Oggetto del Consiglio n. 3931 del 18 settembre 2024 - Resoconto
OGGETTO N. 3931/XVI - Interrogazione: "Congruità del numero di centri commerciali presenti sul territorio regionale rispetto alla clientela valdostana".
Bertin (Presidente) - Punto n. 33. Risponde l'assessore Grosjacques.
Grosjacques (UV) - In premessa bisogna chiarire che nel senso letterale della parola in Valle d'Aosta non è presente alcun centro commerciale di nessuna dimensione, perché per "centro commerciale" si intende un complesso di attività commerciali architettonicamente e funzionalmente omogeneo pianificato e realizzato con criteri unitari, dotato permanentemente di una gestione unitaria funzionale a generare sinergie che determinano un valore aggiunto rispetto alle singole unità che lo compongono. È una specifica modalità di esercizio dell'attività commerciale che si rinviene, ad esempio, negli outlet del vicino Piemonte, ma che in Valle d'Aosta non esiste. Non sono infatti centri commerciali né i singoli supermercati o ipermercati, né gli esercizi commerciali, che, pur trovandosi a condividere uno stesso ambito spaziale, restano reciprocamente ininfluenti. Questa precisazione senza ovviamente alcun intento polemico, ma solo per far capire a coloro che ci ascoltano di che cosa stiamo parlando e qual è la distinzione tra un'attività e l'altra.
Visto però che le premesse dell'interrogazione sembrano far riferimento alla costruzione di nuovi esercizi commerciali aventi medie e grandi superfici di vendita, abbiamo acquisito i dati degli esercizi commerciali con le superfici di vendita indicate nel quesito, che comprendono un'ampia varietà di attività, anche molto diverse tra loro. Basti dire che, se sono ricondotti alla classificazione basata sulla superficie di vendita prevista dal decreto legislativo 114/1998, spaziano dall'esercizio di vicinato alla grande struttura di vendita, infatti il decreto legislativo definisce gli esercizi di vicinato quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 metri quadrati nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10 mila abitanti e a 250 metri quadrati nei Comuni con popolazione residente superiore a 10 mila abitanti, nel caso nostro solo Aosta ed è la distinzione che è presente anche nella deliberazione che assegna i fondi per il sostegno degli esercizi di vicinato.
Abbiamo poi le medie strutture di vendita che sono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti precedenti, quindi superiori ai 250 metri e fino a 1.500 metri nei Comuni con popolazione residente inferiore a 10 mila abitanti e fino a 2.500 metri quadrati nei comuni con popolazione superiore. Ci sono poi le grandi strutture di vendita che sono gli esercizi aventi superficie superiore a 1.500 metri quadrati nei Comuni inferiori a 10 mila abitanti e sopra i 2.500 nei Comuni superiori ai 10 mila abitanti. Sull'intero territorio regionale sono presenti attualmente 208 esercizi commerciali con superficie di vendita maggiore di 150 metri quadrati, in particolare 81 tra i 150 e i 250 metri quadrati, 52 tra i 250 e i 400 metri quadrati, 65 tra 400 e 1.500 metri quadrati, 6 tra 1.500 e 2.500 metri quadrati, 2 tra 2.500 e 5.000 metri quadrati e 2 oltre i 5.000 metri quadrati.
Per quel che riguarda il secondo quesito: "se si ritenga consono per la clientela valdostana avere un numero totale di esercizi commerciali", la risposta sarà ovviamente trattata con riferimento agli esercizi commerciali con superficie di vendita maggiore di 150 metri quadrati. Per come è posto il quesito e ponendoci dal punto di vista della clientela valdostana, quindi uno degli aspetti legati a questo tipo di problematica, è evidente che per i consumatori avere la possibilità, rimanendo nella propria regione, di accedere a un'offerta commerciale quanto più ampia, varia e conveniente possibile, senza la necessità di doversi spostare in altre regioni o di rivolgersi ai canali di vendita on-line, è sicuramente un vantaggio. È però peraltro altrettanto evidente che in Valle d'Aosta l'offerta commerciale non è commisurata alla sola consistenza numerica della clientela residente, ma si rivolge in buona parte alla clientela straniera proveniente dalle Regioni francesi e svizzere di prossimità e più in generale alla clientela turistica. Ogni analisi rispetto alla clientela dovrebbe quindi riguardare queste diverse componenti della domanda. Tuttavia, come Amministrazione regionale, non dobbiamo e non possiamo limitarci a ragionamenti di tipo strettamente economico, perché lo sviluppo di nuove superfici di vendita deve anche essere sostenibile per il territorio, per esempio, in termini di uso del suolo e di impatto sulle infrastrutture e sul tessuto economico e sociale.
Un altro aspetto rilevante è ovviamente l'impatto sugli esercizi di vicinato che nel nostro territorio hanno sovente una funzione che va oltre il ruolo strettamente commerciale, soprattutto nei piccoli Comuni di montagna dove spesso risultano essere l'unico vero punto di aggregazione, che, come noto, questa maggioranza regionale sostiene con importanti risorse economiche ogni anno proprio per salvaguardarne, almeno per quanto possibile, l'esistenza. Dobbiamo peraltro evidenziare che non possiamo prescindere dagli aspetti relativi alla tutela della concorrenza, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizio, che, in applicazione dei principi eurounitari della direttiva Bolkestein, prevalgono nella generalità dei casi.
Occorre ricordare a questo proposito che nel 2013, con la legge regionale 5, erano state apportate modifiche e integrazioni alla legge regionale 12/1999, il cui titolo era: "Principi e direttive per l'esercizio dell'attività commerciale" proprio al fine di prevedere indirizzi regionali volti a equilibrare la rete distributiva in rapporto alle diverse categorie e alla dimensione degli esercizi, con particolare riguardo alle grandi strutture di vendita. La Corte costituzionale, con sentenza 104 dell'aprile 2014, aveva però dichiarato l'illegittimità costituzionale di tali disposizioni perché in contrasto con il principio generale dell'ordinamento nazionale di liberalizzazione e di eliminazione di vincoli all'esplicarsi dell'attività imprenditoriale nel settore commerciale.
Se con il quesito posto, ignorando i suddetti principi di liberalizzazione stabiliti dalla direttiva europea, si volesse implicitamente sostenere che la Regione dovrebbe decidere qual è il numero congruo delle attività commerciali, questo ci porterebbe verso un sistema di pianificazione economica di reintroduzione delle licenze o comunque di vincoli alle iniziative imprenditoriali, impostazione che personalmente non condivido. È giusto che la Regione promuova uno sviluppo equilibrato del territorio e che valorizzi alcune attività che ritiene importanti, come appunto stiamo facendo con gli esercizi di vicinato, con i contributi di cui ho appena parlato, ma non possiamo pensare di contingentare le attività, né di sostituirci ai Comuni, che, attraverso i piani regolatori generali comunali, che, tra l'altro, sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica, programmano lo sviluppo urbanistico dei territori che amministrano e che quindi hanno gli strumenti per limitarne la proliferazione.
La legge regionale del commercio, la 12/1999, individua, coerentemente con la normativa eurounitaria nazionale, un equilibrio tra i principi di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e le esigenze di tutela del territorio in senso lato. L'articolo 1, comma 1bis, della legge 12 infatti stabilisce che l'apertura e l'esercizio delle attività commerciali non sono soggetti a contingenti numerici, a limiti territoriali, a vincoli merceologici o di qualsiasi altra natura, ma possono essere vietati o limitati esclusivamente quando siano in contrasto con la normativa in materia di tutela della salute, dei lavoratori, dei beni culturali, del territorio e dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano in accordo con i principi del piano territoriale paesistico. L'Assessorato sta definendo un aggiornamento e affinamento della legge regionale 12/1999, ma l'approccio sull'argomento purtroppo non potrà variare in modo sostanziale, così come ribadito in una prima riunione effettuata nelle scorse settimane con i rappresentanti di Confcommercio, nel corso della quale sono state esaminate le problematiche del settore, che, peraltro, sono note a questo Consiglio perché in moltissime occasioni siamo andati sul punto, stabilendo la programmazione di un tavolo di lavoro allargato a tutti i portatori di interesse, dove ovviamente saranno presenti i rappresentanti degli Enti locali, che, per le motivazioni che ho spiegato, possono con i loro piani regolatori in qualche modo definire la non proliferazione, quindi la non costruzione sul proprio territorio di esercizi di media o grande superficie.
Presidente - Per la replica, la parola al consigliere Lavy.
Lavy (LEGA VDA) - Grazie Assessore per la risposta, manca un pezzo, perché le chiedevo anche nei quesiti una sorta di numerazione per le Unités des Communes di questi centri di vendita. Va benissimo se mi lascia poi i dati, perché è anche interessante capire come questi centri, questi esercizi sono dislocati su tutto il territorio, perché i dati che ha citato, che comunque erano già anche noti, sono assolutamente sconcertanti, perché la nostra Regione ha, in base alle altre Regioni d'Italia, il rapporto più elevato fra superficie di vendita della grande distribuzione organizzata ogni mille abitanti, quindi 714 metri quadrati ogni mille abitanti di superficie di vendita, che appunto la mette in cima alle classifiche. Siamo una terra di montagna e siamo diventati una terra in cui appunto ci sono tutta questa serie di esercizi commerciali, che sicuramente, anche in nome della concorrenza, devono esserci, la concorrenza è assolutamente sacra, però credo che stiamo un po' esagerando sotto diversi punti di vista, proprio perché lo vediamo: i nostri territori montani, ma non solo, i borghi della Media e Bassa Valle, basti pensare a Châtillon, Pont-Saint-Martin e quant'altro, sono in grandissima sofferenza, Aosta è in grandissima sofferenza per quanto riguarda i piccoli negozi e gli esercizi di vicinato. Questo quindi deve far riflettere, se nascono i bar, è un problema, perché non è che dobbiamo passare le giornate nei bar a prenderci le sbornie per pensare che vada tutto bene. C'è un problema effettivo e le associazioni di categoria ovviamente lo stanno facendo presente, è ovvio che, da un lato, come ha detto lei, le armi sono un pochino spuntate, c'è questa sentenza della Corte costituzionale che ha posto tutta una serie di limitazioni che non permettono grandi spazi di manovra, però agire sui Comuni è quella l'arma che abbiamo in mano e, bisogna dirlo in qualche maniera, ci sono alcuni Sindaci e alcune Amministrazioni comunali che sembrano anche complici della nascita della proliferazione di questi esercizi commerciali e questo non va bene, perché, se da un lato ci possono essere degli introiti maggiori nelle casse comunali, dall'altro, gli stessi soggetti che magari promuovono in qualche maniera la nascita di questi esercizi si lamentano che i loro borghi stanno morendo. È ovvio, è normale, la gente va lì, parcheggia, c'è il bar dentro, prende, fa la spesa, è ovvio che l'attività nei borghi poi non abbia più senso di esistere, ma se si è delle persone che fanno politica, si deve avere una pianificazione, un'idea generale.
Di sicuro nessuno parla di abolire, di togliere tutti i centri commerciali, anche se formalmente non ce ne sono, tutti gli esercizi commerciali, ma una limitazione in qualche maniera deve essere trovata e qui credo che tutto il Consiglio in qualche maniera debba trovare soluzioni, anche magari guardando ad altre Regioni, perché abbiamo dei Comuni che sono assolutamente saturi dal punto di vista delle presenze di queste "cattedrali di cemento". Abbiamo addirittura delle viabilità che sono stravolte, basti pensare comunque a Sarre, salendo o scendendo, come quell'esercizio che è stato costruito da qualche anno impatti notevolmente sulla viabilità della Statale.
Sono quindi tutti ragionamenti che devono essere fatti e che comunque devono portare a qualche azione, anche forte, perché poi nessuno pensa a questa cosa. È giusta la concorrenza, ma il nostro bacino, anche considerando i turisti, è quello. Una volta che abbiamo tutta una serie di esercizi commerciali, quanti di questi rimarranno in piedi? E una volta che magari grandi società, grandi gruppi, decideranno di togliere via un esercizio commerciale da un Comune o dall'altro, cosa ne faremo di quelle strutture? Le lasceremo lì all'abbandono? Perché adesso stiamo vedendo veramente delle costruzioni enormi, degli investimenti milionari. Se qualcuno decidesse poi di togliere quelle attività da lì, cosa ne faremo di quegli spazi? Li demoliremo? Non credo, rimarranno lì. Questo quindi deve far riflettere sul fatto che sia necessario trovare un sistema e su questo credo che da parte di tutti ci debba essere una riflessione molto profonda sul futuro della Valle d'Aosta, perché avere così tanti esercizi commerciali non può che fare male.