Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2708 del 27 luglio 2023 - Resoconto

OBJET N° 2708/XVI - D.L. n. 110 et P.L. n. 106: "Dispositions pour la célébration du quatre-vingtième anniversaire de la Résistance, de la Libération et de l'Autonomie. (Retrait d'un ordre du jour. Approbation de la question préjudicielle sur un autre ordre du jour)".

Bertin (Presidente) - Alla presenza di 29 Consiglieri, riprendiamo l'analisi dell'ordine del giorno. I punti 5.01 e 6.06 saranno affrontati congiuntamente. Pertanto, iniziamo da questi due punti. Si esamina il nuovo testo risultante dal coordinamento del disegno di legge n.110 e della proposta di legge n. 106. Il nuovo testo è predisposto dalle Commissioni consiliari Prima e Quinta. Sono stati depositati due emendamenti della Lega che la Conferenza dei Capigruppo, nella riunione di ieri, ha ritenuto, in deroga al Regolamento, di ammettere all'unanimità, pur essendo pervenuti oltre i termini regolamentari.

I relatori sono, per la Prima Commissione, il consigliere Lavevaz, e, per la Quinta Commissione, il consigliere Padovani; per la proposta di legge il relatore è, per la Prima e per la Quinta, la consigliera Minelli.

Padovani (FP-PD) - Il presente articolato reca "Disposizioni per la celebrazione dell'ottantesimo anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia della Valle d'Aosta", al fine di fornire un quadro normativo unitario alle iniziative e ai progetti programmati dall'Amministrazione regionale o proposti da altri soggetti nel rispetto delle finalità di cui all'articolo 1 del testo in questione.

Il testo è stato redatto dalla Prima e dalla Quinta Commissione consiliare permanente ed è il risultato del coordinamento tra il disegno di legge regionale 110 e la proposta di legge regionale 106.

Il presente testo ha avuto parere favorevole a maggioranza delle Commissioni stesse.

Questa proposta legislativa è un importante strumento di preservazione e diffusione della memoria storica legata al periodo che va dal settembre del 1943, mese nel quale i democratici cristiani, azionisti, liberali, socialisti, comunisti e in Valle d'Aosta gli autonomisti, diedero vita al Comitato di liberazione nazionale a seguito del crollo del fascismo e l'invasione dei nazisti.

Eventi che portarono alla nascita della Repubblica italiana con la sua Costituzione, all'Autonomia speciale della nostra Regione e, infine, alla promulgazione del suo Statuto, che ne definisce gli elementi fondamentali.

La Resistenza rappresenta una pagina fondamentale della storia italiana, un capitolo di eroismo, sacrificio e determinazione, che ha visto uomini e donne unirsi in una lotta coraggiosa contro l'oppressione nazifascista.

Attraverso atti di coraggio e sacrificio, le partigiane e i partigiani hanno dimostrato una straordinaria forza nella difesa dei valori fondamentali dell'umanità: libertà, giustizia sociale e democrazia. Questa lotta per la libertà ha plasmato la coscienza collettiva e l'identità del nostro Paese, insegnandoci la preziosa lezione che i diritti fondamentali devono essere difesi con tenacia e determinazione.

La Liberazione dal nazifascismo ha segnato l'inizio di una nuova era per l'Italia, caratterizzata da una crescente consapevolezza dei valori democratici e dei diritti per tutte e tutti. Il popolo italiano ha dimostrato la sua volontà di lottare per un futuro migliore, basato sulla pace, sulla solidarietà e sulla tolleranza. Trasmettere questa memoria storica alle generazioni future è cruciale per assicurare che le tragedie del passato non vengano dimenticate e che il nostro impegno verso la costruzione di una società più giusta e inclusiva sia costante.

L'Autonomia della Valle d'Aosta è una conquista di fondamentale importanza per la regione e per la sua gente. Rappresenta un riconoscimento dell'identità culturale e storica della Valle d'Aosta, consentendo ai suoi cittadini di avere una maggiore partecipazione nel processo decisionale e nella gestione delle questioni che li riguardano direttamente.

Trasmettere la memoria storica della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia della Valle d'Aosta è un dovere che abbiamo nei confronti delle vittime, dei sopravvissuti e delle future generazioni. Questi eventi hanno plasmato la storia del nostro Paese e hanno avuto un impatto profondo sulla costruzione della nostra identità. Senza la conoscenza di questi fatti storici, rischiamo di perdere una parte fondamentale della nostra eredità culturale e dei principi su cui è fondata la nostra società.

Questo sforzo ci aiuterà a garantire che le future generazioni continuino a comprendere il valore della libertà, della democrazia e della diversità culturale, e ci spingerà ad agire con responsabilità e determinazione per proteggere i diritti civili, sociali e costruire un futuro migliore per tutte le persone.

Cette proposition se compose de quatre articles: en particulier, l'article 1er indique, justement, l'objet et les finalités du projet de loi. L'article 2 confie les fonctions du Comité pour les célébrations du quatrevingtième anniversaire de la Résistance, de la Libération et de l'Autonomie de la Vallée d'Aoste au Comité pour la promotion et le soutien des initiatives pour la Mémoire à qui s'adjoint les présidents des Commissions du Conseil compétentes en matière d'institutions et autonomie, ainsi que d'éducation et culture. L'article 3 prévoit que la Région peut octroyer des aides à des organismes publics et privés en vue de soutenir la réalisation d'initiatives spéciales répondant aux finalités du projet de loi en question et confie l'établissement des modalités, des procédures et de tout autre aspect relatif à l'application de celui-ci au Gouvernement régional, qui y pourvoit après présentation au Comité visé à l'article 2. Quant à l'article 4, il concerne les dispositions financières, alors que l'article 5 porte déclaration d'urgence.

Presidente - Si è prenotata la Consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - La proposta di legge che abbiamo depositato il 31 maggio scorso, volutamente e significativamente a ridosso delle celebrazioni per la festa della Repubblica nata dalla Resistenza, è in continuità con quella approvata dal Consiglio regionale nel 2013 per celebrare il 70° anniversario e si basa quindi su un modello operativo già sperimentato con risultati positivi dieci anni fa, nel periodo 2013-2018.

L'articolato è preceduto da una relazione che ha l'intenzione di ricordare, sia pur brevemente, che gli anni compresi tra l'8 settembre del '43, giorno dell'armistizio, e il 26 febbraio del '48, data di nascita del nostro Statuto speciale, sono stati decisivi per la definizione e il rinnovamento democratico delle istituzioni italiane e valdostane.

Anni i cui avvenimenti salienti vanno quindi ricordati e celebrati degnamente, al fine di conservarne la memoria e tramandarne alle nuove generazioni il valore e il significato.

Il caso ha voluto che si discutesse di questi progetti di legge proprio a ridosso del 25 luglio, un momento significativo, perché esattamente 80 anni fa cadde il regime fascista dopo una serie di avvenimenti susseguitisi nella primavera del '43 e culminati con la riunione del Gran Consiglio del fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio e la destituzione di Mussolini.

La proposta da noi depositata è un testo semplice, che consta di quattro articoli. L'articolo 1 stabilisce che la Regione celebra l'80° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia patrocinando, promuovendo, organizzando e finanziando apposite iniziative per gli anni dal 2023 al 2028.

L'articolo 2 attribuisce al Comitato per la promozione e il sostegno di iniziative per la Memoria, istituito con legge 12 marzo 2012 n. 6, le funzioni di Comitato per le celebrazioni dell'80esimo anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia della Valle d'Aosta, Comitato che viene integrato con alcune figure.

L'articolo 3 stabilisce che la disciplina di ogni altro adempimento relativo all'applicazione della legge sia demandato alla Giunta regionale.

L'articolo 4 reca le disposizioni finanziarie mediante l'istituzione di un fondo le cui risorse saranno attribuite alle strutture regionali che realizzeranno o parteciperanno alla realizzazione delle singole iniziative sulla base delle leggi regionali vigenti.

Il disegno di legge depositato dalla Giunta il 27 giugno scorso è molto simile alla nostra proposta e riteniamo positivo che si sia giunti, dopo un confronto in Prima Commissione, ad una sintesi e ad una predisposizione di testo congiunto.

Il disegno di legge n. 110 è stato mantenuto come testo di base ed è stata recepita la nostra proposta di aggiungere all'articolo 2, comma 3, la possibilità di partecipare al Comitato incaricato di raccogliere ed esaminare le proposte, per i Sindaci dei Comuni eventualmente interessati dagli eventi, nonché i promotori e i responsabili delle varie iniziative.

Riteniamo infatti necessario che le comunità e i soggetti che organizzano questi eventi siano coinvolti, à tour de rôle, nelle riunioni del Comitato, nell'ottica dello spirito stesso della legge, che non è di mera celebrazione istituzionale ma è di promuovere una memoria attiva.

Altro elemento importante, frutto del confronto tra i due testi di legge, è la modifica del comma 2 dell'articolo 3 che non indica più il limite rigido dei trenta giorni per la definizione dei criteri di valutazione delle spese nell'apposita deliberazione di Giunta, ma demanda più semplicemente alla stessa la definizione di tali criteri che, nel tempo, potrebbero variare, tenuto conto che la legge riguarderà celebrazioni e iniziative fino al 2028 delle quali, al momento, non si conoscono tutte le possibili articolazioni.

La modifica interviene quindi su quello che era, a nostro avviso, un appesantimento burocratico che è bene evitare.

Infine l'articolo 4, relativo alle disposizioni finanziarie, prevede una spesa globale superiore a quella da noi prevista inizialmente, aspetto che accogliamo favorevolmente.

Ringrazio i colleghi della Prima Commissione che hanno partecipato all'esame delle due proposte, in particolare il Presidente Lavevaz che ha collaborato fattivamente alla predisposizione del nuovo testo di Commissione.

Concludo prendendo a prestito le parole di uno scrittore che non ha nulla a che vedere con la storia della nostra Resistenza e della lotta per la Liberazione, uno scrittore cinese, Wang Shuo, che ha indagato il rapporto tra memoria e passato.

Shuo dice: "Perdere il passato, significa perdere il futuro".

Condivido pienamente le sue parole e credo che si attaglino perfettamente anche al significato di questo nuovo testo di legge.

Presidente - Dopo l'illustrazione delle relazioni, possiamo aprire la discussione generale. La discussione generale è aperta. Chi vuole intervenire in discussione generale si prenoti. Si è prenotato il consigliere Cretier, a cui passo la parola.

Cretier (FP-PD) - Intervengo per una breve dichiarazione a sostegno di questo disegno di legge con un testo finale che ha messo assieme un disegno di legge ed una proposta di legge.

Ha detto bene il collega Padovani, relatore del disegno di legge, che assieme - e ripeto assieme - anche sotto diverse bandiere ideologiche, le varie formazioni partigiane diedero vita ad una lotta di liberazione comunitaria, con un solo obiettivo: liberarsi dall'oppressore, che sia stato straniero o italiano.

La storia non si cancella o si modifica a piacimento, è quella che ci ha portato alla democrazia.

Ho sentito in quest'Aula dichiarazioni fuorvianti, definendo buoni o cattivi partigiani, autonomisti e non, quelli di sinistra definiti pericolosi. Non credo sia stato così, seppur con particolarismi diversi, l'obiettivo era solo uno: la libertà.

Il disegno di legge rende onore ai momenti storici del '43 e '48, e pone le basi per le sue legali celebrazioni, ricordando i passaggi e le date storiche già citate da altri, un susseguirsi di eventi importanti da tramandare ai giovani.

Fare memoria non è solo ricordare il passato, ha un significato di conoscenza, per fare nostre le storie del passato, comprendere le ragioni, per poi cambiare il presente.

Molti hanno letto e studiato i testi, io ho ascoltato dalla viva voce di molti: anche dopo 50 anni si leggeva ancora nei loro occhi la tragedia vissuta.

La memoria, come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Le radici in una comunità, fare memoria, è condizione affinché la libertà conquistata continui ad essere trasmessa e vissuta come un bene indivisibile". Aggiungo poi io: non di una sola parte, non di un'associazione, non di un gruppo, ma di una nazione e di un popolo ed in questo caso di una Regione.

Celebrare l'80° è un atto di civiltà, di memoria e di libertà.

Presidente - Altri in discussione generale? Se non vi sono altre prenotazioni... Consigliere Rollandin, ne ha facoltà.

Rollandin (PA) - Je crois que des interventions qu'on a déjà écoutées on a deux aspects importants. D'un côté, l'école: je crois que c'est nécessaire de faire comprendre aux différents échelons de l'école ce qui a été et ce qui va devenir pour nous cette date. Faire comprendre quel a été l'engagement de nos ancêtres par rapport à ce qui s'est passé. Et si aujourd'hui on peut tranquillement en parler, c'est merci au travail qu'on a fait à ce moment. Je crois que dans ce sens, tout ce qu'on peut faire c'est de prendre un engagement important et que chaque année on puisse revenir sur ce thème pour comprendre ce qui s'est passé, surtout pour les jeunes, dans les écoles et à tous les niveaux, afin de comprendre que ce qu'on dit aujourd'hui n'est pas seulement pour cette journée, mais c'est pour la vie. Et dans ce sens, je crois que ce serait bien de faire une vraie invention vis-à-vis de tous ceux qui ont la possibilité d'y travailler et de rappeler ce qui a été, afin de faire comprendre qu'il ne faut plus arriver à ce thème. Je crois que c'est difficile, mais c'est nécessaire. Surtout pour les jeunes, car autrement on risque de nous rappeler les uns aux autres ce qui s'est passé, mais de ne pas avoir la possibilité de revoir en mieux ce qu'on doit faire pour faire respecter la liberté de nous tous.

Presidente - Consigliere Lucianaz, a lei la parola.

Lucianaz (LEGA VDA) - Je commencerai par les aspects formels de ce projet de loi. Transmettre la mémoire des événements et des protagonistes de la Résistance, de l'Autonomie valdôtaines et approfondir la réflexion sur les origines, autant dispositions avec la loi régionale 2013 pour la célébration du 70e anniversaire de la Résistance, la Libération de l'Autonomie. Voilà, ça c'était - le texte que je viens de vous lire - ce qui s'est passé il y a 10 ans, avec la loi régionale proposée par le Président du Gouvernement régional Laurent Viérin et le Président du Conseil régional, Joël Farcoz.

C'est-à-dire, vous avez fait copier-coller - si on peut dire l'expression française - de ce qui s'est passé il y a 10 ans. Mais bon, c'est vrai qu'à l'époque on avait quand même produit l'intéressant bouquin d'André Zanotto "Il lungo cammino verso lo Statuto d'Autonomia", qui était quand même une contribution importante pour connaître cette période.

Donc, vous avez essayé de copier ce qui c'est passé il y a 10 ans, vous n'avez même pas changé le titre qui est resté le même : "la Résistance, la Libération, l'Autonomie"... enfin, pas trop de fantaisie, mais ce qui compte c'est de rappeler les valeurs de ce message.

Alors, à mon avis, il faut avoir le courage de dire ce qui s'est passé à l'époque. J'avais demandé, en Première Commission, d'écouter en audition quelques personnages - des historiens de l'Institut historique - qui pouvaient nous raconter ce qu'effectivement c'est passé, surtout après qu'on a découvert une série de documents dans les archives, qui ont sensiblement donné un point de vue différent à ces épisodes.

Naturellement, la majorité et le Président Lavevaz ont refusé, en disant que le Conseil régional, et surtout la Commission, n'est pas le lieu pour faire de l'histoire. Mais justement ici, dans ce projet de loi, on parle de l'histoire, on parle de valoriser le patrimoine historique, politique, social et culturel. Donc, encore une fois, l'hypocrisie qui règne.

Bon alors pas question de parler d'histoire, on ne parle pas d'histoire si ça vous dérange. Mais, quand même, je crois que, après quatre-vingt ans, c'est le moment de dire qu'il y a une période historique qui est terminée et qu'il y a l'actualité.

Et moi, franchement, entendre encore les mots "fasciste" et "communiste" commence à me déranger. C'est une considération tout à fait personnelle. Mais je crois que les conditions actuellement sont différentes, surtout pour moi que dans cette Salle, j'ai été condamné pour avoir eu la liberté d'exprimer mes opinions sur la restriction des libertés personnelles qu'on a passé il y a 2 ans. Donc, voilà que les nouvelles valeurs de la liberté sont maîtrisés d'une façon, je dirais, un peu étonnante. Mais pas question de revenir sur ça. Donc, faisons comme vous le proposez: cinq ans de cette salade que vous avez mis dans ce projet. Donc, on fêtera la Résistance, on fêtera la Liberté, on fêtera l'Autonomie. Pourquoi ne pas fêter ces formidables Valdôtains qui ont lutté pour l'indépendance de leurs terres? Et je parle d'une grande partie de résistants valdôtains qui ont dû prendre la France pour se réfugier et ne pas être mis en taule.

Et voilà qu'il faut, à mon avis, rappeler l'effort formidable de Vincent Trèves, de Marie Nouchy, de Millo Real, de tous ces jeunes Valdôtains qui - même s'ils avaient grandi dans les 20 ans de dictature fasciste, et donc avec tous les messages que les 20 ans d'une certaine culture dans l'école, dans les messages publics, dans les manifestations, ont essayé de plasmer - ont su, quand même, après 20 ans - je répète - de dictature, avoir une idée tout à fait différente, une idée de valorisation de leur culture, de leur langue, de leur liberté.

Et je crois qu'il y a d'autres valeurs à rappeler de cette période, pas seulement la liberté et pas seulement la Résistance. Il y a eu un peuple qui a demandé deux fois publiquement une consultation populaire; deux fois les places occupées: place Chanoux - qui à l'époque s'appelait encore place Charles-Albert et suite à cette manifestation on a refusé de changer le nom en place Chanoux, ce qui arrivait après, c'était exactement le 18 mai '45 - et là c'est le char armé des forces alliées qui ont arrêté la manifestation. Donc, les Anglais ont empêché aux Valdôtains d'exprimer librement leur volonté de consultation populaire. Mais les mêmes faits sont arrivés le 26 mars '46, quand, encore une fois, les Valdôtains réclamaient une consultation populaire et voilà que là, au contraire, il y a eu les partisans, les forces contraires à l'expression du séparatisme qui ont empêché ça, en première personne le Président du Conseil régional, Chabod.

Donc il faut rappeler ça aussi: il faut rappeler que la démocratie en Vallée d'Aoste a été toujours supprimée. Supprimée tant par les forces militaires que par des dessins supérieurs sûrement économiques. Et que quand même cette expression, encore une fois, avait essayé d'être proclamée avec l'expression d'un nouveau projet de Statut spécial voté à l'unanimité par le Conseil régional. Mais encore une fois Rome, n'a pas écouté.

Voilà qu'on a ce Statut, maintenant on glorifie ce Statut, qui est quand même une loi constitutionnelle; mais ce que je veux rappeler à cette Assemblée, c'est que le Statut constitutionnel dérive de l'approbation de la Constitution italienne du 10 janvier '48. Alors que l'Autonomie valdôtaine - qui est un concept bien plus important - remonte au 7 septembre '45 et elle est précédente - je le répète, est précédente - à la République italienne, à la Constitution italienne. Donc c'est sur ce point qu'il faut être fort et résistant.

Moi, je n'ajoute pas autre chose, j'ai déjà dit en Commission ce que j'avais à dire: à mon avis il n'y a pas la volonté de séparer des concepts qui sont bien différents. Il suffit de dire que le 30 avril '45 pour bloquer l'avancée de l'armée française qui menaçait (les Sénégalais français menaçaient) de descendre à Aoste, il y a eu un accord entre l'évêque, entre le capitaine Adam et les forces fascistes pour contrecarrer cette avancée. Et donc quand on parle de Résistance aux fascismes, et en même temps l'histoire nous dit, clair et net, qu'il y a eu des grands accords militaires et politiques entre la dernière période fasciste et la Résistance, à mon avis c'était le cas de faire plus de clarté et de dire aux jeunes valdôtains comme les choses se sont passées. Ce n'est pas toujours blanc et noir, on le sait bien, ça a été une période très difficile avec des changements de camp impressionnants, et donc la première chose, avant de fêter et lancer des messages universels, c'est de connaître les faits.

Presidente - Consigliere Perron, a lei la parola.

Perron (LEGA VDA) - Utilizzerò il mio intervento anche per illustrare - visto che ho più tempo - quello che sarà il nostro emendamento successivo (ringrazio già i colleghi che hanno permesso che fosse presentato).

Abbiamo avuto un problema con la mail, abbiamo fatto un errore materiale, c'è stato un atto di fair play nei nostri confronti, di poter inserire l'emendamento; ringrazio, il fair play è sempre una buona cosa. Ci si può scontrare duramente sulle idee, siamo qua per questo, ma il fair play è un livello superiore, quindi ringrazio.

Venendo a noi, il tema è storico, bene fa il collega Lucianaz a ricordare o anche come è stato detto: è chiaro, questa non è un'assemblea che deve parlare di storia, non è l'argomento principale, ma dobbiamo ricordarci chi abbiamo avuto seduto qui dentro, uno dei più grandi storici, probabilmente, anzi, senza "probabilmente", Federico Chabod, considerato ancora oggi uno dei più grandi storici, e quindi intellettuali, europei. Dunque, anche alzare il livello e fare considerazioni storiche in quest'assise, direi che è una forma di rispetto verso qualcuno di grande che ci ha preceduto.

Venendo ancora al tema storico, è chiaro che c'è un rapporto molto stretto, in realtà, tra la storia e quella che è la politica: non potrà mai essere dimenticata questa cosa qua.

Non c'è un solo modo di guardare alla storia e agli avvenimenti storici: un conto sono i fatti storici, un conto sono le interpretazioni e non ce n'è una soltanto, ce ne possono essere varie.

C'è una storiografia di tipo liberale, c'è una storiografia marxista, c'è una storiografia cattolica; le idee politiche interpretano i fatti storici a seconda del loro punto di vista, non dobbiamo mai dimenticare questo.

C'è un rapporto di storia e politica, la storia costituisce un mito fondante per molta politica, giustamente, è normale che lo sia, ma allo stesso tempo bisogna stare attenti a non piegare i fatti storici alla politica.

Sono giuste le narrazioni, sono giusti i punti di vista ma, ripeto, attenzione: i fatti storici non vanno mai piegati alle proprie idee, alle proprie idee politiche. Purtroppo, in un certo senso, è quanto è avvenuto in Italia a partire dal dopoguerra. Perché, chiaramente, dopo i traumi che ci sono stati nel periodo fascista chiaramente ma anche alla fine del periodo fascista, con la grande Guerra, ed in particolare quello che fu un evento terribilmente traumatico per tutta la nazione che fu l'8 settembre 1943.

Al di là del 25 luglio, l'8 settembre in realtà fu un qualcosa di terribile, perché vide una nazione spaccata dalle radici, vide una nazione che si trovò orfana di quello che era uno dei pilastri: la monarchia, che fece una pessima figura ovviamente abdicando al suo ruolo centrale. E quindi una nazione che si trovò spaccata con quelli che prima erano gli alleati, per quanto poi i crimini nazisti vennero fuori, tutti i crimini nazisti vennero conosciuti successivamente, non sempre si poteva sapere, non si può giudicare con l'occhio di oggi quello che successe in un periodo così difficile e traumatico.

Quindi quelli che erano gli alleati, ahimè i nazisti, divennero di colpo i nemici che avevamo in casa.

Questo generò chiaramente tutta una serie di effetti, che si riverberano ancora sulla storia di oggi.

Al di là di questo, io aggiungo un altro tassello, perché in questo caso me ne sono occupato personalmente. Mi consentirete un minimo excursus personale, all'epoca della mia tesi di laurea. La mia tesi di laurea riguarda il periodo storico in Valle d'Aosta nel fascismo dal '36 al '39, cioè degli avvenimenti della guerra civile spagnola vista dai valdostani. Mi sono laureato a Torino, ho scelto di fare questa tesi, voglio ringraziare tra l'altro qua oggi delle persone, in particolare all'epoca la Fondazione Chanoux che mi contattò. Io ero un perfetto sconosciuto (non che oggi mi ritenga un vip) ma mi contattarono. In particolare, Alessandro Celi, posso ringraziarlo, mi fa piacere farlo qui dopo quasi quindici anni, e Etienne Andrione. Anche loro all'epoca mi contattarono. Posso ringraziare, non so se lavora ancora qua, Lauretta Operti, che lavorava negli archivi e mi diede accesso agli archivi del fascismo dell'epoca. Quindi ebbi accesso a dei documenti di prima mano per la mia ricerca; oggi colgo l'occasione per ringraziarli perché, ripeto, non mi dovevano nulla e mi hanno aiutato.

In questo caso la Fondazione Chanoux mi fece fare un intervento, una parte della mia tesi è stata pubblicata, pur essendo su un tema che riguardava il fascismo in Valle. Anche su questo io credo che, al di là delle ideologie, si debba pensare ad ulteriori studi. Ci sono ancora margini di studio per quel che riguarda il fascismo in Valle, bisogna ricordare anche alcuni aspetti, il fascismo come altri regimi totalitari che hanno tutta la condanna (per me quello stalinista ad esempio), ma ebbero dei ruoli. Ad esempio, il fascismo in Valle ebbe il ruolo di portare in un certo modo la modernità: se noi guardiamo, ad esempio, alcune centrali che abbiamo... ogni volta che vado a Cervinia guardo la centrale di Covalou: 1924. Pur limitando la libertà, e ciò è inaccettabile, il fascismo consentì alcuni aspetti di industrializzazione e di modernizzazione della Valle, che non vanno dimenticati, pur nella condanna ferma politica: mantenere distante il giudizio oggettivo storico da quello che è il giudizio politico.

Ci sono ancora margini per uno studio del fascismo, a mio avviso, in Valle, nei prossimi anni e di vicende della storia di quel periodo, non solo a partire dal '43-'45 in poi. La mia critica fondamentale. che faccio a molti che si occupano di storia su queste tematiche, è che la storia non è iniziata nel 1943.

Vedo una totale chiusura su questi aspetti, uno può conoscere tutto quello che è successo dal '43 in poi, capisco benissimo che sia un mito fondante per la Valle, perché non saremmo qui; ricordo che all'epoca la Valle d'Aosta era inserita nella Provincia con Ivrea, ma, attenzione, anche qua un aspetto che non viene mai tirato fuori: le élite valdostane all'epoca videro in maniera assolutamente positiva il fatto che Aosta fosse il centro e in qualche modo Ivrea fosse subordinata.

Chiaramente i fascisti lo fecero apposta, volevano controllare la zona, e misero Aosta a capo della Provincia, ma in questo caso ci fu anche un ruolo delle élite valdostane che inizialmente, nelle prime fasi, videro questa cosa in maniera positiva.

Sono sfumature che potranno sembrare banali, ma che vanno messe sul tavolo sempre in tema di oggettività storica.

Venendo a noi, nei minuti rimanenti, io illustrerò già il nostro emendamento. Abbiamo inserito, sempre nell'articolo 1, una modalità che potrebbe allargare la discussione culturale e storica sul tema, che invece è evidenziato in questa legge. In particolare, ci siamo rifatti a quella che è la legge a cui poi si attacca in qualche modo il Comitato per le celebrazioni dell'80° anniversario della Resistenza, è legato alla legge regionale 12 marzo 2012 n. 6 che parla di "Disposizioni in materia di valorizzazione, promozione di ideali di libertà, democrazia, pace e integrazione tra i popoli contro ogni forma di totalitarismo".

Proprio su questo mi soffermo un attimo, sul tema del totalitarismo, ed è quello che noi cercheremo di inserire per poter, ripeto, allargare la discussione a livello culturale.

Il termine "totalitarismo" ha un importante significato, ne faccio un attimo la storia: non è utilizzabile in senso lato, se vogliamo dare un po' di precisione storica, bisogna capire cosa significa.

Inizialmente il termine venne usato in ambiente antifascista, nei primi anni '20, tra gli oppositori liberali, democratici, socialisti e cattolici del regime.

Sarà però Mussolini ad appropriarsi del termine: nel giugno 1925, al IV Congresso del PNF, Mussolini parlerà apertamente della nostra "feroce volontà totalitaria". Nell'elaborazione, poi, invece di quello che fu il teorico del fascista, il filosofo del fascismo, Giovanni Gentile, il termine - in realtà - prende un'altra forma, diventa una forma estrema di Stato etico, quindi non è quello che verrà utilizzato successivamente.

Anche nella sua attuazione, paradossalmente, qui c'è un tema interessante, il fascismo italiano non viene generalmente considerato totalitario, non fu probabilmente un totalitarismo - dico "probabilmente" perché ci sono interpretazioni - per quanto si vantasse di esserlo, per quanto volesse essere totalitario.

Questo perché? Ed è un altro elemento che, per oggettività, va sempre messo sul tavolo. In Italia, a differenza di quello che fu poi il nazismo, quello che fu poi la situazione dell'Unione Sovietica, continuavano a coesistere due grandi poteri: uno era il potere della Chiesa, con cui il regime notoriamente firmò nel 1929 i Patti Lateranensi, e la monarchia.

Quindi, la volontà totalitaria del fascismo, che certamente ebbe, non riuscì ad esplicarsi in questi termini.

Il regime fascista è quindi assimilabile - se vogliamo essere precisi storicamente e, ripeto, in ossequio ai grandi del passato della storia che qua dentro ci sono stati, possiamo anche permettercelo -, fu più un regime autoritario, che, pur essendo a partito unico, non fu mai in grado di condizionare completamente la vita politica e sociale del Paese.

I due regimi, compiutamente totalitari, nel periodo fino alla fine della Seconda Guerra mondiale (quindi siamo perfettamente dentro alla legge di oggi), furono il nazismo e lo stalinismo.

Possiamo in questo caso lasciar fuori invece - questo è oggetto di discussione storica - il bolscevismo; probabilmente, non fu totalitario nelle prime fasi. Ma lo stalinismo certamente sì.

Abbiamo quindi una definizione di base oggi che può mettere d'accordo un po' tutti.

Sul termine "totalitarismo" intendiamo un sistema politico in cui un partito unico ha conquistato l'intero potere statale e ha assoggettato l'intera società, ricorrendo ad un uso capillare terroristico della violenza e conferendo un ruolo centrale all'ideologia (il tema dell'ideologia è fondamentale); è un fenomeno, tra l'altro, che si sviluppa nel 900 e non può essere paragonato a nulla di antecedente.

Quindi, tanto per dire e per banalizzare un po', non è perché i fascisti si rifacevano agli ideali della romanità che Giulio Cesare può essere considerato un fascista: ogni epoca ha i suoi canoni e chiunque voglia analizzarla deve tener conto di questo, altrimenti fa della storia spiccia da bar.

È un termine quindi - aggiungo - oggetto di grande dibattito, a partire dagli anni '30; quindi sono cent'anni che si dibatte e questa categoria viene utilizzata.

Come dicevo prima, si cimentarono su di esso autori liberali, ad esempio von Hayek, Raymond Aron, Karl Popper (che, tra l'altro, per inciso, faceva risalire la mentalità e i rischi totalitari addirittura alla Repubblica di Platone; interpretazione anche questa discussa ma la metto sul tavolo), autori dissidenti dei regimi comunisti, come Solzenicyn, autori cattolici come Mounier, autori socialisti come Bataille, Boris Souvarine, Simon Weil, passando per uno dei più classici del tema: "Le origini del totalitarismo" del 1951 di Hannah Arendt; testo famosissimo, considerato probabilmente quasi la Bibbia della questione totalitarismo.

Ancora oggi si discute, ad esempio, se forme di regimi dell'America Latina abbiano avuto carattere soltanto autoritario oppure no, se la definizione di "totalitarismo" in Asia corrisponda maggiormente alla Cina di Mao o al governo di Pol Pot. E non solo (questa è l'ultima parte): ulteriori inquietanti interrogativi nascono oggi con il deragliamento verso le democrazie in stato di perenne emergenza, o presunta tale, nonché il controllo sempre più capillare degli individui da parte di una tecnologia ormai omnipervasiva (sono probabilmente strumenti che il nazismo e il comunismo si sognavano, magari li avessero avuti). Un controllo capillare così dell'essere umano non c'è mai stato, questo deve accendere un campanello d'allarme molto forte per chiunque voglia un sistema che ha la libertà al suo centro.

Insomma, è un tema di dibattito fecondo e attuale, troppo spesso dimenticato per questioni meramente politiche. È chiaro che mettere insieme nazismo e stalinismo ad una certa parte politica non piace e non piacerà mai, ma questo è un problema loro.

Ampliare quindi in questo modo la legge, come cerchiamo di fare, sperando di avere delle discussioni anche su quel tema (poi c'è un Comitato, potrà decidere il comitato se ciò che verrà proposto sarà valido secondo loro oppure no); noi riteniamo che quest'aggiunta sul totalitarismo possa rendere più completa questa legge, vorrei dire anche più attuale, non va a togliere nulla del mito fondante, chiaramente, della Valle d'Aosta e del Consiglio regionale, nel quale tutti siamo a far parte, grazie alla libertà di quest'epoca. Quindi riteniamo di metterla sul tavolo e di aver migliorato in qualche modo la legge, ripeto, resa più attuale e anche con uno sguardo al futuro. La storia non può essere soltanto il passato, ma capire il passato e far capire il presente e in qualche modo anche proiettare verso la comprensione e la prevenzione di errori nel futuro.

Presidente - Consigliere Chatrian, a lei la parola.

Chatrian (AV-VdA Unie) - Quelques petites considérations sur l'esprit de cette loi. On a fait un cadre, on a essayé de mettre ensemble un cadre clair. Je crois, sur le plan politique, on a bien fait à essayer de faire un unique dessin de loi: donc, merci collègues Minelli et Guichardaz.

Et sur ces thèmes, nous croyons très important, pas seulement rappeler, mais regarder de l'avant. Pourquoi? Pourquoi nous croyons très important transmettre - il le disait un autre collègue - auparavant aux écoles, aux étudiants, aux générations futures, ce qui s'est passé. Donc, d'un côté, commémorer, valoriser le patrimoine historique, politique, culturel de l'antifascisme en Vallée d'Aoste: extrêmement important, où, à l'époque, on avait réduit la démocratie, on avait réduit la liberté, on avait réduit et mis en difficulté nos langues et je pourrais continuer. Mais, je crois important, aujourd'hui, regarder de l'avant et pour regarder de l'avant sont importantes les intégrations qu'on a insérées à l'intérieur de ce cadre. Le fait même de compléter le Comité avec les deux Présidents: d'un côté, le Président de la première Commission (il s'occupe d'Autonomie et la bagarre qu'on est en train de faire, qu'ils sont en train de faire au niveau national... donc, extrêmement important à avoir à l'intérieur du Comité, le Président de la Première Commission) et de l'autre côté, nous croyons important le fait d'avoir même le Président de la Cinquième Commission. Nous croyons importante la question, que je disais avant, des jeunes générations, de l'école, de l'instruction... Je ne vois pas à l'intérieur du Conseil l'Assesseur à l'instruction et à la culture... C'est là qu'on doit faire la différence, c'est là qu'on doit essayer de valoriser, transmettre et surtout approfondir les réflexions: ce qui c'est passé et ce qui ne doit pas passer dans le futur.

Donc, là on peut encore faire la différence, on doit faire la différence. D'un côté rappeler, d'un côté savoir, de l'autre côté nous croyons importantes l'histoire et notre culture: elles sont le pilier de notre Statut. Le Statut, qui pour nous est une force, une force que souvent on doit même employer mieux, oser d'un côté et de l'autre l'actualiser; là c'est, je crois, la partie où nous devons saisir et de l'autre côté garantir (voilà, c'est la parole la plus adaptée), garantir la liberté et garantir la démocratie, en tenant toujours très haut le fait de connaître notre histoire, notre culture et en sachant qu'on doit se confronter avec l'arc alpin, avec notre communauté, avec nos voisins suisses et savoyards et essayer de porter à l'intérieur de l'Europe ce que sont nos pécularités, mais surtout les nécessités de notre communauté.

Voilà donc sur le plan politique est positif qu'on a fait ce nouveau texte ensemble, et nous croyons important donner directement et assurer la promotion et le soutien pour les années 2023-2028.

Presidente - Consigliere Lavy, a lei la parola.

Lavy (LEGA VDA) - Se si legge il testo del disegno di legge, si nota un certo tipo di sensibilità: si parla di Resistenza in Valle d'Aosta, si parla di questioni che possono dare riguardo alla Valle d'Aosta, ed è corretto.

Poi, se si ascolta la relazione di questo disegno di legge del consigliere Padovani e del consigliere Lavevaz, vengono un po' i brividi, perché si nota benissimo che la sensibilità è totalmente diversa. Ed ora spiego il motivo, perché c'è un'approssimazione totale riguardo anche a certi fatti storici, a certe questioni, che hanno riguardato la Valle d'Aosta.

Poi, è stato detto più volte in quest'Aula che non si dovrebbe parlare di storia, ma la storia è un fondamento, e se si devono ricordare certi avvenimenti, bisogna farlo nella maniera corretta, con gli elementi corretti, perché altrimenti partiamo da un presupposto sbagliato.

Si parla, per esempio, di democratici cristiani, liberali, autonomisti; in quell'elenco fa impressione non includere quindi la figura di Chanoux, perché Chanoux di sicuro non era in questo genere di categoria. Chanoux non era autonomista, al massimo era federalista, che è un aspetto totalmente diverso, perché gli autonomisti erano altri. Appunto, Federico Chabod era un autonomista e lo Statuto è figlio della linea di Federico Chabod, non di certo di quella di Chanoux; perché appunto la linea di Chanoux era qualcosa di totalmente diverso. Lui voleva che la libertà in Valle d'Aosta fosse un diritto, non una concessione, come lo è, dal punto di vista prettamente formale, l'autonomia: basta leggere "Federalismo e autonomie", appunto di Chanoux, per capire questa differenza.

La linea poi ovviamente di Chanoux per quanto riguarda la Resistenza, quando ne fu a capo, era quella di non avere partigiani da fuori Valle, perché aveva capito benissimo che per il futuro della Valle d'Aosta dovevano pensarci i Valdostani; quindi, quando si insediarono le formazioni di giustizia e libertà o una formazione di matrice marxista nella Val d'Ayas, Chanoux non fu contento di quest'aspetto, perché al futuro della Valle d'Aosta dovevano pensarci i Valdostani. Poi, anche Chanoux stesso era molto scettico sulla lotta armata, proprio perché - come poi successivamente nel '44 - la lotta armata significava esporre la popolazione civile a rastrellamenti e ad altri tipi di atti, incendi di villaggi e quant'altro, come poi appunto successe successivamente alla sua uccisione, perché Chanoux - oggi lo si può dire - è stato ucciso, non si è suicidato, ma è stato ucciso, e questa non è una differenza di poco conto.

Si parla poi in questa relazione di popolo italiano. Ora, per chi un minimo conosce quello che è successo, si sa benissimo che la Resistenza in Valle d'Aosta è totalmente diversa rispetto a qualsiasi tipo di Resistenza che ci sia stata in altre regioni italiane.

Il popolo italiano che cosa? Ma ce la ricordiamo la questione del plebiscito, sì o no? Ci ricordiamo la "Mission Mont Blanc", sì o no? Le parole di Schuman a Annecy ce le ricordiamo? Evidentemente no, perché se si parla di popolo italiano... Ai Valdostani, ad una gran parte di Valdostani, dell'Italia in quel periodo lì non fregava nulla, anzi, era lo Stato da cui distaccarsi. Quindi, almeno per correttezza, visto che sono anche state raccolte migliaia di firme per il plebiscito, non si parli di popolo italiano, almeno qui in Valle d'Aosta.

Si parla poi di Autonomia, appunto. Da dove nasce questa Autonomia? Dai decreti luogotenenziali che, tra l'altro, erano addirittura più permissivi, davano più concessioni e più libertà rispetto allo Statuto speciale.

Cosa successe dopo che questi decreti luogotenenziali furono concessi dal Re? Le dimissioni, per esempio, di Maria Ida Viglino dal Comité de Libération Valdôtain, la nascita dell'Union Valdôtaine che nacque appunto contro la concessione di questi decreti luogotenenziali, e oggi si sente dire che lo Statuto è il pilier? C'è qualcosa che non va, collega Chatrian, se l'Union Valdôtaine è nata contro qualcosa che era addirittura più permissivo rispetto allo Statuto e oggi si dice che lo Statuto è il pilier... Sono d'accordo che deve essere una base, ma ricordiamoci anche un po' delle radici storiche da cui è nata l'Union Valdôtaine: contro, appunto, i decreti luogotenenziali. Perché alla fine se su queste questioni non basiamo una sorta di narrazione, allora abdichiamo a tutto, per cui tutti i Valdostani erano contenti di essere italiani, di voler stare nell'Italia, i francesi volevano invaderci così dal nulla, qui non c'era nessun tipo di volontà di connivenza con loro, abdichiamo a qualsiasi tipo di valore storico.

La storia è la base, soprattutto anche per quanto riguarda il ricordo di questi eventi perché che cosa si va ad insegnare ai bambini delle scuole, altrimenti? Che la Resistenza valdostana è uguale a quella di tutte le altre? I Valdostani lottavano per la propria libertà ma anche in maniera diversa, perché altrimenti quali sono i presupposti dell'autonomia che abbiamo oggi? Perché il Piemonte non ha autonomia? Perché la Lombardia non ha autonomia? Perché tutte le altre Regioni non hanno l'autonomia? La Resistenza nostra è stata totalmente diversa, e questo lo si deve affermare e nel testo della legge c'è scritto; ma dagli interventi e dalla relazione no. Questa cosa non viene fuori ed è grave, purtroppo, perché come si può costruire un futuro per i nostri giovani, e non solo, se si abdicano a queste questioni storiche che sono la base di tutto?

Dispiace, ovviamente, che ci sia questa sensibilità, dispiace che questa relazione sia stata affermata da colui che comunque è stato anche Presidente dell'Union Valdôtaine, dispiace. Io non so se sia stata concordata o meno (penso di sì perché se c'è anche la firma dell'ex Presidente dell'Union Valdôtaine), credo che sia stata concordata questa relazione, ma è preoccupante. Si parla di popolo italiano, di autonomia, ma ricordiamoci di quello che è successo, perché se le celebrazioni devono essere su questo tipo di onda, allora meglio non farle, perché sarebbe preoccupante dare questo tipo di narrazione, che è un falso storico.

Presidente - Assessore Caveri, a lei la parola.

Caveri (AV-VdA Unie) - J'éviterai des thèmes trop liés à l'histoire, parce que nous sommes là dans une assemblée politique, donc, en politique tout à fait libre de plier l'histoire, selon - disons - ses idées et les circonstances. Personnellement, je pense qu'il faut garder la mémoire: c'est la chose capitale dans une intention de ce genre, c'est-à-dire d'arriver à un anniversaire, en sachant que cet anniversaire est aujourd'hui, dans la réalité d'aujourd'hui. Et c'est vrai que si nous sommes là, avec cette phrase de Émile Chanoux, "il y a des peuples qui sont comme des flambeaux", c'est justement parce qu'on a gagné des batailles politiques, dans le sens qu'heureusement le fascisme et le nazisme ont été pliés par les forces démocratiques.

Bien sûr, la mémoire doit être cultivée: il faut le faire avec des anniversaires, et je pense qu'il faudra le faire sans rhétorique, surtout vis-à-vis des jeunes. Il n'y a rien de pire, aujourd'hui, de célébrer les choses avec une logique de fanfare, avec des gros discours. Il faut faire apprendre de l'histoire avec toutes ses contradictions. Quand on regarde l'historique, c'est à dire l'arrivée du fascisme, tout ce qui s'est passé en Vallée d'Aoste (l'italianisation des noms et des communes, la tentative de faire disparaître - avec la naissance, par exemple, de la province d'Aosta - une identité valdôtaine)... Bon, c'est un ensemble de choses qu'aujourd'hui faut regarder avec équilibre, sans d'un côté imaginer de trouver des excuses vis-à-vis du fascisme, parce que la condamnation doit être tout à fait claire. Il y a ceux qui font dei distinguo, qui disent: "ben oui, c'était une dictature, mais ce n'était pas féroce comme le nazisme", il faudrait se rappeler qu'à un certain point Mussolini était en train de sortir de l'Italie avec les nazistes, donc il y a eu de sa part un choix, un certain point, après l'8 settembre qui était tout à fait clair: c'était la vente de son pays. Aujourd'hui, ça fait rire que les nationalistes du néo-fascisme regardent Mussolini comme l'homme de la destinée: la destinée a été une guerre terrible, a été un régime dur. Il y a quelques jours, on a rappelé Giacomo Matteotti: ça suffit de lire son discours dans la Chambre des députés d'Italie pour éviter les doutes; il avait eu le courage de s'exprimer, il avait été tué par le régime et il n'y a pas de doute, à ce propos.

Vorrei aggiungere qualche elemento in più, che riguarda non solo la necessità di trasmettere quei valori e quelle idee che sono alla base della nascita della nostra Autonomia. Mio zio Severino Caveri diceva che lo Statuto speciale non era buono, che esisteva l'endroumia, cioè che c'era il rischio che lo Statuto di autonomi non avrebbe soddisfatto i Valdostani e nacque il movimento dell'Union Valdôtaine non a caso. Tra l'altro con una composizione pluralista, che venne poi spezzata dalla logica dei due grandi partiti nazionali - da una parte la Democrazia Cristiana e dall'altra il Partito Comunista - che prosciugò di una serie di energie valdostane l'unico movimento autonomista che era nato come reazione ai decreti luogotenenziali. Perché i decreti luogotenenziali vennero vissuti come una sconfitta rispetto alle speranze federaliste che venivano coltivate soprattutto nei rapporti con il Comitato di Liberazione Nazionale e le promesse che poi si sarebbero dovute sostanziare nel regime transitorio e poi nello Statuto di autonomia.

I Valdostani, quelli che erano gli eredi morali di Émile Chanoux, a mio avviso, hanno ben fatto a lavorare nelle Istituzioni, ad evitare derive violente, che non portano da nessuna parte: le abbiamo viste in azione in tanti paesi che chiedevano più libertà ai baschi, gli irlandesi.

Abbiamo visto invece come incanalare in un alveo democratico i desideri di maggiore libertà è sempre la scelta giusta, anche se dolorosa, come vediamo oggi nelle speranze per adesso non sortite in favore dell'indipendenza o di una maggiore autonomia della Catalogna. Poi i paradossi della storia fanno sì che il nuovo Governo spagnolo o nascerà con loro o non nascerà. Poi ci sono delle bizzarrie che, in qualche maniera, scompaginano ogni pensiero.

Allora, se la ricostruzione storica è una ricostruzione storica che può essere di parte, io posso dire la mia, gli altri possono dire la loro, non sappiamo ancora esattamente tante cose di alcune vicende. Io ricordo che "il punto e a capo" è stato quando si è scoperto che - e su questo si potrebbe a lungo discutere - la garanzia internazionale non si riusciva ad avere. Io ho vissuto e vivo ancora adesso nel rapporto con gli amici Sudtirolesi che cosa significa avere una garanzia internazionale, che i francesi non hanno dato, perché anche se ad un certo punto si illuse che sarebbero stati i neozelandesi a dare qualche forma di tutela, era del tutto evidente che l'unico Paese che avrebbe potuto dare una tutela reale, al di là della questione del plebiscito o non plebiscito, avrebbe potuto essere la Francia. Ma queste sono vicende storiche.

Io vorrei invece dire che forse questo 80° anniversario è un'occasione non solo legata ai contenuti della legge, e sono lieto che si sia trovato un compromesso; poi è chiaro che sulla questione dei totalitarismi, chi è federalista è assolutamente limpido, ma non bisogna mischiare le cose. Dico che è limpido nel senso che chi appartiene al filone personalista - come molti di noi autonomisti federalisti - sa che esiste una perfetta equidistanza fra gli orrori del fascismo-nazismo e certi orrori del comunismo, però questo ha poco a che fare con le celebrazioni dell'80°.

L'80° è legato a dei fatti storici ben determinati e che vanno lì situati, ma questa è una mia opinione personale, avremo probabilmente modo di discuterne successivamente.

Quello che volevo dire è che l'80° può essere un'occasione utile anche per riflettere sullo stato dell'autonomia: autonomia imperfetta, autonomia dinamica, come la si definisce, perché è un'autonomia che ha una specie di ferro vecchio che è lo Statuto di autonomia e poi ha, nelle norme di attuazione, l'unico possibile elemento dinamico che fa in modo che lo Statuto si possa svecchiare.

Quindi, se da una parte c'è la necessità di comunicare ai Valdostani che cosa significhi il regime autonomistico, avendo anche la contezza e l'intelligenza di far vedere le cose buone e le cose cattive, gli elementi di forza e gli elementi di debolezza, è del tutto evidente che dall'altra parte bisogna capire che non possiamo vivere solo di citazioni importanti, come la scritta di Chanoux, la spinta morale che viene da quegli esponenti della vita politica del secondo dopoguerra, alcuni dei quali dimenticati. Io ci penso ogni volta che passo davanti alla statua di Albert Deffeyes, ci penso quando guardo le biografie dei membri del primo Consiglio Valle, che erano persone diversissime fra di loro, ma che, al di là delle differenze politiche, delle differenze culturali, dei diversi curricula, avevano una consapevolezza, che era quella di fare di questa terra un luogo di sperimentazione di un regime autonomistico più avanzato.

Ora, nell'attemperia attuale della politica italiana ed europea, bisogna capire, e questo credo che sarà un elemento su cui far germogliare dei pensieri per gli anni a venire, dove ci situiamo: in un'Italia - e io su questo vorrei essere chiaro - in cui siamo rimasti da soli, noi del filone autonomista e federalista, a parlare di federalismo, perché una cosa certa è che il federalismo non si sposa con il nazionalismo.

Allora io non ho difficoltà a dire, a 80 anni da quelle vicende, che mi sento un nazionalista valdostano, ma è un nazionalismo buono, è un nazionalismo non giacobino, è un nazionalismo aperto agli altri, è un nazionalismo che, in qualche maniera, si rifà a quei principi del federalismo che hanno nella persona umana, nella famiglia, nel paese, nel rapporto con gli altri e non alzano degli elementi di scontro continuo, di fibrillazione, ed è forse la cosa rispetto alla quale negli anni a venire dobbiamo ragionare.

Esiste un campo all'interno del quale si possa lavorare, ciascuno con le proprie differenze, ciascuno con i propri modi di vedere, ma si può immaginare di poter avere, soprattutto nei confronti di Roma, ma anche del nuovo soggetto politico che in questi anni ha assunto un'importanza crescente che è l'Europa. È del tutto evidente che oggi dobbiamo confrontarci non solo con il Parlamento italiano, con il Governo, ma anche con questi poteri sovranazionali che sono sempre più infiltranti all'interno di quelle competenze di cui all'articolo 2 e di cui all'articolo 3 del nostro Statuto.

Come si può modificare questo Statuto senza cadere nella trappola evidente del 138 della Costituzione, con questo meccanismo di modifiche che, tra l'altro, con grandi numeri di maggioranza parlamentare e con il restringersi delle Camere, che è stata una sciocchezza incredibile nel nome del populismo e della demagogia, che renderebbe oggi addirittura molto più facile riformare gli Statuti di autonomia speciale; bisogna su questo essere pronti ad una grande solidarietà.

Concludo con un'ultima osservazione che riguarda, a mio avviso, una necessità che ho già evocato poco fa, che è quella di come contrapporsi al nemico più grande dell'Autonomia, l'endroumia, ovvero il distacco che molte giovani generazioni hanno nei confronti dei valori dell'autonomia, probabilmente anche per un torto collettivo di noi classe politica, dei partiti che nel tempo sono cambiati, alcuni sono scomparsi. C'è una difficoltà di partecipazione, di idem sentire di larga parte della popolazione, e questo devo dire che non è dovuto, come qualcuno dice, all'arrivo di persone da altri posti.

C'è un filosofo tedesco, Habermas, che parla della cittadinanza costituzionale. Uno può non riconoscersi negli usi, costumi, in queste cose, ma può riconoscersi nei valori costituzionali che vengono dall'esistenza di un piccolo Parlamento, di un piccolo Governo, da una ramificazione molto importante del sistema degli Enti locali, da un associazionismo, dal volontariato, da un insieme di comunità che, per grazia di Dio, ci continua a far dire che esiste - e non dobbiamo avere paura di dirlo - un popolo valdostano, che non è lo stesso popolo valdostano di cento anni fa, non è lo stesso popolo valdostano di mille anni fa, non è lo stesso di tremila anni fa perché le cose cambiano e si modificano. Però credo che quest'aspetto identitario, in occasione di questo 80°, dovrebbe essere un sottofondo importante nella discussione politica fra di noi, avendo come interesse comune un rafforzamento di questo nostro regime di autonomia, partendo dal presupposto - io non ho difficoltà a dirlo - che ci sono ancora debolezze, buchi, responsabilità anche della politica valdostana. Ma oggi dobbiamo guardare alle grandi sfide di domani e questo 80° dobbiamo viverlo non solo come momento celebrativo, ma anche come una specie di "punto e a capo" rispetto al quale fare, in una specie di momento di autocoscienza, una riflessione sul futuro della Valle d'Aosta.

Presidente - Consigliere Aggravi, a lei la parola.

Aggravi (LEGA VDA) - Io forse vengo da una scuola di pensiero realista e anche forse molto realista, quindi penso che quando si parla di anniversari, di fatti storici, di eventi, di manifestazioni, in realtà dobbiamo cercare di leggerli, di capirli e di studiarli nella maniera più asettica possibile. Perché quanto ha detto nel suo intervento il collega Caveri lo condivido in pieno: ognuno di noi, volente o no, più o meno malizioso o no, più o meno indirettamente, tende - perché siamo umani e perché così siamo fatti - a leggere ogni fatto, ogni evento, anche che non l'ha toccato, e soprattutto eventi su cui c'è ancora da scoprire e da studiare molto, alla sua maniera.

Poi è ovvio che ci sono anche le malizie, ci sono cose che un importante pensatore politico, quale Gramsci, potrebbe e avrebbe da dirci e da spiegarci su quella che è la gestione culturale delle cose.

Io quindi penso - ma ripeto, questa è un'opinione tutta personale - che certi fatti, in particolare i fatti nelle situazioni di quello che si può chiamare "Stato d'eccezione" e quale situazione è più di eccezione rispetto ad una guerra, una guerra civile, un caos totale. Perché comunque, al di là di tutto, gli eventi che fanno parte, se possiamo dire dal post 8 settembre in avanti, ma già prima quando scoppia una guerra il caos, e lo stiamo anche vedendo in tutti i conflitti che ci sono anche ai giorni nostri, io penso che quello che poi nasce da quelle situazioni, sia principalmente il possibile.

La mia non è una sorta di pessimismo, è una sorta di totale realismo; ogni soggetto che ha partecipato alla costruzione di quei momenti, alle vicende di quei momenti, ha dato il suo contributo più o meno fattivo e poi spesso le cose sono nate non necessariamente seguendo una volontà precisa.

Penso che anche l'ottenimento della nostra autonomia, che dans le bien, dans le mal, est octroyée, sia una consecutio di tutta una serie di eventi storici, di tutta una serie di situazioni, di cui forse gli stessi attori che hanno partecipato a quegli eventi non sono stati possibilitati nel governarli, perché poi si è parlato di garanzie internazionali, si è parlato della volontà o del pensiero, si è parlato di Chabod, di Chanoux e quant'altro, ognuno ha fatto quello che poteva nel momento, con una situazione di estremo caos e di estrema complicanza.

Sono anche d'accordo sul fatto che si debba giustamente ricordare: si debba continuare a studiare, più che a ricordare, perché il rischio è che nel continuare a ricordare degli eventi, si cristallizzino. Adesso non vorrei citare Stendhal, ma la cristallisation penso sia qualcosa che rappresenti benissimo questa situazione, quindi penso che sia fondamentale l'attività dei ricercatori, dei docenti, degli appassionati, degli studiosi e anche degli archivisti, perché spesso e volentieri non sappiamo cosa succederà nel mondo del digitale, ma i fatti di cui parliamo vivevano ancora sulla carta, quindi qualcosa sicuramente ancora c'è, e ancora tanto c'è, da scoprire.

Avremo sicuramente delle parti che, purtroppo o magari per fortuna, non scopriremo mai, perché sappiamo che magari alcune carte sono state messe da parte.

Penso anche che sia corretto, e mi auguro che questo avvenga, che questi ricordi non avvengano - lo sintetizzo, l'ha detto il collega Caveri - con una logique de fanfare, perché la fanfara è sicuramente qualcosa che ci manifesta gioia ma è anche un po' confusionaria e nasconde, in realtà, quello che stiamo facendo.

Ho sentito dire che l'autonomie est une force e ho pensato ad un esempio che magari è altrettanto pragmatico ma che rende l'idea: potremmo vedere l'autonomia un po' come una turbina di una centrale idroelettrica, ha tanta forza ma se poi questa non è collegata ad un sistema, non permette di utilizzare questa forza, e forse, nel tempo - non per dare colpe agli uni e agli altri -, questa forza è rimasta in potenza, quindi è una capacità installata che c'è, ma forse in alcuni casi ed in alcune connessioni non è stata utilizzata a pieno.

Poi c'è il grande mistero, la grande scommessa del federalismo e dell'autonomia, che si deve necessariamente fare a più parti, almeno a due; volenti o no il rapporto e lo sviluppo delle nostre prerogative deve avvenire in una logica di leale collaborazione pattizia con un altro attore che è enormemente più potente, che è normalmente più grande, che ha sicuramente più forza: lo Stato centrale. E direi, citando un passaggio, o meglio uno slogan, che viene giustamente criticato nella Dichiarazione di Chivasso del "Roma doma", stiamo attenti a non finire nel "Bruxelles doma", perché il vero rischio è che una serie di apparati, che possono benissimo nascere e sono benissimo nati da processi democratici, potrebbero diventare qualcosa d'altro.

Io ricorderei che, al di là delle note vicende che hanno interessato la fine del Governo Facta (quindi la presa del potere da parte del fascismo, che forse non è stato e non è sicuramente un processo democratico), in realtà quello che è avvenuto in Germania è l'esatto opposto. Lì, sostanzialmente, il totalitarismo è nato da un atto parlamentare - se si va a vedere - quindi non è detto che la democrazia al suo interno abbia gli anticorpi per superare stati di necessità. Ma non voglio andare oltre perché non siamo nelle condizioni e non abbiamo neanche i tempi per affrontare tutto, però dobbiamo stare molto attenti su questo fatto perché è vero: le forze democratiche danno sicuramente più garanzia di pace e di libertà - questo è banale dirlo - di realtà totalizzatrici o dittatoriali, però spesso, all'interno della democrazia, come ben sappiamo, ci sono poi quei bacilli che possono trasformarsi in altro e spesso e volentieri i regimi dittatoriali e regimi totalitari sono nati da processi democratici.

Questo ce lo dice la storia, non ce lo stiamo inventando noi.

Va bene ed è corretto ricordare, ma dobbiamo continuare a studiare e dobbiamo continuare soprattutto ad approfondire le tematiche per il futuro.

Tornando al discorso dell'autonomia, io penso che un grande dibattito che si dovrà fare (e non voglio abusare troppo della concordia con il collega Caveri, ma lo faccio anche volentieri quando si è concordi), l'articolo 48 è un pilier central di quello che è il futuro dei rapporti con lo Stato centrale.

Da un lato la nostra autonomia rigida e più granitica di altre è sicuramente una garanzia, perché il sistema delle norme di attuazione di cui spesso parliamo (e ne parliamo di più di quelle che sono state prodotte), sono sicuramente una garanzia, ma i tempi moderni, come insegna il lato economico - io parlo di quello che conosco - hanno delle tempistiche che non sono più quelle del 1948, degli anni '50 o degli anni '60, si è molto veloci. Il rischio qual è però? Si rischia di perdere un po' di garanzia che ci dà questa rigidità e dall'altro lato non sappiamo a cosa potremmo andare incontro.

Quindi necessariamente l'evoluzione, la riforma del nostro Statuto è qualcosa che va fatto, come necessariamente la riforma stessa del modello che si è dato a questa Regione sulla base di questo Statuto è una cosa da fare, ma dobbiamo stare ben attenti e considerare due elementi: che non possiamo farlo da soli (almeno per quello che riguarda lo Statuto, quindi abbiamo un Comitato che non è di pietra, è un Comitato vivo e vegeto), e dall'altro, soprattutto, dobbiamo stare attenti a ben gestire, quando ora ci saranno le condizioni, quello che può essere il rischio, quindi una perdita di garanzia rispetto a quello che possiamo invece ottenere in termini di ulteriori prerogative... non le voglio chiamare concessioni, perché è vero che l'Autonomie valdôtaine è un processus octroyé, ma dobbiamo stare molto attenti a trovare una giusta via nella trattativa con lo Stato.

Su quest'aspetto voglio fare un'altra riflessione che deriva da quello che ho appena sentito, proprio perché - ripeto - vengo da una scuola estremamente realista. Non sono d'accordo che ci siano dei programmi totalmente negativi e dei programmi totalmente positivi, non credo che ci sia una sorta di senso morale, a meno che non ci siano effettivamente delle rappresentazioni e delle statuizioni nelle idee che siano contrarie a quella che è ad esempio la libertà.

Penso che principalmente sia l'azione che determina la morale di un'idea, perché anche - come ho detto prima - l'azione di un organo democratico, come è avvenuto in alcuni casi, ha generato un processo che ha portato al totalitarismo.

Oggettivamente, io su questo non penso che ci siano dei nazionalismi buoni e dei nazionalismi cattivi, non penso che ci siano dei socialisti buoni e cattivi, e non penso anche - così faccio contento il collega Padovani - che ci siano dei liberalismi buoni e dei liberalismi cattivi, ma è l'azione degli attori che ne fanno la bontà o no, perché comunque sono pur sempre dei giudizi morali che si basano, a loro volta, su quello che è il background di ognuno di noi e soprattutto dei giudici che lo danno.

Ma questa è - ripeto - forse una visione totalmente realista di quello che avviene perché poi, alla fine, il buono o il cattivo lo possiamo decidere o dire soltanto successivamente a quello che è avvenuto, quindi giudicare un atto che è stato fatto comunque sempre da uno o più soggetti che sono fatti in carne ed ossa.

Io non penso che esista il mondo delle idee, ma che in realtà ci siano le idee; ma poi il giudizio lo dobbiamo necessariamente dare in base a quella che è l'azione degli attori che portano avanti quest'idea.

Avremo poi anche modo di approfondire, quando tratteremo l'ordine del giorno, una proposta che vorremmo fare.

Visto che non ho più il tempo, volevo ancora rappresentare un concetto rispetto a quello che è stato detto. Io mi auguro, non solo riguardo a questa ricorrenza, ma soprattutto da qui in avanti, che i ragionamenti, gli studi e le valutazioni su quelli che sono gli elementi fondanti della nostra Autonomia non avvengano soltanto per necessità. Faccio un esempio: è stato fatto un interessante studio sulle funzioni prefettizie della Presidenza della Regione che è nato necessariamente da una situazione che è stata anche trattata in Consiglio regionale. Penso che tutta una serie di tematiche, in realtà, debbano essere trattate: su questo guardo in particolare il Presidente del Consiglio e i membri dell'Ufficio di Presidenza che è un ente più terzo - non me ne voglia il presidente Testolin -, ma proprio perché è un ente più terzo, che crei più occasioni di studio e di valutazione di quelli che sono gli elementi della nostra Autonomia, non soltanto perché c'è una ricorrenza, non soltanto a reazione di azioni contrarie o favorevoli ad una determinata questione, perché altrimenti noi vivremo di ricordi, vivremo di prese di parte e ci dimenticheremo di fare una cosa fondamentale, cioè ragionare e capire se tutta una serie di istituti, se tutta una serie di prerogative, se tutta una serie di fatti in realtà non debbano essere approfonditi e non debbano essere meglio studiati, proprio perché altrimenti non saremo pronti per quel processo di cui si parlava prima, cioè aggiornare, innovare, implementare e rafforzare quella forza che è il nostro Statuto speciale di autonomia.

Presidente - Collega Lavevaz, a lei la parola.

Lavevaz (UV) - Quelques petites considérations de ma part aussi. D'abord, pour remercier les membres de la Première Commission et de la Cinquième Commission qui ont travaillé ensemble; je remercie en particulier les collèges Minelli et Guichardaz, qui ont accueilli la proposition d'arriver à un test coordonné de la proposition de loi n. 106 et du projet de loi n. 110 proposé par le Gouvernement régional. Ce sont évidemment deux actes qui partagent complètement les buts et les finalités. Et c'est un argument, je crois, qui n'aurait même pas besoin de trop de mots, de trop de paroles pour être expliqué dans cette salle. Au contraire, souvent, il y a cette mode, cette nécessité: on a parlé de différents points de vue historiques sur un argument plutôt qu'une autre; c'est vrai, il y a des narrations différentes qui peuvent avoir les faits historiques, mais on doit faire attention à ne pas tomber sur un révisionnisme historique. Dans ces dernières années en particulier, on a vécu des passages et des révisionnismes qui sont souvent retombés sur des négationnismes, voire même pour les milieux médicaux, scientifiques, même sur les milieux géographiques, je pourrais dire: il y a quelqu'un qui met encore en cause aujourd'hui le géodisme de la terre. Donc, on peut s'attendre de tout.

Je ne tomberai pas aujourd'hui sur les provocations du collègue Lavy, je ne suis jamais tombé sur les provocations, je ne vais pas commencer aujourd'hui. Et sur ses soucis, en particulier sur l'Union Valdôtaine, son véhément appel à l'histoire du plébiscite, c'est plutôt drôle, sympathique, que cela vient d'un membre d'un parti national qui est ici - on pourrait dire - parce qu'il y a chevauché un peu la vague leghiste. Il doit seulement faire attention à ne pas être risucchiato dalla risacca quand la vague va arriver sur la plage.

Je crois que nous avons une grande responsabilité vers les nouvelles générations. On l'a en particulier, évidemment, nous qui sommes ici en tant que représentants de forces politiques et en tant qu'engagés dans la vie civile et politique. On a une grande responsabilité, je dirais même un engagement. Deux concepts qui, de quelques façons, évidemment, doivent charger - comme je le disais - les adultes pour passer un peu ce témoin (il l'a déjà été dit très bien par les collègues qui m'ont précédé) aux nouvelles générations. Un dialogue entre générations qui évidemment n'est pas toujours banal et toujours simple, mais qui a, je dirais aussi, deux points qui sont à transmettre. Et là aussi, il a déjà été dit, d'un côté, la connaissance des faits, de l'autre, la mémoire. Un dialogue que je dirais même fondamental pour le développement de la personne, pour le développement de nos jeunes et des nouvelles générations. Je crois que les deux actes que d'une façon nous mettons ensemble et nous votons d'ici à peu, veulent célébrer, comme il l'a déjà été dit, les anniversaires de la Résistance et de la Libération, de l'Autonomie valdôtaine: des passages évidemment qui ont été cruciaux pour l'histoire de la République, mais évidemment bien encore plus pour l'histoire de la Vallée d'Aoste et pour son parcours d'Autonomie. Des passages cruciaux qui ont eu évidemment, comme toujours arrive dans l'histoire des passages, des étapes qui ne sont rien d'autre que - comme dire - des maillons d'une chaîne.

Sûrement, sans le 25 juillet qu'on a rappelé avant-hier, on n'aurait pas eu le 8 septembre, Badoglio peut-être aurait été engagé à faire quelque chose de différent, sans le 8 septembre on n'aurait pas eu le 25 avril, mais on n'aurait pas eu aussi et surtout le 7 septembre et sans le 7 septembre, évidemment, après, le 26 février.

Je crois aussi, pour terminer, que la Résistance est une mémoire de quelque façon fragile qui est souvent cible de ceux qui la définissent divisiva, ça on l'entend souvent, surtout lors des célébrations du 25 avril. Je crois que ce n'est pas et ce ne doit pas être ainsi, parce que notre Constitution républicaine, évidemment, et notre Autonomie, pour ce qui est des Valdôtains, de là sont surgi. Et ça, je crois que c'est un fait qui est indéniable.

Et je retourne vraiment pour finir à mon introduction: vraiment, je crois qu'on a un peu ce but de nous engager pour éloigner, pour ce qui est possible, l'indifférence, et je dirais même le désengagement, en particulier des jeunes, sur ces thèmes. Et sur ça je me relie à ce qui a dit l'assesseur Caveri: j'espère que ces prochaines années pourront être l'occasion pour faire en sorte que cet objectif aussi puisse être atteint avec les célébrations qui auront lieu.

Presidente - Consigliere Perron, per il secondo intervento, ne ha facoltà.

Perron (LEGA VDA) - Io invece farò qualche puntualizzazione. Se il collega Aggravi era preoccupato di andare troppo d'accordo con il collega Caveri, adesso intervengo io, così rimetto la barca in piano e farò le mie critiche.

Innanzitutto, di nuovo torno sul concetto, che anche questo è "scientifico", cioè c'è una storia (che sono l'insieme dei fatti) e poi c'è una storiografia. Questo non va mai dimenticato: storia e storiografia sono due cose differenti, esistono diverse storiografie che interpretano i fatti storici in maniera diversa.

Riguardo poi alla Valle d'Aosta, ed è lì sempre la mia critica di dire "non guardiamo soltanto l'ultimo scorcio storico", possiamo dire che nei secoli anche precedenti la Valle d'Aosta è stata sempre in qualche modo fedele a quella che è stata la Casata dei Savoia, se vogliamo andare più indietro nel tempo. Ed è poi dalla Casata dei Savoia, poi dal Regno Sabaudo che poi arriviamo allo Stato nazionale, quindi in qualche modo, se vogliamo stabilire una relazione tra la Valle d'Aosta e lo Stato nazionale, chiaramente da quel punto di vista storico ce l'abbiamo.

Fu poi infatti Vittorio Emanuele II che assunse il titolo di Re d'Italia il 17 marzo 1861, quindi noi possiamo dire, da quel punto di vista, che c'è una continuità tra noi e la nazione attuale; questo è un elemento.

Poi sempre in questo caso, collega Caveri, io ho seguito con attenzione il suo ragionamento, su alcune parti sono d'accordo, su altre ovviamente no. Io non ho certamente fatto un'apologia del fascismo, spero che non si riferisse a questo. Io cerco di ristabilire, per quanto possibile, una verità dei fatti, quindi questo è l'argomento che ho portato sul tavolo.

Quando lei però arriva alla fine del suo ragionamento a dire "Io mi sento nazionalista valdostano, ma il nostro nazionalismo è buono, mentre altri nazionalismi sono cattivi", chiaramente io mi chiedo: chi stabilisce il discrimine? Non è affatto facile.

Lei sa benissimo che il tema poi dell'identità è complesso, c'è quella che viene definita la mitopoiesi, ognuno si crea il suo mito fondante e poi lo segue. Chi stabilisce il nazionalismo buono e quello cattivo? Temo né io né lei, e non è facile.

Riguardo invece al collega Lavevaz: il collega Lavevaz cita un altro termine, il revisionismo. In parte lei dice: "La storia va bene, dobbiamo analizzarla, certo, ma non dobbiamo cadere nei revisionismi".

Collega Lavevaz, guardi che chi fa storia può anche fare del revisionismo, questa è la grande lezione di De Felice. Se nello studio della storia ci sono elementi che modificano la comprensione degli eventi, cosa facciamo? La buttiamo via per non revisionare? Chi stabilisce cos'è il revisionismo e non? C'è una parte che ha preso il sopravvento, un'altra che revisiona, mettiamola nel dibattito, saranno poi le differenti volontà politiche con i voti che sceglieranno una parte rispetto all'altra.

Lei ha una base scientifica, anche la scienza è così: se si scoprono nuovi paradigmi, quello che c'era prima viene messo da parte, quindi non è così semplice.

In ultimo, il collega Cretier; ho sentito quello che diceva sulla Resistenza, quando dice: "La Resistenza fu un movimento comunitario", anche lì posso dirle che ci sono differenti interpretazioni. Fu probabilmente una parte minima della popolazione, per quanto importante, con tutti i risultati che ebbe, ma è difficile stabilire che la Resistenza fu un movimento di massa, in un certo senso.

Lei ha detto "comunitario": è giusto, ma anche lì ci sono delle interpretazioni differenti su quanti hanno interagito con la Resistenza e quanti no. Poi - ripeto -, è diventato un mito fondante, e quando diventano miti fondanti, si annacqua e le cose diventano più nebulose.

In conclusione, io credo che anche questo breve dibattito, che andrà verso la chiusura, abbia evidenziato come possano esserci molti elementi sul tavolo. Quello che noi auspichiamo è che questa visione della storia e anche della memoria - e qua concordo con tutti - possa però avere una proiezione nel futuro; e quanto è stato ricco il dibattito oggi, con diverse sfumature, possa esserlo anche in quello che sarà il dibattito legato a queste celebrazioni.

Noi abbiamo fatto la nostra parte con il nostro emendamento, poi vedremo come andrà.

Presidente - La parola alla consigliera Erika Guichardaz.

Guichardaz E. (PCP) - Questa legge invita ad affrontare l'80° anniversario della Liberazione senza pregiudizi e indulgenze, superando finte memorie e concezioni monumentali della Resistenza, superare ogni visione puramente trionfalistica, con una concezione della memoria che è priva di pregiudizi e punta non solo al doveroso ricordo, ma anche e soprattutto all'informazione, alla conoscenza e alla riflessione.

Non vogliamo celebrare né accreditare veri o falsi miti, conosciamo le luci e le ombre e su questo grandioso fenomeno, vogliamo discutere con serena e limpida franchezza, non accettando però - l'ha detto bene il Consigliere Lavevaz - i revisionismi espliciti o sottintesi, e le concezioni riduttive di un periodo storico di cui gli Italiani consapevoli sono e devono essere orgogliosi.

Siamo consapevoli che vi siano non poche difficoltà per questa Nazione, come ha osservato De Luna, non abbiamo ancora costruito quella memoria - se non del tutto condivisa - almeno collettiva, che poi è il fondamento stesso della convivenza civile.

Viviamo in un Paese nel quale c'è una certa tendenza alla smemoratezza, (all'endreumiya di cui parlava l'assessore Caveri), nel quale troppo spesso la cronaca prevale rispetto alla storia, in cui molti pregiudizi riescono a sopravvivere approfittando di alcune complessive ed ormai quasi strutturali carenze di cultura democratica.

C'è dunque la necessità non solo di vincere l'indifferenza e la rassegnazione in un Paese disgregato e disilluso, ma anche di vincere quelle sacche di non conoscenza che non aiutano certamente né a capire il presente, né a nutrire fondate speranze per il futuro.

Accolgo con favore quanto ha detto l'ex presidente Augusto Rollandin: è soprattutto ai giovani che dobbiamo rivolgerci, è soprattutto a loro che dobbiamo non impartire lezioni, ma semplicemente far capire il coraggio e la bellezza di quelle scelte che condussero tanti ad impegnarsi e persino a perdere la vita per la libertà e per i loro valori.

Qui mi permetta Consigliere Lucianaz: quando si parla di Resistenza, implicitamente si parla anche di indipendentismo e di annessionismo, perché nel movimento della Resistenza sappiamo benissimo che in Valle d'Aosta vi erano anche quelle persone.

Quindi, quando si parla di Resistenza, non vengono esclusi assolutamente né gli indipendentisti né gli annessionisti.

Dobbiamo far apprezzare la Resistenza per quello che è stata davvero, cioè un grande movimento di reazione alla sopraffazione, alla dittatura, alle barbarie.

È stata una guerra civile, e guardo il collega Distort, perché proprio suo papà me lo ha insegnato e me l'ha detto tante volte, trovandosi a fare, da comandante partigiano, delle scelte difficilissime, trovandosi davanti il vicino di casa che aveva fatto una scelta diversa; cose che ricordava ancora fino alla settimana prima della sua morte, cose che non ha mai dimenticato.

Questa legge può offrire e deve offrire gli strumenti per dare un contributo alla memoria e alla conoscenza, esistono ancora sette testimoni che presto se ne andranno, esiste il più giovane partigiano di tutta Italia in questa regione, e spesso non è né riconosciuto né considerato.

Quello che tengo a dire è che l'obiettivo di questa legge... e non prenderò grandi nomi, ma prenderò una delle persone che mi ha insegnato di più nella vita: diceva che bisognava coltivare la memoria pe pas pedre lo tseumeun. Questa signora era Ida Desandré, che terminava ogni suo intervento dicendo agli alunni e alle persone che lei incontrava che era lì proprio per questo, per non perdere la strada, la strada che in qualche modo l'aveva segnata per tutta la vita.

Sicuramente sono stati evocati temi importanti come la morte di Chanoux, che sinceramente non mi ha mai appassionato: dire che sia stato ucciso o che si sia suicidato poco importa, è quello che lui ha fatto nella sua vita l'importante, è quello che lui ha dato agli altri. E proprio Émile Chanoux è stata una persona che ha accolto tutti, smistava chiunque arrivasse anche da altre regioni non facendo distinzioni, assolutamente, e su questo ci sono testimonianze, le può ricercare, Consigliere Lavy.

Chanoux poi è stato nominato dal CLN (Consiglio di Liberazione Nazionale), quindi forse, anche sotto questo punto di vista, potremmo anche in qualche modo dissentire da alcune cose che lei ha detto, Consigliere Lavy.

Lucianaz ricordava la questione di piazza Chanoux, io vorrei ricordarle che una via, quella di Émile Lexert, è stata tolta in un periodo successivo e magari si ricorderà anche tutta la presa di posizione della vedova, di Ida Summa, rispetto a quella vicenda.

Ci sono eventi, anche successivi alla Resistenza, che sicuramente hanno segnato questa regione e che in questa legge potranno in qualche modo essere affrontati, se qualcuno proporrà approfondimenti di quel tipo.

Vorrei però dissentire rispetto ad una cosa che ha detto l'assessore Caveri: anch'io, come lui, non amavo le commemorazioni, non amavo i lunghi discorsi e non amavo la retorica che sta dietro a tutti quegli eventi; ed è proprio stato colui che con lei è stato a Roma ad insegnarmi invece l'importanza di quegli eventi, proprio per loro, proprio per quelli che avevano fatto la Resistenza, proprio perché, anche dietro ad una commemorazione, ci può essere e ci deve essere il giusto riconoscimento.

Sotto questo punto di vista, anch'io la pensavo come lei, dopodiché, a forza di parlare con il senatore Dujany, ho capito l'importanza soprattutto che questo rivestiva per alcuni di loro.

Secondo me, questa legge è una buona legge perché lascia ampi margini su cui si possa lavorare e lascia anche ampio spazio al Comitato - in cui anche la minoranza è rappresentata - di poter scegliere quello che sarà meritevole di rientrare nell'80° e di quello che invece sarà in qualche modo "cassato", permettetemi questo termine.

Quello che direi alla fine del mio intervento è che una cosa che non è stata ricordata è che questa è stata una guerra civile, che ha messo gli uni contro gli altri, che ha diviso la nostra Valle d'Aosta, come ha diviso tutta l'Italia.

Non facciamo diventare la legge dell'80° una legge divisiva, perché credo che non sia questo l'obiettivo di nessuno di noi e dentro quel testo potete ritrovare proprio non quella retorica di cui spesso si parla, ma riflessioni e atti e anche ricerche che potranno essere finanziati anche per far luce su determinati eventi storici.

Presidente - Consigliere Distort, a lei la parola.

Distort (LEGA VDA) - Grazie Presidente, ringrazio anche la collega Guichardaz di aver citato un'autorità in materia - io posso definirla così, ovviamente sono parte in causa -: mio padre.

Ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'assessore Caveri, così come un allievo ascolta il maestro, questo è l'atteggiamento con cui ho ascoltato. Non è che io in questo modo ponga dei ruoli diversi, anche perché a volte succede che l'allievo superi il maestro, quindi finisce semplicemente così la mia descrizione sulla modalità d'ascolto, ma fondamentalmente per esprimere che la modalità d'ascolto è stata di forte attenzione.

Le posso dire con tutta chiarezza che il suo discorso, tutta la sua presentazione, troverebbe perfetta coerenza nel momento in cui si acquisisca il suggerimento proposto da noi relativo alla comprensione del termine "totalitarismo", della visione, dell'approccio di un contrasto, di una coscienza civile nei confronti del totalitarismo in senso universale, perché ho percepito dalla sua esposizione il tentativo e la volontà di arrivare ad allargare il campo all'universalità.

Non è una sviolinata quella che faccio, è semplicemente una lettura che, tra l'altro, è estremamente importante perché riflette sul senso e la finalità di una legge.

Noi sappiamo benissimo, all'interno di quest'Aula - questo è il nostro lavoro - che la legge può avere un ruolo, un senso amministrativo. L'obiettivo è un'attività amministrativa, l'obiettivo potrebbe invece essere un'attività operativa, altro obiettivo potrebbe essere la finalità di una coscienza civile.

Mi permetto di dire che questo progetto di legge ha questa finalità e o raggiunge questa finalità, altrimenti perde forza per strada, perde l'obiettivo.

Allora io metto insieme questi due elementi, dell'obiettivo, della finalità di una legge (che deve risvegliare una coscienza civile, deve incentivare una coscienza civile, deve accompagnare una coscienza civile) con il concetto di universalità. Quindi è fondamentale che questa legge porti con sé questo nostro contributo.

Ovviamente, non sto facendo un'operazione pubblicitaria, sto condividendo con voi una riflessione di ordine intellettuale.

Il campo dell'universalità è il campo della verità, mentre il campo della parzialità è il campo dell'opinione.

Allora vorrei sicuramente che evitassimo di depotenziare o comunque di perdere l'opportunità di aumentare la capacità di una visione di legge. Anche perché noi sappiamo benissimo nella storia della filosofia, siccome abbiamo parlato di storia, io oggi mi permetto - pur non essendo laureato in filosofia, ma voi sapete la mia passione per la filosofia - fin dall'inizio della riflessione, nel periodo greco antico, il concetto di verità è stato oggetto di una riflessione profondissima, e tra l'altro è proprio il fatto che l'elemento della verità, la comprensione, il raggiungimento di un percorso intellettuale avesse i connotati dell'universalità, quindi capace di comprehendere, comprendere la totalità di una realtà, questa era la condizione di verità. Diversamente, era opinione, era il grande dibattito tra aletheia e doxa.

Ma dopo quest'introduzione filosofica che vuole semplicemente far capire che questo discorso non ha una visione, una connotazione partitica e neanche soltanto politica, ma fondamentalmente è l'espressione della nostra identità di pensiero, pensiero occidentale.

Dove vuole arrivare questo discorso? Il discorso vuole arrivare al fatto che o noi, attraverso questa legge, comprendiamo lo sviluppo della coscienza civile per avere gli anticorpi per combattere il totalitarismo, altrimenti noi svolgiamo soltanto un'evocazione storica dove, anziché usare il concetto di storia vitae magistra, quindi maestra di vita, noi decliniamo la storia attraverso il concetto di musealizzazione.

Nel momento in cui la storia è musealizzata, è - come ha detto il collega Aggravi - cristallizzata e perde la sua capacità di comunicare.

Non è questo l'obiettivo a cui noi dobbiamo tendere, noi dobbiamo tendere alla comprensione del fatto che il grande pericolo che sta dietro a una lezione di storia è il totalitarismo, perché il totalitarismo, che lo si voglia o no, è un costante e sgradito ospite della storia, è un'idra: tagli una testa, ci sono le altre.

O c'è questa chiarezza, a distanza esattamente di 80 anni da un evento particolare, o tutto questo ha sviluppato una chiarezza di questo tipo, altrimenti persone come mio padre - ringrazio la collega Guichardaz -, come le persone che hanno perso la vita nel dramma della guerra civile, sono morte invano.

Allora è proprio questa la riflessione: è fondamentale che ci sia una visione a 360 gradi nei confronti del totalitarismo. Non si parla di revisionismo storico, questa è la comprensione della realtà, questa è la visione, questa è la consapevolezza.

Teniamo conto che nel 1948 un certo George Orwell che era lo pseudonimo di Eric Blair, aveva scritto, dopo "La fattoria degli animali", anche un'altra opera intitolata "1984", anagrammando l'anno di scrittura: era il '48, lui l'ha concepita nel '48, lui la chiama '84, perché voleva raccontare una visione futura.

Guardate che se noi andassimo a leggere oggi questo testo, noi ci renderemmo conto di quanto sia stato non solo uno scrittore utopistico brillante, ma quanto sia stato capace di raccontare la verità e di avere chiarezza e consapevolezza.

Lui, tra l'altro, nasce come figura incardinata nella sinistra militante inglese, benché fosse nato nelle colonie, mi sembra nel Bengala, e con questo spirito lui era andato in Spagna per partecipare alla guerra civile, portare il suo contributo come figura di sinistra. Adesso non entro in merito all'aspetto politico, ma parte con degli ideali, con delle idee ben precise, con un obiettivo, con una struttura ideologica alla base, e lì scopre gli orrori della Guerra civile in Spagna.

Attraverso la scoperta di quegli orrori, dove c'è stato un accanimento particolare nei confronti di religiosi e delle religiose, lui torna in Inghilterra e sviluppa una nuova propria consapevolezza. Si disincanta da una visione sclerotizzata della storia, e così acquisisce questa capacità, questa consapevolezza per redigere un libro stupendo, un libro in cui lui dice tra l'altro, tra i contenuti, "La società descritta da Orwell, dove il dominio viene esercitato attraverso la scrittura e soprattutto la riscrittura, la codifica e ricodifica del linguaggio, fino ad arrivare all'elaborazione di una neolingua, alcuni termini non devono essere più usati, alcuni significati vengono completamente sconvolti".

La somiglianza tra quanto descritto da Orwell e quanto accade oggi è impressionante.

L'obiettivo del potere ("potere" inteso come questa forma, questa idra di totalitarismo che tende, cerca di venir fuori) è in ultima analisi il completo controllo del pensiero della coscienza. L'obiettivo è giungere ad un pensiero unico, uno scenario che aveva lucidamente intravisto anche Guareschi, tra l'altro, soprattutto negli ultimi anni della sua vita.

Orwell aveva raccontato ciò che capita a chi non si adegua alla cultura dominante, dove scattano le sanzioni per quello che viene definito "psico reato".

Ma guardate che se noi leggiamo le notizie quotidiane di questo periodo storico della nostra realtà, noi individuiamo esattamente la verità di queste percezioni, di queste premonizioni.

"Chi controlla il passato, controlla il futuro": ecco perché è importante questa visione accademica della storia, non filtrata dalle ideologie che ha citato il collega Perron.

Un antidoto a questo potere è dunque la memoria; vero: la memoria contro la dimenticanza, ma soprattutto contro la manipolazione della memoria stessa, che è uno degli strumenti principali di quel grande fratello che ci osserva e che ci propina il totalitarismo nelle varie forme più subdole.

Uno degli elementi di manipolazione della storia è addirittura questo fatto di musealizzarla, perché significa depotenziarla, significa non farla diventare maestra di vita.

Questa è la grande lezione che ci ha dato Orwell, che ci hanno dato i pensatori liberi come lui; questa è la lezione del passato.

Esiste un eterno nemico che pretende di controllare il pensiero e per farlo - attenzione - deve oltrepassare i filtri delle difese immunitarie di una società.

In altre parole, deve saper ingannare.

Va da sé anche il collegamento teologico al fatto che il diavolo, oltre ad essere colui che divide, è nella storia della teologia l'ingannatore, perché l'essere umano non si farebbe sedurre dal male, perché il male non è seducente, a meno che non ci sia qualcuno di malato, allora è sedotto dal male, ma il male diventa seducente attraverso l'inganno. Se non c'è l'inganno, non c'è adesione della volontà, ma l'inganno va scoperto, va riconosciuto.

Questo nemico si chiama totalitarismo, termine generico e omnicomprensivo. Il totalitarismo non ha una collocazione di bandiera, non ha un colore politico, non ha una fisionomia conosciuta, anzi, facilmente arriva esattamente dalla direzione opposta dalla quale lo si è visto momentaneamente scomparire.

Così funziona l'inganno, e a questo inganno non prestiamo il consenso.

Si tratta di saper tenere gli occhi aperti, saper riconoscere il totalitarismo in ogni sua manifestazione e in ogni sua evoluzione, solo così possiamo dare speranza alla buona battaglia. O si parla di battaglia contro il totalitarismo in senso generale o si è persa la battaglia e si è complici del totalitarismo stesso, perché è esattamente lì che vuole arrivare la strategia totalizzante, ed è quella di pensare che ci sia una collocazione ben precisa: quella è, quella è lì.

Concludo con un richiamo evangelico, se un uomo sapesse a che ora arriva il ladro, lo aspetterebbe e saprebbe difendere il proprio bene.

Possiamo estendere questa pagina non solo se sappiamo a che ora arriva il nemico ma anche da che parte arriva, in che modo arriva, con che sembianze arriva.

Ecco perché è importante che questa legge porti con sé questo senso di universalità nei confronti del totalitarismo in senso universale. Grazie per il tempo esteso.

Presidente - Si è prenotato il consigliere Marzi, ne ha facoltà.

Marzi (SA) - Intervengo a nome della Stella Alpina. Ci sono dei momenti nei quali in quest'Aula, oltre a fare politica e amministrazione, si fa soprattutto politica, per cui quello che cercherò di fare è un intervento più breve possibile rispetto a quest'importante disegno di legge che sta vivendo un confronto così importante in quest'Aula.

Cercherò attraverso tre passaggi logici, per quanto i miei neuroni me lo consentano, di trattare il tema che parte da un concetto legato alla storia per arrivare alla Valle d'Aosta come luogo di confine o di frontiera, quindi poi, dopo, proprio in seno a quanto rappresentato da alcuni colleghi, il presidente Lavevaz in primis, il fatto di dividere tra il concetto di apologia e di memoria, richiamato anche dal collega Caveri.

Si è parlato di storia, giustamente, e, come il collega Perron ha richiamato, la storia può essere interpretata secondo visioni diverse. Una caratteristica però che da sempre connota prima la geografia e poi la storia è che la storia la scrive chi vince, per cui scrivendola chi vince, se vogliamo parlare di Valle d'Aosta, possiamo partire dal 52 a.C. quando un certo signore, Caio Giulio Cesare ad Alesia di fatto arrivò ad assoggettare il popolo dei Galli, ponendo le basi di quello che poi sarebbe diventato il Sacro Romano Impero, quindi la romanizzazione dei Galli.

Perché è importante da capire a proposito di questo fatto che la storia la scrive chi vince? Perché, di fatto, quell'evento spostò una civiltà mediterranea trasformandola in una civiltà mediterranea europea, quindi ponendo le basi per quella che poi sarebbe diventata probabilmente la civiltà che ha costituito il mondo occidentale che noi viviamo, ma sicuramente è stata la prima delle civiltà della storia umana, da quando se ne ha memoria.

Detto ciò, questa "roba" qui ha a che fare con la Valle d'Aosta a proposito del fatto che la storia la scrive chi vince? Assolutamente sì, perché poi dopo, nell'800 d.C., sappiamo che andando a trovare i Franchi, una struttura storico-politico-amministrativa susseguente ad Alesia già costituita, si arrivò ad avere una Nazione nell'800 d.C. Tutti noi ricordiamo alle scuole elementari il famoso Natale dell'800 nel quale Carlo Magno venne proclamato imperatore, con la geografia di allora e i dipinti che dell'800 d.C. rappresentavano questo.

Facciamo un altro salto: 200 anni dopo a Umberto I Biancamano, quello che tecnicamente viene definito il progenitore dei Savoia. Costoro, questa dinastia, si trovava al di là delle Alpi e teniamo conto che stiamo parlando della dinastia più longeva d'Europa, l'unica che ha un tratto dinastico continuativo da Umberto I Biancamano fino ad ora. Quindi, una dinastia che è stata capace di travalicare mille anni di storia, dieci secoli, di fatto dimostra ontologicamente di tenerci alla propria sopravvivenza e anche di saper sopravvivere. Costoro, naturalmente, stando soprattutto a Chambéry, guardavano al nord come terre di espansione e quindi provarono ad andare verso Lutezia, quella che oggi chiamiamo Parigi. Ma, naturalmente, siccome nel frattempo quella roba lì che si era costituita, cioè la Nazione francese, negli ulteriori 200 anni che erano passati dopo Carlo Magno, si era ancora rafforzata come una nazione forte e coesa da un punto di vista culturale, identitario, legislativo e quant'altro, si trovarono di fronte un muro. Quindi cosa fecero? Si girarono, travalicarono le Alpi, arrivarono prima in un luogo che si chiamava Augusta Praetoria Salassorum, nata il 25 a.C., l'attuale Aosta, e poi dopo la storia li fece arrivare a Torino.

Di conseguenza, da lì per mille anni, facendo fondamentalmente due cose, commerciando e dimostrando la loro valenza militare, passarono da essere una dinastia a Re d'Italia (è stato richiamato il 17 marzo del 1861).

Detto ciò, se noi oggi andiamo a trattare un disegno di legge che tratta di un tema che è quello del ruolo della memoria e della commemorazione di fatti storici in questa regione, noi di fatto dobbiamo farci una domanda, cioè se il fatto di ragionare di autonomia, e questo avvenne a metà degli anni '40, è una scelta che deve essere fatta in seno ad una Nazione, in seno all'Europa, o fuori da essa.

Un personaggio storico ed un personaggio politico importante nella storia della Valle d'Aosta, senza entrare però nello scontro apologico tra "Chanousiani" e "Chabodiani", di fatto vide nella possibilità di andare a trovare una ragione d'essere dell'autonomia valdostana all'interno di uno Stato, quello italiano, più debole di quello francese, la possibilità per fare in modo che con quello Stato si potesse ragionare per arrivare a rendere più efficace, da un punto di vista amministrativo, l'Autonomia valdostana.

Di conseguenza, se proviamo a seguire un filo logico, vedete che il 52 a.C. in sette minuti ha un senso, perché anche lì si fece una scelta. E come Stella Alpina rifacendoci tra l'altro anche a matrici di natura popolari, poi definite democratico-cristiane, è proprio in quell'approccio, in quel tipo di rapporto, tra le periferie e lo Stato che nacque nel 1919 il Partito Popolare e poi la Democrazia Cristiana, susseguentemente. In una visione che qualche amico mi dice sempre troppo italiana ma, di fatto, è una delle sfaccettature dell'Autonomia valdostana, che nel '45 c'era e che poi c'è stata anche successivamente, perché l'Union Valdôtaine ricordiamoci che inizialmente nasce anche con la doppia tessera e con la presenza anche della Democrazia Cristiana e di tante altre radici in seno al Comitato di Liberazione Nazionale.

Una delle cose interessanti, a proposito del fatto che alcune filosofie politiche vedono la Valle d'Aosta, quindi il concetto di confine, come un ponte e non come una frontiera, è legata al fatto che pochi sanno che il Sottosegretario, che Alcide De Gasperi scelse per gestire tutte le zone di confine alla fine della Seconda guerra mondiale, era un signore che si chiamava Giulio Andreotti che, di fatto, venne mandato a gestire tutte quante le zone di confine proprio perché l'Italia non si capiva bene se avesse vinto o perso la guerra. Quindi, siccome non si capiva se avesse vinto o perso la guerra, non eravamo soltanto noi a non capirlo, ma erano anche soprattutto le nazioni con noi confinanti che magari - vedasi De Gaulle - potevano sfruttare la confusione storica del momento per cercare di recuperare qualche centimetro.

Nel caso della Valle d'Aosta, tra l'altro, i centimetri erano particolarmente interessanti per due motivi che, guarda caso, si rifanno alla stessa impostazione per i quali gli stessi Savoia (il Conseil des Commis e quant'altro) davano particolare autonomia gestionale alla Valle d'Aosta, cioè due valichi - gli stessi per i quali il cardo e il decumano nel 25 a.C. permisero di essere disassati in Augusta Praetoria Salassorum perché noi permettevamo di andare sia in Gallia che in Elvezia - e, guarda caso, un tema tutt'ora vivo e tutt'ora vivace, cioè le acque.

Per cui vedete come la storia mantiene una sua logica. Di conseguenza, venne mandato questo signore a guardare i confini perché magari qualcuno poteva allargarsi leggermente.

Ecco che in una logica dove la storia di un popolo, la storia di una nazione, può essere interpretata in maniera diversa, noi riteniamo che la scelta di portare questa proposta di legge con una connotazione fortemente incentrata sull'identità, la storia, la memoria della nostra Valle d'Aosta e non su un approccio apologico di scontro idealistico e ideologico, è una scelta corretta, perché quando invece di ragionare di memoria, con tutte le sfaccettature che la memoria connota, si arriva invece solo ed esclusivamente a discutere - e non sto dicendo che questo Consiglio lo sta facendo, sto dicendo che il dibattito politico oggi porta a questo, a ragionare solo di massimi sistemi - e quando si arriva a quello, fondamentalmente si sbaglia sempre.

A proposito del periodo storico che stiamo tracciando, in quegli anni proprio l'apologia arrivò a fare delle cose ultra-umane, talmente ultra-umane da non potersi più considerare neanche male.

Però è proprio in seno a ragionamenti che devono essere fatti con quest'approccio e con questo buon senso che, secondo me, possiamo recuperare qualcosa sulla "dormita" che si sta facendo un po' tutti, perché a proposito di quello che ha detto il collega Caveri e che ha detto anche qualche altro collega, quello che sicuramente noi oggi dobbiamo riscontrare è il fatto che tendiamo ad essere soli.

Non siamo neanche più dei primi inter pares, non siamo neanche più la punta di un processo democratico e partecipato, siamo delle persone che in alcuni momenti vengono rappresentate come abitanti di una monade cartesiana nella quale parliamo di cose che capiamo soltanto noi.

È venuta meno la passio, è venuta meno l'educazione, è venuto meno il contemperamento continuativo che connotano la politica. Ed è da principi, da visioni che poi dopo si arriva a fare delle scelte politiche che poi, soltanto in ultimo, si devono trasformare in scelte amministrative.

Per cui, secondo me, è corretto per un movimento come il mio che rappresenta una parte dell'autonomia, un'autonomia popolare, di centro, moderata, italiana, ma che ha pieno diritto di potersi confrontare con l'autonomia in generale, portare una parte della propria memoria ad una proposta di legge come questa.

Presidente - Siamo in discussione generale. Se qualcuno vuole ancora intervenire, lo invito a prenotarsi, altrimenti chiudo la discussione generale. Non vedo prenotazioni, la discussione generale è chiusa. Consigliere Padovani per mozione d'ordine.

Padovani (FP-PD) - Per chiedere una breve sospensione per una riunione dei gruppi di maggioranza, per guardare gli emendamenti e ordini del giorno sul punto.

Presidente - Sospensione concessa.

La seduta è sospesa dalle ore 11:20 alle ore 11:40.

Bertin (Presidente) - Riprendiamo i lavori. La discussione generale è stata chiusa, pertanto siamo in fase di replica. Si è prenotato il Presidente della Regione, ne ha facoltà.

Testolin (UV) - A la fin d'une matinée très intéressante, on a discuté je crois pendant 02h30 sur un projet de loi; une discussion qui a été très participée. Donc, cette loi a déjà ressorti un résultat très important pour ce qui a été de la discussion que les différents Conseillers ont bien voulu entamer, avec des réflexions profondes qui sont allées au-delà de ce qu'est la loi dans ses cinq articles. Cinq articles qui veulent en effet essayer de donner la possibilité de partager des réflexions, des moments de partage, de confrontation, et même de nouveautés par rapport à celle qui est la possibilité, donnée par cette loi, de reprendre le discours historique lié à la Résistance, à la Libération et à l'Autonomie valdotaine. Il y aura la possibilité dans ces années de bien pouvoir se proposer, de bien pouvoir essayer d'aborder le thème dans des situations différentes et avec des modalités différentes par rapport au passé. Pour ce qui est la loi, je crois que c'est une loi qui a voulu reprendre dans ces cinq articles la loi du 70e, mais ce n'est pas pour ça que ce n'est pas une loi actuelle. Je crois, au contraire, que la loi nous donne en effet la possibilité de reprendre et d'essayer de transmettre, aux jeunes générations surtout - ce qui est bien ressorti du débat -, des réflexions qui puissent donner surtout à ces nouvelles générations une vision complète de ce moment historique et de ce parcours qui a commencé en 1943 et qui, encore aujourd'hui, marque notre direction et notres opportunités pour le futur, quelqu'un l'a bien dit. Avec des visions peut être différentes, avec une histoire qui ne doit pas être revisitée aujourd'hui - et je partage ce sentiment -, mais aussi avec la possibilité de pouvoir se confronter avec des divisions différentes, comme est arrivé aujourd'hui dans cette salle. Aujourd'hui peut-être on a parlé même plus des événements et des situations plutôt que de la loi que nous venons de discuter. Parce que chacun d'entre nous voit dans cette loi une opportunité d'exprimer son parcours, sa vision de l'histoire, sa vision de la Vallée d'Aoste, sa vision de l'autonomie valdôtaine et ses aspirations peut-être de fédéralisme, plutôt que d'autres situations. Et, alors, je crois qu'on a bien fait de proposer cette loi, de la partager pour ce qui est l'aspect technique pour la rendre accessible à tous ceux qui ont envie de participer à un processus de partage de ces arguments: avec la participation des maires, des communautés qui ont envie de trouver dans cette loi une façon d'exprimer aussi leur situation personnelle; avec le partage avec les Présidents des Commissions 1e et 5e; avec la présence de la majorité et de la minorité à l'intérieur d'un Comité qui doit avoir la tâche de tracer le parcours: un parcours lent et articulé, je l'espère, et très important et positif, qui puisse vraiment relancer un débat sur cette thématique et nous donner la possibilité d'évaluer le passé pour bâtir un futur.

C'est ça l'esprit de cette loi et, à tout compte fait, j'espère que cette loi puisse recueillir l'engagement et la disponibilité de tous pour travailler dans ce sillon.

Presidente - Consigliera Minelli, ha facoltà di intervenire.

Minelli (PCP) Il dibattito che si è sviluppato su questi due progetti di legge, confluiti molto opportunamente in un unico testo, è stato sicuramente ricco ed interessante, e gli spunti che ne sono venuti, che sono emersi, meriterebbero una riflessione ed un commento più ampio e più articolato, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista politico.

Credo che anche la ricchezza di questi interventi sia in qualche modo la dimostrazione e la riprova del fatto che quel periodo storico, quegli avvenimenti, sia nazionali, sia valdostani, siano ancora ben vivi e radicati nella memoria di molti di noi, e facciano parte, in qualche modo, della nostra forma mentis, forse anche di quello che è stata per tanti la spinta, la radice, per impegnarsi credo anche a livello politico. E non parlo soltanto della rappresentanza in Consiglio regionale: molti di noi hanno avuto esperienza nelle Istituzioni della nostra Regione per tanto tempo e credo che le radici vengano anche da quello che quel periodo ha rappresentato per la Valle d'Aosta, ovviamente con delle interpretazioni, dei giudizi, delle opinioni diverse.

Lo dimostrano le varie sottolineature che ci sono state, che abbiamo ascoltato, o le sfumature che abbiamo potuto cogliere negli interventi di tutte le persone che hanno parlato.

Due brevi considerazioni. Ci sarebbe - come ho detto - tanto da dire, ma mi concentro su pochi aspetti.

Uno riguarda la lezione dell'autonomia; il collega Lucianaz ha costruito il suo intervento su questo, dicendo che ci sono ben altri elementi che dovrebbero essere presi in considerazione e anche ricordati e celebrati. Il collega Lucianaz conosce molto bene la storia della nostra regione, e quindi concorderà con me che le radici della nostra autonomia non sono così recenti, perché 80 anni nella storia non sono molti, ma affondano in un passato ben più remoto.

Tanto per citare alcune date: parliamo del 1536, del Conseil des Commis, parliamo del Coutumier della Valle d'Aosta, e siamo ancora nel Cinquecento, e così via, perché sappiamo che la nostra autonomia è stata costruita au fils du temps. Però è vero anche che la concretizzazione e la creazione delle istituzioni che sono alla base oggi della nostra autonomia, viene da lì, viene dal percorso resistenziale e, in quanto tale, io credo che sia corretto celebrarlo e ricordarlo.

Un'altra piccola osservazione: il collega Perron ci ha detto che non bisogna solo concentrarsi sul periodo tra il '43 e il '45; certamente, noi sappiamo benissimo che il periodo di quei due anni, molto importanti e particolari per il nostro Paese, anche quello, ha radici che vengono da prima, e non parlo soltanto del periodo del ventennio fascista iniziato in maniera ufficiale con la marcia di Roma del 28 ottobre del '22, ma parlo anche degli esiti della Prima guerra mondiale, della nascita del Partito nazionale fascista nel '21.

Ci sono avvenimenti importanti, uno l'ha ricordato l'assessore Caveri nel suo intervento: l'assassinio di Matteotti nel '24 e io ricordo anche perfettamente il discorso del gennaio '25 di Mussolini, il famoso discorso del bivacco, dove si è assunto la responsabilità politica, morale e storica di quello che era avvenuto, e da lì le leggi fascistissime, fra le quali c'erano anche le disposizioni per tutto quello che riguarda l'italianizzazione dei luoghi di confine, come la nostra regione. Sappiamo benissimo tutta la questione dei toponimi che è ancora nella memoria di tante persone nella nostra regione e che purtroppo, qualche volta, continuano a sussistere anche nell'utilizzo quotidiano, cosa che trovo estremamente riprovevole, e spesso il Consigliere Lucianaz ce lo ricorda.

Io penso - e l'ha ricordato anche nell'intervento il Presidente della Regione - che lo spirito di questa legge non possa farsi carico di prevedere anche una sorta di centro studi per tutto quello che è la tematica legata ad elementi importantissimi, quale per esempio lo studio dei totalitarismi.

Io, collega Perron, non ho nessuna difficoltà a riconoscere nello stalinismo una forma di totalitarismo delle più terribili, su questo credo che non ci sia discussione, però allo stesso tempo non posso non riconoscere il fascismo come una forma di totalitarismo, tant'è vero che molto spesso, ed io lo ritengo corretto, si parla della lotta al nazi-fascismo, perché erano strettamente collegati e ricordo pure, en passant, che le prime leggi razziali, le leggi contro la razza, sono state pubblicate in Italia. Sono state scritte, c'è il manifesto della razza del 1938, e prima dell'applicazione fatta in Germania dal regime di Hitler, quindi ci sono responsabilità che sono grandissime, e la lotta che è stata fatta in quei due anni nel nostro Paese - poi ci sono state lotte di liberazione in altri Paesi - sono state importantissime.

Credo che comunque lo spirito di questa legge sia, come ha detto il Presidente, quello di ricordare l'80° anniversario appunto della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia della nostra Regione, che non deve essere uno sterile atto di memoria, ma deve invece essere un'azione di memoria attiva, come recentemente ha chiesto di fare il Presidente Mattarella, in occasione delle ultime celebrazioni del 25 aprile e del 2 giugno, che sono due date - come sappiamo - molto importanti.

Ha proprio chiesto, il presidente Mattarella, di ricordare che i valori della Resistenza sono alla base della nostra storia democratica, sono la base della democrazia; una democrazia che, sappiamo, è imperfetta come tutte le democrazie, credo, ma che è proprio nata da lì, e, in virtù di questo, occorre fare azione di memoria; e quando parlo di azione, utilizzo proprio un termine che deriva da un verbo che vuol dire attività, essere attivi.

Ancora una considerazione: mi sono venute in mente questa mattina, in certi passaggi della discussione, le parole di un importante personaggio della resistenza non regionale, ho pensato ad un personaggio anche nazionale, che è Vittorio Foa.

Vittorio Foa diceva una cosa che, secondo me, dobbiamo tenere ben presente: si rivolgeva ad un esponente di un partito avverso, di un esponente del Movimento sociale, un partito che oggi non esiste più, ma che all'epoca c'era, e Vittorio Foa diceva giustamente a quest'esponente una frase che, secondo me, è molto importante.

Si riferiva alla lotta di quel periodo, ai conflitti che sussistevano e diceva: "Se si parla di morti, va bene, i morti sono morti e vanno rispettati tutti perché la vita è importantissima, ma se si parla di quando si era vivi, si era diversi".

Poi diceva una cosa importantissima, che io ho ben presente: "Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Abbiamo vinto noi, e in questo modo tu sei Senatore."

Le radici della democrazia che noi abbiamo oggi sono quelle, vengono da lì, e io credo che, proprio per questo, sia dovere anche nostro, di noi che nel nostro piccolo in questo Consiglio regionale rappresentiamo le Istituzioni che sono derivate da allora, fare questo atto di memoria attiva; e anche solo l'approvazione di una legge è un primo passo per un atto di memoria attiva.

Presidente - Passiamo ora agli ordini del giorno. Ripeto, sono stati depositati due ordini del giorno. Il primo è l'ordine del giorno della Lega. Ha la parola il consigliere Aggravi per illustrare l'ordine del giorno.

Aggravi (LEGA VDA) - Pendant la discussion générale de ce projet de loi, quelques collègues ont parlé de la mission Mont-Blanc, et en particulier ont parlé d'annexionnisme, de tout ce qui est arrivé pendant - comme on l'a déjà dit - une situation politique, et disons même humaine, très compliquée. Et maintenant la collègue Minelli a aussi parlé de Centres d'études et donc a parlé, justement, d'approfondissements et de recherche sur des faits dont - et on le disait auparavant - quelques parties sont encore dans les archives, ou même dans la mémoire de ceux qui sont encore en vie.

Cet ordre du jour voudrait être une suggestion, une proposition par rapport à l'activité qu'un Centre d'études, ou quelque chose de plus, que c'est la Fondation Émile Chanoux, pourrait faire pendant le parcours que, d'ici auparavant, on aura vers la célébration du 80e anniversaire. Et, en particulier, on voudrait pencher l'attention sur le Fonds Voisin: le fonds que le fils du docteur Henri Voisin a donné en copie à la Fondation; sont plus de 100 documents qui documentent l'activité de la mission Mont-Blanc et l'activité de la direction générale, études et recherches, qui était le service secret français, avec l'objectif politique et aussi militaire de créer en Vallée d'Aoste un mouvement, ou tout de même une reconnaissance d'un mouvement, pour l'annexion de la Vallée d'Aoste à l'État français. On le sait que la France de De Gaulle - justement, dans leur logique - avait conçu et créé toute une série de cellules, pas seulement envers la Vallée d'Aoste, ou l'Italie, mais surtout dans d'autres réalités aussi et, en particulier, où on parlait la langue française, où la prochaine France, la nouvelle France, pouvait avoir des intérêts: des intérêts, dans ce cas, probablement du point de vue territorial, du point de vue économique (on a parlé des eaux); mais aussi la position stratégique de la Vallée d'Aoste, et aussi l'interrogatif, en ce moment, pour ce qui était le futur de la maison de Savoie.

Pour ça, on voudrait engager le Gouvernement régional, bien évidemment, en collaboration avec le Bureau du Conseil et sous la conduite de la Fondation Émile Chanoux, à promouvoir, en vue de la célébration du 80e anniversaire de la Résistance, Libération et Autonomie, un moment d'approfondissement (une manifestation, une exposition, un séminaire, une conférence) - on sait que la Fondation Chanoux a toute une série de finalités dans son statut - sur les faits historiques liés à la mission Mont-Blanc. On pourrait dire même liés à ce qui était le phénomène annexionniste. Surtout pour le fait que - et je reprends un peu le discours que je faisais auparavant - ces faits, cette situation particulière, cette opération, ces personnages et ces documents peuvent probablement nous expliquer un peu mieux et faire un peu plus de clarté sur ce qui a été cette partie de notre histoire par rapport à notre autonomie.

Et, en prenant aussi les paroles du collègue Marzi, c'est autant intéressant de comprendre, en tant que zone frontalière, zone disons de "la marca", comme l'a dit justement dans ses écrits Federico Chabod aussi, ce qui a été une partie très importante, pas seulement pour la Vallée d'Aoste, mais pour l'agir des États-nations qui se sont reconstitués après (et je dis État-nation pour le fait que la France a été le véritable représentant de ce modèle de l'après-guerre).

Et je dirais aussi, vu que quelques collègues ont parlé aussi des voisins savoyards, comprendre un peu mieux pourquoi aujourd'hui on est ce qu'on est et, au contraire, pourquoi la Savoie ne l'est pas (même si c'est la région, la zone, la plus riche - Paris à part - de la France); pour comprendre la différence de ce que la Vallée d'Aoste aurait pu être, au contraire, sans notre autonomie, qui bien évidemment est octroyée, mais elle est présente, réelle et vivante, à différence de ce qui est arrivé de l'autre côté du Mont-Blanc.

Presidente - Per il Governo, il Presidente della Regione ha facoltà di intervenire.

Testolin (UV) - Tout d'abord, je remercie le Conseiller Aggravi et les autres signataires de l'ordre du jour pour avoir présenté et mis à l'attention du Conseil cette proposition. Tout de même, on a partagé avec des autres components de la majorité le fait que ce type de projet, de réflexion, pourra bien faire partie d'un des projets à présenter à l'intérieur de celle qui sera la délégation qui, selon la loi, pourra prendre conscience de toutes les propositions. Et alors, bien en partageant l'intérêt de la mission Mont-Blanc, on pense que, pour ne pas créer de différences entre un projet et d'autres projets qui pourront être soumis à cette Commission - qui a justement l'adresse de partager et d'établir un parcours de ces événements -, nous demandons que cet ordre du jour soit retiré pour le représenter à l'intérieur de ce parcours, et avec l'intention, quand même, personnelle de le soutenir, dans le moment où je ferai partie de ce parcours. Mais, dans une logique de bien de respect pour toute sorte d'autres présentations, d'autres projets, on demande de retirer cet ordre du jour pour le soumettre dans le parcours d'approbation.

Presidente - Consigliere Aggravi, ha facoltà di intervenire.

Aggravi (LEGA VDA) - Merci Président pour votre réponse. Bon, le but des signataires de cet ordre du jour était poser la cause, poser le problème, poser la thématique. Donc, je pense qu'on peut retirer l'ordre du jour, suite aux garanties, pas internationales mais personnelles, que le Président et, je le souhaite, toute l'Assemblée a pris.

Sans doute, sur ce point on retournera et on reposera la question lors de l'organisation des activités, on croit surtout pour le fait que le Fonds Voisin est, tout de même, une richesse du point de vue, pas seulement de la Fondation Chanoux, mais de l'histoire valdotaine. Oui, on le sait que l'attention de la direction de la Fondation dans les derniers temps s'est penchée sur d'autres thématiques, dont la franc-maçonnerique, que bon, c'est quelque chose encore plus compliqué et là, on a peu de documentation. Au contraire, dans ce cas, on a de la documentation et je me souhaite que tout ce qui est à disposition de la Fondation pourra être utilisé pour réouvrir non pas le débat mais la recherche et l'approfondissement sur ce moment très important.

Je voudrais - je me suis oublié pendant l'introduction - rappeler les travail qui a fait Marc Langereau et même la contribution du professeur Celi du 2015, je pense, sur ce qui a été la mission Mont-Blanc, et je pense que de là on pourra repartir.

Presidente - L'ordine del giorno è ritirato.

Il Consiglio prende atto.

Passiamo all'ordine del giorno seguente di PCP. La parola al consigliere Aggravi per mozione d'ordine.

Aggravi (LEGA VDA) - Non me ne vogliano le colleghe, ma vorrei porre la questione pregiudiziale su quest'ordine del giorno e, se posso, vorrei argomentarlo.

Non voglio rubare il mestiere alla collega Minelli ma, visto che la forma è sostanza, adesso non riesco a recuperare il testo, però penso che quest'ordine del giorno, almeno nel testo rappresentato, possa rappresentare (scusate il bisticcio dei termini) un'intromissione nella libera autonomia dei Comuni eventualmente coinvolti.

Dico questo perché nel testo, se non erro, non è soltanto un invito ma si impegnerebbe "il Presidente della Regione ad intervenire presso il CELVA (Consorzio degli Enti Locali della Valle d'Aosta) al fine di sensibilizzare i Comuni". Io penso che i Comuni, quelli che sono interessati, perché quelli citati fanno riferimento al 2009, se non erro, possano liberamente scegliere.

Io, sinceramente, vorrei porre questa questione proprio perché non penso che questo Consiglio debba ledere la libera autonomia, non soltanto del CPEL (Consiglio permanente degli Enti Locali), ma dei Comuni eventualmente interessati.

Presidente - La parola alla consigliera Minelli.

Minelli (PCP) - Come ha giustamente detto poi il consigliere Aggravi leggendo l'impegnativa dell'ordine del giorno, si chiede di intervenire "al fine di sensibilizzare i Comuni": non c'è alcuna volontà di intromissione. La sensibilizzazione è cosa che si può fare senza ledere né l'autonomia né la libertà di nessuno.

Quindi riteniamo che la formulazione dell'ordine del giorno sia corretta. Poi, nel merito dello stesso interverrà la collega Guichardaz, ma riteniamo che ci siano gli elementi perché anche quest'ordine del giorno possa essere discusso, considerato il fatto che, già in passato, molti Comuni, a seguito anche di un dibattito che c'era stato a livello consiliare, hanno poi deciso di fare questa scelta di revoca, ed era successo a seguito di un dibattito consiliare.

Presidente - A questo proposito intervengo, anche per rifarmi al Regolamento, chiedendo se è una questione pregiudiziale per la discussione, pertanto uno a favore e uno contro. Peraltro, potremmo già dire che ci sono state e da lì si passa alla votazione sulla questione pregiudiziale, non sull'ordine del giorno.

La parola al presidente Testolin per una precisazione.

Testolin (UV) - Se posso intervenire nel merito della pregiudiziale che è stata evidenziata, a nome della maggioranza. Abbiamo fatto delle riflessioni che vanno esattamente nell'ordine di idee che è stato rappresentato dal collega Aggravi.

Diciamo che l'intervento, per quanto ci concerne, di andare ad insistere su quelle che possono essere delle decisioni che competono ai Comuni, pur condividendo in pieno il fatto che una cittadinanza a Mussolini debba essere in qualche modo rimossa, lede quelle che sono le prerogative di autonomia e di libertà dei Comuni.

Per quanto ci concerne, io anticipo quella che sarebbe stata una risposta all'ordine del giorno, dicendo che questo tipo di riflessione potrà essere portata all'interno del Comitato che analizzerà le varie iniziative da mettere in campo nei prossimi anni e potrà fare parte di una riflessione e di un confronto all'interno di quelle che sono le attività che potranno svilupparsi. Ma non è nella nostra indole, soprattutto come Presidente della Regione, andare a porre delle condizioni in merito a delle situazioni che devono essere analizzate dalle singole Amministrazioni, con tutta la libertà che queste hanno di poter intervenire e di farlo.

Presidente - Peraltro, faccio soltanto un inciso, mi ero anche preso l'impegno di portare la questione al Comitato, proprio per evidenziare quanto già sollevato nel passato, chiedendo di prendere seriamente in considerazione quest'aspetto. Presidente Testolin, brevissimo, un minuto.

Testolin (UV) - Solo una considerazione, perché visto l'ordine del giorno, ci siamo premurati anche di fare un minimo di verifica su quanti Comuni ci sono: sono ancora due.

Presidente - Restando la questione pregiudiziale, il voto deve essere "non discutere dell'ordine del giorno", pertanto, chi vota a favore della questione pregiudiziale, significa che l'ordine del giorno non è iscritto perché estraneo al dibattito in corso. Viceversa, chi vota contro, è perché venga comunque inserito all'ordine del giorno. Spero di essermi spiegato bene. Mettiamo in votazione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Esito della votazione:

Presenti: 35

Votanti: 33

Favorevoli: 33

Contrari: 2

Il Consiglio approva la questione pregiudiziale e l'ordine del giorno presentato dal gruppo PCP non viene discusso.

Passiamo ora all'articolato della legge. All'articolo 1 vi sono due emendamenti della Lega. La parola al consigliere Perron per l'illustrazione.

Perron (LEGA VDA) - Merci Président, nous avons ajouté, après la lettre b, alinéa 1 de l'article 1, "contre toutes les formes de totalitarisme".

Presidente - Mettiamo in votazione l'emendamento. Si è prenotato il Consigliere Manfrin, ne ha facoltà.

Manfrin (LEGA VDA) - Solo per intervenire rispetto all'emendamento. Il collega Perron l'ha già presentato, e in discussione generale ha già un po' spiegato quello che è il significato, cioè quello di ampliare la visione.

Io riconosco e ringrazio la collega Minelli per aver riconosciuto in maniera netta il fatto che anche lo stalinismo (se bisogna fare i sofismi sulle dizioni) ha prodotto dei totalitarismi. Io parlerò invece di comunismo nella sua totalità e rientra ovviamente all'interno dei totalitarismi.

Quello che vorrei ricordare in questa sede, per sostenere quello che è l'ordine del giorno, è una risoluzione che è stata approvata il 19 settembre del 2019 dal Parlamento Europeo.

In questa risoluzione si ricordava come il 23 agosto del 1939 l'Unione Sovietica comunista e la Germania nazista firmassero il Trattato di non aggressione, noto come Patto Molotov-Ribbentrop ed i suoi protocolli segreti, dividendo l'Europa e i territori in Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che poi spianò la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale.

In questa risoluzione il Parlamento Europeo esprimeva inquietudine per l'uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e a fini commerciali; ovviamente, si parlava sostanzialmente della falce e del martello, e ricordava che alcuni Paesi europei avevano vietato l'utilizzo sia dei simboli nazisti che comunisti, ed osservava la permanenza negli spazi pubblici di alcuni Stati membri di monumenti e luoghi commemorativi, parchi, piazze e strade, che esaltavano regimi totalitari. Il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari.

Nel testo, peraltro, si evidenziava che la Russia rimaneva la più grande vittima del totalitarismo comunista, stigmatizzando l'insabbiamento dei crimini del regime comunista e l'esaltazione del regime totalitario sovietico. Qui non si faceva sofismo sullo stalinismo o meno, ma si parlava di comunismo e si parla di comunismo in una risoluzione che è stata approvata - ripeto - dal Parlamento Europeo.

Invitava pertanto la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato.

La risoluzione inoltre chiedeva l'affermazione di una cultura della memoria condivisa, che respinga i crimini dei regimi fascisti e comunisti e di altri regimi totalitari e autoritari del passato come modalità per promuovere la resilienza alle moderne minacce alla democrazia, in particolare tra le generazioni più giovani.

Subito dopo la richiesta di proclamare la giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo, il 25 maggio, ossia la data di esecuzione del comandante Witold Pilecki, eroe di Auschwitz.

Pilecki era un comandante polacco che combatté contro il nazismo e, dopo la fine del conflitto, fu tra coloro che cercarono di opporsi alla sovietizzazione della Polonia. Catturato dai comunisti, fu giustiziato dopo un processo sommario nel '48.

Il suo nome fu bandito per decenni e la riabilitazione avvenne solo dopo il crollo del muro di Berlino.

Tutto questo per dire che con l'emendamento che il collega Perron ha presentato - che ringraziamo, e mi permetto nuovamente di ringraziare tutti i colleghi in quest'Aula perché è grazie a tutti i gruppi e a tutti i colleghi che hanno accettato la riammissione di quest'emendamento se possiamo discuterlo - si va a recepire un'indicazione che va ad inserire anche il contrasto a tutti i tipi di totalitarismo nella legge che si riferisce alla tutela e alla promozione della memoria.

È un emendamento, secondo noi, fondamentale. È stato riconosciuto anche da più parti, dubito che sarà riconosciuto da tutti all'interno di quest'Aula in questo senso, ma sicuramente è un emendamento che permette davvero di creare esattamente, come la risoluzione europea prevedeva, una cultura della memoria condivisa, che respinga i crimini dei regimi nazisti, comunisti e degli altri regimi totalitari.

Presidente - La parola alla consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Per dire che non voteremo quest'emendamento per due ragioni. La prima è che la versione che ci è arrivata, mi riferisco all'emendamento n. 1, dice che alla lettera b del comma 1 dell'articolo 1 sono aggiunte infine le seguenti parole "Contre toutes les formes de totalitarisme"; dunque, il comma che risulterebbe dall'approvazione di quest'emendamento suonerebbe così: "A valoriser le patrimoine historique, politique, social et culturel de la Résistance et de l'antifascisme en Vallée d'Aoste contre toutes les formes de totalitarisme".

Personalmente, non riesco a capire, da un punto di vista proprio strutturale e lessicale, questa frase, quindi non ha molto senso scritto in questa maniera; anche solo da un punto di vista formale credo che non stia in piedi.

Secondariamente, non abbiamo nessun problema a discutere in altre situazioni, e lo abbiamo detto, che i totalitarismi sono condannabili tutti, anche quindi quello di cui si parla in questa legge, cioè quello fascista, mentre invece nelle discussioni di stamattina è stato fatto qualche distinguo.

Faccio una precisazione al collega Manfrin, che mette in bocca alle persone parole che non sono state dette. Io mi sono espressa oggi a seguito di quanto detto dal collega Perron, che ha parlato di totalitarismo stalinista, e ho espresso la mia assoluta condanna a quella forma di totalitarismo. Peraltro, ricordo che, giustamente, il collega Perron, nel suo intervento, ha distinto il bolscevismo dallo stalinismo, cosa corretta, perché, se andiamo ad analizzare le questioni, si tratta di qualcosa di molto diverso.

Poi il collega Manfrin legge la risoluzione, parla in generale di comunismo, si può anche essere d'accordo. Io personalmente credo che assimilare o voler far assimilare - perché poi io non ho usato quelle espressioni - il PCUS (Partito Comunista dell'Unione sovietica) sovietico o lo stalinismo di cui parlavamo prima al Partito Comunista Italiano (di cui un esponente è stato Antonio Gramsci, marcito nelle carceri fasciste), sia mettere insieme delle cose che, invece, meriterebbero un'analisi più approfondita che noi non abbiamo tempo di fare qui. Ma sicuramente - e questo lo posso ribadire con assoluta convinzione - ogni forma di totalitarismo passato, presente e futuro è qualche cosa che io non ho alcuna difficoltà a condannare in maniera netta e precisa.

Presidente - La parola al Presidente della Regione.

Testolin (UV) - Merci Président. Pour représenter l'idée de la majorité par rapport à cet amendement et aussi au 2e amendement qui sera proposé d'ici à quelques minutes. Je reprends quelques passages des collègues qui sont intervenus dans la discussion générale et qui ont bien souligné et ciblé l'objectif de cette de cette loi: valoriser la Résistance, la Libération et l'Autonomie valdôtaine dans le contexte, dans le milieu valdôtain. Et non d'élargir à d'autres types de discussions, qui peuvent absolument être intéressantes, mais pas dans ce contexte. Alors, j'invite les Conseillers, ou bien tous ceux qui ont envie de parler de cette thématique, à proposer des projets qui puissent être abordés d'une façon cohérente avec l'adresse de la loi, pour les discuter dans un parcours d'analyse total et général dans les prochains mois, les prochaines années, et pour aborder ce sujet aussi, s'il y a la possibilité de le faire, en cohérence avec l'adresse de la loi.

Presidente - Se non vi sono altri interventi, mettiamo in votazione l'emendamento. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Esito della votazione:

Presenti: 35

Votanti: 15

Favorevoli: 15

Astenuti: 20 (Barmasse, Bertin, Bertschy, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Grosjacques, Guichardaz Erika, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Malacrinò, Marguerettaz, Marzi, Minelli, Padovani, Rosaire, Sapinet, Testolin)

L'emendamento non è approvato.

Secondo emendamento della Lega. Per illustrarlo, la parola al Consigliere Perron.

Perron (LEGA VDA) - Nous souhaitons, après la lettre c alinéa 1 de l'article 1, ajouter: "à approfondir la réflexion sur les caractéristiques et les éléments constitutifs des régimes totalitaires, de leur premières manifestations dans les années vingt du siècle dernier aux formes actuellement existantes, ainsi que leur possibles évolutions futures".

Sappiamo già, quindi, la risposta che abbiamo. In parte rispondo al Presidente Testolin: la posso capire, lei dice che questo non è il contesto. In realtà, secondo noi poteva esserlo, ovviamente cogliamo la sua suggestione. In realtà, come dicevamo prima, c'è già una legge che parla di questo. Con i colleghi potremmo approfondire e proporre qualcosa legato alla legge del 12 marzo 2012 che parla appunto di "Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione di ideali di libertà, democrazia, pace, integrazione tra i popoli contro ogni forma di totalitarismo".

Togliamo l'assist e lavoreremo, probabilmente nei prossimi mesi, per proporre qualcosa da questa parte.

Per gli ultimi secondi che ho a disposizione. Chiaramente quando si parla del regime stalinista, Stalin fu al potere dal '24 al '53. Noi parliamo di eventi durante la Resistenza, '43-'45, in cui era attivo il regime staliniano. Quindi, possiamo dire, anche se qua ci sono tutti i distinguo, che una parte del mondo partigiano che si rifaceva al mondo comunista e che poi ebbe rapporti con Mosca, si rifaceva ad un regime totalitario, chiaro come il sole.

Stalin è stato al potere finché è morto nel '53, questo va detto. C'è un altro lato della medaglia, ma non la si gira. Si arriva fino lì e poi quella parte lì fa fatica a girarsi. Invece è così.

Ma non è che siamo nemmeno io, o la collega Minelli, o l'assessore Caveri: qui ci sono - ripeto - delle tesi storiografiche, poi uno può aderire oppure no.

Anche sul bolscevismo, ad esempio, collega Minelli, Hannah Arendt lo inserisce già nella parte totalitaria, ma lo fa lei, poi uno aderisce a delle interpretazioni piuttosto che ad altre. Lasciamolo al mondo degli studiosi quello; non è un problema.

Qua ognuno può prendere la sua parte, ma non sono né io, né Manfrin, né lei che discutiamo nel dettaglio queste cose; lasciamole a quel mondo lì, prendiamo delle parti.

Quando abbiamo inserito in questa legge una parte sui totalitarismi, ha il suo senso, perché inserito in un contesto politico-storico in cui il totalitarismo sovietico era attivo. E il fatto che noi qua non abbiamo avuto a che fare con il mondo sovietico perché, per fortuna nostra, siamo più vicini all'ovest che all'est - perché all'est italiano potranno raccontare cose diverse - è una bella fortuna, ma non significa che non ci fossero delle parti, dei partigiani comunisti, che erano legati ad un mondo totalitario.

Questa è una verità storica, non è un'interpretazione, è una verità.

Noi l'abbiamo inserito, volevamo ampliare la legge, voi ci dite di no. Sappiamo le vostre motivazioni, le accettiamo e a questo punto cogliamo l'assist e più avanti lavoreremo su qualche proposta per ampliare anche qua in Valle un dibattito culturale che, a nostro avviso, può essere decisamente interessante. Ma anche la discussione di stamattina ha dimostrato che può esserlo, e può essere fecondo.

Presidente - La parola alla consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Per condividere, nella sostanza, le osservazioni che ha fatto il presidente Testolin riguardo a quest'emendamento. Credo che abbia espresso bene il motivo per cui anche noi ci asterremo sullo stesso.

È corretto dire che all'interno di questa legge, ma poi è stata citata anche la legge del 2012, è possibile proporre delle iniziative e degli studi che potranno appunto essere presi in considerazione dal Comitato.

A margine delle osservazioni del collega Perron: anche qui, collega Perron, io non ho alcuna difficoltà, se è necessario dirlo, che sono convinta quanto lei che all'interno del mondo comunista anche italiano, di cui io non ho mai peraltro fatto parte (ma le conoscenze che ho sono perché ho studiato un po', ho dato un esame di storia dei movimenti e dei partiti politici), non ho nessuna difficoltà a riconoscere che c'era sicuramente chi era stalinista, questo è un fatto, ma c'era anche molto altro.

Come dicevo prima, occorre - e non è questa la sede, non siamo qui per questo - conoscere bene i fatti e fare i distinguo che ci sono da una parte e dall'altra.

Presidente - Possiamo mettere in votazione, non vedo altre richieste d'intervento. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Esito della votazione:

Presenti: 33

Votanti: 12

Favorevoli: 12

Astenuti: 21 (Barmasse, Bertin, Bertschy, Carrel, Caveri, Chatrian, Cretier, Grosjacques, Guichardaz Erika, Guichardaz Jean-Pierre, Jordan, Lavevaz, Malacrinò, Marguerettaz, Marzi, Minelli, Padovani, Rollandin, Rosaire, Sapinet, Testolin)

L'emendamento non è approvato.

Votiamo ora l'articolo n. 1 della legge. Non vedo richieste di intervento, pertanto mettiamo in votazione l'articolo n. 1. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Presenti: 33

Votanti: 21

Favorevoli: 21

Astenuti: 12 (Aggravi, Brunod, Distort, Foudraz, Ganis, Lavy, Lucianaz, Manfrin, Perron, Planaz, Restano, Sammaritani).

L'articolo n. 1 è approvato.

Stesso risultato per gli articoli n. 2, 3, 4 e 5.

Votiamo ora la legge nel suo insieme. Per dichiarazione di voto, la parola alla consigliera Erika Guichardaz.

Guichardaz E. (PCP) - Naturalmente, voteremo con favore questa legge che ci ha visto comunque accogliere quanto avevamo proposto già in precedenza.

Ci dispiace non aver potuto discutere l'ordine del giorno, a differenza invece di quanto è stato fatto rispetto all'emendamento della Lega, quindi stare a sindacare sulle parole, soprattutto sull'intervenire al fine di sensibilizzare, per noi non era corretto. Comunque, accettiamo la decisione del Consiglio e prendiamo favorevolmente anche atto del fatto che sia il Presidente del Consiglio che il Presidente della Regione hanno in qualche modo posto attenzione a questo tema e lo porranno nelle sedi opportune, in modo che i Comuni di Torgnon e di Hône, magari, possano in qualche modo far sì che in Valle d'Aosta (almeno questo a noi risulta) ovunque venga tolta la cittadinanza a Mussolini.

Presidente - Il presidente della Regione Testolin ha facoltà di parola.

Testolin (UV) - Solo per invitare la Consigliera ad approfondire, quando fa dei nomi, che siano almeno quelli corretti.

Presidente - Consigliera Erika Guichardaz, le concedo un minuto, non di più.

Guichardaz E. (PCP) - Ho semplicemente detto che a me risulta in questo modo, poi magari non è così, quindi bene se vogliamo approfondire.

Presidente - Il consigliere Cretier si era prenotato, a lei la parola.

Cretier (FP-PD) - Scusatemi se ne approfitto, in dichiarazione di voto, per chiarire alcune cose.

Collega Perron, il termine "comunitario" per me era inteso "che si è svolto in una comunità, nell'interesse della comunità", in questo senso.

Poi, ancora per dire che mi sembra anche naturale che ci siano stati, tra le fila dei partigiani o maquisards, dei personaggi che arrivavano dal biellese e dal canavese, anche per questioni orografiche e di confine. Ci sono state anche delle persone che sono arrivate dal Sud volontariamente, come il partigiano Brindisi; quindi, un sentore di lotta contro i momenti difficili di quel periodo.

Sinceramente ho letto diversi libri, per scelta mia, ma di bande marxiste in Val d'Ayas... sinceramente è una novità, aspetto magari notizie. Erano piuttosto del fondo Valle, zone industriali, quindi in questo caso sarei ben lieto di non aver letto questo, ma questo l'ho letto. Probabilmente, sono passati su quei sentieri, ma non erano bande marxiste della Val d'Ayas.

Sono stato anche contento della menzione del collega Distort per quanto riguarda la lotta in Spagna dei volontari: molti immigrati valdostani che lavoravano a Parigi sono andati a combattere, quindi con un fervido sentore per la lotta alle dittature.

Proprio per fare memoria nella ricorrenza, ogni tanto mi diletto a scrivere, ma ho scritto sempre in modo asettico, raccontando dei fatti, mai citando barbarie (perché sappiamo e non neghiamo assolutamente che ci sono state situazioni disdicevoli per la contrapposizione), se non altro ricordando che alcuni erano vestiti benissimo, avevano delle scarpe buone, altri invece camminavano sui sentieri con molte difficoltà e trasportati da camion, quindi questo per dire un po' la situazione, ma non sono mai andato oltre a citare delle situazioni.

Et bien, à la fin on fêtera le 80e des célébrations de la Résistance, de la Libération et de l'Autonomie, et aussi, je l'espère, le centenaire de l'Association nationale des Chasseurs alpins, gli Alpini: tous ensemble je l'espère.

Presidente - Altre dichiarazioni di voto? Non vedo altre richieste. Ne approfitto soltanto un minuto per evidenziare questo ampio dibattito che è comunque stato estremamente positivo. Mi limiterò all'aspetto riguardante l'Autonomia prendendo spunto da diversi interventi per i quali si è evidenziata la necessità di cogliere anche quest'occasione per fare una riflessione sull'Autonomia di ieri, di oggi e soprattutto di domani.

In particolare - visto che mi ha anche indirettamente coinvolto - riprendo quanto detto dal consigliere Aggravi, sulla necessità, come si è cercato di fare come Consiglio, di dare degli strumenti di conoscenza riguardo alla nostra Autonomia, anche nella prospettiva pratica di una revisione dello Statuto, che necessita altresì di un lavoro preparatorio. Accolgo con favore quanto suggerito, anche in quest'occasione, che contraddice un po' certi esponenti del suo partito, che non vedono con altrettanto favore certi studi, ma, con il suo autorevole sostegno, continueremo nel cercare di mettere a disposizione del Consiglio degli strumenti, anche nella direzione, cogliendo quest'occasione, di una revisione dello Statuto che si rende, a mio avviso, sempre più necessaria nell'attesa della natura pattizia dello stesso.

Manfrin (LEGA VDA) - Soltanto per formulare la dichiarazione di voto del gruppo Lega Vallée d'Aoste.

Innanzitutto, ringrazio ovviamente i colleghi per l'ampio dibattito che si è sviluppato: qualche intervento più incentrato, magari, sul fare delle analisi di ampio respiro, qualche intervento più centrato rispetto all'articolato che era in discussione. Un articolato che, come abbiamo detto, abbiamo provato a modificare con l'emendamento che abbiamo discusso e che purtroppo è stato respinto. Voglio, in ogni caso, e ci tengo assolutamente, ringraziare ancora una volta tutti i colleghi, ma voglio rivolgermi alle colleghe di PCP, che giustamente hanno detto: "Noi abbiamo consentito il dibattito rispetto a quest'emendamento, invece rispetto al nostro ordine del giorno è stata presentata questione sospensiva": che non era una volontà. E rassicuro di non avere un dibattito, tant'è vero che si è potuto discutere e si è potuto poi votare nel merito rispetto alla discussione o meno, e che mi pare che abbia comunque portato a dei frutti e a dei risultati, ma era semplicemente perché abbiamo un certo tipo di impostazione, un certo tipo di idea. La collega Minelli, nell'annunciare il voto all'emendamento che abbiamo presentato, ha giustamente sollevato dei rilievi di carattere lessicale, e dello stesso tipo abbiamo ritenuto opportuno fare identici rilievi. Peraltro, se ci fosse stata la possibilità di discutere quell'ordine del giorno, avrei anche sollevato la bizzarra questione che il Comune di Aosta, che dal 1946 fino al 1990, poi, andando ancora avanti, ha partecipato a numerosi Governi o ha partecipato direttamente - è stato ricordato più volte il Sindaco Oddone Bongiovanni - da questo punto di vista ha avuto molteplici possibilità dal 1946 fino al 2019, quando è stata tolta la cittadinanza onoraria a Mussolini, non l'ha mai fatto. Non si sa se per dimenticanza o perché effettivamente non abbia ritenuto opportuno cancellare alcuni segni del passato dalla storia della città. Questo non lo sappiamo, l'avrei detto, l'ho detto in breve e chi vuole poi potrà fare una discussione su questo.

Quello che ritenevamo fondamentale ed essenziale per provare a cogliere questa legge, era proprio che si andasse e si intervenisse nel solco di quella che era la risoluzione approvata il 19 settembre 2019 al Parlamento Europeo, una risoluzione che noi condividiamo appieno, una risoluzione fatta anche, ovviamente, con l'accordo dei paesi di Visegrad che hanno subito per primi l'oppressione sul loro territorio. C'è chi ha voluto parlare di regime comunista tout court, come l'assessore Caveri, c'è chi ha derubricato il comunismo e lo stalinismo facendo dei sofismi rispetto ad alcune gestioni. Lei, collega Minnelli, ci ha detto di avere un'esperienza rispetto ai suoi studi, io, più modestamente, con la mia laurea in scienze politiche, ho scritto un libro sulla storia elettorale della Valle d'Aosta, che ha approfondito anche alcuni aspetti della nostra Regione. Ritengo che sia difficile fare alcuni tipi di sofismo, soprattutto su regimi che non sono soltanto stalinisti, ma che da quel punto arrivano.

Non vorrei ampliare ancora le analisi a livello storico, ad esempio sulla datazione delle leggi razziali che è stata data, che in realtà vede la Germania nazista deliberare e dar vita alle leggi razziali del 1935, quindi ben prima delle leggi razziali del 1938 fatte nel nostro Paese, che furono sicuramente un errore gravissimo ed aprirono una ferita davvero insanabile con la popolazione che ne fu perseguitata. Ma quello che ritenevamo opportuno e necessario per poter accogliere e votare positivamente questa legge era l'affermazione di una cultura della memoria condivisa, che respingesse allo stesso modo i crimini di tutti i regimi, di tutti i totalitarismi, cosa che non si potrà fare con questa legge; ma abbiamo accolto positivamente e continueremo la nostra azione per portare proprio, laddove ci è stato suggerito, la modifica e la proposta di ampliare il raggio rispetto alla testimonianza della memoria e soprattutto al contrasto di tutti i regimi totalitari.

Presidente - Consigliere Aggravi, ha facoltà di parola.

Aggravi (LEGA VDA) - Per confermare la dichiarazione di voto fatta dal mio Capogruppo, per le motivazioni collegate, e anche per fare due ulteriori considerazioni. La prima, mi collego alla questione pregiudiziale: è stata posta, ma davvero perché crediamo nell'importanza del rispetto dei livelli di governo; lo abbiamo già fatto in tutte le situazioni, e della libera scelta dei Comuni, e non è una censura totalizzatrice; e direi alle colleghe che le battaglie si possono fare nelle sedi deputate. Negli stessi Consigli comunali di quelli che sono i Comuni che ancora oggi hanno questa situazione, sicuramente le colleghe hanno dei rappresentanti o hanno chi può portare questa loro battaglia in quella sede, quindi oggettivamente non penso che quello che è accaduto sia sostanzialmente una tragedia. Lo dico perché, ripeto, c'è questa possibilità. Abbiamo fatto delle considerazioni quando si sono portati i temi comunali in Consiglio e noi manteniamo la stessa posizione. Poi, sui due Comuni io non entro, perché non ho le informazioni né della collega Guichardaz né del Presidente, quindi alzo le mani e vi lascio informare a modo vostro.

Dall'altro lato, volevo anche ringraziare il Presidente del Consiglio, che ha preso positivamente la sollecitazione fatta, l'invito, il consiglio, la proposta; e vorrei altrettanto ringraziarlo perché lui, tutte le volte, mi ricorda sempre che all'interno del mio partito c'è chi non vede di buon occhio determinate questioni, legate non soltanto alla questione federalista. Sono opinioni opinabili, nel senso che, vede Presidente, anche tra i suoi non so se chiamarli compagni, colleghi di partito oppure compagni o colleghi politici (perché non ho ancora capito se lei fa parte di un partito o no), ci sono persone che sono aspramente contrarie e vedono nelle cause federaliste, autonomiste e di libertà un nemico. Diciamo che, su questo lato, siamo accomunati dallo stesso destino.

Le vorrei anche ricordare che, dai banchi di questo pericoloso movimento, spesso sono anche arrivate delle iniziative che hanno ricordato dei popoli fratelli, dei peuples frères, che erano dimenticati nelle attività del Consiglio e anche nelle attività politiche. Penso ad esempio alla causa corsa: lei all'epoca mi ricordò sempre che la faccenda legata ad esponenti, ad amici del mio partito o ad amici di esponenti del mio partito, che non sono a favore delle cause, dei popoli. Ecco, diciamo che sulla Catalogna (so che lei è molto legato alla Catalogna, io forse sono più legato alla Corsica), anche i suoi amici o colleghi di partito non è che siano proprio stati e non siano a tutt'oggi proprio coerenti e solidali alla causa del popolo catalano, come nella causa bretone, come nella causa corsa e quant'altro. Quindi, da un lato sono contento di non essere solo, ma di essere in sua compagnia in questa battaglia che ognuno porta a casa sua.

Presidente - La consigliera Minelli interviene per dichiarazione di voto.

Minelli (PCP) - Grazie Presidente, per dichiarazione di voto.

Naturalmente, voteremo questa legge che, a nostro avviso, correttamente non ha recepito gli emendamenti proposti, proprio perché questo testo di Commissione che voteremo è un testo "pour les dispositions pour la célébration du 80e anniversaire de la Résistance, de la Libération et de l'Autonomie", ed è una legge regionale. Grazie a Dio non dobbiamo anche celebrare di essere scampati da un totalitarismo che viene da est piuttosto che da qualche altra parte; ci è bastato quello che abbiamo avuto in Italia, ci è bastato e ci è avanzato, soprattutto è avanzato alle persone che hanno fatto la Resistenza in questa regione, che si sono battute per arrivare ad avere anche la situazione di una Regione autonoma.

Rilevo anche con un sorriso e facendo notare che è abbastanza singolare che si chieda, con la pregiudiziale, di non discutere di un ordine del giorno, e poi in tutti gli interventi si parli di quell'ordine del giorno, ma va bene così, faremo la stessa cosa. Nel senso che non abbiamo avuto modo di illustrarlo, era secondo noi un'occasione importante. Ci sarà questo impegno, che speriamo venga mantenuto da parte dei Presidenti, che all'interno del Comitato - se abbiamo capito bene - porranno la questione, e quindi non cercheranno di "sensibilizzare" per non urtare l'autonomia di nessuno, ma porranno la questione.

Quello che vorrei sottolineare, però, è un'altra cosa: non è così importante - e non è una tragedia certo non averlo fatto - chiedere di revocare la cittadinanza a Benito Mussolini, ma... e faccio mie le parole che erano state pronunciate dall'allora Consigliere, oggi Presidente del Consiglio, Bertin, nel 2009, quando era stata presentata proprio una richiesta per abolire e per revocare questa cittadinanza in undici Comuni della Valle d'Aosta (alcuni poi, nove, avevano provveduto nel tempo), l'attuale Presidente diceva allora: "Non è importante revocare la cittadinanza al defunto Benito Mussolini, ma è essenziale affermare o riaffermare che il fascismo non ha e non avrà mai più cittadinanza in Valle d'Aosta", come non deve avere cittadinanza in alcun luogo nel nostro Paese perché noi sappiamo benissimo che la Costituzione italiana ha espresso in maniera molto chiara quella che è la posizione nei confronti di quello che è stato il fascismo.

Concludeva il Presidente, e credo che sia corretto riprenderlo in questo momento: "Credo che anche il Consiglio regionale debba rappresentare la coscienza storica di questa comunità". Ed io ne sono assolutamente convinta.

Presidente - Consigliere Restano, a lei la parola.

Restano (GM) - Grazie Presidente, sarò molto rapido.

Non ho partecipato al dibattito e mi sono astenuto su tutti i punti.

Nel 2013 votai la stessa norma, praticamente; oggi voterò nuovamente questa norma in coerenza con quanto fatto allora.

Mi dispiace che dopo un lungo dibattito, che è durato tutta una mattinata, non si sia riusciti a trovare una convergenza; probabilmente, non siamo ancora maturi, da una parte e dall'altra. La proposta dei colleghi poteva essere accolta, modificata, rielaborata; abbiamo speso tantissimo tempo, ognuno per esprimere la propria opinione, poix, quando è stato il momento di trovare una convergenza che ritengo importante, non ce l'abbiamo fatta. Speriamo di migliorare fra dieci anni.

Presidente - Se non vi sono altre dichiarazioni di voto, mettiamo in votazione la legge. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Esito della votazione:

Presenti: 32

Votanti: 21

Favorevoli: 21

Astenuti: 11 (Aggravi, Brunod, Distort, Foudraz, Ganis, Lavy, Lucianaz, Manfrin,

Perron, Planaz, Sammaritani)

Il disegno di legge è approvato.