Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 4591 del 3 aprile 2025 - Resoconto

OGGETTO N. 4591/XVI - Interpellanza: "Verifiche del nuovo regolamento dell'Università della Valle d'Aosta per l'attivazione e la gestione della "carriera alias"".

Bertin (Presidente) - Punto n. 19.02. Ha chiesto la parola il consigliere Manfrin, ne ha facoltà.

Manfrin (LEGA VDA) - Come ho evidenziato nel testo di questa interpellanza, trattiamo ancora una volta la carriera alias e facciamo un upgrade rispetto a quello che aveva già trattato il collega Perron parlando della carriera alias sull'Università. Perché? Perché è stato pubblicizzato, come se fosse veramente una conquista del nostro secolo, il fatto di aver introdotto la carriera alias all'Università con regole che sostanzialmente prevedono che nemmeno si debba essere in una transizione di genere per poterla ottenere. Chiunque si svegli la mattina e dica: "io adesso voglio una carriera alias" vi può aderire e non è più rivolta agli studenti, ma è rivolta al personale docente, a tutti coloro che compongono l'Università.

Abbiamo allora deciso di approfondire un po' il tema e tra le criticità, che sono molte, della carriera alias, una prima sembra essere nella contraddizione in termini. Infatti, delle conseguenze a cui arriva, il nome di elezione vale solo in ambito universitario e non riguarda tutta la vita di una persona che si sente qualcos'altro rispetto al suo sesso biologico. Niente alias, dunque ? almeno fortunatamente non ancora ? nelle attività sportive, associative, di ritrovo con gli amici, nel gruppo dei pari fuori da scuola. È dunque concreto all'ordine del giorno il rischio che una persona non venga riconosciuta come fa l'Università, innescando in quel caso ad avere un senso di disagio e disallineamento di identità, che non verrebbe in questo modo arrestato, ma perfino alimentato.

In seconda battuta, la carriera alias presenta rilievi di natura giuridica. Quasi sempre, infatti, le scuole, o in questo caso le università, che la introducono fanno leva sul DPR n. 275/1999, recante la disciplina in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche. Il fatto è che, in assenza di normativa specifica, evocare tale norma appare alquanto parziale e arbitrario. Lo è per questo semplice motivo: l'articolo 4 del citato DPR presuppone, quale componente finalistica della norma, il rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema. La pur rilevante autonomia scolastica quindi non può essere tirata in ballo per l'adozione di provvedimenti che non trovino, in una norma ad oggi assente, il loro fondamento giuridico. Questa è soltanto una delle prime criticità giuridiche che abbiamo rilevato e ci tornerò a breve.

Come terzo punto ci sono conseguenze negative che la carriera alias potrebbe avere sui soggetti che decidono di avvalersene. Infatti, anche nell'ipotesi che, diversamente da quanto detto poc'anzi, tale profilo burocratico possa funzionare a meraviglia, essa altro non farebbe che agevolare l'iter di transizione da parte di un giovane da un genere all'altro, il che appare altamente problematico per un motivo semplice: spesso i giovani transgender, quando lo sono, perché ricordiamo che in questo caso il regolamento non prevede neanche una transizione, crescendo cambiano idea e decidono perciò di tornare alla loro identità originaria, con tutte le dure criticità che esso comporta sotto il profilo chirurgico, ormonale e psicologico.

Non si tratta, e lo vogliamo ribadire, di casi rarissimi, anzi a livello internazionale, purtroppo ? o per fortuna, non lo so ? risultano sempre più frequenti. Avevamo detto ci sono dubbi giuridici su questo, quindi ci chiediamo: la carriera alias è conforme alle disposizioni del nostro ordinamento giuridico, oppure si tratta di qualcosa di incompatibile con le leggi italiane? I tanti promotori, naturalmente, ma spesso anche i critici di questo strumento di solito non si misurano con il quesito della sua legittimità giuridica. Il dibattito pro o contro la carriera alias si ferma spesso infatti al piano bioetico e morale, il che è assolutamente comprensibile. Esiste però anche un livello giuridico, che pare francamente ineludibile allorquando si affronta il tema di nuove alternative identità basate esclusivamente sulla percezione di sé. Per rendersene conto, ancor prima di consultare i giuristi, è sufficiente leggere le norme, a partire dall'articolo 6 del Codice civile, che dispone che "ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome se non nei casi e con le formalità di legge indicati". L'esclusione tassativa di cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome se non nei casi e con le formalità di legge indicati, tra le quali non rientra ovviamente la carriera alias, non disciplinata per legge, è senza dubbio un dato notevole, ma non è il solo. Su questo tema si è anche pronunciata infatti la magistratura. Più precisamente è accaduto che la Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3877, abbia affermato che il legislatore nazionale, con la legge n. 164/1982, articolo 5, ha richiesto la corrispondenza assoluta fra sesso anatomico e nome, manifestando preferenze per l'interesse e la certezza dei rapporti giuridici rispetto all'interesse individuale alla coincidenza tra il sesso percepito e il nome indicato nei documenti d'identità. Conseguentemente la Cassazione ha sottolineato che l'attribuzione di un nuovo nome, pur non essendo espressamente disciplinata dalla n. 164, consegue necessariamente all'attribuzione di sesso differente, al fine di evitare una discrepanza inammissibile fra sesso e nome. Tutto questo alla luce del fatto che in altre precedenti sentenze era stato stabilito che al nome, quale segno distintivo della persona, si applica la legge dello Stato di cui il soggetto appartiene. I provvedimenti che possono incidere sul nome sono quindi soltanto quelli previsti dall'ordinamento dello Stato di appartenenza. La conferma che il cambio nome non può essere qualcosa di automatico, né essere stabilito da un ente come quello scolastico o quello universitario ci viene inoltre all'articolo 89 del DPR 3 novembre del 2000, n. 396, che dispone come "salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque desideri cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome, ovvero vuole cambiare cognome, deve farne domanda al prefetto della Provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello stato civile, dove si trova l'atto di nascita al quale la richiesta riferisce". Nessun cenno, dunque, neppure remoto, alla facoltà di introdurre la carriera alias, che, alla luce di quanto detto, risulta un istituto viziato da incompetenza, perciò pure in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, adottato in violazione di legge. Diverso sarebbe naturalmente se l'amministrazione scolastica o universitaria fosse attribuita di un qualche potere in materia di modifica, anche temporanea, e anche soltanto nel perimetro didattico, nel nome, nell'identità (incomprensibile) ma tale attribuzione, norme alla mano, non c'è. Non solo, per completezza va rimarcato come non siano ammessi dalla legge provvedimenti dell'amministrazione scolastica che abbiano carattere anticipatorio rispetto all'eventuale provvedimento giurisdizionale che rettifichi l'attribuzione del sesso e il nome del nascituro alla nascita. È vero che la carriera alias non incide né potrebbe incidere sul nome anagrafico dello studente, tuttavia ? e qui sta, secondo me, la cosa più importante ? la legge regola il diritto al nome in generale (ad esempio, articolo 6 del Codice civile), non soltanto il nome anagrafico, e manca una legge che attribuisca alla scuola o all'Università il potere di cambiare il nome e l'identità sessuale anche a livello non anagrafico. Alcuni sostengono che il nome di elezione alias sarebbe uno pseudonimo, che già trova tutela nell'ordinamento. Tuttavia, il nome di elezione alias è diverso dallo pseudonimo: l'uso dello pseudonimo non è mai imposto a terzi, diversamente dal nome di elezione alias; il nome alias è solo funzionale alla transizione di genere, il nome alias potrebbe essere inventato e subito tutelato dalla scuola o dall'Università, mentre lo pseudonimo è tutelato solo se usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza del nome (articolo 9 del Codice civile). Ancora: i registri ufficiali della scuola o dell'Università devono contenere i dati anagrafici degli alunni, non lo pseudonimo.

L'ordinanza ministeriale 2 agosto 1993, n. 236 in materia di valutazione degli alunni della scuola elementare, in attuazione dell'articolo 11 della legge 5 giugno 1990, n. 148, prevede esplicitamente che "il registro di classe riporta l'elenco dei dati anagrafici degli alunni, presenze e assenze" (articolo 5, comma 4). Perché è significativo tutto questo? È semplice, perché i documenti ufficiali dell'istituzione scolastica o dell'Università, come ad esempio il registro di classe, anche in forma elettronica, costituiscono atti pubblici di fede privilegiati, in relazione ai fatti attestati in essi, agli insegnanti compete la qualifica di pubblici ufficiali. Ecco allora che, se l'insegnante dovesse attestare, ad esempio, la presenza o assenza di una persona con nome e genere divergente dai dati anagrafici, ciò potrebbe costituire, alla luce di quanto sin detto, una falsità commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico, considerato anche che l'ordinanza ministeriale 2 agosto 1993, n. 236 in materia di valutazione degli alunni della scuola elementare specifica che "il registro di classe riporta l'elenco dei dati anagrafici degli alunni, presenze e assenze".

Il lettore arrivato fino a qui e chi ovviamente ci avrà ascoltato - immagino e spero l'Assessore - saranno già impressionati dalla vasta incompatibilità tra la carriera alias e le previsioni del nostro ordinamento, ma non è finita. Va infatti ricordato, restando sul Codice penale, che, oltre al citato articolo 479, c'è anche il 494, che prevede il reato di sostituzione di persona, ai sensi del quale è punito "chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluni in errore, sostituendo illegittimamente la propria o l'altrui persona, attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato", ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici. Come mai questo richiamo è rilevante? Perché, visti i profili attinenti alla privacy e quindi alla potenziale relativa segretezza delle identità biologiche e anagrafiche dei richiedenti la carriera alias, nonché al cambio nome d'identità su alcuni documenti interni, e all'incoraggiamento o addirittura all'obbligo rivolto al personale scolastico e agli altri studenti di usare il nome contrastante con il sesso biologico, con l'identità anagrafica, il regolamento della carriera alias potrebbe creare situazioni in cui alcuni sono indotti in errore al rispetto al nome e all'identità del richiedente la carriera alias.

Tante altre cose sarebbe ovviamente possibile enunciare, ma soltanto sulla base di queste interpelliamo il Governo regionale per conoscere se si ha intenzione di effettuare le opportune verifiche per evitare distorsioni e utilizzi indebiti.

Presidente - Risponde l'assessore Jean-Pierre Guichardaz.

Guichardaz J. (FP-PD) - Dovrei chiederle io, come fate voi di solito, di darmi copia di questa sua premessa, perché ha fatto un trattato di giurisprudenza e di sentenze di diritto familiare, che francamente non sono riuscito a comprendere perché è stato troppo veloce. Probabilmente aveva tante code da dire. Lei è un super esperto ovviamente della materia, quindi evito di entrare in contraddittorio con lei, perché non ho la sua profondità di vedute e di approfondimento.

Stavolta evito anche di fare premesse circa le sue intenzioni, come l'altra volta mi ha un po' accusato di fare, anche se, mi permetta, parlare di distorsioni e di utilizzi indebiti relativamente a un regolamento sulla carriera alias rivolto a persone super maggiorenni, adulti, docenti, eccetera francamente mi pare leggermente esagerato, ma avrà le sue motivazioni. Io mi limito a leggere il promemoria che mi è stato preparato, perché per non confutare ma rispondere alla sua interpellanza ovviamente non posso andare a braccio. Leggo tal quale ciò che mi è stato preparato, che ovviamente condivido perché l'ho condiviso in fase di elaborazione. Tra l'altro, rispondo io ma, essendo Presidente dell'Università il Presidente della Giunta, ovviamente questa è una risposta che è stata condivisa anche con il Presidente del Consiglio dell'Università.

"La finalità del regolamento per l'attivazione dell'identità alias è quella di promuovere il benessere psicofisico e relazionale delle persone che studiano e che lavorano nell'Ateneo a qualsiasi titolo facenti parte della comunità universitaria e di favorire la realizzazione di un ambiente di studio e di lavoro inclusivo, basato sul principio della pari dignità delle persone e sul riconoscimento del diritto all'autodeterminazione di genere (articolo 1, comma 2) - mi sembra una corretta impostazione - l'Ateneo riconosce l'attivazione di un'identità alias allo scopo di limitare situazioni di disagio per coloro che sono in un percorso di transizione o che non si riconoscono nell'identità di genere anagrafica dotata di valore legale (articolo 1, comma 3). L'identità alias è un'identità provvisoria, transitoria e non consolidabile, che deve essere utilizzata esclusivamente all'interno dell'Ateneo (articolo 3, comma 5). Il regolamento pertanto, mi dicono, non è in contrasto con l'articolo 6 del Codice civile, in quanto l'articolo 5 dello stesso dispone che tutte le certificazioni e dichiarazioni rilasciate dall'Università per uso esterno fanno riferimento unicamente ai dati riferiti all'anagrafica legalmente riconosciuta, così come le dichiarazioni sostitutive di certificazioni che può rilasciare la persona interessata. Se in transizione di genere, la persona richiedente, una volta definito il percorso di riassegnazione di genere, quello sì legalmente riconosciuto, ha diritto al rilascio di una certificazione rettificata e corrispondente alla nuova identità anagrafica. Nel caso in cui la persona richiedente sia uno/una studente/studentessa, non uso schwa o altre lettere... in transizione di genere che consegue il titolo di studio senza che sia intervenuta sentenza del tribunale, tutti gli atti e i documenti inerenti alla sua carriera universitaria faranno riferimento ai dati anagrafici dotati di valore legale". Credo che questo sia di conforto a tutti quelli che hanno paura che la carriera alias possa modificare anche tutto l'aspetto formale.

"Il regolamento prevede inoltre, agli articoli 6 "Obblighi della persona richiedente" e 7 "Violazione del regolamento" l'impegno da parte della persona con identità alias a segnalare preventivamente e tempestivamente nell'accordo confidenziale l'intenzione di compiere attività all'interno dell'Università che abbiano rilevanza esterna, come, per esempio, la partecipazione a tirocini, l'adesione a progetti di mobilità internazionale, la richiesta di borse di studio e l'impegno a verificare e concordare se e come sia possibile dare seguito alle proprie intenzioni continuando a utilizzare la propria identità elettiva. La persona con identità alias si impegna inoltre a informare l'Ateneo di qualunque situazione che possa influire sui contenuti e sulla validità dell'accordo confidenziale. In particolare, se la persona è in transizione di genere, si impegna a comunicare tempestivamente l'emissione della sentenza di rettifica di attribuzione di sesso e di nome da parte del tribunale, ovvero la decisione di interrompere il percorso intrapreso finalizzato a tale rettifica". Diciamo che questo aspetto è quello che risulta essere l'aspetto eventualmente formale, perché l'emissione della sentenza di rettifica o la sua decisione di interrompere il percorso intrapreso finalizzato a tale rettifica rientra all'interno dell'accordo confidenziale. "Qualora vi siano fondati motivi per ritenere che la persona con identità alias violi quanto disposto dal regolamento e dall'accordo confidenziale, l'identità alias può essere sospesa in via cautelare, o revocata nel caso la violazione venga accertata previo contraddittorio. Qualora sia accertata l'effettiva violazione dell'accordo confidenziale, l'identità alias verrà disattivata, fatte salve le eventuali sanzioni applicabili dagli organi competenti".

Presidente - Per la replica, la parola al consigliere Manfrin.

Manfrin (LEGA VDA) - Grazie Assessore per la sua risposta, di cui ovviamente non dubitavo, anche perché la... è brutto chiamarla "stampa di regime", non posso, io sono un giornalista come il collega Caveri e noi abbiamo degli obblighi, ovviamente, di ordine, e non possiamo assolutamente parlar male dei colleghi, pena la fustigazione in sala mensa...

(intervento di un Consigliere fuori microfono)

...grazie, anche tu. Non potendo quindi parlare male dei colleghi, diciamo che alcuni organi di informazione, sicuramente non vicini alla nostra forza politica, erano già usciti con lunghi articoli che sostanzialmente anticipavano la risposta che lei ha fornito. Eravamo quindi già a conoscenza delle posizioni e immaginiamo che ci sia tutto un mondo che preme e spera che sostanzialmente ci sia un'esplosione di queste carriere alias per far vedere a noi, brutti e schifosi omofobi, come veniamo definiti, che avevano ragione loro che era giusto farlo.

Quello che abbiamo voluto evidenziare con questa interpellanza... lo abbiamo evidenziato nell'intervento che io ho fatto, vi chiedo scusa se qualche pezzo si è perso, ma erano tante le cose da dire ? le assicuro che ho preparato cinque pagine e non sono riuscito a leggerne tre ? sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista ovviamente scientifico, non solo della inutilità ma anche del danno che viene provocato dalla carriera alias.

C'è da dire che qualcuno potrebbe obiettare, il collega Perron lo ha fatto sempre e lo ha legato - e io concordo con lui - a una valutazione scientifica, quindi una valutazione inoppugnabile, del fatto che, se effettivamente si manifesta in chiunque ? potrei dire un giovane, parliamo del caso di specie, ma possiamo parlare in generale ? una disforia di genere, che è un disturbo appunto, che è anche citato con letteratura scientifica e medica... nella transizione si può anche immaginare di accettare che ci sia questa carriera alias che non ti fa sentire discriminato, diverso, ti dà il nome che dovresti avere dopo la transizione.

Quello che abbiamo trovato particolarmente assurdo è che in realtà qui si vada a fare esattamente quello che proponeva il DDL Zan, che è stato clamorosamente, per fortuna, bocciato, ovvero che si vada a dare corpo alla percezione e non ai fatti, cioè sono una persona che è in transizione e quindi ho una disforia di genere, c'è una letteratura medica e scientifica che dice che sto seguendo un percorso e che alla fine di questo percorso arriverò a cambiare sesso, quindi c'è un modo, un ponte che mi permette di arrivare all'identità finale. Qui no, qui il regolamento dice che tu sia in transizione, che tu non lo sia, che tu lo senta, che tu lo voglia fare per gioco, va bene tutto. Tu fai richiesta e va bene così. Perché sappiamo bene che, se si va ad attivare questo... chiamiamolo, nuovo diritto, è evidente che chiunque può disporne e impedire che qualcuno aderisca a questo nuovo diritto è evidente che sarebbe una sorta di discriminazione. Magari, se fosse passata la legge delle colleghe, avrebbe potuto essere annoverata fra le discriminazioni. Il problema appunto di slegarlo è che questo è evidentemente passibile di... come potremmo dire? distorsioni, abusi? Lei ha un bel dire che sul regolamento, l'ho letto anch'io, c'è: "eventualmente, per prevenire gli abusi, qualora ci si rendesse conto che, si sospende". Lei però immagini che domani 500 studenti chiedano di fare la carriera alias e che si debba a questo punto modificare tutti i moduli, tutti i tesserini, tutta la documentazione, tutto quanto relativo a 500 studenti. Non parliamo del personale, perché con questo regolamento si dà la possibilità anche al personale di poter adire a questa scelta. Immaginiamo noi questo sistema che mi permette di dire: "da domani mi chiamo Gino, Lino, Pino, Nina, Giovanna, Antonia", quello che voglio, quello che mi viene in mente. Va bene così e durante la mia carriera universitaria mi chiamo così, oppure, quando vado al lavoro, all'Università io mi chiamo così. 500 persone. È possibile, lo potrebbero fare. Magari potrebbero disattivarlo perché ci sono, abbiamo visto, fra i vari generi persone che sono gender stagionali, quindi magari, a seconda delle stagioni, trovano un genere diverso, quindi magari non si riconoscono in quello: "In una stagione mi sento in una maniera, in una stagione mi sento nell'altra". Non gli si potrebbe dire niente.

Secondo noi, quelle che sono sganciate dalle evidenze scientifiche e mediche, evidentemente sono delle distorsioni del sistema e per questo noi ci dichiariamo fermamente contrari.