Oggetto del Consiglio n. 2750 del 27 settembre 2023 - Resoconto
OGGETTO N. 2750/XVI - Reiezione di mozione: "Riaffermazione del valore dei simboli cristiani presenti sulle vette delle montagne valdostane quale patrimonio materiale e immateriale della Regione".
Bertin (Presidente) - Illustra la mozione il collega Segretario Distort, ne ha facoltà.
Distort (LEGA VDA) - Questa mozione, depositata a fine giugno, era nata a seguito delle dichiarazioni espresse dal direttore editoriale dello "Scarpone", testata giornalistica del Club Alpino Italiano, in cui metteva in discussione l'opportunità della presenza delle croci in vetta, in quanto espressione di anacronismo.
La notizia ha suscitato diverse prese di posizione a vari livelli, a livello culturale, politico, istituzionale, facendo emergere una contrapposizione tra i difensori della cultura della croce e gli interpreti dello sradicamento laicista.
Obiettivo di questa mozione è non entrare in merito alle inclinazioni ideologiche di un esponente o dei vertici del Club Alpino Italiano, che tra l'altro penso abbia provveduto, probabilmente per motu proprio, a chiarire le proprie posizioni.
Obiettivo di questa mozione è esplicitare la posizione del Consiglio regionale come espressione della comunità valdostana sul significato e sul ruolo dei simboli religiosi che connotano la nostra comunità e che spiccano sulle vette delle nostre montagne e di trattarle sotto il profilo dei beni culturali.
Chiaramente, per quanto riguarda me e in coesione con il gruppo Lega, prendiamo le distanze dalla versione secondo cui le croci, in quanto simbolo della cultura cristiana, possano urtare le altre culture religiose e, come tali, sia opportuno limitarne la presenza, se non addirittura rimuoverle totalmente.
Questa posizione è per noi, senza mezzi termini, espressione del consolidato cliché della cultura della cancellazione, non ci appartiene minimamente in quanto, oltretutto, è negazione del concetto di dialogo nel senso etimologico del termine, "dià lògos".
La comunità valdostana, come tutte le comunità che hanno incontrato l'esperienza storica del Cristianesimo, si è sviluppata sull'impianto culturale e valoriale del Cristianesimo, tanto che Benedetto Croce - non un esponente particolarmente vicino all' ambiente clericale - ha scritto: "Non possiamo non dirci cristiani", è esattamente il titolo di un suo Saggio del 1942, dove sostiene che il Cristianesimo ha compiuto una "rivoluzione che operò nel centro dell'anima nella coscienza morale e conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all'umanità" che, per merito di quella rivoluzione, non può non dirsi cristiana.
Lui, sappiamo benissimo, si è sempre definito un agnostico, e da agnostico ma da studioso coerente, ha scritto esattamente questo.
Allora qual è il senso e il ruolo della croce sulle vette?
Indipendentemente dalla posizione confessionale o ideologica, la croce afferma l'infinità della visione umana che non arresta il suo sguardo al suolo, ma che nel punto di contatto, nella vetta, cioè il punto fisico di contatto tra la terra e il cielo, in termini fisici, riconosce il trascendente e amplia gli orizzonti dell'esistenza umana stessa e lo fa con il linguaggio millenario che ha plasmato lo spirito e i fondamenti del vivere comune dei popoli europei, dove tutto parla di questo simbolo, dall'araldica a tutte le manifestazioni dell'arte, al pensiero, ai codici sociali, alle immagini del paesaggio, sino alle azioni quotidiane, mentre parallelamente e contrariamente una sistematica furia iconoclasta si sta adoperando per recidere qualsiasi collegamento con le radici cristiane su ogni fronte disciplinare.
Questo discorso e questa considerazione s'incardina perfettamente nel territorio della nostra regione che è fondamentalmente montuoso. Noi sappiamo che solo il 20% della superficie della nostra regione si trova al di sotto dei 1.500 metri, quindi una regione che è raccontata dalla montagna e diventa la montagna l'espressione più profonda dell'identità del popolo valdostano in ogni ambito.
Identità non è soltanto un fatto puramente fisico di una vetta, identità è un fatto culturale, è un fatto antropologico, è un fatto che racconta la narrazione di un dialogo tra l'uomo e l'ambiente.
La montagna - come patrimonio ambientale, con i suoi simboli cristiani - costituisce la sintesi tra la bellezza naturale, la bellezza sportiva, la bellezza culturale e, per chi vuole, la bellezza spirituale e la bellezza confessionale.
Le vette, connotate dai simboli cristiani, rappresentano la storia di un dialogo tra l'uomo e il suo territorio.
Questa è l'identità valdostana, questa è l'identità dei popoli di montagna, questa è l'identità della montagna e la competitività di un territorio di montagna, come qualunque territorio, si fonda sull'attrattività, sull'unicità del proprio territorio e quindi il valore dell'identità è determinante proprio in questo concetto, molto concreto, molto economico, di saper essere attrattivi nel proprio territorio, altrimenti c'è spazio solo ed esclusivamente alla competitività prezzo-servizio.
Questa riflessione introduce l'impegnativa della nostra mozione che entra nel concreto dell'attività amministrativa della Regione. Abbiamo parlato di anima collettiva, d'identità storico-culturale, quindi entriamo nel dominio della declinazione dei beni culturali.
Chiediamo, e leggo l'impegnativa della mozione, al Governo regionale di riaffermare il valore dei simboli cristiani presenti sulle vette delle montagne valdostane quale patrimonio materiale e immateriale della regione, attuando le necessarie misure di tutela, di valorizzazione e favorendone di conseguenza gli interventi di manutenzione, di sostituzione o, nel caso, di nuova installazione.
Grazie per l'attenzione.
Presidente - La discussione generale è aperta. Se qualcuno vuole intervenire in discussione generale si prenoti. Consigliera Erika Guichardaz ne ha facoltà.
Guichardaz E. (PCP) - La questione delle croci in vetta ha tenuto banco per alcune settimane e durante quest'estate. Risulta un brillante esempio di come si possono distorcere e manipolare le informazioni.
Il 13 giugno 2023 esce sullo "Scarpone", portale del Club Alpino Italiano, che recentemente aveva voluto rinnovarsi anche tramite un nuovo direttore editoriale, Marco Albino Ferrari, e un nuovo curatore, Pietro La Casella, un articolo di quest'ultimo a introduzione di un importante evento divulgativo che si sarebbe tenuto una decina di giorni dopo la presentazione del libro di Ines Millesimi all'Università Cattolica di Milano, "Croci di vetta in Appennino".
L'articolo di La Casella non lascia spazio a dubbi o fraintendimenti e, dopo una argomentazione, conclude dicendo che: "Se da un lato sono inappropriate le campagne di rimozione, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale", quindi, ripeto, inappropriate le campagne di rimozione, "Dall'altro si rivela anacronistico l'innalzamento di nuove croci, più in generale di nuovi e ingombranti simboli sulle cime alpine. Sarebbe forse più appropriato intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture, magari distanti, ma dotate di uguale dignità".
Il famoso incontro alla Cattolica nel frattempo si è svolto nel migliore dei modi e persino un alto prelato presente tra i relatori ha concordato sul fatto che non si deve banalizzare il simbolo della croce facendone un uso improprio; il suo proliferare ne affievolisce il significato, dunque meglio non erigere ciclopiche croci sulle montagne, come avviene di recente.
I Ministri Salvini e Santanchè pochi giorni dopo quest'evento - innescando a regola d'arte un inutile polverone, forse un po' per distogliere anche l'attenzione dell'opinione pubblica da altre questioni - sono intervenuti a gamba tesa lanciando l'allarme "Giù le mani dalle croci".
La Ministra inoltre si dice basita che il Club Alpino voglia farsi portavoce di una campagna di rimozione della stessa senza aver comunicato nulla al Ministero. Il Presidente del CAI porge inutili scuse alla Ministra e i due collaboratori ovviamente lasciano il loro incarico. Il CAI così ha perso, secondo il mio punto di vista, due preziosi e stimati collaboratori che proprio in questi giorni ho avuto la fortuna di conoscere.
Michele Serra il 28 giugno scrive sulla Repubblica alcune importanti parole, "La vicenda è indicativa di quanto può accadere e, anzi, accade proprio, quando un potere particolarmente aggressivo e intollerante pretende obbedienza".
La mozione della Lega quindi si ascrive nel solco di quest'insensata e inopportuna crocifissione della realtà, usando peraltro termini secondo me inappropriati rispetto all'intera vicenda. Si parla della cultura della cancellazione, quando proprio nell'articolo si dice che nessuno ha chiesto la rimozione, o di sistemica furia iconoclastica per recidere qualsiasi collegamento con le radici cristiane.
Non vi è alcuna necessità di riaffermare il valore dei simboli cristiani e di attuare misure di tutela delle croci, semplicemente è perché nessuno ne sta minando o ne ha voluto minare l'integrità. Questo sollevato è per noi quindi un non problema. Ribadiamo con convinzione, inoltre, che se è ritenuto lecito affermare nel testo della mozione che la croce, in particolare sulle vette, afferma l'infinità della visione umana, riconosce il trascendente e amplia l'orizzonte dell'esistenza umana stessa, è altrettanto lecito considerare le montagne - e lo dico da atea - che le hanno sinora accolte, come simbolo assoluto di libertà, terreno neutro, di incontro tra culture, non riconducibili in alcun modo a un campo o all'altro per inutili battaglie identitarie.
Manteniamo quindi ciò che abbiamo e che ci aiuta a ricordare le nostre radici storiche e culturali. Questo lo possiamo affermare perché anche un noto prete valdostano si è speso rispetto a questo tema, ricordando anche la motivazione del perché in alcuni luoghi della Valle d'Aosta sono stati messi dei simboli cristiani, quindi con un senso popolare e simbolico molto forte nel caso in cui erano stati messi. Questo non per simboleggiare in qualche modo o per riempire uno spazio, era stato fatto con delle motivazioni.
Oggi purtroppo vediamo riempire le nostre montagne con croci, panchine, con tante altre cose semplicemente per riempire degli spazi, senza che all'interno di tutto questo vi sia una seria riflessione.
Ricordiamo, come afferma lo stesso Ferrari, che chi si è dimostrata la più morigerata in materia è stata proprio la chiesa.
Il vescovo di Pinerolo, appassionato alpinista, offre una riflessione: "Dobbiamo chiederci perché vogliamo continuare a mettere croci sulle cime delle montagne che sono spazi di tutti, quando poi magari non abbiamo neppure più un crocifisso nelle nostre case".
Presidente - Consigliere Aggravi ne ha facoltà.
Aggravi (RV) - Volevo intervenire da parte del gruppo di Rassemblement Valdôtain su questo punto. Questa mozione era già stata oggetto di presentazione, quando le strade erano ancora unite, con i colleghi della Lega, in particolare con il collega Distort. Al di là della querelle che c'è stata e che si è ricomposta o non ricomposta su quelle che sono state dichiarazioni, prese di posizioni e quant'altro, penso che l'attenzione in realtà debba andare su qualcos'altro e giustamente, da una parte e dall'altra, si sono rappresentati dei principi che rappresentano due visioni anche spesso diverse e antitetiche.
Il collega Distort ha citato Benedetto Croce - e da liberale l'ho apprezzato particolarmente - e io spesso cito Cavour e dico: "Libera chiesa in libero Stato"... sono anche le contraddizioni che viviamo tutti i giorni, che vive non soltanto l'Italia ma anche l'Europa: noi stiamo discutendo di valori e di simboli cristiani in una realtà che ha uno Stato che ha firmato un concordato, un'Unione Europea che ha "Rinnegato" le radici cristiane e abbiamo spesso anche assistito, al di là delle vette, a delle querelle che c'erano state sulla presenza della croce all'interno ad esempio delle aule scolastiche. Faccio notare di nuovo a tutti i colleghi che, al di là delle vette, un crocifisso ed una croce ce l'abbiamo anche in quest'aula.
Detto questo, io penso che si debba anche fare una valutazione più presente e più semplice, e non sono sicuramente persona adatta a fare filosofia o a rappresentare dei significati che non siano frutto di una visione più cartesiana che forse mi contraddistingue. Se qualcuno ha posto una croce, come ha posto un simbolo magari precristiano, perché io ho grandissimo rispetto anche delle are sacre di popoli che magari non ci sono più, perché comunque rappresentano una continuità della storia e del percorso che c'è stato, perché il Cristianesimo è nato nel momento in cui qualcuno è venuto a portare la lieta novella, prima c'erano altri tipi di culture e io penso che tutte queste debbano essere rispettate.
Proprio per questo sono e siamo fortemente contrari a qualsiasi tipo di cancellazione o di eliminazione di tutti i simboli, e questo lo ribadiamo, però in questo caso pensiamo - così andrò poi a esplicitare la posizione in sé non contraria sul valore del simbolo cristiano, sulla sua permanenza laddove c'è, ripeto, non soltanto sulle vette delle nostre montagne o sui passi, spesso ci sono anche a delle quote più basse, come ci sono, lungo le strade, le edicole o le croci che rappresentano parte della nostra storia.
Io penso che ogni volta che questi simboli vengono distrutti - lo abbiamo visto in Francia e in Germania, tra l'altro per fare una bella miniera di lignite - questo lo dico soprattutto a governi che poi spengono il nucleare, ma non voglio andare oltre, dove chiese o simboli sono stati distrutti, ma, qualsiasi sia, era un terreno comunque sacro e aveva comunque un senso sacro, qualsiasi esso fosse.
il primo firmatario perdonerà il mio troppo materialismo, però anche capire di chi sono queste croci, qual è la proprietà di queste croci? Della Regione? Del Comune? Di una comunità? Io penso che prima di tutto siano dei fedeli, di chi ci crede, ma soprattutto anche di chi vive quei posti, perché anche chi ha rispetto di un simbolo in qualche modo ne è proprietario perché lo sta salvaguardando.
Quindi guai a chi vuole togliere determinati simboli, guai a chi vuole cancellare la storia, guai a chi vuole cancellare le radici, le nostre ma anche le sue!
Penso che non sia in discussione, non debba essere in discussione l'importanza di quel simbolo, cristiano per chi si riconosce nel cristianesimo, ma nel rispetto anche di chi magari non è cristiano e rispetta quel simbolo come noi possiamo andare a rispettare quei simboli in altri Paesi.
Il dubbio che già in qualche modo avevo esplicitato sulla natura dell'impegnativa... non ci voglio vedere altre finalità, non voglio vederlo neanche nelle premesse, già lo dissi, noi ci asterremo su questa mozione, ripeto, non contro il valore cristiano, non contro la presenza di queste croci, non contro la salvaguardia di questi simboli, la cui proprietà io penso sia prima di tutto della comunità che lo vive e di chi lo rispetta.
Su questo punto, ripeto, è fondamentale... e guai a chi si dimentica le proprie radici, qui sto guardando soprattutto all'Unione Europea, perché in quel senso lì ha quasi cancellato anni e anni di storia e comunque di percorsi e di processi, se noi oggi siamo quello che siamo, è anche perché c'è stato uno passato che va rispettato, al di là di come la si pensi e al di là di come la si possa poi pensare.
La condanna è totale nei confronti della cancel culture oppure io direi anche della trasformazione della cultura, perché spesso non la si cancella ma la si sofistica, ma questi sono altri discorsi.
Quello che penso è che il significato di questi simboli non debba venire meno; ripeto, siamo in un'aula dove ci fa compagnia un crocifisso e lo ha fatto anche a chi era prima qui, quindi pieno rispetto ma penso che sull'impegnativa - non me ne vorranno i colleghi ex amici di percorso, perché compagni... camerati... è meglio non andare a perdersi nei vari rivoli - sia meglio astenersi e il mio gruppo si asterrà su questa mozione.
Presidente - Consigliera Minelli ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Alcune delle premesse di questa mozione - è già stato rilevato dalla collega - sono del tutto strumentali, come strumentale e pretestuoso è stato il polverone che si è sviluppato a partire da fine giugno in seguito al convegno organizzato dalla Cattolica di Milano.
Un dibattito, se così vogliamo definirlo, alimentato dalla fretta, dalla superficialità, ma forse addirittura dall'insipienza, come qualcuno ha efficacemente notato, anche nella nostra regione.
Sull'intervento di Ferrari e sull'uso distorto che si è fatto delle sue parole, ha già detto bene la collega Guichardaz; aggiungo soltanto che durante quel convegno - che poi, se si è avuta la pazienza di documentarsi, è stato possibile capire di che cosa si è trattato si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e persino religioso.
Tutti i presenti hanno infatti concordato sulla necessità di mantenere le croci esistenti, testimonianze culturali e religiose erette nel passato, ma anche sull'opportunità di evitare l'installazione di nuovi simboli sulle montagne, innanzitutto per una forma di rispetto verso la montagna stessa, e va bene così oggi, e poi per una forma di sensibilità nei confronti di chi credente non è. Al convegno della Cattolica era presente anche monsignor Sanchez De Toca Alameda del Dicastero delle Scuole dei Santi che credo sia una persona che abbia una certa preparazione teologica, sicuramente religiosa e spirituale, che ha condiviso questo ragionamento.
Poi nei giorni successivi, sui vari organi d'informazione sono apparsi titoli ambigui e fuorvianti che hanno trasformato le considerazioni emerse e condivise in quell'incontro di giugno in una sorta d'improbabile e assurda crociata contro le croci in vetta.
Non sono mancati coloro che, a vario livello, hanno abilmente soffiato sul fuoco, quelle stesse persone che spesso amano ostentare la loro religiosità - vera o presunta non lo so, io credo vera - a suon di fotografie, con tanto di santini e rosari, e conditi da slogan che tirano in ballo ogni tre per due il Padre Eterno che, come ci ricorda invece Padre Francesco, non ha bisogno di quel tipo di propaganda, stucchevole agli occhi della stragrande maggioranza di chi vive e opera nella chiesa intesa come comunità di credenti. Ma tant'è.
In Valle d'Aosta si sono registrate al proposito, fra le altre, le posizioni autorevoli di due sacerdoti che possono essere considerati alpinisti e montanari a tutto tondo. Sono riportate queste dichiarazioni nel numero 3 della rivista "Montagnes valdôtaines" periodico del CAI Valle d'Aosta, in distribuzione proprio in questi giorni a chi è abbonato. Sono le voci di Don Paolo Papone, parroco di Valtournenche e alpinista provetto, e di Don Ivano Reboulaz, parroco di Bionaz, Valpelline, Ollomont e Oyace, gran camminatore e già direttore del CAI regionale.
Dice Don Papone: "Le croci sulle vette sono state degli eventi di comunità, avevano un senso popolare e un simbolismo molto forte; se viene a mancare quello, non è più legittimo. Oggi la croce in vetta può avere un significato emozionale ma è un fatto individuale e non più condiviso come in passato. Se proprio si vogliono metterne di nuove, devono essere piccole piccole, molto discrete, per evitare anche che possano far patire qualcuno".
Don Ivano Reboulaz, che, durante la processione di Oropa, mi ha accompagnata tante volte verso la croce del Colle della Barma di Fontainemore, un luogo a me molto caro, dichiara un'altra cosa: "L'idea di cristianizzare la montagna è venuta a formarsi nella seconda metà del 1800 e la posa di croci e di Madonne era anche la risposta al tentativo marxista e positivista di fare a meno di Dio. Si era poi al tempo della questione romana con Papa Pio IX prigioniero in Vaticano; così, ad esempio, si voleva addirittura costruire una cappella sulla cima del Monte Emilius, ribattezzandolo "Mont Pie" in onore del Papa, e intanto vi si era portata una piccola statua della Madonna che nel 1854 lo stesso Papa aveva dichiarato Immacolata. Ma, ai giorni nostri, le iniziative di gruppi - come quello degli Scout, di parrocchie varie, di associazioni come gli Alpini e via dicendo - non dovrebbero forse avere il placet del Comune o degli enti competenti per il paesaggio? Di questi tempi invece sempre più vengono posati bivacchi avveniristici nelle montagne per ricordare uno della famiglia, una guida, un amico, e il proliferare di questi simboli nel caso delle croci o di questi manufatti - è questo che a mio avviso dovrebbe suscitare dibattito - a chi servono realmente?"
Infine su "Montagnes Valdôtaines" del mese di settembre interviene anche il Presidente del CAI regionale, il quale aggiunge: "Nessuno ha mai comunque affermato di voler togliere quelle che ci sono, però, oltre a mantenerle, che esse siano valorizzate". La domanda è: perché andare a inserirne di nuovi? Se si intendono ricordare amici, personaggi, oppure avvenimenti diversi, forse si potrebbe immaginare qualcos'altro, qualcosa di plurale, come, ad esempio, la manutenzione di un sentiero o comunque opere utili per la montagna".
Io, da credente e da amante della montagna, condivido in toto questi pensieri e credo che le croci esistenti stiano bene laddove si trovano. Nella stragrande maggioranza dei casi sono poi i fedeli, le parrocchie, le popolazioni, le associazioni locali che provvedono, senza tanto clamore e senza bisogno di sollecitazioni da parte di Ministri e politici vari, alla loro manutenzione.
Al contempo, non vedo nessuna necessità di nuove installazioni come viene proposto anche nell'impegnativa di questa mozione.
In conclusione mi pare del tutto azzeccato il titolo dell'articolo che vi ho citato, che è questo: "E magari poi mettiamoci una croce sopra".
Io penso che sia la cosa migliore da fare, noi non voteremo questa mozione.
Presidente - Consigliere Distort per secondo intervento, ne ha facoltà. A lei la parola.
Distort (LEGA VDA) - Ringrazio i colleghi che sono intervenuti pur con posizioni differenti, perché mi permettono di chiarire alcuni elementi.
Prima di tutto io non scomoderò Don Paolo Papone e Don Reboulaz, che conosco benissimo. Conosco il loro pensiero e non ho bisogno di estrapolare alcune considerazioni per usarle a mio vantaggio. Non scomodo la posizione di nessuna figura all'interno della chiesa, che siano vescovi, cardinali, teologi, perché sappiamo benissimo che il Cardinale Muller e il Cardinale Zuppi fanno parte entrambi della chiesa cattolica. Entrambi sono cardinali ma non hanno perfettamente le stesse idee, per cui pensare di citarne uno piuttosto che tacerne un altro non è un esercizio di verità ma è un esercizio di strumentalizzazione a proprio uso e consumo, quindi portate pazienza ma le citazioni, le persone, le figure che avete portato come testimonial della vostra posizione di sradicamento, non valgono, portate pazienza.
C'è una riflessione che è al di sopra del pensiero delle singole persone. Il concetto è questo, molto semplice, molto concreto: voi oggi dite, nelle varie posizioni di chi si oppone a questa mozione e di chi si astiene rispetto a questa mozione: "Noi non abbiamo nessuna intenzione di rimuovere le croci". Il fatto concreto è questo - ve lo dice una persona che conosce il deperimento delle strutture e delle costruzioni - queste Croci spesso sono in legno, diverse sono in ferro, hanno basamenti che sono stati improvvisati attraverso l'opera di persone che si sono portate nello zaino o a dorso di mulo materiali per costruire il basamento di vincolo di queste strutture, quindi se non oggi, domani, tra un mese, tra un anno, tra qualche anno, deperiranno e saranno necessari gli interventi di manutenzione. Ed è lì che i vostri discorsi, sia contro la mozione, sia di astensione alla mozione dimostrano che voi siete oggi complici di uno sradicamento - coscienti o non coscienti - perché succederà questo. Dobbiamo decidere oggi quello che succederà domani.
Non venite per favore a raccontarla, soprattutto sul discorso delle culture: questo discorso che non bisogna mettere in atto dei segni per agevolare il dialogo tra le diverse culture; questa narrazione è fasulla, è la più grande falsità che sta dilagando nel pensiero comune contemporaneo, perché significa che io cancello la mia identità, rimuovo, mi astengo dalla mia identità per favorire il dialogo. Sarebbe come dire che io mi nascondo nel momento in cui dialogo e comincio a cancellare la mia identità, la mia faccia, comincio a trasformarmi, comincio a trasformare il mio pensiero in modo che non si capisca. Questa non è una cosa che viene da Distort.
Quello è il rischio di questa visione, dell'omissione della propria identità in nome del dialogo, è fasullo. Io dialogo con qualcuno di voi nel momento in cui voi mi riconoscete, nel momento in cui voi sapete qual è il mio pensiero, altrimenti non è un dialogo, è una presa in giro, oppure è un silenzio, è un vuoto.
Mettiamo in chiaro perché questo è un elemento fondamentale. Su questo si gioca non solo il dibattito tra chi è fautore di un'identità cristiana o chi non lo è, ma si gioca proprio il vero dibattito, l'incontro tra le culture.
Io vi posso assicurare che ho parlato da cristiano, addirittura con richiami alla parola di Dio, con dei musulmani e ho percepito l'apprezzamento da parte loro di questo dialogo, perché questo è dialògos, perché nel momento in cui io rifiuto, abdico rispetto alla mia identità, io non sto dialogando.
Io poi rispetto le vostre posizioni, soprattutto delle colleghe Guichardaz e Minelli, che ovviamente si collocano in una forza politica che segue perfettamente quest'ordinamento culturale. Voi dite: "Non siamo a favore della cultura, della cancellazione", ma di fatto ne siete complici, perché il meccanismo della finestra di Overton opera così, non porta immediatamente a una posizione che sarebbe poco condivisa. La finestra di Overton comincia con lo stabilire tutta una serie di passaggi molto neutri, molto astensionisti, molto piccoli, passaggi incrementali per arrivare passo dopo passo all'obiettivo finale, che era la volontà iniziale di cancellare una certa posizione. È la finestra di Overton.
Portate pazienza, ma senza fare lo sproloquio sui meccanismi della manipolazione, in quest'aula o noi abbiamo chiari certi meccanismi, oppure non abbiamo gli elementi per decidere.
Io apprezzo la trasparenza del collega Aggravi che dice: "Dal momento in cui abbiamo presentato la mozione, in realtà non avevamo già espresso le nostre...
Io voglio soltanto dirvi e ricordarvi - ma poi siete maggiorenni e vaccinati - che quando a Pilato era stata proposta la condanna di Gesù lui non era assolutamente d'accordo a condannarlo. È chiaro che la sua posizione di astensione in una presa di posizione ha fatto sì che Gesù andasse alla crocifissione.
Con questo io non voglio darvi del Pilato, però voglio ricordarvi semplicemente che ci sono dei momenti in cui è importante saper posizionare una propria scelta.
In questo caso, sul discorso delle croci, questo è un momento particolare, proprio perché, ribadisco, fra cinque anni, fra dieci anni, qualche croce sarà da mantenere, e nel momento in cui si eseguiranno interventi di questo tipo, o avremo chiarito una disciplina che va in un ambito di tutela e valorizzazione di un'identità, oppure non l'avremo. Abbiamo intrapreso un'altra strada che ci impedirà di avere gli strumenti per garantire il patrimonio culturale, non affermazione di una confessionalità ma patrimonio culturale.
Poi sul fatto che nel momento in cui si difende il simbolo del Cristianesimo su una vetta, come in qualunque altra collocazione, è opportuno che ci sia un'adesione profonda di quello che è il senso di quella croce, io sono il primo a essere d'accordo, assolutamente. La Fede è l'elemento prioritario, ma tutto quanto nell'agire umano, nel mondo umano si manifesta attraverso segni.
Io vi sto parlando facendo vibrare le corde vocali, sto usando uno strumento concreto, sto facendo ricorso a riflessioni che hanno fatto parte della mia formazione.
Io in quest'aula sto parlando in giacca e cravatta per rispettare il simbolo del parlare all'interno del Consiglio regionale, sono segni.
Nel momento in cui voi manifestate l'affetto, l'affettività alla persona che amate, cercate il contatto, parole, lettere, regali. Sono segni, questa è l'antropologia: non sottovalutiamo oggi il valore di tutto questo e ribadisco: dietro questa mozione, non si nasconde minimamente la volontà di entrare nella bagarre delle varie posizioni né delle strumentalizzazioni, tant'è che io ho detto nella presentazione: "Obiettivo di questa mozione non è entrare in merito all'inclinazione ideologica di un esponente o dei vertici del Club Alpino Italiano, così come allinearsi o meno alle varie prese di posizione. Obiettivo di questa mozione è esplicitare la posizione del Consiglio regionale come espressione della comunità valdostana sul significato e sul ruolo dei simboli religiosi che connotano la nostra comunità è che spiccano sulle vette delle nostre montagne e di trattarle sotto il profilo dei beni culturali".
Questo è quanto, poi ognuno ha la libertà di scegliere la posizione da assumere.
È chiaro che ci sono delle scelte che, anche queste, sono dei segni. Rivelano qual è la nostra visione della vita, qual è la nostra visione dell'identità culturale, qual è la nostra visione dei valori.
Presidente - Siamo in discussione generale. Si è prenotato il consigliere Manfrin al quale passo la parola.
Manfrin (LEGA VDA) - La battaglia contro il crocifisso sulle montagne è quello che definirei l'emblema della nostra epoca, che è caratterizzata purtroppo dalla contrapposizione e molto meno dalla coesione e dalla fratellanza.
Questo purtroppo è - e lo dico a beneficio di tutti - un ennesimo conflitto che è stato scatenato dall'associazione Mountain Wilderness. Da tempo porta avanti la questione delle croci collocate sulle vette montane, a cui poi si è aggiunto il CAI, che poi ha fatto prontamente dietrofront dopo un iniziale schieramento verso il divieto di nuove installazioni. La collega Guichardaz ci ha detto che sono state formulate delle scuse non dovute e poi ci si è dimessi. Io mi sono chiesto obiettivamente se una persona formula delle scuse non dovute, per quale motivo dovrebbe dimettersi... Ah, "secondo lei" non sono dovute. Perfetto.
È evidente però - e questo è stato ricordato e lo apprezzo parecchio, perché credo che sia anche un punto importante del dibattito - che c'è una grande differenza tra il togliere le croci esistenti e l'installazione di nuove croci. Questa è stata una differenza sollevata, ma sappiamo benissimo, un po' così come in tutte le battaglie iconoclaste che si stanno combattendo in questo momento - abbiamo parlato anche di Cancel Culture più volte in quest'aula - che questo però non è nient'altro che un modo per creare le condizioni, il presupposto, i precedenti, che poi permettono la rimozione delle vecchie. Questo è il vero problema.
Oltre a questo bisogna prendere atto che il tema del crocifisso continua a portare sia discussione che polemica e qui sta il vero problema. Questo simbolo dovrebbe invece portare nient'altro che unione e amore tra la gente. La battaglia per la rimozione della croce nelle scuole e negli uffici pubblici passa ora anche dalle croci sulle montagne.
Devo ricordare a quest'Aula, mi spiace che non ci sia l'assessore Marzi, che il sottoscritto nel 2016 presentò una mozione perché risultava, da una verifica effettuata, che mancavano diversi crocifissi nelle aule scolastiche del Comune di Aosta. Quella mozione venne approvata- si spaccò in realtà l'Aula - la Stella Alpina e l'Union Valdôtaine votarono a favore, che pure erano in maggioranza, e una parte di opposizione votò contro quella mozione. La mozione passò per pochi voti e il giorno dopo mi avvisarono che c'era un bidello che correva per l'istituzione scolastica San Francesco portando il crocifisso in tutte le aule dallo scatolone di cartone in cui erano state relegate. Era stata anche una bella iniziativa e peraltro ricordo l'allora Presidente del Consiglio Monteleone che propose, laddove le croci mancassero, di incaricare degli artisti valdostani di produrle, per poi metterle nelle aule e quindi renderle così di nuovo munite di quel simbolo. Non è un vezzo, ma è frutto di una circolare ministeriale che impone la presenza del crocifisso in tutte le aule. Quindi non è facoltativo, è obbligatorio.
In ogni caso la lotta contro Cristo e il Cristianesimo continua, a volte subdolamente e a volte in maniera più aperta e decisa.
Non ho però timore di dire che chi si pone dalla parte a difesa di chi si sente offeso dal simbolo e lo trova divisivo è per primo lui stesso divisivo e cerca il pretesto per uno scontro.
Nessun cristiano, in visite, in permanenza in un paese dove prevale l'induismo, il buddismo, l'islamismo o l'ebraismo, si deve e si può sentire offeso dalle loro tradizioni, dalla cultura, e in particolar modo dalla loro religione.
Perché quando siamo accolti in un Paese con un'altra religione, dovremmo sentirci offesi dai simboli di quest'altra religione? Per quale motivo? Magari ci potremmo sentire in grande difficoltà se non potessimo professare liberamente ed esprimere la nostra fede, ma non credo che questo sia affrontato dalle associazioni di montagna.
Sembra che sia una questione di gentilezza che dovremmo porre. Qui velatamente è stato detto, anche magari direttamente, tramite citazioni. Perché una persona che arriva e scala la montagna, vede la croce e si sente offeso?
E appunto questo segno di gentilezza che dovremmo porre a chi è di altra religione che, scalando una vetta, si trova di fronte a una croce; una questione di rispetto perché in quel momento verrebbe meno e verrebbe scalfita la sua dignità e appartenenza di "Credo" per la propria religione, quindi questa risulterebbe divisiva.
Non so se questo ragionamento sia proprio corretto ma è quello più accreditato, è quello che ho sentito anche in quest'aula.
Posso anche arrivare a capire che qualcuno non si senta appagato nel vedere una croce, che magari non si sente entusiasta, ma che questo gli crei così tanta ostilità, proprio non riesco a comprenderlo.
Perché il nostro Gesù sulla croce dovrebbe creare difficoltà a chi lo vede?
È una domanda che sinceramente continuo a farmi e non riesco a darmi una risposta.
Per quale strano motivo una croce può risultare divisiva? In particolar modo a chi non crede? mi viene da pensare che se veramente questo simbolo di pace porta tanta ritrosia e tanto imbarazzo, tanta acredine, la persona debba essere gentilmente presa in carico dalle strutture sociali o al limite accompagnata al ritorno delle sue origini. Non vorrei invece che questa scusa, della mancanza di rispetto per chi non apprezza, non si riconosce o percepisce un certo fastidio nel vedere una croce, fosse un'invenzione dei nostrani italici colleghi e non, sostenuti - e questo purtroppo bisogna dirlo - dalle correnti globaliste e mondialiste, tra cui ovviamente la cancel culture, che, nascondendosi dietro le divisioni tra regioni e una migliore tolleranza tra i popoli, provano per l'ennesima volta a incriminare quei cardini culturali che sono nostri da ormai 2 mila anni.
Che lo si voglia o no, la nostra cultura si basa totalmente sul Cristianesimo, noi siamo il Cristianesimo, sia per chi crede sia per chi non crede.
La nostra vita è fatta di chiese, di oratori, di preghiere, di simboli religiosi, di arte religiosa, di turismo religioso, di luoghi sacri, di canti religiosi, di calendari, di santi e di appuntamenti religiosi.
Quindi cosa facciamo? Radiamo al suolo mezza Europa?
Perché il problema di queste battaglie - e queste sì sono anacronistiche - è che servono solo a dare un po' di visibilità a persone piccole e poco significanti, quelle che appunto vorrebbero pensare di avere un momento di visibilità per la rimozione di simboli che sono millenari.
A nome mio, e ovviamente a nome del gruppo Lega, esprimo la mia solidarietà a tutte le croci, vecchie e nuove, a tutti i simboli cristiani e cattolici. Resto profondamente grato alla cultura in cui sono cresciuto e che mi ha dato il dono della libertà, della libera scelta.
Ovviamente sosterrò con tutte le forze questa mozione.
Presidente - Se non vi sono altri interventi in discussione generale, chiuderei la discussione generale. La discussione generale è chiusa. Per il Governo, il Presidente della Regione ne ha facoltà.
Testolin (UV) - Abbiamo assistito a un dibattito, com'era prevedibile, abbastanza interessante con posizioni che molte volte si sovrappongono e, pur nella loro diversità, sono in qualche caso anche condivisibili.
Senza entrare nel merito delle premesse che hanno scatenato quest'ipotesi di questa mozione, queste arrivano da affermazioni sulle quali in qualche caso ci siamo già anche espressi.
Entriamo nel merito della mozione e soprattutto dell'impegnativa di questa mozione con alcune considerazioni che, al pari degli altri intervenuti, abbiamo voluto mettere un po' in fila, per non perdere le caratteristiche e i pensieri che vogliono dare una visione complessiva, così come è stato reso da quest'Aula in merito al valore delle croci e alla standardizzazione degli interventi di manutenzione, sostituzione e di nuova installazione e della loro ricollocazione all'interno di un percorso formalizzato, come quello che è stato proposto dal collega Distort all'interno di regole più stringenti.
Le croci sulle nostre montagne - così come vicino ai nostri alpeggi e sulle porte delle nostre antiche case di montagna - sono simboli, non solo della religiosità, ma anche della nostra cultura, delle nostre tradizioni, della nostra coscienza popolare.
Le croci sono segni millenari di devozione, di riconoscenza, di auspicio e di preghiera per la protezione delle nostre genti e degli abitanti, soprattutto nelle stagioni rigide; anche in ricordo di situazioni critiche più o meno lontane, più o meno conosciute, talvolta molto partecipate e talvolta invece molto più intime.
Talvolta le troviamo lungo i nostri sentieri, oggetto nel corso degli anni di ricerca, di studi e di valorizzazione; rappresentano esempi di spontaneità posti da comunità, da confraternite, da comitati, da villaggi, da persone che si sono autotassate e spesso si sono occupate personalmente della loro realizzazione, sovente con materiali recepiti in loco. Per tutte queste ragioni e per il rispetto che abbiamo e dobbiamo ai nostri antenati, tali simboli debbono certamente essere mantenuti laddove sono stati posti con queste finalità, non solo quale segno di religiosità, ma, come dicevo, anche come segnale della nostra cultura popolare.
In merito alle croci poste sulle montagne, quale proiezione verso il cielo e sguardo verso le terre sottostanti, non deve esserci dunque alcuno scontro e nessuna necessità di riaffermare qualcosa che è nei fatti.
Si ritiene dunque che la mozione presentata non rivesta utilità, fermo restando che la manutenzione e la sostituzione delle croci presenti sul territorio rimane in capo agli enti, ai comitati o agli altri soggetti che le hanno installate, ai quali la Regione - è giusto ricordarlo - non ha mai fatto mancare il proprio supporto, anche da un punto di vista di valorizzazione del contesto in cui si trovano, quali elementi caratterizzanti il nostro patrimonio storico, sociale, culturale e spirituale.
Chiaramente diverso è il caso relativo a nuove installazioni che dovranno essere, per quanto di competenza, valutate caso per caso nell'ambito del mutato contesto e tenuto conto dell'evoluzione della società.
Per queste riflessioni e per altre che parzialmente sono già state sviluppate anche durante il dibattito avvenuto in quest'aula e che sottolineano la correttezza della presenza di questi simboli e ne giustificano anche delle nuove evoluzioni, perché sono frutto di qualcosa che molte volte non è classificabile o catalogabile, per tutto questo comunichiamo l'astensione della maggioranza rispetto alla mozione presentata.
Presidente - Ci sono altre dichiarazioni di voto? La consigliera Minelli si era prenotata, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Per dichiarazione di voto, per ribadire che non voteremo questa mozione per le motivazioni che abbiamo esplicitato e non per altre che in qualche maniera ci sono state messe in bocca.
Qui non c'è nessuno che è adepto di cancel culture, di cancellazione della cultura del passato. Si fanno delle valutazioni sulla cultura, si è perfettamente consapevoli di quello che la posa di croci o di altri simboli religiosi ha rappresentato nel passato, nella nostra cultura come in altre culture, ma respingiamo con forza quanto in qualche maniera si è voluto forzatamente farci dire.
Il collega Manfrin ha pronunciato il suo secondo intervento con molta enfasi. Io mi sono anche chiesta a un certo punto se il collega Manfrin ha partecipato al dibattito qui dentro o se pensava di essere da un'altra parte, perché nessuna delle persone che ha parlato qui oggi ha fatto dei riferimenti alla volontà di cancellare quei segni del passato. È stato detto che sono dei segni da rispettare. Personalmente ho detto che sta a chi è nel suo territorio, è nelle comunità, fa parte delle associazioni, di sistemarli quando hanno bisogno di manutenzione, che poi è quanto ha detto anche poco fa il Presidente.
Il discorso sulla posa di nuovi simboli, di nuove croci, eccetera eccetera, è altra cosa ed è su quello che soprattutto credo vada fatta una riflessione che, per quello che mi riguarda, è una tendenza a dire "Meglio di no". Non mi sono tanto riferita al rispetto delle persone quanto a quello della montagna. Io credo che la montagna sia un santuario naturale, soprattutto per chi crede, e se un tempo era necessario marcare in qualche maniera la forza della propria fede, dell'appartenenza religiosa anche attraverso dei simboli che erano imponenti - perché poi è stato anche fatto questo, le statue del Redentore, una più alta dell'altra eccetera eccetera - credo che oggi non ci sia bisogno di questo, ma si potrebbero utilizzare altre forme di testimonianza, sia del rispetto della cultura cristiana del passato, sia, per chi è religioso, forme di testimonianza della propria religiosità che siano molto meno invasive, impattanti, più sobrie, e credo anche che potrebbero smuovere forse qualche cosa di più nelle persone, che non elementi monumentali.
Noi non voteremo questa mozione non perché crediamo che occorra cancellare i segni del passato ma perché bisogna rendersi conto che ci sono delle situazioni oggi diverse oggettivamente dal passato.
Si fa una manutenzione di ciò che c'è. La faranno le persone che sul territorio sanno quello che devono fare, dopodiché sul resto credo che sia meglio essere davvero più sobri.
Presidente - Consigliere Restano, ne ha facoltà.
Restano (GM) - Molte volte i dibattiti in quest'aula si ricordano perché sono stati utili a chiarire le idee; devo confessare che per limiti personali oggi, al termine del dibattito, le idee sono un po' confuse.
Detto questo, vorrei ricordare all'Aula che il 29 di giugno di quest'anno a Valpelline si è tenuta una serata dove si è parlato di montagna. Uno scrittore alpinista belga, Bernard Marnette, ha presentato il proprio libro che racconta della Valle d'Aosta e delle imprese alpinistiche, soprattutto dei preti alpinisti.
In tale occasione sono intervenuti i due famosi parroci alpinisti, che hanno trattato proprio dell'argomento in questione.
Ebbene, uno di questi due parroci si è soffermato sul significato delle croci in montagna che oggi (magari mi è sfuggito) non è stato ricordato in questa sala; soprattutto riguarda e interessa il tempo in cui si sono raggiunte per la prima volta queste vette o soprattutto quando è stata celebrata la prima messa in cima a una vetta.
Lo ricordo anche con piacere, perché uno dei parroci alpinisti è stato l'Abbé Henry, che è nato a Courmayeur ma è vissuto per oltre 48 anni a Valpelline e da lì ha scritto molta della storia dell'alpinismo e dei preti ai primi del '900.
Certo è che raggiungere una vetta e celebrare una messa ai primi del '900 è diverso che farlo in data odierna, è una cosa completamente diversa - l'ha ricordato il collega Distort - all'epoca la croce veniva portata a spalle in cima a una vetta importante e montata in vetta. Oggi viene portata con altri mezzi, quindi il significato è completamente diverso nel descrivere l'impresa e soprattutto nel compierla.
Detto ciò, quanto ho potuto apprendere e capire in quell'occasione - proprio dai parroci e preti alpinisti - è che è importante mantenere le attuali croci, ma soprattutto ponderare bene ciò che viene fatto oggi in montagna e il significato che si vuole dare alla presenza di questi simboli.
Non ci si è soffermati - e guardo la collega Minelli - su bivacchi e rifugi, perché in quell'occasione si parlava d'imprese e di simboli religiosi in vetta.
Per quanto ho capito in occasione di quella serata e ho potuto capire oggi, il mio voto sarà di astensione.
Presidente - Consigliere Baccega, ne ha facoltà per dichiarazione di voto.
Baccega (FI) - Direi che questa mozione ha animato il dibattito in modo significativo e ci ha fatto capire che ci sono delle divergenze che, secondo noi, sono anche esasperate per certi aspetti.
Abbiamo valutato con attenzione questa mozione, abbiamo dei valori, valori che Forza Italia si porta dietro, che sono valori di libertà, sono valori cristiani, quindi riteniamo che l'impegno di questa mozione ci sia tutto.
Per questo noi sicuramente voteremo a favore di questa mozione.
Presidente - Consigliere Manfrin per dichiarazione di voto.
Manfrin (LEGA VDA) - Non avrei voluto intervenire, ritenevo di aver esplicitato il mio pensiero nel mio intervento, ma una collega, che non citerò per non innescare dei fatti personali, ha detto che probabilmente io non ho ascoltato il dibattito.
Nel dire questo, ha detto che nel mio secondo intervento io avrei asserito qualcosa di differente, quindi ricordo alla collega che sono intervenuto una volta sola, quindi probabilmente chi non ha ascoltato il dibattito non sono io, ma a questa collega - così distratta dal dibattito e da quello che si è detto - mi piacerebbe ricordare un passaggio.
Ho detto che una questione particolarmente importante era la differenza fra il rimuovere le croci esistenti e il non installarne di nuove; queste sono due cose differenti, ma ho anche detto, in maniera molto chiara, che chi sostiene in maniera furbesca la questione del "Non bisogna installarne di nuove, ma le vecchie per carità", obiettivamente sta utilizzando un mezzo subdolo per cominciare a introdurre quel sistema che è proprio quello che è stato poi esplicitato. Le nostre belle montagne che non hanno niente, così gli togliamo tutto quanto, così ritornano ai loro fasti e ai loro splendori.
Consiglierei a questa collega di provare adesso magari a dire che: "Le strade in montagna sono belle, però non costruiamole di nuove e poi magari anche quelle che ci sono facciamo in modo che scompaiano, così la montagna rimarrà inalterata e ce la guardiamo da sotto perché senza strade non ci si può più salire".
Magari potrebbe essere un consiglio e una nuova iniziativa che potrebbe portare avanti, noi ovviamente - a quello che è stato giustamente definito la finestra di Overton - si dice una cosa: l'obiettivo non è quello, è un altro, ma è un modo per cominciare a parlarne. Ovviamente non ci siamo e riconfermo il voto favorevole a questa mozione.
Presidente - Consigliere Distort per dichiarazione di voto.
Distort (LEGA VDA) - Io posso già dirmi particolarmente soddisfatto che per tutto questo tempo l'Aula abbia preso seriamente in discussione questo argomento. Sono sicuro che qualcuno ci giudica e dice: "Ma voi siete stati tutto questo tempo in Consiglio regionale a parlare di croci sì o croci no". Questo rivela il fatto di quanto sia importante l'identità e la cultura, anche perché tutto il futuro è costruito sulla base di chi siamo, è un po' come dire: "Il futuro è un sapore antico, un albero può permettersi di crescere solo ed esclusivamente perché ha delle radici".
Io vorrei comunque fare solo due considerazioni ancora come dichiarazione di voto, oltre a questa della soddisfazione, e ringraziare tutti coloro che hanno partecipato al dibattito. Vorrei ricordare due cose, anzi tre.
La prima, probabilmente è un caso che il titolo di questo punto n. 11 è "Simboli cristiani". Caso nel senso che c'è qualcuno che ha redatto questo titolo sintetizzando in questo modo.
La parola "Simbolo" è la parola tecnica che si è sempre usata per esprimere il "Credo". Il "Credo" si chiama, in termine più corretto, il simbolo della fede.
Il "Credo" rappresenta i valori che noi ci portiamo dentro e in base ai quali noi costruiamo il nostro agire quotidiano, in qualunque confessione religiosa.
Questa è la prima riflessione, quindi mi sembra abbastanza significativo che di fronte a questo termine, "Simboli", ci sia qualcuno che abbia manifestato una propria posizione e chi invece, con tutta una serie di giustificazioni, va a esprimere una posizione di astensione.
Altro elemento è un elemento di coerenza. Io adesso non vorrei mettere in difficoltà due persone, però questo è quanto. Siccome l'attività del Consiglio si esprime per atti, io mi ricordo perfettamente un'iniziativa presentata dal gruppo Pour l'Autonomie sulla valorizzazione dei simboli cristiani nell'ambito delle nostre montagne, lungo i percorsi. Mi ricordo che era stata espressa e narrata, quindi presentata molto bene, dal collega Rollandin, e non avevo assolutamente dubbi che l'avrebbe presentata bene, perché è una persona che crede profondamente a questi valori.
Per cui io mi chiedo come mai oggi, in che modo oggi Pour l'Autonomie prenderà una posizione diversa rispetto a quanto loro stessi, in questa legislatura, hanno presentato.
Per concludere, ribadisco quanto contenuto nella preghiera dell'alpino, in quanto sono alpino: "Rendi forte le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana".
È chiaro che nessuno sta minacciando, ma il non prendere posizione per tutela futura, non è tanto diversa da una minaccia rimandata.
Presidente - Se non ci sono altre dichiarazioni di voto, mettiamo in votazione la mozione. Non vedo richieste, la votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 35
Votanti: 9
Favorevoli: 9
Astenuti: 26 (Aggravi, Barmasse, Bertin, Bertschy, Brunod, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Grosjacques, Guichardaz Erika, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Lucianaz, Malacrinò, Marguerettaz, Marzi, Minelli, Padovani, Planaz, Restano, Rollandin, Rosaire, Sapinet e Testolin)
La mozione non è approvata.