Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 1726 del 14 luglio 2022 - Resoconto

OGGETTO N. 1726/XVI - Interpellanza: "Valorizzazione attraverso lo strumento del Project Financing di beni del patrimonio artistico e culturale della Regione".

Bertin (Presidente) - Punto n. 37. Per l'illustrazione la consigliera Spelgatti, ne ha facoltà.

Spelgatti (LEGA VDA) - Senta, assessore Sapinet, so che non devo parlare di questa iniziativa, ma visto che lei ha invitato a fare una segnalazione alla Regione nel caso di pellegrini che abbiano dei problemi, io faccio la segnalazione! Io faccio solo vacanze in bici o a piedi: ho fatto gli 800 chilometri del cammino di Santiago; ho fatto la Francigena partendo da casa e arrivando a Roma, stavolta in bici, e le assicuro che mi sono persa varie volte nel tragitto, perché ci sono stati dei problemi.

In relazione agli adesivi, ricordo che in 800 chilometri di cammino di Santiago non ci si è persi una volta sola, perché ci sono gli adesivi. E quando un pellegrino fa così tanti chilometri, non è che si preoccupa di capire in quale regione si trova in quel momento e come cambia la segnaletica, basta attaccare gli adesivi ovunque sul percorso; poi lasciamo quelli che già ci sono, ma aggiungiamo questi benedetti adesivi e ricontrolliamo tutto. Perché questa è una forma di turismo sempre più in crescita e io ne sono assolutamente una testimone, visto che faccio solo vacanze di questo tipo in giro per l'Europa.

Partiamo con l'interpellanza. Ricordo la seduta del 15 dicembre 2020, l'oggetto 175: avevamo portato questo ordine del giorno che rileggo. "Visti i risultati positivi di uno dei primi progetti di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale realizzato in Italia attraverso lo strumento del project financing, che ha portato alla ristrutturazione della cupola della Basilica di San Gaudenzio interamente con capitali privati. Letto infatti l'articolo apparso sulla testata che riporta testualmente: la cupola della Basilica di San Gaudenzio è da sempre un bene comune. Fu solo grazie a una sottoscrizione pubblica dei cittadini e ai proventi dell'imposta sull'acquisto della carne che nel 1840 la fabbrica lapidea raggiunse la somma necessaria per l'ambizioso progetto di una cupola che svetta fino a quasi cento metri. Oggi lo spirito civico di allora, che consentì ad Alessandro Antonelli di costruire l'opera, rivive con un'iniziativa in cui il Comune di Novara, proprietario della cupola, mentre la basilica è un bene ecclesiastico, ha deciso di riaprire al pubblico il capolavoro simbolo della città piemontese e ha scelto di farlo, tra i primi casi in Italia, attraverso lo strumento del project financing inedito nella valorizzazione del patrimonio artistico. La proposta è arrivata dall'impresa culturale Calatà che con un investimento tra i 150 e i 200 mila euro metterà in sicurezza i camminamenti e curerà l'allestimento. Il vantaggio è che il Comune di Novara, che nel suo ruolo di governo strategico ha valutato il pubblico interesse dell'opera, non spenderà nemmeno un euro e vedrà scongiurato il rischio di una cattedrale nel deserto, essendo noi che abbiamo investito gli stessi soggetti che dovranno rientrare dell'investimento. L'aspettativa è tra i quindici e i ventimila ingressi all'anno per sei anni, spiega Nicola Facciotto, fondatore dell'impresa cuneese nel cui capitale sociale è entrata la Fondazione Social Venture Giordano Dell'Amore, braccio operativo e di Fondazione Cariplo. A partire dalla primavera 2021, Covid permettendo, si potrà scoprire la grandiosa cupola attraverso i percorsi in gran parte mai aperti al pubblico che conducono alla sommità. I visitatori potranno godere di un percorso che unisce i contenuti... L'esperienza di Novara è significativa, anche perché il nostro project financing potrà essere preso a modello da quelle numerose realtà che hanno significativi beni culturali da valorizzare, aggiunge Facciotto. Inoltre questi processi possono generare economie molto trasversali, con effetti positivi in termini di occupazione, di indotto e di marketing territoriale".

L'ordine del giorno diceva: "Considerata la portata del nostro patrimonio artistico-culturale, in termini sia qualitativi che quantitativi, e la necessità di investimenti per la relativa, a seconda dei casi, messa in sicurezza, ristrutturazione, valorizzazione, apertura al pubblico e adeguata pubblicizzazione; considerato altresì che non è più possibile intervenire solo e sempre con capitali pubblici", l'oggetto poi dell'impegnativa così come emendata era, "Il Consiglio regionale impegna il Governo regionale a predisporre un elenco di tutti i beni del nostro patrimonio artistico e culturale che potrebbero essere valorizzati attraverso lo strumento di formule di partenariato pubblico e privato, in coerenza con le disposizioni di tutela e conservazione del codice dei beni culturali, individuando un elenco di possibili beni da sottoporre a tale strategia".

Siccome questo ordine del giorno era stato approvato all'unanimità e aveva trovato anche il suo parere assolutamente favorevole, è trascorso oltre un anno e mezzo da questo ordine del giorno, chiediamo a questo punto quali esiti abbia dato la ricognizione di tutti i beni del nostro patrimonio artistico e culturale che potrebbero essere valorizzati attraverso lo strumento, appunto, di queste forme di partenariato pubblico-privato, quali procedure siano state effettivamente messe in campo ai fini della concreta attuazione dei progetti e quali azioni si intendano attivare per il futuro.

Ritengo che quest'ordine del giorno che è stato approvato sia assolutamente importantissimo, perché noi dobbiamo capire veramente dove vogliamo andare con la Valle d'Aosta e avere una visione del futuro della Valle d'Aosta. La visione del futuro non può prescindere da tutto ciò che è il nostro patrimonio. Chiaramente, il nostro patrimonio più importante sono le nostre montagne e tutto ciò che è il patrimonio culturale che abbiamo e che è assolutamente ricchissimo.

Sono sempre stata una politica del pubblico che interviene, del pubblico che interviene sui beni pubblici o del pubblico che aiuta i privati a salvaguardare i beni culturali: giustissimo, bellissimo. Ma i tempi sono cambiati e non c'è assolutamente più la possibilità di andare avanti in questa direzione, perché comunque ormai i soldi sono quelli che sono, i tempi d'oro sono assolutamente finiti e quindi è necessario trovare investitori privati.

È chiaro che tutto questo deve andare assolutamente in coerenza con la natura del bene, con la tutela dei beni, con norme assolutamente stringenti, in maniera tale da garantire comunque la fruibilità ai cittadini e far sì che questi beni non vengano poi destinati a delle finalità che non siano compatibili con la tutela del bene e la sua fruizione pubblica. Detto questo, però, bisogna fare velocemente, perché questa è la direzione che noi dobbiamo prendere se vogliamo attirare sempre più turisti. Chiaramente, un investitore privato che mette a reddito un bene, deve per forza rientrare dei capitali, quindi questo comporta soldi che arrivano in Valle d'Aosta, significa lavoro, significa marketing dei beni stessi, quindi ogni bene che viene pubblicizzato significa turisti che vengono in Valle d'Aosta, significa indotto per tutte le zone circostanti.

Faccio l'esempio del Castello di Introd. Quello che sta succedendo e comunque quello che è successo e le preoccupazioni del territorio, nell'eventualità in cui questo bene fosse stato sottratto all'uso o comunque alla fruizione e alle visite da parte dei turisti, perché comunque poi c'è un intero territorio che ne soffre e ne patisce.

Dobbiamo puntare su questo, sull'utilizzo delle nostre montagne per lo sport, per tutto ciò che diventa attrattivo. È per questo che mi scaldo quando sento parlare della Via Francigena, ed è dal 2015 che mi ci batto! Ho fatto tutte le regioni passando negli ostelli da sempre: l'unica regione dove non c'è un ostello per potersi fermare per i pellegrini è la Valle d'Aosta. É una roba che trovo indecente per la nostra regione, perché vuol dire che proprio non riusciamo a capire l'importanza del patrimonio che abbiamo, e non siamo in grado di farlo. Il patrimonio culturale va nella stessa identica direzione, quindi sono curiosa di sapere in questo anno e mezzo sostanzialmente che cosa è stato fatto.

Presidente - Risponde l'assessore Guichardaz.

Guichardaz Jean-Pierre (FP-PF) - A seguito dell'ordine del giorno citato, con il quale si impegnava il Governo a predisporre una procedura di valorizzazione dei beni attraverso il project financing o formule di partenariato pubblico privato, ovviamente in coerenza con le disposizioni di tutela e conservazione del codice dei beni culturali, individuando un elenco di possibili beni da sottoporre a tale strategia, gli uffici della Soprintendenza per i beni e le attività culturali hanno provveduto a effettuare una verifica della normativa di riferimento del project financing, con particolare attenzione al coinvolgimento dei beni culturali e alle procedure necessarie per mettere in atto tali obiettivi e analizzare le esperienze presenti sul territorio nazionale. Gli uffici hanno poi effettuato una ricognizione ed analisi dei beni culturali di proprietà regionale, come da impegno preso, procedendo a una loro classificazione in funzione del tipo e grado di utilizzo ed elaborare alcune considerazioni sulle opportunità e sulle criticità emergenti dall'eventuale attrazione di tali formule di partenariato.

Prima di procedere all'esplicitazione delle suddette considerazioni, appare tuttavia opportuno segnalare alcuni elementi che fungono da premesse e contestualizzazione delle successive valutazioni di merito.

Coerentemente con l'articolo 9 della Costituzione, quando si fa riferimento alla gestione dei beni culturali, è necessario mantenere sempre un approccio duplice. Essa infatti va declinata considerando sia attività volte ad assicurare la conservazione di tali beni, sia attività volte a promuoverne la potenzialità come fattori di diffusione dei valori della cultura, favorendo forme sempre più ampie di partecipazione. È importante infatti sottolineare come esiste un rapporto di mezzo e fine all'interno del già richiamato articolo 9, secondo una concezione attiva della tutela che vede i beni culturali non come oggetti da conservare passivamente, ma come strumenti da utilizzare per promuovere lo sviluppo culturale locale. La fruizione, in sintesi, è da intendersi come fine ultimo della tutela, come esplicitano l'articolo 3 del decreto legislativo 42 del 2004 che nel dettagliare, definendone la funzione e le attività di tutela, le indirizza a fini di pubblica fruizione. Questo è ancora più vero nel caso di beni di proprietà pubblica.

Le considerazioni svolte rilevano, per individuare entro quali limiti e con quali strumenti, possa realizzarsi la valorizzazione economica dei beni culturali. Infatti la stessa valorizzazione può essere declinata in due diverse, seppur collegate, accezioni: da un lato una valorizzazione come incremento delle condizioni di fruizione collettiva, quindi di godimento pubblico del bene; dall'alto una valorizzazione volta ad assicurare maggiori entrate finanziarie derivate dai beni culturali, sul presupposto di una concezione del settore culturale composto di beni e rapporti economicamente qualificabili, inteso quindi come potenziale fonte di profitto.

In questo senso, sebbene il codice dei beni culturali ammetta, anzi, promuova in linea di principio il coinvolgimento dei privati nelle attività di valorizzazione, con specifico riferimento alle forme di gestione indiretta, è da rilevarsi come tale coinvolgimento spesso sia condizionato dalla maggior rilevanza attribuita alla valorizzazione economica rispetto a quella culturale, da operatori interessati ad assumersi l'onere della gestione di un bene solo a condizione di poter vedere ripagati nel medio termine i propri investimenti e di ottenere un congruo profitto dagli stessi. Tale approccio potrebbe evidentemente, in determinate condizioni, entrare in conflitto con l'interesse generale, sancito per legge, di garantire come prioritaria una valorizzazione dei beni culturali intesa come garanzia di fruizione pubblica. Questo nel caso la concessione dei beni a privati vincoli infatti la destinazione d'uso degli stessi al rispetto del suddetto interesse generale.

Si rammenta in merito che il Consiglio di Stato interpreta la garanzia della fruizione pubblica come volta a preservare l'accessibilità della collettività al bene culturale, per consentire visione e percezione dei valori storici e artistici da esso espressi. Se tutto questo è vero, l'utilizzo del bene per servizi, come alberghi, ristoranti, negozi, strutture sanitarie, scuole, eccetera, e più in generale per usi privati aperti al pubblico, sia accessibili non direttamente per la generalità indifferenziata del pubblico, ma per soggetti selezionati in base a titoli di ingresso, non può che essere parziale, o comunque combinata con altre forme di fruizione collettiva.

La procedura del project financing può essere intesa come atipicamente applicabile al settore dei beni culturali. Si tratta infatti di una procedura che, sebbene non sia preclusa per legge al settore culturale, nasce per essere utilizzata in caso di interventi tipologicamente diversi da quelli legati alla gestione del patrimonio artistico. In questo senso si ricorda peraltro che il Codice dei contratti pubblici del 2016 non ne sancisce, diversamente dal codice del 2006, decreto legislativo 163 del 2006 articolo 197, l'espressa applicabilità all'affidamento dei lavori relativi a beni culturali e alle concessioni di cui agli articoli 115 e 117 del decreto legislativo 42 del 2004.

Esistono esempi anche virtuosi di applicazione di tale procedura del settore nei beni culturali, ma tale applicazione rimane piuttosto sporadica. In generale presenta come presupposto, a prescindere dal settore in cui viene applicata, l'esigenza di procedere a un investimento tramite il finanziamento da parte di privati, interessati a farsi carico della successiva gestione dell'opera/bene per un periodo sufficientemente lungo a rientrare delle spese e a produrre marginalità.

È complessa in quanto prevede sostanzialmente due fasi, sia che si applichi per iniziativa della pubblica amministrazione, sia che si applichi per iniziativa privata. In entrambe le fattispecie infatti un progetto di fattibilità viene messo a gara, per selezionare il cosiddetto promotore che diventerà concessionario, solo a seguito dell'approvazione del proprio progetto che, a sua volta, deve essere basato sul primo studio di fattibilità, quello messo a base di gara, e/o approvato e rimodulato sulle richieste dell'amministrazione.

La Valle d'Aosta è una Regione a statuto speciale, pertanto tra le competenze dell'ente si annoverano non solo la valorizzazione dei beni culturali, ma anche la tutela e la conservazione, dipartimento Soprintendenza per i beni e attività culturali, incardinato nell'Assessorato regionale beni culturali. La necessità di preservare in via prioritaria la fruizione pubblica dei beni culturali è pertanto accentuata nell'ente in questione dal suo profilo di competenze, nonché connaturata alla sua missione istituzionale.

Da tutto ciò premesso, sembra possibile desumere le seguenti considerazioni sull'opportunità di ricorrere al project financing per la gestione e valorizzazione dei beni culturali regionali. Il project financing, come richiamato, è stato applicato al settore culturale ma in sporadiche occasioni che presentavano, sotto il profilo della complessità dei sistemi da gestire, caratteristiche diverse dal caso della Valle d'Aosta.

Si trattava di singoli beni o sistemi culturali circoscritti, diversi dalle caratteristiche del diffuso patrimonio artistico in questione. Data la numerosità dei siti regionali, infatti bisognerebbe prevedere non solo più di una procedura, con aggravio di oneri e complessità per l'Amministrazione, ma anche uno sforzo gestionale molto consistente in capo all'eventuale operatore economico selezionato in qualità di concessionario. Dati i livelli di domanda, ingressi registrati pre-Covid, la tipologia di servizi di valorizzazione esistenti attivabili nei siti di riferimento, molti dei quali non sono centri di ricavo ma solo costo, vigilanza, eccetera, e il peso finanziario dell'attività di manutenzione e conservazione, sembra difficile immaginare livelli di profitto della gestione tali da garantire adeguati ritorni e un eventuale operatore economico in assenza di supporto pubblico.

L'eventuale ricorso al project financing, stante quanto richiamato al punto precedente, richiederebbe, per essere praticabile, di agire su una scala dimensionale consistente, che solo la gestione integrata di tutti i servizi su tutti i beni potrebbe consentire, in modo da avere eventualmente una compensazione tra siti e servizi in perdita con altri in attivo. Questo comporterebbe, oltre all'immensa complessità della procedura e a uno sforzo rilevante nella gestione, lato operatore economico, l'estromissione della società in house che attualmente fornisce persone per lo svolgimento dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura regionale.

La natura bifase della procedura comporterebbe oneri per la pubblica Amministrazione, sia in termini di tempistiche, quelle minime previste per legge sono piuttosto lunghe senza considerare imprevisti nelle fasi di istruttoria e aggiudicazione, sia in termini di risorse. Infatti il primo studio di fattibilità, quello da porre a base di gara, dovrebbe essere prodotto dall'Amministrazione internamente o tramite affidamento esterno.

Trattandosi, come richiamato, nel caso della Valle d'Aosta di una Regione a statuto speciale, la fruizione pubblica del bene, nella situazione in esame, necessita di essere garantito in modo ancora più forte di quanto non avvenga in altri casi, essendo precipuo compito dell'Amministrazione agire non solo a favore della valorizzazione dei beni, ma anche della loro preservazione per la fruizione delle presenti e future generazioni.

Questo potrebbe incidere nel senso di una limitazione delle possibilità di destinazione d'uso dei beni e conseguentemente impattare negativamente sia sulle prospettive di redditività di eventuali operatori economici, sia sulle probabilità di successo della gara.

Da quanto sino a ora esposto, si ritiene quindi, alla luce dello studio e delle valutazioni che le ho appena espresso, che l'applicazione della procedura di project financing per la valorizzazione e gestione di beni culturali della Valle d'Aosta, non sia consigliabile e sia difficilmente applicabile.

Presidente - Per la replica la consigliera Spelgatti.

Spelgatti (LEGA VDA) - Non avevo dubbi! Non avevo dubbi che saremmo arrivati a questo punto, infatti ho aspettato un bel po', oltre un anno, per vedere quale risultato avrebbe dato l'ordine del giorno approvato all'unanimità. Perché questi bravi burocrati che continuano a ragionare in questa maniera, non si rendono conto che i tempi d'oro sono finiti. E fino a quando noi pensiamo di ragionare sempre in questa maniera, faremo sì che tanto i soldi da investire sui beni culturali saranno sempre di meno e quindi tutta la finalità di preservazione dei nostri beni va a farsi friggere! Perché noi non preserveremo proprio un bel niente. Perché, a un certo punto, o troviamo il modo di contemperare le esigenze di tutela, che sono assolutamente fondamentali, ma con una mentalità differente, più elastica, più aperta, oppure i nostri beni andranno sempre più crollando in rovina. Perché poi non abbiamo i soldi per il personale da metterci dentro, perché non solo non riusciamo a fare le manutenzioni e tutto quello che deve essere fatto per far sì che un bene continui a rimanere in perfetto stato di conservazione, ma poi la fruibilità al pubblico? Avremo sempre meno soldi da investire, visto anche tutte le emergenze che ci sono e tutte le esigenze che ci sono e i soldi che devono essere portati da altre parti, perché ci sono delle emergenze. Non avremo più i soldi per il personale da tenere lì per tenere aperti, quindi uno alla volta questi siti verranno chiusi, alla faccia della preservazione e della fruibilità al pubblico. Perché è bello ragionare come se avessimo un portafoglio strapieno di soldi e allora si dice, in un mondo perfetto, che ci pensa il pubblico, fa tutto il pubblico, quindi i soldi li mette il pubblico, non importa se non vanno a reddito e non producono utili, perché la finalità culturale è fondamentale, la fruibilità al pubblico è fondamentale, assolutamente sì, ma quando cambiano i tempi, bisogna anche cambiare la mentalità e bisogna anche adeguare le strategie.

E com'è che gli altri ci riescono e noi no? Certo, è molto più comodo ragionare dicendo che lo Statuto dice che noi dobbiamo valorizzare i beni, eccetera. Benissimo, ovvio, domanda successiva: come li valorizziamo se non ci sono più i soldi e se comunque, andando avanti, i soldi saranno sempre meno e noi dobbiamo preoccuparci sempre di più di altre situazioni emergenziali? Come li preserviamo? Allora forse dobbiamo pensare di portare avanti le finalità statutarie, ma mettendo sul piatto della bilancia la realtà delle cose. È chiaro che è più comodo così, e non mi si venga a dire - la risposta che mi avete dato, è allucinante - che bisognerebbe fare un project financing che riguardi tutti i beni culturali. No, bisogna cambiare mentalità!

È chiaro che questo comporta più lavoro, comporta inventiva, comporta guardare che cosa fanno altri e uscire dal solco di ciò che abbiamo sempre fatto, perché fino adesso abbiamo sempre fatto così, è più comodo continuare ad andare avanti così, peccato che abbiamo un muro davanti. Andare avanti così non si può, bisogna inventarsi altre strade, perché sennò non riusciremo più a valorizzare i beni perché i soldi da investire sui beni così non ci sono più, i soldi per il personale da mantenere così per tenere aperti i siti dove la gente non va non ci sono più. È chiaro che così è economicamente svantaggioso ed è chiaro che se non ci si inventa strade diverse, i beni piano piano chiuderanno sempre di più e avremo sempre meno soldi da investire per mantenere il bene e assicurare le future generazioni.

Quindi che si fa? Ripeto, queste soluzioni comode, "Abbiamo sempre fatto così, va bene così, non possiamo fare nulla di diverso", sono finite lo stesso, il mondo è cambiato! Ci vuole inventiva, ci vuole iniziativa e anche gli uffici si devono adeguare a questo, anzi, dovrebbero essere loro a preoccuparsi di questo, di capire come fare per il futuro ad assicurarsi i soldi per mantenere i beni per renderli fruibili e quant'altro, perché così tanto abbiamo un muro davanti.