Oggetto del Consiglio n. 717 del 23 giugno 2021 - Resoconto
OGGETTO N. 717/XVI - Interrogazione: "Precisazioni sulle dimensioni delle strutture pertinenziali agli edifici esistenti".
Berti (Presidente) - Punto n. 14 all'ordine del giorno. Risponde l'assessore Marzi, ne ha facoltà.
Marzi (AV-SA) - Con riferimento al primo quesito, esistono precise e puntuali indicazioni su che cosa considerare come piccole dimensioni riguardo alle strutture pertinenziali. La legge regionale 11 del 1998 ammette la realizzazione di questi manufatti nelle zone di tipo A e di tipo E, rispettivamente all'articolo 52, comma 2, lettera i, e all'articolo 22, comma 2 bis, alle condizioni e secondo le caratteristiche stabilite da apposita deliberazione della Giunta regionale. Tali possibilità edificatorie superano le previsioni dei piani regolatori comunali, ma i Comuni possono individuare le sottozone in cui, per motivi paesaggistici e/o agricoli, tali manufatti non possono essere ammessi attraverso la predisposizione dello strumento della variante non sostanziale al piano regolatore generale comunale.
Le caratteristiche tipologiche, funzionali e dimensionali di tali strutture sono definite nell'allegato B della deliberazione della Giunta regionale n. 1810 del 2012, poi modificata con la deliberazione 387 del 2013, che riporta la disciplina relativa alla realizzazione delle strutture pertinenziali in sottozone di tipo A ed E. In particolare, per tali strutture pertinenziali si richiamano le seguenti caratteristiche. Superficie netta: le strutture pertinenziali devono avere superficie netta non superiore a 10 metri quadri. Tale superficie massima è stata ridefinita con la successiva deliberazione della Giunta regionale 387 del 2013, elevando per le proprietà private il limite a 20 metri quadri di superficie e definendo per le proprietà pubbliche il limite a 20 metri quadri di superficie netta. Tipologie e limiti dimensionali: altezza massima pari a metri 2,80 misurata all'estradosso del colmo del manto di copertura, tetto a una o a due falde inclinate, manto di copertura in lose di pietra o in materiale leggero non riflettente di colore scuro. Eventuali pareti perimetrali, orditure e serramenti costruiti in legno di tonalità scura, il tutto privo di isolamento. Il Comune, nell'ambito della sua autonomia regolamentare, può definire proprie tipologie costruttive sulla base delle specifiche caratteristiche delle zone territoriali interessate. In ogni caso è richiesto che le strutture pertinenziali debbano avere un aspetto decoroso e rifinito e le aree circostanti debbano essere mantenute libere dal deposito di materiali.
La DGR 1810 del 2012 precisa che l'intento del legislatore nel formulare le norme sopra indicate è stato quello di porre rimedio a una situazione di disordine paesaggistico ed edilizio, attraverso l'individuazione di procedure semplificate per l'avvio di un generalizzato rinnovamento delle strutture pertinenziali. Ciò favorisce un riordino basato su indicazioni volte alla riqualificazione del paesaggio insediativo storico e rurale, mediante la definizione di condizioni, tipologie e dimensioni adeguate al relativo contesto. La medesima delibera cita l'opportunità di favorire la diffusione delle tipologie costruttive indicate nell'allegato B, anche al di fuori delle zone territoriali A ed E, in questi casi demandando ai Comuni l'eventuale recepimento dei contenuti dell'allegato stesso negli strumenti urbanistici comunali.
Tutto quanto sopra illustrato vale per le zone di tipo A e di tipo E dei piani regolatori. Per le altre zone si eseguono le discipline degli strumenti urbanistici, sia le norme di PRG, sia il regolamento edilizio. Nelle zone di piano regolatore in cui è disciplinata la capacità edificatoria, le strutture pertinenziali sono ammesse nei limiti posti dal piano rispetto alla superficie coperta e alla superficie accessoria. Talora i regolamenti edilizi stabiliscono limiti dimensionali entro cui non è richiesta la verifica dei parametri urbanistici.
Il secondo quesito chiede se e come tali dati dimensionali valgano nelle diverse zone di PRG e, in caso di diversa interpretazione rispetto alle diverse zone di PRG, quale ne sia la ragione. Per quanto appena illustrato possono riscontrarsi delle differenze tra le strutture pertinenziali disciplinate a livello regionale in modo uniforme per tutto il territorio per le zone A ed E dei piani regolatori e tra quelle ricadenti nelle altre zone dei piani regolatori e disciplinate dagli strumenti urbanistici comunali. La ratio della disciplina regionale, relativa alle strutture pertinenziali precedentemente richiamate e ai contenuti dell'allegato B della DGR 1810 del 2012, è quella di consentire la realizzazione di nuove strutture pertinenziali in zone in cui non era ammessa la nuova edificazione. Prima dell'emanazione di queste norme, infatti, in centro storico le nuove strutture pertinenziali chiedevano l'approvazione di una specifica normativa di attuazione per le zone A, attraverso lo strumento attuativo del piano regolatore. Nelle zone E le medesime erano ammesse quasi esclusivamente per le destinazioni agricole.
Nelle altre zone di piano regolatore invece è compito dei Comuni, sia disciplinare la capacità edificatoria ammessa, sia prevedere la possibilità di realizzare strutture pertinenziali.
Da questo, tenuto conto del contesto ambientale e urbanistico, nonché della presenza di vincoli di natura idrogeologica e paesaggistica, ne deriva che possono emergere delle differenze di disciplina tra i diversi Comuni.
Presidente - Per la replica consigliere segretario Distort.
Distort (LEGA VDA) - È chiaro, è un argomento estremamente tecnico. Sicuramente è curioso che ci troviamo noi due, con le rispettive dimensioni corporee, ad argomentare su piccole dimensioni. Detto questo, comunque, l'argomento che sembrerebbe puramente tecnico, un dettaglio, una sorta di quisquiglia, in realtà riveste un panorama estremamente più ampio.
Come lei ha detto nella risposta, la disciplina relativa all'acquisizione di possibilità di realizzare edifici pertinenziali, prima entro il limite di 10 metri quadrati e poi entro il limite di 20 metri quadri nelle zone A ed E, nasce dalla volontà di un riordino, una sorta di dire: ci sono tutte queste baracche, queste costruzioni che vengono fatte in maniera vicina all'abusivismo o comunque che creano disordine paesaggistico, e mettiamo in ordine, cioè si è voluto disciplinare una attività che creava disordine.
Però oggi, Assessore, questa interrogazione vuole indirizzare il Governo. Non è una mozione, ma comunque contiene un messaggio che spero che lei abbia colto, colga e metta in atto: indirizzare una diversa visione, un diverso approccio urbanistico, che non è quello del penalizzare, del contenere l'attività edificatoria, dell'aggiustare e mettere delle toppe a problemi emersi, ma è quella di valorizzare le possibilità.
Le strutture pertinenziali, quelle appunto dalle piccole dimensioni, nel loro apparente ruolo secondario, offrono la possibilità di migliorare la funzionalità di fabbricati esistenti. Quindi io uscirei, mi permetta, dalle zone A, centri storici, dalle zone E, zone agricole, entrerei nelle zone B e nelle zone C, nelle zone residenziali. Vero è che lei mi dice: si lascia poi ai Comuni la possibilità di disciplinare, nel caso della redazione dei rispettivi PRG, la modalità nell'ambito della superficie coperta, del potere edificatorio, della zona, eccetera. Ma bisogna pensare, soprattutto in questo periodo a seguito dell'emergenza Covid, che ci ha aperto drammaticamente degli scenari dove noi dobbiamo essere assolutamente in grado di poter reagire e di poterlo fare in modo positivo, per esempio, negli edifici residenziali, all'innesco dei meccanismi di home working. Il fatto che si permanga di più a casa può rendere necessaria, rendere utile e rendere interessante la possibilità di avere degli spazi a centro benessere esterno. L'architettura e l'edilizia in genere, tutto questo ampio mercato, stanno creando dei modelli, stanno creando dei prodotti che possono essere collocati con una certa facilità.
Questo deve essere preso in considerazione, sia per attuare i dovuti aggiornamenti, ma soprattutto per far sì che l'urbanistica risponda alle esigenze.
Assessore, io immagino che lei stia ascoltando anche se mi volta le spalle, me lo auguro, ma le confesso che per me personalmente, per deformazione professionale, per aver scelto il progettare e costruire come mestiere, risulta davvero difficile entrare nell'ottica descritta dalla sua risposta, che ricalca una visione di urbanistica - l'ho ripetuto già in altre fasi - estremamente passata, questa visione di urbanistica intesa come limitazione. L'urbanistica deve essere il luogo della risposta, il consumo di suolo e la densità edilizia non devono costituire il dogma su cui si fonda la regolamentazione edilizia. Il vero dogma è la razionalizzazione dello spazio costruito, è il miglioramento delle risorse.
Concludo ricordando che, soprattutto per le attività extralberghiere come per le attività alberghiere, per le possibilità turistico-ricettive in genere di realizzare spazi esterni relativi al centro benessere, relativi ad attività di questo genere, relative a dehors, a pertinenze, è estremamente importante. Noi ormai dobbiamo cambiare completamente registro e sarebbe ora che nell'urbanistica noi compissimo veramente questo passo.