Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 506 del 20 marzo 2019 - Resoconto

OGGETTO N. 506/XV - Reiezione di mozione: "Impegno per la modifica dello Statuto dell'Ateneo valdostano".

Rollandin (Presidente) - Con la presenza di 25 consiglieri cominciamo i lavori. Punto 10 all'ordine del giorno. La parola alla collega Pulz.

Pulz (ADU VDA) - Buongiorno a tutti e buon equinozio di primavera! Sulle anomalie dell'Università della Valle d'Aosta che derivano dal suo statuto fondativo, ci siamo già più volte soffermati a riflettere in quest'aula. Mi permetto in questo contesto di richiamare in particolare, anche se non è fine autocitarsi, la nostra interpellanza illustrata il 3 ottobre 2018. La premessa era stata già allora che volevamo esprimere il punto di vista di quanti, verso la fine degli anni novanta e dopo essersi laureati fuori Valle come me, hanno vissuto l'apertura dell'Università della Valle d'Aosta come un'enorme opportunità in termini di crescita culturale e quindi di apertura al cambiamento. A distanza di quasi vent'anni, pur a fronte di un trend positivo delle iscrizioni - certo, relativamente ai piccoli numeri che il nostro territorio può garantire, anche se certamente ci sono studenti da fuori Valle - non possiamo però evitare di evidenziare ancora una volta e di affrontare le problematiche dell'ateneo valdostano, che creano molte preoccupazioni sia al suo interno, in questo momento come sappiamo, sia tra i cittadini più attenti. L'Università della Valle d'Aosta presenta infatti macroscopiche anomalie che derivano dal suo statuto fondativo. Quindi, se vogliamo un processo di normalizzazione, dobbiamo sicuramente discutere e avere la volontà politica di rivedere in maniera urgente lo statuto stesso.

Quali sono queste macro criticità? Innanzitutto la prima riguarda la figura del presidente dell'Università e la seconda riguarda il rettore. Esse determinano infatti quella eccessiva ingerenza della politica nella vita dell'ateneo valdostano, ingerenza che trova ben pochi confronti in altri contesti culturali anche simili al nostro. Basta soffermarsi a riflettere sulla composizione del Consiglio dell'Università, che è specificata all'articolo 12 del suo statuto. Quella composizione non può non determinare uno schiacciamento dell'università valdostana sulle istituzioni politiche, mentre all'Università della Valle d'Aosta servirebbe un consiglio in grado di rinnovarla, in grado di connetterla con le reti del sapere europeo e internazionale. Infatti, un vero ambiente accademico deve sempre potersi mettere in relazione e in dialogo con altri ambienti di ricerca a livello nazionale e a livello europeo e internazionale. Questo crediamo sia l'ampio respiro di cui ha sempre necessità un qualsiasi ateneo. L'università deve essere autonoma, deve vivere per il libero sapere, deve essere aperta al mondo e non invece reclinata, chiusa sul locale, perché l'università non è un ufficio studi e quanti l'hanno frequentata durante i migliori anni della propria vita conoscono tutto il potenziale di apertura mentale, di apertura culturale e professionale che quella ricca esperienza di studi e di vita significa.

Ripercorriamo velocemente l'articolo 12 dello statuto, laddove si precisa come è composto il Consiglio dell'Università. In primis c'è il Presidente della Regione autonoma Valle d'Aosta che lo presiede. Poi c'è il Rettore che ha funzioni di vicepresidente. Abbiamo poi il Direttore generale. C'è in seguito un rappresentante dei professori di ruolo e un rappresentante dei ricercatori universitari. Poi, giustamente abbiamo un rappresentante degli studenti, un rappresentante del personale tecnico amministrativo, l'Assessore regionale all'istruzione e cultura (quando ancora i due assessorati erano un tutt'uno), il Sindaco della Città di Aosta, il Presidente del Consiglio permanente degli enti locali, un dirigente del Ministero competente per l'università che viene designato dal Ministro, tre membri nominati dalla Giunta regionale della Valle d'Aosta tra persone che abbiano alta qualificazione culturale, riconosciuta competenza gestionale amministrativa, di cui almeno uno appartenente all'area francofona. Ricorderete che di questi tre ultimi abbiamo ampiamente discusso in altra occasione, perché a molti di noi pareva inaccettabile la nomina del professor Bruno Galli, che è assessore della Regione Lombardia, ma più che altro, dal nostro punto di vista, che non seleziona gli inviti da parte di quelli che sono sicuramente pericolosi movimenti di estrema destra. Ma chiudo subito la parentesi, perché è già stata pesante in altre occasioni; ho solo fatto una piccola memoria mattutina.

Chi si pone con onestà intellettuale di fronte alla composizione di questo consiglio dell'università non può non concludere facilmente che molte scelte finiscono per essere dettate non da esigenze accademiche, ma da esigenze politiche. In primis trattiamo la questione del Presidente della Regione Valle d'Aosta, che peraltro ha già le sue funzioni prefettizie, le deleghe, eccetera e deve anche occuparsi dell'università. La logica è che, siccome circa l'80 percento del finanziamento è costituito da denaro pubblico, chi paga controlla dal vertice. Ma noi ci chiediamo, peraltro già per una seconda volta: una legittima figura di controllo da parte dell'ente pubblico che finanzia, deve per forza coincidere con le massime cariche politiche della Regione che già ne assommano due, il che è già per noi un'anomalia?

Passiamo alla seconda figura, quella del Rettore, il quale nelle università italiane e non solo viene ovviamente eletto dal corpo docente, con la partecipazione di tutto il personale amministrativo e non solo. La ragione qual è? È che la delicata figura del rettore deve rappresentare tutte le componenti e costituire in qualche modo una figura di garanzia, perché l'ottica è quella della collegialità, di uno spirito democratico e partecipativo. Ma in Valle d'Aosta succede che il rettore è scelto dal Consiglio dell'Università, che corrisponde a un consiglio di amministrazione. All'articolo 11 si specifica e si spiega che il rettore è nominato nell'ambito di una rosa di tre nominativi proposta dal Senato accademico ed è composta da professori universitari ordinari, fra i quali almeno uno scelto al di fuori dell'Università della Valle d'Aosta. Ecco, è qui l'anomalia, perché il rettore può non appartenere al corpo docente dell'università stessa. Infatti, questo sta succedendo da quasi vent'anni: nessun rettore, da quando c'è l'università in Valle d'Aosta, è mai appartenuto al suo corpo docente. Questo è stranissimo! E infatti può permettersi di mantenere consistenti impegni di lavoro paralleli fuori Valle e di venire nella sua università quando magari ha del tempo libero, a fronte di uno stipendio che a noi risulta aggirarsi sugli 80 mila euro annuali, il che sarebbe, se confermato, quasi il doppio dello stipendio del rettore dell'Università di Torino.

Ci chiediamo: forse i componenti dell'ateneo valdostano non sono in grado di esprimere un loro rettore? Una persona che sia libera, o almeno tendenzialmente libera, da condizionamenti politici pressanti, quindi un Magnifico o, perché no, una Magnifica (a me piacerebbe molto avere una Magnifica in Valle d'Aosta) che sia una figura più rappresentativa, meno debole, più disponibile anche in termini di tempo e di presenza nell'ateneo. E poi, magari una persona che comunque, anche se fosse proprio magnifica al massimo, non possa svolgere più di due mandati, sempre in un'ottica democratica. Come vedete - spero di averlo spiegato bene - i problemi dell'ateneo valdostano sono strutturali, cioè legati alla sua stessa architettura. Qui uso il termine architettura ovviamente in senso figurato, cioè riferendomi a problemi che sono presenti fin dalla sua fondazione nel suo statuto e slegati quindi dalle persone che si sono avvicendate nelle diverse cariche; non ci sono riferimenti personali.

Se invece volessimo affrontare anche la questione architettonica in senso letterale, allora apriremmo un altro dolorosissimo capitolo che accenno soltanto, perché ci porterebbe lontano. Il capitolo della sede dell'università, o meglio, delle sedi, perché ne resteranno almeno due, nonostante i notevoli investimenti di denaro pubblico. E qui dovremmo andare molto lontano dall'oggetto di questa mozione, però lo accenno perché c'è stata nel frattempo anche la notizia abbastanza recente che la consegna della nuova sede, cioè di questa crociera pronta a salpare per gli oceani, slitta almeno di un anno e forse sarà pronta per l'anno accademico 2020-2021, se la Provvidenza ci assiste.

Noi ci chiediamo: non saranno queste tutte insieme le ragioni di fondo che, anziché attrarre docenti di livello da fuori, quelli di cui abbiamo bisogno, aumentano in realtà il desiderio di fuga degli attuali, non appena si presentino loro situazioni più convincenti e senza poi oltretutto che si operino le adeguate sostituzioni del personale docente. Mentre invece il personale amministrativo - anche qui, apro soltanto una parentesi che ci porterebbe lontano; anche questo è un caso più unico che raro in Italia - supera addirittura numericamente la presenza dei docenti.

A fronte di questo quadro che a me sembra preoccupante, innanzitutto in quanto cittadini, noi chiediamo in questa mozione che il Consiglio regionale impegni il Governo regionale a proporre - perché chiaramente poi bisognerà in caso fare tutto un ragionamento e un lavoro e sarà l'università che dovrà farlo - di portare le seguenti modifiche allo statuto dell'ateneo valdostano. In primis che il Presidente della Regione non sia più anche il presidente del Consiglio dell'Università della Valle d'Aosta. Si avverte l'esigenza, pur nel rispetto delle prerogative della Regione che è il principale finanziatore dell'ateneo, di affidare questo ruolo a un delegato che possa seguire più da vicino, con competenze specifiche e anche con più tempo - perché mi sembra che il Presidente Prefetto ne abbia già fin sopra i capelli - le questioni legate all'ateneo e al suo sviluppo; questo è il primo punto che proponiamo. Il secondo punto riguarda appunto la figura del rettore. Al fine di assicurare la sua presenza e il suo impegno costante, il rettore andrà individuato tra i professori ordinari dell'ateneo e potrà anche essere individuato tra i professori ordinari non di ruolo (ce ne sono tanti presso l'Università della Valle d'Aosta), a condizione però che entro l'anno accademico successivo alla nomina questo professore entri a far parte del personale incardinato nell'università stessa e appunto non resti in carica per più di due mandati; questo non era scritto nella mozione, però è sicuramente un punto che risulta essere, soprattutto in questo momento specifico, molto importante.

Presidente - Ha chiesto la parola la collega Spelgatti, ne ha facoltà.

Spelgatti (LEGA VDA) - Come Lega abbiamo due posizioni particolari riguardo a questa mozione. Condividiamo appieno la seconda impegnativa, quella sul Rettore, ma non condividiamo assolutamente la prima impegnativa, cioè quella relativa al Presidente della Regione.

Partiamo da quello che non condividiamo. Ho avuto modo, in qualità di Presidente della Regione, di presiedere il Consiglio dell'Università e di rendermi conto di quanto invece sia importante poter presiedere quel consiglio, in quanto l'università è uno strumento importantissimo per la Valle d'Aosta e può essere, deve essere e dovrà essere (cosa che non è oggi) un volano non solo per la nostra cultura, ma per la nostra economia. Di conseguenza, il Presidente della Regione, quindi la Regione tutta, non può perdere un ruolo di indirizzo nei confronti dell'università. Il fatto che fino a oggi il suo ruolo possa non essere stato utilizzato correttamente, anche perché altrimenti l'università andrebbe diversamente e avrebbe una struttura diversa anche come corsi, questo non significa che non sia giusto il principio. Sarebbe come dire: se l'autonomia fino a oggi non è stata magari utilizzata correttamente, questo non significa che si debba buttare via l'autonomia; il principio è lo stesso.

Visto che lei ha tirato fuori il discorso del ruolo del consiglio e ha ritirato fuori alcuni argomenti, rifaccio un attimo un excursus, che però può essere importante per capire a oggi qual è l'indirizzo all'interno del Consiglio dell'Università, tramite i membri che sono stati nominati. L'obiettivo che avevo io in qualità di presidente del consiglio era nominare delle persone che fossero già tutti docenti universitari, perché è necessaria assolutamente la competenza: le persone che devono arrivare nel Consiglio dell'Università devono già essere competenti, devono conoscere assolutamente la materia e dovevano essere pronti a partire in quarta a lavorare, portando anche il loro bagaglio di esperienze. Inoltre, nel cercare questi nomi e nel pensare a chi avrei potuto proporre, il discrimine e l'argomento su cui mi sono soffermata di più e i criteri sono stati quelli di una conoscenza enorme della realtà valdostana, della sua storia, delle sue particolarità e della sua autonomia, una conoscenza di tutti i problemi delle regioni di montagna e la conoscenza anche di tutto l'argomento del federalismo. Per cui le scelte sono ricadute sul professor Stefano Bruno Galli, proprio perché è docente di storia delle dottrine politiche e quindi ha una conoscenza anche storica di tutto il particolarismo valdostano, oltre a essere uno dei pochi che fa ancora delle conferenze su Chanoux in tutta Italia, ma è Assessore alla cultura e alle autonomie in Regione Lombardia. Questo per me era un atout assolutamente in più, perché l'obiettivo era dare da una parte un respiro internazionale all'Università della Valle d'Aosta, ma nello stesso tempo con un radicamento forte sul territorio, per cui bisognava trovare delle persone che avessero entrambi questi radicamenti, ma anche contatti con altre università, con altre realtà e con un mondo culturale molto effervescente. Quindi da una parte il professor Stefano Bruno Galli, dall'altra parte il professor Salsa, che sappiamo essere probabilmente in questo momento il maggior antropologo e studioso di tutte le popolazioni dell'arco alpino, che insegna in Trentino-Alto Adige, per cui ci spostiamo dalla Lombardia all'Alto Adige, e poi il professor Schmitt che è docente di federalismo in Svizzera; quindi abbiamo fatto l'arco alpino, guardando però anche a livello internazionale.

Tra le altre cose, la mia idea e uno degli indirizzi che ho chiesto al consiglio di cercare di portare avanti per il futuro, era il pensiero di incardinare in Valle D'Aosta un centro studi federalista attraverso l'università, di respiro appunto internazionale, proprio partendo dalle nostre radici autonomiste. Nello stesso tempo, proprio perché qui abbiamo la storia dell'autonomia, riuscire a fare di questa nostra Valle d'Aosta e quindi della nostra università un polo culturale sul federalismo a livello internazionale. Questo è il perché, tra le altre cose, delle scelte delle persone che sono state messe all'interno del consiglio.

Quando lei dice che il Presidente della Regione ha già moltissimi compiti, per cui non può fare anche questo, non è vero. Io ho avuto modo, nonostante tutto il carico di lavoro e nonostante fossimo appena arrivati, di occuparmi tranquillamente del discorso dell'università e quindi non vedo assolutamente la difficoltà nel portare avanti anche questo discorso, perché, ripeto, è importantissimo per la Valle d'Aosta intera.

Bisogna cercare di modificare i corsi dell'Università della Valle d'Aosta, perché ce ne sono alcuni che funzionano benissimo e altri che assolutamente non funzionano. Ma soprattutto quello che bisogna fare è modificare l'input che viene dato a questa università, perché noi non possiamo semplicemente replicare i corsi che vengono fatti in tutta Italia da università che hanno dei bacini estremamente più ampi di studenti, che hanno soldi ben diversi da poter spendere per i corsi, che hanno una storia dell'ateneo ben più importante della nostra. Noi non possiamo competere con quelle realtà, possiamo competere su certi corsi che si sono ormai radicati e sono diventati specifici, ma dall'altra parte bisogna innovare e bisogna proporre qualcosa di profondamente diverso. Chiaramente, quando ero nel consiglio è emerso che non è che un corso universitario, se non ci sono disponibilità economiche per fare degli investimenti, si può incardinare immediatamente e farlo partire, però si può cominciare a lavorare e questo era quello su cui stavamo lavorando, partendo con dei master specifici, cominciando ad attrarre studenti e poi piano piano cambiando la rotta dell'ateneo.

Se il presidente non può esercitare questo tipo di funzioni, l'ateneo va per conto suo. Ma l'ateneo non deve poter andare per conto suo per la semplice ragione che l'ateneo è uno strumento culturale fondamentale. Lo è per i nostri studenti, per i nostri giovani, perché deve essere attrattivo per i giovani valdostani, giacché ancora troppi vanno fuori per forza di cose, perché hanno più offerta e perché hanno spesso e volentieri anche una qualità differente rispetto a quella che viene offerta dall'Università della Valle d'Aosta, anche se, ripeto, su certi corsi invece la qualità è molto alta. Quindi deve essere formativo per i nostri giovani, ma nello stesso tempo deve essere fortemente legato al tessuto economico, perché quello che manca anche qua è il pensiero di che cosa vogliamo far fare ai nostri giovani. Per cui bisogna dialogare assolutamente anche con il mondo economico e imprenditoriale, perché se noi non diamo una specificità e se noi sforniamo tutti i laureati in psicologia e in lingue, poi i nostri ragazzi che cosa vanno a fare? Bisogna fare un ragionamento all'incontrario e cominciare a porsi la domanda: di cosa abbiamo bisogno in Valle d'Aosta? Dove vogliamo far andare i nostri studenti? Che lavori potranno fare i nostri studenti e di che cosa ha bisogno il tessuto imprenditoriale valdostano? Di conseguenza far lavorare i corsi in questo senso, in maniera tale da formare i nostri ragazzi in questa direzione.

Ma non basta, se da una parte noi dobbiamo pensare ai nostri giovani valdostani, dobbiamo anche pensare di diventare attrattivi culturalmente per l'esterno, dobbiamo attrarre intelligenze in Valle d'Aosta. Abbiamo bisogno non solo di evitare la fuga dei nostri migliori giovani, perché troppi nostri ragazzi in gambissima se ne vanno via, mentre li dobbiamo tenere qua, ma dobbiamo diventare attrattivi per le intelligenze che arrivano dall'esterno. Ad esempio, un'altra questione su cui abbiamo discusso per cominciare a formare dei master e a guardare a un futuro differente, per cercare di risolvere tanti altri problemi che abbiamo in Valle d'Aosta, è che dovremmo partire dal nostro patrimonio culturale e storico. Pensiamo all'area megalitica di Saint Martin che non funziona minimamente e che in realtà potrebbe essere un volano per tutta la nostra economia, potrebbe attrarre turisti dall'intera Europa. Pensiamo soltanto alle scoperte del Cromlech e ai ritrovamenti vicino all'ospedale: sono dei ritrovamenti che hanno una portata internazionale unica. Il problema è che noi non siamo mai in grado di valorizzare niente di quello che abbiamo in Valle d'Aosta. Ma il futuro della nostra regione noi lo dobbiamo costruire su quello che noi abbiamo come patrimonio, che è unico; il problema è che non siamo in grado di valorizzarlo.

Quello che io ho chiesto al Consiglio dell'Università è stato di incominciare a programmare un futuro sul lungo periodo e incominciare a pensare a come radicare dei corsi specifici per attirare delle intelligenze che vengano qua a studiare, guardando anche a ciò che noi abbiamo: l'area megalitica o anche l'Osservatorio di Saint-Barthélemy; pensiamo a mettere in rete tutto ciò che noi abbiamo come patrimonio, che è immenso. Si potrebbe, ad esempio, partire facendo dei master di questo tipo, cominciando ad attirare intelligenze, incominciando a lavorare facendo in modo che nel momento in cui abbiamo sul territorio persone di questo tipo, a loro volta poi loro esportino il patrimonio culturale che abbiamo, lo possano portare fuori e possano pubblicizzare quello che c'è. Noi non possiamo pensare a come rilanciare l'area megalitica soltanto con un discorso di marketing - cosa che fino a oggi non è mai stata fatta e che sarebbe fondamentale, perché sennò i turisti non arrivano - ma dobbiamo pensare in grande, cioè dobbiamo pensare al fatto che l'ateneo è uno strumento fondamentale per portare a questo risultato. Sono chiaramente discorsi di lungo periodo e non si possono fare delle trasformazioni di questo tipo in un attimo, però in realtà la politica è proprio quello che deve fare, la politica si deve occupare di discorsi di ampio respiro, di lungo periodo che possono poi dare i risultati tra tantissimi anni, ma non ha importanza perché poi il nostro compito è questo. Il compito non è quello semplicemente di fare l'amministrazione spicciola, ma anche alzare la testa e guardare al futuro dei nostri giovani.

Pertanto io non condivido assolutamente il primo punto, anche se capisco quali sono le motivazioni che la spingono a dire questo, però non le condivido. Condivido invece appieno (io infatti avevo già iniziato nel Consiglio dell'Università a far verbalizzare e chiedevo che si andasse esattamente in questa direzione) che il rettore debba necessariamente essere incardinato nei ruoli dell'università, perché il rettore deve essere presente e deve lavorare alacremente per l'Università della Valle d'Aosta, soprattutto visto anche poi lo stipendio che prende, ma in ogni caso, qualunque fosse lo stipendio, nel momento in cui ricopri quel ruolo, devi essere qui, devi lavorare e non puoi continuare a fare altri lavori e non puoi fare la spola venendo semplicemente a qualche riunione. Non si può fare il rettore dell'Università della Valle d'Aosta in questa maniera. Quindi io avevo già fatto richiesta di andare in questa direzione, per cui condivido appieno questa sua posizione.

Alla luce di questo noi come Lega le proponiamo un emendamento, perché voteremmo molto volentieri questa mozione però sulla seconda parte. Io le chiederei di espungere dal testo il secondo capoverso, quindi "richiamate in particolare le macro criticità che riguardano la figura del Presidente dell'Università...", il terzo capoverso sempre sul discorso del Consiglio dell'Università, lasciando il primo e il quarto. Poi, soltanto a livello formale le chiederei magari - non è importante e può anche rimanere così, ma forse sarebbe più corretto - di cambiare la parte dell'impegnativa, perché più che "impegnare il Governo regionale" secondo me sarebbe "impegnare il Presidente della Regione a farsi parte diligente per presentare al Consiglio dell'Università delle ipotesi di modifica". Questo perché c'è l'autonomia dell'ateneo per cui, secondo me, il Governo non può semplicemente modificare, però il Presidente si può fare parte diligente; comunque questa è solo una questione formale. Poi nell'impegnativa chiederei di espungere il primo punto e lasciare il secondo. Sostanzialmente il testo verrebbe soltanto epurato della parte relativa al Presidente della Regione e rimarrebbero fermi tutti i punti relativi al Rettore.

Presidente - Ha chiesto la parola l'assessore Viérin, ne ha facoltà.

Viérin (UVP) - Ho ascoltato con attenzione tutto il dibattito di ieri e anche quello iniziale di oggi. Non sapevo se sarei intervenuto, però ci terrei a dire alcune cose, al di là del merito della questione, condividendo peraltro alcune delle considerazioni sulla questione dell'ateneo, di cui abbiamo avuto modo in diverse occasioni di parlare.

Sono stato promotore l'anno scorso della separazione dei ruoli tra il Presidente della Regione e il presidente del Forte di Bard, avendone assunto la guida. Nella futura variazione di bilancio, che sarà presentata in questi giorni, abbiamo avanzato una proposta di separazione del ruolo di Assessore e di presidente della fondazione IPRA. Credo che ci siano dei ruoli che in effetti possano essere riconsiderati all'interno di una visione che quando nacque probabilmente aveva una sua logica, ma che oggi diventa forse desueta o che comunque vada rimodulata.

Altra sensibilità avevamo e continuo ad avere sulla questione dell'università - la collega Spelgatti l'ha peraltro ben rappresentata - sulla differenza tra un'ingerenza e una funzione di indirizzo in ambito pedagogico educativo di raccordo, peraltro attraverso l'Assessore all'istruzione, tra ciò che avviene nel mondo scolastico valdostano, in condivisione con quello che poi viene applicato nel mondo accademico. Ma il motivo del mio intervento non erano queste premesse.

Non condivido alcune considerazioni su ciò che non si è fatto in campo culturale in questi anni e direi decenni. Quando si afferma che non facciamo nulla per valorizzare ciò che abbiamo, mi permetto di ricordare gli immensi investimenti che la Valle d'Aosta ha fatto, peraltro anche rispetto ad altre regioni, essendo anche faro in campo culturale, per la valorizzazione, la messa in rete e la fruizione dei beni culturali, con tutti i limiti che un bene culturale ha per il codice e per altre questioni; avremo modo di parlarne in una iniziativa del collega Cognetta, che ringrazio per averla avanzata, perché è uno dei temi sul tappeto.

Vorrei dire che, al di là delle battaglie politiche che ognuno di noi porta e ha portato in quest'aula, ricordo che diversi in questa stessa aula hanno cercato di rompere il sistema e di porsi in una posizione di denuncia di ciò che non funzionava da un punto di vista politico amministrativo in alcuni settori o nella gestione della cosa pubblica. Altra cosa però è il considerare che siamo all'anno zero su tutto in Valle d'Aosta. Mi permetto di dirlo non solo per i beni culturali, ma visto che è stata avanzata questa cosa, magari sarebbe interessante avere un piccolo riepilogo, al di là degli investimenti come entità economica, delle strategie che sono state messe in campo in questi anni e di come il turismo culturale ha rappresentato in questi ultimi quindici anni un volano incredibile per quella che è la parte turistica e nei dati aggregati che sono stati poi rappresentati e che in questi ultimi anni hanno rappresentato nel PIL della Valle d'Aosta ciò che ha fatto reggere una parte di economia valdostana. È stato citato Saint Martin o gli scavi dell'ospedale, io citerei in generale la politica della restitution che in un certo momento abbiamo umilmente messo in campo, negli anni in cui abbiamo deciso di non riservare la cultura a pochi. In tutti gli ambiti del nostro patrimonio materiale e immateriale abbiamo deciso di coniare questo termine che, al di là dell'acquisizione del patrimonio culturale, al di là della messa in valore, della valorizzazione e della tutela, la fruizione e la restituzione erano un concetto profondo che andava a dire: si restituisce il bene alla comunità che ne è proprietaria, con tutta la scientificità di chi all'interno delle strutture in questi decenni abbiamo fatto lavorare e crescere con estrema professionalità. Peccato che al di là di pochi colleghi, mi pare che l'unico era il collega Farcoz, nell'ultimo numero di presentazione del bollettino della Soprintendenza... Basterebbe ripercorrere un bollettino o due o cinque o dieci degli ultimi anni, per vedere tutto ciò che è stato fatto.

Che poi si possa fare di più, noi siamo i primi a dirlo e sono io il primo a dirlo, altrimenti non avremmo riorganizzato un assessorato. Dopo aver dedicato tutta la cultura alla nostra comunità e al turismo culturale, oggi siamo pronti per poter maggiormente sviluppare una attrattività turistica in campo culturale, dicendo ciò che avviene fuori Valle e ciò che abbiamo fuori Valle con largo anticipo e soprattutto facendolo sapere, per avere una possibilità di muovere delle persone che vengano in Valle d'Aosta per un certo motivo.

Condivido anche la questione che l'università debba ricalibrare alcune scelte strategiche e negli anni credo che questo sia stato un elemento di spunto. Il collega Manfrin se lo ricorda, perché era rappresentante degli studenti all'interno dell'ateneo e certe discussioni sono state avanzate quando ci dicevamo: va bene il corso di psicologia, vanno bene alcuni corsi di laurea che ci sono fuori, ma sarebbe interessante avere almeno un corso di laurea impregnato nella nostra realtà montana, ambientale, culturale, di specificità; sul modello Davos, se vogliamo citare sempre degli esempi che tra l'altro sono interessanti anche in termini di semplicemente prendere qualcosa di buono che è stato fatto e magari adattarlo alla nostra realtà.

Senza polemica dico semplicemente che l'anno zero forse in tante battaglie viene giustamente messo avanti, perché poi nella lotta politica ci sta che ognuno cerchi di portare la novità o il cambiamento che ritiene. Però, io credo - al di là delle persone che amministrano qui da un punto di vista politico; lo dico per chi lavora all'interno dei settori - che l'entusiasmo che abbiamo creato in quegli anni sia stato un entusiasmo positivo, che peraltro ho avuto il piacere di ritrovare in alcune professionalità e ci siamo anche confrontati su questo. Avevamo semplicemente tentato di creare un modello, che poi è stato approntato anche a livello nazionale, che aggiungeva un pezzo che è questo della restituzione alla comunità. Ricordo il successo del castello di Aymavilles dell'anno scorso: nel discorso di inaugurazione il collega Sammaritani disse che era frutto di un lavoro di tante persone nei decenni. È un risultato che spesso si vede e si è visto magari non subito, però la crescita che c'è stata in questi anni con dei risultati positivi oggi è un patrimonio acquisito.

Mi permetto semplicemente di dire, anche riferito al dibattito in generale, che quando si cercano di rappresentare delle situazioni, cerchiamo di essere attenti a non buttare via il bambino con l'acqua sporca. Lo dico forse anche perché abbiamo dedicato alcuni anni di entusiasmo, di passione e di tempo a queste attività che hanno portato a raddoppiare i numeri della Saison culturelle, piuttosto che a creare l'indotto del turismo culturale che era un ambito molto conservativo, rispetto a ciò che poteva essere invece una fruizione giusta che nei beni culturali c'è poi stata e che oggi ci fa dire che abbiamo una rete di beni culturali, che si è conclusa con l'acquisizione del castello di Arnad, con un progetto europeo per l'ultimo grande finanziamento del castello di Aymavilles di circa 10 milioni di euro, con Palais Lostan piuttosto che tutti i beni ecclesiastici. Attraverso la legge n. 27 del 1993, la legge sull'intesa, negli anni noi investivamo milioni di euro con orgoglio su tutto il patrimonio ecclesiastico. Abbiamo restaurato e restituito non solo la Cattedrale o Saint Léger, ma ogni pezzo di Valle d'Aosta, dalla cappella del Pont Suaz fino ad arrivare alla cappella di Charvaz nel comune di La Salle, per dire che ogni testimonianza materiale e immateriale e soprattutto il patrimonio tangibile, al di là prima ancora di essere patrimonio turistico e non di risvolto folcloristico, era un patrimonio tangibile della nostra comunità e andava conservato, valorizzato, restaurato e restituito. Vi invito veramente a percorrere qualche valle piemontese o anche savoiarda - anche noi siamo savoiardi - per vedere che, al di là di qualche castello che oggi viene utilizzato per matrimoni, nelle valli piemontesi il patrimonio ecclesiastico non è stato valorizzato ed è stato dissipato.

Tutto ciò è stato fatto grazie all'aiuto di tutti e, ripeto, non ne faccio una questione riferita alla mia persona, ma a tutti coloro che in questi decenni hanno lavorato. Poi, che si possa fare di più è giusto, ma ci tengo a precisare che ciò che abbiamo fatto tra tutti nei decenni, la Valle d'Aosta in particolare, per il settore culturale è un qualcosa che oggi esiste e che sicuramente va valorizzato ancora meglio. Abbiamo parlato della Via delle Gallie, abbiamo parlato sicuramente della Via Francigena, sicuramente della messa in rete dei beni culturali a livello maggiormente rappresentativo, differenziando l'offerta da un punto di vista dei contenuti anche nei castelli e da un punto di vista territoriale. Ricordo l'ultimo investimento con fondi europei per il castello di Saint Pierre: è un progetto che l'assessore Chatrian concluderà a breve, per ripristinare il museo di scienze naturali, che è un patrimonio incredibile. Infine, parliamo di tutto ciò che attraverso l'aiuto diretto o per il tramite di tutto il pararegionale, penso alle fondazioni piuttosto che all'Associazione Forte di Bard, fra tutti abbiamo deciso di fare. In questi anni - l'assessore Bertschy vi ha partecipato - abbiamo festeggiato i vent'anni del progetto del Forte di Bard, che è stata la riconversione culturale del post crisi industriale della Bassa valle. Oggi il Forte di Bard fa vivere una parte di Bassa valle molto importante e sono nate attività. Stiamo parlando dell'università, è vero, era un pezzo che lambiva il ragionamento, ma credo che tutto ciò che stiamo cercando di fare oggi nella riorganizzazione turistica è proprio di mettere maggiormente in possibilità di conoscenza e di fruizione tutto ciò che negli anni sono stati gli investimenti in campo culturale.

Dalle ore 9:42 assume la presidenza la presidente Rini.

Rini (Presidente) - La parola alla collega Russo.

Russo (M5S) - Prima di entrare nel merito dei due punti della mozione presentata dalla collega Pulz, intendo solo sottolineare qual è oggi il ruolo dell'università, secondo noi, ruolo che si deve e si sta modificando perché la nostra società, in cui l'università deve essere inserita, si sta radicalmente modificando. L'università riveste un ruolo sempre più importante, perché una parte rilevante della produzione delle conoscenze deve nascere al suo interno. La comunità in cui l'università è inserita richiede che tali conoscenze si traducano quanto più rapidamente possibile in sviluppo del territorio, in benessere per i cittadini, in nuove occasioni di impresa e di lavoro. Noi consideriamo che l'università debba avere un ruolo forte per lo sviluppo del territorio in cui è inserita. Una parte della ricerca di cui si parla nell'articolo 2 dello statuto della nostra università deve essere finalizzata a rispondere esplicitamente alle esigenze di breve, medio e lungo termine della società, curando il trasferimento dei saperi universitari nelle attività delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e delle entità del terzo settore.

Proprio su questo terreno che attiene fondamentalmente al rapporto con i propri stakeholder, le università in genere, ma anche e soprattutto la nostra, registrano difficoltà di comunicazione, di relazione e di comportamenti certamente in parte significativamente legati ai superati assetti organizzativi interni. L'università è chiamata da una parte a sviluppare la propria mission tradizionale, quindi la ricerca e la formazione, dall'altra deve integrarsi per forza con i soggetti economici amministrativi che operano nel territorio, ruolo purtroppo appena accennato nei primi articoli dello statuto della nostra università, ma che non è declinato né approfondito.

Inoltre, in una società in rapida evoluzione come la nostra, la competitività di una regione è legata strettamente alle sue capacità di soddisfare i continui bisogni di apprendimento della popolazione adulta. Riteniamo infatti che l'università abbia una funzione di formazione permanente. L'apprendimento permanente è destinato rapidamente a diventare un compito istituzionale fondamentale dell'università, a completamento della sua missione di soggetto della ricerca e della formazione superiore rivolta ai giovani. La necessità sociale di formazione permanente, prevista da tempo nelle strategie europee e confermata dalle decisioni dell'Unione europea, è sempre più evidente, sospinta dall'innovazione delle tecnologie, dal confronto e dalla competizione a scala locale, europea e globale.

La graduale modifica della mission della nostra università si verificherà solo in presenza di un chiaro indirizzo politico e di risorse adeguate da impiegare allo scopo. Ciò potrà avvenire attraverso la creazione di conoscenza e di innovazione, attraverso azioni orientate alla riforma di un sistema universitario, al rafforzamento del management e alla definizione di nuovi obiettivi strategici e di specifiche iniziative relativamente all'apprendimento permanente.

Dato che vi sono stati e vi sono ingenti investimenti economici e finanziari, di cui abbiamo parlato prima, nel nuovo edificio che accoglierà l'università nel centro della città di Aosta, tra due anni a quanto pare, visto che il consiglio di amministrazione dell'Università della Valle d'Aosta ha appena approvato il bilancio che pareggia sulla cifra di 10 milioni di euro, e visto che l'università ha davanti a sé sfide importanti di riorganizzazione e di revisione della sua mission originaria, secondo noi, sulla ricerca e sullo sviluppo della conoscenza, riteniamo che il ruolo di Presidente del Consiglio dell'Università debba essere affidato a un delegato del Presidente della Regione, al fine di poter seguire da vicino lo sviluppo dell'ateneo.

Ricordiamo che, come previsto dall'articolo 11 dello statuto dell'università, il Consiglio dell'Università ricopre importantissime funzioni, che riassumo brevemente: è l'organo di indirizzo che stabilisce le linee generali di sviluppo dell'ateneo e sovrintende alla gestione amministrativa e finanziaria economica patrimoniale dello stesso; determina gli obiettivi strategici di sviluppo per ciascun triennio; approva il piano triennale di sviluppo di ateneo, a ciò destinando le risorse finanziarie disponibili; predispone il piano di utilizzo e ampliamento delle strutture e relativi interventi di adeguamento e miglioramento delle stesse; approva il bilancio di previsione, nomina il Rettore, approva il regolamento per l'amministrazione e la finanza e la contabilità, nonché tutti i relativi regolamenti attuativi in esso previsti. Mi sembra che qui stiamo parlando di funzioni importantissime che richiedono molto tempo e molta dedizione. A oggi, dei quattordici componenti del Consiglio di Università ricoprono anche cariche politiche ben sette figure: vi sono il presidente Antonio Fosson, l'assessore Chantal Certan, il sindaco Fulvio Centoz, poi vi sono il presidente del CELVA Franco Manes, più tre componenti eletti dalla Giunta regionale. L'ingerenza della politica nella vita dell'Ateneo è innegabile e riteniamo molto importante che l'autonomia dell'università non debba essere intesa come autoreferenzialità, ma come scelta libera di programmazione dello sviluppo dell'ateneo in base ai bisogni del contesto.

Arriviamo poi alla figura del rettore dell'università, ai suoi compiti e alla costatazione innegabile che egli debba assicurare, come hanno detto le mie colleghe, una presenza e un impegno costanti e che quindi debba essere individuato tra i professori ordinari dell'ateneo o che lo diventino in tempo breve. Il rettore ha funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche ed è responsabile del perseguimento delle finalità dell'università secondo criteri di qualità, nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito. Il rettore è il rappresentante istituzionale e legale dell'ateneo. Deve essere quindi una figura autonoma che non svolga più di due mandati. Il Movimento 5 Stelle voterà a favore di tutti e due i punti della mozione.

Presidente - La parola al collega Barocco.

Barocco (UV) - Je crois que quand on aborde un thème si important comme l'université, c'est indéniable l'attention et le souci que toute l'assemblée y réserve. Mais je crois que pour élargir le débat et l'approfondir ce serait plutôt nécessaire une séance thématique sur cette université et sur son futur.

Ringrazio la consigliera Pulz di aver posto all'attenzione uno dei punti che possono essere nodali sulla discussione del futuro della nostra università: il suo statuto e quindi le regole che gestiscono questa università. È un ateneo che ha raggiunto la maggiore età e ovviamente nel corso di questi anni è cambiato il mondo, quindi è probabilmente necessario apportare dei correttivi.

Il nodo principale è il ruolo della politica. Parlando con alcuni consiglieri e con l'assessore, quest'ultimo sta lavorando su questo tema e penso che a breve ci porterà della documentazione, dei provvedimenti. Nel programma di governo di questa maggioranza e anche nella mozione di sfiducia si parla dell'università come centro propulsivo di ricerca e di contatto con il mondo esterno, con centri accademici di eccellenza. Era nata allora - penso che sia da interpretare in questo senso la presenza della politica - come un'iniziativa corale della Valle d'Aosta, quindi tutti ci credevano e i legislatori del tempo vollero che su questo importante tema fosse coinvolta la politica e i suoi rappresentanti per dare sviluppo e impulso a questa università.

Ho fatto alcune ricerche sugli statuti di università alpine e devo dire che anche la mia posizione all'interno della maggioranza - si stanno elaborando delle proposte per cercare delle sintesi - è per nuancer la presenza della politica. Questo non vuol dire che l'Amministrazione che la finanzia, con una parte cospicua, debba avere un suo rappresentante o dei suoi rappresentanti, affinché questi siano effettivamente la cinghia di trasmissione tra l'elaborazione delle politiche e la loro attuazione, questo non vuol dire confondere i ruoli. Nell'Università di Trento e nelle università di Bolzano - qui bisognerebbe poi fare anche qualche affondo, nel senso che sono università pubbliche, Bolzano e Aosta, quasi coeve, ma non statali - la politica è più nuancée e forse in questo senso dobbiamo andare. Nello statuto della Università della Valle D'Aosta ci sono tre rappresentanti nominati dal Consiglio regionale e il numero potremmo anche eventualmente ampliarlo. Io direi che per andare avanti i rappresentanti della politica potrebbero ridursi a uno: il rappresentante del Comune di Aosta, il rappresentante dei Comuni della Valle d'Aosta, il Presidente della Regione e l'Assessore, questi rappresentanti potrebbero ridursi a uno. Se si volesse osare di più, questo rappresentante potrebbe essere eletto dal Consiglio e non essere un politico, ma questo dovrebbe essere per tutti i rappresentanti. Io qui non voglio mettere assolutamente in discussione le qualità accademiche dei rappresentanti che si sono succeduti o che sono attualmente nel Consiglio dell'Università, però probabilmente, se vogliamo essere susseguenti e conseguenti, non dovrebbero questi rappresentanti, se si fa una scelta di questo genere, avere nessun incarico politico amministrativo e questo dovrebbe valere per tutti. Però questo è un tema su cui c'è un dibattito e si dovrà trovare una sintesi.

Mi è piaciuta la passione politica della consigliera Spelgatti che ha portato su questa discussione tante suggestioni. Però, lo dico da ex sindaco, c'è un po' la malattia degli ex; cerchiamo invece di guardare in avanti. Questo non vuol dire che quello che è stato fatto non sia buono e non sia da discutere, ma tutti noi, quando facciamo qualcosa, ci innamoriamo di quello che facciamo e giustamente, visto che l'abbiamo fatto in buona fede e con tutta la nostra passione politica, cerchiamo di difenderlo, però cerchiamo anche di andare avanti. L'amministrazione è un continuum. Se la Valle d'Aosta in questi anni e per più anni è stata tra i primi posti nei ranking economico sociali de Il Sole 24 Ore e di Italia Oggi, vuol dire che c'è un continuum che ha portato dei risultati. Questo non vuol dire - concordo con l'assessore Viérin - che non si possa fare meglio, ma lo sforzo è di guardare al futuro.

Guardando al futuro, faccio solo un accenno ancora al passato. Il Collège d'Études fédéralistes ad Aosta è nato nel 1961 su impulso dell'allora assessore Gex e questo collegio ha poi dato vita alla Fondazione Chanoux. Senz'altro su questo tema concordo con quello che ha detto la consigliera Spelgatti, che c'è tanto da fare e da rifare, perché in questo Collège d'Études fédéralistes, che ho avuto la fortuna di frequentare, si sono succeduti docenti come Alexandre Marc e Denis de Rougemont, che nelle nuove teorie anche del Movimento 5 Stelle a livello nazionale hanno lasciato qualche traccia: il federalismo, la democrazia diretta, cose che devono essere senz'altro approfondite. Questo sarà un tema che probabilmente all'interno dell'Università della Valle d'Aosta dovrà senz'altro avere un seguito.

Tornando alle università delle Alpi, Bolzano e Trento, delle Alpi permettetemi di dire più vissute, più identitarie, più reali, perché sono università delle Alpi ovviamente anche le università di Torino, di Milano, il Politecnico che sono senz'altro degli esempi di validità scientifica e accademica a livello internazionale. Queste università delle Alpi che sono Trento e Bolzano, ma se vogliamo andare oltre i confini anche Innsbruck e Grenoble - lunga fu la collaborazione con l'Università di Grenoble del compianto professor Janin, che cominciò a insegnare alla Valle d'Aosta qualche rudimento di programmazione, di pianificazione territoriale e di pianificazione economica - sono caratterizzate, e su questo arriverà il momento per fare degli approfondimenti reali, cioè sul fatto di dover dare un'anima e una caratteristica alla nostra università.

Sulla questione del presidente dell'università, secondo me, ci può essere una nuance della politica, come ho detto prima, quindi anche una persona che abbia delle caratteristiche non solo politiche ma accademiche, e questo sarà un tema che sarà dibattuto anche all'interno della nostra maggioranza. Tutto il mondo accademico internazionale è alla caccia dei migliori cervelli, per cui io penso che, proprio per una questione di apertura di questa università, limitare la scelta del rettore ai soli professori ordinari dell'Università della Valle d'Aosta sia un po' limitante. Le università di Trento e di Bolzano danno la possibilità di scegliere il rettore anche nel mondo accademico nazionale e internazionale. Io capisco e sottoscrivo le preoccupazioni della consigliera Pulz e della consigliera Russo di richiedere al rettore una presenza costante nell'università, però questo non vuol dire che nella ricerca di una persona che abbia una chiara valenza accademica, magnifica valenza accademica, non si possa nelle procedure di selezione pretendere lo svolgimento di questo ruolo a tempo pieno all'interno dell'Università della Valle d'Aosta; sarà poi lui che dovrà compiere le scelte che ritiene più opportune. Ovviamente va di conseguenza, anche per una legittima preoccupazione di non andare a turbare equilibri fragili all'interno di una compagine accademica, lasciare che la scelta del rettore, se ricadesse all'interno dei professori della nostra università, sia tra i professori ordinari. È una preoccupazione eccessiva? Può essere, ma sappiamo benissimo quali sono le dinamiche all'interno di un mondo accademico sui titoli e sulle competenze scientifiche di ogni professore. Quindi questo è in sintesi quello che io mi sentivo di dire.

Presidente - La parola alla collega Spelgatti.

Spelgatti (LEGA VDA) - Non entro nel merito delle sue considerazioni che non condivido. Volevo solo specificare sul discorso del rettore. Non c'è scritto nella mozione della consigliera Pulz che il rettore debba necessariamente essere scelto e nominato tra i professori ordinari dell'università. C'è scritto che può essere scelto tra i professori ordinari dell'università, oppure che venga scelto da fuori "a condizione che, entro l'anno accademico successivo alla nomina, entri a far parte del personale incardinato l'Università stessa". Il rettore deve fare una scelta e questa è esattamente l'indicazione che io avevo dato in Consiglio dell'Università dicendo: che sia un professore di questi che sono già qui in Valle D'Aosta, oppure che venga preso dall'esterno, però se uno viene preso da fuori, deve poi necessariamente entrare nei ruoli dell'università, perché è qua che deve stare a lavorare e uno deve scegliere cosa vuol fare da grande, anche perché è un impegno estremamente importante per cui non si può continuare ad avere un rettore che viene soltanto qua per le riunioni.

Presidente - Ci sono altre richieste di intervento? La parola alla collega Morelli.

Morelli (ALPE) - Non pensavo di intervenire, ma in realtà gli interventi dei colleghi hanno sollecitato in me alcune riflessioni. La prima è che effettivamente il tema dell'università meriterebbe non so se una seduta di Consiglio, ma sicuramente un approfondimento di Commissione, perché non è possibile sviscerare un tema così complesso, così importante per la nostra regione intorno a una mozione, che ha sicuramente il merito di attirare l'attenzione su alcuni punti particolari che tutti riteniamo degni di interesse.

Io voglio ricordare che nella scorsa legislatura il nostro gruppo si era fatto promotore di una proposta di legge, con la quale chiedevamo di rimuovere questa funzione del Presidente della Regione in quanto presidente anche dell'università, anche semplicemente per una questione di mancanza di tempo, perché la funzione di presidente del Consiglio dell'Università sicuramente richiede un'attenzione che difficilmente un Presidente della Regione potrà dedicare in modo adeguato. Quindi è giusto interrogarsi su quale debba essere la governance più corretta e il modo migliore per far funzionare bene l'università.

Io ricordo che ai tempi in cui si dibatteva la questione dell'università in Valle D'Aosta non ero particolarmente favorevole all'istituzione di un ateneo nella nostra regione, per le piccole dimensioni della nostra regione e perché ritenevo che fosse invece più importante, più utile, sostenere i nostri giovani nell'affrontare le spese degli studi universitari nelle università al di fuori della Valle d'Aosta, perché quello degli studi universitari è un momento di formazione per i giovani ed è utile, è bene che i nostri giovani escano dalla nostra regione il più possibile. In realtà mi sono ricreduta e ritengo che invece l'università valdostana abbia sicuramente portato un valore aggiunto all'interno della nostra regione, sia come polo culturale che partecipa in qualche modo al dibattito generale della nostra regione, come occasione e come possibilità di formazione per i lavoratori, di formazione continua per chi lavora e probabilmente non potrebbe permettersi degli studi all'esterno, ma ha modo invece di seguire dei corsi - evidentemente sono in numero limitato, perché questo la nostra università può permettersi - e poi come polo di ricerca, come polo di sinergia con l'amministrazione pubblica, ma anche con tutte quelle espressioni culturali, economiche, sociali della nostra regione.

Quindi l'attenzione del Consiglio è sicuramente opportuna, è utile, è bene che ci si interroghi e si faccia un po' il bilancio di ciò che è stata l'università e di ciò che vorremmo diventasse. Forse non si è riusciti in questi anni a valorizzare appieno la mission che lo statuto affida all'università, soprattutto laddove si parla di vocazione internazionale, cooperazione culturale scientifica con i paesi appartenenti all'area francofona, integrazione europea e laddove si parla anche del perseguimento degli obiettivi della crescita culturale dello sviluppo socioeconomico del territorio, con particolare riguardo alle specificità linguistico culturali della nostra regione. La nostra università potrebbe veramente svolgere un ruolo di cerniera con altre università internazionali e forse questo ruolo non è ancora svolto appieno.

Nel merito degli impegni che chiede la mozione, io credo che sia difficile poter dare delle risposte precise. C'è un dibattito che è in corso e quindi probabilmente è prematuro aderire completamente a quanto viene chiesto nella mozione. Sicuramente è un dibattito e un tema da approfondire, e in questo senso la Commissione competente dovrà procedere.

Presidente - Ha chiesto la parola il vicepresidente Distort.

Distort (LEGA VDA) - Un intervento che spero e mi impegno a rendere breve, anche perché sono ancora tanti gli oggetti in discussione in questa seduta del Consiglio, però giusto per portare il mio contributo sull'argomento. Mi allineo chiaramente e totalmente a quanto ha espresso la mia collega di gruppo Nicoletta Spelgatti, ribadendo ogni singolo punto da lei espresso. Conoscendo la passionalità con cui si muove, il suo pensiero e il suo modo di esprimersi, capisco che nel momento in cui si dica "non è stato fatto niente", ha chiamato l'assessore Viérin a dovere chiarire alcuni aspetti. Io riprendo e mi allineo alla posizione della mia collega Spelgatti, non tanto per negare quello che è passato: assolutamente, si riconosce profondamente! Ha fatto bene, lei Assessore, a chiarire quanto è stato fatto: estremamente importante, uno sforzo intenso, creduto e portato avanti. Nello stesso tempo, quello raccontato dalla mia collega Spelgatti e a cui mi allineo è l'atteggiamento di chi ha veramente nel cuore un destino, una mission, un obiettivo per una comunità.

Quando si ha nel cuore dei grandi obiettivi che vengono fuori da grandi idee, da un amore per il territorio che si vuole declinare, non c'è limite e l'obiettivo si spalanca verso il meglio. Di nuovo ripeto le parole di Tommaso D'Aquino: bonum ex integra causa. Abbiamo fatto tanto? Benissimo, abbiamo ancora tanto da fare! Tale è lo spirito che deve animare ognuno di noi in questa assemblea, perché questo è lo spirito che merita la comunità valdostana, perché questo è lo spirito che merita una comunità che è stata costruita da secoli di storia che vanno raccontati, che vanno esplicitati. Quindi, sotto questo spirito noi non possiamo permetterci di sederci sugli allori degli obiettivi raggiunti, ma dobbiamo rispondere quotidianamente a uno slancio che è una vocazione.

Questo è quanto e nulla toglie al suo intervento, assessore Viérin. Non ha bisogno la mia collega Spelgatti di avere alcun difensore, anche perché di professione fa l'avvocato e ci manca solo che sia un architetto a dovere difendere un avvocato. Però è opportuno raccontare questo, perché se tale è lo spirito che viene condiviso, allora ha veramente senso pensare che nell'ambito del consiglio dell'ateneo ci sia una presenza di questa rappresentanza, di questa istituzione, perché se questo è lo spirito che ci anima, noi siamo avanguardia dal un punto di vista di un disegno di comunità. Noi dobbiamo avere questo spirito e non dobbiamo fare niente di meno di questo: tendere al meglio. Questa è la dimensione umana, questa è la vocazione in cui io ritengo che ognuno di noi deve inserirsi e a cui deve rispondere.

Pertanto, la presenza nell'ateneo è ribadita dal punto di vista politico, di questa politica, di questo spirito politico, e sotto questo respiro andare a scegliere il meglio. Il meglio all'interno o all'esterno del nostro territorio, ma perché? Perché si ama il territorio, perché è importante l'obiettivo da raggiungere e questa ambizione di voler portare e realizzare questa progettualità, in un ambito così importante come l'ateneo, perché l'ateneo è avanguardia di pensiero. Condivido lo spirito intellettuale della collega Pulz promotrice, perché la conosco anche personalmente. Io capisco perfettamente lo spirito che anima il suo tormento ed estasi per una dimensione del sapere. Ma è proprio questo! Proprio perché l'ateneo è espressione dell'avanguardia culturale, deve però avere un indirizzo, deve sapere di che cultura occuparsi, deve sapere che cosa rappresentare. E questa guida viene da un dialogo con una comunità, attraverso un'istituzione che è il Consiglio regionale.

È chiaro che con questo spirito noi ci troviamo a pensare che l'avanguardia culturale dell'università, di un ateneo, riesce a essere guida per tutti quegli ambiti che riguardano il nostro territorio, di conseguenza la cultura, di conseguenza l'autonomia, perché no l'agricoltura. Perché no il discorso sul lupo su cui ci siamo soffermati ieri: il pensare che ci sia un dialogo e un discorso a livello accademico per quello che è un collegamento tra la biologia, l'agricoltura e l'attività propria del nostro territorio, ad alto livello. Così come a suo tempo è stata la scuola d'agricoltura che, con una guida illuminata di questo istituto, ha trasformato la nostra attività vitivinicola da un ambito puramente domestico e per il consumo domestico, con un livello piuttosto basso dei nostri vini, in un'eccellenza. Eccellere! Eccellere è un obiettivo, non è un obiettivo teorico, non è un'ipotesi irrealizzabile, ma è qualcosa che deve muoverci quotidianamente, perché se non abbiamo questo obiettivo noi manchiamo di quello che è lo spessore e la forza. Quindi non abbiamo bisogno di mitigare la presenza della politica, di trovare delle sottigliezze o degli argini. Noi dobbiamo elevare il livello della politica, in modo tale da poter essere un contributo, una guida fondamentale a un istituto che è l'ateneo universitario, perché questo possa rappresentare veramente l'avanguardia culturale di una società.

Presidente - La parola all'assessore Viérin.

Viérin (UVP) - Pensavo che lo spirito del mio intervento fosse stato chiaro, ma cercherò di ribadirlo, perché le parole, al di là delle vocazioni o della vocazione, hanno un loro significato. Poi si può anche cercare - in patois si dice boloti - di addolcire o di rimodulare alcune cose, ma il mio intervento aveva semplicemente lo spirito di dire in modo molto pacato che ci sono delle cose, ci sono dei settori, ci sono delle opportunità della nostra regione che non sono all'anno zero.

Le farò un esempio che non ho voluto citare volutamente, perché sarebbe stato troppo facile. Oggi noi tutti vediamo il Teatro romano, lo ammiriamo e siamo molto felici che ci siano centomila visitatori all'anno all'interno di quest'area. Siamo molto felici che sia diventato o ritornato uno dei simboli della politica culturale valdostana, non dimenticandoci mai che, dopo Roma, Aosta è la città al mondo con maggior numero di reperti romani! Nel 2006, collega Distort, il Teatro romano era sotto i ponteggi da ventisette anni! Oggi non so quanti di voi se lo ricordano. Questo per dire che poi con le parole si può modificare, far dimenticare, rinnovare, il nuovo diventa vecchio e il vecchio diventa nuovo, in politica, in amministrazione e nella vita, perché poi quando si racconta dieci volte una cosa, oggi nel mondo dei social la gente ci crede. È lo sforzo immane, non pro domo nostra o a favore di qualcosa o di qualcuno, ma per rappresentare la verità, visto che lei spesso cita i filosofi; la verità è anche interpretabile, ma spesso è una. E allora, quando io chiamai gli archeologi per sapere cosa si faceva da ventisette anni e scoprii che si studiavano i licheni, chiesi contezza dicendo che dopo ventisette anni che si studiano i licheni speravo che qualcosa si fosse scoperto! Chiamammo a rapporto tutti gli stati generali degli esperti, che giustamente sono molto orgogliosi, per non dire gelosi, del lavoro che fanno e che spesso hanno una visione non rapportata con il pezzo della valorizzazione, perché magari si occupano di tutela o viceversa e chi fa valorizzazione magari ha meno inclinazioni sulla tutela. Questo per dire che nel giro di pochi mesi noi smontammo i ponteggi del Teatro romano e facemmo lì il primo concerto di tributo ai Pink Floyd, come si fece a Pompei con uno spettacolo di Rita Marcotulli "Tributo ai Pink Floyd". Lanciammo la restitution dell'area del Teatro romano, che ritornò a essere un luogo di spettacolo inaugurando poi Été au Théâtre come primo appuntamento di una stagione estiva, che peraltro riproporremo quest'anno, così ve lo anticipiamo, all'interno di uno spazio che è nato duemila anni fa come area di spettacolo e che poi non fu più tale. La restitution lì divenne doppia, per la prima volta con il Coro dell'Armata rossa. La logica era che si proponeva uno spettacolo che, al di là dell'esibizione stessa riproposta con la politica del McDonald in tutta Italia e in tutto il mondo, ti lasciava lo spettacolo e la sua suggestione, ma il pezzo in più era l'unicità, la tipicità e la suggestione di avere un Teatro romano di Aosta abbinato al Coro dell'Armata Rossa, che non si poteva ripetere in termini di cliché in nessun posto al mondo.

Questo per dire che quando si afferma che non si è fatto nulla, io ripeto e mi permetto semplicemente di dire che è giusto sostenere che si può fare di più e sono stato io il primo a dirlo. Non saremmo ancora qui, con tutto ciò che abbiamo detto in quest'ultimo periodo di aver esaurito anche l'entusiasmo di amministrare e di avere concluso un percorso negli anni che ha dato anche soddisfazioni. Però, quando si mette passione in un settore è giusto - non l'ho detto in verve polemica - che quando poi si esplicita una volontà di cambiamento e di miglioria facendo un bilancio su com'è andata l'università, non si può dire che non si può migliorare, ed è stato detto dalla collega Spelgatti. Siamo tutti qui a dire: benissimo, sulla scorta delle esperienze cerchiamo di migliorare. Mi permetto di dire che in tutto ciò che può essere rappresentato nell'anno zero, quando c'è la volontà di ripartire e si riconosce che tante cose non vanno, va spesso salvato un pezzo - lo ripeto: non riferito alla mia persona, ma al lavoro che è stato fatto - perché effettivamente quelle che sono state messe in campo in questi anni in ambito culturale sono energie che sono concrete, che sono vere e che quindi vanno rappresentate per quelle che sono. Lo dico solo perché non vorrei che spesso, introducendo una consuetudine del dire una cosa, quella cosa poi diventasse patrimonio di verità che non è.

Presidente - Se non ci sono altre richieste di intervento, chiudo la discussione generale. In replica la parola all'assessore Certan.

Certan (ALPE) - Merci, collègue Pulz, pour cette interpellation. Il y a des thèmes qui favorisent sûrement le partage dans cette salle et certainement celui de l'université est un des thèmes qui sollicitent beaucoup de propositions. Donc je crois qu'il est très intéressant le débat qui s'est entamé et sur ce thème je partage ce que la collègue Russo et le collègue Distort ont de quelque façon soutenue, que l'université est sûrement quelque chose qui devrait être, au moins d'un point de vue programmatique, au-dessus de tout. C'est quelque chose qui va de l'avant, une avanguardia di pensiero, ou bien un des thèmes qui vraiment devrait porter de l'avant au niveau culturel un peuple et une communauté. Donc je crois que ce débat soit absolument intéressant.

C'est vrai aussi que la motion portait sur des thèmes un peu plus stricts. Je tiens en compte aussi de la sollicitation du collègue Barocco qui dit que peut-être le thème de l'université nécessite d'une séance particulière - cela pourrait être, pourquoi pas - ou bien sûrement d'un travail d'approfondissement au niveau de la Commission. Sans aller discuter de ce qu'on aurait pu faire mieux dans les vingt ans de l'université, on peut dire que sûrement les objectifs dans les vingt ans sont changés, même la société est changée et probablement même la Vallée d'Aoste a besoin d'autres indications et c'est dans cette direction que, comme majorité et en tant qu'administration régionale, nous sommes un petit peu en train d'agir.

Je n'ai que quinze minutes pour ma réplique, tandis que vous avez eu plus de temps pour intervenir dans le débat, et je ne sais pas si je réussirai à répondre à tous les points, mais j'essayerai avant tout de parler des thèmes de la motion, en essayant de descendre un petit peu. Je ne resterai pas dans l'avanguardia di pensiero, ça c'est plutôt dans la phase de programmation, c'est dans la phase je dirais de politique de l'université. Ici les arguments proposés par la motion sont plutôt des thèmes administratifs, liés au changement du statut plutôt que d'autre. J'entrerai dans les thèmes après et, si je réussis, je reviendrais sur certains aspects que j'ai remarqués et que je trouve extrêmement intéressants.

La mozione, collega Pulz, riguarda un tema che ritorna in quest'aula: si tratta della governance dell'Università della Valle d'Aosta. Sicuramente per poter fare avanguardia di pensiero, c'è bisogno di una governance che sappia farlo e vada in quella direzione. Direi che si è parlato di questo tema a lungo e lei ha già citato una sua iniziativa in Consiglio del 3 ottobre, ma si è parlato di questo tema a lungo durante tutta la scorsa legislatura. Lo ricordava la collega Morelli: come gruppo ALPE avevamo presentato una modifica alla legge n. 20 del 2007, che prevedeva l'incompatibilità tra la carica di presidente del Forte di Bard, dell'Università della Valle d'Aosta e quella di consigliere regionale. In qualche modo si cercava di nuancer già con questa proposta, perché lo statuto dell'università è leggermente sotto alle leggi, quindi credevamo che fosse importante cambiare. Su questo credo che il dibattito debba essere aperto ancora adesso, ma debba essere anche in qualche modo ancora condiviso, perché i modi e le procedure di intervento sono diversi, quindi credo che su questo si debba aprire un confronto.

Direi che già nella sua interpellanza del 3 ottobre lei aveva posto questi aspetti. Io nelle premesse entro pochissimo, perché ho sempre grande rispetto per le mozioni e le interpellanze che presentano i colleghi, però mi permetto di dirle, collega Pulz, che non condivido dove lei parla di ingerenza politica legandola alle macro criticità del momento. Mi permetto di dire che ultimamente non c'è stata nessuna ingerenza politica, possiamo dirlo tranquillamente. Dico ultimamente almeno parlando dell'ultimo anno, perché tutti gli atti che sono stati approvati, anche quelli che magari non sono stati approvati, sono stati votati nelle sedi opportune, facendo un iter nei Dipartimenti, nel Senato, nel Consiglio dell'Università e poi democraticamente si è votato, ma non c'è stata assolutamente ingerenza politica. Anche sulle parole "ingerenza politica" in questo caso mi piacerebbe poter approfondire, perché bisognerebbe anche analizzare - lo do come spunto - che cosa si vuole dire. La politica nomina comunque dei suoi rappresentanti e Trento e Bolzano, per dire, hanno esattamente la stessa percentuale nostra. Da noi su quattordici membri del consiglio sette sono legati alla politica, mentre Trento e Bolzano su nove membri ne hanno cinque o quattro nominati dalla politica. Non sono figure del Consiglio regionale, questo sì, però sono nominati dalla politica e capisce che questo apre di nuovo tutto un altro tema: chi nomina, chi si nomina, eccetera. Giustamente la collega Spelgatti ha fatto il suo intervento spiegando quale era stata la sua ratio.

Rischieremmo in alcuni casi di avere, ad esempio, non il presidente o l'assessore regionale della Valle d'Aosta che si occupa di istruzione, ma un rappresentante o un assessore di un'altra regione all'interno del Consiglio dell'Università. Mi è piaciuto il passaggio del consigliere Barocco quando ha detto che il faudra nuancer: sono d'accordo, ma bisognerà capire quale ratio si dà. In questo caso, secondo me, tra le altre cose bisogna ricordare che sicuramente in questi vent'anni l'università è cresciuta, ha fatto passaggi importanti che spesso non vengono messi in valore, e questo mi dispiace. Spesso i passaggi di crescita che l'università ha fatto purtroppo vengono poi cancellati da discussioni a volte intestine, da discussioni su personalismi che purtroppo cancellano anche le parti importanti e interessanti, o anche dei salti di qualità che l'università ha fatto. In particolare penso che sia da approfondire il passaggio molto interessante sul doppio diploma, che va nella direzione dell'internazionalizzazione, dell'apertura che lei collega Distort citava prima, di poter guardare anche al di là della nostra regione; anzi, l'obiettivo è proprio quello di riuscire ad andare oltre la nostra regione.

Quindi non sono d'accordo che lei leghi le problematiche in questo caso legate un po' all'amministrazione tout court (la semplifico così), con le ingerenze politiche, perché poi bisognerebbe anche capire se, ad esempio, ingerenza politica è chi si fa accompagnare nelle varie riunioni da referenti o mediatori politici, ma non voglio entrare nel merito e nella polemica. Purtroppo ribadisco che le criticità o le macro criticità sono esplose su deliberazioni scelte e votate negli organi dell'ateneo, dal Dipartimento, dal Senato e dal Consiglio dell'Università, non certo per ingerenza politica, ma per le prese di posizione e il confronto anche acceso all'interno del personale amministrativo e docente con gli organi dell'ateneo.

Occorre preliminarmente ricordare che quando lei nella mozione parla di macro criticità, si riferisce a un aspetto legittimo. L'ateneo della Valle d'Aosta appartiene, come è noto, alla categoria delle università non statali legalmente riconosciute. La nostra è un'università non statale di natura pubblica, quindi non ha una natura giuridica privata. All'interno delle varie università queste sfumature non sono banali, perché chiaramente definiscono anche delle procedure e delle possibilità di agire diverse. La composizione dei consigli è lasciata all'autonomia statutaria e il fatto che vi sia la presenza del Presidente della Regione è totalmente legittimo, poi possiamo discutere se opportuno, ma direi che la scelta è stata fatta nel momento della stesura dello statuto e votata poi dagli organi dell'ateneo. E deve essere chiaro che comunque sono gli organi dell'ateneo che modificano lo statuto, non il Consiglio regionale e neppure la Giunta.

Con la nuova riorganizzazione, chi seguirà più da vicino le questioni legate allo sviluppo e alle attività dell'ateneo sarà l'Assessorato all'istruzione università ricerca e politiche giovanili, che porta tra le sue deleghe l'università e la ricerca, quindi in questo senso si è cercato già di fare un passaggio ulteriore, perché ci sembrava comunque importante dedicare più attenzione a questo aspetto che va collegato. L'ateneo non deve essere slegato dal territorio, soprattutto dalle scuole di secondo grado. Forse vi è tanto ancora da fare e da lavorare, proprio per agganciare in questo discorso le scuole secondarie. Il Presidente della Regione, in qualità di presidente del Consiglio dell'Università, rimane comunque rappresentante dell'ateneo. Nulla vieta, ripeto, che il dibattito a tal proposito possa essere aperto con l'università e prevedere quello che avviene per altri atenei; cito ad esempio, lo avete fatto anche voi, Trento e Bolzano, dove su otto o nove membri, cinque o quattro sono di natura politica, quindi è esattamente lo stesso discorso nostro.

Il rettore nelle trenta università non statali italiane non è eletto dagli organismi di ateneo, ma è nominato dal consiglio di amministrazione. Nel caso dell'Università della Valle d'Aosta il procedimento che prevede lo statuto è particolare, in quanto il consiglio nomina il rettore, come ha detto giustamente lei, all'interno di una terna proposta dal senato accademico, che è un organo composto da docenti universitari e dal rappresentante degli studenti eletto in consiglio dagli studenti stessi. Si tratta di una formula di garanzia per il corpo accademico ben più elevata di quanto avviene, ad esempio, per l'Università di Bolzano, università non statale di profilo pubblico come il nostro, nella quale il rettore è nominato dal consiglio dell'università, senza tenere in alcun conto alcuna proposta che arrivi dagli organi accademici e dai docenti.

Infine, sull'appartenenza del rettore al corpo docente dell'università, come già comunicato in passato, l'articolo 11 dello statuto risponde a una previsione di legge, in particolare l'articolo 2, comma 1, lettera C della legge n. 240 del 2010, in base al quale tutte le università hanno la possibilità di nominare, per le non statali, o eleggere, per le statali - quindi c'è una nomina o un'elezione, questa è la nuance che cambia - un rettore che appartenga al corpo accademico di un'altra università. In particolare, nello statuto della nostra università è previsto che il senato accademico dia una terna dove due sono interni e uno esterno. La differenza sostanziale risiede nel fatto che, se ciò accade, nelle università statali la nomina a rettore costituisce anche trasferimento del medesimo nei ruoli della nuova università dove eserciterà il mandato; mi pare di capire che sia un po' questa la proposta che ha fatto la collega Spelgatti, quindi in particolare potrebbe essere di allinearsi un po' alle statali.

Per quanto attiene invece la seconda parte che ipotizza la nomina di professori non di ruolo, questa strada non è amministrativamente percorribile. Lei ha parlato di professori non di ruolo, ma forse voleva dire associati o ricercatori, non lo so. Non è possibile eleggere o nominare dirigenti tra i docenti non di ruolo da nessuna parte, però se lei dice di non limitare alla sola fascia degli ordinari, ma anche degli associati, capisce che questo sarebbe veramente un unicum che mi parrebbe essere un po' troppo azzardato e non so se sarebbe percorribile anche da un punto di vista giuridico.

Crediamo però che dopo vent'anni di attività sia importante aprire una riflessione per l'Università della Valle D'Aosta e che si parli della sua connotazione anche rispetto al territorio valdostano. L'ha fatto la collega Morelli, lo hanno fatto tutti gli interventi e anch'io credo che abbiamo delle eccellenze: l'Osservatorio di Saint-Barthélemy, la Fondazione Montagna Sicura, lo IAR, per citarne alcuni, che fanno azioni di ricerca molto interessanti e di altissimo livello, che forse a volte non conosciamo. Purtroppo quando si è troppo all'avanguardia, spesso si rischia di non avere il contatto con la popolazione in generale, con il territorio e si rischia di perdere proprio la conoscenza delle necessità da una parte e di quello che si fa di eccellenza dall'altra. Proprio per questo abbiamo voluto sottolineare anche nel nome dell'assessorato che ci sia una ricerca di nuovo più ancrée e mirata al territorio, ma che sia anche qualcosa di concreto, quindi dando di nuovo importanza a un centro di ricerca che davvero faccia didattica, pedagogia e che faccia politica del territorio, legata chiaramente alla ricerca. Su questo stiamo lavorando come governo regionale, lo abbiamo messo anche nel DEFR come un indirizzo perché, a nostro avviso, per fare avanguardia di pensiero bisogna assolutamente avere un centro di ricerca solido che lavori su questo e che faccia rete. Questo sicuramente potrebbe innanzitutto attrarre maggiormente studenti e docenti.

Vorrei anche sottolineare che lo scorso Consiglio dell'Università ha votato il bilancio che pareggia su una cifra di 10 milioni di euro, ma che per più del 70 percento è a carico dell'Amministrazione regionale: 7 milioni e 150 mila euro è il trasferimento dell'Amministrazione regionale. Ma il consiglio ha approvato naturalmente, insieme al bilancio, anche il piano triennale con un dettaglio: all'unanimità è stato votato un gruppo di lavoro, che chiaramente sia incardinato nell'università e abbia gli organi dell'Università all'interno, ma che abbia anche professori ed esperti universitari esterni, per poter lavorare su un'indicazione, su un indirizzo più aderente al momento che stiamo vivendo oggi. Forse la società e il futuro ci chiamerà a essere punti di riferimento importanti, quindi un gruppo di lavoro per cambiare poi degli indirizzi, che non vuol dire necessariamente che si debba stravolgere tutta l'università però è importante che venga rivista e in qualche modo ridefinita la mission del nostro ateneo che, ripeto, forse a volte bisognerebbe anche come cittadini valdostani conoscere meglio.

Ritorno su un aspetto che mi sembra importante, perché è abbastanza divisivo, e che, secondo me, è importante sottolineare. La collega Morelli diceva che per anni abbiamo parlato di università sì, università no in Valle D'Aosta. Sicuramente l'Università della Valle d'Aosta questo passo lo ha fatto: ha cercato di andare anche nell'ottica del doppio diploma, quindi di dare la possibilità, magari solo di un anno o due, però di una formazione esterna per riuscire ad avere contatti e dare, quello che la collega diceva, una visione più universale e non localistica dell'insegnamento e in qualche modo della cultura.

Noi ci asterremo su questa mozione, collega Pulz, ma proprio perché, per come sono scritti gli impegni, non possiamo accettarli. Tra le altre cose, rischierebbe di essere un'ingerenza politica negli organi dell'università, perché noi non possiamo proporre questi impegni, in particolare per come sono definiti, ma sicuramente saremo attenti invece al principio che ha ispirato questa mozione.

Presidente - La parola al collega Distort.

Distort (LEGA VDA) - Intervengo per fatto personale, in termine assolutamente benevolo e chiarificatore. Mi fa molto piacere e mi sento onorato di essere stato chiamato in causa dall'intervento dell'Assessore, che ringrazio per questa attenzione. Il fatto personale è solo ed esclusivamente per precisare che, nel momento in cui io considero l'ateneo avanguardia culturale, per me "culturale" si esprime non in termini di una élite intellettuale avulsa da un contesto, ma è un'attività culturale che rappresenta la cultura, quindi l'identità del territorio, la peculiarità del territorio. Nel momento in cui io parlo di apertura verso l'esterno, apertura internazionale, non è una internazionalizzazione del pensiero, delle posizioni, delle competenze, delle tematiche, ma è un essere attraenti per un contesto intellettuale. So che è stato colto in questo modo, ma c'era un dubbio e sentivo il bisogno di chiarirlo.

Presidente - Per dichiarazione di voto, la parola al collega Gerandin.

Gerandin (MOUV') - Volevo ringraziare la collega Pulz per questa importante mozione, per questo importante momento di discussione portato in Consiglio. Breve premessa: io mi rivolgerò al presidente Fosson, in quanto mi pare che fino a questo momento, non essendo ancora stati modificati, mi pare che gli unici organi statutari che siedono nel Consiglio dell'Università e a cui lo statuto attribuisce competenze specifiche sono il presidente dell'università, il rettore e il direttore generale. Per cui, con tutto l'impegno nell'intervento dell'assessore Certan, questo è quanto prevedono in questo momento gli organi statutari. Posso anche capire che, rispetto al precedente assessorato istruzione e cultura, è rimasta solo più la competenza sull'istruzione, per cui per non sminuire probabilmente il suo ruolo da titolare è stata aggiunta quella sull'università, ma in questo momento ai sensi dello statuto non è prevista una delega per quello che riguarda il discorso della gestione dell'università.

Io mi attengo a quello che è lo statuto, per cui, collega Pulz, io mi immagino che probabilmente l'iniziativa e il primo punto della sua mozione in questo momento - abbia pazienza! - sono molto svuotati di contenuto, se è possibile delegare a un assessore il ruolo del titolare, in questo caso il Presidente della Regione che è il presidente dell'università. Avrebbe un senso se effettivamente non ci fosse possibilità di delega, cosa che è successa all'atto dell'insediamento di questa nuova maggioranza.

Io le dico che, per quanto riguarda noi, non fa molta differenza che il ruolo del direttore lo faccia il presidente o l'assessore. Bisogna capire se vogliamo che il ruolo politico vada fuori dall'università o rimanga al suo interno. Se rimane nell'università, le dico in tutta sincerità che non c'è molta diversità tra il ruolo del presidente e il ruolo dell'assessore in quanto presidente dell'università.

Le chiederei se volesse eventualmente mettere in votazione disgiunta i due impegni. Il primo impegno noi lo riteniamo al momento del tutto marginale, perché se basta una delega per superare le norme statutarie, davvero non c'è bisogno neanche di modificare lo statuto. Il secondo pone il problema di avere più presenza nell'ateneo, o quantomeno la possibilità di avere delle persone che siano sicuramente titolate e brave, ma che poi in prospettiva rimangano e siano parte integrante dell'ateneo stesso: questa può essere sicuramente una proposta interessante. Le chiederei se avesse la gentilezza di chiedere la votazione disgiunta.

Presidente - L'assessore Certan chiede la parola per fatto personale, però le domando di esplicitarlo.

Certan (ALPE) - Il collega Gerandin ha parlato della delega. Collega Gerandin, questo aspetto che lei ha evidenziato sa cos'è? È esattamente la delega che aveva lei alla Protezione civile e ai Vigili del fuoco nella scorsa giunta, è esattamente la stessa cosa!

Presidente - Circoscriva, collega Certan, il fatto personale. Se si chiede di intervenire per fatto personale limitiamoci a quando viene citata la condotta o le opinioni della persona.

Il consigliere Gerandin chiede di intervenire per rispondere al fatto personale.

Gerandin (MOUV') - Solo per rimarcare un po' la differenza. Io non sono mai intervenuto ufficialmente in aula su un fatto legato alla protezione civile, per cui probabilmente lei ha un po' di memoria corta. Io non sono mai intervenuto ufficialmente su un atto dove si chiedessero eventualmente delle delucidazioni in materia di protezione civile.

Presidente - La parola alla collega Pulz.

Pulz (ADU VDA) - Ringrazio tutte le colleghe e i colleghi per i variegati e preziosi interventi nel dibattito. Voglio ribadire velocemente che la nostra proposta va nella direzione di rivedere con l'Università, che nel frattempo è diventata maggiorenne, innanzitutto da cittadini preoccupati prima che da politici, l'organizzazione dell'università stessa, allo scopo di liberarla, se non dalle ingerenze politiche che forse è un termine un po' antipatico, comunque dai condizionamenti politici locali e anche lombardi, che rischiano di tarparle le ali e di bloccare l'ampio respiro e l'innalzamento del dibattito culturale che ogni università deve poter avere, perché deve raggiungere quella dimensione critica e propulsiva che le si confà, che i nostri giovani cercano, molto spesso cercano in altre città, in altre università, per poter essere in grado di affrontare con le giuste competenze, con la giusta mentalità aperta, le sfide proposte da una realtà sempre più complessa e in rapida trasformazione. Chiedere oltretutto all'università di occuparsi prioritariamente e non marginalmente, come pensiamo sia giusto, del territorio in cui sorge e piegare quindi le attività accademiche alle necessità del territorio, significa creare un vincolo che a noi sembra che non abbia eguali in alcun altro territorio nazionale. Ciò non significa assolutamente voler escludere qualsiasi ricaduta sul territorio, ma pretenderla soltanto a patto che questa sia la conseguenza di una ricerca e non la condizione sine qua non per l'avvio della ricerca stessa, come pare succeda ora.

Andando al contenuto della nostra mozione, per riassumere, gli oggetti nello specifico riguardano due punti. Il primo, la figura del presidente dell'università che, secondo noi, non può proprio coincidere con il Presidente della Regione che ricopre già anche funzioni prefettizie e, come abbiamo avuto modo di dire in altre occasioni, questo eccessivo cumulo di cariche è sempre pericoloso al di là dello specifico caso. Secondo noi ci vorrebbe una persona con specifiche competenze e con tempo a disposizione. La seconda questione riguarda la figura del rettore che deve poter trovare espressione, proprio per le sue caratteristiche, all'interno del corpo docente, che è assolutamente in grado di esprimere un suo Magnifico, o meglio ancora una sua Magnifica, fra i suoi ordinari. Noi avevamo anche pensato all'eventuale possibilità che un professore non ordinario entri comunque nel giro di un anno a far parte del corpo docente in maniera stabile.

Per finire, non accettiamo di mutilare la nostra mozione nei punti 1 e 2 che vorremmo mantenere entrambi, ma li vogliamo mantenere a fronte della dichiarazione di astensione da parte della maggioranza, dichiarazione che, non vi nascondo, ci delude parecchio, perché in un'altra situazione, cioè se la maggioranza avesse un'altra posizione, noi avremmo anche accolto parte degli emendamenti. Di fronte al quesito se sia meglio l'uovo oggi o la gallina domani, noi scegliamo la gallina domani, perché altrimenti attireremmo le ire del sommo Aristotele che si è anche impegnato molto a dimostrare come è meglio la gallina domani, cioè la sostanza. Sono certa che il collega Distort - almeno in cuor suo e al di là delle sue fantasie leghiste - proprio per questo nostro comune tormento ed estasi di tipo filosofico, potrà apprezzare la scelta della gallina domani.

Al di là delle battute, crediamo anche di ragionare in questo modo in base al buon senso, perché non possiamo rinviare questo discorso. Sarebbe bello poterlo approfondire in Commissione, ma io credo che da cittadini abbiamo avuto circa vent'anni per riflettervi e quindi forse oggi potremmo anche essere preparati a prendere posizione. Oltretutto abbiamo il compito, in quanto politici, di farci carico fino in fondo di questa situazione di grave difficoltà che l'Università della Valle d'Aosta sta vivendo in questo momento e non possiamo far finta di niente. Quindi noi chiediamo che su questi due punti specifici, il presidente dell'università e il rettore, la mozione venga messa, coraggiosamente, ai voti.

Presidente - Se non ci sono altre richieste, mettiamo in votazione la mozione con il testo così com'è, senza scorporarla. Il Presidente della Regione è assente perché, come vi avevo annunciato durante la Conferenza dei Capigruppo, oggi c'è quell'intervento importante del Progetto Alcotra sotto nel salone, quindi à tour de rôle assessori e presidenti saranno chiamati ad assentarsi per un attimo. La votazione è aperta.

Esito della votazione:

Presenti: 33

Votanti : 6

Favorevoli: 6

Astenuti: 27 (Aggravi, Baccega, Barocco, Bertschy, Bianchi, Borrello, Certan, Chatrian, Cognetta, Daudry, Distort, Farcoz, Ferrero, Gerandin, Luboz, Lucianaz, Manfrin, Marquis, Morelli, Nogara, Restano, Rini, Rollandin, Sammaritani, Spelgatti, Testolin, Viérin)

Il Consiglio non approva.