Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 1927 del 19 ottobre 2022 - Resoconto

OGGETTO N. 1927/XVI - Interpellanza: "Posizione del Governo regionale sull'istituzione di una zona franca in Valle d'Aosta".

Marguerettaz (Presidente) - Punto n. 32 all'ordine del giorno. Per la presentazione, la parola al collega Lavy.

Lavy (LEGA VDA) - Quest'interpellanza nasce dalla lettura di un articolo, o meglio, di un'intervista rilasciata dal segretario del Partito Democratico che testualmente diceva "La zona franca, se pensata fuori da retoriche di populismi, può essere realtà".

Una volta letto quest'articolo, sono sobbalzato sulla sedia, perché ho detto: "Ma dai, il segretario del Partito Democratico che si preoccupa della Valle d'Aosta, si preoccupa addirittura della zona franca in Valle d'Aosta".

Poi mi sono reso conto che la data del rilascio dell'intervista era il 23 settembre, in piena campagna elettorale, due giorni dopo ci sarebbero state le elezioni, e quindi allora ho capito il giochino. Comunque con quest'interpellanza volevo anche chiedere se lei; presidente Lavevaz, sia stato un poco messo al corrente di questa tematica, visto che il Partito Democratico fa parte della sua maggioranza, anche se credo che lei di queste dichiarazioni non ne sapesse nulla e quello è un gran dispiacere, perché si capisce l'intento che c'era alla base di queste dichiarazioni, cioè gettare un poco di fumo negli occhi, come purtroppo su questo tema tante volte lo si fa.

È brutto da dire, ma non siamo al Luna Park, perché questo è un tema che soprattutto in questo momento è facilmente strumentalizzabile, perché, se non si conosce un poco a monte quali sono le spade di Damocle che pendono sulle teste riguardo all'istituzione possibile di una zona franca, è ovvio che tutto il discorso cade, perché appunto abbiamo una normativa nazionale che non permette tutto e soprattutto abbiamo quest'articolo 107 del trattato dell'Unione Europea, per quanto riguarda gli aiuti di Stato, che limita di molto le azioni su un'eventuale istituzione delle zone franche, però qualcosina magari si potrebbe fare.

Sul territorio nazionale ci sono alcuni esempi delle zone franche, ad esempio le zone franche urbane che sono state copiate dal modello francese, per cui c'è una sorta di esenzione dell'Irpef, dell'Irap, dell'Imu, e spesso vengono utilizzate queste zone franche soprattutto nell'occasione di eventi calamitosi - il terremoto dell'Aquila, recentemente il crollo del ponte Morandi - però sappiamo benissimo che attuare un tipo di zona franca del genere in Valle d'Aosta che di aree urbane ne ha, ma non in maniera così esagerata, è un poco limitativo e forse neanche contestualizzato al territorio valdostano.

Ci sono poi quelle famose altre zone economiche speciali e che qui hanno una sorta di fregatura dietro, proprio perché sono concesse in territori in cui il PIL pro-capite della popolazione è inferiore al 75% rispetto alla media europea. E dove sono queste zone? Praticamente solamente al Sud, e poi sono permesse in regioni in cui comunque c'è un'area portuale collegata alla rete transnazionale dei trasporti, noi di certo non abbiamo un porto e quindi saremmo già tagliati fuori.

Queste sono le classiche politiche all'italiana per cui vengono create queste sorte di zone in cui c'è un'esenzione fiscale, un'agevolazione amministrativa in aree in cui già magari c'è un'altissima evasione fiscale, quindi si crea questo circolo vizioso per cui c'è una sorta di condono dell'evasione fiscale, perché tanto se in queste aree non bisogna pagare certe imposte di Irpef o quant'altro - non si pagava già precedentemente - si ha questo circolo vizioso.

C'è poi l'ultima categoria che è quella delle zone franche doganali che è quella che potrebbe riguardarci un poco di più e che qui va al di là... c'è l'esenzione delle imposte doganali regolate dal Codice doganale dell'Unione...

Il problema qual è? Se si vanno a vedere a oggi gli esempi presenti di queste zone franche doganali, riguardano essenzialmente dei porti, il porto di Venezia, di Trieste, di Portovesme.

La domanda che dobbiamo porci allora è: come è possibile a oggi attuare quell'articolo famoso del nostro statuto sulla zona franca?

È molto complesso, non c'è la bacchetta magica, e di sicuro non si potrà attuare quello che nell'immaginario collettivo si ha.

Quindi abbassiamo un poco i toni riguardo a questa zona franca che sicuramente potrebbe portare a dei grandi vantaggi se impostata in maniera corretta con alcuni correttivi riguardo al territorio valdostano, ma non immaginiamoci chissà che, perché il problema sta proprio in quello e il problema magari anche a monte sta nel capire gli effetti che ci sono su un'eventuale impostazione e creazione di una zona franca sul territorio valdostano, perché, se si guarda un poco le analisi dell'Urban Group, dove sono state create delle zone franche non è che i risultati siano così eccelsi, purtroppo, perché di certo si riesce un poco a colmare il divario di certe zone disagiate con altre zone, ma non è che ci sia un'attrazione così importante di capitali e di investimenti di know out su quel territorio e sicuramente poi, dopo un certo effetto iniziale, c'è un rallentamento.

Si è già parlato in quest'aula più volte di zona franca, anche nell'ultima interpellanza portata dal collega Aggravi che aveva concluso questa sorta di discorso con l'obiettivo di portare questo tema in I Commissione; è ovvio che può essere interessante, però a monte deve essere fatta una sorta anche di riflessione.

Come possiamo noi discutere in I Commissione di eventuali ipotesi di zone franche se non sappiamo:

1) se alcuni tipi di zone franche sono attuabili sul nostro territorio;

2) quali effetti ci potrebbero essere nell'applicazione di queste zone franche sul nostro territorio perché, attenzione, una volta che ci potesse essere una zona franca non è che dobbiamo fare in modo che questa zona franca alimenti ancora di più alcune problematiche che già ha la Valle d'Aosta con lo spopolamento della montagna. Sfruttiamo eventualmente certe esenzioni, certe possibilità che vengono date da un'implicazione di alcune questioni riguardo alla zona franca per limitare certe problematiche che oggi sono molto presenti in Valle d'Aosta: lo spopolamento della montagna è una di queste, il concentramento della popolazione nel Fondovalle è una di queste, quindi attenzione anche qui, perché, al di là degli slogan, poi comunque bisogna costruire qualcosa che sia efficace in toto e che non faccia dei danni ulteriori alla Valle d'Aosta.

Nel DEFR di quest'anno ho visto che è stata inserita la questione della zona franca della ricerca che rientra nell'alveo delle zone economiche speciali; questo potrebbe essere un primo passo per portare a una sorta di attrazione di capitale, attrazione di know out, attrazione di conoscenze sul territorio valdostano, ma anche lì dev'essere impostata molto bene, perché se si concentra il centro principale di quest'ipotetica zona franca della ricerca in centri già più popolosi - Aosta, Pont-Saint-Martin, Châtillon o Saint-Vincent - è ovvio che sicuramente ci sarebbero certi effetti positivi su quei territori, ma per il bene della Valle d'Aosta non so quanto sarebbe utile.

Ed ecco che anche qui si potrebbe invece lanciare una sorta di proposta, di idea, di valutazione molto interessante, di contestualizzazione di quest'eventuale sede principale di questa zona franca della ricerca.

C'è un Comune che dovrà ricevere 20 milioni di euro per il rifacimento dei due borghi, è il comune di Arvier, che ha vinto, appunto, il Bando Borghi; su questo progetto c'è tutta una sorta di relazioni con l'Università, con vari enti, diversi, che potrebbero - una volta costruite le infrastrutture, ristrutturate appunto come i fabbricati dei due borghi di Arvier - essere fondamentali per collaborare con eventualmente altri investitori che potrebbero arrivare sul territorio valdostano - e in particolare in quella zona per sviluppare la zona franca della ricerca - perché poi soprattutto concentrare quel genere di discorso in una zona che è un poco al limite fra la zona influenza di Aosta e la zona influenza della Valdigne sarebbe interessante, perché si andrebbe comunque a limitare anche in parte lo spopolamento eventuale della Valgrisenche, della Val di Rhêmes, della Valsavarenche, di Introd, di Saint-Nicolas, Avise...

È ovvio che bisogna impostarla bene, ma sfruttando questo fatto della vittoria del Bando Borghi, di questi 20 milioni che arriveranno, si spera che vada tutto bene, nel Comune di Arvier, ecco che questa questione della zona franca della ricerca potrebbe diventare un atout in più da portare su quel genere di territorio.

Questa è una sorta di proposta, ma ovviamente a monte ci dev'essere una sorta di studio, perché altrimenti non possiamo essere qui e lanciare ogni volta delle idee, serve qualcosa di concreto anche per capire eventualmente quali ripercussioni ci potrebbero essere sui territori, e, innanzitutto, a monte, capire cosa fare o cosa no.

Aspetto la sua risposta, Presidente, credo mi risponda lei, sperando veramente che si dia un po' di chiarezza su questo tema, sapendo che alcuni margini di manovra ci sono ma purtroppo, l'idea originaria che era stata portata avanti primo fra tutti da Emilio Lussu, difficilmente, anzi, quasi "impossibilmente", verrà realizzata, però questo è un incentivo in più ancora a fare meglio.

Presidente - Per la risposta, il presidente della Regione Lavevaz.

Lavevaz (UV) - Inizio dicendo che ho trovato molto interessante l'analisi fatta dal collega Lavy rispetto alle situazioni reali, contingenti e di oggi.

Io concordo sulla necessità di fare un po' di ordine e anche in qualche modo, come ha detto lei, cito le sue parole, di abbassare i toni in qualche modo, perché si usa molto spesso il tema della zona franca come uno slogan, senza spesso avere le idee chiare su quello che si voglia dire.

Io ho quest'impressione, perché poi il concetto di zona franca, come lei ha molto ben evidenziato, ha delle sfaccettature molto diverse e delle declinazioni anche tecniche molto diverse.

Sulla questione della parte finale dell'interpellanza, riguardo all'esegesi che non sono in grado di fare sulle dichiarazioni del segretario del Partito Democratico, non mi permetto di fare analisi rispetto a quanto asserito dal segretario.

Sul resto concordo, credo che il concetto di zona franca oggi non possa più essere quello dell'articolo 14 dello Statuto così come è stato scritto appunto nell'articolo 14, come credo sia cambiato anche nei passi successivi, penso al '49, quando è stata introdotta la compensazione alla mancata attuazione della zona franca con la famosa esenzione fiscale dei cosiddetti beni contingentati.

Le questioni invece più tecniche e puntuali che lei ha accennato, cioè le cosiddette zone economiche speciali, hanno effettivamente invece delle possibilità puntuali sicuramente molto interessanti e quelle vanno approfondite in maniera puntuale, ma con questo non voglio dire che non dobbiamo approfondire il tema della zona franca in sé: è un argomento che - vista la sua natura molto complessa dal punto di vista dell'intreccio delle norme che lei ha citato, anche norme di rango europeo eccetera che impongono tutta una serie di limitazioni, aiuti di Stato ma non solo, ci sono tanti aspetti che pongono in qualche modo dei paletti difficilmente valicabili - credo che sia un'analisi quella che dobbiamo fare, io condivido che vada fatta, che richieda un elevato livello di tecnicità per contestualizzare in qualche modo questa previsione statutaria, molto importante nel nostro Statuto, alla realtà attuale.

Io credo che in qualche modo dobbiamo richiamare il senso profondo e iniziale di chi ha scritto l'articolo 14 dello Statuto speciale che è, in buona sostanza, compensare gli svantaggi del vivere in montagna. Ne abbiamo parlato qualche settimana fa insieme agli Assessori della Commissione montagna e la discussione è stata molto interessante e si è sviluppata quasi completamente sulla questione dei costi del vivere in montagna, dei costi dei servizi, dei costi anche del vivere, quindi dei costi vivi, come si dice.

C'è tutto un aspetto legato ai sovra-costi della montagna, potremmo dire così, che in qualche modo, a partire dall'articolo 14 del nostro Statuto, passando attraverso il federalismo fiscale eccetera, devono secondo me essere analizzati in maniera profonda per capire se e come è possibile in qualche modo essere più incisivi da questo punto di vista, sfruttando le nostre particolarità statutarie in qualche modo per sterilizzare - se così si può dire - i sovra-costi che abbiamo.

Io credo, lo ribadisco e l'ha ricordato anche lei nella sua presentazione, che il luogo più adatto per questa discussione sia la I Commissione. Credo che quest'argomento vada trattato in qualche modo come la I Commissione riterrà di fare o con una Commissione specifica, questo lo deciderà la Commissione, io sono assolutamente disponibile a mettere a disposizione anche gli uffici della Presidenza, per quanto riguarda gli aspetti legislativi e quello che può essere necessario, perché condivido pienamente la necessità di un approfondimento su un tema che è sicuramente centrale della nostra autonomia speciale.

Presidente - Per replica, il collega Lavy.

Lavy (LEGA VDA) - Presidente Lavevaz, apprezzo in parte il suo intervento perché comunque da questo punto di vista qui si è un po' tutti sulla stessa linea d'onda. Sappiamo benissimo della serietà e dell'importanza dello sviluppo di questa tematica e anche il fatto che questa tematica non debba essere assolutamente strumentalizzata, perché, soprattutto in un momento come questo, chi è fuori da qua si aspetta da noi tanto, giustamente; è ovvio che certe parole, se decontestualizzate o se usate un pochino a sproposito - illudere qualche volta chi è fuori - portano anche a noi dei problemi, perché giustamente poi persone che sono fuori si aspettano che noi possiamo risolvere in un certo tipo di direzione problematiche come questa della zona franca. Quindi è fondamentale che ci siano dei documenti in mano e un poco si smonti anche un certo tipo di narrativa che, purtroppo, è negativa per tutti, perché è giusto parlare, è giusto lanciare proposte, è giusto avere idee però, poi, a una certa bisogna scrivere un articolato, bisogna relazionarsi con lo Stato - in questo caso anche con l'Unione Europea - per poi cercare di vedere se certe cose sono applicabili o meno, perché altrimenti è solamente fumo negli occhi, un poco come le parole del segretario del Partito Democratico, Enrico Letta.

Ecco che sicuramente in I Commissione, come ha detto anche lei e come ho detto anche io, si può fare una sorta di lavoro importante, però a monte ci dovrebbe essere una sorta di pudio fatto da esperti, non possiamo essere noi Commissari della I commissione, magari rivolgendoci anche a quel gruppo di lavoro che ha organizzato il convegno molto interessante di un anno fa, per capire effettivamente quali sono i margini di manovra per l'attuazione, per la creazione o per anche inventare qualcosa di diverso, perché, contestualizzato al territorio valdostano, si può creare qualcosa di diverso se ci sono certi spazi. È ovvio che se siamo solamente noi Commissari, è molto difficile capire quali sono i limiti di quest'inventiva, di queste misure. Se invece c'è qualche professore, qualcuno che è molto esperto di zone franche, che dice: "Questo è attuabile, questo no", ecco che lì si ha anche una base poi di partenza migliore e successivamente si può costruire questa sorta di misura molto di più connotata al territorio valdostano, perché, come dicevo prima, la zona franca non dev'essere una scusante o un qualcosa che porta addirittura a un incremento di certi fenomeni che noi viviamo oggi nel nostro territorio, gravi, che dobbiamo combattere; come detto il principale spopolamento della montagna verso il Fondovalle, ma dev'essere qualcosa che dev'essere portato appunto a beneficio di certe aree, per cui non credo sia così brutto immaginare che ci sia una sorta di zona franca che riguardi solamente alcune aree della Valle d'Aosta, quelle più in alto, per favorire chi sta in montagna con una sorta di defiscalizzazione da parte di alcune imposte nelle zone alte, nelle Terre Alte, e magari fare in modo che invece il Fondovalle non sia così colpito da questa sorta di politica, perché se vogliamo mantenere la gente in montagna, è ovvio che in montagna bisogna anche fare in modo che convenga viverci.

Questo potrebbe essere uno strumento per mantenere le persone in montagna però, appunto, alla base servono dei documenti che attestino anche eventuali efficacità di certe politiche.

È un cantiere aperto assolutamente, purtroppo troppo tardi, perché fino a qualche anno fa con le varie politiche del contingentamento - i buoni benzina e quant'altro - non si doveva neanche parlare della zona franca, non conveniva a nessuno parlare della zona franca.

Adesso c'è il momento in cui il discorso dev'essere messo sul tavolo e certe misure devono essere prese.