Oggetto del Consiglio n. 1212 del 27 gennaio 2022 - Resoconto
OGGETTO N. 1212/XVI - Commemorazione in occasione del Giorno della Memoria.
Bertin (Presidente) - Alla presenza di 32 Consiglieri possiamo dare avvio ai lavori del Consiglio regionale di questa giornata. Come convenuto nella Conferenza dei Capigruppo di martedì scorso, l'inizio di questa giornata è dedicato al momento del ricordo della Giornata della Memoria. Oggi, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico. Una giornata simbolo per onorare la memoria dei deportati nei campi nazisti, in maggioranza Ebrei ma anche Rom, Sinti, omosessuali, militari e disabili e tutti coloro che si sono opposti al progetto di sterminio.
Il ricordo dell'Olocausto e delle leggi razziali italiane non deve però essere una commemorazione fine a sé stessa, la memoria deve generare consapevolezza; è quindi importante continuare a studiare e a confrontarsi per capire gli eventi storici che hanno portato a questi tragici eventi di orrore e di lucida follia. La conoscenza e la parola sono il ponte tra un passato di infamia e un futuro di pace e giustizia per un'intera umanità, per la memoria storica della Shoah e in memoria di tutti i genocidi.
Come deciso in Conferenza dei Capigruppo, ora lascio la parola ai Consiglieri che intendono intervenire. Ogni gruppo ha a disposizione dieci minuti al massimo per gli interventi.
Si è prenotato il consigliere Padovani, ne ha facoltà.
Padovani (FP-PD) - Ricordare è decisivo per non ripetere, per capire come tutto sia potuto succedere nell'indifferenza e con il consenso dei più, per impedire che di nuovo oggi l'indifferenza permetta a razzismo, xenofobia, antisemitismo di sopraffare l'umanità. Gli uomini della Provvidenza hanno fatto danni enormi nel secolo scorso, ricordarlo oggi in un periodo nel quale una parte della politica sente di nuovo il bisogno di trovarne uno, aiuta a evitare che tornino a farlo.
Ricordare non è un'opera di un solo giorno ma un impegno da portare avanti in ogni momento per non dimenticare coloro che sono stati uccisi dalla barbarie nazifascista perché Ebrei, Testimoni di Geova, Rom, Sinti, omosessuali, persone con disabilità rischiavano di contaminare la purezza di un'inesistente razza ariana. Oggi come ieri c'è chi nega o chi sminuisce la Shoah, c'è chi dimentica che l'antisemitismo fu, con la xenofobia e l'anticomunismo, il cuore della folle ideologia nazifascista. In nome di un revisionismo miserabile, si cerca di rivalutare anche pubblicamente quello che è stato e rimane il male assoluto. Verso l'uso della xenofobia e del razzismo come veicoli di raccolta del consenso non ci può essere alcuna giustificazione; è necessario rialzare la voce contro vecchi e nuovi fascismi, in nome di chi è morto, di chi ha disobbedito e di chi ha resistito. Lo è tanto più in un Paese nel quale si verificano fatti, come quello accaduto in provincia di Livorno qualche giorno fa, dove un bambino di 12 anni è stato aggredito con calci e botte in testa mentre veniva insultato con frasi come - e qui cito -: "Ebreo di merda, devi morire nel forno" o "tu devi stare zitto perché sei un Ebreo" nel silenzio assoluto di chi ha assistito all'aggressione. Questa è la dimostrazione più lampante di quanto sia importante la giornata di oggi perché, in un Paese nel quale accadono ancora queste cose, noi abbiamo il dovere della memoria. Non solo, a noi spetta il compito di trasmettere questo imperativo morale alle nuove generazioni, ai giovani che si preparano a essere cittadini di domani. In un'epoca in cui i valori come la pace, il diritto, il benessere sembrano realtà acquisite e intoccabili, è fondamentale conoscere che in un tempo non lontano da noi tutto questo era negato, un tempo in cui l'uomo aveva smarrito sé stesso e il mondo conobbe l'orrore di una tragedia immane, a noi il dovere di non tornare indietro.
Come disse Primo Levi: "l'Olocausto è una pagina del libro dell'umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria".
Presidente - Si è prenotato il consigliere Chatrian, ne ha facoltà.
Chatrian (AV-VdA Unie) - Le but de cette commémoration est de ne jamais oublier ce moment dramatique de notre passé en tant que Valdôtains, Italiens, Européens, afin que des événements similaires ne puissent plus jamais se reproduire. Nous devons faire en sorte que le temps n'efface pas la mémoire et surtout on doit s'engager pour que personne ne nie ce qui s'est passé et faire en sorte que les jeunes aussi prennent conscience d'une réalité si importante et qu'ils puissent contribuer dans le futur à bâtir une société de respect et tolérance. En ce jour nous devons condamner sans réserve l'intolérance, la haine et l'agression, motivées par des différences religieuses et ethniques envers les personnes et les communautés.
La nostra storia repubblicana, l'autonomia speciale e i settant'anni di pace che ci sono stati regalati hanno le fondamenta proprio nella Seconda Guerra Mondiale nella lotta al Nazifascismo e nella Resistenza, un periodo tragico in cui il terrore nero ha rischiato di cancellare la libertà e le diversità etnico-religiose presenti in Europa.
Per quanto ci riguarda, come Alliance e VdA Unie, un periodo buio, oscurantista in cui il nazionalismo, l'antisemitismo e le barbarie hanno fatto da padroni, un periodo che ha lasciato tracce profonde da cui l'Europa è uscita a fatica. Cogliamo l'occasione per esprimere vicinanza alle persone e alle comunità che hanno subito le angherie e la violenza nazifascista e si impegnano a combattere ogni rigurgito nostalgico affinché ciò che è stato non debba mai più ripetersi.
Presidente - Si è prenotato il consigliere Baccega a cui passo la parola.
Baccega (GM) - Proprio in questi giorni si sono succeduti due avvenimenti che non possono non farci riflettere: Robert Kennedy Jr ha dichiarato che Anna Frank avrebbe potuto nascondersi in Svizzera associando il periodo del Nazismo alle restrizioni in atto per sollecitare le persone a vaccinarsi; il secondo episodio, richiamato anche dal collega Padovani, dove a Livorno due ragazzini aggrediscono un quindicenne a calci, sputi e insulti, anche intorno all'indifferenza generale, solo perché il giovane è di origine ebrea. È terribile, sono troppe le manifestazioni di antisemitismo che stanno avvenendo un po' ovunque; per questo, nel celebrare il Giorno della Memoria, come avviene da quindici anni a questa parte, richiamiamo il 27 gennaio 1945 dove si aprirono i cancelli di Auschwitz mostrando per la prima volta al mondo intero quanto aveva perpetrato l'orrore del genocidio nazista che ha sterminato il popolo ebreo e tanti altri deboli e non.
In questa giornata ricordiamo tutte le vittime dell'Olocausto, delle leggi razziali, ma soprattutto va ricordato anche chi ha messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati e combattere gli oppressori. Parlo degli oppressori di ogni colore politico e orientamento, ricordando anche i deceduti dell'Olocausto sovietico dove milioni di persone sono state annientante nei Gulag, compresi i soldati italiani superstiti dell'ARMIR (l'Armata Italiana in Russia).
Io in passato ho visitato i campi di concentramento di Auschwitz, del vicino Birkenau e il campo di Dachau. Dachau realizzato nel 1933 fu il primo campo di concentramento di distruzione di ventimila lager nazisti costruiti in tutti i Paesi europei occupati dalla Germania. In Italia furono circa una quarantina i campi di internamento di cui ben sedici in Abruzzo. Vi assicuro che una giornata passata in quei campi toglie la parola per tante ore a testimonianza di come venivano annientati i deportati.
Bisogna certamente continuare a comunicare, a far conoscere, divulgare che i regimi totalitari, nazismo, fascismo e stalinismo non possono più avere spazio. Non bisogna dimenticare, bisogna comunicare perché, per fare anche mie le parole di Primo Levi: "è successo e può succedere di nuovo".
Presidente - Si è prenotato il consigliere Carrel, ne ha facoltà.
Carrel (PA) - Forse quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: comprendere un proponimento o un comportamento umano significa anche etimologicamente contenerlo, contenerne l'autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui. È quanto scritto nei brani tratti dall'appendice di "Se questo è un uomo" di Primo Levi, che poi continua: "se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate, anche le nostre". Tutti noi in quest'aula, e molto probabilmente anche chi ci ascolta, ha avuto la possibilità e la grande occasione di conoscere e ascoltare con le proprie orecchie, guardando con i propri occhi il dolore ancora vivo nelle parole e nei volti delle persone sopravvissute ai campi di concentramento. Il compito più arduo però inizia ora, poiché le prossime generazioni non potranno vivere tutto questo e non potranno viverlo semplicemente come un film dell'orrore ma dovranno capire che è successo ed è successo realmente.
Nous aussi dans la Vallée d'Aoste nous avons nombreuses histoires tragiques, toutes unies par la souffrance, la fin du travail forcé, si on peut appeler cela un travail.
Je veux rappeler ce qui s'est passé dans la nuit du 18 et 19 juin 1944: dans la Caserne Testafochi on a eu la capture par les SS allemandes de 236 Alpins et de 8 officiers, dont 6 ne sont pas revenus des camps de travail et de concentration nazistes dans les régions contrôlées par le Reich. Ces garçons ont eu le courage de faire un choix précis (incomprensibile) malgré le fait que cela leur a coûté douleur, un dur vivre et dans certains cas même la vie.
Questa giornata del ricordo deve ricordare a tutti quanti che con l'odio non si può costruire nulla di buono. Come diceva Levi nei testi che ho citato in premessa: "conoscere è e rimane la base di tutto" ed è l'unico vero antidoto per far fronte all'odio. La base dell'insegnamento di quel periodo storico è il rispetto della libertà e dell'opinione altrui, perché sia realmente una giornata proficua, quella del ricordo, dobbiamo ricordarcelo tutti quanti, ma non solo oggi.
Presidente - Ha chiesto la parola la consigliera Minelli, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - Ogni tanto mi chiedo se giornate come quella del 27 gennaio servano o se si tratta soltanto di ricorrenze in cui rischiamo di cadere nella retorica e in un vuoto conformismo. La possibilità che questo accada è reale, tuttavia io ritengo che il rischio vada comunque corso e questo perché nella mia mente, nella mia coscienza, anche nella mia formazione di insegnante sono profondamente radicate le parole di Primo Levi in "Se questo è un uomo". "Meditate che questo è stato": un verso che riflette tutta l'importanza e il valore della memoria, non solo affinché ciò che è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché l'impossibilità della rassegnazione all'orrore e alla sua realtà continui a restare custodita nel tempo di chi sopravvive. C'è però oggi la necessità di cercare dei nuovi approcci, capaci di guardare a quei fatti sapendo che i testimoni che ci restano, a parte i pochissimi sopravvissuti, sono i luoghi e soprattutto anche i luoghi trascurati, compresi quelli delle nostre città e dei nostri paesi, che possono essere raccontati. Ad Aosta le Caserme Chiarle e Mautino, la Torre dei Balivi, prime tappe del terribile viaggio di chi è finito nei campi, ma anche nei paesi: a Issime la casa della Riva, ultima dimora dei fratellini Ruggero e Raimondo Jona, deportati sullo stesso treno che consegnò ad Auschwitz Primo Levi, e uccisi al loro arrivo con la mamma Ilka.
C'è la necessità di guardare all'oggi, ai fatti della nostra quotidianità con la consapevolezza di dover vigilare, di dover opporsi alle nuove discriminazioni, con la memoria di ciò che è stato. La notizia che arriva dalla Toscana, dalla provincia di Livorno è una notizia che fa male perché si parla di nuovo di razza, ma fa male soprattutto quel girarsi dall'altra parte. Si torna a insultare chi appartiene a un'altra religione, a un'altra cultura e ciò avviene tra ragazzi che convivono insieme in una società che è sempre più multietnica e integrata. Ma non è l'unica notizia negativa. Le discriminazioni nei confronti di tante diversità, da quelle etniche a quelle religiose, fino a quelle di orientamento sessuale e politico, sono purtroppo all'ordine del giorno, e lo sappiamo, e possono costituire l'inizio di un percorso che non dobbiamo permettere. Il ragazzo di Venturina a Livorno non deve fare i conti con la guerra, non c'è la guerra, ma con l'ignoranza di chi ha pensato di umiliarlo finendo a sua volta vittima di quella cattiva cultura che si insinua nei social, fomentata da chi vuole costruire dei nemici a ogni costo, anche in un momento in cui guerre armate qui non ci sono, ma ci sono altre guerre nelle quali dobbiamo combattere con gli strumenti dell'insegnamento, della cultura e, appunto, della memoria. Abbiamo bisogno che la scuola non insegni solo le materie curricolari, che non si limiti a formare dei buoni ingegneri, dei buoni scienziati, dei buoni lavoratori, ma che costruisca anche dei buoni cittadini. Un insegnamento che deve partire dalle famiglie e dalla società, dalle aule scolastiche dove troppo poco si insegna la storia, il Novecento, la tragedia dei totalitarismi. È nell'esercizio della memoria con i suoi luoghi e le storie dei suoi protagonisti che si impara qualcosa che non riguarda il passato ma il presente e il futuro.
Presidente - Ha chiesto la parola la consigliera Spelgatti, ne ha facoltà.
Spelgatti (LEGA VDA) - Ha ragione, collega Minelli, anch'io in tutti questi giorni di commemorazione, che sia questo, che sia quello per le Foibe, che sia quello di tutti gli orrori, mi domando sempre se ha senso prendere la parola, se ha senso parlare, perché, di fronte agli orrori, c'è poco da dire e la mia reazione è sempre quella di stare in silenzio, perché qualunque cosa venga detta è sempre comunque molto limitata e rischia di diventare solo pura retorica, però è assolutamente altrettanto vero che bisogna comunque non smettere mai di ricordare e di combattere. Questo deve essere qualche cosa che però deve essere fatto ogni santo giorno e tutto questo può passare solo attraverso la cultura. È per questo che noi dovremmo veramente ragionare e se vogliamo cambiare le cose seriamente ed evitare il riproporsi comunque di episodi di questo tipo di qualsiasi forma di totalitarismo in futuro, dobbiamo passare necessariamente attraverso la cultura e la formazione delle coscienze, passando attraverso i ragazzi e passando attraverso la scuola. Non per niente, ad esempio, io ho sempre portato i figli a vedere i campi di concentramento, bisogna portarli a studiare, bisogna portarli a leggere, a capire, bisogna dar loro le chiavi di lettura del mondo, bisogna dare a questi ragazzi i giusti strumenti per capire, per accettare, per saper leggere la storia e tutto quello che è successo affinché mai si possa riproporre una cosa del genere.
Dobbiamo però anche, in qualità di amministratori, domandarci quali sono gli strumenti per evitare realmente, al di là dell'educazione, dell'istruzione e della formazione delle menti e dei cuori dei giovani, sia nella scuola, sia nelle famiglie, perché poi gli insegnamenti principali nascono in realtà nella famiglia... dobbiamo domandarci come evitare che forme di reazione di razzismo, di discriminazione e quant'altro esistano, perché non basta dire: "non ci deve essere razzismo, non ci deve essere discriminazione", credo che su questo nessuna persona con un minimo di coscienza e di intelletto non possa che concordare. Il problema è come possiamo pensare di disegnare questa società affinché si creino delle condizioni sociali tali da permettere che poi questo non accada. È qua il vero punto interrogativo a cui bisogna dare delle risposte da parte nostra come amministratori, proprio per evitare che all'interno della società poi nascano queste situazioni e che poi ci siano davvero delle sacche di povertà dove nasce l'intolleranza, dove nasce il razzismo, perché ci deve essere vera integrazione. La vera domanda è: come possiamo in una società creare la vera integrazione? Sono queste magari le risposte che noi dovremmo poi dare.
Presidente - Ha chiesto la parola il consigliere Distort, ne ha facoltà.
Distort (LEGA VDA) - Ho già avuto modo in altre occasioni di precisare che la celebrazione di una memoria storica può avvenire in diverse versioni: ritualismo formale, strumentalizzazione ideologica, consapevolezza di una coscienza sociale. È inutile dire che l'unica versione che abbia la dignità di costituire la celebrazione di un evento che porta sulla sua coscienza sei milioni di morti sia quella in grado di costruire la consapevolezza di una coscienza sociale. Cosa vuol dire coscienza sociale? Vuol dire andare a riconoscere il male in persona, il male che opera nella storia come un virus opera in un organismo o come un tumore si insedia in un tessuto organico. Il buon medico non cura i sintomi ma va a individuare il male insinuato per sconfiggerlo alla sua radice e ottenere la guarigione. È la stessa operazione da compiere in occasione di una giornata come questa. Stigmatizzare il soggetto che ha ospitato il male è comprensibile, è anche giusto ma non è completo, non rivela la volontà di andare alla radice del problema. Si sa che il male non riesce ad agire di per sé, ha sempre bisogno di un soggetto che lo ospiti e complici che lo assistano. Questo è successo attraverso il delirio nazista nei confronti di una popolazione connotata da una propria identità etnica, culturale, storica e religiosa e nessuno lo nega e lo smentisce. "Non aver paura della ben rotonda verità" diceva Parmenide.
Se vogliamo celebrare con dignità la Giornata della Memoria, dobbiamo essere in grado di costruire quei meccanismi che permettano alla comunità la formazione di anticorpi nei confronti di quella che la nostra cultura cristiana chiama il mysterium iniquitatis. Questo accade solo se non ci fermiamo alla manifestazione del male ma riusciamo a riconoscere la radice stessa del male, perché è quella che costituisce le metastasi e che sa riproporsi in varie forme, in varie epoche e che non si esclude che stia operando anche in questo momento.
Presidente - Si è prenotato il consigliere Marguerettaz, ne ha facoltà.
Marguerettaz (UV) - Io credo sia giusto interrogarsi se queste circostanze e queste giornate hanno un significato e soprattutto se servono. Oggi 27 gennaio ricordiamo l'ingresso dell'Armata russa ad Auschwitz, quindi per convenzione diciamo che è oggi la Giornata della Memoria. In realtà potremmo anche individuare altre date che sono altrettanto significative, un analista diceva il 16 ottobre quando c'è stato il rastrellamento nel ghetto a Roma, sono momenti tragici, però, al di là della circostanza, io credo sia importante analizzare il percorso che ha portato a scelte così sciagurate. Prima di tutto, per arrivare a una scelta così tremenda, si devono creare i presupposti, le condizioni, una situazione dove io sono nel giusto e anche le azioni più terribili sono giustificate, bisogna costruire. Non vi sfuggirà quindi - e ha fatto bene il collega Baccega a ricordare Auschwitz e la sua costruzione - l'industrializzazione della morte, ma, per arrivare a questo, la disumanità, la disumanizzazione dell'Ebreo, occorre creare delle giustificazioni, arrivare alla sopraffazione giustificando. Questa è un'attività che ricorre, tant'è che cosa c'era scritto sul campo di concentramento di Auschwitz? "Il lavoro rende libero", in tedesco: arbeit macht frei. Noi abbiamo dei valori e li sosteniamo. Attenzione, non è patrimonio dell'orrore nazista, sui Gulag era scritto: "il lavoro è questione di onore, di gloria, di valore, di eroismo". Attenzione, ecco che arriviamo a un approccio paradossale, facciamo le azioni più terribili e le giustifichiamo.
Credo sia stata una cosa interessante la proposta di introdurre il reato di negazionismo. In quest'ultima occasione il negazionismo ce l'abbiamo non tanto lontano: in Bosnia, dove il nazionalismo serbo in questi ultimi periodi sta riemergendo e quindi vogliono in qualche modo negare le stragi che sono state fatte a Srebrenica. Io credo che la Giornata della Memoria serva a questo ma serva anche a fare una piccola riflessione al nostro interno, anche alla politica. Devo dirvi che ogni tanto ho un sorriso quando sento anche colleghi che evocano questi grandi sentimenti: la tolleranza, il dialogo e poi, guarda caso, nelle loro piccole questioni domestiche non perdono l'occasione di ridicolizzare l'avversario, magari di denigrare il collega che è seduto a fianco con delle vignette ridicole. Voi direte: "ma che paragoni fai?", no, è così, perché la tolleranza deve partire dal proprio "io", non è possibile solo guardare la tolleranza nei confronti degli altri. Tutta una serie di siti, tutta una serie di azioni che vengono fatte sono per scaldare gli animi.
Io credo veramente che queste giornate siano giornate importanti, non è retorica, è l'occasione per condannare tutte le intolleranze e per dare un messaggio ai nostri giovani; evitare che, soprattutto in un momento così difficile, ci sia la tentazione di scadere.
L'altro giorno, nella trasmissione di Fabio Fazio, sono rimasto particolarmente sconvolto dalla testimonianza di Lidia che raccontava la sua prigionia ad Auschwitz e diceva: "noi ragazzini chiusi nel campo di concentramento eravamo diventati cattivi anche noi perché avevamo fame e quindi tra di noi non c'era solidarietà". Cosa vuol dire? Male attira male, cattiveria attira cattiveria. Credo che il messaggio debba essere: "abbassiamo i toni e cerchiamo tutti di essere più tolleranti e più dialoganti".
Presidente - Si è prenotato l'assessore Marzi a cui passo la parola.
Marzi (SA) - A volte anche in Consiglio capita di fatto, nonostante non ci si raccordi tra colleghi ma ci si rifaccia a temi che portano ognuno di noi a esprimere liberamente la propria opinione,... che si condividano concetti quindi, mai come in questo momento, sono contento di intervenire dopo gli interventi sia del collega Distort che del collega Marguerettaz perché hanno, a mio modesto avviso, espresso un principio molto concreto. Il 27 gennaio del 1945 è successa una cosa che è stata ampiamente richiamata e quindi, di conseguenza, la storiografia ha fatto sì che poi venga utilizzata a simbolo di un momento molto particolare, di un momento di ricordo.
Parto brevemente da un ricordo: il sottoscritto fin da bambino è stato particolarmente colpito da tutta una serie di video, piuttosto che libri, che in un periodo dell'anno molto particolare, cioè quello di gennaio, passavano in televisione. Io ricordo ancora i primi video sui campi di concentramento con Pachelbel, l'Adagio di Albinoni in sottofondo; di conseguenza, essendo un bambino curioso, cominciai a documentarmi rispetto al tema. Avendo ormai quarantasette anni, è passato tanto tempo, sono "passate" tante migliaia di pagine di libri e quindi alla fine della fiera anche con me stesso ho dovuto trovare una sintesi sia per arrivare a spiegarmi certe cose che mi colpirono, sia per arrivare a spiegare occasioni come quelle che giustamente oggi accadono.
Il processo in realtà che ritengo sia il più semplice per spiegare il motivo per il quale è importante, almeno una volta all'anno, ragionare di male - quindi cito testualmente il collega Marguerettaz - è esattamente il fatto che il male, nel caso specifico, è profondamente umano. Se si fa attenzione, se si va dietro l'apologia, si tende a pensare che il male si rappresenti portando con sé zoccoli, corna, odori di zolfo, invece il male è profondamente umano. Nell'essere profondamente umano è anche spesso profondamente razionale, segue nella divisione tra cattivi e buoni dei principi logici, fondamentali.
Se noi facciamo un'analisi storica di quello che dal 1933 in poi, quindi dalla salita al Governo di Adolf Hitler, vediamo che si tratta di un processo logico molto forte, qualcuno dice che tutto ciò nacque da Versailles, però, di fatto, è un processo che inizia con una serie di principi interni, di dinamiche interne, dall'Aktion T4, dalla scelta di intervenire con le eliminazioni interne al Reich delle vite inutili, per poi proseguire attraverso i ghetti, i campi di lavoro.
Nel frattempo la guerra parte e, di conseguenza, ci si comincia a muovere nel territorio conquistato con le Einsatzgruppen tanto per essere chiari, le SS, però ci si trova nella condizione che la guerra con le scelte interne da un punto di vista politico hanno dei problemi umani e cioè fondamentalmente le persone che erano chiamate dai soldati ad applicare lo sterminio non reggevano fisicamente a quello che dovevano fare tutti quanti i giorni. Di nuovo la mente, l'organizzazione, l'industrializzazione si pone, si incontra a Vanzi e decide la soluzione finale: decide che gli incastri tra le scelte politiche di eliminazione del concetto di persona per arrivare ai pezzi, quelli che Rudolf Hess, nella sua autobiografia da inventore di Oswiecim, poi diventata Auschwitz Birkenau, di fatto lui definisce stücke, cioè pezzi... se qualcuno di voi ha voglia di leggere l'autobiografia del primo capo del campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, di fatto si renderà conto che in un tentativo di rendersi umano lui sembra, ahimè, un capo magazziniere di una grande fabbrica piuttosto che uno degli uomini che ha perpetrato e ha organizzato uno dei maggiori cimiteri della storia del mondo. Quello che è fondamentale incastrare pertanto è che il male è arrivato a essere profondamente umano e profondamente organizzato per raggiungere un obiettivo assolutamente non umano e che dall'altra parte, man mano che i buoni prendevano atto di quanto stava avvenendo, i buoni hanno cominciato, sempre razionalmente, a fare delle scelte. La scelta principale dei buoni è stata quella della narrazione: come facciamo a rendere umano e quindi a non mitizzare qualcosa che è la cosa più lontana del mondo dall'umanità? Attraverso la narrazione. Prima dello sbarco in Normandia il 6 giugno 1944, guarda caso, gli alleati andarono a interrogare due grandissimi esperti di comunicazione: uno era Charlie Chaplin, l'altro era Alfred Hitchcock, e chiesero loro: "molto probabilmente, nel momento in cui noi arriviamo in Francia e poi dobbiamo convergere verso Berlino, ci troveremo, lo sappiamo già, è stato chiaramente esplicitato i campi di concentramento e soprattutto quelli di sterminio - perché erano due cose diverse, l'ho detto prima, di un processo che era tutto finalizzato allo sterminio di milioni di persone - ...a tutti gli effetti cosa facciamo nel momento in cui avvicinandoci a Berlino incontriamo dei luoghi di quel tipo?". Il consiglio che questi grandi esperti di comunicazione diedero alle truppe alleate fu quello di filmare i campi che avrebbero incontrato mettendo assieme i buoni e i cattivi, gli sterminatori e le vittime, che nel caso specifico, ahimè, erano pochi prigionieri e tanti cadaveri, quindi si arrivò alla creazione dei video che tutti quanti noi conosciamo. Questo naturalmente con la fine della guerra è diventato - e adesso infatti sto narrando i buoni - un continuo chiedersi come continuare a rappresentare, perché ci fosse memoria, quello che non doveva più accadere, quindi utilizzando libri, film e in ultimo le testimonianze. Se voi ascoltate le testimonianze degli ultimi sopravvissuti che oramai sono sempre meno, ahimè, tutti quanti hanno più o meno un tratto comune, cioè il fatto che da quando uscirono dal campo di concentramento, ma soprattutto di sterminio, ebbero un tentativo di tornare a una vita comune e per tanti anni macerarono internamente il dolore ultraumano provato fino ad arrivare poi, con la maturità, a percepire, a capire che in realtà... e questo Primo Levi lo colse subito ma poi dopo sappiamo come soffrì fino all'ultimo momento dell'impossibilità se non scrivendo di raccontare le cose... quindi a tutti gli effetti tutti quanti nell'ultima parte della loro vita hanno incominciato a testimoniare per lasciare traccia di quello che era accaduto.
Pertanto - e qui richiamo il collega Distort - queste sono occasioni che devono avvenire sempre più fondamentalmente, per andare in maniera semplicistica, a trovare un confronto che è il confronto più vecchio del mondo tra male e bene, tra cattivi e buoni, facendo sempre molta attenzione al fatto che sia il male che il bene, sia i cattivi che i buoni sono profondamente umani e quindi dimenticano, ripetono, sbagliano. Il fatto di mantenere memoria di questo continuo scontro è, in realtà, il messaggio di giornate come quelle che non a caso, come quella di oggi, si chiamano Giornate della Memoria.
Se poi vogliamo dare, e chiudo, un incarnamento, un archeo logos, a quello che di fatto stiamo dicendo, possiamo appunto andare alle parole. Io ho detto prima che il 27 di gennaio è un simbolo. Il termine "simbolo" deriva dal greco e vuol dire sym-ballo, unire, unirsi, passare da individui a persone e quindi a comunità. Il termine "diaballo" ha la stessa radice, sempre dal greco antico e vuol dire dividere. Il diavolo deriva da diaballo ed è dividere, e non a caso è stato chiaramente esplicitato che per arrivare a uccidere un essere umano, una persona, bisogna prima renderlo un individuo e poi renderlo un pezzo e questo può succedere solo ed esclusivamente attraverso un processo logico che è esattamente l'opposto di quello che porta un individuo a diventare una persona e una comunità. Bisogna passare aggredendo la comunità, portandola a essere una persona, poi un individuo e poi un pezzo. Questo è il compito della politica e mai come in questo momento è fondamentale ragionare di relazioni perché sono le relazioni che portano un individuo a essere una persona e poi dalle persone ad arrivare a parlare di comunità. Le libertà delle persone sono la somma di quello che è stato sottratto alle libertà individuali per vivere assieme. La libertà individuale è un concetto che logicamente non esiste.
Presidente - Ha chiesto la parola la consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.
Guichardaz E. (PCP) - Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta, in occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria, legato a quanto avvenne nel 1945 quando le truppe sovietiche arrivarono ad Auschwitz svelando al mondo l'orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista, liberando i pochi superstiti, dedica questo momento, da una parte, per ricordare quanto è avvenuto e, dall'altra, per spronare ad essere tutti più vigili.
Ricordiamo oggi gli oltre 17 milioni di vittime tra Ebrei, prigionieri di guerra, oppositori, omosessuali, zingari e gruppi religiosi; ricordiamo noi Valdostani oggi una donna come Ida Desandré, deportata nel campo di Ravensbruck e testimone fino alla morte delle atrocità subite. I fratelli Ruggiero e Raimondo Jona, prelevati nella scuola di Issime all'età di 11 e 5 anni e uccisi insieme alla madre all'arrivo nel campo di sterminio. Ricordiamo il commissario Camillo Renzi, arrestato dalla Guardia nazionale repubblicana nell'agosto del 1944 per la sua attività antinazista e antifascista e deportato a Dachau dove morì nel lager il 12 febbraio 1945, proprio ieri gli è stata dedicata la prima posa di una pietra d'inciampo nella nostra regione, per cui ringraziamo il questore Morelli: un gesto di alto valore simbolico che ricorda a tutti noi l'impegno dei poliziotti che si opposero agli orrori del nazifascismo anche a costo della vita. Lo dico perché spesso, proprio quelle Forze dell'ordine e quelle Forze armate non si vogliono ricordare, non si vogliono ricordare i Carabinieri della banda Vertosan o i tanti Alpini comandanti di bande partigiane che si opposero proprio a quel regime.
Non basta ricordare, un bel saggio del filosofo ebreo Rav Laras, sembra svelarci il comandamento della memoria, un comandamento attraverso una formula: ricordare per ricostruire, affinché non venga mai più messo in discussione il senso etico dell'esistenza. Di qui i doverosi interrogativi sulle acquiescenze, le intolleranze e le connivenze. Lui ricorda come amici e conoscenti non Ebrei il giorno dopo la promulgazione delle leggi razziali facevano finta di non riconoscerlo. Il comandamento della memoria diventa un ottimo insegnamento per tutti, soprattutto ora dove continui rigurgiti di antisemitismo e correnti di negazionismo hanno preso il posto del revisionismo. Si tratta di un vero e proprio tentativo di negare i fatti e occultare la memoria da parte di una popolazione non più riconducibile solo a gruppi estremisti.
Continua a fare proseliti chi vuole cancellare l'Olocausto e la filosofa Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, indaga questa ideologia nefasta, che, con il passare degli anni, amplia il proprio raggio d'azione e nel suo ultimo saggio "Se Auschwitz è nulla" sottolinea come al contrario di quel che in genere si crede, il negazionismo non è un rigurgito come si è ormai soliti dire sbrigativamente, non è un residuo oscuro del passato e anche alla luce dei recenti sviluppi, si può dire che sia una terribile ingenuità ridurre un problema eminente anche in politica a un inevitabile orpello dello scenario culturale, perché i negazionisti non vogliono ricercare nulla. Non si tratta solo di odio, un'emozione che va e viene, né di una strategia retorica, ma neppure semplicemente di una deriva del web: il negazionismo è un fenomeno politico dell'attualità, che, come tale, deve essere finalmente studiato e fronteggiato.
Il Giorno della Memoria ci chiama in causa come persone e come cittadini, ci chiede di prendere posizione e di agire perché la disumanità non si estenda ancora di più.
Presidente - Si è prenotato l'assessore Caveri a cui passo la parola.
Caveri (AV-VdA Unie) - A nome del Governo regionale, mi associo a tutto quanto è stato detto in quest'aula in quest'occasione. Ricordo che qui sotto, nel salone dedicato a Maria Ida Viglino, è in corso un convegno con la partecipazione di molte scolaresche, alcune in presenza, altre on line, proprio a testimonianza anche dell'impegno che la Regione deve mettere nel mantenere viva la memoria di fatti come quelli che in quest'aula quest'oggi stiamo evocando.
Ci sono due parole che indicano questa vicenda drammatica e terribile che ha segnato in maniera indelebile il Novecento, la prima è "olocausto". "Olocausto" viene dal greco e vuol dire bruciato interamente, si riferiva al sacrificio alle divinità, sia nella religione greca che in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente bruciata ed è un termine che non è molto amato dalla comunità ebraica, anche se bisogna ammettere che sembra in qualche maniera richiamare proprio la drammaticità di quella macchina di morte che erano i campi di sterminio. Chi ha visitato i campi di sterminio sa che era una vera e propria macchina, si era cominciato con il gas dei camion, con gli Ebrei nel cassone che venivano gassati e poi si è scelto questo metodo di morte veramente scientifico nel suo terribile spiegamento.
L'altro termine che invece è preferito dalla comunità ebraica è "shoah". "Shoah" è una parola presente diverse volte nella Bibbia ebraica e significa distruzione totale ed è una rappresentazione plastica di un progetto di sterminio nazista assecondato dal Fascismo. Su questo non ci devono essere sconti, esistono diversi livelli: si va dal negazionismo di storici come Faurisson, condannati anche poi in Tribunale, a questo atteggiamento revisionistico in cui si tende, da una parte, a equiparare questo orrore in tutta la sua particolarità ad altri episodi drammatici della storia dell'umanità, che nessuno nega, perché sarebbe folle negarlo.Talvolta si adopera questo benaltrismo, cioè si parla di altro quasi per dire che in fondo questo fenomeno della Shoah non deve assumere carattere straordinario, e lo dico senza nessuna coloritura ideologica, ma ponendo ciascuno di noi di fronte a dei fatti terribili e che in qualche maniera incombono ancora oggi. È poi il messaggio principale di Primo Levi, catturato al Col de Joux quando era un partigiano in erba e che mise molti anni a mettere per iscritto. I suoi scritti vennero anche respinti dagli editori, si era in un'epoca di dopoguerra, c'era una logica quasi di dimenticare i fatti, poi invece, grazie alla sua testimonianza, è rimasta questa scintilla. "Se comprendere è impossibile - diceva Primo Levi - conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate, anche le nostre". Io trovo che in questa frase finale, in queste poche parole finali ci sia tutto. Lo diciamo, tra l'altro, all'inizio di un secolo... noi siamo negli anni Venti e se noi avessimo una macchina del tempo e potessimo tornare a cento anni fa, alla marcia su Roma che innescò un'epoca di totalitarismi, non solo quelli di destra, perché su questo bisogna essere chiari, gli Ebrei non sono solo stati perseguitati da Hitler ma lo sono stati anche da Stalin... bisogna essere in qualche maniera equivalenti nel risalire a quelle vicende storiche che per millenni hanno perseguitato i protagonisti della diaspora: gli Ebrei, questo popolo che tanto ha patito e che nei campi di concentramento ha avuto il momento più terribile.
Mi faccio prendere dall'emozione ogni volta che parlo di questi argomenti perché qualcuno già ha rievocato i soldati valdostani, gli Alpini, che vennero mandati in Germania, uno di questi era mio papà Sandro, che si trovò trasferito tout court dalla sua Aosta ad Auschwitz. Era a lavorare nei campi che c'erano attorno ad Auschwitz e mi diceva sempre mio papà che fu un prete polacco, un Salesiano che parlava francese a rivelargli con chiarezza che cosa avvenisse all'interno di questo campo e che quel fumo che usciva dai camini non era niente altro che i corpi degli Ebrei che erano stati gassati e poi venivano bruciati con questa logica scientifica dei Nazisti. È importante che noi parliamo ai giovani come si sta facendo qui sotto, ormai è molti anni che lo si fa, che li portiamo a visitare, quest'anno non sarà possibile, li porteremo a Parigi dove ci sono molti musei legati alla Shoah, ma portarli ad Auschwitz è importante perché tutti quelli - e ce ne sono molti in quest'aula - che ci sono stati hanno ritrovato lì la drammaticità di un genius loci. Quando si entra, si respira quest'aria. Io ricordo che ho portato entrambi i miei figli quando erano adolescenti a visitarla e ricordo una scena che ci colpì: c'era un gruppo di ragazzi israeliani con la kefiah in testa, erano tutti appoggiati a questi muri vicino a questa prigione dove venivano messi in ginocchio, dove dovevano passare ore e ore in ginocchio, perché poi l'aspetto della gassificazione era alla fine di tormenti indicibili e impensabili per qualunque essere umano. Mi avvicinai a uno degli accompagnatori e mi disse: "ognuno di loro ha avuto un nonno, un cugino, uno zio qui" e piangevano disperatamente.
Il ricordo dunque va mantenuto saldo anche in una Valle d'Aosta, medaglia d'oro della Resistenza. Qui sotto Pierluigi Cretier di Saint-Vincent sta raccontando anche dei giusti che hanno aiutato gli Ebrei in quei periodi così difficili ed è anche la dimostrazione che alla fine il bene ha vinto. Io credo che si debba concludere così. Noi assumiamo sempre, io per primo, in occasione di queste revocazione ufficiali, un tono un po' cupo perché sono eventi luttuosi quelli che evochiamo qui ma talvolta bisognerebbe anche assumere un tono meno cupo per ricordare che, per fortuna, quel mostro del Nazismo è stato sconfitto.
Presidente - Non vedo altre richieste di intervento. Ricordo che alle ore 10:30 circa verrà convocata la Conferenza dei Capigruppo e ci sarà un collegamento con il Presidente della Regione.
Devo anche dire che, nella serata di ieri, abbiamo avuto una tragica triste notizia: Ivo Fantino, un giovane dipendente del Consiglio regionale, dopo una breve malattia, ci ha lasciati, una notizia tragica che lascia senza parole. Forse, in questi casi, c'è poco da dire. Condoglianze alla famiglia e un ricordo per Ivo.