Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 3253 del 8 febbraio 2024 - Resoconto

OGGETTO N. 3253/XVI - Interrogazione: "Valutazione delle cause della riduzione del numero di stambecchi sulle montagne valdostane".

Bertin (Presidente) - Punto n. 62. Risponde l'assessore Carrel.

Carrel (PA) - Ogni anno, il Corpo forestale della Valle d'Aosta, in collaborazione con il mondo venatorio, effettua il censimento di diverse specie, tra cui anche lo stambecco, sull'intero territorio regionale al di fuori del Parco nazionale del Gran Paradiso e del Parco regionale del Mont Avic.

Dai dati di monitoraggio emersi nel corso degli ultimi 26 anni, si può affermare che la popolazione di questo importante ungulato è in lenta ma costante crescita sull'intero territorio regionale, al di fuori appunto dei due parchi che ho citato prima, che sono oggetto di collaborazione con i guardiaparco che si occupano di questo tipo di monitoraggio.

Nel 1997, infatti, erano stati censiti 1.934 capi, mentre lo scorso anno è stato rilevato il dato più alto, pari a 4.052 stambecchi.

Lo studio che lei cita dell'Università di Ferrara è uno studio svolto in due aree protette, il Parco nazionale del Gran Paradiso e il Parco nazionale svizzero, dove è bene ricordare che il numero di ungulati è molto più elevato rispetto a quello del territorio regionale e dove vi è una pressione turistica sicuramente maggiore, quindi gli effetti anche del cambiamento climatico possono essere maggiormente incisivi e, dal punto di vista delle riduzioni, avere degli effetti più importanti.

Questo ci permette ovviamente di andare a fare delle ipotesi e delle valutazioni che però non trovano riscontro sull'intero territorio regionale, in quanto i numeri sono decisamente più bassi.

Ovviamente, è opportuno da parte nostra andare a valutare lo stato ed il cambiamento climatico sulla tutela e la gestione delle varie specie, soprattutto per quello che è un ambiente montano come il nostro, dove, a fronte di un aumento della temperatura globale prevista tra i 2 e i 3,5 gradi, da noi le ripercussioni sono sicuramente più importanti, possiamo pensare all'alterazione dei regimi idrici, ad un inaridimento del suolo e al ritiro quasi totale dei ghiacciai che porteranno in futuro delle importanti modifiche alla fauna dell'intero territorio valdostano.

Sul nostro territorio, al momento, considerati i numeri emersi dai censimenti citati in precedenza, non sono stati rilevati particolari elementi che facciano presupporre una diminuzione della popolazione dello stambecco legata a quelli che sono i cambiamenti climatici, in quanto molto probabilmente la densità di animali all'esterno dell'area protetta è molto più bassa e quindi gli stambecchi e gli altri ungulati hanno a disposizione molto più foraggio.

Per quanto riguarda la sua domanda n. 2, fortunatamente in Valle d'Aosta attualmente non vi sono specie di animali a rischio di estinzione, tuttavia occorre prestare attenzione ad alcune specie, quali i galliformi alpini, il fagiano di monte, la pernice bianca e la lepre variabile, sulla quale più volte siamo tornati all'interno di questo Consiglio, anche andando a fare delle analisi sui dati e sugli studi effettuati.

Questi vivono in ambienti molto particolari ad alte quote, dove i cambiamenti climatici sono molto più evidenti: queste specie infatti vedono il loro habitat sempre più ridotto e sono, per questo motivo, costretti a spostarsi sempre più in quota.

Riguardo alla domanda n. 3 che lei ci pone (quali siano le strategie messe in atto a difendere tali animali e se tali strategie abbiano ricompreso un piano di salvaguardia della specie in via di estinzione), ovviamente alla seconda parte non rispondo perché le ho detto che non vi sono ad oggi delle specie in via di estinzione, ma tengo a segnalarle che sono diverse le azioni messe in atto, tra cui l'installazione di pannelli informativi all'inizio dei più frequentati itinerari di scialpinismo presenti sul territorio regionale per cercare di limitare il disturbo apportato dagli escursionisti e l'attenta pianificazione dell'attività di heliski che viene di fatto decisa anche con il Corpo forestale proprio con questo obiettivo di non andare a recare disturbo alle specie che possono rischiare di essere classificate come in via d'estinzione.

Presidente - Per la replica, la parola al consigliere Planaz.

Planaz (RV) - Noi abbiamo ritenuto opportuno presentare quest'interrogazione a seguito dello studio che è stato effettuato dall'Università di Ferrara, in cui si diceva che i cambiamenti climatici, in particolare, andavano ad influire sulla vita in questo caso degli stambecchi, la capra ibex, a causa dell'aumento delle temperature. Ma nello studio era anche riportato che l'aumento delle temperature portava un cambiamento dell'animale, che usciva per nutrirsi, e questo studio citava le ore notturne: era più comodo per i predatori, al di là dei cambiamenti climatici, poter attaccare l'animale.

I dati che lei ha riportato logicamente sono soddisfacenti, non dimentichiamo che dal 1997 ad oggi l'animale ha rischiato l'estinzione, oggi i numeri sono favorevoli, però l'attenzione su questa tipologia di animali bisogna sicuramente tenerla alta, in quanto il cambiamento climatico può creare dei cambiamenti di abitudini di questo animale, soprattutto per nutrirsi. Però c'è anche un aspetto, a nostro avviso positivo, che inverni come quelli che si stanno susseguendo, con poche precipitazioni nevose, concedono una probabilità in più anche per tutti questi animali, non solo per lo stambecco, ma per tutta la fauna selvatica che vive in montagna che ha, come ha citato lei, più probabilità di trovare foraggi e di sopravvivere nel periodo invernale, rispetto a quelli con delle precipitazioni molto nevose, quando a volte non riescono neanche a nutrirsi adeguatamente.

Fortunatamente, questo studio non riguarda la nostra regione. Terremo l'attenzione alta - e penso che lo faccia anche lei, come tutto il Corpo forestale - per far sì che tutte le specie della nostra regione - adesso questa, ma anche per tutte le altre - godano di una protezione particolarmente forte per far sì che sia i cambiamenti climatici e anche altre cose non portino a una riduzione dei capi sul nostro territorio.