Oggetto del Consiglio n. 3643 del 22 maggio 2024 - Resoconto
OGGETTO N. 3643/XVI - Interpellanza: "Informazioni in merito al fenomeno dell'emigrazione di Valdostani all'estero".
Bertin (Presidente) - Punto n. 24. Per illustrare l'interpellanza, ha chiesto la parola il consigliere Lavy, ne ha facoltà.
Lavy (LEGA VDA) - Se si sale lungo la strada che porta a Valtournenche, c'è la cappella di Ussin e lì vicino c'è una croce che è stata oggetto di una storia che si mescola anche un po' con una leggenda, di un soldato partito da Valtournenche che fece diverse campagne con Napoleone, compresa quella di Russia, e che soffriva il cosiddetto "mo de méizón" o "mo de clloutchì" [traduzione dal patois: nostalgia di casa o nostalgia del proprio Paese], appunto perché questo soldato, ogni volta e ogni giorno che era lontano dalla sua Valtournenche, ripeteva: "Valtournenche où est tu? Sans toi je suis perdu". La storia si conclude in maniera purtroppo tragica per cui questo soldato, tornato dalle campagne, sale da Châtillon per tornare a casa e arrivato un pochino dopo la cappella di Ussin, quando si iniziava a vedere Paquier e Maen, i villaggi di Valtournenche, ebbe un malore e morì ed ecco che allora ci fu la costruzione di questa croce. Quest'esempio perché? Perché si collega con quest'interpellanza, il mo de méizón, il male di coloro che se ne vanno obbligati e che sentono però appunto la voglia di tornare a casa nella nostra Valle. Lo sappiamo tutti che ad oggi il fenomeno dell'emigrazione - allora nel caso di questo soldato era stato obbligato molto probabilmente - è un fenomeno assolutamente centrale, che sta prendendo delle dimensioni forse anche preoccupanti.
La Valle d'Aosta è sempre stata terra di emigrazioni e di immigrazione, lo sappiamo benissimo, un'emigrazione prima stagionale, poi dopo definitiva, l'emigrazione che, a partire dal Medioevo, vedeva diversi abitanti nelle nostre comunità partire per andare a cercare fortuna, lavoro, per esempio, alcuni abitanti di Courmayeur partivano per andare a lavorare al porto di Genova, altri della Valdigne o della Valgrisenche o di Rhêmes andavano fare il ramoneur o i mercanti ambulanti nelle Fiandre o in Francia, i lavoratori della canapa si spostavano da Ayas, Valtournenche, Champorcher per andare a lavorare nella zona di Milano essenzialmente. Dalla Valle del Lys partivano da Gaby, Issime, Fontainemore, Lillianes e Perloz dei muratori per andare a lavorare in Savoia, nel Dauphiné e nei Paesi anche germanofoni, a Gressoney non ne parliamo, la lunga tradizione dei mercanti, però appunto questa era un'emigrazione stagionale che serviva per portare ricchezza in una Valle, che, purtroppo allora, non poteva mantenere tutta quella popolazione. Emigrazione che poi divenne definitiva, bene o male, a cominciare dall'Unità d'Italia, per cui le politiche libero-scambiste di Cavour, l'arrivo della ferrovia che faceva concorrenza sleale ai prodotti valdostani, la separazione con la Savoia, quindi la creazione di un confine, la tassa sul macinato e l'inizio poi anche dell'attacco linguistico e culturale portò 21 mila valdostani nell'arco di 50 anni a emigrare, ad andare via da questa terra e questi 21 mila valdostani vennero sostituiti da chi lavorava in fabbrica, quindi persone italofone che vennero a lavorare alla Cogne, alla Soie, alla Brambilla e quant'altro. Una mera operazione politica in questo senso, perché la Valle d'Aosta doveva essere italianizzata, sostituzione etnica.
Oggi viviamo un fenomeno diverso, perché in tempi anche abbastanza recenti la Valle d'Aosta è stata fenomeno di immigrazione, quindi attirava persone al suo interno, oggi purtroppo viviamo il fenomeno opposto, per cui i nostri giovani se ne vanno. Questo forse è dovuto un po' anche ai social da un lato, perché sui social si vede sempre coloro che ce la fanno, quelli che vanno via, si realizzano, fanno soldi, magari hanno belle macchine ed è ovvio che nelle menti dei nostri ragazzi, avere delle immagini del genere, invoglia a partire, ed è ovvio che anche nel raccontare le storie si racconta solamente le storie di coloro che ce la fanno, che vanno all'estero, si realizzano e praticamente mai le storie di coloro che invece partono e poi non ce la fanno e tornano indietro. Questo è assolutamente importante da ricordare, perché non tutti quelli che partono si realizzano e poi l'altro aspetto essenziale da ricordare è che non per forza per realizzarsi si deve partire, in tanti si possono realizzare anche qua, dipende ovviamente dall'ambizione, dal proprio lavoro, da tanti aspetti che sono assolutamente non semplici da trattare.
Ovviamente sul tema dell'emigrazione sono stati organizzati più eventi, l'ultimo, il 2 maggio, qui a Palazzo, la presentazione di un libro: "Plusieurs Pays,une seule Région", che fa un'analisi anche tramite delle interviste ai giovani che partono e alcuni anche che ritornano. L'aspetto più interessante che è emerso da quel tipo di evento è che in tanti partono oggi alla ricerca del cosiddetto "work life balance", quindi un miglior equilibrio fra la vita lavorativa e la vita privata. Vedendo un pochino le statistiche, oggi uno legge che praticamente il 36% dei millennial considera questo fattore come il primo fattore per scegliere un lavoro. Piaccia o non piaccia, purtroppo è così, ne abbiamo parlato anche allo scorso Consiglio con l'assessore Carrel per quanto riguarda la figura dei casari, però ad oggi questo, la conciliazione lavoro e tempo libero, è assolutamente da tenere in considerazione.
È ovvio che, da un lato, dobbiamo anche fare un pochino un'analisi di chi parte e di chi torna, anche per capire da quali Comuni partono, dai grandi, dai piccoli, se in essi è ancora presente una comunità forte o no, perché spesso è proprio il ruolo della comunità che forse potrebbe impedire ai giovani di partire o partire per formarsi e poi tornare, perché, leggendo tante storie di queste persone che partono alla ricerca comunque di un lavoro e condizioni migliori, tanti partono o da Aosta o dai Comuni dormitori, in cui magari il senso di comunità c'è molto meno; meno in termini quantitativi sembrano essere coloro che partono dei piccoli Comuni, in cui forse magari un senso di comunità maggiore c'è ancora. Ecco che allora avere una base dati, anche una sorta di questionario, per capire coloro che partono perché lo fanno, coloro che tornano perché lo fanno e quali sarebbero le condizioni per cui coloro che partono tornerebbero in Valle credo sia assolutamente basilare, proprio perché la nostra Regione, in qualche maniera, può offrire tutta una serie di vantaggi che le città, le grandi città, le grandi metropoli non possono offrire. Credo che anche qui serve una base dati.
È con quest'intento che è stata creata quest'interpellanza, per capire i dati, capire chi parte, chi torna, anche in termini di età, perché partiranno credo probabilmente molto di più i giovani e torneranno più magari gli anziani a godersi la pensione, anche per creare una sorta di riflessione su questo tema, perché non si deve dare per scontato che chi parte poi non debba tornare, si debbono creare le condizioni tramite anche dei questionari per capire cosa serve a coloro che partono per tornare.
Credo che per risolvere questo tipo di tema, problema, non ci siano delle soluzioni tout court semplici e banali, sono fenomeni complessi che vanno a toccare il mondo del lavoro, le aziende, il benessere, anche al di là del lavoro, della vita privata, il tempo libero, però è giusto che la Valle d'Aosta, se vuole essere al passo con i tempi, queste domande se le debba porre ed è questo il senso dell'interpellanza.
Presidente - Per la risposta, il Presidente della Regione.
Testolin (UV) - En ce qui concerne cette interpellation, il est important de partager des remarques préliminaires qui me semblent importantes. La première est que l'immigration est un phénomène inhérent à la nature humaine elle-même, mais qui à notre époque a pris des caractéristiques différentes par rapport à celles qu'elle avait pour les générations précédentes; la deuxième c'est que la statistique nous fournit des chiffres qui sont certainement importants, mais qui souvent ne répondent à toutes les questions et n'expliquent pas ce qui se cache derrière un phénomène.
Cela dit, en ce qui concerne la première question, il faudrait déjà définir ce qu'on entend avec le mot "Valdôtains", parlons-nous des autochtones ou bien des personnes immigrées en Vallée d'Aoste au cours des dernières dix ou cinq années et qui ensuite ont décidé de se déplacer encore? Comme je le disais, à notre époque l'immigration a des caractéristiques différentes par rapport au passé, parmi lesquelles figure, sans doute, une plus grande propension à la mobilité; de toute façon, à l'AIRE, au 31 décembre du 2016, on comptait 5856 inscrits provenant de la Vallée d'Aoste, contre 7891 au 31 décembre 2022. Ce sont des chiffres en constante augmentation mais, comme disent les statisticiens, ce sont des données de stock, ils ne nous disent pas plus; les statistiques disponibles ne nous donnent pas d'information sur les tranches d'âge par Région, mais seulement au niveau global. Nous savons, par exemple, que les quelque 6 millions d'inscrits à l'AIRE sont répartis plus ou moins dans le même pourcentage, selon les tranches d'âge: 18,15% jusqu'à 20 ans, 28,07% de 29 à 40 ans, 28,59% entre 49 ans et 60 ans et 25,19% de plus de 60 ans. Je disais qu'il s'agit d'une donnée de stock, mais l'Observatoire économique et social régional nous a également fourni des données de flux par rapport à notre région, d'où on relève qu'en 2002 les émigrés vers l'étranger ont étés 60 et les émigrés vers d'autres régions italiennes 1148; tandis qu'en 2022 les émigrés vers l'étranger ont été 391 et les émigrés vers les autres régions italiennes 1201, mais il faut aussi dire que de ces 391 migrés en 2022 106 étaient des étrangers ou des personnes immigrées en Vallée d'Aoste qui en 2022 ont quitté notre région et ont transféré la résidence ailleurs, parfois dans leur Pays d'origine, parfois dans un autre État. En ce qui concerne les tranches d'âge, la donnée disponible atteste que des 391 émigrés vers l'étranger de 2022 198 étaient dans la tranche d'âge 18-39 ans, soit environ le 50%.
Pour la deuxième question, il est plus difficile de répondre parce que les immigrés en Vallée d'Aoste venant de l'étranger ont été 682 en 2022, alors qu'ils étaient 319 en 2002; un chiffre donc significativement supérieur à celui de l'émigration, mais aussi moins analysable dans le détail. Sur la base des données disponibles, nous savons, par exemple, que 386 et 682 immigrés en Vallée d'Aoste étaient dans la tranche d'âge 19-39 ans, nous avons donc en 2022 185 immigrés italiens venant en Vallée d'Aoste de l'étranger, mais ce ne sont pas nécessairement des Valdôtains.
Pour ce qui est la troisième question, on pourrait génériquement dire que les raisons pour lesquelles on émigre sont toujours les mêmes: les études, le travail, les affections et pas nécessairement dans cet ordre, bien sûr. En dehors de cela, comme vous l'avez peut-être constaté, la récente publication de Michela Ceccarelli, que vous avez quand même citée, intitulée justement "Plusieurs Pays, une seule Région", contient des considérations fort intéressantes à partir du constat que l'immigration est aujourd'hui fluide, cela implique des déplacements différents, contrairement à ce qui se passait habituellement dans le passé. Ensuite, il faut analyser les raisons pour lesquelles les jeunes valdôtains vont à l'étranger, raisons qui sont bien connues: la recherche des meilleurs perspectives d'études et de travail, la possibilité de faire des expériences dans des contextes particulièrement innovateurs et internationaux, une meilleure qualité de la vie, la recherche de l'environnement qui récompense le mérite individuel, la possibilité aussi pour les jeunes de concevoir leur avenir à long terme. À cet égard, les graphiques fournis la semaine dernière par l'Université de la Vallée d'Aoste, dans le cadre du colloque organisé par le Conseil Régional Unipol, ont mis en évidence, entre autres, les données de la croissance moyenne de rémunération italienne, Vallée d'Aoste inclue. Au cours des dernières 10 ou 20 années, je ne me rappelle plus exactement, ces données, à certains égards, fourniraient déjà, à elles seules, une bonne raison pour penser à une recherche d'emploi dans d'autres Pays.
En ce qui concerne la conclusion de la question, je ne pense pas qu'il soit si facile de trouver une réponse; hormis le fait qu'il n'est, peut-être, ni juste, ni utile de freiner ce processus notamment parce qu'il ne s'agit que d'une des facettes d'un phénomène beaucoup plus complexe qui comprend, par exemple, aussi la dénatalité, l'attractivité de la Vallée d'Aoste et de l'Italie, je crois personnellement que l'objectif devrait être de créer les conditions pour que les mobilités puissent être possibles dans les deux sens: la possibilité de sortir de la Vallée d'Aoste pour étudier, travailler, acquérir des expériences, réaliser des projets de vie, mais aussi la possibilité d'y rentrer, parce qu'il y a des liens qui ne se rompent pas, avec son histoire et avec sa culture et puis, peut-être, la possibilité de repartir encore. Tout cela grâce à la création, comme nous essayons de le faire, d'opportunités à niveau de la croissance, de la recherche, de la diversité des emplois et de la proposition des rémunérations appropriées au travail dans nos activités, dans nos administrations publiques et dans nos entreprises, dans les entreprises de notre territoire, de manière à devenir, à notre tour, un point d'arrivée et non seulement un point de départ.
Presidente - Per la replica, ha chiesto la parola il consigliere Lavy, ne ha facoltà.
Lavy (LEGA VDA) - Grazie presidente Testolin, le chiederei se può darmi la risposta perché sapevo che il rischio di un'interpellanza del genere era quello di rendere tutta un'elencazione di dati ed è per quello che ho cercato di ridurre al minimo le informazioni richieste per quanto riguarda le domande nel testo.
Parto da quello che lei ha detto alla fine: "Les liens qui ne se rompent pas avec l'histoire est la culture", invece oggi c'è il rischio che questi liens si rompano, perché se si parla con i ragazzini - e invito chiunque a farlo -, per loro in grandissima parte non c'è differenza fra l'abitare qua e l'abitare da un'altra parte del mondo. La cosa drammatica - ovviamente è un fenomeno forse dovuto alla globalizzazione, ai social e quant'altro - è che la Valle d'Aosta è diventata un luogo come gli altri, un luogo di passaggio in cui uno ci nasce, poi può decidere di andarsene via senza farsi troppi problemi. All'inizio avevo fatto l'esempio del soldato ovviamente era un modo anche per inquadrare un po' il tema e per far capire come comunque una volta coloro che erano obbligati a partire poi soffrivano di questo male di casa, il mo de méizón, oggi invece questo sentimento non si sente praticamente quasi più in tanti giovani. In effetti, se si leggono tante interviste di coloro che partono: "Torno in Valle in vacanza", non c'è questa sorta di sentimento profondo che c'era una volta. Come ho detto prima, sarà il fenomeno della globalizzazione e quant'altro, il fatto che il mondo sia cambiato, assolutamente, però è un problema forse sociale e sociologico più che economico solamente, proprio perché il ruolo anche delle nostre comunità oggi è sempre meno importante, quindi il fatto di partire porta a perdere meno, per cui il bilancio fra ciò che si guadagna e ciò che si perde è in positivo, per cui ciò che si guadagna andando all'esterno è meglio rispetto a ciò che si perde andandosene a livello di famiglia, a livello di comunità, a livello di ambiente e quant'altro. Questi sono tutti fenomeni ovviamente di una complessità incredibile che però devono essere in qualche maniera capiti se si vuole capire poi in prospettiva a come far tornare la Valle d'Aosta attrattiva, perché altrimenti rischiamo che magari le migliori teste se ne vadano e poi qui chi ci rimane? Questo è un ragionamento assolutamente necessario da fare.
Poi credo che comunque le farò magari un'interrogazione scritta con tutta una richiesta di dati molto più specifici proprio perché appunto non volevo che quest'interpellanza diventasse un elenco di numeri che poi è anche difficile da capire sul momento.
Fenomeno quindi complesso che, per essere affrontato, deve partire dal capire i numeri: chi parte, chi torna, le motivazioni, da dove, Comuni grandi, Comuni piccoli e poi le motivazioni. Per districarsi in questo mondo sempre più complicato, credo sia assolutamente necessario dare una sorta di questionario, anche almeno a una parte, a un campione di coloro che vanno via per capire perché lo facciano e a che condizioni possano tornare.
Presidente - A questo punto sospendiamo brevemente i lavori del Consiglio per arieggiare i locali. Il Consiglio è sospeso.
La seduta è sospesa dalle ore 17:05 alle ore 17:35. Alla ripresa dei lavori assume la Presidenza il vicepresidente Marguerettaz.