Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 3611 del 9 maggio 2024 - Resoconto

OGGETTO N. 3611/XVI - Reiezione di mozione: "Impegno del Governo a mettere in atto azioni utili per una gestione venatoria della specie capra ibex (stambecco)".

Bertin (Presidente) - Possiamo riprendere l'ordine del giorno. Punto n. 40. Per illustrare la mozione, si è prenotato il consigliere Ganis a cui passo la parola.

Ganis (LEGA VDA) - Iniziamo i lavori trattando un tema delicato e spinoso ma che oggi come gruppo riteniamo sia giusto affrontare, vale a dire la gestione della specie stambecco o capra ibex.

Permettetemi di ringraziare l'Associazione Federcaccia, il presidente di UNCZA, Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi, e il mondo faunistico venatorio per il loro contributo alla stesura della mozione e per la fiducia accordatami.

Prima di trattare il tema oggetto della mozione, vorrei mettere in evidenza il progetto "Stambecco" promosso da UNCZA, un'associazione che da oltre 50 anni s'impegna a preservare, valorizzare e a far conoscere le tradizioni e i valori del cacciatore di montagna, un documento che ha lo scopo di sollecitare il Governo e gli enti locali sulla possibilità d'iniziare una gestione di tipo venatorio della specie stambecco, così come avviene da tempo nelle nazioni confinanti, a eccezione della Francia. Il prelievo venatorio di una specie è sempre accompagnato da un attento monitoraggio della specie medesima da parte dei cacciatori alpini, mediante, appunto, i censimenti.

Proprio in questi giorni i cacciatori hanno censito la specie dello stambecco.

Con il crescere dell'interesse venatorio, aumenta anche la necessità di una continua e puntuale conoscenza dello stato della popolazione relativamente alla sua struttura, alla presenza di malattie e ad altri problemi.

Nella misura in cui non genera danni alla specie interessata, lo sfruttamento di una risorsa naturale, qual è la fauna selvatica, è da considerarsi- il collega Sammaritani lo ha spesso evidenziato - del tutto legittimo, come è chiaramente scritto nelle norme internazionali di tutela della natura.

A tal fine, deve essere costantemente valutato l'impatto sulla specie e sull'ambiente di un prelievo venatorio, allo scopo di garantire il mantenimento della popolazione e di renderlo sostenibile per un lungo periodo.

Un grande lavoro svolto, che tratta il tema della gestione dello stambecco grazie all'analisi di alcuni specifici studi scientifici e di approfondimenti fatti negli ultimi anni, condiviso dal nostro gruppo.

Permettetemi ora un breve excursus storico dello stambecco alpino nella nostra regione.

Un tempo ampiamente diffuso su tutte le Alpi, ci sono voluti circa 400 anni, tra il XVI e il XIX secolo, perché si estinguesse quasi completamente.

La causa principale di questa forte diminuzione è stata la caccia intensiva che, a sua volta, trovava fondamento e differenti motivazioni: non solo ne era ambita la carne - scelta obbligata per ovvie ragioni di ordine nutrizionale legate a una povertà diffusa - ma quasi tutte le parti del corpo erano ricercate, in particolare le corna, le ossa, il bezoar (concrezioni di peli che si trovano nell'apparato dirigente dell'animale, venivano utilizzati come amuleto) e il sangue; tutte queste hanno svolto un ruolo importante nella medicina popolare tradizionale. Lo stambecco è stato considerato nel tempo alla stregua di una farmacia alternativa.

Il processo tecnologico delle armi da fuoco ha consentito a gran parte della popolazione, anche non abbiente, di accedere al prelievo dell'ambita preda. Le protezioni legali per la diminuzione della popolazione di stambecco sono state attuate probabilmente con grave ritardo e i pochi capi restanti erano spesso bramati dai bracconieri.

A metà del XIX secolo giunse per lo stambecco il momento peggiore della sua storia: praticamente scomparso dall'arco alpino, esso rischiava seriamente l'estinzione. Solo in Valle d'Aosta, nella zona del Gran Paradiso, sopravviveva un piccolo nucleo di 50-60 animali. La salvezza dello stambecco è legata al nome di re Vittorio Emanuele II, il re cacciatore, ma determinante fu nel 1821 un forestale di Gressoney, Joseph De la Pierre, che convinse il regnante a promulgare delle leggi che ne vietassero la caccia libera e venne quindi introdotto il divieto di caccia alla popolazione residua.

Nel 1836, con l'istituzione della riserva reale di caccia dei Savoia, ad appannaggio esclusivo del re e dei suoi ospiti, venne perfezionata la tutela di questi stambecchi.

Il Re incaricò della protezione della colonia 150 sorveglianti, così in breve tempo la popolazione aumentò, crescendo fino a 600-800 unità.

Nel 1915 circa 4 mila stambecchi vivevano di nuovo in Valle d'Aosta, scongiurando il rischio di estinzione della specie sulle Alpi.

Nel 1922 la zona venne dichiarata Parco nazionale del Gran Paradiso. Da quel piccolo nucleo residuo, hanno avuto così origine tutte le attuali colonie di stambecco sulle Alpi.

Verso la fine del XIX secolo la Svizzera intese acquistare dal Re d'Italia alcuni esemplari da allevare in cattività e da utilizzare per future emissioni.

Seguirono ripetute trattative senza successo. Alcuni contrabbandieri italiani vennero quindi incaricati di catturare alcuni stambecchi del Gran Paradiso e di farli arrivare in Svizzera.

Nel 1906 giunsero così illegalmente i primi stambecchi nel Parco del Canton San Gallo, allestito appositamente per l'allevamento della specie.

Negli anni successivi vennero contrabbandati in Svizzera altri esemplari che furono la base per la costituzione delle colonie fondate negli anni seguenti.

Nel 1911 vennero rilasciati in Svizzera i primi stambecchi così allevati.

La seconda tappa nella ricostruzione delle popolazioni di stambecco è legata alla realizzazione di numerose emissioni di soggetti catturati in differenti settori nell'arco alpino, a partire dalla seconda metà del 900 con emissioni di stambecchi in almeno 175 aree.

Attualmente lo stambecco delle Alpi è presente su tutto l'arco alpino, Italia, Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Germania, grazie a molti progetti di reintroduzione che si sono compiuti e alle poche ma comunque importanti dispersioni naturali della popolazione.

La popolazione oggi ammonta quasi a 50 mila animali, suddivisi in circa 150-160 colonie tra loro separate. Nella nostra regione, dai dati emersi negli ultimi 26 anni, si rileva che la popolazione dello stambecco è in lenta ma costante crescita su tutto il territorio.

Nel 1997 sono stati censiti circa 1.934 capi, mentre lo scorso anno è stato rilevato il dato più alto, pari a 4.050 stambecchi.

In Italia lo stato giuridico dello stambecco è definito a livello internazionale dalla convenzione di Berna e dalla direttiva europea 92/43. La convenzione sulla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19/09/79, ratificata dall'Italia con legge 30/08/81 n. 503, ha come obiettivi la conservazione della flora e della fauna selvatica e degli habitat naturali e la promozione della cooperazione fra stati, inoltre essa presenta particolare attenzione alle specie minacciate e vulnerabili, incluse quelle migratorie che sono elencate in quattro allegati.

Abbiamo le specie vegetali strettamente protette, classe 1, le specie animali strettamente protette, classe 2, le specie animali protette, classe 3, e gli strumenti e metodi di uccisione, cattura o altro tipo di sfruttamento, la classe 4.

Lo stambecco rientra nell'allegato 3 di questa convenzione che, all'articolo 7, impegna ogni parte contraente affinché qualsiasi sfruttamento di specie di fauna inclusa in questo allegato sia regolamentato in modo da non comprometterne la sopravvivenza, quindi lo stambecco, pur essendo specie protetta in maniera regolamentata, può essere oggetto di prelievo venatorio, oppure utilizzato in altro modo a fini economici.

Nella direttiva europea del 21/05/92, recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 357, regolamento recante "Attuazione relativa alla conservazione degli habitat naturali e simil naturali della flora e della fauna selvatica", lo stambecco è inserito nell'allegato V che elenca le specie animali e vegetali d'interesse comunitario, il cui il prelievo in natura e il cui sfruttamento potrebbero essere oggetto di misure di gestione.

L'articolo 14 della direttiva stabilisce che qualora gli Stati membri intendano sottoporre al prelievo le specie elencate nell'allegato 5, gli stessi debbano adottare misure affinché lo sfruttamento di queste ultime risultino compatibili con il loro mantenimento in uno stato di conservazione favorevole.

Oggi sull'arco alpino lo stambecco è sottoposto a diverse tipologie di gestione, che vanno dalla gestione venatoria con prelievi selettivi in Svizzera, Austria e Slovenia, alla protezione totale in Francia, Germania e in Italia, ad esclusione dell'Alto Adige.

In Austria e in Svizzera lo stambecco risulta alquanto diffuso e il forte incremento delle colonie in alcune zone ha indotto le autorità competenti ad autorizzare già da alcuni anni la gestione venatoria di questa specie sulla base delle disposizioni internazionali sopra citate.

In Italia lo stambecco - dopo aver assunto lo stato di specie particolarmente protetta con legge 968 del 27/12/77 - risulta attualmente specie protetta in quanto non contemplata all'articolo 18 comma 1 della legge 112 del 92, "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", che elenca le specie cacciabili e definisce i periodi di attività venatoria.

La legge 157/92 ha inserito lo stambecco nell'elenco delle specie non cacciabili, ma non più tra quelle particolarmente protette, articolo 2 comma 1, quindi l'articolo 18 stabilisce al comma 3 le modalità in cui lo stambecco potrebbe essere inserito tra le specie cacciabili.

Per queste ragioni, cosa alquanto importante, la Provincia Autonoma di Bolzano - in base all'articolo 6 comma 2 della legge provinciale 17/07/87 n. 14, "Norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia" e legge provinciale 28/11/96 n. 23 "Modifiche di leggi vigenti sulla sperimentazione agricola sulle foreste sulla caccia" - ha dato avvio, a partire dal 1991, al controllo numerico della popolazione di stambecco.

Inoltre il comma IV della stessa legge sulla caccia prevede che, fino al raggiungimento di consistenze che garantiscano il prelievo costante e regolare, l'Assessore provinciale competente in materia di caccia può - nelle riserve in cui viene accertata una consistenza soddisfacente - autorizzare il controllo dello stambecco, limitandolo ai capi adulti nonché a quelli deboli, malati e che per il loro stato fisico non hanno più valore per lo sviluppo della popolazione o rappresentano un pericolo per la consistenza della medesima.

L'ISPRA, ai sensi delle linee guida 91/13 per la gestione degli ungulati, ipotizza un moderato prelievo di stambecchi quale possibile strumento di gestione della specie.

Peraltro l'Istituto fissa a tale fine una serie di condizioni alle quali la pianificazione venatoria deve adeguarsi. Va ricordato che già nel 2004 l'allora INFS, ora ISPRA, aveva prodotto, su richiesta di UNCZA, un parere dettagliato in cui riteneva assolutamente fattibile l'avvio della gestione venatoria di questo bovide.

Oltre all'Alto Adige, un'altra colonia in questi anni ha sostenuto dei prelievi, attuati però tramite catture, finalizzati a operazioni di reintroduzione e rinforzo di altre popolazioni. Si tratta di quella del Parco naturale delle Alpi marittime - Cuneo - che dal 2000 al 2004 ha fornito 175 animali.

Oggi La Provincia Autonoma di Bolzano è l'unica amministrazione in Italia ad autorizzare prelievi della specie motivati come interventi di controllo.

Nel 2004 sono stati effettuati settantacinque abbattimenti, sei nelle dieci colonie presenti, quindi in media il prelievo è stato pari all'8% della popolazione censita; negli anni successivi la quota di prelievo ha interessato in media il 3-4% della popolazione.

L'esperienza ha dimostrato che, anche con un prelievo annuale, si è verificato un aumento della popolazione e un ampliamento del territorio idoneo stabilmente occupato.

L'Amministrazione provinciale di Bolzano - sulla base del decreto legislativo 11 dicembre 2016 n. 240, "Norme d'attuazione della Statuto speciale per la Regione Trentino Alto Adige in materia di temporanee variazioni dell'elenco delle specie cacciabili, piano di gestione venatorio dello stambecco per il periodo 2022/2026" - ha elaborato un piano di gestione che prevede nel periodo 2022-2026 un prelievo fino al 5% della consistenza primaverile della specie stambecco, un numero esiguo, ma importante per analizzare scientificamente la specie dello stambecco.

Quali sono i rischi per la popolazione dello stambecco? Il trend di sviluppo ha comunque portato e porta a un'espansione costante nel tempo delle colonie verso habitat non ancora completamente occupati, e c'è da attendersi nel prossimo futuro una loro ulteriore espansione.

Anche se il trend è positivo, vanno sottolineati alcuni rischi: ricordo che lo stambecco tende a frequentare le stesse zone di svernamento, quindi è dotato di minore capacità di colonizzazione; rischio maggiore va considerato l'impoverimento genetico al quale potrebbe essere ricondotta una maggiore mortalità a causa di malattie epidermiche tra le quali, degne di maggiore attenzione, la rogna e la cheratocongiuntivite infettiva, malattia che ha già colpito la specie del camoscio nei primi anni 90.

Proprio negli ultimi anni si sono registrate insorgenze di epidemie, come appunto la rogna nelle Alpi occidentali, che hanno portato l'estinzione locale di alcune popolazioni di stambecchi oppure - è il caso della brucellosi nel Bargy in Francia - la drastica decisione di abbattere intere colonie.

Proprio per queste ragioni, la comunità scientifica si è attivata per conoscere quali siano le connessioni tra la variabilità genetica e le patologie di queste specie, perché, in caso di malattie, se gli individui sono diversificati fra loro, si aumentano le probabilità di guarire e di resistere alle malattie.

Altra causa da considerare, che impoverisce geneticamente la specie dello stambecco, è l'ibridazione con la capra domestica.

Tornando alla mozione, proprio per supportare un'ipotesi d'inserimento dello stambecco tra le specie cacciabili, la Provincia di Sondrio nel 2007 istituì un gruppo di lavoro che vide anche la partecipazione dell'ISPRA e che delineò, nel documento già citato, le migliori opzioni di conservazione e gestione della specie.

Il documento fornisce indicazioni dettagliate circa le prassi gestionali necessarie per favorire un ulteriore miglioramento dello status dello stambecco e consentirne un eventuale utilizzo venatorio.

Per concludere, la specie stambecco sulle Alpi, con una presenza attuale di quasi 50 mila individui, non è più soggetta - ormai da parecchi anni - al pericolo di estinzione.

Ciò ha permesso ad Austria, Svizzera e Slovenia di attuare da tempo una gestione venatoria con risultati soddisfacenti.

Anche per quanto riguarda l'arco alpino, la situazione di consistenza e di distribuzione è buona; sotto il profilo della conservazione, pur a fronte di un'assenza di pericolo di estinzione, sarebbe auspicabile, secondo il mondo scientifico, una particolare attenzione verso una continua conoscenza con un monitoraggio costante della situazione, oltre che un investimento per la colonizzazione degli areali non coperti, affinché si possa giungere su tutti i territori idonei a un collegamento fra tutte le colonie - ricordo che le colonie qui sono dispersive - e ciò può essere possibile con la presa di coscienza da parte dell'ente pubblico dell'importanza del problema, ma soprattutto con il coinvolgimento attivo della forza lavoro qualificata data dalla componente venatoria.

Sempre a fini conservativi, una gestione venatoria dello stambecco è sicuramente possibile anche in Italia, come precisato anche da ISPRA, e come dimostrato nella lungimirante esperienza della Provincia Autonoma di Bolzano, che, mediante legge provinciale n. 14/87, ha consentito in Alto Adige il prelievo di stambecchi.

Per queste ragioni scientifiche - e in particolar modo tenuto conto delle osservazioni da parte del Consiglio di amministrazione del Comitato regionale per la gestione venatoria riunitosi il 26/03/24, che esprime parere favorevole a una possibile gestione venatoria della specie stambecco in quanto la popolazione e l'omogeneità territoriale hanno raggiunto livelli tali da non comprometterne la salvaguardia della specie e tenuto conto che la bozza del Piano faunistico al capitolo IV, paragrafo 1.6, prevede la proposta di una possibile gestione della specie stambecco - il nostro gruppo impegna il Governo regionale a mettere in atto ogni azione utile per addivenire a una gestione venatoria della specie Capra Ibex o stambecco.

Presidente - La mozione è stata illustrata, apriamo la discussione generale. Si sono prenotati già diversi Consiglieri. Passo la parola al consigliere Jordan, ne ha facoltà.

Jordan (AV-VdA Unie) - Porto anche io un contributo su questa mozione. Non avendo competenze tecniche faunistiche, non essendo cacciatore, farò dei ragionamenti un po' più generali, ma porterò dei riferimenti che ho avuto modo di acquisire nell'ambito della mia attività nella Fondation Grand Paradis, soprattutto in occasione della Conferenza internazionale dello stambecco che si è tenuta l'anno scorso a Cogne e anche grazie all'esperienza del direttore del Parco nazionale Gran Paradiso Bruno Bassano.

Relativamente alla possibile gestione venatoria dello stambecco, ritengo che sia opportuno evidenziare che la specie è effettivamente cresciuta a livello numerico negli ultimi decenni, i dati riferiti dal consigliere Ganis dimostrano che nell'arco alpino sono presenti più di 50 mila capi, un dato verosimile, anche se però non tutte le popolazioni sono in crescita; non è il nostro caso, ma molte popolazioni sono ancora troppo isolate tra loro e alcune di queste hanno avuto casi di drastica riduzione a causa di malattia.

Al di là dei dati, crediamo che sia assolutamente importante evidenziare alcuni aspetti che riteniamo fondamentali e da tener conto e che quindi devono giustificare un approccio molto prudente, che va fatto in una logica basata su approcci scientifici, seri e rigorosi.

Non si conoscono ancora bene con precisione gli effetti dei cambiamenti climatici. Le proiezioni scaturite dalle ricerche effettuate in questi ultimi anni prevedono che gli stambecchi subiranno degli effetti legati all'aumento delle temperature, con una contrazione degli areali e la risalita verso alto, quindi con spazi più ridotti e meno ospitali, e questo avverrà soprattutto nell'arco alpino.

Lo stambecco - ed è noto - è un animale che risulta essere molto adatto ai climi rigidi ma non tollera i climi caldi. Alcuni studi si stanno concentrando sull'ipotesi che l'anticipo della primavera -, così come è avvenuto nelle scorse stagioni, e non è il caso di quest'anno - possa comportare una riduzione dell'erba fresca, con la modifica dei periodi di fioritura e di crescita dell'erba, e questo porta, come conseguenza, una riduzione e una carenza di elementi nutritivi che comportano una riduzione di possibilità di sopravvivenza nei nuovi nati.

Inoltre, secondo la letteratura, lo stambecco è una specie suscettibile a patogeni (la brucellosi, la rogna, polmoniti) e non si riconoscono ancora bene le basi della resistenza a queste patologie, quindi potenzialmente le popolazioni di stambecco possono essere aggredite pesantemente da questi patogeni.

Il collega Ganis ha fatto degli esempi che ho ritrovato anche io in letteratura.

Sempre secondo la letteratura, secondo i documenti scientifici, lo stambecco è una specie a bassissima variabilità genetica e basso potenziale ad attivo, quindi la perdita di qualsiasi individuo che avvenga per cause non naturali rischia di eliminare la variabilità, potenzialmente utile per far fronte ai cambiamenti ambientali in corso e a garantire la resistenza a patologie endemiche o di nuova insorgenza.

In particolare la nostra regione è l'unica zona dove la specie non si è mai estinta e da qui deriva un impegno morale nei confronti di chi decise di salvaguardare la specie e di tutti coloro che in questi anni hanno lavorato per mantenere la biodiversità di cui disponiamo, oltre all'importanza e alla responsabilità di conservare tutta la variabilità genetica presente.

La considerazione più importante che deve far riflettere tutti noi è che lo stambecco è un animale simbolo a livello internazionale e alpino, e lo sappiamo bene nella nostra regione, dove lo stambecco è presente nel logo del Parco Nazionale Gran Paradiso e nelle diverse opere che i Comuni del Parco hanno installato.

È innegabile pertanto che lo stambecco abbia una forte valenza culturale, oltre che essere un forte messaggio di rispetto alla salvaguardia della biodiversità, ma anche economica, e possiamo immaginare quale sia l'indotto del turismo legato a questo animale.

Di conseguenza, se questa specie dovesse essere cacciabile, è possibile e probabile che cambi anche il comportamento, inducendo per esempio a spostarsi verso pareti rocciose o altri luoghi dove l'animale si sente più sicuro, ma inevitabilmente trova meno erba, soprattutto più povera di nutrienti.

Il cambio di comportamento di questi animali lo abbiamo visto in modo evidente su altre specie di ungulati che, a causa delle predazioni del lupo, sono attualmente decisamente più nascosti e meno visibili.

Io capisco e comprendo l'intento più politico che tecnico del proponente, ma ritengo che gli elementi che ho evidenziato abbiano un impatto altrettanto politico che, nel mio caso, non sono riferiti a una lobby, ma possono essere patrimonio di molte più persone.

Presidente - Consigliera Minelli ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Credo che sia abbastanza prevedibile la nostra posizione su questa mozione. Siamo fortemente contrarie a questa proposta e in particolare alla formulazione dell'impegno che è stato previsto e che prevede - io direi in modo perentorio - di mettere in atto "ogni azione utile per addivenire a una gestione venatoria dello stambecco". Questo è lo scopo: ogni azione utile per addivenire a una gestione venatoria dello stambecco, l'obiettivo è chiaro.

La vediamo quindi come una sorta di dichiarazione di guerra a un animale considerato importante, anche a livello turistico, nella nostra regione. È il simbolo del Parco nazionale del Gran Paradiso, istituito nel 1922, anche per volontà di un re cacciatore che finalmente forse si era reso conto che la caccia con le armi da fuoco aveva portato la specie alla quasi completa estinzione nel corso del 1800.

Un piccolo gruppo si era fortunatamente salvato e, grazie alla protezione e alle operazioni di reintroduzione, ha dato origine a tutti gli individui che si trovano oggi non soltanto all'interno del Parco ma sulle Alpi.

Adesso, a poco più di 100 anni dall'istituzione del Parco che ha permesso la sopravvivenza dello stambecco, ecco che si chiede di mettere in campo ogni azione utile per cacciare questi animali, che non rappresentano certo un pericolo per l'agricoltura, per il bestiame e per la popolazione.

Si tratta, a nostro avviso, non solo di una provocazione, ma anche di una contraddizione da parte di chi, come voi, colleghi, chiede a gran voce di abbattere i lupi che si cibano principalmente di fauna selvatica, per cui nella catena alimentare lo stambecco è quantomeno una preda alternativa rispetto agli animali da allevamento.

Tra l'altro ci sono studi recenti - in particolare uno studio dell'Università di Ferrara, poi supervisionato dall'Università di Sassari - che evidenziano quanto lo stambecco sia minacciato dai cambiamenti climatici, più di altri animali selvatici, perché ha una minore capacità di adattamento, per esempio, rispetto a camosci e caprioli.

Ho cercato quello studio dell'Università di Ferrara e ho estrapolato alcune delle conclusioni a cui questo studio è pervenuto. Che cosa dicono i ricercatori?

"Il bisogno di vivere in condizioni ideali da un punto di vista termico è oggi quasi più importante del rischio di essere predati", questo potrebbe significare che il cambiamento climatico a lungo andare diventerà davvero pericoloso, non solo per gli stambecchi, ma anche per altre specie poco adatte a temperature più elevate.

Uno studio sugli stambecchi del Parco del Monviso ha mostrato già una possibile diminuzione della presenza di questi animali collegata allo scarso innevamento, come alle condizioni del nuovo clima.

In questa ricerca dell'Università di Ferrara è poi precisato che l'ungulato, in condizioni di caldo maggiore, tende a spostarsi in aree meno idonee alla sua sopravvivenza e aumenta anche l'attività notturna e, di conseguenza, il rischio di predazione, e ad essere ulteriormente esposte sono soprattutto le femmine, dato che l'aumento dell'attività notturna, in relazione alla temperatura, è simile sia nei maschi che nelle femmine, ma queste ultime pesano circa la metà dei maschi e hanno corna decisamente più piccole, andando quindi incontro a un rischio di predazione più elevato.

Uno dei suggerimenti che vengono fatti da questo studio è che bisogna ridurre il più possibile le fonti di stress e tra le fonti di stress non è nemmeno presa in considerazione la caccia, perché questo animale - come sappiamo - è, tranne nei casi in cui voi avete citato, protetto.

Il professor Grignolio del Dipartimento di scienze di vita e biotecnologie che ha lavorato a questa ricerca che cosa dice in conclusione? "La nostra ricerca mette in luce un'ulteriore conseguenza del riscaldamento globale che forzerà alcune specie diurne a essere attive di notte accettando un incremento del rischio di predazione. Le conseguenze ultime di questi cambi nel comportamento dovremmo metterle a fuoco e capire se addirittura potranno mettere a rischio la conservazione di queste specie".

Noi che cosa facciamo nello stesso momento in cui c'è una nuova minaccia, quella climatica? Discutiamo se aprire la caccia anche a questa specie che, addirittura, nell'immaginario e nella cultura popolare è considerata protetta quasi per antonomasia.

Leggendo anche su alcuni siti di associazioni venatorie extraregionali in questi giorni, proprio per prepararmi alla discussione della mozione, ho visto che ci sono dei commenti sorpresi di cacciatori che ritengono praticamente impossibile che si possa ottenere quanto richiesto in una regione in cui lo stambecco è uno dei suoi simboli e delle sue attrattive.

È una mozione di cui francamente non sentivamo alcun bisogno e su cui esprimiamo tutta la nostra contrarietà.

Presidente - Siamo in discussione generale. Si è prenotato il consigliere Rosaire, ne ha facoltà.

Rosaire (UV) - Lo stambecco, ai sensi della normativa vigente, è una specie protetta che però, in casi eccezionali, può essere oggetto di prelievo venatorio, con particolari metodi, e non da caccia libera come la mozione farebbe intendere.

Dal punto di vista conservazionistico, non è più una specie a rischio di estinzione, perché la popolazione presente in tutto l'arco alpino è stimata in circa 50 mila capi, ma la specie è comunque a rischio per due motivi fondamentali: la prima è la bassa variabilità genetica, poiché tutti questi individui derivano da circa 400 stambecchi che si sono inizialmente salvati grazie al Parco nazionale del Gran Paradiso alla fine della II Guerra Mondiale, e poi con le catture e le reintroduzioni che, a partire dagli anni 60, sono stati diffusi in tutte le Alpi.

La seconda è la sua disomogenea distribuzione con zone a elevata densità alternate ad aree che ne sono prive. Da qui l'esigenza di rafforzare le giovani colonie di stambecchi con reintroduzioni volte a raggiungere in un tempo relativamente breve l'obiettivo di creare popolazioni stabili e quindi meno soggette ad attacchi patogeni.

La Provincia di Bolzano - a cui si fa riferimento nell'impegnativa - con un suo piano di gestione intende perseguire sostanzialmente l'obiettivo di aumentare la popolazione di stambecco, rendendolo più omogeneo su tutto il territorio provinciale; lo fa attraverso le catture e le reintroduzioni e anche assoggettando una percentuale minima della popolazione di stambecco al prelievo venatorio, con poche decine di esemplari, su una superficie che è il doppio di quella della Valle d'Aosta.

Il prelievo è possibile in due soli distretti (uno tra il Passo Resia e il Passo del Brennero e uno a Sesvenna, in prossimità dei Grigioni), ma con delle regole precise che prevedono come ogni prelievo di stambecco debba essere accompagnato da una persona con abilitazione a guardiacaccia professionale.

Questo significa che se si giungesse a una gestione faunistica della specie anche in Valle d'Aosta, poiché non esiste da noi la figura del guardiacaccia professionale, le cui funzioni sono assorbite dal Corpo forestale valdostano, si potrebbe cacciare lo stambecco solo accompagnati da una guardia forestale.

Bisogna quindi fare molta attenzione a non diffondere false aspettative tra i cacciatori, che devono essere consapevoli di quello che si potrà o non si potrà fare.

La strada per poter ottenere la possibilità di effettuare modesti prelievi venatori della specie in Valle d'Aosta esiste, ma deve essere percorsa rispettando tempi e modi compatibili con le normative comunitarie nazionali, evitando pericolose fughe in avanti, come quelle indicate dalla mozione, che espongono l'Amministrazione regionale a critiche degli ambientalisti e dell'opinione pubblica, che non possiedono tutti gli elementi scientifici per analizzare con oggettività la problematica in questione.

La differenza tra gestione faunistica e gestione venatoria è sottile, ma esiste, ed è la prima che governa la seconda e non viceversa.

La mozione gioca su questi termini, ed è pericolosa proprio per questo. Non dobbiamo distorcere la realtà e confondere esigenze d'interesse pubblico generale che andranno gestite dal nuovo Piano faunistico venatorio, evitando preconcetti che aspirano esclusivamente a demagogici consensi politici.

Presidente - Siamo in discussione generale. Altri? Se non ci sono altri interventi, chiudiamo la discussione generale. Si è prenotato il consigliere Planaz, ne ha facoltà.

Planaz (RV) - Volevo intervenire in dichiarazione di voto, ma viste certe dichiarazioni, mi sembra plausibile intervenire.

Intanto ho sentito un po' da tutte le parti molto ideologia su questa tematica e non nego che condivido tutte le accuse rivolte a quest'impegnativa. Forse proporremo in dichiarazione di voto un emendamento, ma valutare la possibilità di controllare alcune specie non è poi così sbagliato.

Io penso che forse è stata presentata nel momento meno idoneo - e non me ne voglia il collega Ganis - per il semplice fatto che a breve termine andremo a discutere il Piano faunistico regionale, momento in cui avremo la possibilità di avere più dati e di avere la possibilità di approfondire le tematiche sul prelievo eventuale della capra ibex.

Ho sentito dire che la caccia è la causa dell'estinzione degli animali.

Io qui non voglio dichiararmi un cacciatore incallito ma voglio anche far capire a tutti che non è sempre l'intervento dell'uomo la causa dell'estinzione di certe specie animali, soprattutto per quello che riguarda gli ungulati in questo periodo.

È anche un periodo in cui ad aprire certe dinamiche di caccia su certi esemplari ci vuole molta attenzione, anche perché è da molto tempo che questi animali non erano abituati a convivere con i predatori e a me oggi fa specie che qualcuno dichiari che la diminuzione di certe specie è dovuta totalmente al cambiamento climatico, perché se noi ci rechiamo in un versante soleggiato e vediamo tutti gli stambecchi al pascolo, e poi vedo uno studio - con tutto rispetto che bisognerà approfondire - che dice che il riscaldamento climatico cambierà le abitudini di questi animali... ma questi animali se soffrono il caldo, hanno solo da cambiare versante nella nostra regione, e andare in un versante meno soleggiato e meno caldo. Perché stanno sui versanti sempre soleggiati gli animali e non escono a mangiare al mattino quando c'è l'ombra e c'è la rugiada che rende l'erba più appetibile?

Bisogna studiare il comportamento degli animali per capire quali sono le reali cause di diminuzione di alcune specie e - lo dico anche da allevatore, perché capisco i comportamenti degli animali, e anche degli ungulati -molte specie animali, soprattutto nei periodi più caldi, al di là del fatto che è più tranquillo, per nutrirsi escono soprattutto la sera e al mattino presto, quando l'erba è più appetibile.

Ricordiamoci che sono animali capaci di vivere a lungo senza avere bisogno di acqua, di conseguenza nutrirsi al mattino o la sera tardi favorisce questa possibilità di convivere anche senza grande disponibilità di acqua.

Questo è tanto per sottolineare che, secondo me, io non vedo del tutto sbagliata questa mozione, non vedo forse l'urgenza adesso di aprire a quella possibilità ...e anche quello che ha detto il collega Rosaire, di studiare le famiglie della capra ibex nella nostra regione per capire se ci sia un alto tasso di consanguineità, perché sono localizzate in zone specifiche e forse non è che si scambino sempre il sangue, questo potrebbe recare dei danni anche se non si cacciano, perché porta delle malattie non solo infettive ma anche di consanguineità che possono arrecare dei danni più gravi che prelevare alcuni capi secondo una tabella ben dettagliata di gente che è preparata e di gente che sappia qual è l'animale che non è indispensabile per la sopravvivenza della specie; in un branco, o anche in una mandria, c'è sempre un animale che anche se tolto o spostato in un'altra famiglia per andare a cambiare sangue in un'altra famiglia, non è sempre detto che rechi danno alla famiglia che vive in quella zona.

Per questo sono tutti fattori secondo me da analizzare a fronte di esperti, e poi non è mica detto che ci sia la possibilità di fare alcuni prelievi anche con i cacciatori accompagnati dalle guardie forestali, andando a cercare l'animale che non reca danno in quella famiglia.

L'altra cosa che tengo a dire è che lo stambecco oggi forse è un animale che - come giustamente ha detto la consigliera Minelli - non dà nessun problema alle attività cibo-pastorale, perché vive in zone dove tutti gli altri animali non si possono recare e va a sfruttare una parte di territorio a cui va a dare un valore aggiunto, senza contare il fatto del simbolo dell'animale che ha la nostra Regione.

Aspetto la risposta ma faccio che presentare all'Assessore e al collega Ganis il nostro emendamento, se non sarà accettato, non me ne voglia il collega Ganis, ma noi non potremo, così come è stata esposta, votare l'iniziativa.

La nostra proposta è: "Impegna il Governo regionale, nell'ambito della procedura di definizione del nuovo Piano regionale faunistico-venatorio - che è quello che ho anticipato prima - a valutare le modalità di addivenire a una prossima gestione venatoria della specie capra ibex".

Non cambia molto la formula, ma secondo me facciamo un passaggio dovuto, assieme agli esperti, per capire se realmente c'è la necessità o c'è anche l'esigenza d'intervenire su un animale che è un simbolo della nostra regione, importantissimo e anche bellissimo, senza contare poi che è un animale che oggi non è abituato a fuggire se subisce degli interventi venatori anzi si presenta anche di fronte a tutti gli esseri umani come amico, perché non è che sempre scappi quando lo si vede, nel tempo si è abituato alla presenza dell'essere umano e anche dei cani. Sa sempre difendersi, ma se noi andiamo a intervenire pesantemente anche su questa formazione del carattere che ha avuto nel tempo, sicuramente questo potrebbe avere delle conseguenze negative.

La nostra richiesta l'abbiamo fatta, aspettiamo la risposta dell'Assessore e poi valuteremo.

Presidente - Siamo in discussione generale. Qualcun altro vuole intervenire? Nel caso si prenoti. Non vedo richieste né prenotazioni, posso chiudere la discussione generale. La discussione generala è chiusa. Per il Governo replica l'assessore Carrel.

Carrel (PA) - Grazie a tutti i colleghi che sono intervenuti su questo tema, portando alla luce diversi aspetti, sia tecnici che politici, che credo che possano essere utili alla discussione.

In quanto Assessore, credo che sia fondamentale ricordare che alla base vi è la legge 157/92 e che in Italia, a eccezione dell'Alto Adige, lo stambecco non è attualmente compreso tra le specie cacciabili, pur non rientrando più nell'elenco delle specie particolarmente protette.

Nella convenzione di Berna lo stambecco - nell'allegato 3, come ricordato giustamente dal collega - rientra infatti fra le specie protette che possono però, in casi eccezionali, essere oggetto di prelievo venatorio.

Tale ungulato è inserito (nell'allegato E del DPR 8 settembre 1997 n. 357, così come nell'allegato 5 della Direttiva 92/43 della Comunità Europea) tra le specie per le quali è possibile il prelievo sulla base di una particolare regolamentazione, purché venga garantito il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente.

La bozza del Piano regionale faunistico-venatorio, attualmente in discussione, fornisce al capitolo 4, paragrafo 1.6, numerose indicazioni sulle azioni prioritarie da adottare per supportare la gestione dello stambecco in Valle d'Aosta, alcune delle quali sono già adottate da tempo, come, ad esempio, i censimenti della specie.

Volendo poi parlare di dati concreti, in base alle indicazioni gestionali suggerite dall'ISPRA, la dimensione minima di una popolazione compatibile con il prelievo venatorio è di circa 400 capi, e la percentuale di abbattimento su popolazioni stabilizzate non deve superare il 10% annuo.

Secondo queste indicazioni, si potrebbero ipotizzare piani di prelievo, ovviamente regolamentati, attraverso la caccia di selezione e previo un continuo monitoraggio della specie.

Per quanto riguarda la regione Valle d'Aosta, all'esterno delle aree protette, il numero di capi censiti ha subìto un aumento progressivo piuttosto costante, basti pensare che nel 1997 gli stambecchi censiti risultavano 1934, mentre nel 2023 è stato rilevato il dato più alto, pari a 4.052 unità.

Il panorama italiano: nel 2022, la Provincia autonoma di Bolzano ha reso effettive le disposizioni del DPR 22 marzo 1974, n. 279, che permettono al Presidente della Provincia di variare per periodi determinati l'elenco delle specie cacciabili previste dalla normativa nazionale, proponendo un piano di gestione quinquennale dello stambecco, che autorizza un prelievo limitato della specie, ottenendo il parere favorevole dell'ISPRA.

Credo che sia opportuno soffermarsi soprattutto su un aspetto di questo Piano quinquennale 2022-2026 della Provincia Autonoma di Bolzano, dove si legge che l'utilizzo venatorio di una specie selvatica è da considerarsi del tutto legittimo, in quanto risorsa naturale - e in questo caso ulteriormente opportuno, in quanto il camoscio soffre la presenza di consistenti quantità di stambecchi.

Questo è un tema sul quale ci siamo già confrontati anche in questo Consiglio regionale.

In occasione della riunione della Consulta faunistica regionale di aprile 2024, nell'ambito della discussione della bozza del Piano faunistico venatorio, è stato esplicitato il punto relativo al possibile prelievo dello stambecco, come lei giustamente ha già evidenziato anche in merito alle osservazioni del Comitato venatorio.

Vorrei evidenziare che già in data 24 aprile 2023 ho personalmente inviato un'apposita missiva per richiedere alla Commissione Paritetica di prendere in considerazione la possibilità di disporre variazioni all'elenco delle specie cacciabili, tra le quali appunto anche lo stambecco.

In base a quanto ho appena citato - e ricordando l'impegno che mi sono già assunto nello scorso Consiglio regionale di presentare in Commissione consiliare il Piano regionale faunistico venatorio durante l'iter che prevede la VAS - credo sia opportuno affrontare quest'argomento in quella sede, così da poter rappresentare tutti i dati tecnici e biologici, che possono motivare, oppure no, l'avvio dell'iter per il prelievo a carico dello stambecco sul quale - come detto in precedenza - il mio Assessorato sta già lavorando.

Presidente - Ci sono altri interventi? Assessore Carrel.

Carrel (PA) - Era sottinteso nella mia risposta, ma credo sia opportuno richiedere il ritiro della mozione proprio in vista della discussione in Commissione consiliare e, in caso contrario, propongo un voto di astensione da parte della maggioranza.

Presidente - Altri interventi? Consigliere Manfrin.

Manfrin (LEGA VDA) - Grazie a tutti i colleghi che sono ovviamente intervenuti sul tema. Ho sentito un profluvio d'interventi suppostamente scientifici, non di tutti i colleghi ma di alcuni sì, colleghi che potrebbero avere una laurea honoris causa in ricerca su Google ma che tendenzialmente non hanno alcun titolo scientifico per poter prendere la parola su determinati argomenti, e - lo dico prima - io ne ho ancora meno, perché io non sono un cacciatore e non sono un tecnico faunistico. Ho però sviluppato, negli anni - quasi più di 30 - una capacità che ritengo sia sufficientemente utile per affrontare questa discussione, ovvero la capacità di leggere, e, guarda caso, mi è capitato di leggere una deliberazione di un Consiglio d'amministrazione del Comitato regionale per la gestione venatoria.

In questa deliberazione c'è da dire che ho preso atto di quanto veniva riportato, ovvero - per quanto riguarda la parte dello stambecco - si esprime parere favorevole a una possibile gestione venatoria della specie stambecco, in quanto la popolazione e l'omogeneità territoriale hanno raggiunto livelli tali da non compromettere la salvaguardia della specie.

Leggo questo estratto relativamente solo alla specie stambecco e quindi ne prendo atto, ma immagino che si potrà dire: "Ma come? Questi sono pareri del Comitato regionale per la gestione venatoria, quindi sarà sicuramente un Comitato fatto di crudeli assassini e torturatori di ambiente o di persone che ignorano il fatto che ci sia un riscaldamento globale che ci costringerà a metterci in costume sulle Alpi e quindi evidentemente si fa in maniera sconsiderata".

Poi vado a vedere la composizione di questo Consiglio d'amministrazione, che ha espresso questo parere all'unanimità, e, al netto ovviamente dei Presidenti di circoscrizione e dei rappresentanti dei cacciatori, trovo anche il rappresentante del Dipartimento agricoltura, il rappresentante delle associazioni venatorie, il rappresentante delle associazioni ambientaliste, il rappresentante dell'associazione agricoltori, la struttura Flora Fauna, il Corpo forestale della Valle d'Aosta e il rappresentante degli Enti locali. E questo parere è uscito all'unanimità.

Allora è evidente che io non ne so niente, ma queste persone mi sembrano sufficientemente preparate per esprimere un'opinione nel merito e l'opinione che viene espressa nel merito è quella che vi ho letto.

È chiaro che qui possiamo raccontarci tutto e il contrario di tutto, e io capisco anche il nervosismo di qualche collega che dà a qualcuno dell'iniziativa politica, di tante bellissime cose... però in realtà io mi attengo ai fatti, e concordo con quanto esprime l'assessore Carrel, e avremo modo anche di confrontarci sicuramente in Commissione, così come auspicava anche il collega Planaz, però è evidente che ci sia necessità di una volontà politica, ovviamente la massima assise regionale esprime una volontà politica e riteniamo che, proprio alla luce un parere espresso da questo consiglio d'amministrazione, recepire con una scelta politica, con una decisione politica, sia quanto di più importante per trasmettere è la volontà.

Anche qui, non me ne voglia il collega Planaz, riteniamo che la formulazione vada esattamente nella direzione espressa dal consiglio d'amministrazione, quindi riteniamo sia utile mantenere la formulazione originale e riteniamo che su questo ci si debba esprimere in maniera netta.

C'è la richiesta di mettere in campo ogni azione utile e ovviamente riteniamo che questo sia un qualcosa di utile, che vada nella direzione suggerita, e noi a questo ci atteniamo.

Ci auguriamo quindi che questa mozione possa trovare accoglimento e ci auguriamo che si dia peso e spazio a chi, a livello tecnico e scientifico, è preparato, e non a chi invece, a livello politico, è stato colto in maniera impreparata.

Presidente - Consigliere Aggravi per dichiarazione di voto ne ha facoltà.

Aggravi (RV) - Per una dichiarazione di voto condizionata, io direi, vista la nostra richiesta, che vorrei ribadire dopo aver sentito l'intervento del collega Manfrin.

La proposta fatta dal collega Planaz - e non entro in disquisizioni scientifiche, posso dire qualcosa magari sui numeri ma null'altro su quello che riguarda la gestione venatoria - è una soluzione operativa e pratica a un problema che giustamente è stato posto dal vostro gruppo politico ed è stato posto anche - e lei l'ha ricordato - da tutta una serie di operatori.

Ora dire semplicemente che s'impegna il governo regionale a mettere in atto ogni azione utile per addivenire a una gestione venatoria della specie capra ibex, ai sensi di quello che c'è scritto... l'azione utile sappiamo qual è.

Adesso lo dico in maniera ironica ma per capirci, noi abbiamo un documento, che è il documento di pianificazione della, gestione faunistico-venatoria, che deve fare un suo percorso e deve fare un suo processo; nell'ambito di questa procedura si può - e si potrà, io mi auguro, andare a definire e a valutare quali saranno e quali sono le migliori modalità per addivenire a una prossima gestione venatoria della specie, perché se noi oggi diciamo che con questa mozione possiamo finalmente gestire, dal punto di vista venatorio, lo stambecco, stiamo dicendo una cosa non vera.

Io capisco che ci sia giustamente una necessità politica di portare a casa un risultato ma, a nostro giudizio, e lo abbiamo posto in questo senso, se si vuole arrivare effettivamente a una soluzione, o comunque si vuole fare una proposta credibile e realizzabile, bisogna necessariamente farlo nell'ambito della procedura che oggi è a disposizione, ovvero quella del Piano regionale faunistico-venatorio.

Questo io tendo a dirlo e lo voglio dire perché, visto che l'emendamento mi sembra che non sia stato accettato, non si dica poi che chi non ha votato questa mozione era contrario, perché noi ci asterremo, ripeto, se non verrà accettato l'emendamento perché a nostro giudizio non è corretto quello che oggi viene scritto, cioè si dà una falsa aspettativa nei confronti di una giusta e corretta gestione per la risoluzione di un problema che voi avete posto, perché, oggi come oggi, se dovesse passare questa mozione, nulla cambierebbe rispetto a quello che c'è, anche perché comunque bisognerebbe prevederlo nell'ambito del Piano faunistico-venatorio, altrimenti ci stiamo dicendo delle cose che non sono veritiere.

Pertanto, se l'emendamento è accettato, il nostro voto sarà favorevole, se l'emendamento non è accettato, per le ragioni che ho esplicitato, noi ci asterremo nostro malgrado, non saremo contenti di farlo, ma abbiamo spiegato il perché e lo spiegheremo perché il nostro voto di astensione non vuol dire che siamo contrari a una gestione venatoria dello stambecco.

Presidente - Una precisazione procedurale: l'emendamento è stato proposto ed è già stato - se ho ben capito - da parte dei promotori non accettato, pertanto si mette in votazione la mozione così com'è, se non ci sono altre integrazioni. Consigliere Baccega per dichiarazione di voto, a lei la parola.

Baccega (FI) - Questa è una materia che mi vede lontanissimo in tutti i sensi e da sempre, però da sempre è una materia che ha coinvolto giunte regionali, consigli regionali per tutta una serie di approfondimenti, soprattutto quando si va a ragionare sul piano regionale faunistico-venatorio.

Su questo tema, e rispetto proprio alla mozione che hanno presentato i colleghi, letta la delibera del comitato che poco fa ci è stata esposta dal collega e sulla base delle informazioni che abbiamo preso al nostro interno, appunto non essendo così consapevoli di una materia di questo tipo, noi riteniamo che la mozione possa essere votata, quindi la voteremo.

Presidente - Consigliera Minelli, per dichiarazione di voto.

Minelli (PCP) - Per dichiarazione di voto per ribadire che il nostro sarà un voto contrario a questa mozione e lo sarebbe stato anche con l'emendamento che è stato proposto, perché riteniamo che non ci fosse, come effettivamente ha detto anche il collega Planaz, una grande differenza, anche se non era esattamente la stessa cosa.

Voglio anche fare alcune considerazioni finali, perché ho ascoltato con attenzione gli interventi che si sono susseguiti, in particolare ho ascoltato l'intervento del collega Planaz che in qualche modo mi ha chiamata in causa dicendo che si attribuisce totalmente al cambiamento climatico la minaccia alla specie.

Io non ho detto "Totalmente al cambiamento climatico", credo che ci siano delle concause ma, sicuramente, il cambiamento climatico nei confronti di varie specie e nei confronti dello stambecco ha un'incidenza ovviamente negativa.

Gli studi che sono a disposizione, che si troveranno anche su Google, si possono leggere, ma fortunatamente - collega Manfrin -la mia capacità di lettura deve essere più o meno pari alla sua, effettivamente leggendo gli studi - che non sono stati effettuati nell'ultimo periodo: l'Università di Sassari studia da 15 anni le popolazioni di fauna selvatica e anche lo stambecco - si riscontra che, anno dopo anno, si è creata una situazione per cui i cambiamenti climatici hanno effettivamente inciso sulle abitudini degli stambecchi che, in particolare di notte, si abbassano e diventano più facile preda dei lupi. Normalmente non erano fra gli animali più cacciati dai lupi, perché lo erano maggiormente i caprioli e i camosci, ma così è ora.

Quello che io sto dicendo è che accanto alla minaccia dei cambiamenti climatici che è in atto, non mi pare sensato aggiungere anche una causa ulteriore di problemi, di criticità, per questa specie che con un intervento come quello che avete proposto si vedrebbe minacciata anche in un altro senso.

Ho poi ascoltato anche l'intervento del collega Rosaire, che ha evidenziato che il percorso per arrivare a un possibile prelievo, o meglio a una gestione degli stambecchi, deve essere fatto procedendo in maniera diversa che non con questa mozione ma attraverso anche studi, supporti scientifici eccetera eccetera.

Mi viene da dire: più o meno gli stessi studi e supporti scientifici che avete utilizzato quando avete deciso di riaprire la caccia alla lepre variabile e alla pernice bianca... significa forse che c'è una differenza di valutazione.

Poi c'è anche la dichiarazione che ha fatto invece l'assessore Carrel, che ci ha anche informati di aver inviato una lettera già nel 2023 per chiedere di rivedere le specie cacciabili. Mi è parso in qualche maniera - ma forse è una mia impressione, non lo so - che la dichiarazione dell'assessore Carrel non fosse completamente in linea con le parole invece del consigliere Jordan, ma credo che avremo modo di approfondire questa questione nel momento in cui si arriverà in commissione a parlare del piano faunistico.

Ribadiamo quindi che la nostra posizione sulla mozione è contraria e speriamo che nel momento in cui si arriverà a discutere di questo, davvero si utilizzeranno gli studi scientifici che sono al momento a disposizione.

Presidente - Altre dichiarazioni di voto? Non vedo altre richieste... consigliere Ganis, a lei la parola.

Ganis (LEGA VDA) - Ringrazio tutti gli intervenuti, ringrazio il nostro capogruppo e ringrazio l'assessore Carrel per la risposta e per il suo impegno. Come spesso accade, la risposta è quella: "Ci stiamo già lavorando". Sono trascorsi 25 anni e voi ci lavorate proprio adesso.

Apprezzo le parole del collega Baccega che, pur non conoscendo la tematica, ha dato il suo contributo e si è informato.

Ho ascoltato l'intervento del collega Jordan che fa delle ipotesi, che fa riferimento alla letteratura, magari anche quella classica, alla storia; noi invece abbiamo un approccio scientifico e tecnico.

La collega Minelli parla di simbolo e di provocazione, ma non è così.

Per quanto riguarda i cambiamenti climatici e la difficoltà di adattamento della specie dello stambecco, sono soltanto delle ipotesi o degli studi, ma nulla oggi è confermato. Permettetemi: per quanto riguarda la conservazione della specie, non avete assolutamente dato delle spiegazioni tecniche e scientifiche.

In risposta al collega Rosaire: noi come gruppo non abbiamo mai parlato di caccia selvaggia, - e se non sbaglio lei ha detto caccia selvaggia - ma di una gestione venatoria.

Oggi mi sono reso conto che molti Consiglieri sono grandi esperti e tuttologi di attività venatoria. Ricordo che la nostra mozione si basa sugli aspetti scientifici, del tipo... non ho sentito parlare di dati biometrici. Sapete cosa sono? Non lo sapete? Ve lo dico io: sesso, età, misure biometriche, misurazioni del trofeo. Sono fonti preziose di formazioni sulla costituzione degli individui e rappresentano lo stato di salute della specie. Questi sono metodi scientifici e non supposizioni, letteratura o chissà che cosa.

Un altro aspetto da considerare, nessuno l'ha detto... l'ibridazione; sapete cos'è? No. C'è un'ibridazione tra stambecco e capra domestica, ...lei sicuramente lo sa. Un fenomeno sottostimato e sottovalutato.

Queste sono motivazioni scientifiche e tecniche, che mettono nero su bianco la scelta del nostro gruppo, affinché si possa addivenire a una gestione venatoria della capra ibex, o stambecco.

Concludo evidenziando che questa mozione non è affatto una provocazione, tanto meno - e mi dispiace - un favore elettorale. L'abbiamo fatto adesso, l'avrei fatto magari fra sei-sette mesi, cioè prima delle elezioni, ma si basa - ripeto - su dei principi scientifici e sulla volontà da parte degli organi informati di valutare un possibile prelievo venatorio della capra ibex nella nostra regione.

Ringrazio anche i colleghi di Rassemblement Valdôtain, ma l'impegnativa rimane quella presentata dal nostro gruppo.

Presidente - Il Presidente della Regione per dichiarazione di voto.

Testolin (UV) - Credo che l'argomento meriti per lo meno una dichiarazione di voto, anche perché, partendo da una concezione un po' più ampia, io credo che la caccia faccia parte di un patrimonio culturale del quale la nostra regione si fregia in maniera positiva, perché la caccia non va intesa come un approccio poco rispettoso del contesto ambientale, delle specie che vengono cacciate, ma è un'attenzione - oltre che essere evidentemente anche una passione - verso l'universo ambientale. Questa passione, che avvicina molti uomini e molte donne al percorso venatorio, è qualcosa che comunque permette un approccio anche molto puntuale verso le esigenze di questo stesso territorio.

In questa stanza - salvo gli amici di Forza Italia che sono avulsi da questo meccanismo, ma hanno espresso una loro opinione - abbiamo tutti degli amici cacciatori che, in qualche modo, possono sollecitarci a vario titolo su questo argomento; qualcuno cavalca magari anche questa necessità di dare qualche risposta, però le risposte, quando si è in questa sala, bisogna darle con coscienza e con equilibrio rispetto alle possibilità di agire e alle necessità di farlo nel rispetto di tutte le esigenze.

Credo che la discussione ci porti a fare una riflessione: avvicinarsi a un percorso che possa prevedere nel suo complesso anche un'attività di controllo, un'attività di gestione anche dello stambecco, che sia frutto di un confronto e di approfondimenti che giustamente devono essere fatti in un contesto professionale, al di là delle conoscenze esibite dal collega Ganis, che ci ha dato prova della sua puntualità nel conoscere determinati processi, anche molto complessi. Sinceramente credo che la possibilità di confrontarsi con esperti faunistici e di approfondire le tematiche pro e contro l'abbattimento di un certo numero di stambecchi debba essere il percorso da seguire per poi poter assumere - ognuno secondo le sue visioni, anche politiche - la decisione più corretta, riguardo alla possibilità di avvicinarsi o meno a questo tipo di gestione.

Nel confermare quello che sostanzialmente, anche con sfumature magari leggermente diverse, i colleghi di maggioranza hanno espresso - nell'attesa di poter approfondire in III Commissione questo percorso che sarà sicuramente interessante, non solo per questo argomento ma per tutto il Piano faunistico - penso che un voto di astensione sia la scelta più corretta.

Presidente - Consigliere Manfrin per dichiarazione di voto.

Manfrin (LEGA VDA) - Ovviamente intervengo dopo il Presidente della Regione semplicemente per ringraziare per l'intervento perché crediamo che, con l'intervento del Presidente e con gli interventi che sono arrivati dai banchi del Governo dall'assessore Carrel, si sia comunque, a prescindere da quello che sarà l'esito dell'iniziativa, andati nella direzione in cui si voleva andare.

L'idea che porta poi all'impegnativa, così come formulata - non me ne vorranno ovviamente i colleghi di Rassemblement Valdôtain - che semplicemente dice di agire, di andare e di mettere in campo ogni azione utile e per ogni azione utile si riferisce ovviamente di passaggi che sono quelli che hanno citato sia il presidente Testolin che l'assessore Carrel rispetto alle analisi e i passaggi che giustamente ha elencato il collega Ganis, rispetto agli approfondimenti che poi porteranno ovviamente a una scelta.

Credo che sia emersa, da parte di molti colleghi all'interno di quest'aula, la volontà di andare nella direzione auspicata, una direzione che è quella di aprire la gestione venatoria della specie capra ibex e che è opposta - mi permetto - ovviamente a quella delle colleghe, ma opposta anche sicuramente a quello con il quale ci ha allietato il collega Jordan facendo grande sfoggio del tema leitmotif del momento, ovvero il cambiamento climatico, quindi si è espressa, c'è una volontà e si è aperta una finestra di ragionamento proprio in quella direzione, un ragionamento che era appunto l'obiettivo di questa iniziativa, che voteremo convintamente, quindi a nome del gruppo Lega esprimo il sostegno alla mozione.

Presidente - Se non ci sono altre dichiarazioni di voto, mettiamo in votazione la mozione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Presenti: 33

Votanti: 10

Favorevoli: 8

Contrari: 2

Astenuti: 23 (Aggravi, Barmasse, Bertin, Bertschy, Brunod, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Di Marco, Grosjacques, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Lucianaz, Malacrinò, Marguerettaz, Padovani, Planaz, Restano, Rosaire, Sapinet e Testolin)

La mozione non è approvata.