Oggetto del Consiglio n. 1694 del 18 dicembre 1985 - Resoconto
OGGETTO N. 1694/VIII - COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO.
PRESIDENTE: Do comunicazione al Consiglio dell'attività svolta dalla Presidenza del Consiglio e dagli organi consiliari dopo l'ultima adunanza:
DISEGNI DI LEGGE PRESENTATI: -
DISEGNI DI LEGGE VISTATI:
D.L. N. 236, concernente: "Rifinanziamento del fondo di dotazione della gestione speciale della Società Finanziaria Valle d'Aosta previsto dall'art. 9 della LR 28.6.1982, n. 16"
D.L. N. 227, concernente: "Modifiche ed integrazioni all'art. 10 della LR 15.6. 1983, n. 57, in materia di concorsi per il reclutamento del personale ispettivo e direttivo delle scuole ed istituti scolastici regionali".
D.L. N. 228, concernente: "Interventi finanziari a sostegno ed integrazione della profilassi e della lotta nei confronti delle malattie infettive degli animali per l'applicazione della LR 28. 6.1962, n. 13, recante norme per il risanamento del bestiame in Valle d'Aosta".
D.L. N. 233, concernente: "Provvedimenti per il personale addetto ai servizi a favore delle persone anziane ed inabili di cui alla LR 15.12.1982, n. 93".
D.L. N. 229, concernente: "Destinazione dei fondi assegnati dallo Stato ai sensi della legge 17.5.1983, n. 217: "Legge quadro per il turismo"
D.L. N. 230, concernente: "Aumento, per l'anno 1985, degli stanziamenti previsti per l'applicazione della LR 14.7.1982 n. 24, concernente: Interventi per la realizzazione di infrastrutture ricreativo sportive di interesse turistico".
D.L. N. 237, concernente: "Aumento, per l'anno 1985, dello stanziamento previsto per l'applicazione della LR 15.7. 1985, n. 46, concernente la concessione di incentivi per la realizzazione di impianti di risalita e di connesse strutture di servizio".
D.L. N. 238, concernente: "Realizzazione di un immobile da adibire a sede di scuola alberghiera regionale".
DISEGNI DI LEGGE NON VISTATI:
P.L. N. 222, portant: "Institution des Lycées Techniques Valdôtains".
DELIBERAZIONI VISTATE: N. 12.
DELIBERAZIONI NON VISTATE: -
RIUNIONI DI COMMISSIONI.'
Conferenza Capigruppo, Ufficio di Presidenza e Presidenti Commissioni: 1 Ufficio di Presidenza: 1
IV^ Commissione: 1
I^ e III^ Commissione in riunione congiunta: 1
II^ Commissione allargata ai Capigruppo per questioni riguardanti il Parco Nazionale del Gran Paradiso: 1
Colleghi Consiglieri,
ancora un grave lutto per la Valle d'Aosta e per il mondo della cultura.
E' mancato domenica a Torino, all'età di 83 anni, il Prof. Alessandro Pas-serin d'Entrèves, primo Prefetto di Aosta liberata, componente, su designazione del C.N.L., del primo Consiglio Valle nonchè storico e docente di fama internazionale.
Con Alessandro Passerin d'Entrèves scompare uno dei personaggi di maggior rilievo della storia valdostana, uno dei protagonisti delle lunghe e dure battaglie condotte quaranta anni fa dal popolo valdostano per l'ottenimento dello statuto di autonomia.
L'avevamo visto, per l'ultima volta ad Aosta il 14 luglio 1985, in occasione delle manifestazioni celebrative del 25° anniversario della scomparsa del Prof. Federico Chabod, cui lo legava una amicizia profonda e devota maturatasi negli anni degli studi universitari, nel mondo accademico, e consolidatasi negli anni difficili dell'immediato dopoguerra, allorquando, dopo tante distruzioni e lutti, occorreva operare con alacrità per dare alla Valle d'Aosta un volto nuovo.
Di quel glorioso periodo, Alessandro Passerin d'Entrèves ci ha lasciato indimenticabili pagine, scritte con lo slancio del patriota e del regionalista, del figlio che amava la sua terra e la sua gente, pagine che costituiscono tutt'oggi preziosi ed insostituibili documenti per conoscere in modo più approfondito le origini della nostra autonomia.
Oggi, un altro "grande" ci ha lasciati, ma il Suo ricordo, il Suo alto magistero, la Sua dedizione totale alla causa della "petite Patrie", rimarranno scolpiti nei nostri cuori e nelle nostre coscienze e ci saranno di sprone a lavorare per rendere più perfetto l'istituto autonomistico, conquistato grazie all'impegno fervido di uomini, come Passerin d'Entrèves, coraggiosi, animati da spirito di servizio nei confronti della comunità valdostana.
Tornano alla mente alcuni passi del messaggio che d'Entrèves indirizzò ai valdostani pochi giorni dopo la liberazione e che sono una diretta testimonianza dei Suoi sentimenti autonomistici e regionalistici.
Diceva allore il Prefetto d'Entrèves: "Le rêve de notre inoubliable Chanoux, le Martyr de la cause valdôtaine, va devenir une réalité. Les montagnards vont de nouveau se gouverner eux-mêmes, la liberté sera le prix de durs sacrifices qu'ils ont toujours fait pour la Partie. Déjà notre langue française, les chers vieux noms du Pays ont été rétablis".
Alessandro d'Entrèves era infatti un profondo cultore della lingua francese e per la sua valorizzazione si battè con tutte le sue energie.
In francese scrisse un bellissimo saggio "Les bornes du royaume, écrits de philosophie politique et d'histoire valdôtaine".
Incisivo fu poi il suo impegno per la creazione dei Lycées classiques di lingua francese, che egli riteneva indispensabile per rafforzare la coscienza autonomistica dei valdostani: purtroppo questo ambizioso disegno non poté realizzarsi per il sopraggiunto abbandono dell'attività politica avvenuto nel 1946.
Ma la politica non era la Sua vocazione.
Tornò presto agli studi e fu chiamato, riconoscimento rarissimo, a ricoprire la cattedra di studi italiani all'Università di Oxford.
Fu di nuovo a Torino nel 1957 ove insegnò la dottrina dello Stato e poi la filosofia della politica.
Come ricordava ieri il Prof. Norberto Bobbio, nel suo splendido articolo dedicato all'amico scomparso, Passerin d'Entrèves continuò pure a coltivare le sue ricerche preferite sulla storia del diritto naturale, la "stella polare" come ebbe a dire il Meinecke, che fu uno dei suoi autori, "in mezzo a tutte le tempeste della storia", "un punto fermo nella vita", al quale guardarono tutti coloro che si posero in tempi diversi e con diverse soluzioni il problema dei difficili rapporti fra il dovere di obbedienza ed il diritto di resistenza".
Ed è sempre Norberto Bobbio che ci fa conoscere ancora alcuni aspetti della multiforme personalità dello scomparso, che negli anni giovanili, era stato amico del grande Piero Gobetti.
Dice ancora Bobbio: "Quando fu inaugurato il Centro Studi Piero Gobetti, nel 1961, toccò a Lui tenere il discorso di apertura: disse che "profezia della resistenza" era stata quella del giovane ardente che si era consumato in una disperata lotta contro il fascismo, e "i pochi sarebbero divenuti un giorno i molti, e intanto quello che premeva era di salvare il sale della terra".
Concludendo penso che sia doveroso che codesta Assemblea osservi un momento di raccoglimento in memoria di Colui che tanto diede alla sua terra.
Rinnoviamo inoltre al Collega Stévenin le più sincere condoglianze per la scomparsa della madre.
Sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio ha chiesto di parlare il Consigliere Maquignaz, ne ha facoltà.
MAQUIGNAZ (A.D.P.): Con Alessandro Pas-serin d'Entrèves la Valle d'Aosta ha per so uno dei suoi figli più illustri, uno studioso che assieme al suo collega ed amico fraterno Federico Chabod aveva contribuito a far conoscere il nome della nostra Regione nelle università italiane e nel più vasto consesso internazionale del sapere.
Il Presidente del Consiglio ha già ricordato oggi quali furono le tappe più significative del suo cursus honorum e le sue pubblicazioni più importanti nel campo della filosofia politica. Si è anche detto del ruolo che l'illustre scomparso, nostro collega del primo Consiglio della Valle, giocò nei giorni difficili della Liberazione quale primo Prefetto dopo la vittoria sui nazifascisti. A Lui, come a Federico Chabod, dobbiamo la realizzazione concreta dell'autonomia.
Vorrei oggi ricordare un altro Alessandro Passerin d'Entrèves: quello già "sur le chemin de retour", che ebbe una nuova attenzione per la Valle d'Aosta, dopo tanto girovagare nell'universo del sapere e per le strade del mondo, colui che, tornato alla cattedra di dottrina dello Stato nell'Ateneo torinese, si riavvicinò alla cultura locale, scese, come si dice, dall'universale al particolare, ed alla Valle d'Aosta dedicò pagine intense con alcuni magistrali scritti pubblicati su La Stampa, raccolti poi nel volume "Scritti sulla Valle d'Aosta".
Grazie a questi scritti, il grande pubblico conobbe i problemi della valle attraverso un interprete molto sensibile; vi troviamo domande angosciate come questa ancora oggi di stretta attualità: "Ma quanti sono fra i giovani di oggi quelli che ancora sanno assaporare dell'Alpe la solitudine, gli arcani silenzi, l'intatta natura?" Non solamente l'amore della montagna, la difesa della sua integrità vista dall'interno da parte di chi la montagna la vive e la soffre, e non per una semplice moda di stampa o cittadino, ma le tematiche dell'autonomia, della difesa della originalità della cultura valdostana, della francofonia, l'esaltazione dei protagonisti della storia recente, da Emile Chanoux a Federico Chabod.
Queste le cose che Alessandro Passerin d'Entrèves ebbe a cuore nei suoi ultimi anni come il costante, vivo ricordo degli avvenimenti che aveva personalmente vissuto, continuando a seguirne con mai cessata sollecitudine gli sviluppi ulteriori.
Ed è bello ricordare di Colui che aveva preso come regola di comportamento queste parole di uno dei Suoi autori più cari: "Nous sommes nés dans un royaume florissant, mais nous n'avons pas cru que ces bornes fussent celles de nos con naissances", nelle quali si può forse scorgere un tacito invito ai suoi compagni perchè pure essi vi si ispirassero, e non ebbe paura di ammettere a riguardo dei gravi avvenimenti dei quali fu protagonista assieme a Cnabod: "A ripensarci oggi a tanta distanza di tempo, ci par di essere stati forse un po' enfatici ed impetuosi, e come travolti da una accesa passione difficile da spie gare anche a noi stessi in tempi più pacati e meno grossi". Una lezione di umiltà, di dignità che rende ancora più grande la sua figura.
La scomparsa di Alessandro Passerin d'Entrèves è una grave perdita per la cultura universale e per la Valle d'Aosta che sempre amò. Possa colmare il vuoto il suo esempio, il suo pensiero.
Ai familiari le commosse, sentite con doglianze del nostro movimento, degli A.D.P., alle quali unisco le mie personali e della mia famiglia.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Vice Presidente Dolchi, ne ha facoltà.
DOLCHI (P.C.I.): Mi siano concesse due parole per associarmi alle parole del Presidente del Consiglio e per dire, da parte di uno della generazione seguente a quella di Alessandro d'Entrèves, come a quella di Emile Chanoux e di Federico Chabod, cioè dei padri dell'autonomia, la partecipazione al dolore ed al rincrescimento per la perdita di Alessandro d'Entrèves.
Il consigliere Maquignaz ha testè citato il libro "Scritti sulla Valle d'Aosta" che Alessandro Passerin d'Entrèves ha raccolto nel 1979, e vorrei ricordarne la figura rievocando quella data perchè, e non so per quale ragione, lui che aveva la possibilità di richiedere che la presentazione di questo libro fosse fatta da una personalità importante della vita culturale e politica italiana, chiese a me di fare quella presentazione. La feci emozionato per questa scelta del maestro e dell'amico, ed ebbi allora l'occasione di dire che, come per altri politici studiosi, la parentesi della resistenza attiva lasciò il segno in questi uomini che nella loro gioventù avevano già iniziato le lotte politiche e che nel 1943 e nel 1945 misero il loro pensiero e la loro azione a servizio della causa e portarono il loro contributo anche attivo alla lotta di Resistenza.
Certo che per questi uomini di quella generazione precedente trovarsi vicino a quelli che nel 1943 avevano 2021 anni, fu una grossa esperienza che lasciò un segno profondo nella loro vita e nella loro cultura. Erano studiosi, rimasero tali, non divennero uomini politici e uomini responsabili di amministrazione, ma con il loro contributo di pensiero e di uomini di cultura, parteciparono alla rinascita del nostro paese, alla formazione della Costituzione, alla nascita della Regione Autonoma, sia per quanto riguarda il loro contributo ai decreti luogotenenziali, sia per quanto riguarda il loro contributo in generale alle lotte per l'autonomia.
Ecco: uno di una generazione diversa dalla loro, che è venuta dopo la loro, ricorda con affetto, ed oggi con rimpianto, il maestro e l'amico Alessandro Passerin d'Entrèves.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Segretario Tamone, ne ha facoltà.
TAMONE (U.V.): Personnellement, étant d'une génération encore successive et pour le type de vie que je fais, je n'ai pas eu la possibilité de connaître le Prof. Alessandro Passerin d'Entrèves, mais je crois que, quand même, ce qui a été dit par le Président du Conseil et par MM. Maquignaz et Dolchi, illustre sa personnalité; il suffirait de prendre le livre déjà cité par le Président, "Les bornes du royaume", et de lire l'éloge tenu par le Prof. Maurice Clavelin lorsque de l'enlèvement à la chaire de l'Université de Paris de M. Alessandro Passerin d'Entrèves pour comprendre quel les étaient les qualités de cet homme au point de vue de sa préparation, de ses études et de son action dans l'Université.
Moi, au contraire, je voudrais prendre du livre "Scritti sulla Valle d'Aosta" un article que M. Alessandro Passerin d'Entrèves a écrit le 16 juillet 1978 sur "La Stampa", parce qu'ici on ne doit pas se cacher: Alessandro Passerin d'Entrèves, en 1945, n'était pas proche des idées de l'Union Valdôtaine, mais Alessandro Passerin d'Entrèves, je le disais tantôt à l'ami De Grandis, était probablement un grand homme surtout parce qu'il a eu la capacité dans sa vie d'évoluer dans sa pensée et de comprendre de plus en plus quels étaient les problèmes et les drames de notre Vallée.
Même s'il ne faisait plus de la politique active, il avait compris, à notre avis, le drame que vivait la Vallée d'Aoste et peut-être du dernier article qu'il a écrit sur "La Stampa" en 1978, il ressort vraiment quelle a été son évolution vis-à-vis de la problématique de la Vallée d'Aoste. Cet article est aussi, à mon avis, une invitation à nous qui vivons maintenant cette réalité de la Vallée d'Aoste, à être les uns et les autres tolérants et compréhensifs des différentes positions. Je ne prétends pas que tout le monde m'écoute dans la lecture, mais d'ailleurs l'article est ici, si quelqu'un après le voudra, on pourra en faire des photocopies pour les tenir et pour voir qu'on peut aujourd'hui parler encore de certains problèmes et on doit justement en parler, parce que la Vallée d'Aoste est celle qu'elle est, surtout pour des raisons qui sont très claires à nous, et peut-être pas si tant à quelqu'un. L'article que je vais vous lire s'intitule: "Le ragioni della francofonia".
"Già tante volte "La Stampa" mi ha consentito di parlare, su queste colonne, della Valle d'Aosta e di cose valdostane, che non oserei ritornare ancora sull'argomento se non mi ci inducesse il richiamo che alla mia persona ha voluto fare l'amico Jemolo nel suo articolo sui dialetti e le etnie del primo luglio ultimo scorso.
Jemolo mi rimprovera di avergli arrecato un "vero dolore" con certe mie opinioni circa l'insegnamento del francese della valle autonoma.
Premetto che non ho nessuna difficoltà a schierarmi dalla parte di Jemolo della polemica che si è svolta recentemente su questo giornale circa il rapporto che deve ragionevolmente sussistere frai dialetti e le cosiddette "lingue di cultura". Jemolo d'altronde non contesta affatto il valore dei primi, e rispetta pienamente l'attaccamento che i singoli gruppi etnici possono serbare (e ravvivano oggi) per quello che era (ed è tuttora in parte) il loro idioma familiare. Ma giustamente pone in rilievo l'importanza crescente di una lingua comune a mano a mano che le comunicazioni si allargano e si estendono ai confini di una comunità nazionale; ed na perfettamente ragione nell'affermare che senza un tale strumento i singoli gruppi rimarrebbero isolati, oltre che privi del l'impareggiabile apporto che solo una lingua di cultura può recare all'elevazione spirituale ed alla conoscenza del proprio passato.
Il mio dissenso da Jemolo comincia là dove egli dice che l'unità linguistica è elemento imprescindibile di unità nazionale, e cita l'esempio della veccnia Austria, che mancando di quella, poteva dirsi sì uno Stato, ma non fu mai una nazione. Jemolo accoglie qui senza riserve l'ideologia risorgimentale, e in generale ottocentesca, dello Stato-nazione, e soggiunge anzi, con molta franchezza, che, sotto questo capo, non lo spaventa "di essere considerato un nazionalista". Non sarò certo io a muovergli questo appunto, ma mi sembra altrettanto ingiusto di muovere a coloro che la pensano diversamente l'accusa di essere "anti-risorgimentali".
Riconoscere gli errori e le manchevolezze dell'unità come la sognarono e la vollero gli uomini del nostro Risorgimento non significa sminuire il valore dei loro ideali; significa soltanto constatare che, nonostante la centralizzazione livellatrice che ne caratterizzò, purtroppo l'ordinamento, l'Italia unificata non attuò mai, nè poteva attuare, quella unità "d'arme, di lingua d'altare, di memorie, di sangue e di cor" che pur anche al così mite Manzoni sembrava indispensabile perchè l'Italia potesse dirsi una nazione. D'altronde chi mai potrebbe, conoscendo il vivo, profondo sentimento nazionale degli svizzeri, negare che la Svizzera, nonostante le tre, anzi le quattro lingue diverse parlate dai suoi cittadini, possa dirsi una nazione?
Comunque non è questo il punto sul quale l'articolo di Jemolo mi incita a rispondergli oggi. Il dolore da lui provato glielo avrebbero arrecato certe mie affermazioni, secondo le quali avrei reclamato "per la valle d'Aosta il trattamento dell'Alto Adige (che non fu e non diventerà mai veramente italiano), cioè scuole separate, ove chi voglia possa ricevere tutta l'istruzione in francese". Confesso di non ricordare di aver mai scritto nulla di simile nei miei articoli. Ma debbo dire altrettanto sinceramente che, se non esplicito, Jemolo ha certamente indovinato il mio intimo pensiero, o, più esattamente, il dubbio che dopo trent'anni di esperimento autonomistico mi si è venuto affacciando sempre più assillante alla mente circa la sopravvivenza del francese in Valle d'Aosta.
Lo Statuto istitutivo della Regione valdostana, emanato il 28 febbraio 1948, stabilisce all'art. 38 che "nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana", ed all'art. 39 che "nelle scuole di ogni ordine e grado dipendenti dalla Regione, all'insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana". In realtà, questa parità non ha mai avuto luogo. Per un complesso di ragioni che sarebbe troppo lungo elencare, l'insegnamento del francese è rimasto, fino a questi ultimi tempi, nettamente in arretrato rispetto a quello dell'italiano, ed il regresso della nostra lingua materna avvenuto nel trentennio si può dire abbia esteso e completato la brutale soppressione imposta a suo tempo dal fascismo.
E' per questa ragione, e per questa soltanto, che mi sembra lecito domandarsi se non sarebbe stato meglio adottare in Valle d'Aosta il sistema altoatesino di due scuole separate, ove le famiglie potessero avere la certezza che i figli sarebbero istruiti nella lingua dei loro padri. Ma non naturalmente soltanto in questa! Non sono al corrente di come funzioni in Alto Adige l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua nelle scuole di lingua tedesca, ma suppongo che debba essere ampiamente sufficiente a giudicare da come si esprimono in italiano, con piena scioltezza, i parlamentari altoatesini.
Che un suggerimento come questo possa essere considerato lesivo dei sentimenti e degli interessi nazionali mi è motivo, debbo dirlo francamente, di un dolore non minore di quello che Jemolo accusa. Non è soltanto perchè sono fra quelli che credettero di veder sorgere dalla resistenza al fascismo un'Italia nuova, liberata per sempre dalla "boria delle nazioni", e rispettosa non soltanto sulla carta delle particolarità dei propri cittadini, per quanto diversi fra loro di lingua, di sangue o di altare. Ma è anche e soprattutto perché mi rattrista di vedere un uomo della statura di Jemolo, e con lui tanti italiani che stimo, così sordi alle buone ragioni di un piccolo popolo nella difesa del suo retaggio più prezioso.
Le ragioni per la sopravvivenza del francese in Valle d'Aosta sono molte, e non starò a ripeterle ancora una volta. Mi limiterò ad osservare che trattandosi di una cultura, e non di un dialetto, la conoscenza e l'uso del francese accanto a quello dell'italiano è stato ed è per i valdostani una fonte di ricchezza, non di inaridimento spirituale. Ne costituisce, se occorresse, una prova convincente l'ampia e tutt'altro che spregevole produzione letteraria fiorita in Valle d'Aosta, nel corso dei secoli, nella lingua comune ai due versanti delle Alpi: fioritura di cui reca testimonianza ineccepibile il bel volume recente di Lino Colliard "La culture valdôtaine au cours des siècles. Précis bio-bibliographique et morceaux choisis", Aosta, 1976.
Credo di aver risposto sufficientemente al rimprovero amichevole di Jemolo, e spero di aver lenito, almeno in parte, il suo dolore. Su due punti tuttavia vorrei ancora richiamare la sua attenzione. 11 primo, che a parer mio (e in base all'esperienza della mia famiglia, alla quale tanto cortesemente egli allude), non c'è nessuna contraddizione fra sentirsi ad un tempo valdostano, piemontese e italiano, come non c'è contraddizione fra cerchi concentrici che via via si allargano e che ulteriormente ancora allargherei, dicendo che, per quanto mi concerne, mi sento e mi professo, oltre che un buon italiano, un buon europeo. 11 secondo, che proprio nei riguardi della nostra lingua colta, il francese, condivido il timore che egli manifesta circa il pericolo di depauperamento e di involuzione colturale che la reviviscenza dei dialetti rappresenta nei confronti della lingua di cultura. Tale reviviscenza è particolarmente intensa in Valle d'Aosta in questo momento: la propaganda per l'uso del dialetto assume talora forme parossistiche, come se non ci si potesse dire valdostani se non parlando patois. Avrei preferito, preferirei, che questa reviviscenza avvenisse per la nostra "bella langue française". Purtroppo il colpo di grazia al francese non sono stati soltanto gli italiani a infierirlo. Lo stanno infierendo anche i patoisants".
J'ai voulu lire ce morceau, que, évidemment, je ne partage pas entièrement, mais qui à mon avis représente sans doute une contribution au débat qui encore aujourd'hui en Vallée d'Aoste vit sur la réalité de notre Région. Je crois qu'avec cet écrit Alessandro Passerin d'Entrèves nous donne quand même des indications précises pour comment on puisse d'une façon claire et correcte affronter certains problèmes. Merci.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Torrione, ne ha facoltà.
TORRIONE (P.S.I.): Nell'esprimere, a nome del Gruppo socialista, il; profondo cordoglio per la morte di un grande valdostano, non posso che assorciarmi a quanto hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto sulla figura di questo nostro illustre concittadino, che tanta parte ha avuto nella storia della nostra Regione. Direi che con Alessandro Passerin d'Entrèves si cniude un capitolo sul piano generazionale della nostra autonomia, perchè scompare uno dei padri dell'autonomia, forse una delle poche figure rimaste.
In questa sede sono state fatte delle considerazioni sulla figura di questo illustre valdostano, credo però che sia significativo ciò che Passerin d'Entrèves diceva di sè stesso, si sentiva soprattutto un uomo di una terra di confine, amava dire che era un frontalier. E direi che è in questa chiave che valetta nella sua figura: un uomo che era profondamente radicato nelle tradizioni, nella cultura della sua terra, che però aveva anche la capacità di uscire e di esprimere la sua cultura in una dimensione europea.
Questo credo fosse l'uomo Passerin d'Entrèves, come uomo di cultura, e quanto ci ha letto poc'anzi il collega Tamone delinea e sottolinea questa caratteristica di questo valdostano, che fra l'altro ha trascorso gran parte della sua vita al di fuori della Valle d'Aosta, a contatto con una cultura di tipo diverso e, pur non dimenticando le sue radici, ha saputo radicarsi e contribuire a far sì che questa cultura divenisse un patrimonio di tutti.
Però non dobbiamo sottovalutarlo come un altro illustre valdostano, collocandolo tra quelli che definivo poc'anzi i padri dell'autonomia: nel momento del grande bisogno, nel momento in cui c'era l'esigenza di costruire l'edificio autonomista, ebbene Passerin d'Entrèves, seppure uomo di cultura, diventò un militare, e questo è un altro aspetto che va opportunamente sottolineato. Non fu estraneo alle lotte ed al processo che portò alla conquista dell'autonomia, fu il primo Prefetto (ce lo ha ricordato il Presidente del Consiglio) dopo la liberazione. E contribuì in quel momento a far sì che l'autonomia decollasse, fu uno dei rappresentanti del partito liberale dall'interno del Primo Consiglio Valle.
In questa duplice chiave vogliamo ricordare Alessandro Passerin d'Entrèves, con questo suo spessore culturale che onora la nostra terre, con questa sua militanza attiva che onora la nostra autonomia.
Nel rinnovare il cordoglio nel nostro Gruppo alla famiglia ed all'intera collettività valdostana, vorrei ricordare qui un'altra figura scomparsa recentemente: se abbiamo ricordato un grande valdostano, ebbene direi che è opportuno ricordare un grande socialista. E' deceduto Loris Fortuna, un uomo che si ricollega con la sua militanza ai grandi filoni del socialismo: il filone libertario, la difesa dei diritti civili, quest'uomo che si è calato nella realtà del paese ed ha saputo in momenti anche difficili capirne lo stato d'animo. Le grandi battaglie che ha condotto Loris Fortuna nel nostro paese, da quella del divorzio a quella dell'aborto, ne fanno uno di padri della democrazia italiana, perchè la democrazia è cresciuta nel nostro paese anche attraverso l'impegno di uomini come Loris Fortuna.
A questa figura emblematica, che rappresentava l'aspetto più genuino del socialismo che è quello della difesa dell'uomo in tutte le sue implicazioni, ma che aveva anche la visione di una società moderna, articolata, pluralista, espressione di una cultura che non era chiusa in sè stessa, ma di una cultura aperta alle espressioni più variegate, ebbene a questa grande figura, che rimarrà nella storia del nostro Paese e che si chiamava Loris Fortuna, riteniamo di dover inchinare quelle che sono le bandiere socialiste.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Baldassarre, ne ha facoltà.
BALDASSARRE (P.S.D.I.): Brevemente, per esprimere a nome di noi socialdemocratici le condoglianze per la scomparsa di un cittadino che ha dato alla valle d'Aosta i migliori anni della sua vita. Abbiamo avuto modo di incontrarlo durante una tornata elettorale; in quella occasione abbiamo conosciuto l'umanità, la preparazione culturale di questo concittadino. E' naturale che non possiamo condividerne tutti i suoi discorsi, tutti i suoi atteggiamenti, in modo particolare quello che ha letto il Consigliere Tamone e che rappresentava una sua aspirazione intima, quella di una scuola separata, aspirazione che noi naturalmente non possiamo condividere.
Vorrei inoltre esprimere a nome del Gruppo socialdemocratico l'espressione di cordoglio nei confronti di un uomo come l'On. Loris Fortuna, che ha combattuto per conquiste sociali, come diceva il Consigliere Torrione, quali il divorzio e l'aborto, e per altri problemi si è posto in prima fila, è riuscito al di fuori dello schema dei partiti, pur di far uscire l'Italia da un atteggiamento conservatore e clericale. Esprimo le mie condoglianze personali alla famiglia dell'On. Loris Fortuna.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Pedrini, ne ha facoltà.
PEDRINI (P.L.I.): Vorrei continuare solo per ricordare l'uomo, Passerin d'Entrèves: "libero pensiero in libero stato", mi pare che con questa battuta abbiamo messo a fuoco quelli che erano i suoi presupposti e quella che è stata la sua continua visuale della vita odierna.
Naturalmente associo a queste, le condoglianze alla famiglia dell'On. Loris Fortuna.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Ricco, ne ha facoltà.
RICCO (D.C.): 11 nostro Gruppo si associa all'immenso dolore per la scomparsa del Prof. Passerin d'Entrèves, insigne valdostano, storico di immenso valore, difensore convinto della libertà. Questo è il bene che a noi più preme ed anche per questo lo ricordo con immenso dolore ed affetto.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Vice Presidente De Grandis, ne ha facoltà.
DE GRANDIS (P.R.I.): Anche i repubblicani, non solo della Valle d'Aosta, ma d'Italia, sono profondamente commossi per la scomparsa di Alessandro Passerin d'Entnèves. E noi condividiamo quanto è stato detto oggi in questa aula, in particolare dal Presidente del Consiglio e dall'amico Dolchi, che ha avuto rapporti anche di fraterna amicizia con Alessandro Passerin d'Entrèves, e da quanti altri hanno voluto ricordarlo.
Mi sembra difficile poter aggiungere molto a quanto è stato già detto, anche se quello che è stato ricordato dell'uomo e dello studioso mi ha suggerito un pensiero, che è un consiglio che rivolgo innanzitutto a me stesso, ed è il seguente: noi abbiamo necessità di leggere, d rileggere e di meditare su quanto ha scritto Passerin d'Entrèves, perchè c'è nei suoi scritti, a mio avviso, una lezione fondamentale, che consiste nel fatto che l'uomo di grande cultura e di grande passione per la sua terra non è mai rimasto ancorato a schemi fissi, ma ha sempre cercato di approfondire i problemi, di capire la realtà del suo popolo e della sua gente, e anche quella degli altri popoli, per riuscire così a trovare ed a ricercare costantemente, nel corso della sua lunga vita, quale era la strada più giusta, più corretta, più morale da percorrere.
Credo sia questa la fondamentale lezione che ci viene da Passerin d'Entrèves, e credo che per questo, nel rivolgere alla famiglia ed ai suoi amici le più sentite condoglianze da parte di tutti i repubblicani, vogliamo riaffermare che mediteremo attentamente su quanto Passerin d'Entrèves ci ha lasciato in eredità, sia come cultura che come passione.