Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 3616 del 22 maggio 2024 - Resoconto

OGGETTO N. 3616/XVI - Relazione sulle attività svolte dalla Regione nell'anno 2023 per l'attuazione delle politiche promosse dall'Unione europea e in materia di rapporti internazionali.

Bertin (Presidente) - Alla presenza di 32 Consiglieri, possiamo cominciare. Come d'accordo, si inizia con la sessione europea e internazionale. Punto n. 1 all'ordine del giorno.

Assessore Caveri, ha facoltà di intervenire.

Caveri (AV-VdA Unie) - Chers collègues, ce rapport est bien sûr un rapport qui est une cueillette de l'ensemble des activités de la Présidence et des différents Assessorats; je le présente en tant que délégué sur les affaires européennes.

Cette discussion est une discussion qui commence dans une période particulière. Il y a une actualité brûlante: la prochaine étape est constituée, dans quelques semaines, par les élections européennes qui donneront naissance à une nouvelle législature et des structures renouvelées dans les différentes Institutions communautaires, les trois Institutions communautaires: le Parlement, bien sûr; la Commission, qui est le Gouvernement de l'Union européenne; le Conseil européen.

C'est un moment un peu particulier, j'essayerai, dans ma présentation, d'esquisser un cadre de la situation européenne, en sachant que le problème de fond est la gouvernance de cette Union et avec la nécessité de souligner le fait qu'il y a pas mal de pays qui frappent à la porte de Bruxelles pour entrer dans cette Union. Union européenne qui reste un modèle tout à fait spécifique, au-delà des jugements; je sais parfaitement qu'aujourd'hui, dans la discussion, il y aura des positions différentes vis-à-vis de l'essor de l'Europe, mais ce qui est important c'est le fait que, quand on regarde de l'extérieur l'Union européenne, celle-ci reste quand même une expérimentation démocratique, qui n'a rien de semblable dans le reste du monde.

Pour la Vallée d'Aoste, en ce moment, se croisent différentes questions: la gestion de la nouvelle période de programmation de la politique régionale; les ressources importantes du Plan de résilience; la Macro Région alpine, qui reste pour nous un pilier important; et encore, le régionalisme en Europe; le rôle des minorités linguistiques en Europe; le changement climatique; la transition énergétique.

Il y a pas mal des questions qu'il faudra affronter et, de quelques façons, résoudre. Nous vivons des moments sombres, en Europe; ce qui touche l'opinion publique, bien sûr, le retour de la guerre à la frontière de l'Union européenne, en Ukraine; le conflit de Gaza, qui pèse sur la politique et la géopolitique internationale; nous avons vécu et compris les difficultés, par exemple, du secteur agricole, avec des manifestations parfois violentes à Bruxelles. Et j'ajouterai que ce qui est important aujourd'hui - je l'ai dit il y a quelques minutes -, c'est justement la question des mécanismes de fonctionnement et de la crise de la démocratie en Europe; n'est pas seulement une crise des pays qui sont entrés dans la période de l'élargissement qui parfois - et le cas de Hongrie est tout à fait spécifique et intéressant ou de la Slovaquie aussi - aujourd'hui se trouvent devant des doutes, non seulement sur la construction européenne, mais même sur le fonctionnement intérieur de leur démocratie.

La Russie frappe à la porte de l'Union européenne avec une politique agressive et dangereuse; il y a un retour d'une extrême droite, je pense à la haine des juifs, qu'on retrouve même à l'extrême gauche, malheureusement, en ce moment, et, à mon avis, tout ça reste quelque chose de spécifique.

Il y a dans des moments, comme les moments que nous sommes en train de vivre, la nécessité de regarder des signes qui peuvent démontrer que la démocratie occidentale est en crise; j'ajoute l'extrémisme islamique, qui aujourd'hui est dans le monde notre menace et qui malheureusement a déjà touché avec des attentats terroristes dans le passé.

Robert Menasse, un écrivain autrichien, dit: "Il est grand temps de discuter de la démocratie européenne, de ses déficits et de ses contradictions". Pour quelqu'un qui croit, comme l'expression du monde autonomiste, dans une Europe différente qui puisse peser sur l'essor fédéraliste et sur la spécificité du principe de la subsidiarité, est évident que l'Europe d'aujourd'hui n'est pas satisfaisante; mais, heureusement qu'il y a l'Europe; si nous regardons ce qui a touché les générations qui nous ont précédés, avant les baby-boomer (la première et deuxième guerre mondiale), démontre très clairement que partager le continent ou maintenir une logique de division serait tout à fait négatif.

La relazione che noi presentiamo è una relazione di sintesi, nella quale si ricorda anzitutto il ruolo o i contributi che la Valle d'Aosta dà al dibattito europeista, anche attraverso l'ufficio di rappresentanza a Bruxelles e anche con la mia modesta presenza all'interno del Comitato delle Regioni. Noi non abbiamo allo stato attuale un parlamentare europeo, e lo dico anche ai colleghi qui presenti, che possono essere eletti per portare a Bruxelles e a Strasburgo la nostra voce.

Devo dire che nel gennaio del 2025 ci sarà anche la riconferma dei nominati nel Comitato delle Regioni. Noi abbiamo perso il membro titolare, non è il caso di tornare sui perché e i per come, però sarebbe importante che, oltre ad avere il ruolo che oggi ricopro di membro del Comitato delle Regioni, come supplente, ci sia un titolare. Io ho avuto la fortuna di essere capo della delegazione italiana al Comitato delle Regioni e, anche se questo non significa avere peso politico di essere membro del Parlamento europeo, è comunque un osservatorio interessante e non è possibile che ci siano piccoli "comunelli" che hanno membri titolari e la Valle d'Aosta sia stata esclusa ingiustamente da questa ripartizione.

Un altro grande capitolo del rapporto è la politica di coesione e la politica agricola comune: ci saranno i colleghi Carrel e Sapinet che prenderanno anch'essi la parola su alcuni aspetti particolari. Voi sapete che la politica agricola è uscita dai fondi strutturali ed è stata la prima a dimostrare una tendenza centralistica nella gestione delle politiche europee che oggi ritroviamo tel quel negli atteggiamenti del Governo Meloni; noi lo abbiamo detto con grande tranquillità anche al ministro Fitto che si occupa con grande competenza di questo dossier. Voi pensate che domani avremo una riunione di questo gruppo di lavoro che nelle altre Regioni è presieduto in ogni singola Provincia dai Prefetti e la riunione si tiene partendo dalla Prefettura di Roma. E questa è - rispetto alla gestione del PNRR - un'assoluta anomalia.

Noi rivendichiamo, assieme ai Governatori (come si fanno chiamare dal centrodestra) delle altre Regioni, che sono perfettamente d'accordo nel ritenere questa gestione centralistica come fallace e del tutto stridente rispetto al dettato costituzionale.

Solo la forza delle competenze prefettizie consente a noi di tenere questa governance, lo ricordo a quelli che ogni tanto blaterano contro le funzioni prefettizie, come se al posto di essere uno dei pochi riconoscimenti originali, nella mentalità di qualcuno, anche di qualche giurista, questo Presidente con le funzioni prefettizie sia una terribile anomalia.

Molto interessante è l'insieme dei fondi comunitari che noi abbiamo a disposizione: non è sempre facile gestirli e ci sono in corso delle piste molto interessanti; io penso a questa nuova area interna che abbiamo nel Mont-Cervin, che oggi consente ai Sindaci, agli eletti e anche alla società civile di discutere su come impiegare un certo plafond di fondi, e questo consente anche - questo è l'aspetto positivo dei fondi comunitari - di avere programmazione, di studiare le cose.

Sarebbe interessante fare una cartina della Valle d'Aosta con le bandierine di tutte le cose che sono state fatte con i fondi comunitari e complementari, da quando ha cominciato ad impattare sulla nostra Amministrazione questo metodo di lavoro - soprattutto a cavallo tra gli anni 90 e gli anni 2000, allora, forse, certe ondate antieuropeiste si infrangerebbero nel momento in cui noi facessimo i conti: cominciando dai fondi ottenuti in agricoltura, che è stato il primo filone dell'Unione europea, arrivando agli Interreg, ai FESR, alle grandi realizzazioni (penso fra tutti il Forte di Bard), i restauri del Castello di Aymavilles e del Castello Sarriod de la Tour di Saint Pierre.

È interessante che questa bandierina europea, che qualche fesso vorrebbe far sparire dai palazzi pubblici, venga considerata come una cosa che va buttata via, senza avere storia, senza capire il significato di questa bandiera con le dodici stelle; chi oggi ostenta il cattolicesimo, forse dovrebbe andare a studiare il perché esiste questa bandiera europea, in cui personalmente mi riconosco, assieme alla bandiera nazionale, assieme, nel nostro caso, al vessillo della Valle d'Aosta ufficialmente riconosciuto da legge regionale.

Poi ci sono temi strategici, e devo ringraziare i singoli membri della Giunta, perché con i fondi comunitari e con i fondi complementari ci stiamo occupando di digitalizzazione; ancora ieri a Roma abbiamo ricevuto complimenti rispetto agli investimenti fatti nel tempo sulla fibra ottica, ma, per contro, abbiamo rivendicato i ritardi dello Stato nell'estensione della rete di fibra ottica di Open Fiber e richiesto di avere degli elementi di chiarezza rispetto alle prossime zone bianche che devono essere coperte con un progetto che si chiama "Un giga".

Poi naturalmente, ne parlerà il collega Sapinet, le grandi prospettive della conferenza transfrontaliera Mont-Blanc, l'energia, il tema cardine che passa anche attraverso delle progettualità del PNRR, penso fra tutti, guardando il collega Bertschy al mio fianco, all'idrogeno (che è una delle grandi possibilità di sfruttamento, di imprigionamento dell'energia elettrica), l'istruzione, le politiche giovanili, l'inclusione sociale, che resta uno dei cardini fondamentali dell'Unione europea. Noi dobbiamo pensare a che cosa ha significato l'incontro di una certa visione sociale dei Paesi del Nord Europa con un'attenzione a temi caldi, come quello della famiglia, da parte dei paesi più mediterranei.

Europe Direct è uno dei canali di snodo nei confronti della popolazione e c'è poi il tema molto importante della montagna per poter dare applicazione a quest'articolo 174 dei trattati che prevede, in maniera molto evidente, la possibilità di avere politiche europee particolari per i territori di montagna e la discussione iniziata al Senato sulla nuova legge sulla montagna è ricca di possibilità, o come io non direi, di suggestioni.

Vi è poi naturalmente la Macroregione alpina, AlpMed, che deve essere rilanciata, gli accordi che firmeremo con i Départements de la Savoie et de l'Haute-Savoie.

J'ajoute, enfin, la question de la francophonie qui reste, quand même, une spécificité de la Vallée d'Aoste.

Parler le français c'est normal dans les Institutions européennes; d'un côté parce que les sièges sont à Bruxelles et à Strasbourg, qui sont des pays où il y a la langue française comme langue officielle et, de l'autre côté, quelques ouvertures internationales dans le réseau des régions francophones; là aussi, ce n'est pas banal discuter avec ces pays, par exemple, pour avoir une immigration règlée, pour soutenir l'économie valdôtaine où il y a un manque de personnel, les bonnes pratiques pour une coopération internationale avec ces pays qui restent, quand même, des pays pauvres, qui doivent se développer.

J'ajouterai enfin - j'avais promis d'être rapide, justement parce que ce qui est important est le débat qui suivra - le fait que nous avons eu un grand succès l'année passée pour ces journées d'études liées à cette revue qui s'appelle "Le Grand Continent".

Le fait d'avoir à peu près 130 politiques, industriels, intellectuels, qui se sont retrouvés à Saint-Vincent, a été un moment important; il y aura la possibilité de le refaire, justement, au commencement du mois de décembre de cette année, et sur des thèmes importants: la transition écologique, la géopolitique, le numérique, le social en Europe, la gouvernance de l'Europe; je souligne qu'il y a eu même un moment de discussion, et qui sera répété au mois de décembre 2024, sur l'essor des Alpes; cette année, justement, on pense de discuter sur le numérique et surtout sur l'intelligence artificielle, qui sera la nouvelle révolution; après Internet il y aura l'intelligence artificielle appliquée à l'ensemble de notre vie, de notre vie sociale, de notre vie économique.

Je termine avec une dernière réflexion sur l'ensemble des nécessités que nous avons comme citoyens valdôtains et au même temps de citoyens européens.

Il y a, d'un côté, une nécessité juridique: je pense qu'il y a une piste, je l'avais déjà souligné dans le passé, qu'on a un peu abandonné et c'est la politique descendante de la législation européenne.

Vous savez qu'il y a la politique ascendante, celle qui permet d'avoir des règlements et des directives européennes, et là bien évidemment nous sommes un peu faibles, parce que toute une série des passages, d'amendements qu'on pourrait proposer passent à travers le Parlement européen et évidemment le manque d'un représentant pèse; de l'autre côté, il y a la politique descendante, qui touche surtout les directives européennes. Dans le passé, on avait beaucoup travaillé sur cette politique descendante, qui signifie tout simplement regarder notre Statut d'autonomie, les pouvoirs et les compétences de l'article 2 et de l'article 3, donc compétences primaires et compétences concurrentes, pour voir comment appliquer dans notre droit régional les directives européennes; c'est une question qu'il faut reprendre, on ne peut pas donner à l'Etat, sur certaines matières, la possibilité de diriger le trafic sur des compétences qui nous appartiennent; donc, je pense qu'avec le Président et avec les collègues, nous avons le nécessité d'y revenir et de contrôler.

Enfin, et je termine vraiment, les jeunes.

Les jeunes aujourd'hui, soit pour des raisons logiques, soit pour des raisons démographiques, sont à protéger et, aujourd'hui, il faut essayer de transmettre un esprit européen aux jeunes valdôtains, un esprit même critique, parce que, comme je le disais auparavant, on n'est pas pleinement satisfaits des mécanismes qu'aujourd'hui gèrent l'Union européenne.

Parfois nous avons cité, parce que c'est une question qui nous intéresse, certains paradoxes. Je pense en ce moment à l'Espagne, qui décide de reconnaître comme pays, comme État, la Palestine et, de l'autre côté, les espagnols nient, pour le moment, la possibilité pour la Catalogne de devenir un pays indépendant; et je souligne, même cette fois, le fait que la régionalisation, le rôle des Régions, aujourd'hui, n'est pas tellement compris au niveau européen; le Comité des Régions reste une chambre secondaire, tandis que, à mon avis, un bicaméralisme au niveau européen aurait une logique, comme aurait une logique le fait de trouver des solutions pour l'unanimité; aujourd'hui toute une série des dossiers risquent d'être bloqués au niveau européen, parce qu'il suffit un pays qui décide de voter contre pour bloquer des dossiers qui parfois sont vraiment décisifs pour l'Union européenne.

Donc, je termine en remerciant mes structures du département qui ont essayé de faire ce collage de l'ensemble des politiques régionales, du côté européen, et je pense que le débat aujourd'hui sera, peut-être, un peu plus chaud, parce que justement nous sommes à la veille des élections européennes.

Presidente - Assessore Carrel, ha facoltà di intervenire.

Carrel (PA) - Come ha anticipato l'assessore Caveri, credo che sia opportuno fare un focus su quella che è la politica agricola, quindi sul PSR, che è lo strumento che permette alla Valle d'Aosta di sostenere gli interventi del settore agricolo e forestale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree rurali.

Questo strumento è stato approvato inizialmente nel 2015 e successivamente prorogato di due annualità, nel 2021 e 2022. Il PSR chiuderà ufficialmente il 31 dicembre del 2025.

Stiamo parlando di poco più di 182 milioni di euro, di cui 5,4 milioni della New Generation UE, al 100% finanziati dall'Unione europea, che sono stati impegnati negli ultimi anni per misure a superficie, indennità compensative, misure agroalimentari e biologico; investimenti per le aziende agricole, misure forestali ed infine per approccio leader.

Attualmente, i risultati mostrano che il PSR ha registrato un ottimo avanzamento, quello della Valle d'Aosta è il secondo PSR per spesa in Italia e il primo, tra quelli che hanno AGEA come organismo pagatore, registrando nel 2023 un 85% delle risorse pagate a fronte di un 97% complessivo già impegnato.

In questi cinque mesi del 2024 sono stati pagati 3,2 milioni di euro, sia su alcune misure a superficie, sia sui progetti leader, che stanno recuperando in seguito ad un inizio in ritardo.

Si è chiuso ieri con 66 domande, per un importo complessivo di richiesto di 1 milione 900 mila euro (circa 700 mila euro in più rispetto a quanto stanziato dal bando) il bando 4.1.1., che finanziava diverse tipologie di investimenti aziendali con priorità ai giovani, investimenti che devono essere celeri perché dovranno chiudersi entro fine giugno 2025, in modo da poter essere rendicontati entro il 31 di dicembre 2005, come detto nelle premesse.

Tra l'altro, abbiamo registrato un grande successo anche sul fronte leader, dove il bando 6.4.2 ha ricevuto trentanove progetti andando ad impegnare il 100% delle risorse.

Contemporaneamente, ci troviamo in un momento delicato, di sovrapposizione tra due programmi, perché dal primo di gennaio 2023 è attiva la nuova programmazione relativa al 2023-2027.

Siamo partiti nel 2023 con i primi interventi a superficie, le indennità compensative sulle zone montane e sulle aree Natura 2000, insieme al benessere animale.

A fronte di una dotazione complessiva di quasi 92 milioni di euro, abbiamo già speso 8 milioni. A prima vista può sembrare poco, ma tengo a precisare che tutte le misure pluriennali, che di solito consentono di fare più spesa, verranno pagate nel 2024, in quanto i primi bandi sono stati pubblicati a fine del 2023.

Sempre in questi ultimi cinque mesi di inizio del 2024, è uscito il primo bando sulla promozione dei prodotti di qualità, attivo ancora fino a fine mese, il 31 maggio; seguiranno a brevissimo i bandi ed alcune misure forestali, soprattutto per l'avvio di nuove imprese selvicolturali e per AKIS, formazione consulenza per il mondo agricolo.

Segnaliamo che a fronte di una richiesta da parte dell'Unione europea di un impegno maggiore sul biologico, abbiamo registrato con piacere tantissime adesioni al biologico, al momento circa 500 aziende; fatto che segna dunque un passaggio importante nel nostro sistema agricolo, perché si passerà da uno storico agroambiente con i relativi impegni al biologico.

Questo successo della misura è dovuto in parte anche ai livelli premiali per le diverse culture, discusso e stabilito in seguito ad una fruttuosa collaborazione con il partenariato.

Infine, come Assessorato, e per ragioni di pertinenza della presente discussione, segnalo altresì che il Dipartimento agricoltura ha depositato la sua adesione ad un progetto "Spazio Alpino", insieme ad altri otto partner europei denominato "AlpGea".

Il progetto è incentrato sulla perseverazione delle praterie permanenti presenti nelle Alpi e sulla diffusione del loro valore al grande pubblico e al momento ha superato la prima fase di selezione: su settantasette progetti presentati, trentadue hanno superato la prima fase di selezione.

In seguito al deposito dell'Application Form, siamo attualmente in attesa di ricevere una risposta il 9 giugno in merito alla sua approvazione da parte del Comitato.

Presidente - Assessore Sapinet, ha facoltà di intervenire.

Sapinet (UV) - Quelques considérations sur l'activité de l'Assessorat ouvrages publics, territoire et environnement, même en partie liée à l'Europe, à l'intérieur de cette importante réalité qui est représentée par l'Espace Mont-Blanc, mais pas seulement, sans oublier, comme l'a bien fait l'assesseur Caveri, les opportunités que l'Europe nous propose, en particulier dans le milieu de la défense du territoire et des changements climatiques; mais, au niveau de l'Espace Mont-Blanc, le 2023 a marqué une étape importante pour ce qui est de la coopération transfrontalière.

On a commencé le parcours pour la constitution de l'Espace Mont-Blanc dans un regroupement européen de coopération territoriale, qui est connu comme un G.E.C.T.; le 26 mai 2023 à Saint-Pierre, la conférence transfrontalière de l'Espace Mont-Blanc, que j'ai eu l'honneur de présider en tant que vice-président de la partie italienne, a partagé la décision de se doter de stabilité et de visibilité majeure, mais aussi de moyens plus performants pour porter le projet commun à travers la création de G.E.C.T..

L'objectif du G.E.C.T. est offrir au territoire de l'Espace Mont-Blanc les outils pour promouvoir, soutenir et coordonner une coopération transfrontalière efficace, pérenne, visible, reconnue et équilibrée. Une première ébauche des documents fondateurs, convention et statut, a été examinée par la Conférence réunie le 5 décembre 2023 à Salvan dans le Valais; l'ouverture d'une phase de consultation des communes se réalisera dans le courant 2024; à préalable, l'idée du G.E.C.T. a été d'abord partagée au sein du Gouvernement régional; les travaux de rédaction, de concertation vont se poursuivre dans les mois prochains.

La Conférence transfrontalière Mont-Blanc avait lancé, déjà en 2017, l'ambitieux projet de promouvoir auprès des autorités nationales responsables de l'initiative des candidatures, un projet d'inscription du massif du Mont-Blanc à patrimoine mondial de l'UNESCO. Le projet de candidature au patrimoine mondial, élaboré par Espace Mont-Blanc, a identifié le massif du Mont-Blanc comme paysage culturel associatif, évolutif, symbole des paysages alpins et du processus moderne de sécolarisation de la haute montagne ainsi que lieu emblématique du rapport entre l'homme et la nature où le changement climatique représente le défi actuel.

Le comité italien pour l'UNESCO et le Ministère italien ont apprécié ce projet et ont encouragé la Région autonome Vallée d'Aoste à poursuivre les phases successives; de leur part, toutefois, l'État français et la Confédération helvétique ont demandé de poursuivre les réflexions sur des autres programmes UNESCO, tels que les géoparcs ou la réserve de biosphère.

En 2023, les différentes options de candidature ont été soumises aux élus et aux acteurs locaux des trois versants du Mont-Blanc; un intérêt à l'égard des autres programmes UNESCO a été exprimé mais l'orientation générale a été plutôt favorable au patrimoine mondial.

La Conférence transfrontalière Mont-Blanc du 26 mai 2023 a pris acte des résultats des consultations publiques effectuées et la décision de créer un groupe européen de coopération territoriale a été prise aussi dans le but de constituer une structure juridique apte à porter le projet de candidature à l'UNESCO avec une efficacité et une visibilité majeure. G.E.C.T. donc comme un premier pas vers la valorisation de l'Espace Mont-Blanc.

Le feuille de route est un programme d'action communes sur l'adaptation aux changements climatiques dans l'espace Mont-Blanc qui a pour objectif de soutenir un développement durable adapté aux nouvelles conditions climatiques de l'arc alpin.

En 2023, des groupes de travail transfrontaliers ont été mis en place, coordonnés par la Région, avec l'appui de Fondation Montagne Sûre et de Arpa, afin de passer à la mise en œuvre des actions identifiées dans le document.

Parallèlement, le partenariat de l'Espace Mont-Blanc s'est engagé dans l'élaboration d'un projet concernant les changements climatiques, axé sur l'adaptation de l'économie montagnarde et sur la résilience des espaces naturels, susceptible d'être présenté en 2024 dans le cadre des nouveaux Piter, plans intégrés transfrontalières du programme Alcotra 2021-2027.

Finalement, les activités de l'Espace Mont-Blanc ont concerné aussi d'autres initiatives, centrées sur la valorisation, la connaissance et la sensibilisation vers l'exceptionnel patrimoine naturel et culturel du massif du Mont-Blanc et des vallées qui l'entourent; l'ouverture estivale du mois de juin à septembre de la casermetta au Col de la Seigne, bâtiment de propriété régionale, est affectée en point d'étape autour du Mont-Blanc et centre d'éducation à l'environnement, qui a accueilli en 2023 presque 12.000 randonneurs; et après, l'organisation des jours transfrontaliers, programmes de randonnée tenus en langue française, qui permettent chaque année à une cinquantaine d'adolescents de la Vallée d'Aoste, de la Savoie et du Valais de randonner ensemble de refuge en refuge; cette initiative, pour mériter de contribuer à la sensibilisation des jeunes, au respect de l'environnement montagnard où ils vivent, mais aussi à la valeur de la connaissance réciproque au-delà des frontières.

Bertin (Presidente) - Dopo l'illustrazione della relazione, apriamo la discussione generale. La discussione generale è aperta. Consigliere Aggravi si è prenotato: ha facoltà di intervenire.

Aggravi (RV) - Forse il mio intervento non sarà così entusiasta come quello dell'assessore Caveri ma sono un "millennial", quindi non ho lo stesso entusiasmo dei "baby boomer" su quella che oggi è l'Unione europea.

Tutti gli anni, in occasione di quest'adunanza, dell'adunanza in cui si affronta la relazione sulle attività svolte dalla Regione per l'attuazione delle politiche promosse dall'Unione europea, ci diciamo un po' tutti - e l'abbiamo anche detto nella Conferenza dei Capigruppo - che l'attenzione sul resoconto della programmazione e dell'attuazione delle politiche comunitarie dovrebbe essere maggiore e differente.

Ironia della sorte, poi, quest'anno, con le elezioni europee alle porte, i contenuti del dibattito odierno verranno, di fatto, un po' strozzati dalla par condicio, il cui effetto finale, più che il suo nobile - Se vogliamo chiamarlo così - obiettivo, porta un po' ogni dibattito ad essere narcotizzato.

Tuttavia, il nostro gruppo, a fronte dell'analisi del corposo documento - ed in tal senso si ringrazia anche gli uffici per un lavoro che non è solo quello della redazione della relazione, bensì della gestione di tutte le complesse attività -, con quest'intervento vuole comunque fornire, a chi lo vorrà, o comunque al dibattito, qualche elemento di riflessione, forse anche più critica, senza poter comunque andare nel dettaglio, un po' per ragioni di tempo, un po' anche di metodo, ma lo faremo, e già lo faremo in questo Consiglio con alcune iniziative.

È bene comunque sottolineare che il contenuto della relazione (e l'ha fatto anche l'assessore Caveri nella presentazione), non dovrebbe poi essere una novità, in quanto è frutto di un lavoro comunque annuale di progetti che sono oggetto di attenzione durante il corso dell'anno.

L'importanza di fondo che le risorse comunitarie stanno avendo sulle nostre attività, non soltanto di amministratori, è via via sempre maggiore; questo anche se poi, in fin dei conti, siamo tutti più concentrati su quelle che possiamo chiamare in senso lato risorse proprie del nostro bilancio o del nostro binomio, questa combine rendiconto-assestamento, che anche quest'anno si registra corposo, parlo almeno dell'avanzo, e sempre più importante rispetto al bilancio di previsione, senza dubbio molto più agile nell'utilizzo dei fondi, almeno dal punto di vista della destinazione finale di queste e del loro utilizzo.

Le politiche comunitarie sono di gran lunga più complesse, sia in termini di programmazione che di rendicontazione, lo diciamo giustamente continuamente, e in fin dei conti bisogna sempre far riferimento ad una sorta... viene chiamato anche di vincolo esterno, ovvero la controparte comunitaria che controlla che effettivamente tutto sia fatto a dovere.

Questo è un primo elemento di riflessione che può sembrare forse scontato, ma che non è assolutamente banale, perché quota parte dei fondi che tutta l'Italia e tutti i membri versano alla controparte comunitaria poi tornano - almeno in quota parte - sui territori sottoforma di bandi e progetti, che sono sì a loro volta frutto di scelte e condivisione dei territori stessi, almeno nella gran parte, ma non così liberi e così agevolmente funzionali alle finalità ultime di un territorio. C'è comunque una quota parte di programmazione che non è fatta dagli stessi territori e dagli organi a loro rappresentativi.

La programmazione europea è comunque rigida per definizione e forma: tutto bello, tutto vero, ma nel complesso le strategie di fondo sono più ampie e meno di prossimità, elemento che può avere anche i suoi lati positivi per qualcuno ma che, per quanto ci riguarda, limita enormemente l'azione finale in favore dei mutevoli bisogni di ciascun territorio.

Altro elemento connesso a quanto detto: spesso e volentieri questi progetti finiscono per essere funzionali più a se stessi che all'obiettivo, senza una reale visione di continuità e sostenibilità economica e non soltanto nel tempo; per assurdo, soprattutto quelli di natura digitale (app, siti internet), che fioriscono come fiori di primavera per poi restare, come dire, anche forse più volgarmente, al palo dei tempi; è capitato spesso che iniziative portate da vari gruppi parlassero di realizzazioni, finanziate con il contributo di fondi europei, in particolare soprattutto nell'ambito digitale, che poi rimangono lì o non vengono più utilizzati.

Progetti che hanno necessariamente bisogno di un sostegno strutturale, che quando viene meno il finanziamento comunitario, restano lì e sostanzialmente non portano da nessuna parte.

È una buona allocazione delle risorse questa? Credo proprio di no, forse alcune di quelle bandierine di cui parlava l'Assessore dobbiamo appuntarle e capire effettivamente se tutto è andato a buon fine.

Poi, nell'ambito ad esempio delle progettualità PNRR ci troviamo addirittura in alcuni casi la rinuncia alla prosecuzione di progetti; qualcosa non va, bisogna dirlo, è un elemento banale quello che diciamo, ma è evidente.

Allo stesso tempo, in particolar modo nell'ultimo periodo, vi è un ulteriore considerazione generale da fare proprio partendo da questi due elementi, cioè la libertà di iniziativa e la sostenibilità di molti progetti.

L'Unione europea si è letteralmente sbizzarrita nel fissare obiettivi, produrre direttive e ogni altra sorta d'indicazione, financo dei diktat, per portarci verso una transizione ecologica, una vera e propria trasformazione industriale e sociale, che pare letteralmente distaccata dalla realtà di tutti i giorni, e soprattutto dai pericoli e dalle situazioni limite che si stanno sviluppando sui nostri confini; parlo dei confini dell'Unione europea, e non parlo soltanto del confine ad est che è già stato oggetto di presentazione da parte del primo Assessore proponente, ma ci sono altri due confini che sono dimenticati, uno è interno, perché dei Balcani ci siamo dimenticati, di una polveriera sostanzialmente dietro casa che ha delle specificità e delle particolarità che sono tutt'altro che banali e tutt'altro che semplici, fanno forse meno notizia, da un lato meno male perché vuol dire che l'escalation non è tale ma esiste.

L'Assessore ha ricordato la questione della Catalogna, ricordiamo anche che giustamente i catalani dicono: "Perché avete riconosciuto Kosovo e noi no", il Kosovo è più vicino della Palestina.

E il nord Africa, dove le medie potenze europee sostanzialmente stanno abbandonando il fronte con non poche problematiche, ancora forse lontane rispetto a quello che succede ad est ma sono tutti stati di crisi che forse è meglio tenere in considerazione, guardando anche quelli più distanti, ma guardiamo tutti i confini e tutte le problematiche che ci sono.

Nel settembre 2009 una più volte Presidente del Consiglio, in un'intervista a 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, ebbe a dire: "Qualche volta, nella politica nazionale e internazionale, si sbaglia proprio perché si perde di vista il fatto che il buon senso è ciò che dovrebbe guidare l'azione, invece si vanno a cercare formule e motivazioni complesse, anche sedotte, perdendo di vista la linea centrale di quella via di sviluppo che si vuole percorrere".

Rispetto a quanto brevemente abbiamo voluto mettere in evidenza, a beneficio di questo dibattito, seppure in forma sintetica, ci chiediamo per l'appunto se negli ultimi anni il buon senso che dovrebbe guidare l'azione sia venuto meno nell'ambito dell'Unione europea, e se proprio per questo qualcosa debba necessariamente cambiare nella complessità e nella distonica azione politica della leadership europea, che non ci trova concordi su tante scelte fatte, perché, al di là della singola situazione, hanno plasticamente dimostrato la loro irrealtà ed i loro effetti controproducenti rispetto alle reali necessità di quest'Europa, e loro stessi li hanno ricordati spesso.

Citiamo alcuni: la direttiva sulle case green, lo stop al motore endotermico, senza considerare le necessità di una transizione industriale di un settore fondamentale per l'Unione europea che non è soltanto quello legato alle auto ma a tutta la meccanica, il "Fit for 55", e potremmo andare oltre, come dire quello che qualcuno ha giustamente definito un wishful thinking dell'Unione europea, che nell'apoteosi del suo dirigismo, sui temi ambientali decide di fissare tutta una serie di obiettivi da raggiungere entro un determinato orizzonte, il tutto senza considerarne effetti e costo sociale economico che necessariamente, tra l'altro, sarà diverso da realtà a realtà dell'Unione, non soltanto da Stato membro a Stato membro, ma anche da realtà geografica a realtà geografica.

Tra l'altro, in questo caso, non per forza a causa delle cattive abitudini di certi Stati membri, rispetto ai virtuosi, ma anche a specificità territoriali e geografiche che sono diverse le une dalle altre, perché in certi posti certi interventi costano enormemente di più che in altri, e banalmente questo avviene anche tra le periferie e le grandi città, è un dato di fatto.

Tutto questo si è valutato all'interno delle analisi di impatto. Ecco, la regolamentazione europea ha inserito un interessante principio e passaggio, cioè io definisco una politica, ne faccio un'analisi di impatto.

Sono state fatte? Solo in alcuni casi.

Questo anche con la silenziosa azione di piccole decisioni, sentenze, previsioni, indicazioni da parte di una burocrazia europea, come nel caso ad esempio degli extra profitti; se vi ricordate, se n'era già parlato, gli extra profitti, nati da un refrain contro le grandi compagnie energetiche, contro le grandi banche e la lobby finanziaria, che però poi, in fin dei conti, si poggiavano su dei principi che, se letti fino in fondo, rimangono tali nell'ambito della giurisprudenza europea e un bel giorno ci permetteranno, oppure ci porteranno, o permetteranno a qualcuno di rifare un po' l'operazione che il fu Governo Amato fece in una notte, prelevando direttamente dai conti correnti di tutti noi.

Riguardo alla relazione, mi si permettano tre considerazioni: la prima riguarda il contributo della Valle d'Aosta all'attuazione del coordinamento delle politiche macro-economiche dell'Unione europea e del programma nazionale di riforma, è il paragrafo 1.3, all'interno del quale effettivamente sono citati i principali documenti europei di riferimento per la predisposizione del contributo.

Lo cito come esempio perché questo passaggio avrebbe potuto essere oggetto di un approfondimento in Commissione, magari anche preventivo o successivo, per capire meglio effettivamente quello che viene proposto nell'ambito dei Comitati tecnici, e non soltanto, dell'Unione. É fondamentale, perché questi passaggi poi determinano l'applicazione delle politiche.

Il secondo passaggio riguarda gli aiuti di Stato, che è un qualcosa che incide enormemente su tutta una serie di dossier che poi hanno effetti sull'utilizzo delle nostre finanze.

Su questo c'è da fare una riflessione profonda su quella che è la metodologia de minimis, non soltanto per quello che riguarda determinati settori, cito il settore agricolo ma anche quello industriale, anche perché ci sono delle applicazioni fortemente distoniche tra Stato e Stato.

C'è poi un passaggio sulla politica della montagna su cui non ritorno, perché è già stato tra l'altro ricordato l'articolo 174, e ricordo l'ordine del giorno che fu approvato se non erro l'anno scorso, quando si parlò appunto della relazione dell'anno scorso, un principio fondamentale che deve necessariamente essere potenziato e salvaguardato non soltanto da chi vive in montagna o chi vive la montagna, ma da tutte quelle realtà periferiche in cui spesso le applicazioni delle politiche comunitarie non sono poi così funzionali.

Concludo con alcune considerazioni, invece, che nascono dalla lettura di un importante documento che, ironia della sorte, dice cose che confermano in realtà la generale critica che spesso viene fatta, e sto parlando di un rapporto che non è stato scritto da un terribile euroscettico o da un soggetto che vuole distruggere l'Unione europea, ma è stato guidato da un team presieduto dall'ex presidente del Consiglio Enrico Letta, che non è proprio in linea con le mie visioni delle cose, ma è estremamente interessante.

Il rapporto è quello che è definito much more than a market, che sembra quasi il titolo di un film io direi, molto più di un mercato; in realtà, se uno poi va a leggerne i contenuti, ci sono due elementi che lasciano abbastanza attoniti, almeno per quello che mi riguarda, e penso che sia un elemento di sintesi notevole.

In una parte centrale del rapporto, vi è un paragrafo, che riguarda ovviamente la creazione del mercato unico europeo, e dice sostanzialmente che per rendere più dinamico il mercato europeo, dobbiamo semplificare la regolamentazione.

In quest'interessante paragrafo si fa un elenco di quelle che sono delle azioni che si dovrebbero fare per semplificare la regolamentazione adottata, ridondante, obsoleta, inconsistente molto spesso, e dovrebbe essere eliminata attraverso - questo probabilmente è il contributo un po' italiano - via omnibus legislation, quindi diciamo che ci mettiamo la pezza e la soluzione.

Sostanzialmente l'Unione dice: per avere un mercato unico più funzionale, dobbiamo ridurre la regolamentazione che abbiamo prodotto; una regolamentazione che, tra l'altro, si produce con un meccanismo tutt'altro che semplice, perché quello che c'è scritto nella relazione, laddove si parla delle metodologie di definizione della regolamentazione, è quasi eufemistico rispetto a quello che deve avvenire, e nelle conclusioni di questo report, di questo rapporto, si cita anche il Comitato delle Regioni, come anche il Comitato economico e sociale, a cui si dà un ruolo importante nella definizione delle best practices e soprattutto della necessità legislativa.

Allo stesso modo, sempre in questo rapporto, si propone di realizzare un codice europeo della business law e soprattutto un ulteriore passaggio che invita la burocrazia europea e gli organi europei a ridurre l'impatto della regolamentazione e delle pastoie amministrative su imprese e cittadini.

Fa un po' specie che il report inviti il Consiglio a dare mandato alla Commissione di agire in tal senso per la definizione di una strategia del mercato unico.

La battuta che mi verrebbe da fare è che l'Unione europea nasce principalmente per la creazione di un mercato unico e ad oggi non ha un'Iva armonizzata. Ogni Stato alla sua Iva, o la sua Tva, perché sappiamo che è una delle voci più importanti dei bilanci dei singoli Stati, e questa potrebbe già essere la prima riforma che potrebbe consentire una facilitazione dei passaggi delle merci perché, come diceva Frédéric Bastiat "Là dove non passano le merci, passano gli eserciti", quindi in tal senso potrebbe essere una garanzia di pace all'interno dell'Unione europea e non soltanto.

Mi chiedo come possiamo realizzare questo principio con una produzione normativa, come dice lo stesso rapporto dell'ex premier Letta, ridondante, obsoleta, a volte inconsistente, e, appunto, che deve eliminata.

Io penso che un report che è tutt'altro, come è stato rappresentato da alcuni opinionisti, media o quant'altro, come un'entusiastica celebrazione del mercato unico, se invece letto nel suo dettaglio dice tutt'altro e, ripeto, non l'ha prodotto un pericoloso euroscettico, l'ha prodotto qualcuno che, tra l'altro, fa parte di coloro che sono più entusiasti.

Questa è una visione estremamente sintetica da parte nostra, magari anche con delle rappresentazioni semplici e banali, però io penso che spesso e volentieri bisogna fermarsi e ragionare sugli effetti che effettivamente determinate politiche portano o non portano, perché altrimenti restiamo tali.

Quello che mi preoccupa di più è un argomento estremamente fondamentale nell'ambito delle politiche comunitarie dell'agire dell'Unione europea, che è la sostenibilità, non soltanto dei singoli progetti, perché lo abbiamo detto spesso e volentieri, finito il progetto cade tutto, quindi o interviene in un secondo momento un altro attore, e lì entrano gli aiuti di Stato che non aiutano certo l'applicazione, ma soprattutto io credo che se chi ha contribuito a realizzare quest'Unione europea oggi ci dice che dobbiamo diminuire una regolamentazione ridondante, obsoleta e spesso anche inconsistente, forse è bene che ci facciamo un ragionamento e ci auguriamo, al di là di chi possa rappresentarci nell'ambito del Parlamento europeo, che qualcosa finalmente possa cambiare, perché altrimenti rischieremo di farci del male, considerato che rappresentiamo forse il 5% della popolazione a livello mondiale, ma il 20% del nostro mercato unico è una quota parte significativa di quella che è l'economia mondiale.

Spero, e vorrei evitare, che nei prossimi cinque anni questo 20% si riduca, perché altrimenti vorrebbe dire che noi stiamo producendo regolamentazioni e obiettivi altisonanti, ma stiamo perdendo letteralmente la bussola.

Presidente - Consigliera Minelli, ha facoltà di intervenire.

Minelli (PCP) - Ho scelto di concentrare la mia attenzione in quest'intervento esclusivamente sulla relazione che ci viene oggi sottoposta, perché non ho ritenuto opportuno utilizzare questo tempo che ci viene dato anche per esprimere quella che è la mia posizione sull'Europa, considerato il fatto che la contingenza mi vede in questo momento anche candidata per le prossime elezioni europee.

La prima considerazione che vorrei fare riguarda l'impostazione di questa annuale relazione, che contiene indubbiamente delle informazioni molto interessanti ma che, nella sua articolazione e nei suoi contenuti, secondo noi poco soddisfa l'obiettivo che dovrebbe avere.

Si parla infatti di una relazione per rendere conto delle attività svolte in Valle d'Aosta nel 2023 per l'attuazione delle politiche promosse dall'Unione europea.

Questa impostazione è stata dettata dalla legge statale 234/2012, richiamata nella premessa di Giunta che contiene il documento. Si dice infatti: "Richiamata la legge 234/2012, che stabilisce che il Governo, al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, ogni anno presenta alle Camere una relazione sugli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento, sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione e alle attività delle Istituzioni dell'Unione europea per la realizzazione delle principali politiche settoriali, e sull'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale".

Allo stesso modo, sempre nella premessa della delibera, è citata la legge regionale 8/2006 di applicazione di quella legge statale: "Richiamato in particolare l'articolo 4, che stabilisce che il Consiglio regionale si riunisce annualmente in apposita sezione europea e internazionale per esaminare la relazione annuale sulle attività svolte dalla Regione nell'anno precedente per l'attuazione delle politiche promosse dall'Unione europea".

A nostro avviso, l'impostazione che si dovrebbe seguire è quella di partire proprio dalle scelte politiche dell'Unione europea, quali si esplicitano attraverso le direttive e altri atti di indirizzo, e valutare in che misura tali direttive trovano applicazione sul territorio regionale e nelle politiche attuate dalla Regione autonoma.

Faccio degli esempi proprio su alcuni temi strategici che sono individuati nella relazione.

In materia ambientale, secondo noi bisognerebbe partire dalla direttiva Habitat per la conservazione del patrimonio naturale e vedere, anno dopo anno, in progressione, come procede la sua applicazione sul territorio regionale.

Allo stesso modo, in campo energetico, occorrerebbe partire dalla direttiva Repower EU, emanata dopo l'invasione dell'Ucraina e lo scoppio della lunga guerra che ne è conseguita; direttiva che ha lo scopo di ridurre la dipendenza energetica dell'Unione europea dalla Russia, quindi dovremmo vedere come si declina in Valle d'Aosta tale ricerca di indipendenza e autonomia energetica.

Ci sarebbe anche l'esempio della direttiva Red 2/2018 per la promozione dell'uso di energia rinnovabile anche tramite le CER e vedere come si sta procedendo su questo tema in Valle d'Aosta.

Invece, queste importanti direttive e anche altre non sono citate nella relazione che oggi esaminiamo, con l'eccezione di un rapido accenno alla direttiva Repower EU.

La relazione, quindi, più che un'analisi di come si applicano in Valle d'Aosta le politiche europee, è un resoconto di come vengono utilizzate le risorse che provengono dai fondi europei, che è un tema interessante, sicuramente, ma non è, a nostro avviso, quello da privilegiare.

Suggeriamo che nei prossimi anni venga rivista l'impostazione della relazione annuale.

Fatta questa considerazione, entrerei nello specifico di alcuni capitoli. Al capitolo 3 si parla del PNRR. Le considerazioni - pur concise sul fondo da 110 milioni per l'elettrificazione della tratta Ivrea-Aosta e per le opere complementari - sono corrette e rendono conto dello stato di questa importante opera.

Meno soddisfacente, a nostro avviso, la parte in cui si parla dell'utilizzo dei fondi PNRR per progetti locali di produzione dell'idrogeno. Vengono citati due progetti, per un ammontare complessivo di 14 milioni, il progetto di CVA a Châtillon e il progetto presso la Cogne Acciai Speciali. Ora, sul progetto di Châtillon, nulla si dice sull'incertezza di tale proposta che, come è noto, è un progetto per produrre idrogeno da utilizzare negli autobus in servizio al trasporto pubblico locale; solo che - come sappiamo - non esistono autobus ad idrogeno in Valle d'Aosta, il loro acquisto non pare così semplice, tant'è vero che ci si sta indirizzando ora diversamente.

Sul progetto CAS e la direzione imboccata, il nostro giudizio è in linea di principio positivo. La Cogne infatti è un'azienda che utilizza enormi quantità di energia, sia di elettricità che di metano, e sostituire il metano con l'idrogeno sarebbe sicuramente una cosa positiva, ma, al momento, non disponiamo di dati che ci facciano capire l'incidenza dell'idrogeno prodotto in loco rispetto ai consumi effettivi, e di questo, nella relazione, non abbiamo trovato nulla.

Il capitolo 4 riguarda proprio il rapporto tra la Valle d'Aosta e i temi strategici dell'Unione europea. Vorrei soffermarmi in particolare su due di questi tempi definiti strategici, cioè quello dell'ambiente e quello dell'energia.

Per quanto riguarda l'ambiente, pare un po' incredibile, ma si parla solo di una questione, cioè della Conferenza transfrontaliera Espace Mont-Blanc. Certamente, la Conferenza è un organismo significativo ed importante di collaborazione transfrontaliera che ha alcuni decenni di attività e di esperienza, però limitarsi soltanto all'attività di quest'organismo, secondo noi è troppo poco. Oltretutto, il più significativo progetto che da tempo e con più insistenza dal 2017 la Conferenza porta avanti, cioè inserimento dell'Espace Mont-Blanc nel patrimonio mondiale dell'Unesco, non procede, non vediamo purtroppo emergere, dalle pur ampie e numerose, dettagliate pagine della relazione dedicata all'argomento, una prospettiva solida per questo progetto.

Nessuna pagina è invece dedicata all'applicazione, come dicevo, della direttiva Habitat nella nostra regione, non si dice nulla sul consolidamento delle aree naturali già oggetto di interventi di protezione; mi riferisco al Parco nazionale e al Parco regionale del Mont Avic che pure è stato oggetto, nell'ultimo anno, quello di riferimento della relazione, di un importante ampliamento.

Non si dice nulla su delle questioni di estrema attualità, come la protezione del vallone delle Cime Bianche, di cui una gran parte è inserita nella rete di Natura 2000 che è nata proprio grazie alla direttiva europea Habitat.

Per quanto riguarda la politica energetica, si parla del PEAR, che nel 2023 era ancora a livello di deliberazione di Giunta e poi è stato approvato dal Consiglio, ma non si dice come si sta procedendo verso l'obiettivo di una Valle d'Aosta fossil fuel free al 2040, che è un tema sensibile e che ha forti implicazioni.

Si cita la direttiva Repower EU per l'indipendenza energetica dell'Unione dalla Russia ma non si dice di come la Valle d'Aosta potrebbe rapidamente avviare questo processo d'indipendenza e autonomia in campo energetico abbandonando l'uso di combustibili fossili, utilizzando in loco l'energia idroelettrica prodotta con le acque del nostro territorio e sviluppando una rete di impianti fotovoltaici.

Anche la direttiva Red 2 del 2018, per la promozione dell'energia rinnovabile e lo sviluppo delle CER, è ignorata in questa relazione, eppure anche in questo campo la Valle d'Aosta, lo sappiamo, può fare molto, ci sono dei finanziamenti europei in attesa di essere richiesti ed utilizzati, c'è un percorso che è stato intrapreso, anche se per ora la Regione non ha un progetto definito.

Il capitolo 7 sulle politiche per la montagna parte da una premessa condivisibile: la montagna rappresenta un punto di partenza per ripensare un modello globale di sviluppo sostenibile innovativo, partendo da politiche pubbliche volte a sviluppare e valorizzare le aree montane e sostenere i territori in condizioni di svantaggio strutturale.

Parlare di modello di sviluppo sostenibile innovativo è una gran bella cosa e fa sperare di trovare negli interventi proposti degli aspetti veramente innovativi, così come è promettente l'affermazione che le risorse del 2023 del fondo per la montagna devono essere principalmente destinate alla tutela della qualità ambientale della montagna.

Si dice infatti nella relazione: "Per quanto concerne l'annualità 2023, il decreto ministeriale di ripartizione del Fosmit è stato pubblicato a settembre e, oltre a definire la ripartizione delle risorse per le singole regioni, ha stabilito le modalità di impiego delle medesime, da utilizzare per l'attuazione di interventi per la tutela e la promozione delle risorse ambientali dei territori montani, per la valorizzazione delle migliori iniziative in materia di tutela delle qualità ambientali e delle potenzialità dell'habitat montano, di interventi di carattere socio-economico a favore di popolazioni residenti nelle aree montane, progetti finalizzati alla salvaguardia dell'ambiente e allo sviluppo delle attività agro-pastorali, nonché iniziative volte a ridurre lo spopolamento".

Quando però passiamo dalle premesse alle scelte conseguenti nell'utilizzo del Fosmit, troviamo scritto: "Con deliberazione di Giunta 1438, è stata ripartita la quota del Fosmit spettante alla Regione per il 2023. La Giunta ha individuato i seguenti interventi da finanziare a valere sul Fosmit: la riqualificazione di Capanna Carrel, la valorizzazione di un percorso escursionistico nel Parco del Mont Avic, la riqualificazione della strada intervalliva comunale che collega il Comune di Brusson al Comune di Gressoney-Saint-Jean tramite il Col Ranzola, l'intervento di valorizzazione dell'area al Col de Joux".

Nel caso del Col Ranzola non si tratta affatto di riqualificare una strada intervalliva, come è scritto nella relazione, ma di realizzarla, ed è un'opera impattante, considerata la conformazione del territorio ed in contrasto con una reale tutela dell'ambiente che attraversa.

Infine, alcuni rilievi rispetto all'assenza nella relazione di considerazioni sul settore della mobilità e dei trasporti. Siamo all'inizio di una fase di cambiamento radicale nel settore dei trasporti, con delle indicazioni precise che ci arrivano dall'Europa e abbiamo anche una legge regionale che ha indicato obiettivi da raggiungere nel tempo per la mobilità sostenibile, ma anche di questo nella relazione non abbiamo visto nulla.

C'è anche, in questo preciso settore, un problema specifico e acuto che non viene affrontato, vale a dire la questione dell'attraversamento delle Alpi per il trasporto delle merci.

La politica dell'Unione europea è quella di potenziare le trasversali ferroviarie già esistenti e anche di costruirne di nuove, ed è una strategia che si pone in contrasto con quella di chi propone interventi che facilitano ed accrescono il transito di tir attraverso le valli alpine.

Nella relazione non ci sono accenni alla tematica del tunnel stradale del Monte Bianco, il cui raddoppio avrebbe l'effetto negativo di accrescere il transito di tir attraverso la Valle d'Aosta e la valle di Chamonix.

Ho fatto alcuni esempi per evidenziare quelle che, a nostro avviso, sono le criticità di questa relazione, e soprattutto dell'azione e degli indirizzi operativi di una Giunta che determinano poi la produzione di relazioni di questo tipo.

La nostra non è certo una critica al lavoro degli uffici, tutt'altro, gli uffici seguono l'impostazione che viene loro data.

C'è nella relazione una premessa, direi anche enfatica, dell'Assessore agli affari europei ed una fitta documentazione fotografica di varie cerimonie e circostanze, ma noi non abbiamo trovato una visione della Valle d'Aosta all'avanguardia nell'applicazione delle politiche europee.

In conclusione, noi non condividiamo l'impostazione del documento e dico anche che non riteniamo pienamente soddisfacente il modo in cui si stanno declinando e attuando in Valle d'Aosta varie politiche strategiche dell'Unione europea, che sono sicuramente fondamentali anche per la nostra regione.

Presidente - Consigliere Marquis, ha facoltà di intervenire.

Marquis (FI) - Intervengo anch'io su quest'argomento che riteniamo, come gruppo, sia estremamente importante e di grande attualità, vista anche l'imminenza delle prossime elezioni europee.

Sicuramente il momento è particolarmente difficile per l'Unione europea, per tutti i suoi cittadini; sono state già evidenziate nella relazione introduttiva quali sono le problematiche che si stanno vivendo a livello geopolitico: siamo usciti da una pandemia che ha messo in seria difficoltà l'economia e anche sotto il profilo sociale l'intera Unione europea, mettendo in evidenza delle incertezze che non pensavamo neanche ci fossero. Quindi questa è stata, sotto un profilo se vogliamo vedere dal lato costruttivo, un'opportunità anche per capire quali erano i limiti del tracciato che si stava percorrendo per riorientare anche un pochettino l'azione.

Hanno fatto seguito l'invasione dell'Ucraina, la crisi in Medio Oriente, i problemi che ci sono nei Balcani, quindi una situazione di profonda instabilità con gli Stati che hanno delle dinamiche interne che, in certe situazioni, sono incerte ed anche preoccupanti.

Non si sa ancora quale sarà l'esito delle prossime elezioni europee, speriamo che vada nella direzione giusta per rafforzare, per quanto ci riguarda, l'Europa.

Noi riteniamo che l'Europa abbia dei grossi limiti, li ha sempre avuti, però per fortuna che c'è. Perché sicuramente viviamo un momento molto delicato, la Comunità europea rappresenta circa 450 milioni di abitanti, rappresentiamo il 5,5% della popolazione mondiale, quindi questo basta per indicare la piccolezza della dimensione, quindi non stiamo neanche a fare dei ragionamenti su quello che è il peso dei singoli Stati se si dovessero mettere ad affrontare delle problematiche sovraordinate o di grossa importanza.

Per noi l'Europa deve occuparsi dei temi strategici, dei temi che non possono essere affrontati chiaramente a livello nazionale e bisogna saper rinunciare ad una parte della sovranità, perché diversamente queste tematiche non potrebbero trovare delle soluzioni. Ma l'Europa non è solo sostanzialmente da valorizzare e da rispettare sotto il profilo della competitività, ovvero quando si parla di crescita economica, ma è anche un baluardo per la democrazia dello stato di diritto, delle libertà, anche un grosso peso e significato dal punto di vista sociale.

Ci sono dei valori che si danno a volte per scontati, che possano avere un carattere di continuità, ma così non è, quindi è bene tenere alto il livello della guardia.

Oggi viviamo delle grandi sfide, le grandi transizioni, la transizione ecologica, transizioni digitali che richiedono dei grossi sforzi, c'è la necessità di avere delle politiche di coesione sempre più significative ed incisive per garantire uno sviluppo equilibrato e della comunità intera.

A questo riguardo bisognerà intervenire, per rafforzare le previsioni dell'articolo 174 del funzionamento del trattato dell'Unione europea, perché c'è una tendenza in atto che è quella di rafforzare le aree a maggiore densità abitativa.

Lo stesso Comitato delle Regioni è il Comitato delle Regioni e delle città, quindi il peso delle città è significativo all'interno di questo comitato.

Pertanto, bisogna prestare attenzione a questo argomento e trovare delle sinergie non solo con coloro che vivono le problematiche della montagna, ma che vivono nelle realtà rurali, in realtà più difficili rispetto a quelle delle grandi città.

Non entreremo nel merito dei singoli dettagli di questa relazione, perché l'attività si sviluppa su una miriade di progetti; ce ne sono migliaia di progetti che sono stati messi in atto in attuazione della programmazione. Ci fermeremo a delle considerazioni a livello di macro.

La politica regionale di sviluppo della Regione è una politica che è fortemente incentrata sulle politiche di coesione e di sviluppo rurale; sostanzialmente, sono stati messi a disposizione, attraverso questi programmi, circa 424 milioni dalla programmazione 2014-2020. Stiamo parlando di numeri che hanno un impatto molto significativo nell'economia di gestione del bilancio regionale.

Gli impegni su 424 milioni sono stati di 409, i pagamenti di 321: questo è un piccolo dato che fa riflettere e che mette in luce da una parte le difficoltà che ci sono a gestire queste pratiche sotto un profilo amministrativo e dall'altra la necessità anche di un miglioramento e di una maggiore efficacia nella gestione per quanto concerne il futuro.

C'è anche tutta la progettualità del PNRR, che ha portato oggi a gestire circa 134 progetti per 116 milioni di euro.

Quindi tutta una serie di attività, la parte più pregnante del bilancio regionale, e questo lo dimostra anche il fatto che sono intervenuti diversi Assessori nell'illustrazione; quindi vuol dire che questa tematica tocca un po' tutti gli Assessorati, per quanto di competenza.

Ci sono sicuramente dei ragionamenti da fare sul miglioramento della gestione, però se non ci fossero queste risorse, dobbiamo chiederci anche cosa succederebbe; succederebbe che ci sarebbe meno avanzo di amministrazione, perché queste risorse impattano fortemente, come dicevo prima, sul bilancio della nostra Regione.

Per noi è importante riconoscersi nell'Unione europea, nello Stato italiano, nella Repubblica e nella Valle d'Aosta, queste sono le tre bandiere di riferimento che guidano il nostro agire; se non ci fosse solo una di queste, la Valle d'Aosta avrebbe delle grosse problematiche aggiuntive da dover gestire, perché a volte si parla di fondi europei, ma i fondi europei discendono dai fondi italiani, dobbiamo evidenziarlo questo, perché l'Unione europea trasferisce solamente delle risorse che sono state trasferite dai singoli Stati componenti per poter affrontare queste tematiche di carattere generale, dove vengono dati degli indirizzi, dei principi e vengono richieste delle progettualità, proprio per cercare di portare tutte le Regioni, di portare tutte le singole componenti, le singole comunità, nella medesima direzione.

Questo sicuramente è un percorso che non è facile, su questo ci sono da fare dei grossi miglioramenti, bisogna cercare di snellire le burocrazie, non perdersi forse in miriadi di iniziative, cercare di raggrupparle per essere più competitivi, più pronti e più efficaci.

Sotto il profilo di carattere generale, riteniamo che sia anche importante il prossimo appuntamento che siamo chiamati adesso ad affrontare che è quello delle elezioni europee proprio per questa ragione, perché abbiamo riconosciuto il valore dell'Europa e sappiamo cosa l'Europa ci può mettere a disposizione.

È importante partecipare, io credo che un ringraziamento vada fatto a tutti i partiti che sono ingaggiati in questa sfida, a tutti i candidati che hanno accettato di mettersi a disposizione per quest'obiettivo, pur con tutte le difficoltà che ci sono da affrontare, perché sicuramente i numeri che sono richiesti non agevolano il perseguimento dell'obiettivo, però crediamo che non partecipare e non occuparsi della questione sia un po' sottovalutare tutto quello che abbiamo detto sinora e non affrontare poi in termini concreti quella che è la situazione che abbiamo di fronte.

Soprattutto riteniamo che sia importante in questo periodo far capire anche - come è stato detto prima dall'Assessore competente - che certe opere vengono finanziate dall'Europa; è significativo questo, perché bisogna avvicinare a livello culturale la popolazione e la comunità al concetto di Europa, quindi anche in questa fase qui credo che, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli, sia importante far capire alla popolazione l'importanza di ingaggiarsi, di affrontare con consapevolezza questo prossimo percorso che sarà da gestire nei prossimi giorni.

Crediamo che sia del tutto importante andare avanti con il percorso che è stato intrapreso, noi riteniamo che più Europa abbia il significato di più democrazia, più benessere, più crescita economica e più solidarietà.

Questo non vuol dire sicuramente più burocrazia: bisogna cercare invece di ridurre il peso e la ricaduta sulla comunità della burocrazia, di questo ne siamo pienamente consapevoli. Però crediamo che l'Europa sia un'opportunità, sia una ricchezza per il rispetto dei valori che portano con sé la nostra storia e la nostra identità.

Presidente - Consigliere Manfrin, ha facoltà di intervenire.

Manfrin (LEGA VDA) - La relazione che abbiamo esaminato riporta in copertina una persona che guarda con un telescopio. Ho trovato particolarmente evocativa questa immagine e da questa immagine si possono trarre due interpretazioni: o l'evidenza della distanza che l'Europa ha nei confronti della nostra Regione, che si traduce in mancanza di conoscenza della nostra realtà, delle nostre specificità, delle nostre necessità; o ancora, più semplicemente, una persona che, in cerca di aiuto, in esplorazione verso il miraggio del sogno europeo, lo cerca senza sosta con il suo telescopio senza purtroppo trovarne traccia.

Scrive nella sua relazione l'assessore Caveri che la guerra in Ucraina ha innescato la giusta fibrillazione nei paesi confinanti con la Russia e non solo, per il rischio di un allargamento del conflitto.

Le parole "giusta fibrillazione" seguono perfettamente quello che è il pensiero americano, che nel tempo ha sempre cercato di staccare la Russia dall'Europa, instillando proprio quello che è stato definito il giusto livello di tensione, evitando un pericoloso e scomodo avversario che poteva fornire energia a buon mercato ad un sistema industriale che fa grande concorrenza alle loro esportazioni.

Sulla scia di questa giustezza, nella quale siamo cascati in pieno, si sono poi inseriti i personaggi quali Macron, che da tempo chiede un intervento diretto della Nato nella guerra Russia-Ucraina senza temere di far scoppiare la terza guerra mondiale.

Ebbene, a questi rigurgiti bellicisti, a questi soldatini da salotto che vorrebbero mandare a morire i nostri giovani in Ucraina o magari far rivivere un terzo conflitto mondiale, la Lega ha detto in maniera chiara un netto "No", che è bene ribadire anche in quest'assise.

Leggo poi di un passaggio che magnifica gli sforzi per assicurare la transizione verde e digitale, puntando sul binomio modernizzazione e decarbonizzazione, anche con l'obiettivo di creare posti di lavoro di qualità e conseguire gli obiettivi climatici dell'Unione.

Stessa volontà ribadita nel suo intervento, anche in quest'Aula, con trasporto ed emozione. In questo brano euro-lirico, però, ci si è dimenticati dei costi e dei sacrifici che il nostro sistema imprenditoriale, industriale, ma anche familiare, dovrà sopportare per inseguire fantomatiche riduzioni di CO2 che cubano per l'intera Europa per l'8% e a cui India, Cina e USA, che totalizzano il 51%, sembrano non dare credito, utilizzando le stesse fonti energetiche di sempre.

In poche parole, l'Europa ci chiede di castrare il nostro sistema produttivo, costringendolo ad esempio a non produrre auto a combustione interna o a imporre i cappotti alle case, a tutte, senza distinzioni, da Punta Raisi a Punta Helbronner, su case private e case pubbliche, pena sanzioni e svalutazione del bene rifugio per eccellenza, ovvero il mattone.

Mentre in Cina fanno affari d'oro, vendendoci le terre rare per le batterie delle auto green, estraendole senza alcun rispetto delle rigide norme del lavoro e bruciando carbone come se non ci fosse un domani. Ben fatto, direi.

Anche il riassunto degli obiettivi ottenuti da Ursula Von der Leyen, riportati nella relazione, ha il sapore della beffa, soprattutto quando si dice che il 90% degli orientamenti politici presentati nel 2019 sia stato tradotto in misure concrete.

Non si comprende bene quali siano questi orientamenti politici, magari quelli dei 5 Stelle, risultati determinanti per l'elezione di Ursula, o quella di partiti che nulla o poco hanno a che fare l'uno con l'altro, se non perpetuare, come dal 1979 ad oggi, l'ennesima maggioranza multicolore che finge di farsi la guerra prima delle elezioni e poi si abbraccia un minuto dopo.

Per questo e per tanto altro la Lega, che è l'unico partito ad averlo fatto, ha detto fin da subito che non appoggerà alcun nuovo mandato ad Ursula o ad eventuali succedanei e non governerà mai con i socialisti per portare in Europa quel cambiamento radicale che da tempo si chiede.

Anche le partecipazioni, che lei ha elencato Assessore, avrebbero potuto lasciare un segno maggiore, ad esempio quella relativa alla quinta edizione dell'European event of quality and origin products, dove, oltre al caso della fontina, prodotta negli Stati Uniti e spacciata per un prodotto locale, si sarebbe potuto dire qualcosa in merito alle farine di grillo e alla carne sintetica. Lo dobbiamo detto in maniera chiara come Consiglio, sostenendo due mozioni approvate contro la carne sintetica e il nutri-score, ed una bocciata contro le farine di grillo, ma il sentimento popolare è chiaro, nessuno deve imporre cambiamenti nelle nostre diete a colpi di nutri-score o imposizioni. La nostra alimentazione è maturata in secoli di storia e non ha bisogno di spintarelle o di burocrati, magari foraggiati dalle grandi industrie alimentari, che la cancellino.

Se la stessa posizione fosse stata portata in Europa, avremmo potuto far sentire la nostra voce, per quanto piccola, unendola a quella di tante altre realtà che finalmente hanno aperto gli occhi sulla pervasività che l'Unione sovietica europea sta assumendo in ogni ambito.

Nella relazione si legge poi un elenco degli interventi che la mitica Europa avrebbe finanziato coi soldini che, così pare, fabbrica. Quest'Europa descritta come una cornucopia di fondi illimitati è in realtà nient'altro che una magica illusione che, come sappiamo, quando va bene, riceve da noi 100 e ce ne restituisce 80, imponendoti però di mettere una targhetta su quanto realizzato, con scritto in bella evidenza "realizzato con fondi dell'Unione europea".

E un po', Assessore, come se il tuo dentista, alla fine del suo lavoro, ti chiedesse una parcella di 2 mila euro e poi appendesse nel suo studio la foto del risultato finale dell'intervento con la didascalia "realizzato con i fondi dello studio dentistico".

Questo è il sistema di bandierine, purtroppo esistente, di cui l'Assessore lamenta l'inesistenza, ma forse sarebbe meglio ipotizzare un'altra bandierina o un'altra targhetta con scritto, dopo la dicitura "opera realizzata con fondi dell'Unione europea", un'altra che precisa che i fondi UE sono, in realtà, nostri; da 30 anni l'Italia paga ogni anno l'Unione europea più di quello che riceve.

A proposito di bandiere, visto che il tema è stato introdotto: assessore Caveri, lei ne ha parlato entusiasticamente, definendo idiota chi vorrebbe non cancellare la bandiera, perché le proposte vanno lette, ma rimuovere l'obbligo di esporla.

Allora, io la ringrazio e mi farebbe piacere che alla prossima visita in Europa lei si premurasse di andare dai rappresentanti di ogni delegazione per formulare ad ognuno la stessa definizione, ovvero quella di "idiota", visto che l'Italia è l'unico Paese dell'Unione ad avere l'obbligo di esposizione grazie alla mitica legge voluta da Romano Prodi.

Anche sull'origine della bandiera ci sarebbe molto da dire: c'è chi ha detto - e immagino a questo si riferisse lei - che rappresenta le dodici tribù di Israele e chi, come lei, ha dato un significato religioso.

Giova ricordare, ma così, en passant, che la proposta originaria era di inserire quindici stelle rappresentanti i quindici membri degli Stati del Consiglio d'Europa dell'epoca, la ma scelta del numero non soddisfaceva la Germania, in quanto uno dei quindici membri dell'organizzazione del '53 era il territorio della Saar, non ancora reso dai francesi alla Germania, e il cui status era ancora sotto discussione.

L'ipotesi di quattordici stelle fu bocciata per analoghi motivi avanzati da parte francese; il numero tredici fu scartato per ragioni di superstizione, visto che è inteso negativamente in vari Paesi europei.

L'ipotesi di dieci stelle indicanti i dieci Stati fondatori venne scartata perché avrebbe significato dare uno status speciale a quei dieci Stati ed infine usare una stella sola è stato considerato troppo simile alla bandiera coloniale del Congo-Léopoldville.

Solo da questo si capisce che forse il significato è più prosaico, meno poetico o spirituale.

Discorso collegato alle bandierine e alle opere, grandi o piccole, finanziate dall'Unione europea merita poi il PNRR, presentato come la panacea di tutti i mali ma che, in realtà, non fa altro che finanziare alcuni progetti prestandoti una parte di soldi tuoi, chiedendoti un interesse e vincolando l'erogazione agli obiettivi che decide lei, magari quando va bene puntando tutto sugli investimenti, ad esempio costruendo una scuola, senza però darti quella brutta, bruttissima spesa della parte corrente per pagare magari lo stipendio in chi in quella scuola deve insegnare. Cosa che non accade invece a quei progetti di Europe Direct, che lei, Assessore, conosce bene, citati entusiasticamente nella relazione, con quei progetti che in tutta Europa finanziano strutture, personale e incontri, per magnificare l'azione dell'Unione europea sempre a nostre spese, come ad esempio quella del libro, che lei ha citato e su cui abbiamo discusso in quest'Aula, che scendeva in campo contro la destra brutta e conservatrice e quella liberale che aveva aperto troppo il mercato.

Nulla però circa la difesa della nostra identità: siamo invasi da immagini promozionali del Next-Generation EU, dove si vedono donne che indossano il velo, quasi a indicare la sottomissione dell'Europa a chi sbarca sulle nostre coste; un'immagine sbagliata e negativa, che cozza con quel sogno di libertà che spesso viene associato all'Unione e che se non sarà fermato, produrrà sì la fine di quello che era stato dipinto come un sogno, ma si sta rapidamente tramutando in un incubo.

Concludo con parole non mie, ma - qualcosa che farà sobbalzare probabilmente l'Assessore - con le parole di Nigel Farage, che nell'ultimo discorso fatto al Parlamento europeo, dopo aver ottenuto la Brexit disse: "I miei genitori aderirono a un mercato comune, non a un'unione politica, non a bandiere, inni, Presidenti. Cosa vogliamo dall'Europa? Se vogliamo commercio, amicizia, collaborazione e reciprocità, non abbiamo bisogno di una Commissione europea, della Corte europea di giustizia, di tutte queste Istituzioni e di tutto questo potere. Noi adoriamo l'Europa, ma detestiamo l'Unione europea".

E al Presidente di turno, che contestava i suoi colleghi che sventolavano la bandiera britannica dietro lui, dicendo: "Se disobbedite alle regole il suo microfono viene tagliato, per favore rimuova le bandiere", rispose concludendo: "Ecco cos'è oggi l'Unione, un'antidemoratica e coatta rimozione delle identità nazionali".

Noi, viste anche le polemiche sulle bandiere, non abbiamo bisogno di questo e sarebbe il caso che questa posizione venisse fatta valere.

Presidente - Consigliere Perron, ha facoltà di intervenire.

Perron (LEGA VDA) - Comincerei con il dire una frase che sembra scontata, ma non lo è: siamo tutti europei, certamente, perché un conto è l'Unione europea, l'entità politica, un altro è essere europei, e lo siamo sempre stati, da 2.500 anni almeno, dalle polis greche, ma anche prima, le prime Olimpiadi sono del 776 a.C. ed erano feste religiose, dagli Achei dell'Iliade e dell'Odissea, poemi fondanti della nostra civiltà, perché siamo una civiltà prima di un'entità politica, oggi sostituiti con il culto della vittima che rimpiazza quello dell'eroe, e l'eroe è quello che domina se stesso in prima istanza.

Allora qual è il futuro dell'Unione europea, invece, quindi dell'entità politica? E sono due cose diverse, ci si può sentire tranquillamente europei, pur non amando l'Unione europea.

Qual è il modello dell'entità politica? Si va verso un modello federale, da Stati Uniti d'Europa, mi sembra che sia l'opinione dell'assessore Caveri, quando parla di togliere il voto all'unanimità, che è lo stesso parere di Enrico Letta, ad esempio, quindi un'Europa più federale, bypassando almeno 600 anni di guerre intestine nazionali e religiose, come se lo spirito dei popoli non si fosse coagulato in quello delle nazioni, a partire almeno dal congresso di Vienna, nel 1815, e con l'idea che le nazioni si riescano a cancellare con un tratto di penna, come se ciò fosse possibile, magari qualcuno auspicabile, ma possibile, però difficile.

Oppure un'Unione europea verso un modello confederale, in cui si fanno passi indietro rispetto all'integrazione europea, cioè dall'accentramento dei poteri in organi sempre più lontani dai cittadini e dalla nostra visione.

Qual è il futuro invece del continente europeo, nel trapasso, sotto gli occhi di tutti, da un mondo unipolare ad un mondo multipolare, perché è quello che sta succedendo, perché ci sono i Brics, c'è la guerra in Ucraina, c'è la Russia, c'è la Palestina, c'è il neo-imperialismo turco, c'è la Cina, ci sono le elezioni in USA nel novembre 2024. Questi sono i temi fondamentali in cui dovremmo capire i prossimi decenni da che parte si andrà, perché l'epoca unipolare americana è probabilmente finita.

Quali i valori fondanti dell'Unione europea? Valori, perché non è tutto economicistico il mondo, non è tutta economia il mondo, c'è il Green Deal, il mondo Lgbtq, la cancellazione dei valori cristiani; vogliamo un meraviglioso matriarcato tecnologico e burocratico, perché è quello a cui molte volte si anela. Invece del "grande fratello" abbiamo la "grande sorella", questa volta, così facciamo la parità di genere anche in questo, con un'entità che sorveglia i comportamenti dei cittadini, ormai tenuti in scacco dal controllo capillare e digitale, il vero campo di battaglia, se qualcuno non se n'è accorto forse, delle big Tech americane, che ci hanno colonizzati tutti: infatti usiamo Google, usiamo Meta e ci hanno colonizzato.

Quando un bel credito sociale, alla cinese, ad esempio, per la CO2; facciamo un esempio, la CO2, perché si sta radicalizzando l'ambientalismo, se qualcuno non se n'è accorto.

Abbiamo già visto i grandi risultati durante la pandemia quando abbiamo preso spunto dalla Cina. Tra l'altro, mi viene da ricordare che per molti progressisti la Svezia era un mito, tempo fa, dopo la pandemia nessuno la cita più; strano. La Svezia, che da un modello progressista sta diventando un paese ostaggio della violenza, delle gang giovanili, con 360 sparatorie nel 2023 e cinquantatré morti.

Il numero dei morti di arma da fuoco all'anno è più del doppio della media europea, i tassi più alti di criminalità sono raggiunti dagli immigrati sotto i 50 anni che arrivano dal Medioriente e dall'Africa. I sobborghi di Stoccolma sono diventati oggi tra i più pericolosi dell'intera Europa, modello multiculturale. Buona fortuna.

Ma certo, noi abbiamo il salvifico PNRR. Ricordo che l'Italia è contributrice netta fino al 2020 dell'Europa, poi il PNRR ha cambiato un po' le cose, ma nel PNRR ci sono condizionalità e adesso ci sarà un nuovo patto di stabilità per cui l'Italia dovrà rientrare di 70 miliardi di tagli. Quindi i soldi non si creano da zero, e il collega Manfrin ha fatto una bella metafora che ce lo fa capire.

Se facciamo debito per cose utili, è positiva la condivisione del debito, ad esempio sulle infrastrutture; bene, quello ha senso, a volte però si fa per cose futili, in cambio di questioni fondamentali però, come la gara per le concessioni delle acque, per citare il nostro caso valdostano; quindi in pratica rischiamo di svendere la nostra sovranità per il superfluo, per le piste ciclabili, per il falso problema del gender gap, per le biciclette alla stazione, e poi perdere sovranità.

A volte invece lo facciamo addirittura per interventi che sono dannosi, come la grande spinta alla digitalizzazione che dovrebbe rendere tutto più snello, e invece non fa altro che rendere tutto più burocratico; lo stesso PNRR infatti si ottiene grazie a un enorme sforzo burocratico, cui tutte le Amministrazioni fanno fatica a starci dietro; oppure per digitalizzare le scuole, dove stanno esplodendo i problemi: chiedete alla gente che lavora a scuola, altro che digitalizzare ancora! Altri Paesi stanno tagliando queste cose, ma noi andiamo dietro, digitalizziamo, noi siamo moderni. Ci vogliono i vecchi libri e le matite per sottolineare, sono serviti per centinaia di anni. Mentre molti rimbecilliti scambiano il mezzo, cioè il miglioramento tecnologico, per il fine che è l'ambizione umana alla virtù e alla conoscenza. "Fatti non foste a viver come bruti", diceva qualcuno, che non aveva i tablet, ma se la cavava lo stesso.

Sono gli stessi che scambiavano, durante il Covid, il vaccino per il fine, invece che per il mezzo. Molte cose sono venute fuori oggi, vedi il caso Astrazenica, i messaggi, tra l'altro, tra la Von der Leyen e la Pfizer non sono ancora venuti fuori, battaglia della Lega in Europa. Adesso tiferanno per i visori del metaverso nelle scuole, immagino, così avremo la nuova droga futura per le generazioni. Oppure ci creiamo enormi problemi per l'utopia green, perché è un'utopia, il nostro partito è stato decisamente coerente a livello europeo, opponendosi alla stupidaggine del blocco della produzione auto del 2035 e dalle imposizioni sulle case green. Con la scusa dell'ambiente puntano a sottrarre il patrimonio immobiliare degli italiani e il loro risparmio privato, di cui siamo ricchi, grazie a Dio, per renderci tutti indebitati e felici, ovviamente.

Consegnarci alla Cina forse anche no, sta venendo fuori tutto adesso, con le case automobilistiche che si smarcano da questa stupidaggine. Interessante, in particolare, su questo è il caso di Toyota, che punta nel futuro sui motori a combustione ad idrogeno. La Toyota ha avuto un gran successo con i modelli ibridi, ha evitato il puro elettrico e probabilmente potrebbero scegliere una strada interessante, e la Valle d'Aosta su questo tema deve essere in prima fila.

Mi rivolgo quindi alla collega Minelli e alla sua battaglia contro la produzione di idrogeno in Valle: ma lasci che si faccia, che problema le fanno se è sui pullman o su qualcos'altro? Lasci che si faccia, lasci che si faccia.

E poi vi sono immense contraddizioni, perché si digitalizza tutto e contemporaneamente si conta la CO2 delle case.

I ragazzi dei Fridays for Future, ad esempio, potrebbero fare una bella cosa invece di protestare a casaccio: togliersi qualche ora al giorno di telefono e connessione, un gran gesto di rivolta non violenta al sistema e grande risparmio di gas climalteranti.

Tanto per fare un esempio, in termini di emissioni CO2, il dato aggregato dei Big Tech si attesta a 130 milioni di tonnellate annue, ovvero più di quanto ne emette ogni anno la Repubblica ceca.

Per il Globan Carbon Project, internet è il quarto Paese al mondo per emissioni di CO2, questo è dovuto ai combustibili fossili, per i server e anche per altre cose.

In Inghilterra hanno calcolato che se la popolazione prestasse più attenzione alle e-mail, evitando di inviare quelle che non sono necessarie, equivarrebbe a togliere dalle strade 3.300 macchine diesel (notizia apparsa sulla Repubblica, cito gli avversari).

Quindi, un lavaggio del cervello continuo, un mondo che cambia dopo il regno, lo dicevo prima, quasi indisturbato dell'egemonia USA, seguita dal crollo dell'URSS nel 1991, il regno della potenza americana che ha visto varie guerre, abbiamo la Serbia negli anni '90, Afganistan 2001, Iraq 2003.

Nei primi anni 2000 la Cina viene fatta entrare nel WTO con l'intento di far sfogare i mercati capitalistici americani nel mondo del dragone, con il risultato che oggi siamo invasi dai prodotti cinesi, che hanno fatto dumping, e oggi vediamo che gli USA mettono dazi sui prodotti cinesi per proteggersi.

L'ex ministro Tremonti, ricordo bene, lo disse anni fa; tanti lo derisero, gli stessi alfieri della globalizzazione selvaggia, della libertà dei mercati in tutto il mondo, di cui Fukuyama (se qualcuno studia ogni tanto) fu l'alfiere e fu un fallimento totale, perché andiamo in un mondo che non è più quello, perché oggi gli USA sono in crisi e la guerra in Ucraina è esattamente sulla faglia di confine tra civiltà, esattamente dove doveva essere.

L'Europa così organizzata vede quindi la perdita delle prerogative degli Stati nazionali ma non vede una conseguente autonomia dagli USA. Ecco perché il malcontento di molti strati della popolazione, il nervosismo per i fenomeni da baraccone. Adesso è arrivato anche Mario Monti, ad esempio, burattino nel caso del colpo di Stato che ci fu anni fa, a sostenerlo, che dobbiamo mandare i nostri figli a combattere in Ucraina, e poi ci si chiede perché la gente si stufi di questi personaggi.

"Armiamoci e partite" per morire per l'Ucraina. Ma chi è che è pronto a mandare i propri figli oggi a morire per l'Ucraina? Ma di cosa stiamo parlando? Chiacchiere, bluff.

Come si posizionerà l'Europa in un mondo multipolare? Adesso Georgia, Moldova, che viene verso l'UE, la Macedonia del nord invece ha un governo nazionalista, che guarda verso la Russia. Ci saranno grandi cambiamenti, forze disgreganti enormi per un progetto europeo che sarà sempre più in difficoltà.

Presidente - Consigliere Jordan, ha facoltà di intervenire.

Jordan (AV-VdA Unie) - En plus de ce qui a été présenté par les Assesseurs concernant les résultats de la politique communautaire internationale dans la Vallée d'Aoste, il me semble intéressant faire quelques considérations plus générales. Sans entrer trop dans les détails des différents programmes thématiques, proposés au niveau européen et mis en œuvre dans notre région, je voudrais me concentrer sur le programme de travail de 2023 de la Commission européenne. Programme qui retrace les politiques appliquées mais qui regarde surtout vers l'avenir, en fixant des objectifs; des objectifs à long terme, en faveur de la durabilité et de la construction d'économies et des sociétés plus résilientes et plus justes.

Si nous parlons des impacts directs de la politique européenne sur notre région - ce qui a été bien fait par l'assesseur Caveri et par les autres assesseurs -, nous faisons référence aux programmes thématiques, tels que le FEASR pour le développement rural, le FSC pour le développement et la cohésion, le FESR et l'FSE, mais encore, aussi, avec la coopération territoriale et des différents projets INTERREG, des programmes qui voient notre région vertueuse, en termes de capacités de dépense et des résultats, et cela grâce aux structures régionales qui suivent l'application des différentes mesures et des programmes, mais aussi merci au travail des structures para régionales, et je fais référence aux agences, aux fondations et, en plus, aux collectivités locales.

Si l'application concrète des programmes est autant importante, c'est parce qu'au niveau stratégique les objectifs fixés par la Commission européenne sont ambitieux et concrets; ce sont des sujets qui ne trouvent pas immédiatement l'impact direct sur notre territoire, mais qui font partie du canevas et de l'architecture de l'Europe.

Dans la poursuite de l'objectif prioritaire "un Green Deal europeo", la Commission a proposé en 2023, entre autres, une réforme générale du marché de l'électricité de l'Union, y compris le découpage des prix de l'électricité et du gaz, et nous savons à quel point cela pèse sur nos factures.

Pour contribuer à relancer rapidement l'économie de l'hydrogène vert, la Commission a également proposé de créer une banque européenne de l'hydrogène, en investissant initialement 3 milliards d'euros et également, sur ces bases, qu'il est ressorti de la Conférence sur l'avenir de l'Europe, a pris des mesures pour réduire les déchets et leur impact sur l'environnement.

Concernant l'objectif stratégique "une Europe adaptée à l'ère numérique", la Commission a notamment proposé des mesures visant à garantir la résilience numérique et un développement économique de l'Europe; mais aussi, pour l'objectif stratégique "une économie au service des citoyens", la Commission a renforcé la gouvernance économique, le budget de l'Union, la résilience sociale; enfin, avec "une Europe plus forte dans le monde", on a également, compte tenu de la cruelle réalité de la guerre, qui a confirmé la nécessité d'intensifier les efforts de l'Union européenne dans le secteur de la sécurité et la défense. Et cela, pour ne citer que les actions les plus significatives.

L'Union Européenne est une opportunité financièrement, mais aussi, et surtout, de définition des politiques, des règles, des réglementations communes aux États membres; nous ne devons pas être hypocrites quant à l'idée qu'il n'existe pas d'alternative aussi valable que l'Union européenne dans son ensemble.

Les politiques anti-européennes, pour la plupart liées uniquement aux compétitions électorales, n'ont jamais proposé des modèles alternatifs valides et crédibles; les États nationaux, et donc les Régions, doivent rester le point de repère et de référence pour nos citoyens, mais aussi pour les territoires et les secteurs productifs, qui peuvent céder la souveraineté nationale pour combler leur faiblesse mais seulement pour acquérir une souveraineté partagée. C'est là l'enjeu: dans une appartenance convaincue au destin de l'Europe, pour les Institutions, qui doivent être encore plus proches à nos territoires d'origine ou de résidence. Il n'y a pas de souveraineté ou de autodétermination dans la solitude, pas à une époque où les politiques financières, industrielles, et du marché sont définies à niveau continental; et donc, la seule solution à laquelle nous croyons est d'être - et je cite des mots qui ne sont pas les miens - "unis dans la diversité".

Une Europe, celle que je viens de décrire, avec des opportunités, mais aussi avec des points d'attention et d'enjeux critiques; l'Union européenne doit pouvoir permettre de valoriser cette diversité que j'ai évoquée; les politiques de l'Union européenne ne doivent pas viser à aplatir les diversités, à standardiser les procédures, les règles et les pratiques, les habitudes. Cela arrive trop souvent, avec des règlements qui sont les mêmes pour tous et ils ne prennent pas en compte la diversité et les spécificités.

Pour nous, pour les Alpes, la montagne représente une des ressources les plus importantes pour le système économique, social, régional; les zones de montagne couvrent plus du 40% du territoire européen et abritent environ 25% de sa population.

Des atouts naturels et paysagers, donc, on peut profiter à travers le tourisme écologiquement durable, la production agricole, les produits agroalimentaires typiques, les produits artisanaux; tout cela contribue à former un patrimoine pour la croissance de tout l'ensemble de l'Union.

Les problématiques diverses, nombreuses, liées à la montagne, sont au centre d'intérêts multiples; les récents événements économiques et environnementaux ont changé le paradigme des problématiques liées aux territoires de montagne du point de vue tant du territoire que de la population qui travaille sur le territoire, en important une plus grande prise de conscience et une meilleure perception des rôles respectifs.

La montagne, donc, représente un point de départ pour repenser un modèle global de développement durable et innovant, à partir des politiques publiques, visant à développer et à mettre en valeur les zones de montagne, à soutenir les territoires en situation de davantage.

Malheureusement, la montagne, aux yeux de l'Europe, ne dispose pas toujours d'une définition technique, qui la rend reconnaissable; au niveau législatif, il ne suffit pas que nous soyons définis dans la réglementation comme "zone rurale et périphérique," comme l'ont indiqué l'UNCEM et son président Bussone, reconnaitre la particularité des zones de montagne contribuerait à inverser la tendance actuelle au déclin économique, car cela conduirait à l'adoption des mesures d'investissement spécifiques, visant à innover et à accroitre la compétitivité de ces territoires; il faut combiner les besoins d'innovation et de développement avec ceux de protection de l'unicité naturelle et culturelle.

Une stratégie spécifique pour les montagnes européennes est nécessaire dans tous les programmes qui incluent la construction des politiques. Nous avons besoin d'éteindre l'application des green communities, des smart villages, qui sont des définitions qu'ont été déjà introduites dans le projet communautaire et dans la programmation actuelle.

Je citerai un exemple, mais on pourrait donner bien sûr aussi d'autres. Nous pensons que dans les agendas de l'Union européenne concernant les montagnes, il faut se concentrer sur les jeunes, lutter contre le dépeuplement et les mettre en mesure de pouvoir faire rester et vivre les jeunes dans nos pays, dans nos vallées. Il est nécessaire donc de développer une stratégie commune dans les régions alpines, sur laquelle devront se fonder les politiques nationales et régionales.

En conclusion, c'est bien qu'on puisse faire aujourd'hui une analyse de ce qui a été fait au cours de l'année, mais je crois qu'il est également bien qu'aujourd'hui soient indiqués les éléments qui peuvent devenir des demandes et des enjeux, qui, selon les principes démocratiques et les procédures de nos Institutions, puissent être intégrés dans la politique communautaire.

Presidente - Sospendiamo brevemente i lavori del Consiglio per arieggiare i locali. La seduta è sospesa.

La seduta è sospesa dalle ore 10:56 alle ore 11:14.

Bertin (Presidente) - Riprendiamo i lavori, si è prenotato il consigliere Distort a cui passo la parola.

Distort (LEGA VDA) - Voglio chiarire che il modello di Europa che si è imposto in questi primi 25 anni di Parlamento europeo è uno dei modelli possibili; è il modello di Europa laicista, tecnocratico, è il sogno delle forze progressiste, è un modello che rende l'Unione europea, di fatto, un gigantesco organismo disturbato da un bipolarismo comportamentale, perché oscilla tra l'abdicazione rispetto a qualunque valore identitario da un lato (vedi la debolezza verso il radicamento islamico), ed un atteggiamento imperativo, dogmatico, totalitario dall'altro (e si veda a questo proposito, a titolo esemplificativo, l'imposizione di matrice ambientalista).

Eppure c'era e continua ad esserci una visione di Europa capace di rappresentare veramente i popoli europei, è la visione di Adenauer, De Gasperi, Schuman, è il modello basato sul legame imprescindibile con i valori della cultura occidentale che, piaccia o no, è di matrice cristiana.

Il simbolo della bandiera dell'Unione europea. Lei ha fatto bene a dare questo grande assist assessore Caveri, e in parte il collega Manfrin ha dato alcune spiegazioni, io vado subito al sodo: l'artista che ha proposto questo modello, un certo Arsène Heitz, era un artista alsaziano fortemente cattolico.

Secondo il suo modello, nella spiegazione del modello con cui lui ha concorso e ha vinto, lui rappresentava la corona di dodici stelle, cioè non si tratta di mettere in cerchio dodici stelle, quella era una corona, corona di dodici stelle, che ha il suo legame chiarissimo con Apocalisse, capitolo 12.

Le dodici stelle... dodici, quindici, dieci, dodici? Dodici, secondo la tradizione cristiana, sono i dodici Apostoli, il fondamento della Chiesa, della diffusione del Cristianesimo, di questo mandato. E l'azzurro è, né più né meno, il colore del manto dell'Immacolata concezione, di Fatima, 1917, un po' di mesi prima del grande bagno di sangue con il quale l'Europa ha posto fine all'ultimo impero cattolico. Allora, questa bandiera è un omaggio a Maria, alla Madonna.

Ma che cosa ha fatto invece quest'Europa con la sua narrazione secolarista, laicista, neo illuminista, massonica e giacobina, uso tutti questi termini perché si calza perfettamente.

Se si legge sul sito ufficiale: "Le stelle rappresentano gli ideali di unità, di solidarietà e di armonia". Sparite le dodici stelle, sparita Apocalisse 12, spariti gli apostoli, sparita la donna amicta sole.

Il cerchio non è la corona, no, è l'ulteriore simbolo di unità.

Il blu - si sono scatenati i giacobini, i neo-illuministi massoni - è il colore del cielo di ponente che rappresenta l'occidente rispetto ad un giallo o ad un rosso che potrebbe rappresentare l'oriente.

Bellissimo lavoro di sterilizzazione di un concetto profondamente cristiano. Questa è l'Europa che piace ai progressisti.

Così sino ad oggi questo modello di Europa, che tra l'altro discendente da una geometria di forze politiche che compongono il Parlamento europeo, che speriamo cambino in queste imminenti elezioni.

Questo modello d'Europa ha continuato a procedere sulla via di questo potere tecnocratico oliato da cosa? Da disponibilità finanziaria e dall'imposizione ideologica costruita su un trucco già usato con successo nel cosiddetto Risorgimento da Cavour.

Lui, molto vicino all'ambiente della Giovane Italia, Giovane Europa, ambienti massonici, aveva coniato questa sorta di sillogismo, secondo cui chi era contro la sua idea d'Italia e dei massoni della Giovane Italia, della Giovane Europa, contro la sua idea, era automaticamente nemico dell'Italia. Questo è quanto succede.

Ad oggi, quante volte chi è contro quest'idea progressista, laicista, massonica, giacobina d'Europa, tecnocratica, viene bollato come nemico dell'Europa, antieuropeo, euroscettico tout court?

Noi a quest'equivalenza fasulla non ci stiamo, noi siamo dalla parte di chi resiste e respinge con forza questa narrazione e per noi rimane tutt'ora aperto il dibattito sul tema Europa sì, ma quale.

Noi siamo autentici europeisti, ma di un'Europa autentica.

Noi della Lega - e non è propaganda ma constatazione - ci collochiamo tra i sostenitori, come detto, autentici di un'Europa autentica, frutto della sua storia e della sua cultura, dei suoi valori e dalle sue consapevolezze nate dai suoi conflitti, dal suo sangue versato, e noi invece non ci riconosciamo in un'Europa frutto di un'illuministica e di una positivistica attività di ingegneria amministrativa.

Per noi quello non è Europa, per noi quello rimane un esperimento e basta.

Noi fortunatamente non siamo soli in questa visione d'Europa, abbiamo anche la vicinanza di quei popoli europei che hanno conosciuto il totalitarismo sovietico e che oggi, quando leggono e capiscono più di noi, hanno una consapevolezza maggiore della nostra, per intercettare quei messaggi di totalitarismo subdoli, che vengono nascosti e proposti.

Noi siamo la resistenza attualizzata di fronte ad un modello d'Europa di burocrati, noi siamo la resistenza di fronte ad un modello di Europa svuotata dalla sua anima cristiana, siamo la resistenza di fronte ad un modello di Europa che sta traghettando i suoi liminari popoli in un progetto di omologazione di livellamento mondialista, siamo la resistenza di fronte ad un modello finanziario di matrice capitalista e neoliberista che riesce anche ad essere paradossalmente socialista.

Siamo la resistenza di fronte ad un modello di Europa forte con i deboli e debole con i forti, siamo la resistenza di fronte ad un modello di Europa talmente suicida da vedere nell'aborto la via maestra o mainstream per l'affermazione di diritti delle donne, senza preoccuparsi che quelle vite interrotte potrebbero essere donne e uomini di domani. E dei loro diritti chi si preoccupa?

Auspichiamo quindi un nuovo Parlamento europeo, in cui si possa diffondere una sana laicità, che si sostituisca a quel laicismo che si mostra allergico a ogni riferimento al sacro, per poi immolarsi sugli altari del profitto del pensiero unico e di uno pseudo ambientalismo che regala le attività produttive europee alla Cina, all'India e agli Stati Uniti.

Per questi principi generali noi siamo europeisti per un nuovo Parlamento europeo che possa invertire la marcia dei tecnocrati, per riscoprire invece un'Europa centrata sulla persona, sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e per la famiglia.

Questa, e solo questa, è l'Europa in cui crediamo e per cui spendiamo quotidianamente la nostra attività di resistenza.

Presidente - Ha chiesto la parola la consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz E. (PCP) - A differenza dell'assessore Caveri, che nella presentazione della relazione porta la sua esperienza di Baby Boomer, e del consigliere Aggravi, che ha ricordato essere un Millennial, io appartengo alla Generazione X e ho visto con entusiasmo la nascita dell'Unione europea e alcune svolte a cui abbiamo assistito nel tempo. La fine dei controlli alle frontiere, la nascita dell'euro, l'utilizzo del cellulare in qualsiasi Paese dell'Unione europea alle tariffe del Paese di origine... per dire alcune cose che mi differenziano, ad esempio, rispetto ai miei figli.

Da dipendente regionale e poi da amministratore comunale, ho avuto concretamente la rappresentazione dell'importanza dei fondi europei, sia per le opere di cui ha ben parlato l'assessore Caveri, ma soprattutto per le politiche riferite alla formazione, all'istruzione, all'integrazione, al lavoro e alle altre tematiche che forse sono meno tangibili che un'opera ma che sono importantissime per i cittadini.

Credo quindi fortemente nell'Europa federale di Altiero Spinelli.

Riprenderò alcuni dei temi affrontati dalla collega Minelli perché rimanga nel comunicato del Consiglio regionale anche l'interpretazione del nostro gruppo, questo perché l'interpretazione della norma sulla par condicio non scinde il ruolo di una Consigliera regionale da quello di una candidata alle elezioni europee, ma eviterò di entrare nel dibattito che si sta sviluppando, soprattutto chi mi ha preceduto ne ha parlato. Potremmo ad esempio parlare dell'ultimo voto contrario dell'Italia al testo sui diritti della comunità Lgbtq-plus, potremmo parlare del voto di alcuni partiti rispetto all'inserimento dell'aborto nella carta dei diritti fondamentali o la posizione del ministro Giorgetti, in sintonia con Orban, visto che ormai mi sembra che quella sia la strada, sulla direttiva delle case green.

Oggi noi qui dobbiamo affrontare una relazione sulle attività svolte in Valle d'Aosta per l'attuazione delle politiche promosse dall'Unione europea, quindi parlerò di questo.

Questa relazione contiene indubbiamente informazioni interessanti ed è stato un grande lavoro delle strutture, ma che nella sua articolazione e nei suoi contenuti poco soddisfa, secondo noi, l'obiettivo che dovrebbe avere, quello di partire proprio dalle scelte politiche dell'Unione europea, esplicitate nelle direttive, negli altri atti di indirizzo, e valutare in che misura tali direttive trovano applicazione sul territorio regionale e nelle politiche attuate dalla nostra Regione.

A titolo esemplificativo, ad esempio in materia ambientale, partendo dalla Direttiva Habitat per la conservazione del patrimonio naturale, bisognerebbe vedere anno dopo anno come procede la sua applicazione sul nostro territorio.

Allo stesso modo in campo energetico, partendo dalla normativa Repower UE, vedere come viene declinata in Valle d'Aosta questa ricerca d'indipendenza e autonomia energetica, oppure rispetto alla Direttiva RED 2 del 2018, per la promozione dell'uso di energia rinnovabile anche tramite le CER, e vedere come sta procedendo la nostra Regione in questo tema.

Invece queste importanti direttive e altre non sono neppure citate nella relazione.

La relazione, più che un'analisi di come si applicano in Valle d'Aosta le politiche europee, è un elenco di come vengono utilizzate le risorse che provengono da fondi europei; sicuramente un'analisi interessante ma, secondo noi, un po' limitativa.

Ritroviamo il fondo da 110 milioni per l'elettrificazione, ritroviamo le diverse opere, ma ad esempio sulla questione della produzione dell'idrogeno manca, non abbiamo certezza di tale proposta e dell'utilizzo di questo vettore.

Non si contempla assolutamente la normativa Habitat per quello che riguarda il vallone delle Cime Bianche e anche rispetto alla questione del FOSMIT, quindi del fondo per la montagna, per un modello di sviluppo sostenibile e innovativo, a parte le premesse, ci troviamo un'opera, che è quella della strada intervalliva del Col Ranzola, in cui si parla di riqualificazione di una strada che non esiste, quindi mi chiedo come si possa riqualificare una cosa che non c'è, ed è completamente in contrasto proprio con quelle direttive.

In conclusione, non condividiamo l'impostazione generale della relazione e non riteniamo soddisfacente il modo in cui si stanno declinando in Valle d'Aosta le politiche strategiche dell'Unione europea.

Presidente - Consigliere Sammaritani, a lei la parola.

Sammaritani (LEGA VDA) - Come spesso si dice, non volevo intervenire, poi alcuni spunti mi hanno quasi costretto, nel senso che da un lato l'entusiasmo dell'assessore Caveri, che naturalmente noi non condividiamo, e non è questione - come si diceva prima da parte alcuni colleghi - di generazioni, che si sia Millennial, Baby Boomers o Generazione X o Z non è molto importante, è questione di essere obiettivi.

Sappiamo naturalmente che quest'entusiasmo dell'assessore Caveri è genuino, perché lo vediamo anche dai suoi post, dalle comunicazioni che lui spesso fa, ricordo, per esempio quella critica sull'atteggiamento e sulle proteste degli agricoltori recenti dove diceva: "Protestano però è una delle categorie che ha preso più contributi e più Fondi dall'Europa". Qui mi viene in mente un po' la frase, vera o falsa che sia, famosa di Maria Antonietta che sarebbe come dire: "Ma cosa si preoccupano di non avere il pane domani o dopodomani, hanno avuto brioche fino a ieri".

Il discorso quindi dei Fondi europei è quello che già è stato accennato dai miei colleghi: l'Italia, al netto di quelli che sono i fondi PNRR, quindi i fondi generati dalla pandemia, è stata sempre un contributore attivo dell'Europa, con un saldo, al contrario, passivo, nel senso che è un contributore che dà 100 e riceve 80, a differenza di altri Stati, ma questo è un principio di solidarietà. Peccato che poi questo principio di solidarietà, molto spesso, dall'Europa viene disatteso, perché quando poi si parla di politiche di austerità che fanno comodo a quelli che sono già forti e rinforzano quelli forti, come le Germania e la Francia, e penalizzano invece l'Italia, ci ricordiamo i bacchettamenti che ricevevamo dai vari moscoviti del 2019, che descrivevano l'Italia come fonte di incertezza per tutta la loro zona, del debito che doveva calare, quindi praticamente non finanziati, "Non fare altro debito così cali sempre di più e finisci in recessione". Adesso che però probabilmente lo stanno vivendo loro, diventa già un po' diversa come interpretazione.

È chiaro che tematiche come quelle dell'austerità in materia economica, come il mancato contrasto al dumping fiscale, la mancata vera integrazione di sistemi fiscali delle varie zone europee, perché se non si parte dall'armonizzazione e dalla fiscalità, difficilmente si riuscirà ad ottenere uno sviluppo economico generale di tutta l'Eurozona. Queste cose qui però vengono dimenticate e non ci raccontano mai, i partiti che finora hanno governato l'Europa, come vorrebbero modificare queste regole, probabilmente perché non lo vogliono fare.

Tutto questo è un tema ricorrente: io nel 2019 ero candidato, a differenza di alcuni colleghi che lo sono oggi, ma sono andato a riguardarmi un po' i temi dell'epoca e sono gli stessi, non è cambiato niente, anzi, se vogliamo dirla, è peggiorato qualcosa, perché gli ultimi cinque anni ci hanno regalato queste follie green che noi contrastiamo fortemente, ma che hanno fatto proseguire l'Europa, e quantomeno l'Italia, nella sua decrescita, perché le auto elettriche, le case green, eccetera sono evidentemente dei grossi problemi per la nostra economia italiana.

Prima eravamo un Paese che poteva essere trainante, almeno in certi determinati settori, come quelli dell'automotive per esempio, adesso siamo lì a sperare, come si legge dai giornali economici degli ultimi giorni, che i cinesi vengano qua a produrre le loro auto elettriche. Fantastico, è proprio l'inversione dei fattori, quindi siamo davvero messi male.

I temi sono tantissimi e non è il caso di essere così allegri e positivi sul futuro dell'Europa, salvo che - visto che l'opportunità ci sarà fra pochissimo - non ci sia un vero cambiamento a livello europeo dell'assetto politico.

In conclusione, è evidente che l'Europa è una zona ormai economicamente debole (la crisi dei Paesi trainanti, quali Germania e Francia lo denotano chiaramente), politicamente debole perché abbiamo, come è stato già detto, la guerra alle porte e abbiamo visto quale sia l'irrilevanza assoluta dell'Europa a livello geopolitico. Quindi è evidente ormai che il progetto europeo, così come era stato pensato agli inizi, ai tempi della CECA ne 1951 con il trattato di Parigi, nel 1957 con il trattato dell'Euratom stipulato a Roma, è ormai naufragato.

È chiaro a tutti ormai, salvo chi non vuole vedere o chi si copre gli occhi, che il vero potere non è gestito in Europa, è gestito fuori dall'Europa, quindi il progetto globalista si è affermato e in modo ormai evidente. Quindi occorre cambiare, ma i partiti che fino ad oggi hanno gestito l'Europa non ci dicono come vorrebbero cambiare questi aspetti fondamentali e non quelli marginali, che sono il solito discorso di "Sì, in effetti qualcosa va modificato, la burocrazia va ridotta"; questo lo sappiamo ormai tutti e abbiamo capito che è alquanto difficile se non si fanno delle modifiche radicali dei trattati e delle regole con le quali l'Europa deve essere gestita.

In realtà, questi partiti non vogliono cambiare, lo sappiamo benissimo, e lo scopriamo adesso in campagna elettorale quando persino i vari Draghi o Von der Leyen ci dicono che sì, in effetti, le politiche dell'austerità e le altre politiche sono sbagliate e magari rallentano sulle dinamiche delle case green eccetera, ma lo fanno soltanto un po' per la nostra opposizione, ma -siccome non sono un illuso -, anche e soprattutto ai fini elettorali.

Davvero quindi bisogna dare una svolta a quest'Europa. Non siamo assolutamente ottimisti sotto questo profilo salvo che, naturalmente, speriamo, l'elettorato non sappia dare un segnale così chiaro e forte in modo da poter davvero cambiare il baricentro politico di quest'Europa; altrimenti io credo che, viste le politiche degli ultimi cinque anni, siamo ormai arrivati al punto di non ritorno.

Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Cretier, ne ha facoltà.

Cretier (FP-PD) - Diversamente dal collega, io mi sono preparato l'intervento.

Povera Europa schiacciata tra i colossi economici dei diversi blocchi, con una guerra interna al continente, in una crisi energetica pressante, che andrà alle urne a giugno. Deve reagire, decisamente, e rinsaldare il patto.

I temi riportati dalla relazione sulle attività svolte dalla Regione autonoma Valle d'Aosta nell'anno 2023 dimostra, sotto un certo punto di vista generale, la complessità dei programmi cofinanziati con i Fondi europei ma, allo stesso tempo, ci fa riflettere sulle tante opportunità che vengono offerte e che, con grande capacità, riusciamo a cogliere e capitalizzare, nel vero senso della parola.

Tra le tante priorità, ve ne sono alcune che hanno staccato il visto dalla dichiarazione comune in fase legislativa, come i trasporti, argomento che giornalmente calca le pagine dei nostri giornali e delle nostre aule, e anche per i collegamenti transfrontalieri.

Il settore energetico, legato doppiamente all'ambiente, sia con norme comuni sugli approvvigionamenti, sia per i mercati interni.

Non da meno, il tema democrazia e trasparenza, salvaguardia della libertà, il pluralismo dei media e indipendenza editoriale, ormai compromessa in alcuni Paesi. Ma vorrei soffermarmi sulla politica di coesione alla politica agricola comune, che meglio conosco e posso esprimere un giudizio sintetico, ma assolutamente positivo.

Riporto brevemente i dati al 31/12/23, che qualcuno ha già enunciato, ma vorrei con forza esprimere un parere positivo sui risultati.

Gli investimenti dei vari programmi, relativi al settennato 14-20, sono di circa 400 milioni di euro di impegni ammessi e 321 di pagamenti; un dato importante per dimostrare l'efficienza del sistema sono la capacità di impegno, oltre il 96%, in miglioramento rispetto al 2022, una capacità di spesa pari quasi al 79%, oltre sei punti percentuali rispetto all'anno precedente.

A proposito dello specifico programma di sviluppo rurale 14-22, la dotazione finanziaria di 182 milioni di euro è cofinanziata in diverse percentuali dall'Unione europea, dallo Stato e dalla Regione.

Lo stato di avanzamento ha impegni al 97% circa, il pagamento è all'85 e spesso succede che con il PSR o con il compendio, risulta essere uno dei programmi più performanti per capacità di spesa a livello italiano, e anche nel 2023 - come già citato da qualcuno - il primo tra quelli che hanno AGEA come organismo pagatore.

I numeri freddi non dimostrano il caloroso risultato economico e l'impatto reale al settore finanziario delle aziende valdostane; certo, sono richiesti impegni seri, che impegnano le aziende che razionalmente li hanno accettati. Passaggi difficili che però dettano la strada futura ed un sostegno economico finanziario per le aziende e per le famiglie, che compensano realmente i costi e il mantenimento della seppur delicata situazione agro-silvopastorale in Valle.

Tornando al Piano sviluppo rurale, credo che circa 161 milioni di euro, tra misure a superficie e strutturali, valgano l'82% in un concreto sostegno ed una fattiva compensazione, e una quota di 5 milioni di euro è destinata a misure con finalità ambientali. Un risultato che va consolidato nel tempo con passaggi generazionali di apertura e innovazioni ma che non sempre il clima facilita.

Grande attenzione va data - lo ripeto spesso - alla divulgazione alle aziende e ai loro conduttori; è necessaria una particolare attenzione alla comunicazione, che deve comprendere le specifiche tecniche, in modo che l'adesione sia consapevole, a volte forzata, cagiona i recuperi in itinere, e a posteriori, quindi, massima attenzione alla divulgazione.

Certo, gli impegni negli anni sono cambiati e progressivamente complicati, ma le aziende, assieme agli ordini professionali e all'assistenza tecnica regionale, hanno con caparbietà superato, a volte facendo selezione di progetti poco nazionali.

Ma non sono solo i finanziamenti diretti alle aziende, vi sono altri importanti aspetti legati alla formazione e alla gestione dei fondi europei, necessaria e fondamentale per il personale, oltre al miglioramento del sistema formativo ed informativo.

Siamo una Regione alpina molto fragile e di pericolosità elevata per dissesto idrogeologico, il clima è cambiato ma non sono cambiate né la situazione strutturale del territorio e delle proprietà, né delle aziende agricole e la loro gestione, in particolare di quelle medio piccole, che, se da una parte ci danno una garanzia di un accurato mantenimento delle superfici coltivate, dall'altra non riescono a contenere l'abbandono, l'avanzata dei boschi di invasione, versanti non presidiati e il conseguente spopolamento e ricambio generazionale.

Altri fattori sono l'aumentare dei costi delle materie prime e dell'energia in primis.

A breve quindi dovremo scegliere l'Europa che vogliamo. Noi vogliamo proseguire in un cammino d'integrazione e solidarietà, in un modello di democrazia sovranazionale, il più avanzato del mondo, con un protagonismo condiviso e paritario tra gli Stati e tra i suoi cittadini.

Certo, c'è bisogno di riforme per adeguarsi al nuovo assetto. Ci aspettano sfide globali, non quelle belligeranti che opprimono e devastano intere nazioni e la loro popolazione inerme sofferente, generazione devastata da perdite di familiari e beni e senza al momento una prospettiva e la fine di questa maledetta guerra d'invasione.

Dobbiamo mettere al centro la pace e le persone, ma assieme, perché da soli non si va da nessuna parte. Assieme lo possiamo fare in una democrazia forte, rilanciando la cooperazione in un'unità europea consolidata, ma che non può cedere di fronte a forze reazionarie.

Noi rischiamo di torniamo indietro nelle riforme, guardiamo al futuro con orgoglio in un'Europa solidale, federale e coesa, potenziando le riforme dove sono necessarie, ad esempio i livelli di tassazione equi per eliminare i paradisi fiscali, alimentando una responsabilità seria su chi vuole delocalizzare al di fuori dei confini nazionali ed in Paesi terzi.

Nel mondo del lavoro rimane molto da fare: un salario minimo necessario per dare dignità ai lavoratori, di qualsiasi tipologia essi siano, ancora troppi contratti "pirata" in essere, ancora troppi contratti precari, troppo difficile pensare a costruire una famiglia, avere dei figli e pensare in modo positivo per il proprio futuro. Senza stabilità occupazionale, non c'è programmazione futura.

Siamo in una zona di montagna e i problemi li conosciamo bene tutti e anche le soluzioni, ma bisogna destinare le risorse in modo differenziato, se vogliamo compensare i costi per vivere in quest'ambiente difficile e mantenere i servizi anche alle Amministrazioni locali. Lo faremo e lo stiamo facendo, anche con interventi regionali, ma è necessario che lo si faccia in modo continuativo, come lo sta facendo l'Europa dagli anni 2000.

Infine, i temi sono tanti e importanti, ma il dialogo è alla base di democrazia e della cooperazione, l'Europa deve proseguire il suo percorso con la posizione unitaria e condivisa, in una società civile ed organizzata, pregna di diritti e giustizia sociale, senza dimenticare nessuno delle nuove generazioni.

Per quanto mi riguarda, qualcuno ha detto che dobbiamo leggere i libri; ricordo che, anni fa, i libri sono stati bruciati in piazza.

Presidente - Il collega Di Marco ha chiesto la parola, ne ha facoltà.

Di Marco (PA) - Con questo mio breve intervento non voglio soffermarmi ad approfondire dati e cifre che sono stati ben esposti dai nostri Assessori, bensì voglio portare all'attenzione dell'Aula due considerazioni a nome del gruppo consiliare Pour l'Autonomie.

La prima considerazione è che la Valle d'Aosta è, direi da sempre, una Regione che guarda con particolare interesse all'Europa e alle sue politiche economiche e sociali.

Nell'ambito delle politiche regionali dell'Unione europea, grande importanza rivestono per la nostra Regione le misure attuate mediante investimenti strategici, mirati a favorire l'occupazione, l'istruzione e l'integrazione, nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo e del cittadino e contro ogni forma di violenza e discriminazione, anche di genere, a sostenere lo sviluppo dei diversi settori economici e delle medie e piccole imprese, difendere l'ambiente e gli ecosistemi, contrastando gli effetti dei cambiamenti climatici e incentivando la produzione di energie rinnovabili.

Modernizzare i trasporti: questione questa di particolare interesse per la nostra regione transfrontaliera. Ad oggi, il tema riguardante i nostri collegamenti con Francia e Svizzera ci impone una più attenta riflessione sulle prospettive della rete di trasporti europea, che deve vederci attori principali, e non secondari, così da consentirci di conseguire un risultato di riaffermare il nostro ruolo di carrefour d'Europa.

Il documento su cui oggi ci stiamo confrontando consente di delineare un quadro chiaro delle attività poste in essere dalla nostra Regione nell'ambito della politica di coesione, della politica agricola comune e del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Da esso emerge come la Valle d'Aosta si sia fortemente impegnata per attuare una programmazione dei Fondi comunitari e per impiegare al meglio le risorse messe a disposizione dall'Unione europea.

Alla domanda "Si poteva fare di più?", la nostra risposta concreta è che tutto è perfettibile e migliorabile, a patto che ve ne sia la volontà e si sappia anteporre a qualsivoglia altra considerazione il benessere della nostra comunità.

È per questo che come gruppo consiliare di Pour l'Autonomie siamo fortemente motivati a dare nel futuro il nostro contributo in termini di apertura e confronto verso l'attuazione di politiche europee, che si traducono in azioni ed interventi rivolti a favorire ulteriormente e in modo ancora più capillare lo sviluppo economico del nostro territorio, a migliorare la qualità della vita di tutti i valdostani e a difendere le nostre particolarità, le nostre prerogative, la nostra cultura ed il nostro patrimonio di bellezze naturali e paesaggistiche.

In un'Europa che corre veloce verso un futuro d'integrazione politica ed economica, ma anche sociale e culturale, il nostro gruppo consiliare vuole sottolineare l'importanza di continuare a lavorare per recepire le linee guide e i programmi promossi dall'Unione europea, ma senza mai perdere di vista le vostre esigenze di regione montana e le nostre particolarità geografiche e linguistiche.

Vivere in Valle d'Aosta significa confrontarsi su tutta una serie di condizioni di svantaggio, che hanno a che fare con la struttura del territorio alpino, con la ridotta densità di popolazione e quindi complicati aspetti competitivi.

È quindi fondamentale - io credo - compiere scelte nell'interesse della Valle d'Aosta, prima fra tutte quella di impegnarsi per portare all'attenzione del Governo centrale, come del Governo europeo, le complessità insite in una piccola Regione montana e di confine come la nostra, e le problematiche che ne derivano, interessando i nostri diversi settori e la nostra realtà socio-economica, affinché siano recepite e comprese e vengano avviati dei programmi mirati in grado di consentire un pieno sviluppo delle potenzialità di un contesto particolare e difficile come il nostro.

La seconda considerazione è che l'Unione europea, per come oggi si presenta, solleva alcuni motivi di preoccupazione e di scetticismo, anche in un movimento come il nostro, che ha un'anima che si riconosce nei valori e nell'ideale europeista.

Tra i cambiamenti che auspichiamo, vi è certamente quello di dar maggior risalto al ruolo delle Regioni, tra cui certamente la nostra, così che possano far sentire, a livello europeo, la voce delle proprie realtà locali.

Per la Valle d'Aosta, questo significherebbe non doversi limitare a leggere i documenti dell'Unione europea e tradurli per renderli più coerenti con la nostra realtà regionale, bensì essere direttamente coinvolta nei processi che portano alla loro elaborazione, in modo che vi sia rappresentata la nostra specificità e siano presi provvedimenti che vengano incontro alle nostre esigenze.

Per ottenere questo risultato è però necessario che la Valle d'Aosta possa avere un proprio rappresentante nel Parlamento europeo, cosa che ad oggi è resa certamente difficile dalle regole fissate dalla normativa per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettante all'Italia.

È da tempo che questo tema viene affrontato nelle sedi competenti, ma senza evidente successo, dato che nuovamente ci troviamo ad avere poche, se non pochissime, speranze di eleggere un nostro rappresentante alle europee che si terranno nel giugno prossimo.

Questa evidenza è certamente frustrante, non deve però portarci a desistere, bensì ad insistere, rilevando l'impegno ad agire in tale direzione da parte dei Parlamentari valdostani, delle Istituzioni regionali e da tutte le forze consiliari.

Con l'occasione, lasciatemi però anche dire che, al di là delle evidenti questioni normative, esiste e persiste nella nostra politica regionale un'ulteriore difficoltà che si frappone tra noi e la rappresentanza in Europa e si tratta della reale difficoltà manifestata da diversi movimenti politici regionali a dialogare e confrontarsi, al fine di trovare una concordanza sull'eventuale candidato sostenuto da più forze regionali.

Non dico che saremmo così sicuramente riusciti nell'intento, ma è un fatto che presentando un'ampia resa di nomi, è come se avessimo già messo e accettato la sconfitta. Sconfitta che però sarà sicuramente su tutta la comunità valdostana.

Concludendo, la relazione presentata oggi in Aula deve costituire non un punto di arrivo bensì un punto di partenza, che ci proietta nel futuro di una sempre più stretta interazione tra l'Unione europea e la nostra Regione, al fine di riuscire a far sempre di più e sempre di meglio per la nostra collettività e raggiungere quei risultati fondamentali per la Valle d'Aosta e per tutti i valdostani.

Presidente - Consigliere Restano, a lei la parola.

Restano (GM) - Come il collega Sammaritani, non avevo intenzione d'intervenire, però ascoltando con attenzione i vari interventi e sollecitato dal collega Caveri, ho colto la palla al balzo, cercando così di dare alcuni spunti al confronto.

Ho ascoltato con attenzione la relazione dell'assessore Caveri e anche i colleghi che sono intervenuti successivamente; sicuramente, il ruolo della Comunità europea è importantissimo, è importantissimo ciò che viene fatto, e glielo dobbiamo riconoscere, però l'intervento mio, più che su quanto viene fatto e sugli aspetti amministrativi, vuole essere un pochino più politico.

In seno ai valdostani è diffusa la confusione, perché non riusciamo a capire dove voglia andare la Valle d'Aosta, e vi spiego un pochino perché, rileggendo i recenti fatti politici e di cronaca.

Andiamo alla commemorazione di Émile Chanoux e invitiamo a partecipare e ad esprimersi un indipendentista. Émile Chanoux, convinto federalista ed europeista.

Non siamo mai intervenuti - qua parlo un po' in contrasto con il collega che mi ha appena preceduto -, in maniera ufficiale e formale, per modificare questa legge elettorale che ci penalizza. Perché questa è una legge che penalizza i valdostani, ma se vogliamo essere protagonisti dobbiamo partecipare, e la maggioranza regionale non esprime un candidato, generando una certa confusione.

Un partito autonomista per eccellenza, come l'Union, che ha fatto dell'Europa delle Regioni una propria bandiera, questa volta non partecipa, ammettendo così, sì, la sconfitta che ha richiamato lei, collega Di Marco, ma la sconfitta sta nel non partecipare, nel non esprimersi, nel rinunciare ad essere protagonisti, e questo genera non poca confusione.

L'unico vero protagonista è stato l'attuale assessore Caveri che, ahimè, per motivi che non conosco, poi dopo ha dovuto dare le dimissioni, però ha potuto incidere, ha potuto essere determinante.

Allora, in tutto questo bel discorso, colleghi, e sarò molto breve, è importante ciò che è stato fatto ed è stato recepito, subìto, collega Cretier, noi abbiamo subìto queste decisioni, abbiamo cercato di fare le nostre, di portare a casa tanti soldi, tante cose, però non siamo protagonisti.

Allora, l'auspicio è che in futuro la Valle d'Aosta sia protagonista, in tutti i sensi, anche nelle sconfitte si è protagonisti, e non partecipare, ahimè, si rinuncia in partenza.

Presidente - Assessore Caveri, ha facoltà di intervenire.

Caveri (AV-VdA Unie) - Ringrazio tutti i colleghi che hanno commentato questo nostro rapporto, che ovviamente non ha l'ambizione di essere una specie di summa teologica ma è l'insieme della documentazione che riguarda il mio Dipartimento assieme all'attività europea degli altri Assessorati. Quindi è in realtà un collage, non è un'ambiziosa raccolta di tutte le tematiche europee come qualcuno spererebbe. Si può far di meglio, questo è sicuro.

Rassicuro chi ha chiesto se nel passato abbiamo raggiunto i target: io devo dire che, per fortuna, nell'ultimo periodo di programmazione nei diversi settori siamo stati bravi, il merito non è mio perché il periodo di programmazione precedente è stata impostata e gestita anche da altri.

Sull'Europa, non tutti i gusti sono al limone. Io sono curioso di vedere i risultati elettorali, se chi ha scelto una via profondamente anti europeista verrà premiato o non verrà premiato; questo con il sistema proporzionale è interessante, perché è facile misurare i gradimenti rispetto alle coalizioni che caratterizzano le elezioni politiche.

Io non metterei mai la maglietta con la faccia di Putin; questo come gusto personale, sono per mettere piuttosto altre facce sulla mia maglietta.

Per quel che riguarda i Baby Boomer, è vero che noi siamo forse degli illusi dell'Europa, sarà che mio nonno ha fatto la guerra di Libia, poi la Prima Guerra mondiale, la mia famiglia è stata investita dalla Seconda Guerra mondiale, ma amo l'Europa ingenuamente, pur considerandola piena di difetti e avendo fatto il possibile, laddove ho potuto, per poter fare qualche cosa di migliorativo. Però l'aspetto, certo, è che non si butta via il bambino con l'acqua sporca, perché alcuni invece quest'Europa la vorrebbero abbattere.

Io penso ogni tanto che cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la scelta importante di allargare ai Paesi dell'Est del centro Europa; è probabile che il Patto di Varsavia sarebbe stato ricreato qualche anno dopo l'abbattimento del muro di Berlino, invece il fatto che alcuni Paesi siano stati messi in sicurezza dal quadro europeo non è un elemento, a mio avviso, di poco conto.

Non sono neanche d'accordo con le visioni distopiche di un futuro terrificante; il compito della politica, ad esempio rispetto alle grandi multinazionali del digitale, rispetto all'evoluzione della società che può preoccuparci, non è il luddismo, non è il proibizionismo, è quello di fare delle buone leggi. Io penso al regolamento del Parlamento europeo sull'uso dell'intelligenza artificiale, che si dimostra un atto concreto rispetto al silenzio che altri grandi Paesi hanno fatto su un tema decisivo per il nostro futuro.

Sulla bandiera, mi fa piacere che ci siano due visioni differenti, una del consigliere Manfrin e una del consigliere Distort. Peraltro, pochi giorni fa - scusate l'autocitazione - ho fatto un blog in cui ho messo le due teorie, cioè quella di Manfrin che dice: "Le 15 stelle ci allontanano dalla visione cattolica" e anche di quella che invece dice che le 12 si rifanno ad un lungo percorso e una scelta.

Io ricordo che il simbolo europeo un po' si intravede proprio nella cattedrale di Strasburgo dove c'è un vetro che ricorda quegli elementi che ricordava Distort. Però, questi sono altri discorsi.

Sull'uso del termine "resistenza" mi incuriosisce come la stessa parola possa avere significati così diversi.

Prendo lezioni di politica da molti intervenuti: come dice Eduardo De Filippo: "Gli esami non finiscono mai" e quindi sono lieto di averne ricevuto anche quest'oggi, nella convinzione, però, che la visione europeista resta assolutamente indispensabile, proprio per quei dati che sono stati offerti, di quanto siamo piccoli rispetto al resto del mondo.

Presidente - Ha chiesto la parola il Presidente della Regione, ne ha facoltà.

Testolin (UV) - Inizierò dalla fine, nel senso che le poche parole investite nell'ultimo intervento di questa discussione giornaliera dall'assessore Caveri mi inducono a fargli i complimenti e a confortarmi anche della scelta che è stata fatta all'interno del Governo di affidargli la delega agli Affari europei.

Ognuno di noi ha delle qualità, sicuramente l'assessore Caveri è stato in grado di dare una visione complessiva della necessità d'attenzione e i tanti sforzi e tanti investimenti in termini di tempo e di energie che l'Amministrazione fa per assecondare le regole dell'Unione Europea e per cercare di dare delle risposte al nostro territorio.

Dico questo perché, evidentemente, all'interno di quest'Aula - e ringrazio tutti coloro che hanno partecipato con le loro impressioni a questo dibattito -, ognuno ha dato un pezzettino di un puzzle più ampio e ha valorizzato e ha messo in luce quelli che, a suo modo di vedere, potevano essere i particolari da attenzionare in maniera più importante e sui quali mettere una lente d'ingrandimento per poter migliorare determinate situazioni.

Il discorso, però, è sempre legato al fatto che qualcuno può permettersi di dare una visione, diciamo, parziale della situazione complessiva, può focalizzare le proprie attenzioni su questioni che vanno o bene o non bene, può trovare dei parziali consigli da mettere a disposizione di chi poi deve agire quotidianamente, ma, molte volte, manca una visione globale che impone di trovare quegli equilibri necessari per dare al nostro territorio i benefici che la Comunità europea mette a disposizione di tutti i territori tramite delle risorse. Risorse che, peraltro, non sempre sono così effettivamente facili da allocare nelle varie situazioni, che impongono nella quotidianità e nel lavoro delle nostre strutture, ma anche io dico del nostro territorio, dei nostri tecnici, delle aziende che si avvalgono dei Fondi europei, di attenzione, d'investimento, anche da un punto di vista della qualità di chi gestisce questi processi e ci mettono così di fronte ad una situazione molto variegata, dalla quale dobbiamo essere in grado di trarre tutti i vantaggi che ci vengono proposti, e dall'altra parte di cercare di mitigare un po' quelle che sono le imposizioni che, molte volte, rallentano queste stesse proposte ed opportunità.

L'impatto in termini di operatività e di tempi di procedura evidentemente incide anche sull'attività dell'Amministrazione regionale - qualcuno l'ha sottolineato -, portando magari via energie per altre valutazioni ed altri investimenti che, magari in maniera più semplice, potrebbero avvalersi di procedure più snelle, per dare delle risposte al nostro territorio.

Ma noi sappiamo bene che le risorse europee costituiscono, ormai trasversalmente... e il fatto che ogni Assessore, in questi ultimi anni, abbia a disposizione delle opportunità da spendersi all'interno del proprio comparto che amministra, penso che la dica lunga sulla necessità di confronto e di interazione, di intreccio, tra le varie situazioni.

Questo è un dato di fatto, credo che, al di là delle letture personali e la varietà dei punti di vista, l'Unione europea rimanga un punto di riferimento con il quale lavorare quotidianamente per poter esprimere, attraverso i vari canali che ci vengono concessi, le criticità nell'approccio di una comunità come la nostra, di una realtà molto variegata, che non è omologabile al resto del territorio. Bisogna farlo nei confronti con Roma, con la Comunità europea, con il peso che evidentemente abbiamo, con le difficoltà che incontriamo, facendo alleanze che portano a identificare in territori più ampi e con le stesse caratteristiche quelle che possono essere le istanze da rappresentare, e di farlo con una certa coerenza, una certa unione.

Io credo, per terminare, che il lavoro non sia né peggio né meglio di quello che dovevamo affrontare 5 anni fa; dobbiamo farlo con una cultura che si è evoluta, con dei mezzi tecnici che si sono anche affinati, con una coscienza di determinate problematiche e con la consapevolezza che, però, quest'approccio, un approccio sempre più attento, possa portare agli utenti finali, quindi alla nostra popolazione e al nostro territorio, quei benefici che l'Europa ancora oggi ci mette a disposizione.

Per quelle che invece sono valutazioni di ordine più... non lo definirei neanche politico ma piuttosto partitico, penso che ci siano le opportunità, al di fuori di questa sede istituzionale, per aprire dei discorsi che potranno dare le giuste risposte, così com'è nell'ordine delle cose. Oggi abbiamo dato un buon esempio dell'attenzione di questa maggioranza e di questo Governo alle tematiche europee. Credo che il confronto, nel suo insieme, sia stato equilibrato e, tutto sommato, apprezzabile, che ha dato uno spaccato degli approcci dei diversi componenti di quest'assise e che contribuiranno sicuramente a fare le scelte migliori per permetterci di continuare a lavorare con l'Unione europea in maniera proattiva e positiva per il nostro territorio.

Presidente - Possiamo prendere atto della relazione e passare ai punti seguenti dell'ordine del giorno.

Il Consiglio prende atto.