Oggetto del Consiglio n. 1402 del 24 marzo 2022 - Resoconto
OGGETTO N. 1402/XVI - Interpellanze: "Intendimenti in merito all'attuazione di misure sul riutilizzo delle acque reflue presso gli impianti di depurazione regionali" e "Recepimento nel Piano di tutela delle acque del Regolamento UE 2020/741 recante prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue".
Bertin (Presidente) - Alla presenza di 32 consiglieri, riprendiamo l'analisi dell'ordine del giorno. Eravamo al punto n. 26 che sarà discusso insieme al punto n. 27 congiuntamente. Per l'illustrazione delle due interpellanze, nell'ordine il consigliere Distort e il consigliere Ganis. Il consigliere Distort si è prenotato, ne ha facoltà.
Distort (LEGA VDA) - Il buongiorno si vede dal mattino e, visto che apro le danze di questa giornata, esprimo il mio buongiorno alle colleghe, ai colleghi e a chi ci segue da casa con un caffè: il caffè del mattino, che purtroppo è a base di acque reflue, ma trattate! È di acque reflue che si parla, perché l'elemento fondamentale è il primo termine: acqua. Elemento indubbiamente vitale, assolutamente prioritario e mai come in quest'inverno così asciutto noi possiamo percepire l'importanza di questo bene primario. Tra l'altro è un po' tipico di tutto, perché per tutto si riconosce il valore quando se ne avverte e se ne percepisce la mancanza, ovviamente salvo le cose negative.
Con quest'interpellanza torniamo come gruppo Lega a parlare del tema dell'acqua. Abbiamo presentato due distinte interpellanze con un tema estremamente simile, sia io che il collega Ganis, non perché nel gruppo Lega siamo talmente numerosi da non essere in grado di confrontarci e di capire che stiamo presentando più o meno gli stessi argomenti. Ovviamente l'idea è nata a entrambi, probabilmente per una sensibilità condivisa, ma abbiamo deciso di mantenere comunque la presenza di due interpellanze su un tema estremamente simile, su un oggetto identico ma simile nella trattazione, proprio per rafforzare il discorso, perché è sempre vero che repetita iuvant, e per un tema così importante vale veramente la pena di occupare lo spazio di due interpellanze.
Già ne avevamo parlato con un'iniziativa, una mozione che di cui io ero il primo firmatario, che indirizzava l'analisi di strategie per disciplinare la realizzazione di bacini di raccolta di stoccaggio dell'acqua, oggi invece parliamo dello sfruttamento e dell'ottimizzazione della risorsa acqua in un altro ambito, quello appunto delle acque reflue a fine trattamento. Ovviamente la filosofia di quest'interpellanza è sempre generare attenzione, esprimere la nostra visione, una sana competizione nella capacità di visione, che vuole innescare i meccanismi nel Governo a essere superiori, a essere più competitivi della nostra capacità di analisi e della nostra capacità di indirizzo; di indirizzo, di gestione, di prevenzione, in una parola di programmazione.
Per quanto riguarda il tema delle acque reflue, è chiaro che ... non stiamo parlando dell'utilizzo dell'acqua fognaria, ma stiamo parlando della possibilità, delle modalità, della creatività nel concepimento di una visione di riuso delle acque a fine trattamento di depurazione. Come è del tutto noto, tutta la rete fognaria a servizio delle varie attività antropiche confluisce in collettori, che poi portano il refluo alle strutture specifiche che hanno lo scopo di depurare. I depuratori sparsi nel territorio: alcuni sono ancora in costruzione, abbiamo comunque già una dotazione interessante di depuratori, per evitare di far confluire nelle aste torrentizie o nella Dora Baltea un refluo non trattato. A fine del trattamento di depurazione, l'acqua depurata, non più utilizzabile per il consumo umano, ma per altri consumi sì, viene per lo più reimmessa nelle aste torrentizie o in prossimità della Dora Baltea nella Dora stessa.
Facciamo soltanto una piccola analisi partendo dai dati, perché il tema acqua è fondamentale, il tema di evitare lo spreco è fondamentale, ma è estremamente importante capire di quali numeri si tratta. Il consumo medio giornaliero di acqua per uso civile, io mi ricordo dal percorso accademico, nel momento in cui si deve pensare alla presentazione di un piano regolatore, quindi al dimensionamento dell'apporto idrico per il consumo umano, si stima dai 250 litri fino a un massimo di 500 litri per abitante. Io ho preso il numero più basso, 250 litri, e tra l'altro ho scoperto che da un ottimo report del 2007 da parte dell'Assessorato regionale all'ambiente, si è analizzato e per quell'anno è stato individuato un consumo effettivo al giorno di 221 litri per abitante; ecco che questa stima di 250 funziona molto bene. Chiaro è che 250 litri per abitante è l'acqua proveniente dai contatori, dall'acquedotto, ma noi abbiamo anche tutta una rete di scarico, una rete fognaria che va poi a confluire negli impianti di depurazione, che raccoglie anche le acque di gronda, quindi la quantità di acqua che confluisce in tutto il sistema di depuratori della Valle d'Aosta è come minimo 250 litri per abitante al giorno, vale a dire 30 mila metri cubi di acqua al giorno! Questa è la porzione potabile che viene poi utilizzata e scaricata in fogna. Ribadisco, poi c'è la porzione delle acque di gronda che danno tutti altri dati che però non sono quantificabili.
Solo l'acqua per il consumo umano arriva a 11 milioni di metri cubi di acqua potabile nel corso dell'anno. Undici milioni di metri cubi! Vogliamo farci una visione e capire quanti sono 11 milioni di metri cubi? Diciamo che il lago artificiale di Cignana, costruito sotto il periodo fascista - questo solo per una nota storica, così come piace all'assessore Caveri che ieri mi ha citato e oggi io cito lei - contiene circa 16 milioni di metri cubi di acqua. Quindi 16 milioni di metri cubi di acqua è la capienza dell'invaso a pieno regime del lago di Cignana, 11 milioni è il consumo di acqua potabile che confluisce nei collettori.
Una piccola parte viene restituita in ru, come risulta da un'analisi presa da un allegato a una delibera di Giunta, perché sono provvedimenti dirigenziali che autorizzano gli scarichi delle acque, e in certi casi si vede che va a confluire in ru oppure nel suolo, quindi questa viene restituita. Però la nostra attenzione si pone esattamente su che cosa possiamo fare per evitare questo spreco, per ottimizzare il consumo di acqua, in modo tale che tutto questo non finisca semplicemente in un corso d'acqua, ma possa essere riutilizzato. I modi sono diversi, non è detto che si debba costruire un'ulteriore struttura di diramazione a Valle del depuratore per utilizzare l'acqua. I modi possono essere altri; non li elenco perché siete voi il Governo, siete voi che dovete avere una visione esecutiva del tema. Noi diamo suggestioni e queste si esplicitano con i tre quesiti allegati a quest'interpellanza, che per mancanza di tempo non posso esporre, ma dalla risposta del Governo si potrà capire in che natura venivano posti questi quesiti.
Presidente - Consigliere Ganis ne ha facoltà.
Ganis (LEGA VDA) - Ringrazio il collega Distort per il caffè a base di acque reflue e per la sua presentazione molto dettagliata. Come ha sottolineato il collega, queste sono due iniziative che vanno nella stessa direzione e che evidenziano l'importanza del riutilizzo delle acque reflue. Pur essendo due interpellanze molto simili, ed essendo un tema attuale e di grande importanza, come gruppo abbiamo deciso appunto di presentarle entrambe. Vorrei inoltre ricordare che proprio mercoledì 22 marzo si celebrava la giornata mondiale dell'acqua, una ricorrenza finalizzata a ridurre lo spreco idrico.
Detto questo, come abbiamo evidenziato con un'iniziativa presentata nello scorso Consiglio regionale, il cambiamento climatico sta man mano erodendo le risorse di acqua dolce, infatti le risorse idriche non sono più disponibili in quantità idonea a causa, come abbiamo più volte evidenziato, dei forti periodi di siccità. Ecco che diventa di assoluta importanza gestire in modo consapevole l'acqua in natura, tramite la realizzazione di nuovi invasi, l'efficientamento della rete di distribuzione dell'acqua e, come buona norma, l'utilizzo delle acque reflue una volta depurate. Ed è proprio su quest'ultimo punto su cui si concentra la nostra iniziativa. Le acque reflue o di scarico, come ha detto il collega, sono quelle che derivano dalle attività domestiche, industriali o agricole, le quali contengono sostanze nocive alla salute dell'uomo e all'ambiente e che devono essere sottoposte a interventi di depurazione prima di essere riversate nell'ambiente. Non vogliamo entrare nel merito della funzionalità dei depuratori, anche perché un'iniziativa è già stata presentata dal nostro gruppo, ma vorremmo oggi evidenziare l'importanza del riutilizzo delle acque reflue, una volta depurate, soprattutto in campo agricolo.
Il riutilizzo delle acque reflue non è un tema nuovo. La prima normativa in materia di tutela delle acque risale alla legge n. 319 del 1976, che acconsentiva all'utilizzazione delle acque superficiali e sotterranee naturali, senza considerare l'impatto sui bilanci idrici. Con la legge n. 36 del 1994, abrogata dal decreto legislativo n. 152 del 2006, è stato fatto un passo avanti, anche perché per la prima volta si è data l'importanza al significato di risparmio della risorsa idrica e al concetto di uso e di riutilizzo. Successivamente il decreto legislativo n. 152 del 1999, recependo la direttiva europea n. 271 del 1991, ha disciplinato la tutela e l'uso sostenibile dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue, offrendo una visione più ampia di quella vigente in precedenza, a maggior difesa del patrimonio idrico. Infine il decreto ministeriale n. 185 del 12 giugno 2003 regolamenta il riutilizzo delle acque reflue attraverso le norme tecniche e stabilisce i parametri chimici e biologici, affinché queste possano essere riutilizzate. Questo decreto definisce in modo chiaro tre possibili utilizzi delle acque reflue depurate: irriguo, civile e industriale, rispettando un certo grado di qualità, in particolare sotto l'aspetto igienico sanitario. Termino questo excursus normativo ricordando che la direttiva europea n. 260 è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n.152 del 2006 e dispone che le Regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale e sentita l'autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottino norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque depurate.
In merito a queste considerazioni, a livello europeo la Commissione con gli Stati membri ha discusso a fondo sulla questione relativa al riutilizzo delle acque reflue, arrivando ad approvare così il regolamento europeo n. 741 del 2020, approvato lo scorso 25 maggio. Il presente regolamento, nell'articolo 1, stabilisce le prescrizioni minime applicabili alla qualità dell'acqua e il relativo monitoraggio, nonché disposizioni sulla gestione dei rischi e sull'utilizzo sicuro delle acque affinate, nel quadro di una gestione integrata delle risorse idriche, e il riutilizzo delle acque reflue appunto per scopo agricolo.
Da quello che si evince, le Regioni avranno così un ruolo importante nell'economia del riutilizzo delle acque depurate, adottando politiche volte alla sua approvazione e attuazione sul territorio regionale e prevedendo risorse finanziarie per tale scopo. Ecco che, attraverso un piano di tutela delle acque, il PTA, si potranno individuare gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane da destinare al riutilizzo e richiedere dei piani di gestione per il riuso delle acque. È un regolamento che ha come obiettivo quello di promuovere e sviluppare il riutilizzo delle acque reflue e incoraggiare l'utilizzo sostenibile dell'acqua soprattutto in campo agricolo. Si auspica quindi che le Regioni, anche in vista dei contributi pubblici a fondo perduto del Recovery Fund europeo, provvedano a colmare i vuoti legislativi locali e a sviluppare nuove tecnologie innovative.
In merito a queste considerazioni, chiediamo; quali siano a oggi nella nostra regione la diffusione delle tecniche, nonché dei sistemi di riutilizzo delle acque reflue; in caso di risposta affermativa, in quali impianti di depurazione è possibile vederne l'applicazione anche a scopo agricolo; quali siano le ricadute per la nostra regione dell'entrata in forza dei principi del già citato regolamento europeo e se sia intenzione del Governo regionale recepirne i principi, nell'ambito del percorso di definizione del piano di tutela delle acque o di altri specifici atti amministrativi e in che termini.
Presidente - Risponde il Presidente della Regione, ne ha facoltà.
Lavevaz (UV) - Ringrazio il gruppo Lega e i due componenti che hanno proposto quest'iniziativa assolutamente puntuale e che tratta un tema di grande attualità. Al di là dei punti più specifici legati al riuso, in generale quello dell'acqua, mai come quest'anno, è un tema sentito e un problema per quanto riguarda in particolare l'ambito agricolo, ma non solo, perché credo che anche per quanto riguarda le risorse idriche per uso umano, credo che nella prossima estate avremo delle criticità da gestire, questo indubbiamente.
Per quanto riguarda la nostra Regione abbiamo due poli principali che gestiscono e monitorano puntualmente in tempo reale la situazione, che sono il Centro funzionale e l'ARPA, che hanno la fotografia aggiornatissima della situazione nivologica. In particolare, per quanto riguarda la cosiddetta riserva idrica nivale, quest'anno i dati aggiornati alle ultime settimane confermano una diminuzione di circa il 40/50 percento di questa risorsa rispetto al periodo 2000-2020, una media degli ultimi vent'anni. Questo è un dato molto significativo e molto preoccupante, da questo punto di vista. Sicuramente la Valle d'Aosta non è a rischio desertificazione, ma devono essere considerati tutti i potenziali impatti su tutti i settori, in particolare sul settore agricolo.
In questo senso il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura in particolare è una di quelle strategie che, anche a livello europeo, sono state analizzate. C'è un nuovo regolamento che è stato adottato nel 2020, il n. 741, che reca anche le prescrizioni minime per il riutilizzo dell'acqua e tutte quelle iniziative per limitarne l'estrazione, sia dei corpi idrici superficiali che quelli sotterranei. L'idea è quella sempre di cercare di promuovere un'economia circolare anche nell'utilizzo dell'acqua. Questo regolamento entrerà in vigore peraltro nel giugno 2023, l'aspetto del riutilizzo delle acque reflue è contenuto in questo regolamento e può essere sicuramente, almeno in linea teorica, un elemento da prendere in considerazione.
L'utilizzo dell'acqua in uscita dai depuratori è sicuramente interessante per diversi aspetti, perché costituisce un flusso continuo, peraltro ricco anche già di nutrienti per quanto riguarda l'uso in ambito agricolo, in particolare di fosforo che in queste ore è all'onore delle cronache come arma chimica, invece in agricoltura è un elemento molto interessante e utile, anzi, fondamentale per le piante. Le acque reflue hanno già al loro interno una grande quantità sia di fosforo che di azoto, che può essere già una sorta di fertirrigazione in un certo senso. Questo a livello europeo è stato individuato anche come alternativa alla desalinizzazione delle acque marine, questione che non riguarda le realtà montane ma è stata utilizzata come alternativa.
La questione è che comunque non è semplicissimo l'utilizzo di queste acque, per diversi motivi. Il primo fondamentalmente perché queste acque non possono essere utilizzate tout court, cioè all'uscita dal depuratore essere convogliate nei sistemi di irrigazione, perché devono essere comunque sottoposte a un processo di disinfezione. Al di là del fatto che sono depurate con un processo di depurazione, contengono ancora degli agenti microbici patogeni che devono essere eliminati in un processo appunto di disinfezione. Questo deve essere fatto attraverso dei sistemi di stoccaggio che devono essere messi tra il depuratore e l'inizio della distribuzione per l'uso agricolo. Questo comporta la necessità di un'analisi molto puntuale dei costi e dei benefici di questo sistema di utilizzo, e ciò con particolare riferimento alla realtà valdostana dove la posizione degli impianti, in particolare degli impianti di depurazione, è legata a una conformazione del nostro territorio e quindi bisogna capire se poi questi depuratori hanno una posizione tale per cui possono essere utilizzati a valle. È chiaro che questa possibilità ha probabilmente una valenza maggiore e una facilità maggiore di utilizzo in paesi come i Paesi Bassi, ma anche banalmente più vicino a noi nella Pianura Padana. Il discorso è diverso ovviamente in una realtà alpina dove la conformazione del territorio ha delle difficoltà che sono molto differenti.
Poi è chiaro e lo sappiamo tutti, ne abbiamo già parlato forse anche rispetto a un'iniziativa del collega Distort di recente, quando si parlava dei sistemi di irrigazione: abbiamo un sistema millenario di irrigazione che utilizza la gravità la quale, per fortuna, è ancora gratuita. Quasi tutti i sistemi di irrigazione, la stragrande maggioranza, usano sistemi a scorrimento per gravità, questo a scapito dei prelievi della risorsa sotterranea per ovvi motivi. È chiaro che questo si lega, come dicevo prima, al potenziale utilizzo di queste acque depurate, al netto del fatto che deve essere costituito un sistema di stoccaggio.
Per rispondere però alle questioni più puntuali poste in particolare dal collega Ganis, al momento c'è un unico caso di rilievo in termini di riutilizzo delle acque reflue depurate in Valle d'Aosta, che è quello del depuratore di Brissogne nel quale parte dell'acqua di scarico è utilizzata dalla società di gestione per gli usi interni del polo ecologico, in particolare per irrigare le aree verdi, per supportare l'inerbimento dei cumuli della discarica e anche a uso antincendio.
Per quanto riguarda invece gli intendimenti futuri, come dicevo prima il riutilizzo di queste acque è potenzialmente e sicuramente una possibilità nell'ambito agricolo, ma sicuramente da sola non è un'azione di adattamento efficace per ridurre il deficit di acqua in particolare d'estate, proprio per questioni di costi-benefici legati anche alla nostra conformazione territoriale.
Il collega Distort ha fatto un'analisi di massima abbastanza corretta per quanto riguarda la quantità di acqua utilizzata in particolare per uso umano. Il collega ha parlato di 11 milioni di metri cubi all'anno per il consumo umano, che è un conto fatto da urbanista, nel senso che è un conto di massima. Abbiamo dei conteggi più puntuali, che sono ben maggiori addirittura: sono i conteggi delle acque che arrivano al depuratore e sono circa il doppio, sono circa 21 milioni di metri cubi all'anno, questo è il dato del 2020. Sono numeri comunque molto importanti, ma questo è proprio per il fatto che ovviamente al di là dell'uso umano, come giustamente ha detto lei, ci sono tutte le acque di gronda, eccetera, che arrivano nei depuratori e questo crea anche dei problemi, ma queste sono altre questioni che non interessano in particolare questo tipo di discorso. Questo comunque è un numero abbastanza marginale se lo confrontiamo invece con i numeri necessari e utilizzati in ambito agricolo, che sono poco meno di 800 milioni di metri cubi per quanto riguarda le acque utilizzate ai fini irrigui. Quindi parliamo di circa un 2 percento, ma questo proprio così, a titolo puramente statistico, perché non ha una valenza particolare nel nostro ragionamento, però per avere comunque un'idea in linea teorica, utilizzando tutto quello che defluisce dai depuratori, parliamo di un 2 percento del totale dell'acqua utilizzata ai fini irrigui.
Il problema rimane quello che accennavo prima, cioè la localizzazione dei nostri impianti di depurazione, perché sono impianti che già in fase di progettazione - lo dico a un progettista che sa meglio di me di cosa sto parlando - la posizione plano-altimetrica dei depuratori è legata proprio al fatto che i nostri sistemi fognari sono per la stragrande maggioranza a gravità, quindi sono a fondovalle e sono messi già nelle immediate vicinanze del torrente o comunque del corso d'acqua nel quale viene restituita l'acqua depurata. Questi elementi si conciliano male con un utilizzo di queste acque a scopi irrigui, perché si trovano già a fondovalle e quindi bisogna fare le valutazioni di quello che ancora può essere utilizzato ancora più a valle, però questo richiede un'analisi puntuale dei costi per quanto riguarda i sistemi di stoccaggio e di disinfezione e poi un eventuale riutilizzo.
Questi principi generali, che il regolamento europeo n. 741 che ho citato prima contengono, devono essere recepiti anche dai nostri piani di settore, in particolare il PTA di cui ha parlato il collega Ganis, ma così anche il piano regionale di adattamento al cambiamento climatico. Però, da lì a dire che questa può essere una soluzione risolutiva per lo stress idrico delle nostre vallate, credo che non sia così immediato. Va sicuramente tenuto in considerazione, va analizzato, ma mi pare di dire che sia molto difficilmente utilizzabile come possibilità reale, vista proprio la nostra conformazione territoriale. Però è chiaro che la sfida che dobbiamo tutti affrontare dei cambiamenti climatici, in particolare per quanto riguarda la difficoltà di reperire risorse idriche, deve essere un giusto mix tra le azioni immediate di sensibilizzazione e di ottimizzazione del consumo idrico e la progettazione di investimenti infrastrutturali, eccetera, di prospettiva più lunga, come ad esempio la costruzione di bacini di accumulo multiuso, di cui abbiamo parlato anche qui rispetto ad altre iniziative, che devono essere in qualche modo ragionati e progettati in una maniera completa di pianificazione territoriale di tutta la regione; questo direi senza escludere la possibilità di usare queste acque reflue dove questo sia strutturalmente ed economicamente in qualche modo sostenibile.
Presidente - Per replica il consigliere Distort.
Distort (LEGA VDA) - Grazie presidente Lavevaz. È chiaro che questa risposta, perché possa essere efficace, avrebbe bisogno di molto più tempo, per cui io fin d'ora chiedo, non è una mozione, questa è un'interpellanza, ma mi affido alla sensibilità del presidente di Commissione, il presidente Chatrian, di poter calendarizzare o valutare la calendarizzazione di un approfondimento. Noi dovremmo anche trattare il piano di tutela delle acque, quindi questo può rientrare e può essere un argomento specifico.
Da parte nostra nessuna presunzione di una soluzione risolutiva del problema dello stress idrico; assolutamente, siamo perfettamente consapevoli dei numeri. I numeri li abbiamo portati per dare la dimensione di una quantità che, al momento, va "sprecata", una quantità che comunque confluisce nei depuratori, ben venga che esistano, ma sono degli investimenti fatti con fondi pubblici, per i quali, tra l'altro, una quota parte del servizio idrico, il costo del servizio idrico integrato che incappa ogni cittadino e ogni utente, è relativo anche a una quota parte per il funzionamento del depuratore. Quindi entra veramente nella vita, nella quotidianità delle persone, dei nostri abitanti, ed è per questo che deve essere preso, assunto, in maniera seria e approfondita da parte dell'Amministrazione e di un Governo che voglia essere sicuramente all'altezza, anche semplicemente di contenere uno spreco.
Tra l'altro la ringrazio dei dati che mi ha fornito. Io continuo a riferirmi a quest'indagine del 2007 dove si parlava dell'uso potabile per il 2 percento delle risorse idriche, del 20 percento delle risorse idriche a uso irriguo, quindi dieci volte tanto - mi sembra che i numeri che ha portato lei forse sono anche un po' superiori per la parte irrigua - mentre il 76 percento è idroelettrico industriale. Ben venga, questo vuol dire la nostra capacità di costruire energia pulita. Comunque sia, è un tema che va sicuramente sviscerato in tempi più lunghi e questa è soltanto la prima puntata di una sensibilizzazione.
Non ho potuto leggere le domande, ma lo faccio adesso. La terza domanda è quella che proprio esprime lo spazio in cui si può muovere il Governo regionale. In caso di diniego dell'ipotesi di riutilizzo delle acque reflue a fine ciclo, quindi per tutti i problemi emersi e ben espressi da lei nella risposta, qual è una soluzione alternativa? Perché si tratta di avere anche la fantasia creativa di poter pensare semplicemente a un uso compensativo: non usiamo quella, ma usiamo un quantitativo equivalente, poi estratto dal fiume, dal corso d'acqua. Queste sono delle ipotesi su cui si tratta di ragionare.
Sicuramente è una sfida importante e come tutte le sfide presuppongono visione, presuppongono capacità di analisi, presuppongono senso di missione del proprio incarico, senso di utilità, di rendersi utili, capacità di gestire il personale tecnico che noi abbiamo per spingerlo in questa direzione. E poi si tratta anche di capire un fatto: siccome, è vero, soltanto una piccola parte del fabbisogno idrico irriguo sarebbe coperto da questo eventuale riuso delle acque reflue a fine trattamento, e per posizione orografica e per legge di gravità vorrebbe dire che probabilmente ne beneficerebbe soltanto una piccola parte del fondovalle, però non sarebbe male pensare anche a un progetto pilota, proprio esattamente in questa linea, cioè di poter pensare che nel fondovalle ci sia un'attività agricola che si costruisce con l'utilizzo di questa risorsa riutilizzata.
Ricordiamoci anche che esistono dei fondi europei, il Recovery Fund parla appunto, come ha citato lei, della misura del 2020. Ricordo che entro giugno la Regione deve provvedere alla riorganizzazione del modello di gestione delle acque, pena il rischio di perdere i fondi del PNRR. Questa non vuole essere una minaccia, ma vuole essere un ulteriore accorato invito.
Presidente - Collega Ganis ne ha facoltà.
Ganis (LEGA VDA) - Grazie Assessore. Un tema importante è quello del riuso delle acque, come lei ha evidenziato. La ringrazio per la risposta, per aver fatto un po' di chiarezza sull'utilizzo delle acque reflue e anche sul depuratore di Brissogne. Questa comunque non la ritengo ovviamente una soluzione definitiva, ma crediamo che vada presa in considerazione e analizzata.
Dicevo dell'importanza del settore agricolo, perché gli agricoltori avrebbero così una diversa opzione, senza così limitare le acque di falda e le acque superficiali. Va ricordato, e non me ne voglia il collega Planaz, che i maggiori consumi dell'acqua in agricoltura sono legati all'irrigazione; ecco che il riutilizzo delle acque reflue potrebbe ridurre gli sprechi d'acqua e in agricoltura, come ha detto lei, le acque depurate non avrebbero bisogno di applicazioni di integrati di concime. Certo, bisognerà investire nella costruzione di impianti di depurazione nuovi, questioni che andrebbero affrontate con incentivi economici.
Bisogna intervenire nell'immediato, ridurre lo stress idrico e dare alle regioni gli strumenti normativi adatti per poter garantire al meglio il ricorso a questa pratica. Occorre entrare nell'ottica che il riutilizzo delle acque reflue creerebbe così un riutilizzo sostenibile, una forma di economia circolare dell'acqua, cosa che lei ha ben evidenziato.