Oggetto del Consiglio n. 2096 del 15 dicembre 2022 - Resoconto
OGGETTO N. 2096/XVI - Interpellanza: "Previsione di azioni di contrasto al fenomeno dell'abbandono scolastico.".
Marguerettaz (Presidente) - Punto 35 all'ordine del giorno. Ha chiesto la parola per la presentazione il collega Lavy, ne ha facoltà.
Lavy (LEGA VDA) - Da qualche settimana è uscito il famoso Memento statistico regionale sulla scuola valdostana, che annualmente aggiorna su diversi tipi di dati. Da una prima lettura, uno dei dati più impressionanti è quello riguardo all'abbandono scolastico, perché si individua che a oggi il 14,1 percento dei giovani abbandonano la scuola prematuramente, quindi prima di aver conseguito il titolo di studio, almeno il diploma; il 17,1 percento sono maschi, il 10,9 percento le femmine. È ovvio, i piccoli numeri valdostani portano a fare in modo che ci possa anche essere una sorta di distorsione dei dati, però è comunque un problema che bisogna tenere molto bene in considerazione, perché, si veda i NEET e quant'altro, diventano poi un peso sulla società. Il mancato avvio al mondo del lavoro è un problema che è conseguente molto spesso anche all'abbandono scolastico.
I dati che emergono sono quelli dell'abbandono esplicito: alunni che formalmente abbandonano la scuola prima di aver conseguito il titolo di studio. Non emergono invece i dati riguardo l'abbandono implicito, coloro che magari prendono un titolo di studio ma non hanno le competenze date da quel titolo di studio. Sarebbe magari interessante per i prossimi anni lavorare anche su questo genere di aspetto, sull'abbandono implicito, che potrebbe essere sommato ai dati dell'abbandono esplicito, perché vanno assolutamente di pari passo.
A questo Memento statistico mancano forse alcuni dati - non so se lei, Assessore, li ha e se li può fornire o meno - perché per capire bene questo fenomeno sarebbe interessante avere una visione a 360 gradi su quali sono le scuole che vengono più abbandonate, se ci sia un passaggio prima dai licei agli istituti tecnici professionali e poi l'abbandono, o ci sia un abbandono direttamente proveniente dai licei o un abbandono direttamente proveniente da istituti tecnici professionali. Altra questione: da quali comuni o da quali aree provengono le persone che abbandono la scuola? Perché anche questo può essere un fenomeno sociale assolutamente interessante da analizzare.
Sappiamo benissimo tutti del rapporto centro-periferia. Di periferia in senso lato in Valle d'Aosta ne abbiamo essenzialmente solamente una, che è quella della città di Aosta. Ma in altro senso la periferia è anche quello che riguarda le zone rurali, le zone di montagna. Sono aspetti che differiscono totalmente rispetto alla periferia urbana, ma che dal punto di vista delle caratteristiche hanno dei fenomeni simili, perché chi abita soprattutto nella periferia tende un pochino a fare gruppo e tende un pochino a scegliere dei percorsi anche scolastici magari più affini, più vicini a quello che è il proprio ambiente, quindi spesso capita che chi è nella periferia urbana scelga dei percorsi di istituti tecnici professionali. Ma quali percorsi scelgono invece quelli che magari provengono dalla periferia rurale, dalle terre montane? Molto probabilmente sono due le scelte: l'Institut Agricole o magari il Don Bosco a Châtillon.
Questo sarebbe interessante da capire, perché ha tutta una serie di conseguenze sociali, o meglio, è frutto anche di alcuni aspetti sociali, che vedono tutta una serie di persone che abitano e vivono in contesto di periferia che li porta a fare magari delle scelte sbagliate che poi si ripercuotono anche nell'abbandono scolastico. Magari scegliere delle scuole che originariamente sono viste come più prossime al proprio milieu culturale e sociale, può essere vista come una soluzione. Poi però nel tempo questi studenti si rendono conto che la scelta fatta non era quella riguardante prettamente sé, decidono di abbandonare quella scuola e magari, non favoriti da certe condizioni sociali, decidono addirittura di abbandonare gli studi.
Ci sono anche altre dinamiche che intervengono in questo genere di discorso. Provenendo dalla zona montana ho capito e ho vissuto molto bene il disagio, per quanto riguarda la scelta delle scuole superiori, di immergermi in un contesto cittadino. Io ho fatto il Liceo Berard, provenendo da Saint-Nicolas, passando dalle medie di Villeneuve, e ho dovuto immergermi in un contesto che non era assolutamente il mio; e non è che io mi sia sempre trovato a mio agio. Il problema è stato che mi sono dovuto confrontare con un contesto, quello cittadino, quello della veulla [patois, città , ndc], quello di una scuola che è totalmente incentrata sulla veulla, che mette a disagio un certo tipo di studente. Poi c'è chi resiste e chi invece molla: decidi di cambiare scuola e magari decidi anche poi successivamente di abbandonare la scuola.
Ci sono anche altri fattori che intervengono e uno di questi è quello dell'amicizia. Uno può dire: ma cosa c'entra il fattore dell'amicizia con la questione dell'abbandono scolastico? Soprattutto nei piccoli comuni l'amicizia che si crea alla base già dalla scuola dell'infanzia è un fattore determinante della scuola superiore, proprio perché sopravvive alle elementari, sopravvive alle medie e poi, nel momento della scelta della scuola superiore, spesso il ragionamento che si fa è: devo scegliere una scuola che magari mi interessa un po' di più o devo scegliere una scuola in cui va anche un mio amico, va anche una mia compagnia, per sentirmi più a mio agio, in un ambiente più prossimo a me, più familiare a me? Ecco che magari colui che ha l'idea decisa va e sceglie la sua scuola, altri suoi amici, che magari hanno meno idee decise e chiare, lo seguono. Ma questo porta che queste persone molto spesso poi si trovino male nelle scuole che scelgono, perché non è la scuola loro, quella più prossima al loro milieu. Ed ecco che poi nasce tutto il fenomeno del déracinement e quant'altro, che porta a vivere male certe esperienze: fuori, slegati dal proprio contesto di vita più rurale o di periferia, porta a fare in modo che ci sia addirittura appunto un rifiuto della scuola, un rifiuto dello studio, un lasciarsi andare e dire "Ah, devo prendere il pezzo di carta, bon, basta, me ne vado e ritorno a fare ciò che voglio".
Questo è un problema sociale che ovviamente non è così semplice da identificare con i dati, però già semplicemente capire da che comuni provengono quelli che abbandonano le scuole, potrebbe dare un'immagine interessante di questo fenomeno. Delle ipotetiche soluzioni ne parlerò poi dopo nella replica, però questo è un fatto sociale che troppo spesso in Valle d'Aosta viene sottovalutato. Si pensa che alla fine per chi vive sulle montagne, per chi vive in territori più rurali sia una passeggiata confrontarsi con la grande Aosta, con le grandi scuole aostane, con una mentalità diversa, con persone diverse. Quando ho fatto il Berard, una buona parte dei miei compagni di classe non sapeva neanche individuare dove fosse Saint-Nicolas. Per chi viene da questi luoghi non essere riconosciuto è un problema, perché addirittura si tende quasi a sentirsi in colpa di provenire da certi luoghi. E tutto questo poi porta a una sorta di questioni psicologiche, di accettazione e quant'altro, che per fortuna non ho vissuto, ma che altri invece purtroppo vivono.
Ecco perché forse bisogna ripensare un certo sistema scolastico, soprattutto nelle scuole superiori: legarle in maniera molto più vicina al territorio, anche quello non dico rurale ma al di fuori della città di Aosta. Perché è giusto avere un tipo di visione, ma deve esserci anche quell'altro tipo di visione, perché la Valle d'Aosta non è che si chiude col confine del comune di Aosta, la Valle d'Aosta è tutt'altro. Non si può in questa maniera formare solamente una classe dirigente di cittadini aostani, perché quelli al di fuori si sentono tagliati fuori e si vedono visti un po' appunto con le gambe tagliate da questo sistema di esclusione, tra virgolette, che poi, per carità, non sempre avviene. Ma è tutta una questione di punti di vista e di ottiche da approfondire.
Con questa interpellanza si vuole un pochino capire quali siano diciamo le motivazioni alla base, bene o male, dell'abbandono scolastico, che saranno tantissime. L'Assessore mi aveva accennato prima che ha dei dati, dei fogli da darmi che poi accetterò e guarderò molto volentieri. Vorremmo capire se a questi numeri così importanti si stiano cercando delle soluzioni. Questo è il punto, poi nella replica parlerò di eventuali proposte.
Presidente - Per la risposta la parola all'assessore Caveri.
Caveri (AV-VdA Unie) - Intanto mi consenta una difesa in favore dei giovani montanari. Io ho avuto tanti amici e compagni di classe, ma anche conoscenze: non è che il giovane montanaro una volta precipitato nelle scuole aostane, nelle scuole di Verrès, viva un senso di frustrazione che in qualche maniera lo porta all'abbandono. Però devo dire che non abbiamo dei dati fattuali su questo, quindi mi riprometto di farlo e sono sicuro che vedremo che forse certe marginalità le registriamo magari di più in alcuni quartieri di Aosta, piuttosto che in alcune ridenti località di montagna. Che poi i suoi compagni di classe non sapessero dov'era Saint-Nicolas, beh, bisognerebbe veramente regalare loro quel cappello d'asino che esisteva una volta alle scuole elementari, che metteva in fondo alla classe chi non era particolarmente sveglio.
Concordo sul fatto che la dispersione scolastica sia un fenomeno complesso. C'è l'abbandono, c'è l'uscita precoce dal sistema formativo, c'è l'assenteismo, c'è la frequenza passiva, c'è l'accumulo di lacune che possono inficiare poi, come diceva giustamente lei, non solo la crescita culturale ma anche professionale; su questo le fornirò poi un po' di documentazione utile. Direi che l'ultimo atto della catena che ci pone di fronte alle difficoltà che ancora abbiamo, anche se poi effettivamente, parlando con Dario Ceccarelli, nei confronti numerici non siamo così perdenti, quindi il dato del 14 per cento va poi un po' approfondito.
Va detto che il PNRR ha dedicato attenzione e denaro al fenomeno, prevedendo specifici finanziamenti che ricadranno anche sulla gran parte delle scuole della valle; quelle che non ne fanno parte e che credo siano due o tre, avranno ovviamente dei finanziamenti regionali. Il titolo è: "Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel primo e secondo ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica".
Nella logica della multifattorialità, ci sono fattori strutturali, organizzativi, familiari, sociali, individuali. Non ne abbiamo parlato, ma credo che lei concorderà sicuramente su questo: capitale è l'orientamento. Tante volte noi l'abbiamo visto facendo degli incontri sul territorio, molte volte i ragazzi seguono a gregge dei compagni di scuole precedenti, oppure ci sono i genitori che si incaponiscono di far fare delle scuole che non sono corrispondenti al carattere dei figli. Bisognerà sforzarsi di trovare delle soluzioni migliorative rispetto al sistema attuale dell'orientamento.
Tenendo conto degli esiti degli ultimi anni scolastici e in particolare del 2021, la questione è stata attenzionata, come si dice con un linguaggio burocratico, con altri dipartimenti dell'Amministrazione: oltre alla Soprintendenza anche le Politiche del lavoro e della formazione, il dipartimento delle Politiche sociali oltre che l'Università e altri enti e associazioni del territorio. Sono stati fatti, lo leggerà, dei protocolli per poter vedere come si può operare in maniera sinergica.
Molto importante è la delibera n. 1209 del 17 ottobre di quest'anno, che approva gli orientamenti per l'attuazione e gli interventi nelle istituzioni scolastiche per la prevenzione e il contrasto della dispersione scolastica all'orizzonte del triennio 2022/2025. È nato un gruppo regionale di coordinamento che intende presidiare, pur nel rispetto dell'autonomia scolastica, alcuni obiettivi comuni come l'orientamento, il mentoring, il counseling, il miglioramento delle competenze didattiche e metodologiche, con particolare attenzione all'innovazione e al digitale, al fine di contenere il rischio di frammentazione di progettualità e la dissipazione delle risorse; cioè, dare uno standard che eviti che poi ogni istituzione scolastica spenda questi fondi cospicui in maniera disordinata. Il gruppo si occuperà di coordinare le diverse azioni che sono contenute anche nel Piano FSE 2021/2027 e nel PNRR; un altro fondo cospicuo è quello che viene dal fondo sociale europeo, che abbiamo già adoperato in passato. La logica è, nell'investimento 1.4, intervento finalizzato alla riduzione dei divari territoriali, quella che ho già detto, sia nel primo che nel secondo ciclo, che fanno parte del famoso Next Generation dell'Unione europea; ne abbiamo in qualche maniera parlato nel DEFR e nel PIAO, che sono i due documenti di indirizzo. La logica è migliorare gli apprendimenti e i livelli di competenze disciplinari trasversali, a partire dalla scuola del primo ciclo con attenzione agli studenti fragili.
Apro parentesi: gli studenti fragili sono sempre di più. I casi che spesso mi vengono sottoposti riguardano l'aggravamento e anche l'aumento del numero dei DSA e dei DSE e anche degli invalidi gravi.
La logica è promuovere il successo formativo di tutti gli alunni, potenziando le attività di orientamento, in particolare quando si passa dalle medie alle superiori, e poi creare spazi fisici e digitali di apprendimento innovativo per favorire l'apprendimento attivo e collaborativo e per stare bene a scuola - questo è uno degli slogan che è stato fatto - e anche migliorare le competenze di progettazione.
Le lascerei poi un approfondimento che riguarda il Piano regionale per la formazione dei docenti, cioè che cosa possono fare i docenti per contrastare l'abbandono. Dovremo veramente fare un focus, e prendo questo impegno all'inizio dell'anno, sul funzionamento del CRIA, Centro regionale di istruzione degli adulti, per evitare che ci siano delle iscrizioni che poi non corrispondono alla reale partecipazione alla scuola. C'è il progetto transfrontaliero che si chiama PRIMO, Persévérance, Réussite, Inclusion, Motivation, che ci ha posto anche di fronte al modello della scuola francese. Noi, ad esempio, nell'assistenza agli allievi in difficoltà siamo molto molto più avanti. E poi naturalmente la logica di costituzione di reti di scuole, perché istituzioni scolastiche e pubbliche paritarie si parlino un po' fra di loro. Ovviamente l'obiettivo, e qui concludo, dandole la documentazione suppletiva, è di ridurre questo dato che oggi fa impressione e che poi alla fine si ripercuote sul futuro dei giovani.
Presidente - Per la replica, la parola al collega Lavy.
Lavy (LEGA VDA) - Assessore, con tutto il rispetto, lei potrà avere l'età di mio padre, e il mondo della scuola rispetto a quello che ha vissuto lei è cambiato tantissimo. Una volta chi proveniva dai territori rurali era la maggioranza, adesso sono un'estrema minoranza.
Io le ho parlato del problema di due tipi di periferie: quella concettualmente classica della città e la periferia che, sotto alcuni punti di visti, è relegata nei territori montani e nei territori più rurali. Io le ho esposto un problema che non è basato su dei dati, perché questi dati non ci sono, quindi è una mia opinione. Lei potrà pensarla in maniera totalmente diversa, ma non può confutare di certo la mia opinione, proprio perché non ci sono dati. Ma che ci sia un problema sociale alla base dell'abbandono scolastico è un dato di fatto, che poi riguardi l'aspetto cittadino o l'aspetto delle terre più ai margini della veulla è assolutamente reale. Facciamoci uno studio, chiediamoci come mai ci siano certi valdostani in certe aree che certe scuole non le fanno o le fanno meno, e come mai valdostani di certe aree decidono di fare principalmente solo altri tipi di scuole. Queste sono, bene o male, le questioni più semplici da verificare, perché appunto i milieu sono diversi: campagna, montagna e quant'altro. È un tema che, come ho detto prima, in Valle d'Aosta viene troppo poco spesso affrontato e viene anche un pochino, non dico ridicolizzato, ma messo sotto la forma di battuta: "Eh, ma se i suoi compagni non sapevano dov'era Saint-Nicolas, bisognava mettergli un bel cappello da asino"; assolutamente sì, però chiediamoci perché non sapessero di questa cosa! Non è qualcosa da ridicolizzare! C'è un problema di un certo tipo.
Per quanto riguarda le ipotetiche soluzioni aspetterò ovviamente di vedere i dati che mi darà. Sicuramente su tanti aspetti si sta lavorando, ma una cosa è interessante, e il tema del PNRR c'entra molto bene questa differenza, questa questione dell'abbandono scolastico, perché parla di divari territoriali. Ma allora, se ci sono dei divari territoriali che in qualche maniera devono essere ridotti per sfavorire l'abbandono scolastico, mi state dando in parte ragione, significa l'abbandono scolastico è basato anche su dei divari territoriali tra centro e periferia. Approfondiamo queste tematiche e soprattutto diamo una connotazione molto più locale, di cultura locale, alle scuole, proprio perché in questa maniera si potrebbe evitare che certi valdostani facciano certe scuole e certi altri ne facciano certe altre. Sarebbe interessante capire, e ho detto che è più facile capirlo, il perché qualcuno fa solamente certi tipi di scuole: l'Institut Agricole è un esempio, o il Don Bosco è un altro esempio, e magari in città si decide di fare altri tipi di scuole, i licei.
Questo è un problema che non è assolutamente da sottovalutare perch come ho detto prima qui si parla della formazione non solo della classe dirigente dei prossimi anni, ma della società valdostana. Se i valdostani de inque [patois, di qua, ndc], chiamiamoli così, fanno solamente un certo tipo di scuola, ecco che anche lì la questione della stereotipizzazione di questi valdostani esce fuori, perché faranno solamente più certi mestieri, non si occuperanno di certe altre cose. La questione è molto complessa e va al di là dei singoli dati bruti. È una questione sociale e come un effetto sociale deve essere analizzato. Quindi io mi auguro che nei prossimi memento statistici ci sia anche una sezione in cui si inquadri il fenomeno sociale dell'abbandono scolastico, perché altrimenti da qui non ne usciamo.