuori Valle un gettito di tributi per attività svolte in Valle, ma tale gettito è di gran lunga inferiore a quello dei tributi riscossi in Valle. Osserva che, di tale gettito, L. 1.200.000.000 saranno versate dallo Stato alla Valle di Aosta.

Rammenta che si è fatto un raffronto fra precedenti proposte di riparto e quelle dello schema di disegno di legge in esame. Rileva che, secondo quanto detto, le percentuali di riparto proposte nel 1952-1953 avrebbero raggiunti il 70-80% del gettito dei tributi erariali riscossi in Valle d'Aosta dallo Stato; in proposito, osserva che il progetto di riparto del 1952-1953 non contemplava tutti i tributi erariali, ma solo una parte di essi, anche se in numero maggiore e di gettito più rilevante di quelli contemplati nella attuale proposta di riparto. Precisa che la menzionata percentuale del 70% non si riferiva già al gettito di tutti i tributi erariali, ma soltanto al gettito di 2/3 circa dei tributi stessi, per cui, se si fa riferimento al gettito globale di tutti i tributi erariali, la percentuale verrebbe ad essere solo del 40%.

Rispondendo al Consigliere Chabod Renato, il quale ha dichiarato che non in tutte le Regioni a Statuto speciale il riparto è stato basato sulle due quote (fissa e variabile), informa che, in sede di trattative per il riparto, sono stati esaminati gli ordinamenti finanziari delle altre Regioni autonome e dichiara di poter affermare che le condizioni di riparto riconosciute alla Valle d'Aosta sono migliori di quelle riconosciute alle altre Regioni, in quanto si è tenuto conto delle spese per i servizi trasferiti alla Regione Valle d'Aosta.

Per quanto riguarda la Sicilia, riconosce che è vero che lo Statuto attribuisce a detta Regione i 10/10 delle imposte, ma rileva che sono, però, riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto, che ammontano a circa il 50% del gettito totale dei tributi erariali riscossi in Sicilia. Circa il rilievo che lo Stato versa annualmente alla Sicilia, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da pagarsi in base ad un piano economico per l'esecuzione di lavori pubblici (articolo 38 dello Statuto della Sicilia), osserva che anche la Regione Valle d'Aosta ha, nell'articolo 12 del suo Statuto, la analoga disposizione seguente, ribadita all'articolo 5 dello schema di legge in esame:

"Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo Stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali".

Per quanto riguarda il Trentino Alto Adige, rileva che lo Statuto attribuisce alla Regione una quota fissa e una quota variabile di determinate imposte, ma fa presente che la quota variabile è molto più rilevante della quota fissa; tanto è vero che, mentre, per il 1954, la quota fissa dava un gettito di L. 1 miliardo, la quota variabile ammontava a L. 2.750.000.000. Osserva che, in confronto alle condizioni praticate al Trentino Alto Adige, la Valle d'Aosta ha il vantaggio che nello schema di riparto è prevista una quota fissa alta, mentre la quota variabile è minima.

Per quanto riguarda la Sardegna, rileva che tale Regione ha, come quota fissa, solo i 9/10 di determinate imposte erariali (terreni e fabbricati, R. M., tassa di bollo, ecc.), mentre la quota variabile è calcolata su una parte del gettito dell'imposta generale sull'entrata.

Comunica che, per accertarsi delle condizioni più favorevoli praticate alla Valle d'Aosta, è sufficiente esaminare la situazione finanziaria della Valle d'Aosta e confrontarla con quella delle altre Regioni autonome: infatti, per il Trentino - Alto Adige, il bilancio preventivo della Regione ammontava, nel 1954, a L. 4.900.000.000, cioè a circa 5 miliardi; nel 1955 a circa 6 miliardi. Fa presente che bisogna tener conto che nella Regione Trentino - Alto Adige vi sono ancora le Provincie di Trento e di Bolzano, i cui bilanci ammontano complessivamente, nel 1954, a lire 3.685.000.000; per cui, aggiungendo tale somma all'ammontare del bilancio di quella Regione per l'anno 1955, si avrebbe un totale complessivo di lire 9.685.000.000.

Osserva che il bilancio della Sicilia si aggira sui 36 miliardi e che quello della Sardegna si aggira a circa 11.300.000.000.

Ora, egli dice, se facciamo un parallelo fra le varie Regioni, calcolando che la Valle d'Aosta abbia un bilancio preventivo, anziché di lire 3.200.000.000, di soli 3 miliardi (non calcolando nel bilancio la somma di lire 200.000.000, che non ricorrerà negli anni futuri), si ha una quota per abitante di lire 32.000, mentre nel Trentino - Alto Adige, pur tenendo conto dell'ammontare dei bilanci delle due Provincie, si ha una quota di lire 8.000 per abitante. In Sicilia, che ha un bilancio totale di 42 miliardi (36 miliardi per la Regione e 6 miliardi per le Provincie) si ha una quota di lire 8.800 per abitante, e per la Sardegna si ha una quota di lire 10.600 per abitante, tenendo conto anche dei bilanci delle Provincie.

Osserva che avrebbe desiderato di fare tali paragoni in seduta segreta e non in seduta pubblica.

Rammenta che molto spesso, da parte di alcuni Consiglieri, e in particolare da parte del Consigliere Manganoni, si elencano le necessità della Valle d'Aosta e le varie opere di pubblica utilità da eseguire. Pone in rilievo che la Giunta è perfettamente a conoscenza di tali necessità e dei lavori che devono essere eseguiti, ma fa presente che bisogna anche tener conto della reale situazione finanziaria e delle attuali possibilità della Regione.

Rammenta ancora che spesso si fa notare che negli ultimi bilanci annui regionali era stata stanziata l'entrata di lire 1.800.000.000, quale importo della quota regionale di riparto delle entrate erariali, e che detti stanziamenti erano stati approvati all'unanimità dal Consiglio precedente, del quale facevano parte alcuni Consiglieri ed Assessori attuali.

In proposito, rileva che tali stanziamenti rappresentavano le richieste massime della Regione agli effetti delle trattative per il riparto e che chiedere una somma non significa poterla ottenere; rammenta che i Consiglieri che hanno fatto parte della precedente Amministrazione sono al corrente delle ragioni dei menzionati stanziamenti e ricordano le precisazioni a suo tempo fatte dal precedente Assessore alle Finanze, Ing. Fresia, in sedute pubbliche e in sedute segrete del Consiglio. Aggiunge che potrebbe esporre altre considerazioni, ma ritiene ora inutile di farlo.

Conclude, ribadendo che la Giunta, avendo approfondito con attenzione l'esame della questione, ritiene, con piena tranquillità di coscienza, che il riparto in esame sia equo ed invita il Consiglio ad esprimere il suo parere favorevole al riguardo.

Il Consigliere MANGANONI osserva che la dimostrazione richiesta dall'Assessore Bionaz, per comprovare che le entrate erariali riscosse annualmente dallo Stato ammontano ad oltre 5 miliardi è subito data, se si tiene conto che l'Assessore stesso ha riconosciuto che le entrate riscosse nel territorio della Valle ammontano a circa 3 miliardi e che i rimanenti due miliardi si riferiscono ad entrate erariali riscosse fuori Valle dallo Stato, per attività svolte in Valle da Società aventi la loro sede fuori del territorio della Regione.

Fa presente che, d'altra parte, tali dati sono stati già comunicati a suo tempo al Consiglio dal precedente Assessore alle Finanze e, ritiene che le cifre comunicate non siano diminuite da allora ad oggi.

Dichiara che non intende discutere sulle cifre di riparto entrate delle altre Regioni, esposte dall'Assessore Bionaz per dimostrare che le condizioni fatte alla Valle d'Aosta sono più vantaggiose; rileva, però, che l'Assessore Bionaz ha omesso di dire che la Valle d'Aosta è l'unica, fra le Regioni autonome, che abbia a suo totale carico le ingenti spese annue per l'istruzione pubblica e per le Scuole di ogni ordine e grado, spese che ammontano a oltre 600 milioni.

Per quanto riguarda il rilievo secondo cui l'esecuzione dei lavori è limitata e condizionata alle possibilità finanziarie della Regione, si dichiara d'accordo su quanto detto dall'Assessore Bionaz e precisa che, appunto perché la Regione non ha fondi sufficienti per fare fronte alle necessità della Valle, i Consiglieri della minoranza insistono affinché lo Stato conceda alla Regione una Quota di riparto in misura superiore a quella offerta.

Le Conseiller Madame PERRUCHON Veuve CHANOUX déclare que si la Région, hors l'Instruction Publique, a absorbé d'autres services de l'Etat, l'on devrait en tenir compte.

L'Assessore ARBANEY comunica che intende soltanto rilevare alcune inesattezze in cui sono incorsi il Consigliere Signora Perruchon Vedova Chanoux e il Consigliere Manganoni.

Dichiara che non è fondato il rilievo fatto dal Consigliere Signora Perruchon Vedova Chanoux secondo cui la Giunta precedente avrebbe trasmesso ai Consiglieri un prospetto a varie colonne, con tutti i dati relativi a tutte le entrate erariali riscosse dallo Stato nella Regione Valle d'Aosta; precisa che, infatti, come risulta anche dal verbale della seduta del 12 marzo 1954 (oggetto n. 19), del predetto prospetto è stata data sommaria lettura al Consiglio nella citata adunanza, ma non ne era stata trasmessa copia ai Signori Consiglieri e neanche agli Assessori.

Richiamandosi, quindi, all'affermazione fatta dal Consigliere Manganoni, secondo la quale il precedente Consiglio aveva, all'unanimità, respinto la precedente proposta di riparto basata su una quota variabile e su una quota fissa, dà lettura della decisione seguente assunta dal Consiglio regionale nella adunanza del 12 marzo 1954:

"1) - di considerare non accettabile, da parte della Regione, il predetto disegno governativo di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione e la ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione;

2) - di incaricare la Giunta regionale ed il Presidente della Giunta regionale di continuare con le competenti Autorità governative le trattative in corso, al fine di addivenire alla elaborazione di un nuovo disegno di legge basato su un sistema di ripartizione non provvisorio di entrate erariali equo ed accettabile da parte della Regione".

Osserva, inoltre, che i quattro miliardi e più lire che, secondo il Consigliere Manganoni, avrebbero dovuto servire per il finanziamento di nuovi lavori pubblici, non potevano essere nuovamente impegnati, perché erano già stati precedentemente impegnati (a residui passivi).

Rileva, infine, che la passata Giunta, come da richiesta dell'Assessore alle Finanze, Ing. Fresia, e come da intese intercorse in sede di Giunta, non avrebbe dovuto impegnare tutti gli stanziamenti di spesa di carattere straordinario del bilancio 1954, in quanto le trattative in corso per il riparto entrate erano basate su una quota regionale di riparto di molto inferiore alla previsione di bilancio di lire 1.800.000.000.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, premette che deve ringraziare il Consigliere Chabod Renato per aver svolto con particolare acume la parte storica della questione; anzi, egli dice, troppo storica, nel senso che è un po' superata di fronte al successivo svolgersi della legislazione nei confronti della Valle d'Aosta.

Precisa che deve pure ringraziarlo per aver ammesso che la Giunta ha sottoposto con sollecitudine all'esame del Consiglio questo problema, che è essenziale per la vita economica della Valle; il che non è dubbio, perché la soluzione di tale problema costituisce la vera autonomia finanziaria della Valle d'Aosta, in base a quanto stabilito ai seguenti articoli 116 e 119 della Costituzione:

Art. 116

"Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino - Alto Adige, al Friuli - Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali".

Art. 119

"Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.

Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.

Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.

La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica".

Il Presidente della Giunta, Bondaz, comunica di aver ritenuto opportuno di ricordare al Consiglio le disposizioni di cui agli articoli predetti, perché tali disposizioni debbono essere tenute presenti ogni qualvolta si discuta dello Statuto speciale della Valle d'Aosta.

Informa che la Giunta ha portato sollecitamente al Consiglio il problema del riparto per ovvie ragioni e, prima di tutto, perché, avendo trovate le finanze regionali in una situazione comatosa, bisognava assolutamente uscire da tale "impasse"; il che era indispensabile se si voleva continuare nel ritmo dei lavori e risolvere la situazione economica e finanziaria della Regione.

Osserva che non si poteva non definire un problema così essenziale, alla cui soluzione era connessa la possibilità di impostare su basi e su cifre concrete il bilancio regionale dell'esercizio finanziario 1955, di cui è stato già trasmesso ai Signori Consiglieri il progetto.

Rileva che i Signori Consiglieri non devono dimenticare che l'anormale situazione finanziaria della Regione ha avuto come conseguenza che l'Amministrazione regionale ha dovuto pagare, per anticipazioni di cassa fatte da Istituti bancari, la somma di lire 135.501.390 di interessi passivi per il periodo dal 1-1-1954 al 31-3-1955.

Ritiene non ammissibile che si dovesse continuare a pagare interessi di tale importo e fa presente che era, quindi, assolutamente indispensabile e urgente di definire il problema del riparto delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione. Comunica che questa è una delle ragioni per le quali detto problema è stato portato con sollecitudine al Consiglio.

Rileva che, per risolvere tale problema, bisogna avere idee chiare dal punto di vista giuridico e, a tale proposito, osserva che occorre basarsi sugli articoli 12, 13 e 50 dello Statuto speciale della Regione, perché il Decreto LL. 7-9-1945, n. 545, è da considerarsi parzialmente decaduto e si riserva di precisare quali ne sono, a suo avviso, le ragioni.

Fa presente che lo Statuto regionale è servito appunto di base per le trattative sul riparto delle entrate con i competenti Ministeri, trattative che sono state lunghe e assai difficili.

Ritiene che i Signori Consiglieri si rendano conto delle condizioni particolarmente delicate nelle quali la Giunta ha dovuto iniziare e svolgere le trattative; il che è comprensibile, perché si trattava di giungere ad un accordo sulla questione del riparto entro breve termine, mentre sarebbe stato molto più facile trattare se il tempo non fosse stato limitato.

Rammenta che l'attuale Amministrazione aveva trovato i bilanci impostati nel modo che i Signori Consiglieri sanno e fa presente che la Giunta ha attentamente esaminato la questione domandandosi come avrebbe potuto validamente sostenere la propria tesi presso la Corte Costituzionale, - che attualmente non è stata ancora istituita, ma che verrà istituita e funzionerà -, Corte alla quale avrebbe dovuto ricorrere in caso di disaccordo col Governo. Infatti, se è vero che la Regione e lo Stato devono vivere in armonia, ciò non toglie che lo Stato cerchi di dare il meno che può alla Regione e che questa cerchi di ottenere il più possibile.

Precisa che la norma giuridica assunta dalla Regione, a base delle trattative, è costituita dall'articolo 12 dello Statuto, che, al primo comma, stabilisce:

"Oltre il gettito delle entrate proprie della Valle, sarà dallo Stato, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali".

E al secondo e terzo comma stabilisce:

"La Valle può istituire proprie imposte e sovrimposte, osservando i principi dell'ordinamento tributario vigente.

Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo Stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali".

Osserva che quest'ultimo comma dimostra precisamente che i cespiti di entrate di cui ai primi due comma servono per fare fronte alle necessità ordinarie (funzioni normali) della Regione.

Rileva che l'ultimo comma dell'articolo 12 stabilisce:

"Lo Stato, inoltre, cede a favore della Valle i nove decimi del canone annuale percepito a norme di legge per le concessioni di derivazione a scopo idroelettrico".

Esamina, quindi, quali tesi la Giunta poteva sostenere nelle trattative col Governo, in quanto, evidentemente, la tesi della Regione doveva essere dimostrata, perché non è sufficiente dire "Questo non basta". Osserva che occorreva, pertanto, stabilire quali e quanto fossero le funzioni e le spese normali della Regione, in considerazione del fatto che lo Stato, a' sensi dello Statuto, deve attribuire, per riparto, una quota di tributi erariali per le funzioni normali della Regione. Ma, egli osserva, alle spese di normale amministrazione si deve far fronte soltanto con la quota di riparto o anche con il gettito delle imposte e sovrimposte proprie della Regione, oppure anche con i 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche?

Prospetta le due tesi seguenti:

1a tesi: alle spese per le funzioni normali della Regione si fa fronte con la quota di riparto delle entrate erariali, più il gettito delle imposte e sovrimposte proprie della Regione stessa;

2a tesi, subordinata: alle menzionate spese si fa fronte con la quota di riparto, con il gettito delle imposte e sovrimposte della Regione e con i 9/10 dei canoni per concessioni idroelettriche.

Precisa che queste sono le due tesi sulle quali la Giunta doveva basarsi nelle trattative col Governo per giungere ad un accordo sulla quota di riparto delle entrate erariali da assegnare alla Regione per far fronte alle spese di normale amministrazione, in quanto per le spese di carattere straordinario, che non rientrano nelle funzioni normali della Valle, lo Stato deve assegnare alla Regione contributi speciali, a' sensi del terzo comma dell'articolo 12.

Rileva che l'articolo 50 dello Statuto, al terzo comma, stabilisce che:

"Entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle, con legge dello Stato, in accordo colla Giunta regionale, sarà stabilito, a modifica degli articoli 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione".

Rammenta, in proposito, di aver già rilevato altre volte che si potrebbe muovere una critica allo Statuto, in quanto, mentre stabilisce che per un accordo provvisorio sulla quota dei tributi erariali da assegnare alla Regione deve essere sentito il Consiglio della Valle (articolo 12, primo comma), per l'ordinamento finanziario di carattere definitivo stabilisce l'accordo con la Giunta regionale, anziché con il Consiglio (articolo 50, terzo comma). Osserva che, trattandosi di problema importantissimo, è naturale che la Giunta, organo esecutivo, interpelli il Consiglio.

Rileva che il problema del riparto delle entrate si presentava molto complesso, anche perché i bilanci preventivi degli esercizi passati, approvati a suo tempo dal Consiglio regionale e che dovevano servire come base di discussione per il riparto, non erano stati accettati dai Ministeri per quanto riguarda la quota di riparto delle entrate erariali.

Comunica che i problemi da definire erano vari: la questione del riparto, relativamente agli anni passati e a quelli a venire; la nota questione di natura giuridica inerente all'articolo 12 dello Statuto; la questione delle spese per il traforo del Monte Bianco e la scadenza delle norme sul riparto delle entrate.

Scadenza del riparto: ritiene che i Consiglieri che già facevano parte della precedente Amministrazione ricordino come nella adunanza consiliare del 12 marzo 1954, in sede di discussione della proposta governativa di disegno di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta e la ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione, erano state elevate critiche a tale proposta, una delle quali concerneva la data di scadenza del riparto, fissata al 31 dicembre 1955 dal seguente articolo 13 del detto disegno di legge:

"La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica ed ha effetto dal 1° gennaio 1951.

Essa resterà in vigore fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'articolo 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1955.

Le eventuali successive modifiche alla presente legge saranno apportate con legge, d'accordo con la Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 50 dello Statuto speciale".

Osserva che la disposizione del secondo comma dell'articolo 13 era stata formulata come da richiesta della Giunta regionale, perché l'Amministrazione regionale non poteva rinunciare alla attuazione della zona franca prevista dallo Statuto, e rileva che l'allora Presidente della Giunta, Avvocato Caveri, contestava giustamente che, stabilendo la scadenza al 31 dicembre 1955, l'ordinamento finanziario regionale non poteva considerarsi definitivo, come previsto dall'articolo 50 dello Statuto regionale, e diveniva, quindi, provvisorio.

Fa presente che la prima questione da risolvere era, pertanto, questa, ed osserva che la Giunta l'ha definita ottenendo l'affermazione del principio suddetto.

Rileva che, infatti, nell'articolo 16 dello schema di legge ora in esame, la disposizione del secondo comma dell'articolo 13 del precedente schema di legge è stata così formulata:

"Essa resterà in vigore fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'articolo 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta".

Pone in rilievo che rimane, pertanto, solo più la dizione generica "fino alla data di attuazione del regime di zona franca", dizione che è conforme agli interessi della Valle d'Aosta. Fa presente che, mantenendo tale dizione generica, non si può negare che il progetto di riparto abbia ora carattere definitivo.

Aggiunge che, essendo intendimento dell'attuale Amministrazione di addivenire all'attuazione completa del regime di zona franca prevista dall'articolo 14 dello Statuto, si vedrà in allora quali modificazioni dovranno essere apportate, nell'interesse della Regione, alla legge concernente l'ordinamento finanziario.

Questione delle spese per il traforo del Monte Bianco.

Rammenta che la legge 1° agosto 1954, n. 846, stabiliva che la somma di un miliardo di lire, da anticipare dallo Stato per conto della Regione, doveva essere rimborsata da questa, per la metà in unica soluzione, sul complesso delle entrate erariali da attribuirsi alla Regione per gli anni 1951-1952-1953, in base all'ordinamento finanziario previsto dall'articolo 50 della legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e l'altra metà in rate annuali di 100 milioni a partire dall'anno 1955.

Informa che la Giunta ha ritenuto che non fosse giusto che la Regione dovesse, all'atto della stipulazione del riparto definitivo, versare allo Stato la somma di mezzo miliardo, quando lo Stato stesso non aveva ancora effettuato alcun versamento per la realizzazione del traforo del Monte Bianco.

Comunica che la menzionata legge viene, appunto, modificata dall'articolo 14 dello schema di disegno di legge, stabilendosi che il ricupero della spesa di un miliardo, da sostenersi dallo Stato per conto della Valle d'Aosta, ai sensi dell'articolo 5 della legge 1° agosto 1954, n. 846, sarà effettuato in 10 rate annuali, dell'ammontare degli effettivi versamenti da parte dello Stato, a partire dall'esercizio successivo a quello dei versamenti medesimi.

Questione giuridica inerente all'articolo 12 dello Statuto.

Ritiene che tutti i Consiglieri ricordino la famosa questione concernente l'interpretazione giuridica della decadenza o della validità dell'articolo 12 dello Statuto, sostenendosi, da parte di qualche Ministero, che la disposizione dell'articolo 50 veniva non solo a modificare l'articolo 12, ma ad abrogarne l'efficacia alla fine del biennio.

Rammenta che gli Amministratori regionali avevano sempre contestato una tale interpretazione, sostenendo che l'articolo 12, in forza della citata disposizione dell'articolo 50, sarebbe stato soltanto modificato, e, quindi, era da ritenersi sempre in vigore; per tale ragione detto articolo avrebbe dovuto essere richiamato in vari articoli nello schema di disegno di legge relativo al riparto di entrate.

Precisa che, a giustificazione della tesi secondo cui l'articolo 12 era sempre in vigore, si è addotto che, trattandosi di una disposizione contenuta in una legge costituzionale, non poteva essere modificata se non attraverso la particolare procedura stabilita dall'articolo 138 della Costituzione.

Informa che anche su tale questione si è dovuto insistere e ribattere e si è ottenuto che in diversi articoli dello schema di disegno di legge si facesse riferimento all'articolo 12 dello Statuto; del che il Consiglio vorrà certamente dare atto.

Sanatoria della situazione finanziaria per il passato: ritiene che il Consigliere Manganoni, il quale, egli rileva, è dotato di buonissima memoria, si ricorderà certamente a qual fine furono date le note impostazioni ai bilanci preventivi della Regione negli esercizi passati, sia per quanto riguarda le somme preventivate in entrata quali quote regionali annue di riparto entrate erariali (1951: 1.200.000.000; 1952: 1.500.000.000; 1953: 1.800.000.000; 1954: 1.800.000.000), sia per quanto concerne altre cifre stanziate nella parte uscita dei bilanci di previsione.

Ritiene che il Consigliere Manganoni ricorderà anche, certamente, la relazione fatta, a tale proposito, dall'allora Assessore alle Finanze, Ing. Fresia.

Dichiara di ritenere opportuno di dare lettura del seguente stralcio della menzionata relazione, per rinfrescare sia la propria memoria che quella del Consigliere Manganoni, pur rilevando che avrebbe preferito darne comunicazione in seduta segreta. Osserva che, d'altra parte, è bene che se ne dia lettura in seduta pubblica, dal momento che, da parte dell'opposizione, sono state fatte in seduta pubblica le dichiarazioni soprariportate:

"La Giunta aveva esaminato la possibilità di ridurre già questo anno l'iscrizione di 1.800 milioni di riparto, portandola ad una cifra sensibilmente più bassa. Non si è ritenuto di modificare questo importo per la ragione tuttora esistente delle trattative con il Ministero. Per questo, ufficialmente, il nostro bilancio è impostato su 1.800 milioni, ma sarebbe diabolico fare assegnamento sulla possibilità di questo incasso".

Osserva che ha ritenuto necessario di richiamare l'attenzione del Consiglio su quanto ebbe a dire allora l'ex Assessore Fresia per dimostrare che, come avviene sempre nelle trattative, si è chiesto di più con l'intento e nella speranza di ottenere il più possibile.

Rileva che, però, ad un certo momento, quando la discussione da teorica diventa tecnica e quando il contradditore ha tutti gli elementi in mano, non si può sostenere una determinata tesi se non è basata su dati di fatto.

Comunica che, dicendo questo, egli intende affermare che non si può sostenere che lo Stato sia debitore delle somme iscritte nel bilancio regionale per la sola ragione che il Consiglio regionale le ha stanziate nelle previsioni di entrata, in quanto il contradditore, che in questo caso è il Governo, può rispondere: "Voi stanziate quelle determinate somme, ma io intendo discutere su dati precisi di fatto"; non si tratta, cioè, di crediti liquidi ed esigibili per la Regione, non essendosi addivenuto ad accordi in merito.

È vero, egli dice, che il Consiglio aveva stanziato, nella parte entrate dei bilanci, per un lodevole fine, quelle determinate somme a titolo di quote regionali di ripartizione entrate erariali, ma ad un certo momento bisogna fare i conti, ed i conti non si possono fare come li ha fatti il Consigliere Manganoni.

Era pure nostra intenzione, egli aggiunge, di ottenere tali somme, sono d'accordo, ma, ripeto, non è detto che ci siano dovute tali somme soltanto perché noi le abbiamo stanziate in bilancio e quindi, essendo necessario l'accordo delle due parti per concordare e stabilire la quota di riparto, bisognava discutere per raggiungere un accordo col Governo.

Riferendosi, quindi, all'articolo 12 dello Statuto regionale, comunica che i rappresentanti dello Stato sostenevano che la somma annua occorrente alla Regione per fare fronte alle spese delle sue funzioni normali dovesse essere costituita da una quota di riparto delle entrate erariali, dal gettito delle imposte e sovrimposte regionali e dal provento dei 9/10 dei canoni delle concessioni idroelettriche. Informa di aver obbiettato di non essere d'accordo su tale tesi perché non era del parere che i proventi dei 9/10 dei canoni delle concessioni idroelettriche dovessero servire per le funzioni normali, mentre, per contro, ammetteva che potesse servire a tale scopo il gettito delle imposte e sovrimposte locali.

Comunica che seguirono discussioni e furono fatti i calcoli che ora intende ripetere solo per riassunto, per chiarire la situazione ai Signori Consiglieri, e comunica i seguenti dati relativi alle entrate ordinarie proprie della Regione ed al gettito dei canoni sulle acque relative all'anno 1954:

-

Entrate patrimoniali

L.

46.455.605

-

Entrate per proventi diversi

L.

51.525.123

-

Entrate per imposte, tasse e diritti

L.

197.471.989

L.

295.452.718

-

Entrate 9/10 dei canoni sulle acque

L.

231.907.019

L.

527.359.737

Parliamo ora, egli dice, del riparto entrate erariali relativo all'anno 1955 e vediamo che, aggiungendo alla quota di riparto di L. 1.200.000.000 le entrate ordinarie della Regione, desunte dal conto consuntivo del 1954 e ammontanti a L. 295.452.718, si ha un totale di L. 1.495.452.718 (prima tesi); se poi si aggiungono a tale totale i proventi dei 9/10 dei canoni sulle acque, che ammontano a L. 231.907.019, si ha un totale di L. 1.727.359.737 (seconda tesi).

Comunica che occorre, ora, esaminare quali siano le spese occorrenti per le funzioni normali della Regione. Rammenta, a questo proposito, che sin dagli 1950-1951, - e rileva che le sue parole possono essere controllate alla lettera -, ha sempre sostenuto e ribadito la tesi che la Giunta chiedesse pure tutto quanto ritenesse necessario, esagerando magari nelle sue richieste, ma aveva raccomandato che ci si affrettasse a concludere perché è evidente, - per chi abbia esaminato in profondità la situazione finanziaria nazionale, attraverso la legislazione fiscale vigente -, che la pressione fiscale va sempre più aumentando.

Basta pensare, egli osserva, al meccanismo della legge Vanoni, la cui applicazione pratica si era in un primo tempo basata sulle denuncie dei contribuenti, mentre, oggi, si è iniziata la revisione delle denuncie, con la conseguenza che, nel solo territorio della Valle d'Aosta, si è accertato negli anni 1954-1955 un maggior gettito di imposte di 36 milioni di lire.

Fa presente che, se si fosse potuto trattare e definire il problema del riparto entrate nel mese di ottobre del 1954, si sarebbe potuto ottenere di più, perché naturalmente, nel fare il calcolo della quota di riparto, si tiene conto del gettito delle entrate erariali.

Il tempo gioca a nostro favore, e ciò è evidente, egli aggiunge, perché la Valle di Aosta è in continua ascesa, come è dimostrato da informazioni precise in nostro possesso e che i Signori Consiglieri possono verificare riscontrando le cifre delle entrate dell'anno 1954 e quelle dell'anno 1955.

Rileva che negli anni futuri aumenteranno il gettito delle entrate erariali e il provento della quota regionale di riparto, per cui era necessario fare presto.

Precisa che si trattava di accertare l'ammontare delle spese annue obbligatorie occorrenti per le funzioni normali della Regione e quale era il costo dei servizi già statali passati alla Regione, fra i quali vi è quello della Pubblica Istruzione, che è molto oneroso.

Informa che gli Uffici finanziari della Regione avevano predisposto obbiettivamente due prospetti, di cui uno si riferiva alle spese obbligatorie ordinarie sostenute nell'anno 1954 per le funzioni normali della Regione e il secondo concernente le analoghe spese sostenute nel detto anno per i servizi passati dallo Stato alla Regione.

Comunica che, come risulta dal primo dei menzionati prospetti, l'ammontare delle spese obbligatorie ordinarie sostenute nel 1954 è stato di lire 1.211.575.496, mentre, invece, erano state preventivate in bilancio in lire 1.800.000.000. Va tenuto presente, egli osserva, che la legge delega, per i miglioramenti economici agli statali, comporta nuovi obblighi e nuovi pesi per l'Amministrazione regionale, per assegni al personale, per un aumento di spese annuo di circa 80 milioni.

Ribadisce il concetto che il provento dei 9/10 dei canoni non deve essere conteggiato fra le entrate che debbono servire per fare fronte alle spese normali obbligatorie della Regione.

Osserva che tale era il ragionamento che doveva essere fatto e che fu effettivamente fatto ai rappresentanti dello Stato, i quali, ritenendolo fondato, accettarono la proposta fatta dalla Giunta regionale perché basata sulla realtà dei fatti; si ottenne così, quale quota fissa di riparto entrate, la cifra già comunicata, che sembra equa e che corrisponde all'incirca al costo spese obbligatorie ordinarie dei servizi statali trasferiti alla Regione.

Osserva che tali erano i dati di fatto di cui si doveva tenere conto nello stabilire la quota di riparto entrate e, richiamandosi ai bilanci degli esercizi passati, precisa che, ovviamente, non poteva essere presa come base la entrata di lire 1.800.000.000 preventivata in bilancio, mentre dai conti consuntivi si rilevava che la somma preventivata non corrispondeva alla realtà; infatti, si constatavano i seguenti avanzi di amministrazione:

- per l'anno 1951:

L.

91.020.184

- per l'anno 1952:

L.

139.760.889

- per l'anno 1953:

L.

292.988.378

- per l'anno 1954:

L.

400.886.767

TOTALE

L.

972.097.137

Osserva che nell'anno 1954 si è avuto un avanzo di amministrazione di lire 400.886.767, nonostante le spese che sono state fatte; fa presente che i rappresentanti statali rilevarono che ciò significa che la previsione di entrata di L. 1.800.000.000 è esagerata e che deve essere ridotta di almeno lire 400 milioni per essere corrispondente alla realtà dei fatti.

Comunica che fu illustrata ai rappresentanti dello Stato l'esatta situazione finanziaria della Regione.

Riferendosi, quindi, alle somme stanziate in entrata nei bilanci degli esercizi passati, quali quote di riparto delle entrate erariali e citate dal Consigliere Manganoni, illustra la attuale seguente situazione finanziaria della Regione:

Previsioni di entrata per quota regionale di riparto entrate erariali:

- nel bilancio 1951

L.

1.200.000.000

- nel bilancio 1952

L.

1.500.000.000

- nel bilancio 1953

L.

1.800.000.000

- nel bilancio 1954:

L.

1.800.000.000

TOTALE

L.

6.300.000.000

Rileva che, sottraendo da tale ammontare l'importo di lire 5.277.000.000, quale risulta dal seguente prospetto, residuava uno scoperto di residui passivi di L. 1.023.000.000:

-

acconti già ricevuti relativi agli anni 1951-1952-1953

L.

1.500.000.000

-

somma ancora da ricevere a saldo quale quota di riparto relativa agli anni 1951-1954

L.

2.400.000.000

-

avanzi di amministrazione dei precedenti esercizi

L.

972.000.000

-

somme stanziate per il traforo del Monte Bianco, somme che saranno stralciate

L.

405.000.000

L.

5.277.000.000

Comunica che l'elenco dei residui passivi è stato esaminato, voce per voce, dai Ministeri interessati, che hanno voluto accertarsi se si trattava di residui passivi effettivi e reali o non piuttosto di economie e accantonamenti di fondi. Precisa che dall'importo di lire 1.023.000.000, di residui passivi, sono da dedurre lire 31.000.000 di economie e lire 360.000.000 di accantonamenti vari, per cui rimane scoperta la somma di lire 637 milioni di residui passivi ammessi, somma che non desta preoccupazione e da mantenere a residui passivi sino a che il Consiglio non deciderà in merito.

Comunica che, facendo tali calcoli, e definita la quota per il 1955, si è pervenuti, a Roma, ad un accordo per una sanatoria degli esercizi passati, per cui la Regione incasserà, per gli anni 1951, 1952, 1953 e 1954, una quota annua media di riparto di lire 975.000.000.

Osserva che il meccanismo tecnico concordato e seguito per stabilire l'importo dovuto quale quota media di riparto per gli anni predetti risulta nell'ordinamento finanziario previsto dal disegno di legge in esame (articoli 3, 4 e 12).

Per quanto concerne la quota di riparto da stabilire per l'anno 1955 e per gli anni futuri, comunica che la prima questione sorta riguardava le imposte sulle quali doveva essere attribuita alla Regione una quota percentuale agli effetti della determinazione della quota di riparto. Informa che sono state prescelte le imposte il cui gettito viene riscosso in Valle per ragioni di praticità e comodità e per evitare eventuali complicazioni procedurali, quali potrebbero verificarsi, ad esempio, se si fosse stabilita una percentuale sull'IGE, che viene versata, per la massima parte, al centro meccanografico di Genova.

Rileva, a questo punto, che intende rispondere al Consigliere Chabod Renato, il quale aveva fatto una lunga discussione in merito all'articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545, per fargli notare che ha perfettamente ragione quando rivendica ciò che è già stato pure rivendicato dalla Giunta regionale, cioè l'applicazione del menzionato articolo 15, che al secondo comma stabilisce:

"Per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Valle, ma che in esso hanno stabilimenti o impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta relativa a detta quota è riscossa dagli organi di riscossione della Valle".

Detto articolo, ritenuto in vigore dal Ministro del Tesoro, fu sempre considerato efficiente nelle trattative intercorse. La legge deve passare al vaglio delle Camere legislative e fa parte della nostra tattica contrattuale lo stabilire quale sia il momento più opportuno per eventuali precisazioni che siano favorevoli allo scopo che intendiamo perseguire.

Quando la legge diventerà esecutiva, tutti avranno la prova della bontà della nostra impostazione e della tempestività della nostra azione.

Riferisce, quindi, sulle ragioni che hanno determinato un aumento del gettito delle imposte nel 1954 in confronto al 1953. Informa che gli Uffici distrettuali delle Imposte dirette di Châtillon e di Aosta, per disposizioni ricevute dal competente Ministero, hanno insistito, nel 1954, presso le Società ed Imprese industriali e commerciali che hanno stabilimenti in Valle, ma che hanno la loro sede legale fuori del territorio della Regione, affinché versassero agli Uffici ed organi di riscossione erariali nella Valle d'Aosta le quote di imposte relative agli stabilimenti siti nel territorio della Regione, quote che alcune Società hanno versato, ad esempio la Montecatini, la SIP, la COGNE, l'ILSSA. Ne è risultato un aumento delle entrate erariali riscosse in Valle d'Aosta.

Dichiara che, non appena entrerà in vigore il riparto definitivo e l'ordinamento finanziario regionale, l'Amministrazione regionale, - ai sensi dell'articolo 13 dello Statuto e dell'articolo 11 del disegno di legge in esame -, costituirà un ufficio di collegamento con gli uffici finanziari statali, ai fini dell'accertamento e del perequamento delle imposte dirette erariali. Sarà cura della Giunta regionale far sì che anche le altre Ditte, aventi stabilimenti in Valle e sede legale fuori Valle, versino i tributi in Valle d'Aosta.

Osserva che, in tal modo, il gettito delle imposte erariali aumenterà notevolmente e, conseguentemente, aumenterà anche il provento della quota di riparto di spettanza della Regione.

Comunica che i rappresentanti della Regione hanno fatto presente ai rappresentanti dello Stato che se, per gli anni passati, si era potuto concordare sulla quota media annua di riparto di lire 975.000.000, a titolo di sanatoria, la quota annua dove va, però, essere aumentata per l'avvenire, perché la Regione ha necessità di sviluppare e potenziare l'economia regionale.

Rileva che fu, quindi affrontata la famosa questione delle due quote di riparto (fissa e variabile).

Osserva, in proposito, - sottolineando che il Consigliere Chabod Renato ne è pienamente a conoscenza -, che la nota questione di principio della quota fissa e della quota variabile è molto opinabile dal punto di vista giuridico, perché il fatto che nell'articolo 12 dello Statuto regionale si parli di attribuire alla Regione una quota di tributi erariali non significa che detta quota debba essere necessariamente fissa; tale tesi troverebbe la sua base anche nel fatto che l'articolo 50 stabilisce che l'ordinamento finanziario della Regione sarà stabilito a modifica degli articoli 12 e 13 dello Statuto.

Illustrando al Consiglio quale è stato il suo punto di vista al riguardo, comunica di aver attentamente esaminato il problema e il modo di superare l'ostacolo e di aver constatato che se la quota variabile serve allo Stato, può, altresì, servire alla Regione. Rileva che non bisogna dimenticare, infatti, - come non dimenticano a Roma i rappresentanti del Governo che trattano con i rappresentanti della Valle di Aosta per il riparto -, che le entrate della Regione sono costituite, oltre che della quota di riparto delle entrate erariali, da contributi speciali straordinari dello Stato, dalle imposte e sovrimposte regionali e dal gettito dei 9/10 dei canoni idroelettrici e anche dai proventi della Casa da Gioco di Saint Vincent, che è riconosciuto ufficiosamente, poiché i relativi proventi regionali sono stati conteggiati tra le entrate regionali, agli effetti della ripartizione delle entrate erariali.

Ora, egli dice, tenuto presente che detti proventi costituiscono una delle entrate regionali, facciamo l'ipotesi, non già che la Casa da Gioco venga chiusa, ma che, per avventura, lo stabile della Casa da Gioco si incendiasse: cosa accadrebbe? In tal caso, egli dice, ci verrebbe a mancare un cespite del quale si è tenuto conto nello stabilire la quota di riparto; e allora, se non avessimo la quota mobile, come faremmo? Ecco il ragionamento che deve indurre i Signori Consiglieri ad accettare il principio della quota fissa e della quota variabile a condizione, naturalmente, che la quota fissa sia stabilita in misura sufficiente ad assicurare il finanziamento delle spese obbligatorie ordinarie per le funzioni normali della Regione.

Rileva che, effettivamente, il precedente Consiglio aveva respinto il disegno di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione per la ripartizione delle entrate erariali fra lo Stato e la Regione. Informa che l'ex Presidente della Giunta, con lettera in data 16-10-1952, protocollo n. 1585 Gab., di cui si riserva di dare in seguito lettura, nel comunicare che la Giunta non poteva accettare il progetto di riparto proposto, precisava che si poteva addivenire ad un accordo, in linea di massima, soltanto qualora la quota fissa fosse stata aumentata in misura tale da coprire quasi totalmente le spese obbligatorie ordinarie, in modo che la quota variabile incidesse soltanto in minima parte sulla quota totale di riparto.

Pone in rilievo che, avendo la Giunta concordato, in linea di massima, la quota annua complessiva di riparto in lire 1 miliardo 200 milioni, di cui lire un miliardo di quota fissa, risulta evidente che, in tal caso, la quota variabile ha una importanza minima.

Ribadisce che è assolutamente necessario e conveniente di addivenire al più presto possibile ad una definizione del problema del riparto entrate per le ragioni in precedenza illustrate e per poter introitare i fondi necessari per l'esecuzione dei lavori di pubblica utilità. Da parte di alcuni, egli dice, potrà essere obbiettato che la quota sulla quale il Governo è disposto a concretare il riparto è esigua: la Giunta ritiene, invece, che la quota concordata sia giusta ed equa; ciò che è effettivamente, perché bisogna esaminare con obbiettività quali sono le nostre necessità e possibilità finanziarie, quello che si potrà ottenere con i canoni di concessione di derivazioni di acque ad uso idroelettrico, quello che abbiamo in animo di fare per la Casa da Gioco di Saint Vincent e per altre iniziative ed entrate che potranno essere realizzate con i contributi speciali statali previsti dall'articolo 5 del disegno di legge in esame e da leggi speciali.

Si dichiara convinto che un riparto entrate concordato sulle basi esposte servirà ad evitare una qualsiasi flessione nella vita economica della Valle d'Aosta.

Rammenta che il precedente progetto di riparto prevedeva una quota annua fissa di lire 677 milioni circa per l'anno 1951, di lire 610 milioni circa per l'anno 1952 e di lire 657 milioni circa per l'anno 1953, oltre a una quota annua variabile che l'ex Assessore Fresia nell'adunanza consiliare del 12 marzo 1954 precisava di importo di circa 50 milioni.

Comunica che la Giunta ha ora ottenuto, a titolo di sanatoria per il passato, una quota di riparto media di lire 975 milioni per gli anni 1951, 1952, 1953 e 1954, - quota che è molto superiore alla quota offerta nelle trattative svolte dalla precedente Amministrazione -, e, per quanto concerne l'anno 1955, una quota che supera di lire 500 milioni la quota offerta precedentemente.

Ai fini di una maggiore conoscenza dei precedenti sulla questione del riparto entrate, dà lettura del seguente stralcio della già menzionata lettera in data 16-10-1952, protocollo n. 1585 Gab., trasmessa dall'ex Presidente della Giunta, Avv. Caveri, all'Ufficio Zone di confine della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lettera nella quale si comunicava quanto segue:

"Sono spiacente di dover comunicare che questa Giunta regionale, dopo aver attentamente riesaminato la questione, ha ritenuto di non poter concordare con la proposta di ordinamento finanziario risultante dallo schema di disegno di legge allegato alla predetta lettera del 28 luglio 1952 per le ragioni già in precedenza illustrate.

Tenuto conto dell'ammontare delle spese annue obbligatorie (2 miliardi 241 milioni circa) a carico del bilancio regionale e delle necessità dei numerosi ed onerosi servizi trasferiti a questa Regione, un accordo, vivamente desiderato da questa Giunta regionale, è possibile soltanto se viene adeguata in aumento la quota fissa di riparto delle entrate erariali di cui all'articolo 3 dello schema di disegno di legge allegato alla lettera alla quale si risponde.

A tale scopo questa Giunta regionale ritiene sia necessario:

a) - aumentare da sette a nove i decimi della quota fissa da attribuirsi alla Regione sui gettiti delle imposte di ricchezza mobile e complementare;

b) - aggiungere, fra le quote fisse di entrate erariali di cui al citato articolo 3, i nove decimi dell'imposta generale sull'entrata di spettanza dello Stato.

In tal modo si potrebbe giungere ad una quota annua fissa di riparto di entrate erariali (imposte e tasse) di circa 900 milioni, non compresi i nove decimi dei canoni sulle concessioni idroelettriche, spettanti alla Regione a' sensi dell'ultimo comma dell'articolo 12 dello Statuto regionale. (omissis).

Se a tale quota di riparto entrate di lire 900 milioni si aggiungono i nove decimi dei canoni sulle concessioni idroelettriche, si ottiene l'importo di circa lire 1 miliardo e 100 milioni, inferiore all'ammontare delle spese obbligatorie ordinarie di bilancio, che è di circa lire 1 miliardo e 207 milioni".

Rileva che la Giunta, pur non ritenendo di aver ottenuto un risultato eccezionale, ritiene, tuttavia, di aver agito con tranquilla coscienza nell'interesse della Regione, perché sa quale è la attuale situazione finanziaria della Regione e sa quali possibilità ci dà il riparto per l'avvenire, per cui ritiene di poter invitare i Signori Consiglieri ad accettare il riparto entrate proposto, perché, come già detto, tale riparto dà la possibilità alla Valle d'Aosta di continuare nella sua ascesa economica e di guardare con tranquillità al futuro.

Conclude, dichiarando di non poter accettare l'ordine del giorno pregiudiziale presentato dal Consigliere Chabod Renato, per le ragioni illustrate come pure per le ragioni già esposte dall'Assessore alle Finanze per quanto riguarda la lettera a) (quota fissa); per quanto riguarda il riconoscimento esplicito dei proventi del Casinò di Saint Vincent (lettera b) ), fa presente di non ritenere indispensabile di richiedere tale riconoscimento, come pure di non ritenere strettamente necessario, per il momento, di richiedere l'inserimento della disposizione dell'articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545, perché tale disposizione è sempre stata considerata in vigore; tanto è vero che è già stata parzialmente applicata dagli Uffici finanziari erariali.

Dichiara, quindi, a nome della Giunta, che la Giunta voterà contro l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chabod Renato.

Chiede, infine, al Presidente Pareyson di voler chiudere la discussione di carattere generale e di passare alla discussione dei singoli articoli del disegno di legge in esame.

Il Consigliere CHABOD Renato dichiara che intende fare alcuni rilievi in merito alle dichiarazioni fatte dall'Assessore alle Finanze Bionaz e dal Presidente della Giunta, Bondaz.

Circa le dichiarazioni fatte dall'Assessore Bionaz, secondo le quali, nelle trattative per la determinazione della quota di riparto da attribuire alla Regione, la Giunta ha prescelto determinate imposte, escludendo le imposte doganali ed altre aventi attinenza con la zona franca, perché il gettito di tali imposte verrebbe ad essere modificato all'atto dell'attuazione della zona franca, rileva che, ai sensi del secondo comma dell'articolo 16 del disegno di legge in esame, la legge stessa sarà modificata all'atto dell'attuazione del regime di zona franca, per cui potevano benissimo essere conteggiate, agli effetti della determinazione della quota di riparto, anche le imposte doganali ed altre similari aventi attinenza con la zona franca.

Per quanto concerne la richiesta di dimostrazione che il gettito delle imposte erariali annualmente riscosse in Valle e fuori valle ammonta a 5 miliardi e più, rammenta che detta dimostrazione è stata già data dal Consigliere Manganoni.

Contesta il fatto che la proposta della delegazione valdostana, nel gennaio 1948, contemplasse soltanto una parte delle entrate erariali e non tutte; precisa che soltanto la ultima controproposta della predetta delegazione, in data 27 gennaio 1948, non contemplava tutte le imposte, ma che, però, corrispondeva ad una percentuale di circa il 75% del gettito di tutte le imposte erariali.

In merito all'affermazione secondo la quale egli avrebbe costretto la Giunta ad una discussione inopportuna obbligandola a fare dei confronti con altre Regioni, dichiara di non aver fatto confronti fra i bilanci delle varie Regioni autonome né di avere accennato al reddito pro-capite degli abitanti delle varie Regioni. Osserva che non vede la ragione per la quale il Consiglio dovrebbe discutere in seduta segreta sulla materia finanziaria degli statuti speciali delle altre Regioni, quando questi Statuti si trovano in libera vendita in tutto il territorio della Repubblica.

Rammenta che l'Assessore alle Finanze aveva sostenuto che anche le altre Regioni autonome avevano avuto un riparto basato sul sistema delle due quote (fissa e variabile) e fa presente di avere contestato tale affermazione, parzialmente inesatta, rimanendo semplicemente in campo interpretativo della legge, il che non dà motivo a seduta segreta.

Ricorda, ancora, che l'Assessore Bionaz, parlando del bilancio della Sicilia, ha accennato ad una cifra di 36 miliardi e, a tale riguardo, osserva che non è sufficiente citare cifre, ma bisogna esaminare i vari servizi che vengono espletati dalla Regione; aggiunge di essere rimasto sul terreno strettamente giuridico del confronto di tale materia.

Richiamandosi, quindi, alla relazione fatta dal Presidente della Giunta, rileva che lo stesso ha esordito dicendo che il Consigliere Chabod si era riferito un po' troppo alla storia antica. Osserva, in proposito, che tale rilievo troverebbe fondamento se egli avesse parlato di Tommaso di Savoia o di De Tillier o del Conseil des Commis. Fa presente di avere parlato, invece, di CHANOUX, del periodo 1943-1945 e, cioè, degli anni in cui è nata l'autonomia che i Valdostani si sono guadagnata.

Rammenta che il Presidente della Giunta ha affermato che è urgente concludere con il Governo l'accordo sul riparto.

Pur dando nuovamente atto che la Giunta ha, effettivamente, portato il problema con sollecitudine al Consiglio e pur concordando sull'urgenza di risolvere il problema, precisa che è, altresì, importante che il problema sia risolto non solo presto, ma anche bene.

Infatti, egli dichiara, l'Amministrazione regionale ha attualmente un rilevante deficit di cassa, il che non è una cosa simpatica, ma non è colpa nostra.

Rileva che, secondo quanto affermato dal Presidente della Giunta, la questione del riparto entrate va impostata, dal punto di vista giuridico, sugli articoli 12, 13 e 50 dello Statuto regionale, che costituiscono la base per ogni discussione in materia. Osserva, in proposito, che l'interpretazione, come si insegna sui banchi della scuola, è letterale, storica e logica. Ora, egli dice, dall'interpretazione dell'articolo 12, primo comma, rileviamo che "oltre il gettito delle entrate proprie della Valle sarà dallo Stato, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota di tributi erariali", il che significa che deve trattarsi di una quota e non di una quota fissa e di una quota variabile.

Rileva che l'articolo 50, comma terzo, stabilisce che "entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle, con legge dello Stato, in accordo colla Giunta regionale, sarà stabilito, a modifica degli articoli 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione".

Fa presente che, qualora non si giunga ad un accordo col Governo sulla questione del riparto, ha qualche dubbio che si debba proprio investire della questione la Corte Costituzionale, perché ritiene che la Regione abbia diritto, ai sensi degli articoli 71 e 121 della Costituzione, di portare la questione all'esame del Parlamento, trattandosi di giudizio di natura politica e non di legittimità.

Insiste sulla opportunità, a tutela degli interessi della Regione, di inserire nella proposta di legge in esame la norma prevista dall'articolo 15 del Decreto 7-9-1945, n. 545.

Rammenta che il Presidente della Giunta ha detto che, in sede di trattative, si è tenuto conto delle spese obbligatorie ordinarie occorrenti per le funzioni normali della Regione e si sono accertate in lire 902 milioni le spese per i servizi statali trasferiti dallo Stato alla Regione.

Osserva che uguale calcolo sarebbe stato fatto se la Valle d'Aosta, anziché essere Regione, fosse una semplice Provincia: rileva che la Valle d'Aosta è costituita in Regione autonoma ed ha un bilancio di circa 1.200.000.000 per le sole spese obbligatorie ordinarie.

Ritiene che se alla Valle d'Aosta è stato dato tale ordinamento, con i vari organi previsti (Consiglio regionale e Giunta regionale) per il funzionamento dei servizi regionali, la Regione debba avere i fondi occorrenti per il suo funzionamento.

Aggiunge che, d'altra parte, la Valle di Aosta chiede in restituzione dallo Stato soltanto una quota parte delle entrate erariali che lo Stato riscuote nel territorio regionale.

Dichiara che, in sostanza, l'appunto che egli fa alla abilissima esposizione del Presidente della Giunta concerne l'impostazione data alla questione e l'affermazione che, in fine dei conti, non si può chiedere di più.

Rammenta, infine, che il Presidente della Giunta, nel riconoscere che egli aveva perfettamente ragione di sostenere la conferma dell'applicazione dell'articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545, ha comunicato che nell'anno 1954 gli Uffici distrettuali delle Imposte dirette di Aosta e di Châtillon avevano ottenuto che alcune Ditte, aventi la sede fuori Valle e stabilimenti in Valle, pagassero in Valle d'Aosta le loro imposte relative a tali stabilimenti. Osserva che l'articolo 3 del disegno di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione contiene una norma negativa che limita il riparto alle imposte "percepite nel territorio della Valle d'Aosta", per cui sarà difficile ottenere ancora l'applicazione dell'articolo 15 del predetto Decreto, che sarebbe sorpassato dall'articolo 3 dell'emananda legge sul riparto in esame.

Per quanto riguarda la questione della quota fissa e della quota mobile, rammenta che il Presidente della Giunta ha detto che trattasi di questione opinabile. Conferma che all'articolo 12 dello Statuto è detto che sarà attribuita alla Valle d'Aosta "una quota dei tributi erariali" e, quindi, non due quote, come sarebbe con il sistema della quota fissa e della quota variabile. Osserva che la quota unica dovrebbe essere fissa, anche in relazione allo spirito delle discussioni avvenute nell'Assemblea Costituente a fine gennaio 1948, durante l'approvazione degli articoli dello Statuto concernenti l'ordinamento finanziario della Regione.

Aggiunge di non essere convinto del ragionamento fatto dal Presidente della Giunta, secondo il quale la quota variabile potrebbe servire alla Regione nella malaugurata ipotesi che lo stabile della Casa da Gioco venisse ad incendiarsi.

Rammenta, in proposito, che il Presidente della Giunta, Bondaz, ha detto che la Casa da Gioco di Saint Vincent non è legalizzata, ma che nello stabilire la quota di riparto entrate erariali si è tenuto conto del gettito del Casinò, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Dichiara di aver preso atto di tale dichiarazione, ma fa presente che ritiene, però, opportuno che questo sia detto ben chiaro nella legge, mettendo i puntini sulle i, come si fa allorquando si stipula un contratto, perché la Regione non ha, attualmente, alcun documento ufficiale che comprovi che i proventi della Casa da Gioco sono stati conteggiati agli effetti del riparto entrate erariali. È vero, egli dice, che troveremo inserito nel verbale dell'adunanza odierna le predette comunicazioni fatteci dal Presidente della Giunta in merito alla questione, ma se ci trovassimo nella necessità di dover fare valere tali dichiarazioni ci risponderebbero che si tratta di affermazioni unilaterali del Presidente della Giunta. Quindi, egli dichiara, se siamo d'accordo sulla sostanza, diciamolo ben chiaro nel disegno di legge.

Rammenta che il Presidente della Giunta ha affermato che non sarebbe nemmeno prudente chiedere il riconoscimento esplicito della Casa da Gioco. Ritiene che il Presidente della Giunta non abbia letto bene l'ordine del giorno da lui proposto nel quale, alla lettera b), si parla di riconoscimento esplicito "dei proventi del Casinò di Saint Vincent", e non già del Casinò stesso.

Sottolinea che, poiché si è tenuto conto dei proventi del Casinò nello stabilire la quota di riparto entrate, si debbono menzionare nell'articolo 2 della legge anche i proventi del Casinò.

Fa presente che il "riconoscimento esplicito dei proventi del Casinò di St. Vincent" salvaguarderebbe la Regione da ogni sorpresa futura, in quanto, se venissero, per avventura, a cessare detti proventi, la Regione avrebbe diritto a fare rivedere la legge del riparto entrate, come è previsto in caso di attuazione del regime di zona franca (articolo 16 del disegno di legge).

Osserva che l'ultimo punto riguarda il più volte menzionato articolo 15 del Decreto L.L. 7-9-1945, n. 545, di cui il Presidente della Giunta non ritiene necessario richiedere la conferma nel disegno di legge. Dichiara di essere, invece, dell'avviso che si dovrebbe stabilire ben chiaro nel disegno di legge che la disposizione del menzionato articolo 15 rimane sempre in vigore affinché, in avvenire, non possa esserne contestata l'efficacia.

Conclude, ribadendo l'opportunità che il Consiglio approvi l'ordine del giorno da lui proposto che, anche se redatto in termini piuttosto semplici, essendo stato stilato da persona che non è specificatamente versata nella disciplina sottile della finanza, ha però il pregio di specificare i punti essenziali che è bene fare risultare nel disegno di legge, affinché ne risulti un testo preciso e chiaro, come è nell'intenzione dei Consiglieri della minoranza.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, informa che nella relazione Vanoni, pubblicata in un volume di statistica generale della situazione economica e finanziaria delle Regioni per il 1954, a pagina 125, e cioè nel punto ove si fa il raffronto del bilancio della Valle d'Aosta con i bilanci delle altre Regioni autonome, è messo in risalto che la Valle d'Aosta ha i proventi della Casa da Gioco di Saint Vincent.

Il Consigliere CHABOD Renato rileva che ciò può costituire un certo riconoscimento "de facto" di tali proventi, mentre con la sua proposta si otterrebbe un riconoscimento "de iure".

Il Presidente, PAREYSON, invita il Consiglio a votare, per alzata di mano, sulla proposta di ordine del giorno di carattere pregiudiziale, presentato dal Consigliere Chabod Renato, ordine del giorno di cui dà lettura e che è del tenore seguente:

"IL CONSIGLIO

ritenuto che il disegno di legge sottoposto al suo esame contrasta, nella impostazione generale e nelle singole norme, con i principi fondamentali dello Statuto regionale e rinnega diritti acquisiti alla Valle d'Aosta fin dal D.L.L. 7-9-1945, n. 545;

Delibera

di sottoporlo a sostanziali modifiche, che assicurino, in particolare, il rispetto dei seguenti tre punti:

a) - unica quota fissa adeguata alle necessità della Valle e quindi non inferiore a quella della proposta 27-1-1948 della Delegazione Valdostana alla Commissione dei 18;

b) - riconoscimento esplicito dei proventi del Casinò di St. Vincent;

c) - mantenimento della disposizione dell'art. 15 D. L. L. 7-9-1945, n. 545".

Procedutosi alla votazione, per alzata di mano, il Presidente accerta e comunica che il Consiglio, con voti contrari venticinque e voti favorevoli nove, ha respinto la soprariportata proposta di ordine del giorno presentato dal Consigliere Chabod Renato.

IL CONSIGLIO

prende atto.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, propone di porre in votazione la proposta di chiusura della discussione di carattere generale sul progetto di legge concernente l'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta, ai fini del passaggio alla discussione dei singoli articoli del progetto di legge stesso.

Il Presidente, PAREYSON, invita il Consiglio a votare, per alzata di mano, sulla predetta proposta del Presidente della Giunta.

IL CONSIGLIO

ad unanimità di voti (Consiglieri presenti e votanti numero trentaquattro);

Delibera

di approvare la proposta di chiusura della discussione di carattere generale sul progetto di legge per l'ordinamento finanziario della Regione Autonoma Valle d'Aosta ed il conseguente passaggio alla discussione, nell'adunanza pomeridiana, dei singoli articoli del progetto di legge stesso.

---

Si dà atto che la seduta viene sospesa alle ore tredici e minuti quindici e rinviata alle ore quindici e minuti trenta del giorno stesso.

______