Oggetto del Consiglio n. 426 del 20 febbraio 2019 - Resoconto
OGGETTO N. 426/XV - Interpellanza: "Posizione della Regione in merito all'approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni del nuovo Piano di gestione e conservazione del lupo in Italia".
Rollandin (Presidente) - Punto 21 all'ordine del giorno. Ha chiesto la parola la collega Pulz, ne ha facoltà.
Pulz (ADU VDA) - Con questa interpellanza vogliamo entrare nel merito della posizione che la Regione autonoma Valle d'Aosta intende assumere in seno alla Conferenza Stato-Regione, relativamente all'approvazione del nuovo Piano di gestione e di conservazione del lupo in Italia. Che i lupi siano tornati in Italia e in Valle d'Aosta è un dato di fatto ormai noto a tutti, ma forse non tutti ancora sanno, nemmeno in quest'aula, che "la paura del lupo è figlia della politica". Rubo questa definizione ad Andrea Frapporti, noto naturalista e documentarista, che da anni fotografa e osserva il lupo in natura per le più prestigiose riviste scientifiche. "Sul lupo si stanno purtroppo spargendo ad arte, troppe falsità - dichiara sempre Frapporti - figlie sicuramente di ignoranza, ma anche della chiarissima intenzione di spaventare la gente, creando un mostro per ragioni politiche. Ma mi sembra indispensabile che qualsiasi ragionamento parta da una base di conoscenze certe e condivise, altrimenti si gioca sulla semplice strumentalizzazione della paura e si fanno danni ingiustificati, come ad esempio - dice ancora - il tentativo di far credere che il lupo sia stato reintrodotto mentre è un dato di fatto scientifico il suo ritorno spontaneo nelle Alpi".
Allo stesso modo è una certezza che questa specie non supera mai il numero di animali che il territorio può sostenere. La coppia dominante smette infatti a un certo punto di riprodursi, oppure alcuni dei giovani si allontanano cercando nuovi territori. Ogni branco sappiamo che ha bisogno di circa 400 chilometri quadrati di territorio ed è certo e pacifico che il lupo non attacca l'uomo e neanche la donna (sono altri i predatori della donna), come testimonia la letteratura scientifica europea negli ultimi cent'anni. Ed è altrettanto certo che con sistemi di protezione adeguata, su tutti i sistemi di elettrificazione e i cani da guardia, anche greggi e animali non vengono attaccati. Quella d'altronde è l'unica strada percorribile.
Il noto fotografo di National Geographic replica sulla stampa, all'indomani dell'incontro a Trento lo scorso 29 gennaio dei membri dell'alleanza anti-lupo, convocato dal governatore Fugatti che ha visto il Trentino capofila in un progetto che a noi sembra un po' confuso. In quella sede erano presenti i rappresentanti regionali dei territori alpini - c'erano assessori competenti di Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto, il Piemonte ha mandato un documento di sostegno all'iniziativa e la Valle d'Aosta era rappresentata dal nostro assessore Albert Chatrian - per condividere una strategia comune, in vista dell'approvazione del nuovo piano nazionale per il lupo. Una strategia che ha chiesto sostanzialmente la delega per i territori nella gestione dei grandi carnivori e quindi, se ci sarà una situazione di pericolo, a procedere nel modo ritenuto opportuno, cioè quale? In due parole, con la cattura e l'abbattimento, perché quando si parla di prelievo è bene spiegare che si tratta di uccisione e allora mi sembra interessante chiamare le cose con il loro nome, che magari rischiamo qualche volta di farci anche capire.
La domanda fatta al presidente Fugatti è stata "ma cosa vuol dire che un lupo è pericoloso, visto che a oggi non ha mai fatto male o minacciato nessun essere umano, come lo decidete e chi lo decide che è pericoloso il lupo?". Fugatti ha risposto che a decidere sarà lo stesso presidente della Provincia ed i sindaci che segnaleranno la pericolosità degli esemplari nei diversi territori. "Un lupo è pericoloso - dice, sempre Fugatti - quando attacca gli animali domestici o quando si avvicina troppo alle case". Insomma, è evidente almeno a noi che non c'è chiarezza e tutto appare vago. La verità è però che per quello che hanno combinato fino a oggi i lupi è impossibile definirli realmente pericolosi. I danni provocati in tutto il 2018, tra l'altro a capi di bestiame raramente protetti da recinti o da cani da guardia, non possono che essere ritenuti nella norma. Sta di fatto che i territori alpini chiedono competenze proprie in materia, e sono anche intenzionati a fare pressione sul ministro Costa per modificare il piano lupo che pare dovrebbe essere elaborato per il mese di marzo. Anche perché a oggi nulla di quanto prospettato sarebbe ammissibile, visto che le leggi nazionali ed europee tutelano il lupo da uccisioni e anche da catture.
A bocciare l'idea emersa nella riunione del patto del Nord è anche lo studioso Luigi Boitani, professore ordinario di zoologia all'Università La Sapienza di Roma. "Non è possibile catturare o abbattere i lupi - dice - non si può fare, è pura demagogia ed è illegale, non vi è un solo caso di attacco all'uomo". Ci preme quindi rassicurare il collega Restano che potrà continuare a correre in sicurezza per i boschi della Valpelline. Tutta l'Italia convive con circa duemila lupi e una regione forse non può vivere con tre o quattro branchi? Certo i sistemi di prevenzione costano molta fatica agli allevatori ed è chiaro che vanno sostenuti, vanno aiutati.
La crisi del settore agricolo però non dipende dal lupo, che assume in questo scenario un elemento di distrazione rispetto ai veri problemi degli allevatori e degli agricoltori. Dipende piuttosto dal clientelismo, dallo sperpero di risorse pubbliche, dall'assenza di un progetto di sviluppo condiviso con i lavoratori del settore. Ne è un esempio calzante la grave e recente vicenda dei pastori sardi. Eppure è dimostrato che, quando le istituzioni si impegnano in piani articolati che coinvolgono le realtà locali, i risultati poi arrivano. Per fare un esempio, con il progetto LIFE MedWolf, finanziato dall'Unione europea per ridurre appunto i conflitti tra uomini e lupi in alcune aree che sono a rilevante presenza di allevamenti (pensiamo per quanto riguarda l'Italia in particolare alla provincia di Grosseto, oppure alla zona di Guard in Portogallo), le predazioni del lupo sono calate del 50 percento. Perciò noi chiediamo che la Regione Valle d'Aosta contribuisca allo sblocco dell'impasse tra Governo e Regioni, per l'approvazione di un nuovo piano di gestione e di tutela del lupo in Italia che non contempli il prelievo, che appunto vuol dire abbattimento, uccisione del lupo.
Dalle ore 10:53 assume la presidenza la presidente Rini.
Rini (Presidente) - Per la risposta la parola all'assessore Chatrian.
Chatrian (ALPE) - Grazie collega, perché mi dà e ci dà la possibilità di fare il punto della situazione senza esasperare né i toni, né i modi, ma cercando di fare chiarezza. Per ciò fare, collega, prima di entrare nel merito della risposta, vorrei dire che la Valle d'Aosta solo qualche settimana fa ha aderito al progetto LIFE. Questa è la prima risposta, collega Pulz, che vorrei darle in maniera forte e robusta: la pubblica amministrazione parla per atti e noi abbiamo aderito a un progetto molto importante. Esso darà la possibilità alla Valle d'Aosta, dato che a oggi la specie lupo è protetta, di mettere in campo una programmazione, una pianificazione, un miglioramento del monitoraggio dei lupi presenti in regione secondo gli standard indicati, una creazione di due unità di pronto intervento in caso di attacco al lupo, un coordinamento dell'attività dell'unità di intervento al lupo, una formazione del personale forestale in materia di problematica e gestione degli avvenimenti, delle attività di divulgazione e comunicazione attraverso incontri con cacciatori, agricoltori, serate rivolte al grande pubblico e workshop con la partecipazione di esperti del settore. Collega, questa penso sia la prima risposta, ma vera e nel merito! Altrimenti ci mettiamo veramente a fare della politica becera, quella che proprio lei diceva. Il nostro obiettivo è un altro, tant'è vero che il Governo regionale ha approvato l'adesione a tale progetto per il prossimo quinquennio, legato non sono alle disponibilità economiche, ma anche alle misure e alle azioni che poc'anzi le ho elencato.
Il secondo aspetto da sottolineare, collega, è l'obiettivo finale del progetto, che è il miglioramento della convivenza tra l'uomo e il lupo a livello di popolazione alpina, attuando azioni coordinate sull'intero ecosistema alpino, sia dove il lupo è presente da vent'anni, sia dove è appena iniziato il processo di ricolonizzazione, cioè nelle Alpi Centro-orientali.
Per quanto riguarda questo secondo aspetto, nel momento in cui ho accettato la sfida di ricoprire questo ruolo, il primo concetto che ho messo in evidenza è che qui non c'è nulla da nascondere e quindi vogliamo comunicare agli allevatori, agli agricoltori e a tutti i cittadini valdostani qual è lo stato dell'arte e soprattutto cosa intendiamo fare. Le popolazioni di lupo hanno subìto tra le fine del 1800 e la prima metà del 1900 una drastica riduzione che ha portato al rischio di estinzione della specie. Tale situazione ha determinato l'inserimento del lupo tra le specie considerate in Europa a massima protezione, con l'obiettivo di evitare la scomparsa della specie. Le normative, nazionale e comunitaria, tutelano in maniera rigorosa il lupo vietandone l'uccisione, ma allo stesso tempo queste medesime normative contemplano la possibilità di derogare a tale divieto in casi particolari: uno, per prevenire gravi danni segnatamente all'allevamento; due, nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica. Il piano nazionale per la specie lupo, approvato dall'Italia nel 2002, pone come obiettivo la protezione della specie. Non a caso è stato denominato "piano d'azione per la conservazione del lupo" ed esclude la possibilità di attivare deroghe ai divieti di abbattimento della specie. La protezione riservata in Europa e in Italia al lupo ha consentito il suo recupero e negli ultimi decenni la specie ha rapidamente riconquistato il territorio dove era scomparsa.
È però noto che attualmente il lupo è presente in tutto l'arco alpino e che in alcune aree il numero degli individui è aumentato in maniera esponenziale, raggiungendo densità elevatissime. In Valle d'Aosta si stimano attualmente cinque branchi per un numero di circa 30 o 40 animali. Le attuali densità fanno sì che oggi non si possa più pensare alla sola conservazione della specie, non essendo più di fatto in pericolo, bensì anche e soprattutto alla sua gestione, finalizzata alla tutela del selvatico - penso che sia questa la sfida principale - in equilibrio con il territorio e con le attività antropiche che su di esso si svolgono. Sono ormai quotidiani gli avvistamenti di lupi, anche in contesti urbanizzati o antropizzati, così come le predazioni a carico del patrimonio zootecnico, che per la realtà montana, quale la nostra, incidono in maniera pesante sul settore dell'allevamento. Per questi motivi in sede di Conferenza Stato-Regioni intendiamo continuare a esprimerci a favore di un nuovo piano di gestione e conservazione del lupo in Italia, a condizione che al suo interno sia prevista la possibilità di attuare nei casi indicati le deroghe previste dalle normative in vigore, come peraltro figurava nella bozza di piano del novembre 2016, elaborato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con l'ISPRA e con l'Unione zoologica italiana.
Le dinamiche di crescita della popolazione del lupo e le ricadute che ne conseguono sul fronte del mantenimento delle attività tradizionali legate alla montagna e su quello della pubblica sicurezza interessano tutte le regioni dell'arco alpino, assumendo una valenza più generale che va ben oltre i confini regionali. Questo penso possa essere condiviso da tutto il Consiglio e nei diversi incontri che ho fatto in queste settimane, con gli allevatori, con il Corpo forestale della Valle d'Aosta, con i veterinari, con tutti gli attori che aiutano a creare le giuste condizioni di convivenza, ho trovato una condivisione in toto sul fatto che si debba fare fronte comune e si debba in questo momento creare una rete, in tutto l'arco alpino che parte dalla Liguria e arriva al Friuli. Perché la criticità è comune e non possiamo nasconderci che esista, e se c'è una criticità dobbiamo essere in grado di mettere in campo delle misure e delle azioni. Poc'anzi ho citato il progetto al quale abbiamo aderito, ma non basta: dall'altra parte dobbiamo anche avere le giuste professionalità che in parte abbiamo già, ma che dobbiamo ulteriormente formare, ed eventualmente mettere in campo ulteriori azioni.
Nei giorni scorsi sono stati attivati dei momenti di coordinamento politico e tecnico tra le regioni e le province autonome alpine italiane, per assicurare il monitoraggio della situazione e lo scambio di informazioni molto importanti. L'incontro che abbiamo fatto a Trento, dove erano presenti sia gli amministratori ma soprattutto i tecnici, è stato importantissimo dal punto di vista amministrativo e politico, di scambio di informazioni e di buone pratiche e la definizione di piani e progetti comuni in particolare per la gestione degli esemplari e dei branchi che gravitano nelle aree di confine e per richiedere al ministro competente la celere assunzione delle necessarie azioni sul piano normativo, amministrativo e pianificatorio. In data 12 febbraio 2019 è stata inviata una lettera a firma congiunta dei presidenti delle regioni (Veneto, Friuli, Lombardia, Liguria, Valle d'Aosta e Province autonome di Trento e Bolzano), indirizzata al Ministro dell'ambiente Sergio Costa, per richiedere la celere assunzione delle necessarie azioni sul piano normativo, amministrativo e pianificatorio, con l'obiettivo di garantire attraverso una diretta attribuzione di responsabilità a livello locale - poi eventualmente ognuno decide a casa propria il modo, i tempi, come poter arginare e dare delle risposte a delle criticità che esistono e che non vogliamo nella maniera più totale sottovalutare, nel pieno rispetto dei princìpi fissati dal quadro normativo comunitario - l'efficace gestione dei grandi carnivori e contemperare quindi le esigenze di conservazione della specie, con quelle sociali ed economiche connesse alla gestione equilibrata del territorio e al mantenimento degli adeguati livelli di sicurezza pubblica.
Questo per dire che il tema deve essere affrontato con
cognizione di causa, con professionisti e con tanta determinazione.
Nessuno ha la bacchetta magica, ma noi pensiamo che con le azioni
che abbiamo messo in campo in queste settimane e in questi due
mesi, aderendo da una parte al progetto europeo e dall'altra
creando questa cabina di regia, comunque facendo un fronte comune a
livello di tutto l'arco alpino, indistintamente dai colori politici
(destra, sinistra, autonomisti o no), si debbano trovare delle
soluzioni proprio per creare quelle condizioni di convivenza,
perché non stiamo e non vogliamo sottovalutare la criticità che
c'è in essere. C'è un cappello normativo e la specie è
tutelata, quindi all'interno di quella cornice noi siamo certi che
dobbiamo mettere in campo misure, azioni, comunicazioni e
soprattutto che la nostra regione non ha nulla da nascondere ai
suoi cittadini. E penso che il fatto di fare fronte comune con
tutte le altre regioni dell'arco alpino sia un qualcosa di
innovativo, positivo e che possa dare dei risultati.
Presidente - Per la replica la parola alla collega Pulz.
Pulz (ADU VDA) - Grazie assessore per la sua articolata risposta che in parte ci tranquillizza proprio per l'urgenza e la necessità, ancora prima di sentire parlare di prelievi e quindi di abbattimenti, di vedere applicate anche nella nostra regione tutte le altre misure di gestione del lupo previste dal piano, come indica appunto la normativa europea, oltre al buon senso che deve guidare le scelte politiche in un'ottica, mi permetta, più ampia dell'ognuno si gestisca a casa propria. Servono risorse economiche che potrebbero essere impiegate dagli allevatori per far fronte al problema, richiesta di risorse che è sostenuta con forza anche dalle associazioni ambientaliste.
La ricerca scientifica dimostra che eliminato un lupo ne arriva un altro, che magari non conosce il territorio e quindi rischia di fare ancora più danni. I lupi infatti, come ho cercato di spiegare prima e come ci dicono le ricerche, si autoregolano e non c'è mai abbondanza di predatori rispetto a un determinato territorio. Una volta trovato il giusto equilibrio e costituito il branco, il lupo predilige le prede selvatiche e trascura, se opportunamente difese, le prede domestiche. Se per assurdo un domani i lupi venissero eliminati dalla Valle d'Aosta - cosa che costituirebbe un fatto drammatico per l'ecosistema, ma speriamo non accada mai - queste uccisioni non risolverebbero l'evidente crisi del settore agricolo e del settore dell'allevamento, che come cercavo di dire prima sono caratterizzati da eccessiva burocrazia, da rigidità, da clientelismo, da mancanza di programmazione, da mancanza di tutela dell'agricoltura di montagna e dei piccoli e medi produttori, e dall'azione delle grandi società del comparto agroalimentare.
Il nostro appello è che il lupo non diventi mai un elemento di distrazione rispetto ai veri problemi, esattamente come invece si fa con i migranti a livello nazionale. Mi scuso per questo paragone che può senz'altro sembrare azzardato, ma a pensarci bene non lo è.
Dalle ore 11:08 assume la presidenza il vicepresidente Distort.