Compte rendu complet du débat du Conseil régional

Objet du Conseil n. 2443 du 5 mars 1997 - Resoconto

SEDUTA POMERIDIANA DEL 5 MARZO 1997

OGGETTO N. 2443/X Discussione del disegno di legge: "Nuova disciplina del servizio sanitario regionale, approvazione del piano socio-sanitario regionale per il triennio 1997/1999 e modificazioni alla dotazione organica di cui alla legge regionale 29 maggio 1992, n. 19 (Modificazioni ed integrazioni alle norme sull'ordinamento dei servizi regionali e sullo stato giuridico del personale della Regione. Approvazione delle nuove tabelle organiche dei posti e del personale dell'Amministrazione regionale), come modificata dalla legge regionale 13 dicembre 1995, n. 49".

Capo I Norme Generali

Articolo 1 (Servizio sanitario regionale)

1. La Regione autonoma Valle d'Aosta, nell'esercizio delle competenze ad essa spettanti ai sensi dell'articolo 3, comma primo, lett. l) della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), provvede alla tutela della salute secondo i principi e gli obiettivi stabiliti dagli articoli 3 e 32 della Costituzione, dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) e dall'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dall'articolo 2 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, mediante il Servizio sanitario regionale.

2. Il Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati, nell'ambito territoriale della Regione, alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione. Esso opera senza distinzione di condizioni individuali e sociali e secondo modalità che assicurino l'uguaglianza dei cittadini, garantendone altresì la partecipazione.

3. Nell'ambito del Servizio sanitario regionale è promosso il coordinamento con gli interventi di competenza di tutti gli enti ed organismi che svolgono, nel settore sociale, attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività. In particolare è assicurato il coordinamento con i servizi socio-assistenziali.

Articolo 2 (Funzioni esercitate dall'Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta)

1. In relazione a quanto previsto dalla legge regionale 8 giugno 1994, n. 24 (Trasformazione in Azienda regionale dell'Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta: organi di gestione), le funzioni amministrative relative alla gestione del Servizio sanitario regionale sono svolte dall'Azienda regionale Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta, di seguito denominata USL, fatte salve le disposizioni contenute nei successivi articoli del presente capo.

Articolo 3 (Funzioni di competenza della Regione)

1. Nel rispetto dei principi contenuti nella legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45 (Riforma dell'organizzazione dell'Amministrazione regionale della Valle d'Aosta e revisione della disciplina del personale), nei riguardi delle attività comprese nel Servizio sanitario regionale e di quelle relative ai servizi socio-assistenziali:

a) il Consiglio regionale determina gli indirizzi di natura politica e programmatica in materia di tutela della salute fissandone le relative risorse finanziarie;

b) la Giunta regionale:

1) provvede all'assegnazione e all'erogazione delle risorse finanziarie;

2) svolge funzioni di programmazione, di indirizzo e di controllo;

3) determina le modalità di partecipazione degli utenti e dei loro familiari alle spese di funzionamento dei servizi socio-assistenziali, gestiti sia direttamente sia da parte degli enti locali;

4) esercita le funzioni e competenze in materia di:

4.1 minori, disabili e prevenzione del disagio, anche mediante interventi di assistenza economica;

4.2 formazione degli operatori socio-assistenziali;

4.3 invalidi civili, ciechi civili e sordomuti;

4.4 Osservatorio epidemiologico regionale;

4.5 veterinaria, secondo quanto stabilito dalla legge regionale 16 agosto 1994, n. 45, istitutiva del Servizio veterinario regionale;

4.6 autorizzazione e vigilanza in materia di tutela sanitaria dell'ambiente, fatto salvo quanto previsto dalla legge regionale 4 settembre 1995, n. 41 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) e creazione, nell'ambito dell'Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta, del Dipartimento di prevenzione e dell'Unità operativa di microbiologia);

4.7 formazione e revisione della pianta organica delle farmacie e istituzione di dispensari farmaceutici ai sensi dell'articolo 43 della legge regionale 25 ottobre 1982, n. 70 (Esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di medicina legale, di vigilanza sulle farmacie ed assistenza farmaceutica).

2. Le competenze prefettizie in materia di tossicodipendenze di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) sono svolte, su delega del Presidente della Giunta regionale, da un funzionario di qualifica unica dirigenziale dell'Assessorato regionale della sanità ed assistenza sociale.

3. Ai fini dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1 le competenti strutture della Regione si avvalgono dei servizi dell'USL.

4. La Regione può trasferire o delegare proprie competenze agli enti locali attribuendo agli stessi i mezzi finanziari necessari.

5. La Giunta regionale adotta schemi-tipo per la stipulazione di convenzioni con istituzioni private per la gestione di servizi socio-assistenziali.

Articolo 4 (Funzioni di competenza degli enti locali)

1. Gli enti locali provvedono in modo uniforme alla gestione dei servizi nei seguenti settori:

a) assistenza agli anziani;

b) asili nido e servizi alternativi;

c) assistenza domiciliare integrata rivolta a tutta la popolazione.

2. Gli enti locali esercitano le loro funzioni in modo coordinato e integrato con la Regione e l'USL; a tal fine si procede mediante la stipula di accordi di programma.

3. Le prestazioni mediche, infermieristiche e riabilitative, nonché le forniture farmaceutiche e parafarmaceutiche, presso la rete dei servizi socio-sanitari integrati gestiti dagli enti locali, sono assicurate dall'USL.

4. Il personale già appartenente al ruolo speciale di cui alla legge regionale 5 aprile 1990, n. 12 (Testo unificato delle norme regionali per il personale addetto ai servizi a favore delle persone anziane ed inabili di cui alla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 93), è trasferito agli enti locali o loro consorzi ai quali è assicurata dalla Regione la totale copertura dei relativi costi.

5. Gli infermieri professionali titolari di un posto di ruolo presso il Comune di Aosta alla data di entrata in vigore della presente legge sono trasferiti, con la qualifica di operatore professionale collaboratore, all'USL, conservando interamente ai fini retributivi e previdenziali, in analogia a quanto previsto dall'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), l'anzianità maturata nel ruolo.

Capo II Piano Socio-Sanitario regionale

Articolo 5 (Servizio socio-assistenziale)

1. Il Servizio socio-assistenziale regionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati, nell'ambito territoriale della Regione, a promuovere il benessere delle persone, a prevenire e rimuovere le situazioni di bisogno, di rischio e di emarginazione sociale.

Articolo 6 (Durata e modalità di approvazione)

1. Per il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, la Regione informa la propria attività al metodo della programmazione, in armonia con i contenuti e gli indirizzi del piano socio-sanitario regionale, di seguito denominato piano, secondo le disposizioni del presente capo.

2. Il piano ha durata triennale ed è approvato con legge regionale.

Articolo 7 (Contenuti)

1. Il piano contiene in particolare:

a) la determinazione degli obiettivi da realizzare, nel triennio, con riferimento a quelli previsti dall'articolo 1 del d.lgs. 502/1992, come modificato dall'articolo 2 del d.lgs. 517/1993; nell'ambito di tali obiettivi sono stabilite le modalità per l'erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, in modo da rendere certa ed esigibile la fruizione delle stesse da parte degli aventi titolo, e al fine di assicurare livelli minimi di prestazioni socio-sanitarie su tutto il territorio regionale;

b) le procedure e le modalità per le verifiche periodiche sullo stato di attuazione del piano stesso.

2. Il piano contiene altresì le ulteriori indicazioni e determinazioni ad esso demandate da norme di legge statali o regionali.

3. Le indicazioni contenute nel piano hanno valore di indirizzo per l'attività programmatoria esercitata dalla Giunta regionale e per l'attività gestionale esercitata dall'USL.

Articolo 8 (Finalità)

1. Il piano persegue le seguenti finalità:

a) la promozione e tutela della salute fisica, psichica e sociale dei singoli, delle famiglie, dei gruppi e delle comunità, mediante interventi finalizzati alla rimozione delle cause di nocività, di disagio e di malattia, potenziando in particolare le attività di prevenzione, riabilitazione, reinserimento e garantendo altresì la continuità terapeutica ed assistenziale;

b) l'erogazione di livelli uniformi di assistenza che superino gli squilibri fra domanda e offerta di servizi socio-sanitari nelle diverse aree del territorio regionale perseguendo in maniera diffusa livelli qualitativi elevati di assistenza nonché la garanzia per i cittadini di uguali opportunità di accesso alle attività ed alle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate ai sensi della normativa vigente;

c) il raggiungimento di una più elevata efficacia e produttività del sistema di servizi socio-sanitari regionali, migliorando la qualità dei servizi resi e razionalizzando l'uso delle risorse;

d) l'umanizzazione dei servizi con particolare riguardo all'assistenza ospedaliera ed ai servizi residenziali per non autosufficienti;

e) la realizzazione della piena integrazione programmatica ed operativa tra servizi sanitari e socio-assistenziali e tra le loro rispettive articolazioni interne entro ambiti territoriali omogenei;

f) la promozione della partecipazione e lo sviluppo delle diverse forme di collaborazione ed accordo tra le istituzioni pubbliche e il comparto privato e del privato sociale;

g) la qualificazione tecnico-scientifica del servizio socio-sanitario attraverso l'applicazione di conoscenze e metodiche innovative;

h) la valorizzazione della solidarietà organizzata e della famiglia, come condizioni qualitative per una maggiore tutela della persona;

i) il contrasto e la riduzione delle condizioni di rischio e di emarginazione psicosociale nella popolazione;

l) la qualificazione dell'assistenza farmaceutica.

Articolo 9 (Obiettivi)

1. Il piano persegue due macroobiettivi strategico-politici:

a) l'utilizzazione delle previsioni di cui all'articolo 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), ribadite dall'articolo 2 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), al fine di giungere ad una sempre più completa autonomia programmatoria e gestionale;

b) l'avvio di sinergie fra il sistema pubblico e il sistema privato per la gestione dei servizi socio-sanitari mediante formule organizzative di tipo aziendale.

2. Gli obiettivi che si intendono raggiungere in applicazione dei macroobiettivi di cui al comma 1 sono i seguenti:

a) il progressivo recupero della mobilità ospedaliera interregionale, intendendosi con quest'espressione la necessità di operare gli opportuni interventi al fine di ridurre ed eliminare progressivamente il flusso di pazienti che si rivolgono, per patologie di base, presso strutture pubbliche ubicate in altre regioni;

b) la ridefinizione, l'omogeneizzazione e il miglioramento della qualità delle prestazioni;

c) il potenziamento della rete dei servizi socio-sanitari integrati;

d) la riorganizzazione dell'assistenza ospedaliera;

e) il progressivo coinvolgimento dell'utenza nelle scelte di politica socio-sanitaria;

f) il completamento del processo di aziendalizzazione dell'USL;

g) la revisione del ruolo del medico di medicina generale;

h) l'istituzione del servizio di emergenza sanitaria territoriale e del servizio di continuità assistenziale.

Capo III Norme regolanti i rapporti tra Regione e USL

Articolo 10 (Strumenti del potere di indirizzo)

1. La Giunta regionale esercita il proprio potere di indirizzo nei confronti dell'USL, oltre che mediante il piano di cui al Capo II, anche tramite i seguenti altri strumenti:

a) il contratto di programma;

b) la nomina e la decadenza del direttore generale dell'USL;

c) la verifica della qualità dei servizi resi dall'USL.

2. Per quanto attiene al comma 1, lett. b) e c), si rinvia, rispettivamente, alle previsioni di cui agli articoli 3 e 9 della legge regionale. 24/1994 ed alle disposizioni relative al controllo di gestione introdotte dal capo VIII della legge regionale 16 luglio 1996, n. 19 (Norme sull'assetto contabile, gestionale e di controllo dell'Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta, in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517).

Articolo 11 (Contratto di programma)

1. Il contratto di programma, sottoscritto annualmente tra la Regione e l'USL dopo la predisposizione del bilancio regionale, contiene:

a) l'indicazione puntuale delle risorse che la Regione trasferisce all'USL sia per la gestione sia per gli investimenti;

b) gli obiettivi da perseguire;

c) i risultati attesi.

Capo IV Organizzazione dell'USL

Articolo 12 (Articolazione dell'USL)

1. L'USL è articolata in due aree, in un ufficio di alta direzione e nel dipartimento di prevenzione di cui alla legge regionale. 41/1995.

2. Le aree sono le seguenti:

a) area territoriale;

b) area ospedaliera.

3. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Servizi dell'USL, fatti salvi i Servizi n. 1 e n. 5, già conglobati nel Dipartimento di prevenzione ai sensi della legge regionale. 41/1995, ed i Servizi n. 7 e n. 8, trasformati in Dipartimento interdivisionale per le funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 22, comma 2, sono trasformati in aree.

4. La trasformazione dei Servizi in aree avviene nel modo di seguito specificato:

Servizi Aree

Servizio di medicina legale Area territoriale

Servizio di assistenza Area territoriale

sanitaria di base

Servizio di assistenza Area ospedaliera

specialistica, ospedaliera

ed extraospedaliera,

integrativa della

assistenza di base

Servizio socio-assistenziale Area territoriale.

Articolo 13 (Area territoriale)

1. L'area territoriale comprende il complesso delle attività utilmente erogabili sul territorio e si articola in:

a) 14 distretti socio-sanitari di base;

b) 4 macrodistretti.

Articolo 14 (Direttore dell'area territoriale)

1. All'area territoriale è preposto un direttore che coordina le attività svolte in essa.

2. Il direttore dell'area territoriale è assunto con provvedimento motivato del direttore generale fra i laureati in medicina che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno tre anni una qualificata attività di direzione tecnica, amministrativa o sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

3. Il rapporto di lavoro conseguente alla nomina è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato a termine di durata quinquennale e rinnovabile. Detto rapporto non può comunque protrarsi oltre il settantesimo anno di età.

4. Il contenuto del contratto di lavoro del direttore dell'area territoriale è stabilito con provvedimento del direttore generale.

5. Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, il direttore generale procede alla risoluzione del contratto e dichiara la decadenza del direttore di area territoriale nominandone uno nuovo.

6. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o impedimento del direttore di area territoriale, le relative funzioni sono svolte da uno dei direttori di macrodistretto designato a tal fine con deliberazione del direttore generale. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi, si procede alla sostituzione, che avviene con le stesse modalità previste per la nomina.

7. Qualora come direttore dell'area territoriale sia nominato un dipendente dell'USL, lo stesso, per tutta la durata del rapporto di lavoro conseguente alla nomina, è collocato in regime di aspettativa senza assegni.

Articolo 15 (Distretti socio-sanitari di base)

1. I distretti socio-sanitari di base costituiscono gli ambiti territoriali in cui si sviluppa la funzione di tutela socio-sanitaria del cittadino e di garanzia dei livelli uniformi di assistenza.

2. Gli ambiti territoriali dei distretti sono quelli previsti dall'allegato A alla legge regionale 29 novembre 1978, n. 60 (Organizzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali della Regione).

3. Compito dei distretti è l'erogazione dei servizi di prima istanza e di pronto intervento in uniformità alle prescrizioni del piano socio-sanitario regionale ed alle direttive emanate dai direttori dei macrodistretti ai sensi del combinato disposto dell'articolo 16, comma 2, e dell'articolo 17, comma 7.

Articolo 16 (Macrodistretti)

1. I macrodistretti costituiscono articolazione organizzativa funzionalmente dipendente dall'alta direzione. Hanno compiti di coordinamento del territorio di competenza e, quindi, coordinano le attività dei distretti di riferimento, fatte salve le competenze di base di cui all'articolo 15, comma 3.

2. I macrodistretti, per il tramite dei loro direttori, coordinano le attività svolte nel bacino di utenza e gestiscono il budget assegnandolo ai singoli distretti.

3. Gli ambiti territoriali dei macrodistretti sono quelli previsti nel paragrafo 4.4.1 del piano allegato alla presente legge.

Articolo 17 (Direttori di macrodistretto)

1. I direttori di macrodistretto sono assunti con provvedimento motivato del direttore generale fra i laureati che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno un anno una qualificata attività di direzione tecnica, amministrativa o sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

2. Il rapporto di lavoro conseguente alla nomina è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato a termine, di durata quinquennale e rinnovabile. Detto rapporto non può comunque protrarsi oltre il settantacinquesimo anno di età.

3. I contenuti del contratto di lavoro dei direttori di macrodistretto sono stabiliti con deliberazione del direttore generale.

4. Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, il direttore generale procede alla risoluzione del contratto e dichiara la decadenza del direttore di macrodistretto nominandone uno nuovo.

5. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o impedimento di un direttore di macrodistretto, le relative funzioni sono svolte da uno degli altri direttori di macrodistretto designato a tal fine con deliberazione del direttore generale. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione, che avviene con le stesse modalità previste per la nomina.

6. Qualora come direttore di macrodistretto sia nominato un dipendente dell'USL, lo stesso, per tutta la durata del rapporto di lavoro conseguente alla nomina, è collocato in regime di aspettativa senza assegni.

7. A ciascun direttore di macrodistretto è assegnato un budget da utilizzarsi per le finalità e gli scopi di cui al capo III della legge regionale. 19/1996.

Articolo 18 (Area ospedaliera)

1. L'area ospedaliera comprende tutti i servizi ospedalieri ed è suddivisa in unità operative e moduli.

Articolo 19 (Direttore di area ospedaliera)

1. Il direttore di area ospedaliera coincide con il dirigente medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative del presidio ospedaliero previsto dall'articolo 4, comma 9, del d.lgs. 502/1992, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lett. f), del d.lgs. 517/1993.

2. Ai fini del conferimento dell'incarico di direttore di area ospedaliera, fino all'emanazione dei regolamenti che determinano i requisiti ed i criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale previsti dall'articolo 2, comma 1bis, del decreto-legge 18 novembre 1996, n. 583 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 gennaio 1997, n. 4, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1septies del d.l. 583/1996, convertito nella l. 4/1997.

Articolo 20 (Accertamento della conoscenza della lingua francese del direttore dell'area territoriale, dei direttori dei macrodistretti e del direttore di area ospedaliera. Costituzione di commissione)

1. Prima dell'adozione del provvedimento di assunzione, il direttore dell'area territoriale, i direttori dei macrodistretti ed il direttore di area ospedaliera devono dimostrare la conoscenza della lingua francese.

2. Per l'accertamento della conoscenza della lingua francese delle figure di cui al comma 1 è costituita un'unica commissione, composta da:

a) il direttore generale, che la presiede;

b) il dirigente della struttura regionale competente in materia di sanità;

c) un insegnante in possesso dell'abilitazione all'insegnamento della lingua francese nelle scuole medie superiori, designato con deliberazione della Giunta regionale, quale membro esperto.

3. La prova di accertamento della conoscenza della lingua francese consiste in una conversazione. Chi non riporta la sufficienza, pari a sei decimi, in tale prova non può essere nominato direttore dell'area territoriale, direttore di macrodistretti o direttore di area ospedaliera.

4. Sono esentati dal sottoporsi all'accertamento della conoscenza della lingua francese coloro che abbiano superato con esito positivo analoga prova prevista dall'articolo 6 della legge regionale. 24/1994, ai fini dell'inserimento nell'elenco regionale per la nomina a direttore generale, o dall'articolo 19 della legge regionale. 24/1994, ai fini della nomina a direttore amministrativo, direttore sanitario o coordinatore dei servizi sociali dell'USL, o dall'articolo 10 della legge regionale. 41/1995, ai fini della nomina a direttore generale dell'ARPA, o abbiano superato con esito positivo la prova preliminare di lingua francese per un concorso ad un posto di qualifica dirigenziale dell'amministrazione regionale o ad un posto di primario (2° livello dirigenziale) dell'USL.

Articolo 21 (Istituzione di nuove unità operative e transito di unità operative all'istituenda area territoriale)

1. All'articolazione del Servizio di assistenza sanitaria specialistica, ospedaliera ed extraospedaliera, integrativa dell'assistenza di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge regionale 17 giugno 1988, n. 56 (Aggiornamento del piano socio-sanitario della Regione Valle d'Aosta per il triennio 1983/1985), come modificato dall'articolo 40, comma 3, della legge regionale. 41/1995, destinato a transitare, ai sensi dell'articolo 12, commi 3 e 4, all'area ospedaliera sono aggiunte le seguenti unità operative:

"31ter) dermatologia;

31quater) urologia;

31quinquies) chirurgia toracica."

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Unità operativa di soccorso sanitario 118 (UO 118) e l'Unità operativa di traumatologia territoriale, istituite dall'articolo 6, comma 1, della legge regionale 20 agosto 1993, n. 70 (Organizzazione del sistema di emergenza sanitaria), transitano dal Servizio n. 4 dell'USL (Servizio di assistenza specialistica, ospedaliera ed extraospedaliera, integrativa dell'assistenza di base) al Servizio n. 3 (Servizio di assistenza sanitaria di base) e, quindi, ai sensi dell'articolo 12, commi 3 e 4, transitano dall'area ospedaliera all'area territoriale.

Articolo 22 (Dipartimenti)

1. Il dipartimento costituisce l'aggregazione delle unità operative che mantengono la loro autonomia, indipendenza e responsabilità, ma che riconoscono la propria interdipendenza funzionale adottando un comune codice di comportamento clinico-assistenziale.

2. Funzioni trasversali che coinvolgono entrambe le aree sono garantite da dipartimenti interdivisionali.

Articolo 23 (Ufficio di alta direzione)

1. L'ufficio di alta direzione è composto dal direttore generale, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario.

2. Compito dell'ufficio di alta direzione è la definizione delle strategie e del controllo strategico dell'USL.

3. Per quanto riguarda le competenze delle figure di cui al comma 1 si rinvia alle previsioni della legge regionale. 24/1994.

Capo V Mezzi di programmazione dell'USL

Articolo 24 (Piano strategico di sviluppo)

1. Il piano strategico di sviluppo costituisce lo strumento ufficiale della pianificazione aziendale dell'USL e contiene:

a) il budget;

b) la dotazione organica.

Articolo 25 (Dotazione organica dell'USL)

1. La dotazione organica complessiva numerica dell'USL, stabilita dall'allegato C alla legge regionale. 56/1988, è aumentata di n. 3 posti di primario (2° livello dirigenziale) per far fronte alle esigenze derivanti dall'istituzione delle tre nuove unità operative previste dall'articolo 21 e di due posti di operatore professionale collaboratore in applicazione dell'articolo 4, comma 5.

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) i 141 posti di operatore professionale di 2a categoria come rideterminati, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), con la deliberazione del Direttore generale dell'USL n. 1550 in data 2 maggio 1995, successivamente modificata dalla deliberazione n. 1752 in data 15 maggio 1995, sono trasformati in altrettanti posti di operatore professionale di 1a categoria, personale infermieristico, infermieri professionali, con l'avvertenza che i 46 posti vacanti possono essere coperti secondo la vigente normativa per l'accesso ai posti dell'USL, mentre i rimanenti 95 posti, collocati in soprannumero e ad esaurimento del personale attualmente in servizio, sono coperti man mano che si rendono vacanti;

b) 25 posti di ausiliario socio-sanitario sono trasformati in altrettanti posti di operatore tecnico addetto all'assistenza (OTA).

3. La suddivisione del personale fra le varie unità operative ed unità dipartimentali effettuata dall'allegato C alla legge regionale. 56/1988 è soppressa; l'assegnazione del personale è effettuata con provvedimento del direttore generale.

4. Ogni anno, sulla base delle previsioni del contratto di programma, l'USL verifica la congruità della dotazione organica e, previo esame dei carichi di lavoro, a condizione che sia garantita la relativa copertura finanziaria, con provvedimento del direttore generale vengono eventualmente rideterminate sia la consistenza numerica che le figure professionali necessarie e la nuova dotazione organica è inserita nel piano strategico di sviluppo.

5. In sede di prima applicazione la verifica della congruità della dotazione organica è effettuata entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge ed in ogni caso in sede di approvazione del primo piano strategico di sviluppo.

Articolo 26 (Norma di rinvio)

1. Per quanto non diversamente disposto dal presente capo si applicano le norme sull'assetto contabile, gestionale e di controllo dell'USL contenute nella legge regionale. 19/1996.

Capo VI Modificazioni alla dotazione organica regionale

Articolo 27 (Dotazione organica regionale)

1. Dalla consistenza complessiva della dotazione organica prevista dall'allegato A alla legge regionale 29 maggio 1992, n. 19 (Modificazioni ed integrazioni alle norme sull'ordinamento dei servizi regionali e sullo stato giuridico del personale della Regione. Approvazione delle nuove tabelle organiche dei posti e del personale dell'Amministrazione regionale), come modificata dalla legge regionale 13 dicembre 1995, n. 49, sono portati in diminuzione quattro posti di educatore professionale (7a qualifica funzionale) e sono corrispondentemente aumentati sei posti di assistente domiciliare e dei servizi tutelari (ADEST - 5a qualifica funzionale).

2. Alla copertura della maggiore spesa derivante dall'applicazione del comma 1, valutata in lire 60 milioni, a decorrere dal 1997, si provvede mediante utilizzo degli stanziamenti già iscritti ai capitoli 30500 e 30501 del bilancio pluriennale della Regione per gli anni 1996/1998.

Capo VII Disposizioni finanziarie

Articolo 28 (Disposizioni finanziarie)

1. Annualmente, con legge finanziaria, la Regione stabilisce le risorse complessive necessarie al funzionamento del sistema socio-sanitario regionale nel successivo triennio, in armonia con i principi e le linee di indirizzo contenuti nella presente legge.

Capo VIII Norme finali

Articolo 29 (Approvazione del piano)

1. È approvato il piano per il triennio 1997/1999 allegato alla presente legge.

Articolo 30 (Modificazioni di norme)

1. Il comma secondo dell'articolo 16 della legge regionale 15 dicembre 1982, n. 93 (Testo unico delle norme regionali in materia di promozione di servizi a favore delle persone anziane ed inabili) è sostituito dal seguente:

"Le quote di partecipazione degli utenti sono riscosse dall'ente gestore e vengono scomputate dalle spese di cui all'articolo 18."

2. Il comma 4 dell'articolo 10 della legge regionale 24 ottobre 1989, n. 68 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo per il triennio 1988-1990 relativa al personale regionale) è sostituito dal seguente:

"4. Il servizio mensa è gratuito per il personale educativo che contestualmente sia tenuto ad assicurare l'assistenza ai portatori di handicap. Il tempo relativo è valido a tutti gli effetti anche per il completamento dell'orario di servizio."

3. Il comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 21 dicembre 1990, n. 80 (Interventi finanziari per opere pubbliche destinate all'assistenza delle persone anziane, inabili e handicappate) è sostituito dal seguente:

"2. L'intervento della Regione si attua mediante la concessione di contributi in conto capitale agli enti locali per la progettazione, l'acquisto, la costruzione, compresa l'acquisizione di aree, la ristrutturazione e l'ampliamento di stabili destinati all'assistenza delle persone di cui al comma 1."

4. Il comma 1 dell'articolo 17 della legge regionale. 24/1994 è sostituito dal seguente:

"1. Il Direttore sanitario è assunto con provvedimento motivato dal Direttore generale fra i laureati in medicina che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione."

5. Il comma 2 dell'articolo 17 della legge regionale. 24/1994 è sostituito dal seguente:

"2. Ai fini del conferimento dell'incarico di Direttore sanitario, fino all'emanazione dei regolamenti che determinano i requisiti ed i criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale previsti dall'articolo 2, comma 1bis del d.l. 583/1996, convertito, con modificazioni nella l. 4/1997, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1septies, del d.l. 583/1996, convertito, con modificazioni nella l. 4/1997."

6. Il comma 1 dell'articolo 13 della legge regionale 15 dicembre 1994, n. 77 (Norme in materia di asili-nido) è sostituito dal seguente:

"1. Possono essere ammessi i bambini di età compresa tra i nove mesi e i tre anni. Le domande di ammissione e quelle di rinnovo sono presentate entro i termini stabiliti dall'ente gestore."

7. L'articolo 38 della legge regionale. 77/1994 è sostituito dal seguente:

"Articolo 38

(Partecipazione degli utenti alle spese)

1. La Giunta regionale, sentiti gli enti gestori, individua i criteri per la partecipazione dei genitori o di chi ne fa le veci alle spese del servizio, fermo restando che spetta ai suddetti enti la determinazione delle tariffe ai sensi della normativa vigente."

Articolo 31 (Abrogazioni di norme)

1. Sono abrogati:

a) la legge regionale 22 gennaio 1980, n. 2 (Organizzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali della Valle d'Aosta per la costituzione del servizio socio-sanitario regionale);

b) la legge regionale 21 aprile 1981, n. 21 (Articolazione organizzativa e funzionamento del servizio socio-sanitario regionale);

c) la legge regionale 9 giugno 1981, n. 28 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 gennaio 1980, n. 2: Organizzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali della Valle d'Aosta per la costituzione del servizio socio-sanitario regionale);

d) la legge regionale 23 giugno 1983, n. 66 (Piano socio-sanitario della Regione Valle d'Aosta per il triennio 1983/1985);

e) gli allegati A e D alla legge regionale. 56/1988;

f) la legge regionale 12/1990;

g) la legge regionale 19 agosto 1992, n. 41 (Interventi finanziari della Regione per case di riposo convenzionate per anziani ed inabili);

h) la legge regionale 19 luglio 1995, n. 26 (Modificazioni alla legge regionale 5 aprile 1990, n. 12 (Testo unificato delle norme regionali per il personale addetto ai servizi a favore delle persone anziane ed inabili di cui alla legge regionale 15 dicembre 1982, n. 93)).

Allegati

(...omissis...)

Président Avant de passer la parole au Conseiller Bavastro, je dois rappeler qu'une lettre nous a été adressée par l'Association diabétique de la Vallée d'Aoste. Cette lettre, à la signature du Président Navaretta Pierino, sera distribuée à tous les conseillers.

Ce matin par contre une lettre télégramme nous est parvenue de la part du Docteur Luciano Sblendorio, Presidente della sezione di Aosta della Lega italiana per la lotta contro i tumori. Egalement cette lettre sera distribuée à tous les conseillers.

Bavastro (UV) Il piano socio-sanitario non è decisamente un argomento che si presti ad una facile sintesi. Abbiamo predisposto con il Consigliere Perrin, che è relatore per la V Commissione, una relazione scritta, che verrà distribuita, in cui abbiamo tentato di riassumere gli aspetti più salienti del piano, senza in realtà poterne approfondire nessuno anche se alcuni di essi lo avrebbero certamente meritato. Un commento esauriente al piano socio-sanitario dovrebbe avere un'ampiezza assai superiore a quella del piano stesso, che è già redatto in una forma di per sé sintetica. La relazione quindi, diventa una sintesi della sintesi e lascia non del tutto soddisfatti coloro che l'hanno predisposta.

In questa sede voglio sottolineare due aspetti che mi sembrano salienti di questo piano, al di là dell'aziendalizzazione dell'U.S.L., che è più oggetto del progetto di legge che non del piano propriamente detto.

Il piano introduce, o perlomeno programma di introdurre, prestazioni importanti che mancavano attualmente, quali la radioterapia, la risonanza magnetica; vengono anche istituite nuove unità operative: la dermatologia e l'urologia.

I servizi ospedalieri prestati saranno quindi qualcosa che andrà oltre la pura medicina di base, in pratica vi saranno servizi per cui il bacino di utenza della Valle d'Aosta risulta abbastanza scarso, ma che per scelta politica vengono ritenuti necessari per questa Regione.

In pratica l'Ospedale sarà in grado di dare tutte le prestazioni esclusi i trapianti di organi o quelle che sono assolutamente inimmaginabili date le nostre dimensioni.

Un altro aspetto molto importante è che per l'Ospedale viene adottato il modello satellitare, che mira in sostanza ad una razionalizzazione dell'Ospedale, dove verrà concentrata tutta la terapia per acuti, mentre per la riabilitazione e la lungodegenza verrà utilizzato il Beauregard.

Verrà completata in modo adeguato la ristrutturazione dell'ex maternità, che ospiterà finalmente un reparto per malattie mentali adeguato.

Si tenterà allo stesso tempo di decongestionare l'Ospedale potenziando i servizi sul territorio, in particolare i poliambulatori, avviando l'assistenza domiciliare che attualmente è una carenza pressoché assoluta, e le R.S.A. per lungodegenti e per anziani.

Tutto questo, e più genericamente tutte le iniziative previste dal piano, sono ciò che si ritiene indispensabile ed urgente per sopperire alle attuali carenze della sanità in Valle d'Aosta; per meglio dire, sono misure ritenute assolutamente indifferibili, urgenti. Questa maggioranza ha quindi l'obbligo di rispondere con la massima celerità possibile alle richieste che provengono dalla collettività valdostana in questo campo, e crediamo che le soluzioni indicate dal piano siano quelle giuste; non solo, crediamo che siano realizzabili in tempi ragionevoli, il che non è indubbiamente secondario.

Lo stesso piano e la legge relativa prevedono del resto una valutazione dei risultati. Questa valutazione permetterà di stabilire se le scelte fatte oggi avranno dato buoni risultati e se saremo stati capaci ovviamente anche di realizzarle in maniera convincente.

Siamo convinti di sì e daremo con convinzione un nostro voto favorevole.

Si dà atto che, dalle ore 18,04, presiede il Vicepresidente Aloisi.

Presidente È aperta la discussione generale. Ha chiesto la parola il Consigliere Parisi.

Parisi (RV) Prima di entrare nel merito del piano socio-sanitario, vorrei far rilevare come arriviamo finalmente, dopo 12 anni, a discutere di un piano. Avere la possibilità finalmente di discutere, di confrontarci su un tema di così vitale importanza è sicuramente un fatto positivo. Si tratta di un piano con il quale vengono tracciate le linee future della politica sanitaria in Valle d'Aosta.

Il piano socio-sanitario regionale che andiamo ad approvare segna certamente una svolta nella programmazione e nella gestione del più importante dei servizi, quello legato alla qualità del suo stato di salute e alla sua speranza di vita.

Dobbiamo convenire che la nostra Regione ha compiuto un apprezzabile sforzo di elaborazione progettuale e programmatica, e che i testi che questo Consiglio si accinge ad approvare sono pregevoli sia sotto l'aspetto della chiarezza propositiva, sia per l'impianto strategico che vi è sotteso.

La prima fondamentale affermazione sta nell'aver ribadito la stretta connessione che esiste e che dovrà esistere fra gli aspetti e gli interventi sociali e quelli sanitari. Da questa scelta derivano infatti conseguenze importanti sul piano funzionale ed una stretta interrelazione fra la nuova azienda sanitaria, la Regione e i comuni. La fissazione di una spesa pro-capite di quasi 2 milioni e mezzo al 1999, alle soglie cioè del nuovo millennio, è in effetti una risposta di grande significato politico rispetto a temi controversi di attualità, quale quello della crisi del welfare state nel nostro Paese.

Ebbene, la nostra risposta tende innanzitutto a prefigurare la tenuta e anzi il miglioramento dei livelli di assistenza, certamente prefigurando l'obiettivo della razionalizzazione e del miglior uso delle risorse, certamente perseguendo un'efficienza e una qualità dei servizi maggiore, ma nel contempo sfatando anche l'equivoco che tutto ciò si possa ottenere dedicando a questo settore meno risorse e quindi con costi complessivi decrescenti. Noi diciamo un no deciso e chiaro ai tagli alla sanità e all'assistenza, e ciò lo possiamo dire in particolare in Valle d'Aosta, in quanto ci possiamo avvalere finalmente dell'autonomia finanziaria in questo settore, che crediamo sia la condizione indispensabile per impostare ed attuare una nostra politica sanitaria.

Forse questo valore dell'autonomia non trova sino in fondo in questo piano triennale dei riferimenti originali e innovatori; essa viene giocata in larga prevalenza sotto l'aspetto della quantità dei servizi erogati e non mostra di avere puntuali ricadute sul terreno altrettanto importante di una qualificazione culturale e strategica propria, di un sigillo che faccia della Valle d'Aosta un punto di riferimento nello sviluppo complessivo del sistema.

Come spesso ci diciamo, l'autonomia come la libertà non è un valore conquistato una volta per tutte; esso va costantemente coltivato e caratterizzato proprio perché non assuma l'aspetto a doppio taglio del privilegio fine a sé stesso e ciò dovrà valere a maggior ragione nell'ambito dei servizi ai cittadini, primi fra tutti quello sociale e quello sanitario.

Avremmo infatti visto volentieri nel piano un approfondimento concettuale e sistematico del nostro ruolo nei confronti ad esempio delle regioni transalpine confinanti, l'impostazione di veri e propri accordi e confronti con Chambéry, con Martigny, sia nell'interazione delle rispettive esperienze, sia nella possibilità di mettere reciprocamente a disposizione le risorse. Questa sarebbe stata un'occasione per ribadire per la nostra Valle una funzione di cerniera e di avanguardia dei processi in atto di effettiva europeizzazione.

Il piano pone giustamente un altro punto fermo sul concetto di equità e ne delinea anche con sufficiente chiarezza i contenuti: migliorare i tempi di risposta, semplificare le procedure di accesso, restituire soprattutto all'assistenza domiciliare il valore centrale che essa aveva purtroppo nel periodo delle vacche magre, quando l'equità era nel mondo dei sogni.

Portare oggi le risposte ai bisogni e sempre più dove vive il cittadino, è un obiettivo che dobbiamo perseguire con maggiore consapevolezza e con un'organizzazione ben più efficace di quelle in essere.

L'impianto che il piano presenta è di quelli ambiziosi ed importanti, ma esso rischia di sedimentarsi su una realtà che anche oggi in fatto di servizi non ha probabilmente eguali nel Paese, sebbene gli esiti non siano spesso altrettanto efficaci in via assoluta e anche nel modo in cui vengono recepiti dall'utenza.

Insomma, alla distribuzione molto capillare delle strutture e dei servizi non corrisponde secondo noi un uguale soddisfacimento della domanda. Dispersione, disomogeneità organizzativa, isolamento professionale sono fra i più evidenti nodi cronici dell'attuale gestione.

I rimedi sono puntualmente indicati nel piano, ma forse occorre una loro semplificazione propositiva per renderli meno farraginosi e complicati in chiave organizzatoria e meno problematici come risposta alle esigenze fondamentali di base.

I rapporti diversamente interagenti fra Ospedale e territorio ad esempio non solo vanno auspicati, ma vanno anche puntualmente perseguiti attraverso l'attività poliambulatoriale nei cosiddetti macrodistretti dei medici ospedalieri, magari con un originale, utile e propedeutico esercizio proprio sul territorio della libera professione intramurale, e attraverso una pari presenza e pari frequentazione ospedaliera del medico di famiglia; insomma è il caso di dire che sia Maometto sia la montagna devono andare l'uno all'altra e viceversa con carattere di continuità e di efficace complementarità.

Come detto giustamente nel piano, i medici di famiglia dovranno essere la guida per l'assistito e non prevalentemente gli amplificatori della domanda sociale. Naturalmente è più facile a dirsi che a farsi, ma di certo occorre prima di tutto togliere tali operatori da quella sorta di isolamento che ne caratterizza il modo professionale d'essere; isolamento che conduce alla difficoltà dell'aggiornamento, al crearsi una nicchia di rendita di posizione, a delegare ad altri, e soprattutto all'Ospedale, la maggior parte delle risposte.

Non stiamo facendo, sia chiaro, un processo ai medici di famiglia e alla loro insostituibile funzione, ma proprio perché fondamentale e insostituibile è tempo che tale funzione si connoti e si caratterizzi ancora meglio; l'A.D.I. (l'assistenza domiciliare integrata) avrà successo proprio a patto che sia sostenuta e coordinata dai medici di base; come le stesse microcomunità, i tanti distretti disseminati sul territorio, gli altri servizi decentrati possono sì essere razionalizzati dalla nuova organizzazione del macrodistretto, ma innanzitutto devono innestarsi sull'input e sulla consapevole professionalità del medico di base, conoscitore dei suoi assistiti e quindi dei reali bisogni.

Il nuovo contratto nazionale prevede molte di queste cose. L'accordo integrativo regionale, che penso verrà prossimamente siglato, dovrà meglio esplicitarle e renderle operative. Mi sembra che questa sia la linea prevista dalla Giunta e dall'Assessore, linea che è contenuta nel piano, e che sia la linea giusta ancor più di quella che strutturalmente e organizzativamente demanda ai macrodistretti la risposta primaria.

Esiste in noi la preoccupazione che questi macrodistretti siano scatole difficili non tanto da riempire, quanto da far funzionare come si deve. La presenza di tanti ambulatori, di tanti specialisti, di tante attrezzature, rischia in alcuni casi di essere un'etichetta o poco più; preferiremmo che ci fosse meno schematizzazione delle funzioni e che invece si seguisse il metodo di coprire con risorse appropriate, umane e strumentali, il bisogno reale. Per non restare nel vago, meglio a volte un'infermiera e una fisioterapista in più che uno specialista che si giri i pollici. Sappiamo tutti che questo accade e sono sicuro che tutti desideriamo una maggiore flessibilità dell'azione socio-sanitaria connessa anche ad una gestione più diretta e meno rigida del personale da parte dell'alta Dirigenza dell'U.S.L.. Nel piano è prevista ad esempio la dotazione radiologica in due macrodistretti, ci sembra che l'esperienza in atto di Morgex consiglierebbe una riconsiderazione sull'effettiva utilità di una tale scelta. Al contrario, riteniamo lo smantellamento della struttura di via Guido Rey, dell'ex dispensario, una forzatura che non tiene conto del massiccio lavoro di prevenzione che lì viene svolto e del grande filtro che il presidio antitubercolare compie, evitando una serie copiosa di ricoveri ospedalieri impropri. Crediamo che una più attenta meditazione su questi aspetti sia comunque auspicabile.

Sempre a proposito di macrodistretti, conveniamo sul fatto che a coordinarli sia una figura medica, la quale garantisca fra l'altro quella continuità assistenziale di base, di soccorso, così utile soprattutto come risposta in chiave turistica e in chiave di filtro rispetto all'intasamento da "corte dei miracoli" del pronto soccorso ospedaliero.

Le strutture dei nostri distretti sono infatti ammirabili e ammirate, ma anche spesso un poco carenti nelle risposte routinarie: più che proporsi come stratega organizzativo, il coordinatore sanitario del macrodistretto dovrà avere questi compiti, insieme all'altro di collegarsi in modo diretto e puntuale con la megastruttura del 118 e con tutto il servizio di guardia medica.

Il fatto che la presenza del privato nella nostra Valle sia scarsa richiede che si cerchino altrove gli stimoli della competizione ed essi andranno trovati soprattutto nella maggiore motivazione, nella comunicazione costante e nella partecipazione concreta.

Con la stupidità che è tipica delle mode nel nostro Paese, ad un certo punto si è detto basta all'invadente presenza dei politici nella sanità. Oggi era facile prevederlo, si constata dappertutto, e l'enfasi managerialistica rischia di ritorcersi proprio contro queste figure di isolatissimi direttori generali, che vagano spesso alla ricerca di riscontri e di consensi indispensabili in un settore che non produce saponette, ma che dà risposte sociali a problemi fondamentali dell'esistenza.

In Valle d'Aosta per fortuna l'azienda sanitaria è unica e i suoi interlocutori diretti sono la Regione e la Giunta, organi politici per eccellenza.

Dobbiamo far sì che questa presenza e queste responsabilità politiche si articolino al meglio anche nella rappresentanza delle comunità locali perché il bisogno e il risultato potranno essere anche misurati al meglio, ma il primo inequivocabile sensore dello stato dell'arte è l'amministratore locale, il sindaco che tocca con mano la realtà e che su di essa vigila più e meglio di chiunque altro. Tutto ciò nell'interesse della stessa azienda sanitaria e dei suoi vertici, oltre che naturalmente dei cittadini Valdostani.

Su alcuni temi poi, toccati peraltro anche dal documento dell'Assessore, la funzione politica dovrà trovare una valenza culturale specifica ancora maggiore. Il Comitato etico, ad esempio, non dovrà ridursi ad una sorta di pensatoio di saggi e di esperti, tanti e tali sono i temi che l'attualità e la scienza pongono alla nostra attenzione. Il discorso va e deve andare perciò ben oltre un adempimento. C'è semmai un problema di formazione continua degli operatori, di informazione continua dei cittadini, di stimolo a definire meglio i ruoli di ciascuno, la qualità delle risposte, l'umiltà che si accompagna al dubbio cartesiano ricorrente, il chi sono e qual è il mio compito, di operatori, parenti e amici di fronte all'enorme problema di come vivere e di come morire.

Il piano si sforza di indicare soluzioni concrete e in questo è davvero apprezzabile: la radioterapia piuttosto che la procedura delle cure palliative, l'attuazione del 180 dell'era post-manicomiale piuttosto che la risposta al problema dei problemi, quello cioè di una popolazione sempre più anziana e che sarà destinata a modificare in larga misura i suoi stili, i suoi modi e i suoi ritmi di vita. Ebbene tutto ciò e il tanto d'altro che lascio alla vostra immaginazione dovrà trovare riscontro in un progetto politico ancora più alto - se ci è consentita l'espressione - e che dovremo porre a fondamento della nostra Amministrazione valdostana, che avrà l'onere e l'onore di varcare la soglia del duemila. Le tracce ci sono tutte e condivisibili in questo testo; ora torniamo a dare alla politica anche quella veste aulica che le spetta innanzitutto in questa sala.

Riteniamo che forse il progetto del triennio 1997-1999 è ottimisticamente ambizioso, ma di segno complessivo convincente e ad un tempo stimolante; la destinazione riabilitativa del Beauregard, giusta in sé, ci sembra tuttavia porre in sott'ordine le sue attuali funzioni, che non sono tout court trasferibili altrove, anche quelle che ci risulta l'Assessore abbia in animo di attivare prestissimo: le stanze per i paganti e l'ospitalità per i malati terminali.

Un buon lavoro quindi, per concludere, quello che oggi siamo chiamati ad approvare; l'augurio è che esso risulti davvero efficace e che abbia i giusti riscontri negli altri soggetti che ne saranno protagonisti e in tutti i cittadini della Valle d'Aosta.

È detto nel documento, e lo sottoscriviamo, che l'obiettivo strategico è quello di conseguire una maggiore autodeterminazione nelle scelte di politica sanitaria, quindi un'affermazione di autonomia che va letta e interpretata come un chiaro impegno per una caratterizzazione qualificata ed originale della nostra proposta. Autonomi, ma non solo, anzi: l'autodeterminazione è un invito alle altre regioni italiane e alle regioni d'oltralpe a confrontarsi con noi, a collaborare con noi affinché quest'esperienza possa crescere e sempre più arricchirsi attraverso il contributo di tutti.

L'autodeterminazione è un concetto a noi particolarmente caro sui temi della solidarietà, di una visione profondamente umanitaria del rapporto sociale, della voglia di continuare ad essere non frontiera, ma luogo di transito delle genti, delle idee, delle esperienze; l'impegno ad essere davvero un'importante finestra sull'Europa anche nel campo della sanità e dell'assistenza.

Termino questo mio intervento facendo rilevare tuttavia che dal piano non appare una cosa evidente, che ci saremmo aspettati che ci fosse, e cioè quando si parla di strutture, una risposta chiara sulla volontà politica in merito alla questione dell'Ospedale di Viale Ginevra. Poiché non appare questa volontà politica, presento un ordine del giorno a mia firma e a nome di altri consiglieri in merito a questa questione, ordine del giorno che consegno alla Presidenza del Consiglio.

Ordine del giorno Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta

In occasione della discussione consiliare sul disegno di legge n° 202, concernente "Nuova disciplina del Servizio Sanitario regionale, approvazione del piano socio-sanitario regionale per il triennio 1997/1999 e modificazioni alla dotazione organica di cui alla legge regionale 29 maggio 1992, n° 19, come modificato dalla legge regionale 13 dicembre 1995, n° 49";

Ricordato che, da oltre due decenni è avviato un dibattito sulla necessità che in Valle d'Aosta venga realizzata una nuova struttura ospedaliera in sostituzione di quella di V.le Ginevra;

Ricordato altresì che, per molti anni il ruolo dell'Ordine Mauriziano ha pesantemente limitato le capacità decisionali della Regione in materia;

Tenuto conto che, a seguito di una lunga ed impegnativa trattativa, negli ultimi anni si è realizzata l'auspicata importante acquisizione al patrimonio regionale della struttura ospedaliera di V.le Ginevra di proprietà dell'Ordine Mauriziano;

Preso atto che, da tempo l'Amministrazione regionale è intervenuta e continua ad intervenire sulla struttura esistente con lavori di ristrutturazione e di adeguamento per rispondere alle aumentate esigenze degli operatori e dei cittadini;

Considerato che

a) la capacità di adeguare ai mutamenti un'assistenza sanitaria efficace garantita a tutti i cittadini rappresenta una costante preziosa dell'esperienza storica valdostana;

b) la struttura ospedaliera di V.le Ginevra, il cui nucleo centrale ha quasi sessant'anni, non può rappresentare, malgrado gli importanti interventi eseguiti o in corso di attuazione, una risposta adeguata alle attuali e soprattutto alle prevedibili nuove esigenze della popolazione a causa di situazioni insormontabili quali: l'ubicazione urbanistica e la ridotta superficie su cui insiste, i successivi ampliamenti strutturali che hanno reso complessi e complicati percorsi e collegamenti, la perdita di spazi all'interno e all'esterno della struttura che hanno peggiorato le condizioni di lavoro, di degenza e di accoglienza;

c) oltre che ai rapidi sviluppi scientifici e tecnologici nel settore della medicina e della sanità occorre tenere conto della crescente richiesta di rispetto dei bisogni della persona umana in ogni momento ed in ogni aspetto della vita;

d) è doveroso fornire una risposta seria e lungimirante alle attese della comunità tenendo presente che la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera richiederà, dal momento della decisione politica, un arco di tempo prevedibile tra i 6 e gli 8 anni;

Esprime

la volontà di avviare concretamente il processo per la costruzione di un nuovo ospedale che, superando i limiti presenti nell'attuale struttura di V.le Ginevra, permetta alla Valle d'Aosta di dotarsi di un servizio all'altezza della sua tradizione e delle esigenze dei suoi cittadini;

Impegna

Il Governo regionale a

1) nominare un gruppo di lavoro, composto da esperti nei diversi settori che, relativamente alla realizzazione di una nuova struttura ospedaliera provveda a:

- individuare l'area idonea alla sua localizzazione in collaborazione con gli enti locali interessati;

- studiare e approfondire le problematiche urbanistiche e di comunicazione;

- avanzare proposte in merito alle specializzazioni, alle innovazioni tecnologiche, alla funzionalità e all'efficacia, agli standard di accoglienza e ospitalità di degenti e visitatori, alle condizioni di lavoro degli operatori;

- stimare i costi di costruzione e di gestione;

- suggerire le procedure amministrative e gli iter burocratici.

2) Sottoporre al Consiglio regionale, entro la fine del 1997, la relazione contenente le indicazioni del gruppo di lavoro.

F.to: Parisi - Aloisi - Lanivi - Collé - Dujany - Marguerettaz - Lanièce - Viérin M.

Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Chiarello.

Chiarello (RC) Come ha detto bene il Consigliere Parisi nel suo intervento, dopo 14 anni è uscito bene o male un piano sanitario regionale.

Noi non abbiamo la presunzione di offrire soluzioni unitarie ai problemi della sanità perché siamo convinti che per il momento non esistano. Nutriamo solo la speranza che indicazioni di carattere operativo possano costituire un riferimento per concreti interventi di miglioramento. Questo piano socio-sanitario regionale favorisce solo la specializzazione delle cure e consente di erogare prestazioni di elevata qualità medica, ma tiene conto solo secondariamente del problema dei costi e delle caratteristiche della domanda sanitaria degli utenti.

La sua parcellizzazione disciplinare ha poi anche l'effetto di privilegiare l'attenzione nei confronti della malattia piuttosto che del paziente, considerato nell'insieme dei suoi bisogni. Analogamente viene posta maggiore attenzione all'erogazione delle prestazioni che non alle caratteristiche della domanda.

Questo piano socio-sanitario, come è stato concepito, non lo riteniamo più compatibile con i crescenti e differenziati bisogni della collettività, con le esigenze di contenimento della spesa pubblica e forse anche con i recenti indirizzi interdisciplinari che la ricerca scientifica va assumendo. Non si distingue ciò che attiene alla spesa strettamente sanitaria dai costi sostenuti dalla collettività per bisogni di carattere sanitario e assistenziale. Si parla di privato-pubblico, ma il problema secondo noi è: quale pubblico, quale privato?

Si trascura il ruolo del medico di base, che andrebbe incentivato alla cura domiciliare del malato, mentre il medico ospedaliero deve essere incentivato a prestare la sua opera sul territorio, in modo che ci sia una continuità di prestazioni e cure fra periferia e centro, surrogate da protocolli diagnostici e terapeutici uniformi fra Ospedale e territorio.

Riteniamo che bisognerebbe configurare l'Ospedale in aree funzionali aggregate non secondo affinità disciplinari, ma secondo la logica dell'offerta del servizio, non in base alla logica del trattamento della malattia, ma secondo quella della totalità delle esigenze del paziente. Bisognerebbe che non fosse più il malato a doversi adattare alla struttura, ma quest'ultima ad adattarsi alle sue esigenze.

Questo piano socio-sanitario sembra confezionato su misura per alcuni soggetti o alcune unità operative fiori all'occhiello, eludendo norme di programmazione socio-sanitaria che stabiliscono criteri e parametri per la qualificazione degli ospedali; generalmente i parametri utilizzati fanno riferimento al bacino di utenza e ai dati epidemiologici.

La logica di questo piano socio-sanitario contrasta con la logica economica del servizio, poiché è opportuno distinguere trattamenti ad elevato costo e a relativamente bassa domanda, da altri proporzionalmente inferiori con una domanda più elevata. Trascura le norme più elementari dei bisogni dell'utenza: quelli relativi all'accoglienza, alla possibilità di orientamento, alla possibilità di accedere alle informazioni e alla capacità della struttura ad adattarsi alle abitudini e alle esigenze del paziente. Sono queste le prime verifiche, spesso inconsapevoli, che toccano gli aspetti immateriali e che probabilmente più incidono sul paziente.

La filosofia di questo piano socio-sanitario segue un'ottica diametralmente opposta, cioè fa suo il concetto di qualità dal punto di vista medico, che pone in primo piano la qualità della prestazione intesa come tecnologia usata dopo l'efficienza organizzativa e alberghiera, trascurando la componente assistenziale non medica del servizio.

Riteniamo che sia necessario rendere maggiormente efficiente e flessibile la struttura ospedaliera, potenziando i servizi alternativi al ricovero: day hospital, ambulatori, consultori e ospedalizzazione domiciliare. La struttura monolitica dell'Ospedale quindi mal si concilia con la diversità delle istanze e dei compiti che le sono attribuiti, da ciò deriva l'inevitabile abbassamento del servizio all'utenza.

Reputiamo che non sia necessario studiare approfonditamente la domanda di prestazioni medico-sanitarie, operando una segmentazione della stessa, ma che sia necessario valutare in quali aree di bisogno posizionare la propria offerta di servizio, definendo le modalità di erogazione.

Occorre un sistema di comunicazione fra le strutture decentrate e l'Ospedale, per garantire l'efficienza di tutto il sistema di erogazione del servizio che altrimenti rischia di vedere limitate fortemente le possibilità di conseguimento degli obiettivi.

Un sistema di comunicazione efficace rende più agevole il continuo adattamento delle strutture all'ambiente; non c'è una riga in questo piano socio-sanitario che parli di formazione permanente e di aggiornamento professionale, che costituiscono una complessa attività didattica, orientata su un cambiamento del comportamento che coinvolge la pratica professionale, le diverse competenze, la professionalità, le esigenze individuali di apprendimento e i costi di finanziamento.

Alla luce di quanto esposto, non possiamo che dare un giudizio complessivamente negativo a questo piano socio-sanitario.

Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Squarzino Secondina.

Squarzino (VA) Il piano socio-sanitario approda in Consiglio dopo una lunga gestazione; l'anno scorso nel mese di aprile c'era già una bozza, poi c'è stata l'approvazione da parte della Giunta il 2 agosto, c'è stato un esame da parte delle Commissioni II e V che ha preceduto l'audizione di esperti, rappresentanti delle istanze sociali e professionali. Questo ha consentito a diverse parti interessate di esprimere le proprie osservazioni come utenti o come operatori.

C'è stato il rinvio in Commissione per ben due volte e finalmente, dopo il parere espresso il 27 gennaio dalla II Commissione, dopo quello formulato il 29 gennaio dalla V Commissione e dopo il rinvio in Commissione su richiesta dell'Assessore (il 26 febbraio), arriviamo al piano.

Il piano ha quindi una lunga vicenda, che si intreccia con un'altra altrettanto importante: quella dell'Ospedale. Ricordo che il Consiglio, dopo una petizione di ottomila cittadini, aveva deciso nel novembre del '95 di affidare a degli esperti il compito di individuare un modello di sanità adatto alla nostra Valle e di valutare i costi-benefici delle soluzioni ipotizzate dal Consiglio. Cosa che è stata fatta solo parzialmente.

Nei mesi di discussione del piano sono stati affrontati di volta in volta i diversi problemi, a volte anche problemi che sono stati portati all'attenzione da eventi esterni e che sono stati accolti all'interno della discussione del piano. Ad esempio, si è parlato della prevenzione, degli interventi nei confronti di tossicodipendenti, di malati di AIDS, e in questo caso la necessità di trovare modalità di rinnovo delle convenzioni con le cooperative che gestiscono questi servizi, ha sollecitato la costituzione di commissioni ad hoc. I risultati di questi lavori sono stati recepiti nel piano, arricchendo quindi il piano stesso di elementi sostanziali.

La stessa cosa vale per l'obiettivo della salute mentale. In questo caso l'esigenza di dare risposte ai dimessi di ospedali psichiatrici ha suggerito la previsione di strutture adeguate per ricoverare in Valle tali pazienti, prevedendo quindi l'hospice, le R.S.A., da collocare nell'edificio dell'ex maternità, oppure centri di salute mentale.

Su un altro versante ancora, la questione degli infermieri professionali ha suggerito di utilizzare la legge che accompagna il piano, per trovare una soluzione stabile al problema.

Il tempo utilizzato per il dibattito riguardante il piano è stato speso utilmente, così pure anche il dibattito sugli anziani, specie quelli non autosufficienti, ha reso più pregnanti e più urgenti alcune indicazioni sulle R.S.A. che erano più generiche all'inizio nel piano, anche se a questo proposito rimangono dubbi e perplessità sulla località scelta come sede di R.S.A. Siamo proprio sicuri, ad esempio, che Issime sia il posto più adatto per collocare una struttura, che deve consentire la presenza costante di medici di base e di specialisti? Siamo proprio sicuri che ci sia abbastanza attenzione alla priorità che le R.S.A. hanno per la città di Aosta?

All'interno del piano c'è la difficoltà a considerare importanti le azioni che non sono la risposta ad un disagio immediato, ma che prevengono situazioni di disagio. Si tratta proprio di un cambiamento culturale, che stenta a manifestarsi, nel senso che non riusciamo a considerare importante occuparci della normalità, per così dire, prima che insorgano le diverse devianze. Penso ad esempio a quelli che possono essere i centri di ascolto per i giovani.

Esiste soprattutto sul nostro territorio la difficoltà di integrare i servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari; per tutti un esempio è quello del progetto materno infantile, nel senso che se ne occupano sia i sanitari sia i sociali in modo differenziato. Il fatto che siano stati istituiti i macrodistretti, con un direttore cui compete il compito di coordinare i diversi servizi erogati, dovrebbe costituire uno strumento oltre che un contesto per effettuare l'integrazione, per realizzare un obiettivo evidenziato a più riprese nel piano e da noi condiviso.

Condividiamo anche altre linee di fondo del piano, quali decentrare i servizi ospedalieri, creando una contiguità assistenziale fra Ospedale e territorio, e introdurre elementi di aziendalizzazione nel sistema a livello di organizzazione, di risorse, eccetera.

Sono linee che condividiamo, ma che abbiamo difficoltà ad individuare nel piano, forse perché - e questo è un limite del documento che siamo chiamati ad esaminare - il documento è detto impropriamente piano, nel senso che non è impostato come un documento di programmazione in cui sono indicati gli obiettivi e rispetto a questi vengono correlati gli interventi da adottare, gli strumenti da porre in essere, le risorse, i tempi, i costi, le priorità e le urgenze. Siamo piuttosto di fronte ad una proposta che è frutto di un collage fatto a posteriori dagli estensori del testo. Gli interventi indicati nel piano sono stati pensati e predisposti settorialmente dagli operatori dei diversi ambiti, ciascuno seguendo la propria logica di settore, a parte - e qui lo voglio sottolineare - alcuni rari, lodevoli esempi di collaborazione attorno a progetti obiettivi come l'U.V.G.

Gli ospedalieri si sono occupati degli assetti ospedalieri, i primari della propria unità operativa, i sociali delle diverse categorie, gli operatori del territorio sembrano non aver voce, anche se uno degli obiettivi del piano è proprio potenziare i servizi sul territorio. Esistono quindi degli scollamenti fra quello che è affermato negli obiettivi del piano e quello che è realizzato. Faccio alcuni esempi, così sottolineo anche gli elementi critici del piano.

Il primo degli obiettivi operativi che il piano indica a pagina 22, come pure anche all'articolo 9 della legge riguarda il progressivo recupero della mobilità ospedaliera interregionale, riferito al flusso di pazienti che si rivolgono presso strutture pubbliche ubicate in altre regioni per patologie di base. Sappiamo, e i dati ce lo dimostrano, che sono circa 2600 i pazienti residenti in Valle, che nel '94 si sono ricoverati in strutture extra regionali per acuti, mentre 1900 pazienti non residenti sono stati ricoverati in regione. Se si analizza in quale reparto sono stati ricoverati, si evince che solo il 7,5 percento dei pazienti esportati è stato dimesso da reparti di terapia intensiva, mentre il 67 percento da specialità di base. Allora, chiaramente esiste l'obiettivo di far ritornare in Valle questa fetta di 1500 pazienti, che vanno a cercare altrove le cure per le specialità di base.

Di fronte a quest'obiettivo ci saremmo aspettati delle iniziative, delle direttive tendenti a potenziare la medicina di base; invece il piano prevede nel capitolo VI una serie di elevate specialità, dalla cardiochirurgia all'unità di terapia intensiva neurologica, alla neurochirurgia, alla radioterapia, alla risonanza magnetica, servizi che dovrebbero tendere ad aumentare l'immigrazione di utenti e non a diminuirne l'emigrazione. Andava invece ricercato a nostro avviso lo sviluppo e l'ammodernamento dei servizi esistenti e andava ricercato in modo prioritario rispetto ad investimenti su nuove unità. D'altra parte, le osservazioni presenti nel documento del Consiglio dei sanitari sottolineavano quest'aspetto.

Purtroppo qui si ripropone quel limite che già le linee propedeutiche al piano avevano evidenziato come aspetto da superare, cioè il fatto che nella cultura e nella prassi delle scelte del settore sanitario prevale un atteggiamento per cui a fronte di un nuovo problema si tende a costruire una risposta ad hoc, senza chiedersi se esistono delle risorse da mettere in rete o da potenziare, cosicché l'attenzione è sempre posta sulle nuove risposte e non sull'insieme del sistema.

Un secondo esempio di scollamento fra gli obiettivi e quello che il piano propone riguarda l'aziendalizzazione dell'U.S.L.. Viene affermato fortemente che bisogna portare avanti il processo di aziendalizzazione e tutta una serie di strumenti va in questo senso, ma altre parti del piano invece non sono coerenti. Ancora una volta, per esempio sempre in questo famoso capitolo VI, che è dedicato agli interventi settoriali e dove vengono date indicazioni all'U.S.L., vengono dettate delle scelte che rientrano piuttosto nelle competenze dell'U.S.L.. Non siamo contrari ai vari reparti elencati in questo famoso capitolo; io posso capire la preoccupazione che alcuni medici o alcune associazioni hanno pensando che noi vogliamo cancellare certe attività, ma non è così; noi riteniamo che stare ad indicare cosa devono fare nei dettagli sia poco rispettoso dell'autonomia dell'U.S.L.. Allora alcune di queste iniziative, penso ad esempio a quelle per l'anoressia o per i diabetici, possono benissimo essere messe negli accordi di programma annuali. Questo per sottolineare che la Regione, invece di dettare le singole scelte, dovrebbe appropriarsi del suo ruolo di programmazione e lasciare nei fatti reale autonomia di gestione all'U.S.L.. È compito della Alla Regione compete dichiarare quali sono i livelli di assistenza che intende garantire e anche le risorse che intende mettere a disposizione. Rispetto a questo punto il piano ha alcune incertezze, nel senso che non c'è una certezza di finanziamento, non abbiamo la certezza che tutte le iniziative indicate nel piano possano essere finanziate. Se consideriamo la previsione di spesa degli interventi previsti nel triennio ed esaminiamo quanto è stato stanziato nel bilancio triennale della Regione, constatiamo che mancano all'incirca 100 miliardi; cosa significa questo? Significa che il budget annuale prende in considerazione solo le spese correnti, solo il mantenimento dell'esistente? Significa che tutti gli interventi e i programmi esplicitamente indicati come obiettivi o come azioni si faranno solo e quando e se l'amministrazione provvederà a specifici finanziamenti? Ma questa non è una programmazione. Come si fa a parlare di programmazione, se non c'è una certezza di budget? Faccio ancora un esempio. Fra le carenze di tipo strutturale elencate all'inizio del piano è proprio inclusa la carenza di posti letto dedicati alla riabilitazione, in particolare per le fasce di età giovani e adulte; la risposta che viene data, anche dopo l'emendamento che è stato approvato in Commissione e che cancella nella descrizione del sistema satellitare l'abbinamento polo riabilitativo - Beauregard, (ma questo abbinamento comunque rimane perché appare chiaramente a pagina 25, la conversione del Presidio Beauregard da struttura ospedaliera in struttura riabilitativa a gestione pubblica o mista) è che nel polo riabilitativo saranno collocati 118 posti per la riabilitazione. Ma cosa significa questo: che si amplierà il Beauregard per contenere i 118 posti letto mancanti? Oppure che troveranno collocazione al Beauregard questi posti per lungodegenti e che i posti letto attuali, dalla pediatria, alla geriatria, alla ginecologia, saranno trasferiti altrove? Ma dove? Non viene detto cioè in quale struttura nuova o ristrutturata vengano previsti gli oltre 100 posti letto che mancano nella nostra regione; il piano cioè non dà la risposta ad un'esigenza fondamentale della sanità in Valle: la carenza di posti letto.

Secondo gli ultimi dati ministeriali apparsi sull'Agenzia sanitaria italiana del gennaio '97 si evince che in Valle il rapporto posti letto - abitanti è il più basso di tutta Italia (4,6) con il più alto tasso di utilizzo dei posti letto (si arriva a 0,90 a fronte di una norma che oscilla fra 75 e 80).

Se poi consideriamo che con i turisti la popolazione può raggiungere mediamente 155mila unità, come dice lo stesso piano, che calcola le stesse cifre per dimostrare che non esiste un esubero di personale, emerge quanto sia sottovalutato il dato relativo alla mancanza di posti letto. Dobbiamo dire dove collochiamo i 120 posti letto che mancano nella nostra Valle, dobbiamo dare una risposta al problema Ospedale nuovo - ristrutturazione dell'esistente, il nodo va sciolto.

Tra l'altro, questo è uno dei temi che faceva parte chiaramente dell'accordo di programma, dove si parlava di riunificare in un unico presidio ospedaliero le attuali tre sedi. A nostro avviso il piano avrebbe dovuto recepire e tradurre in proposta queste indicazioni programmatiche, che sono alla base della maggioranza di Governo.

A nostro avviso questa questione, che si trascina da molto tempo e che è sempre stata rinviata, deve essere affrontata. Nell'altra legislatura si diceva che non si poteva decidere perché, non possedendo tutto l'Ospedale data la proprietà del Mauriziano, non si era in grado di gestire i posti letto necessari per la nostra Regione. Ora quest'operazione è stata felicemente conclusa ed è un punto del programma che è stato rispettato ed attuato.

Nel momento in cui abbiamo discusso la petizione presentata da ottomila cittadini per la richiesta del nuovo Ospedale non si è voluto decidere; la risoluzione che è stata poi votata ha rinviato il problema, chiedendo che si raccogliessero ulteriori elementi conoscitivi. La risoluzione del Consiglio non ha ancora avuto una risposta completa; c'è stato un primo studio che, come ricordavo precedentemente, risponde solo ad una parte del quesito, ma non è stata ancora commissionata la parte più interessante, che ci potrebbe dare elementi più chiari per valutare costi e benefici fra le soluzioni ipotizzate: nuovo Ospedale oppure ristrutturazione e ampliamento dell'esistente.

Ancora, a fine anno, nel momento in cui si trattava di presentare al Ministero il programma della riorganizzazione della rete ospedaliera, si è deciso di rinviare la scelta facendo riferimento a quello che il piano avrebbe detto: si fa un elenco di proposte e poi si dice in delibera di riservarsi di riesaminare, mediante successivi provvedimenti deliberativi di modificazione o integrazione, i contenuti della presente deliberazione ad avvenuta approvazione del piano socio-sanitario regionale. Questo significa che ancora una volta non è stata colta l'occasione che il piano offriva, di essere appunto il luogo in cui prendere finalmente la decisione. Rimandare la decisione significa lavorare affinché vinca di fatto l'ipotesi della ristrutturazione.

So bene che la qualità della sanità non risiede solo nella struttura, nel conforto ospedaliero, ma è l'insieme dell'organizzazione, del modo di lavorare, della preparazione degli operatori, la professionalità dei medici e via dicendo, e sono certa che tutte queste cose l'U.S.L. le sta perseguendo e riuscirà a perseguirle, quanto più sarà messa in grado di funzionare come azienda.

Anche la struttura ha la sua importanza; fra l'altro, se leggiamo il documento del gruppo di lavoro incaricato di analizzare la situazione di non sicurezza dell'Ospedale di viale Ginevra, alla luce della 626 che è la normativa sulla sicurezza, ci rendiamo conto che ci vorranno tempi lunghissimi per la ristrutturazione, che non si conosce ad esempio il calcolo relativo al cemento armato, non si sa dove passano le tubature dei gas medicali. Quando avremo finito la ristrutturazione e l'ampliamento dell'esistente, ci troveremo di fronte ad un Ospedale che sarà "rinnovato", ma vecchio nella concezione architettonica, con delle strutture che sono state rabberciate più volte. Mi chiedo se è proprio questo il contenitore sanitario che vogliamo offrire ai cittadini di questa Valle.

Quindi la nostra valutazione sul piano e conseguentemente il nostro voto sul piano sarà condizionato dalle risposte che avremo alle domande che abbiamo posto e agli emendamenti che presentiamo.

Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Piccolo.

Piccolo (ADP-PRI-Ind) Intanto vorrei fare una premessa prima di entrare nell'argomento specifico, iniziando con una riflessione ad alta voce e con una domanda formulata in un linguaggio un po' da addetto ai lavori: la sanità in Valle d'Aosta è ammalata?

Esistono secondo me ancora alcuni settori che sono malati comunque, una volta individuati i malati e dopo aver fatto un'attenta analisi e diagnosi, possiamo tranquillamente curarli e guarirli. Occorre pertanto avere una precisa volontà politica poiché esistono a mio avviso tutte le possibilità e i mezzi finanziari necessari, se ben mirati, per poter dire senza tema di smentita che questa nostra piccola Regione, che introita direttamente i contributi sanitari versati dai cittadini valdostani - e qui sottolineo: con il principio di federalismo -, può ben figurare in campo sanitario rispetto ad altre regioni, grazie anche al suo limitato numero di cittadini residenti, fornendo loro un efficace servizio sanitario, sociale e assistenziale.

La ritenevo un'importante premessa per migliorare la qualità della vita di tutti i Valdostani; questo è l'impegno che noi amministratori regionali dobbiamo assumerci e questi devono essere i propositi che si deve prefiggere un piano socio-sanitario regionale. Adesso entro nell'argomento specifico.

Il piano socio-sanitario regionale che ci accingiamo a votare è arrivato al dibattito consiliare con molte integrazioni rispetto al primitivo progetto varato dalla Giunta. Ne è la prova il confronto che vi è stato, un confronto serio, non affrettato, che ha coinvolto i gruppi consiliari delle commissioni, gli operatori e le associazioni: ognuno ha potuto muovere i rilievi che riteneva necessari, molti rilievi hanno trovato accoglienza, altri meno. Il Consiglio ora deve trarre le conclusioni, delineando così il futuro prossimo e meno prossimo della sanità in Valle.

Non è un compito facile, in tutti i campi della vita sociale è in atto un continuo cambiamento delle scelte e delle procedure, la sanità non ne è risparmiata e non è solo la continua evoluzione tecnica e scientifica a rendere difficili le previsioni, ma anche le sempre meno rosee prospettive sul piano finanziario.

Di fronte a questo scenario credo sia stato saggio accantonare ogni decisione di nuove localizzazioni e di nuovi ampliamenti e non solo per tattica politica, ma proprio per prendere decisioni serie ed attendibili in un quadro di riferimento più chiaro.

Un settore quindi importante della vita sociale, quello della salute pubblica, al quale tutti noi perché oltre tutto interessati - in particolare noi amministratori regionali - dobbiamo cercare di dare le giuste risposte.

Abbiamo udito in V Commissione una serie di persone impegnate nei vari settori del campo socio-sanitario assistenziale, abbiamo recepito con interesse le loro osservazioni ed indicazioni. Una segnalazione mi ha particolarmente colpito: la lettera della Pretura circondariale di Aosta, nella quale vengono segnalate persone che versano in stato di infermità mentale e dove numerosi familiari e tutori hanno manifestato, oltre al proprio disagio per i propri cari, anche quello di recarsi negli istituti fuori Valle dove i malati da tempo sono ospitati.

Non si deve dimenticare che il piano socio-sanitario organizza servizi rivolti alla persona ed è quindi sulle necessità dei cittadini che bisogna misurare la validità del piano stesso. In questo senso va sottolineata con forza la necessità del decentramento e del potenziamento dei servizi sul territorio adeguando la presenza di presidi sanitari sul territorio, incrementando i servizi domiciliari in modo da dare le prime risposte sanitarie il più vicino possibile alle dimore dei cittadini e rispondendo pienamente a quello che la legge n. 833 si prefiggeva: portare i servizi ai cittadini.

Da qui si evince che occorre veramente impegnarsi, al fine di creare la giusta integrazione e il coordinamento fra i medici sia di base sia specialisti ospedalieri e quelli ambulatoriali territoriali, il tutto sotto il controllo, in particolare per quanto riguarda il territorio, del direttore del macrodistretto, al quale dovranno essere dati pieni poteri gestionali individuando quindi le persone più idonee per questo delicato ed importante compito, fra cui rientrerà anche quello fondamentale dell'integrazione operativa fra i servizi sanitari e quelli socioassistenziali

Un ruolo importante dovranno averlo gli enti locali, ai quali necessariamente dovrà rivolgersi il direttore del macrodistretto, in quanto gli amministratori dei comuni sono coloro che conoscono più da vicino le esigenze dei cittadini; da qui un'attenta valutazione delle competenze da attribuire agli enti locali da parte dell'Amministrazione regionale, in particolare per quei servizi socio-assistenziali che già da anni gli enti locali hanno diligentemente svolto con interessanti iniziative, soprattutto quelle rivolte agli anziani.

Riprendo subito il problema degli anziani in quanto le microcomunità non sono purtroppo in grado di soddisfare i particolari casi di persone anziane che necessitano di continua assistenza, quindi non autosufficienti e non assistibili a domicilio. Nelle strutture previste per questi casi, mi riferisco alle R.S.A. - ritengo che quelle individuate in Valle d'Aosta siano poche per la verità e oltretutto personalmente reputo che quelle individuate non siano troppo rispondenti (oltre che in termini di collocazione geografica) agli effettivi requisiti che le R.S.A. prevedono, cioè che le stesse debbono essere adiacenti a strutture ospedaliere, poliambulatoriali o ambulatoriali -, occorre che vi sia l'indispensabile presenza assidua di personale medico e paramedico. Considerato che non è certamente facile reperire questo personale in zone dove non esistono le strutture sanitarie sopracitate, ritengo - se fosse ancora possibile - che si debba rivedere la loro destinazione e che si debba sicuramente prevedere l'individuazione di altre da dislocare sul territorio regionale.

Questo tipo di scelta, oltre a permettere agli anziani di essere più vicini ai comuni di provenienza, permetterebbe di decongestionare l'Ospedale dall'occupazione di posti letto.

Un'attenzione più incisiva e puntuale dovrà essere prestata alla cooperazione sociale e al privato sociale, componente che sarà sempre più necessaria sia per ridurre la burocratizzazione dell'ente pubblico, sia per sfruttare a svantaggio della collettività le grandi risorse del volontariato, da cui quel settore è animato e in gran parte promosso. È necessario, per non vanificare tale attenzione, da una parte dare indicazioni e regole precise riguardo alle attività gestite e dall'altra decidere con rapidità i finanziamenti dovuti.

Il privato sociale fornisce rilevanti servizi alla collettività a costi inferiori rispetto a quelli che sopporterebbe l'ente pubblico per i medesimi servizi. È necessario che tale fatto venga riconosciuto non solo sul piano politico, ma anche da tutta la struttura burocratica che in qualche caso considera i finanziamenti al privato sociale come l'elargizione di un favore non necessario. Da qui il prevalere dei controlli sulle procedure di spesa anziché sul costo e la qualità dei servizi, elementi sui quali va portata tutta l'attenzione.

Nel campo dei servizi assistenziali va sostenuta maggiormente la famiglia, allorché si prenda cura direttamente dei casi che per l'ente pubblico rappresentano rilevanti problemi sociali, prevedendo quindi aiuti finanziari familiari.

Ho parlato finora di alcune particolari esigenze improcrastinabili ma, affinché tutto quanto detto possa avvenire nel migliore dei modi, occorre provvedere innanzitutto affinché l'azienda U.S.L. sia sempre più autonoma nella sua attività gestionale. Occorre garantire all'U.S.L. gli strumenti necessari per la libertà di azione, permettendone una più snella, sburocratizzata e tempestiva azione, se vogliamo che essa possa essere definita come un'azienda al passo coi tempi. Si tratta di un'azienda che deve gestire la sanità pubblica con esigenze che non si possono procrastinare nel tempo.

Per permettere all'U.S.L. la libertà di azione, si dovrà provvedere sicuramente alla formazione professionale di tutti i suoi operatori: medici, paramedici ed amministrativi, al fine di garantire i servizi migliori e più rispondenti alle esigenze dei nostri cittadini.

Per quanto riguarda infine la dibattuta questione della scelta fra nuovo Ospedale oppure ristrutturazione dell'esistente, mi richiamo all'intervento che ho già fatto in questo Consiglio sul problema stesso, nel quale ponevo in rapporto le due questioni ugualmente importanti. La prima è l'urgenza di adeguare la funzionalità delle strutture esistenti e la necessità di pensare per tempo alle esigenze future. Finora il dibattito ha toccato quasi esclusivamente problemi tecnici, tutti relativi alla funzionalità delle strutture e degli spazi. La ristrutturazione degli ultimi reparti dell'ex Mauriziano ci dimostra che la funzionalità si può ottenere anche in spazi esigui e che gli strumenti tecnologici oggi a disposizione ci permettono le soluzioni. La valutazione dell'opportunità di un nuovo Ospedale non può quindi essere limitata all'analisi tecnico-funzionale delle strutture, ma deve comprendere una più complessiva valutazione dell'assetto territoriale e delle risorse economiche da investire. Quando parlo delle risorse economiche non penso a quanti soldi occorrono per un nuovo Ospedale rispetto a quanti ne occorrerebbero per continuare il programma di ampliamento e di ristrutturazione dell'esistente. Mi riferisco - e l'ho già detto nel mio precedente intervento - alla convenienza economica di destinare il vecchio Ospedale ad altro utilizzo; è questa l'ipotesi determinante a mio giudizio per decidere o meno la convenienza di un nuovo Ospedale. Tale convenienza non può che derivare da un uso diverso del territorio aostano.

L'Amministrazione regionale, occorre riconoscerlo, non si è mai né troppo impegnata né preoccupata troppo di questo territorio, del quale risulta essere il maggiore utilizzatore; finora in effetti lo ha visto solo come il contenitore dei propri uffici.

Un uso diverso del territorio, in particolare con l'abbellimento della città di Aosta e un deciso incremento delle strutture turistiche, potrebbe essere un potente volano per il rilancio dell'intera economia valdostana. In tale prospettiva la riconversione dell'Ospedale esistente potrebbe essere molto conveniente e fornire addirittura i mezzi per la costruzione di un nuovo Ospedale. È necessario però che quest'ipotesi venga verificata in modo serio, sulla base di dati oggettivi, non accantonata come un'idea strana sia dagli uni sia dagli altri.

Per quanto riguarda il piano socio-sanitario nel suo complesso, pur con alcune carenze che ho sopra evidenziato, e rilevando che in alcuni settori esistono ancora lati oscuri, diamo come gruppo politico un giudizio di larga massima favorevole perché risponde alle esigenze più urgenti in modo soddisfacente, mentre auspichiamo ulteriori approfondimenti per le cose ancora rimaste in sospeso.

Ribadisco quindi che la scelta del nostro movimento rimane immutata: l'indispensabile oggi, il meglio per il domani.

Si dà atto che dalle ore 18,55 presiede il Vicepresidente Viérin Marco.

Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Linty.

Linty (LNPIAP) Passo innanzitutto all'esame del disegno di legge, che accompagna questo piano, che credo essere pieno di contraddizioni e che passo ad illustrare.

La prima contraddizione emerge dall'articolo 3. Al comma a) si dice che il Consiglio regionale determina gli indirizzi di natura politica e programmatica; al comma b) le funzioni di programmazione e di indirizzo, come d'incanto, sono passate alla Giunta regionale; di più, viene attribuito all'Esecutivo anche il compito di controllo che, salvo smentite, è proprio dell'organo legislativo e non esecutivo.

C'è contraddizione anche negli articoli 13 e 16, laddove qualcuno intende assumere per cinque anni il direttore dell'area territoriale del macrodistretto per chiamata diretta; non esiste una minima selezione, un albo, una graduatoria, ma tutto viene rimesso al provvedimento motivato del Direttore generale. Evidentemente la selezione serve solo per qualche ruolo regionale o dell'U.S.L., ma quando si tratta dei vertici questi godono della corsia preferenziale, e non solo per l'assunzione ma anche per la congrua indennità di bilinguismo che solo loro possono ottenere con una semplice conversazione. I comuni mortali, infatti, devono farsi la dictée e prendere la sufficienza, poi passano alla prova orale e guai a loro se sono insufficienti. È questo lo spirito che animava qualche mese fa quest'aula, quando si parlava della prova di francese per le assunzioni in Regione?

Il disegno di legge mostra alcune omissioni, che sembrano parecchio volute. Al comma 5 dell'articolo 3 si dice che la Giunta regionale adotta schemi tipo per la stipulazione di convenzioni con istituzioni private per la gestione dei servizi socio-assistenziali e fin qui tutto bene. La domanda che però non ha risposta è: con quali criteri ed entro quali limiti, si pensa di affidarsi alle leggi romane, o per una volta proviamo a partorire qualcosa di nostro? Leggendo l'articolo 8 viene da chiedersi se non vi siete un po' allargati; ma come potete pensare di operare gli opportuni interventi al fine di ridurre ed eliminare progressivamente il flusso di pazienti che si rivolgono per patologie di base presso strutture pubbliche ubicate in altre regioni? Non vi pare un po' in contraddizione con quanto più volte sostenuto, in particolare dall'Assessore, che in Valle d'Aosta non è possibile predisporre tutte le unità operative necessarie?

Veniamo ora al piano vero e proprio. È curioso vedere come i piani presentati a questo Consiglio facciano a gara fra loro per vincere come il più complicato e illeggibile della storia moderna. A tale proposito gradirei sapere se in quest'aula c'è qualcuno che è in grado di spiegarmi cos'è l'effetto di correzione disomogeneità popolazione equivalente standardizzato su base annua 360 giorni, di cui tanto si parla a pagina 108. Personalmente speravo che almeno il piano socio-sanitario non contenesse elementi in contrasto fra loro, ma era una pia illusione.

A pagina 5 si parla di macrotendenze in atto a livello regionale e si pone giustamente l'accento sul federalismo fiscale, ovvero la Regione trattiene tutti i contributi sanitari versati dai propri residenti. Fin qui nulla da segnalare. La grossa contraddizione emerge invece dalla pletora di leggi dello Stato, richiamate in questi atti; stiamo accettando supinamente l'idea che lo Stato non versi più niente per la sanità pubblica e che ci dica però come la dobbiamo organizzare. Poco tempo fa un medico svizzero di Martigny disse che in Svizzera con il personale in servizio presso l'Ospedale di viale Ginevra farebbero funzionare quattro nosocomi. Eppure la Svizzera geograficamente è più vicina a noi di Roma. Credo sia giunto il momento per la nostra Regione di intraprendere il cammino della propria autodeterminazione ed organizzazione sulla base delle esigenze dei Valdostani e di smettere di seguire a testa bassa farneticazioni ministeriali, frutto di burocrati frustrati, siano esse affidate a politici o a ex politici romani, ai quali questa Giunta ha elargito, travisando audacemente il mandato di questo Consiglio, copiose consulenze che resteranno nei cassetti di via de Tillier per i prossimi venti anni senza produrre un solo effetto positivo per i Valdostani.

Dalla tentata lettura del documento in questione emergono una serie di intenzioni sicuramente condivisibili. Sarebbe un po' come dire: da domani in tutto il mondo ci sarà la pace, tutti pagheranno tasse giuste, nessun disoccupato. E chi non condivide tali affermazioni?

Penso che gli interventi previsti nel triennio e negli anni a venire, Ospedale a parte, non possano essere contestati, ma consentitemi di avanzare qualche dubbio, sebbene sia da poco più di tre anni in quest'istituzione. Penso di aver imparato a distinguere il delta che passa fra il dire (o lo scrivere) e il fare.

La popolazione valdostana sarà sicuramente felice di leggere quali sono le intenzioni contenute nel presente piano e ancor più gli abitanti della Bassa Valle andranno orgogliosi nel sapere che Donnas è diventato un macrodistretto. Credo comunque che la domanda che li attanaglierà di più sarà: ma quando finiscono il tetto del Poliambulatorio? Oppure: quando si decidono ad alzare il garage del C.E.B. di Donnas cosicché le ambulanze possano entrarvi? Sarebbe il caso di cominciare a rispondere a queste domande, prima di propinare megainterventi in campo sanitario.

Prendo l'occasione al volo per ricordare ai colleghi come nell'estate del '93, in occasione dell'approvazione del disegno di legge per l'istituzione del servizio 118, qualcuno in quest'aula parlava di sistemi di comunicazione fra autoambulanze e Ospedale per il monitoraggio delle condizioni del paziente via radio, con la trasmissione di lastre radiografiche via etere e conseguente diagnosi immediata del radiologo. Allora parlai di fantascienza e qualche anno dopo posso dire di non essermi sbagliato; gli utenti del servizio sanitario regionale sono felici di sapere che le autoambulanze saranno dotate di sistemi di comunicazione satellitare, ma probabilmente vorrebbero anche sapere come farà la Regione a sopperire alla carenza di medici pediatri convenzionati su tutto il territorio regionale. Dico questo perché a pagina 33 si legge che la Regione pensa di superare tale carenza con un nuovo modello organizzativo incentrato su una buona organizzazione di pediatria di comunità. Non era forse il caso di spiegare più praticamente cosa intendete fare per risolvere il problema dei pediatri o delle interminabili liste di attesa per esami e interventi?

Veniamo alla nota dolens: quale Ospedale per la Valle d'Aosta? Su questa domanda abbiamo speso fiumi di inchiostro, chilometri di nastri Ampex e un mare di soldi per progetti, consulenze, studi di fattibilità. Da questo piano socio-sanitario mi pare invece che emerga una risposta precisa: di fare un nuovo Ospedale non se ne parla proprio, ristrutturiamo quello che c'è, riuniamo i blocchi operatori, lo trasformiamo in un Ospedale per acuti e le degenze le trasferiamo al Beauregard. Trattamento diverso invece per l'ex maternità, dove troveranno posto acuti e degenti.

La domanda che voglio porre a tutti voi è questa. Supponiamo che una persona adulta venga ospedalizzata in viale Ginevra per un intervento chirurgico; resta nell'Ospedale regionale fino a quando è acuto, poi viene ricoverato al Beauregard per continuare la degenza prescritta. Sappiamo bene che un paziente appena operato versa in condizioni fisiche precarie; mentre si trova al Beauregard subentra una complicazione grave, ad esempio un blocco cardiocircolatorio, a quel punto cosa succede? Viene caricato su un'autoambulanza e trasportato d'urgenza alla rianimazione di viale Ginevra? Parte una squadra di rianimatori da viale Ginevra per il Beauregard? Quanto tempo prezioso deve passare per questo paziente prima di ritrovarsi in un'unità di terapia intensiva? Ve la sentite veramente di rischiare anche solo una vita nel tragitto che separa l'Ospedale per acuti da quello per la riabilitazione post-acuzie?

Ribadisco in quest'aula l'esigenza non più procrastinabile di una nuova struttura ospedaliera, anche in relazione all'accesso per il pubblico. Se prima parlavo del "poi", leggendo a pagina 30 il paragrafo relativo ai percorsi, mi viene da citare "mai"; quando si parla di definizione in accordo con il Comune di Aosta di un intervento di riordino della viabilità, della sosta e dei flussi nell'area circostante il presidio ospedaliero, vengono alla mente i lavori (attualmente non in corso) portati avanti dal tandem Regione - Comune.

L'ubicazione dell'Ospedale regionale e la relativa edificabilità ancora disponibile pongono dei seri vincoli in merito all'ampliamento dell'edificio e delle strutture connesse. Più corretta e obiettiva sarebbe stata la scelta di sistemare i reparti obsoleti per il tempo necessario alla realizzazione di un nuovo presidio, dotato di tutte le caratteristiche necessarie alla funzionalità e praticità di una struttura così importante per la società valdostana.

Presidente Devo fare una comunicazione di servizio. È un richiamo ai consiglieri di fare riferimento alle pagine dell'ultimo testo della Commissione, quello trasmesso lunedì con l'ordine del giorno suppletivo. È una comunicazione che viene dall'Assessore, in quanto alcuni consiglieri hanno fatto riferimento al testo precedente. Ha chiesto la parola il Consigliere Marguerettaz.

Marguerettaz (PpVA) Va riconosciuto che predisporre un piano socio-sanitario è senz'altro un compito arduo. Scherzando stamani dicevo all'Assessore - lui non diceva il contrario - che probabilmente quando un qualsiasi Assessore alla sanità inizia a scrivere - ammesso che lo faccia lui direttamente - la prima riga di un piano sanitario, ha già il campanello che suona dieci volte perché ci sono dieci persone diverse che vogliono dire la loro. Va fatta subito una cernita: quante di queste dieci persone agiscono per interesse della collettività e quante hanno invece altri interessi per la testa.

Detto questo, schematizzo molto il mio intervento in questo modo. Vi sono in questo piano molti punti che ci vedono favorevoli, di questo dobbiamo dare atto al lavoro che è stato fatto. Ve ne sono poi altri su cui abbiamo alcune perplessità più o meno profonde, poi ve ne sono alcuni ovviamente che non ci vedono favorevoli. Cercherò quindi brevemente di riassumere questi punti secondo questo schema.

Affronto subito i punti, presenti all'interno del piano, che non possono non vederci favorevoli. Credo che i servizi di cui si vuole dotare l'Ospedale siano scelti con oculatezza di fronte ad un bisogno e a delle carenze che, come abbiamo più volte avuto modo di discutere all'interno di questo Consiglio, risultano essere oggettive. Penso quindi alla risonanza magnetica, alla radioterapia, al dipartimento anestesiologico con tutti i disservizi sui quali non torno, ma che abbiamo già avuto modo di affrontare in quest'aula e in Commissione in diverse occasioni. Così come va vista favorevolmente l'attivazione della chirurgia per quanto riguarda la circolazione extracorporea, che potrà andare incontro ai disagi di questo tipo particolare di pazienti che oggi non trovano adeguate risposte in loco.

È certamente positiva l'istituzione del servizio di diabetologia, so che su questo non tutti sono concordi, ma abbiamo avuto modo di conoscere la situazione di chi deve rivolgersi a questo servizio e tutte le difficoltà alle quali oggi va incontro. Difficoltà che speriamo possano essere superate con l'istituzione di questo servizio.

È senz'altro molto positiva l'istituzione del centro unico delle prenotazioni, è una delle questioni meno toccate anche dagli altri interventi per tutta una serie di intoppi burocratici che ognuno di noi conosce perché almeno in un'occasione nella vita avrà avuto bisogno di rivolgersi a queste strutture e ha quindi potuto toccare con mano la situazione. Quindi l'istituzione del centro unico di prenotazioni è davvero un'ottima idea, che ci auguriamo possa prendere piede al più presto.

È altrettanto positiva finalmente l'istituzione di queste U.V.G.; da più parti e da diverso tempo si è convenuto sulla necessità di avere un'unità che valutasse lo stato effettivo degli anziani dal punto di vista, ad esempio, dell'autosufficienza o della non completa autosufficienza o della totale non autosufficienza.

Questi sono punti che qualificano questo piano socio-sanitario, ma è compito dell'opposizione sottolineare soprattutto le parti che lasciano ancora perplessi o che ci vedono fortemente contrari.

Innanzitutto in questo piano non sono sufficientemente ben definiti i ruoli e i compiti dei vari soggetti che operano dentro il pianeta sanità. Quando faccio quest'affermazione non mi riferisco tanto agli obiettivi che il piano fissa e che esplicita nelle premesse, vale a dire quelli di stabilire i compiti dell'Assessorato - o se volete della Regione - da una parte e dell'U.S.L. dall'altra, quanto al ruolo che gli altri soggetti che operano nel campo socio-sanitario devono avere all'interno di questo contesto. Mi riferisco a due di questi soggetti: ai soggetti del privato e ai soggetti del privato sociale. Non è chiaro il ruolo dei soggetti privati, questo non sono solo io a dirlo ma, anche in una delle numerosissime audizioni che abbiamo avuto nel corso di questi mesi, è stato un dato sottolineato. Il privato può essere un elemento di formidabile importanza in un sistema socio-sanitario anche perché con il concetto della concorrenzialità può far sì che degli standard qualitativi crescano sia nel pubblico sia nel privato.

Tuttavia non appare sufficientemente chiaro quale ruolo debba giocare il privato, perché se è possibile che giochi un ruolo estremamente positivo, sappiamo tutti come si debba stare attenti al fatto che il medesimo soggetto può avere addirittura un ruolo negativo per quanto concerne la sanità in Valle d'Aosta. Ad esempio, una questione da buttare senz'altro sul tappeto è la seguente: quanti operatori sanitari che lavorano nel pubblico e quindi nel sistema sanitario regionale operano parallelamente in strutture private fuori Valle? Questo è un argomento da affrontare con tutta la dovuta serenità ma che non si può non evitare, anche perché interessa un altro discorso che poi andrò a toccare, che è quello della cosiddetta migrazione ospedaliera. È un punto sul quale riflettere.

Il privato sociale mi sembra non sufficientemente valorizzato; non è chiaro il ruolo che il privato sociale debba giocare, prova ne è che nello stesso disegno di legge all'articolo 8 a pagina 9 - per rispondere al richiamo fattoci dal Presidente del Consiglio - vengono differenziati i punti e) ed f) del comma 1, cioè viene differenziata da una parte l'integrazione programmatico-operativa fra i servizi sanitari e i servizi socio-assistenziali, e poi vi è un punto - diverso, evidentemente, altrimenti sarebbe rientrato nel medesimo - dove ci si pone la finalità di promuovere la partecipazione e la collaborazione con il comparto privato, come se il discorso sanitario non dovesse essere portato avanti unitariamente da tutti i vari soggetti. Non è chiaro il ruolo che può svolgere il privato sociale all'interno di uno dei discorsi che in maniera sensibile investe le attività di tale soggetto, che è quello del settore materno infantile. Se andiamo a vedere nel piano gli obiettivi che ci si pone ad esempio per quanto riguarda le I.V.G. (interruzioni volontarie di gravidanza), vediamo che tutto il compito di tutela della gravidanza è ancora una volta affidato ai soggetti pubblici con metodologie unidirezionali, che ad esempio vedono come unica possibilità di combattere il fenomeno delle interruzioni di gravidanza il ricorso ad una politica degli anticoncezionali.

L'Assessore mi dirà che il piano tratta di tutte le cose di cui sto parlando ed è vero: se c'è una notazione da fare al margine di questo piano è che non lascia fuori niente. Si parla ad esempio anche del ruolo delle famiglie, ma anche qui non è chiaro il ruolo che esse devono giocare, perché? Ho sentito anche un intervento del Consigliere Piccolo su un passaggio che ha fatto a proposito del ruolo della famiglia e credo che questo sia un passaggio decisivo: o ci si rende conto che le famiglie già operano in questo settore nonostante il fatto che non ci sia una legge, nonostante il fatto che un certo tipo di politica non sia indirizzato nei confronti delle famiglie quanto ad alcuni soggetti deboli presenti nelle famiglie, quindi o questa è una risorsa sulla quale investire, oppure continuiamo con un certo tipo di politica che va in soccorso di famiglie particolari laddove ci sono delle difficoltà specifiche; mi sembrava che il collega Piccolo parlasse di casi sociali. È una volontà di inversione di tendenza rispetto a quella che ho descritto? Ce lo auguriamo, personalmente me lo auguro, ma staremo a vedere.

Abbiamo delle perplessità sulla verifica della qualità dei servizi. Abbiamo notato che questo piano socio-sanitario approfondisce e dettaglia parecchio l'analisi per quanto concerne i servizi del territorio: poliambulatori, distretti eccetera, non altrettanto si può dire questo piano faccia, sul versante dell'analisi, in merito al funzionamento dei servizi ospedalieri. Là abbiamo notato una certa carenza; si fa un discorso molto generico sui servizi offerti dagli attuali servizi ospedalieri, non si scende nel particolare, cosa che sarebbe stata oltremodo necessaria, per vedere ad esempio come rispondono in termini di qualità i vari reparti dell'Ospedale. Questo non ci è parso di vederlo nel piano.

Abbiamo delle perplessità sulle giustificazioni che vengono date per quanto concerne la migrazione ospedaliera. Qui per la verità a volte si dicono delle cose, a volte se ne dicono altre, almeno così ci è parso. Nella pagina 11 dell'allegato al piano si dice che l'esistenza di un'unica struttura ospedaliera regionale priva di tutte le altissime specialità medico-chirurgiche (grandi ustioni, trapianti, cardiochirurgia, neurochirurgia, unità spinale) fa sì che una fetta di patologie importanti transiti in altre regioni. Poi si dice che tuttavia la mobilità interregionale in uscita non si esaurisce con l'altissima specialità, ma interessa anche patologie di base e di media assistenza. Cioè, come voler dire: perché la gente va a cercare dei ricoveri in ospedali fuori Valle? Soprattutto perché qui non ci sono le altissime specialità. Su questo mi permetto di avere delle riserve, che in altre parti del piano l'Assessore, come presentatore di questo piano, sembra condividere. In realtà, questo fenomeno della migrazione è dovuto in gran parte a delle specialità di base e non solo per quelle cause che vengono descritte sempre nella stessa pagina, dove si dice: "Si ritiene che molte di queste migrazioni siano da attribuire alla naturale attrazione verso le zone di origine o alla notorietà della struttura o dei sanitari che vi operano"; sì, tutto questo ma mi permetto di insinuare un dubbio perché vi sono alcuni tipi di servizi che non danno sufficienti risposte in termini qualitativi, e sarebbe stato bene andare ad approfondire questo discorso.

Un'osservazione: in uno di quei tanti documenti che ci sono stati forniti nel corso di questi mesi ve n'era uno che riguardava appunto la migrazione verso altre regioni, dal quale risultava che verso la Regione Liguria non ci fossero migrazioni di tipo ospedaliero - e qui probabilmente mi spiegherà l'Assessore - non ho la presunzione di essere nel vero, ma penso che invece verso la Regione Liguria, in modo particolare per quanto riguarda la pediatria, l'Ospedale pediatrico del Gaslini, vi sia una forte migrazione di bambini valdostani che vengono ricoverati presso questa ed altre strutture del Piemonte, quindi non solo della Liguria. Sul servizio di pediatria forse una riflessione più approfondita di quella che viene fatta nel piano ci starebbe bene.

Infine, altri punti meno importanti di questo, ma che ci lasciano comunque delle perplessità.

Il direttore del macrodistretto, dice la legge, deve essere laureato, il piano poi dice che deve essere preferibilmente medico: ci sembra qui di vedere una piccola contraddizione, se non altro una non chiarezza, nel senso che la cosa che dice la legge dovrebbe dirla anche il piano e viceversa.

Un altro punto di perplessità, che mi sta particolarmente a cuore, è il fatto che fra le leggi che vengono abrogate con l'adozione del piano sanitario vi è la legge n. 41/1992, quella che finanziava gli istituti (in particolare per gli anziani) di cura privati. La cosa mi ha spaventato finché l'Assessore mi ha ragguagliato, anche tramite i suoi servizi che ringrazio perché mi hanno spiegato per iscritto questa questione, dicendomi che questa legge viene superata dall'articolo 3, comma 5, dove si dice che la Giunta regionale adotta degli schemi tipo per la stipulazione di convenzioni con istituzioni private per la gestione di servizi socio-assistenziali. Va bene, ma una perplessità mi rimane, Signor Assessore: che questi schemi tipo sulle convenzioni che andranno ad essere stipulate siano un discorso esclusivo della Giunta. Capisco che in seguito tutte le convenzioni, ricalcando questi schemi tipo, dovranno essere di competenza della Giunta, ma che l'individuazione dello schema tipo sia non dico di competenza del Consiglio, ma almeno resa nota ai consiglieri.

L'ultima perplessità riguarda l'esame di francese. Qui andiamo a dire che i vari direttori: quello dell'area ospedaliera, quello del macrodistretto e quello del territorio, per essere nominati dovranno superare una conversazione in lingua francese. Capisco la necessità di non perdersi troppo su queste questioni a fronte di posizioni importanti, quali quelle che queste persone andranno a rivestire. Non posso però non sottolineare l'enorme incongruenza che c'è in questo sistema, viene richiesta una semplice conversazione al direttore dell'area ospedaliera, e viene richiesta invece una prova scritta e orale all'infermiera che deve fare il suo ingresso nella stessa struttura. Mi sembra un'incongruenza non ideologica ma pratica, perché sappiamo le difficoltà che vi sono per quanto riguarda il settore infermieristico.

Chiudo con le perplessità e dico i punti sui quali invece siamo fortemente contrari.

Siamo fortemente contrari su come viene impostata la questione delle R.S.A., secondo me, non prendendo atto di una situazione di fatto che è in corso da tempo nella nostra regione. Noi abbiamo delle R.S.A. che definirei incomplete, le abbiamo già e dobbiamo prenderne atto, sono le microcomunità per anziani. Queste strutture oggi sono un qualcosa di completamente diverso da quello per cui erano state concepite. Se vi ricordate, le microcomunità erano nate per dare uno spazio un po' più vitale a persone anziane autosufficienti; oggi si stanno rivelando invece dei posti che ospitano soprattutto persone non autosufficienti, che quindi non possono avere un ricovero presso il proprio domicilio. Per contro, queste microcomunità da questo punto di vista non danno risposte adeguate perché c'è una carenza enorme di personale infermieristico che qui si dice di voler rimpinguare, perché non c'è la presenza costante di un medico.

Allora pongo il problema: non è possibile pensare di mettere mano a queste microcomunità adeguandole dal punto di vista del personale e dei servizi erogati per trasformarle, non tutte ma almeno alcune, in piccole R.S.A.? La pongo come domanda perché il criterio che invece questo piano vuole seguire per andare a localizzare queste R.S.A. di fatto non esiste; l'unico criterio enunciato è quello che individua una R.S.A. ogni macrodistretto. È un criterio molto ampio che lascia ampio margine di scelta: vedi le prime due scelte che vengono fatte, Antey ed Issime, che ci lasciano oltremodo perplessi o perlomeno non ci fanno capire qual è stato il criterio che ha portato a questa scelta.

Un punto che ci vedi contrari perché ancora insufficiente è il tipo di autonomia aziendale che si va a realizzare con questo piano. Tutti ci siamo detti all'inizio di questa legislatura che finalmente con la legge nazionale adeguata dalla nostra normativa, con le linee propedeutiche al piano, andavamo ad istituire un'U.S.L. azienda completamente autonoma, rispetto alla quale la Regione si limita a dare gli indirizzi e a controllare la spesa. L'Assessore ci ha spiegato che i tempi non sono ancora maturi. Non entro nel merito di quest'affermazione, che può anche essere vera; dico solo che è un'affermazione molto pericolosa e che al tempo stesso non ci sembra di vedere all'interno di questo piano quali misure permetteranno all'U.S.L. di arrivare ad un'autentica autonomia aziendale.

Terzo e conclusivo punto che ci vede contrari, ma qui mi è parso di capire di essere una voce dentro un certo coro, è la questione Ospedale. sig. Assessore, lei si ricorderà benissimo come credo chiunque qui dentro che tutte le volte che è stata affrontata la questione Ospedale nuovo o ristrutturazione del vecchio, si è detto che al momento di approvare il piano socio-sanitario regionale doveva essere data una certa risposta a questa domanda. Una certa risposta che invece abbiamo visto non venire.

Si dice del resto che questo è un piano triennale, quindi estremamente realistico, che prende in considerazione le cose che si possono realizzare; a noi va tutto bene, mi permetto di fare solo due battute. Se questo è un piano di tre anni, da domani, Signor Assessore, deve cominciare a pensare al nuovo piano perché il tempo che abbiamo impiegato per partorire questo documento è stato di tre anni quindi, da domani mattina, approvato il piano, si metta pure al lavoro per pensare al piano del '99.

Poi, a proposito dell'Ospedale nuovo, non vorrei essere stato cattivo profeta quando approvammo le linee propedeutiche al piano. In quell'occasione ho detto: "Non vorrei che l'Assessore, quando parla della volontà di non predisporre un libro dei sogni, ma appunto un piano socio-sanitario concreto, fattibile e realizzabile, si riferisca proprio a mettere in moto tutto un processo amministrativo che giunga poi alla creazione di un nuovo Ospedale, non vorrei cioè che nel piano socio-sanitario che andremo ad approvare - non so ancora quando - non si sciolga questo nodo, facendosi forte su quest'affermazione del documento che dice che questo potrebbe essere un libro dei sogni e quindi da scartare".

Si dà atto che, dalle ore 19,26 riassume la Presidenza il Presidente Stévenin.

Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Lanièce.

Lanièce (GA) Dopo l'intervento del collega Marguerettaz, penso ci sia ben poco da dire dato che ha detto quasi tutto lui quindi, per evitare delle ripetizioni, cercherò di mettere in evidenza alcuni aspetti che finora non sono stati sottolineati dai colleghi che sono intervenuti.

Il piano socio-sanitario di cui stiamo trattando mi sembra in alcune parti carente rispetto alle innovazioni che prometteva. Da quanto ho letto, mi sembra che ben poco cambi dal punto di vista del rapporto fra l'utente dei servizi e la struttura sanitaria pubblica, ovvero della comunicazione fra fruitore e servizi. Comunicazione che potrebbe, anzi dovrebbe avvenire anche per mezzo di consultazioni con le organizzazioni che rappresentano i cittadini. Mi pare invece che la possibilità di verifiche con rappresentanti delle organizzazioni dei cittadini, nelle fasi programmatiche dell'attività socio-sanitaria, non sia sufficientemente sviluppata.

A fronte degli impegni previsti dal piano non ho riscontrato particolare attenzione ai possibili tagli da effettuare alla spesa sanitaria che, come segnalato da alcune organizzazioni di consumatori, potrebbero contribuire all'eliminazione del ticket. La spesa sanitaria in Valle è infatti più alta di ben 400mila lire a persona rispetto alla media nazionale, risparmiando questi soldi si potrebbe eliminare una tassa individuale che pesa sulle tasche dei malati.

Per quanto riguarda i servizi sociali di assistenza ai malati mentali, ai tossicodipendenti, agli alcoolisti, mi preme evidenziare che non vedo sensibili miglioramenti nel modo di affrontare il disagio di queste categorie; ad esempio il potenziamento del S.E.R.T. (servizio tossicodipendenti) dovrebbe essere subordinato ad un riordino effettivo del suo funzionamento. Oggi come oggi il S.E.R.T. non è altro che un distributore di metadone ben lontano dagli scopi per i quali il servizio è nato. Mi risulta anche che il S.E.R.T. sia l'unica struttura pubblica alla quale è demandato occuparsi di tutte le malattie da dipendenza e da sostanze stupefacenti o alcoliche. Dai dati in mio possesso non mi sembra che attualmente la struttura di via Guido Rey ottemperi a questa peculiarità.

Per quanto riguarda poi il privato sociale che, secondo quanto ribadito dal piano, dovrebbe stipulare accordi con la Regione per il servizio di assistenza agli alcoolisti, tossicodipendenti e malati di AIDS, voglio qui ricordare due strutture adibite proprio a questi scopi e che da tempo languono in agonia, in attesa che l'Amministrazione regionale si decida ad attuare quanto previsto dal piano socio-sanitario. Mi riferisco alla Cooperativa Demos, che si occupa di assistenza, prevenzione ed alcoolismo e alla Cooperativa Bourgeon de Vie, unica struttura privata in Valle d'Aosta organizzata per ospitare i malati di AIDS, i quali oggi possono rivolgersi solamente al reparto infetti dell'Ospedale di Aosta, che non è certo strutturato per fungere da casa alloggio per gli affetti dal morbo HIV.

Quest'accenno al reparto infetti può introdurre il tema forse più importante in materia di ristrutturazione socio-sanitaria, quello dell'Ospedale regionale. Da anni si discute intorno all'eventualità di riunire le tre strutture distaccate: viale Ginevra, Beauregard, ex Maternità sotto un unico tetto; se ne discute, ma la volontà dell'Amministrazione regionale - volontà che mi sembra più che altro politica - è diretta verso tutt'altra direzione. Dalla lettura del piano emerge chiaramente che la Regione intende mantenere le cose come sono, ovvero l'unica possibilità di cambiamento concessa è la redistribuzione dell'attività assistenziale per patologie acute all'Ospedale di viale Ginevra, della lungodegenza e della riabilitazione al Beauregard e del servizio di psichiatria all'ex Maternità di via Saint-Martin-de-Corléans.

Questo, nonostante un autorevole comitato formato da operatori del settore sanitario abbia proposto una petizione per un nuovo Ospedale sotto cui riunire tutti e tre i servizi e nonostante che tale petizione sia stata firmata da oltre 8000 persone. La scelta di una sola sede ospedaliera mi sembra l'opzione più credibile e valida, se affiancata ad una distribuzione sul territorio valdostano di adeguati servizi sanitari, in grado di sopperire alle esigenze meno urgenti della popolazione residente fuori Aosta. Oggi tutti i cittadini valdostani che non vogliono o non possono pagare i costi dell'assistenza privatistica sono costretti a rivolgersi per cure e visite specialistiche, per ricoveri anche sotto forma di day hospital, alla struttura ospedaliera di viale Ginevra o al Beauregard. L'attuale stato di decadenza dell'Ospedale, come è evidenziato piuttosto impietosamente anche dagli organi di informazione, non è certo in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze degli utenti; invece una maxistruttura, coadiuvata da servizi leggeri dislocati sul territorio, potrebbe garantire ai Valdostani un servizio indubbiamente migliore di quello attuale.

Non si può non ribadire comunque l'impegno costante e talvolta massacrante a cui si prestano senza remore gli operatori sanitari, medici e infermieri; questo spirito di abnegazione non va lasciato solo a sé stesso. I consigli e le proposte che vengono da chi quotidianamente si scontra con i disagi della struttura sanitaria valdostana devono essere presi in considerazione, devono venire discussi e capiti.

Ecco perché è necessario, prima di prendere decisioni affrettate, confrontare le nostre decisioni con le proposte degli operatori sanitari, come quella avanzata dal Comitato per il nuovo Ospedale. Confrontare non vuol dire necessariamente essere d'accordo, ma la comparazione con modelli differenti di interpretazione del ruolo della struttura socio-sanitaria diventa imprescindibile dalla volontà di offrire ai cittadini valdostani un servizio all'altezza delle esigenze. Per fare questo nel modo migliore possibile, sarebbe opportuno nominare degli esperti del settore socio-sanitario, allo scopo di redigere uno studio capace di approfondire le problematiche esistenti e valutare i costi delle proposte avanzate da chi crede nella validità di una nuova e unica struttura ospedaliera.

Sono d'accordo anch'io con quanti definiscono un'anomalia la soppressione del servizio di pneumotisiologia sul territorio, prevista dal piano socio-sanitario. Questo servizio, lungi dall'essere una fotocopia del servizio di radiologia, come appare scritto sul piano, funziona benissimo ed è in grado di snellire ampiamente l'attività di radiologia che senza la struttura di via Guido Rey si troverebbe ingolfata dalle prenotazioni e dalle code dei pazienti. Ancora, il servizio di pneumofisiologia è un servizio mirato, serve cioè ad individuare le precise patologie pneumotoraciche e svolge un'attività di prevenzione e diagnosi precoce. Questo servizio fornisce prestazioni a circa il 12 percento dei residenti valdostani senza spese aggiuntive per il personale e senza alcuna lista di attesa. Mi auguro quindi che su questa soppressione si mediti senza fretta, però in modo approfondito.

Voglio concludere questo mio breve intervento con l'augurio che possa diventare operativo a tutti gli effetti in Valle il servizio di radioterapia, un servizio che il sottoscritto con diverse iniziative consiliari aveva sottoposto all'Assessore e al Consiglio, in quanto si tratta di un servizio atteso da molti anni, che è divenuto ormai un'esigenza insopprimibile per molti malati. Penso che questo sia un aspetto molto importante, di cui va dato atto al piano.

Ovviamente nel complesso la valutazione non è positiva. L'augurio è che si riesca a comprendere una volta per tutte cosa si intende fare per quanto riguarda il problema dell'Ospedale, se si vuole decidere una volta per tutte di dare una risposta definitiva a tutti i cittadini che si pongono questo problema e attendono una risposta da parte di questo Consiglio regionale su un problema che, secondo me, è basilare per il mondo sanitario valdostano.

Resto in attesa di avere una risposta dall'Assessore e dalla maggioranza di questo Consiglio.

Presidente Colleghi consiglieri, se nessun altro chiede la parola, vista l'ora, proporrei di continuare i lavori nella seduta di domani mattina.

La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 19,53.