Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 324 del 10 gennaio 2019 - Resoconto

OGGETTO N. 324/XV - Reiezione di mozione: "Impegno per la modifica del bando di concorso per la partecipazione al fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per l'anno 2018".

Rollandin (Presidente) - Passiamo al punto n. 54 dell'ordine del giorno. La parola alla collega Pulz.

Pulz (ADU VDA) - Vi chiederei se, nonostante la stanchezza di questi due giorni, potete dedicare la vostra attenzione sulla mozione che illustriamo ora - mi dispiace che l'ora sia tarda -, perché è una questione importante, ma anche molto complessa. Questa mozione si riferisce alla delibera della Giunta regionale del 7 dicembre 2018: "bando pubblico di concorso per la partecipazione al fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione per l'anno 2018", cioè il cosiddetto "bando affitti" voluto dalla Giunta leghista, quando già di fatto era politicamente delegittimata, e bando che pare asservito a obiettivi di propaganda politica, anziché teso al bene di tutti i cittadini, ovviamente questo è il nostro punto di vista.

La domanda che sorge spontanea nella sua crudezza è: ma perché la nuova Giunta ha deciso di andare avanti su questa strada, che a noi sembra pericolosa, in piena e triste continuità con la Giunta leghista? Visti i requisiti restrittivi e l'aggravamento procedimentale costituito dall'obbligo di presentare la certificazione dell'assenza di proprietà all'estero, certificazione che in passato era sostituita dalla dichiarazione sostitutiva, il rischio assai evidente è che molti stranieri, quelli che avrebbero diritto al pieno sostegno, siano scoraggiati dal presentare la domanda: questo è il rischio gravissimo. Voglio chiarire subito che non si tratta, come mi è stato minacciosamente rimproverato, di preferire i cittadini extracomunitari agli italiani. Il nostro obiettivo è, infatti, quello di difendere di tutti i cittadini senza discriminazione alcuna e tenuto conto soprattutto della normativa vigente; in definitiva perché? Per il vantaggio della cittadinanza stessa, e tutta quanta, in base proprio al rispetto della Costituzione italiana. Quando si comincia a derogare su un principio importante, su un diritto fondamentale, qual è quello all'abitazione, che si tratti di cittadini o di cittadini stranieri, si accetta di introdurre un principio devastante per la tenuta stessa della democrazia, oltre che - lo dico per la mia formazione filosofica - per il concetto stesso di umanità. Nel 2019 il diritto a una soluzione abitativa dignitosa per qualsiasi essere umano non dovrebbe essere più messo in discussione, invece mi è capitato di scoprire che anche in Valle d'Aosta, anzi proprio ad Aosta, e con questo freddo, ci sono persone che vivono nella loro auto o che devono ricorrere all'ospitalità pietosa di anime generose. Scatenare una guerra tra poveri serve solo a certa infima propaganda, ma non risolve né i problemi degli uni, né i problemi degli altri, a me ricorda - l'ispirazione mi viene dal collega Distort, che oggi nella Conferenza dei Capigruppo citava Manzoni - i quattro capponi che Manzoni descrive nei Promessi Sposi, che, anziché aiutarsi vicendevolmente in quanto tutte vittime dello stesso sistema, finiscono per battibeccarsi tra loro.

Sul bando affitti incombono - questa è la nostra opinione - forti dubbi di legittimità sia sul punto amministrativo, sia sul piano costituzionale rispetto innanzitutto all'introduzione di un requisito aggiuntivo per i cittadini che non appartengono all'Unione europea consistente nella titolarità del permesso di lunga durata. Tra i requisiti per il rilascio di questo permesso di lungo periodo c'è, infatti, la residenza nel territorio dello Stato per almeno cinque anni a cui si aggiungono altri requisiti, quali un reddito minimo, l'abitazione e l'aver superato l'esame di italiano. La legge nazionale a cui fa riferimento il bando non prevede il permesso di lunga durata e, anche facendo riferimento alla sola normativa regionale, il requisito risulta illegittimo perché non si può condizionare un sostegno al reddito a un permesso di soggiorno, che, a sua volta, richiede un reddito minimo e che deve essere associato a ulteriori requisiti, quali appunto il superamento del test di conoscenza della lingua italiana e l'idoneità alloggiativa perché così finiamo per trovarci di fronte al classico cane che si morde la coda, senza avere una via d'uscita dignitosa a questo che è un circolo vizioso. Non si può nemmeno invocare a sostegno di questa scelta la sentenza della Corte costituzionale n. 166/2018, perché questa sentenza va letta bene, è difficile ed è delicata. La Corte, che, ricordiamolo, ha bocciato la legge statale nella parte in cui prevedeva il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni e nella medesima regione da almeno cinque anni, dice che i dieci anni in Italia e i cinque nella medesima regione sono incostituzionali visto che, tra l'altro, persino il permesso di lungo periodo, che equipara, secondo la normativa europea, lo straniero al cittadino anche a fini diversi dell'accesso alle prestazioni sociali, si ferma alla residenza quinquennale sul territorio nazionale.

Quello che invece la Corte non dice è che c'è una presunzione di legittimità nel limite dei cinque anni e, soprattutto, che si possano chiedere allo straniero, oltre alla residenza protratta nel tempo, anche gli altri requisiti previsti per l'ottenimento del titolo di lungo soggiorno. Anche con riferimento alla residenza - e questo è il punto forte di tutta la questione - la Corte ha sempre sostenuto che la richiesta della lunga protrazione nel tempo del radicamento territoriale va valutata in ragione delle esigenze che la prestazione sociale mira a soddisfare. Più ci si avvicina alle esigenze primarie, quali appunto quelle di avere un alloggio, meno giustificabile è la richiesta di un radicamento stabile.

Per restare solo alla questione delle politiche abitative, è evidente che, se parliamo di emergenza abitativa, non si può ragionare in termini di lungo soggiorno perché c'è un bisogno primario di chiunque risieda regolarmente in un territorio, come si può ragionare in merito all'assistenza sanitaria. Il contributo agli affitti si pone proprio soltanto un gradino sopra perché parliamo di persone che si possono permettere di pagare un affitto solo se hanno un aiuto e altrimenti l'alternativa è che vadano a finire in emergenza abitativa. È quindi del tutto irragionevole, oltre che discriminatorio - vorrei sottolineare questa illogicità -, riferire le due misure (l'emergenza abitativa e il contributo all'affitto) a categorie di persone diverse. Ha invece un senso che tutte le persone che risiedono regolarmente nel territorio valdostano vengano aiutate prima che siano obbligate a finire nell'emergenza abitativa. Questo principio è rispettato in molti bandi emanati dopo la sentenza che vi citavo: la n. 166/2018. Questo e solo questo è un approccio lungimirante e non ideologico o propagandistico. C'è stata qui una forzatura politica e giuridica nella lettura della giurisprudenza della Corte.

Con la scelta di non revocare il bando, se così ho capito - però ho la speranza che ci sia qualche miracolo che si manifesti in quest'aula a chiusura di giornata -, questa Giunta finisce per assecondare le politiche ideologiche e discriminatorie della Lega, politiche che, pur di ottenere un facile consenso, finiscono per aggravare i problemi - questa è la questione - che vengono scaricati su un'altra misura regionale: questo ai cittadini bisogna dirlo! In nome dell'ideologia del "prima gli italiani", che francamente ormai sta diventando insopportabile, si rende in altre parole emergenziale ciò che finora non lo era. Aggraviamo così il disagio sociale: è questo il punto su cui riflettere e ciò è assurdo anche sotto il profilo della buona amministrazione.

La nostra richiesta sul punto è chiara: si revochi questo bando, Assessore, ci rivolgiamo a lei, e si approvi una nuova disciplina che, come previsto in molti altri bandi, prevede che possano accedere alla misura i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea che siano titolari di regolare permesso di soggiorno. Enormi problemi ci sono anche per la dimostrazione dell'impossidenza di proprietà all'estero: questa è la seconda questione. Soltanto per i cittadini extraeuropei si prevede l'obbligo di certificazione. Per spiegare questa volontà, che è chiaramente discriminatoria, basta pensare un po' alle circostanze. Si pretende di fondare la richiesta di certificazione sul D.P.R. 445/2000, cioè su una norma di 19 anni fa, scritta per disciplinare altre fattispecie e non la questione di cui stiamo parlando. Infatti, fino al 2018, nessuna amministrazione richiamava questa legge e non perché le Amministrazioni precedenti fossero sbadate ma perché la materia dell'accesso alle prestazioni sociali dei migranti trova la sua disciplina in norme diverse, come voi mi insegnate, e successive al 2000, perché, sotto il profilo delle dichiarazioni sostitutive per gli immobili all'estero, l'equiparazione tra i cittadini è pacifica e i controlli, di cui peraltro parlavamo questa mattina con grande foga, sono possibili, oltre che doverosi. A parte che la questione della casa all'estero è superflua, nel senso che, se uno è povero qui in Italia - e questo è attestato dall'ISEE che tiene conto di tutte le proprietà -, la sua casa all'estero, che entra già nel calcolo del reddito, non dovrebbe potergli precludere questo diritto al sostegno, se ne ha bisogno. Anche lasciando da parte questo argomento, che vedo già che non piace al Consigliere Manfrin, una volta stabilita l'esclusione dal beneficio per chi possiede una casa all'estero, l'ordinamento giuridico e le numerosissime convenzioni stipulate con i Paesi di provenienza dei migranti, proprio al fine di controllare questi dati di reddito, anche riferiti quindi a beni immobili, sgomberano il campo da ogni equivoco.

Innanzitutto, sempre in tema di illogicità, che mi è caro, la Giunta forse dimentica che la direttiva n. 109/2003, che disciplina il permesso di lungo periodo, prevede che il soggiornante di lungo periodo sia del tutto equiparato al cittadino italiano anche per quanto riguarda le norme procedimentali relative all'accesso a tutte le prestazioni sociali. Se si prevede, cosa che per noi è sbagliata, questo requisito, allora non si può poi assolutamente chiedere la certificazione dell'impossidenza all'estero, anziché la dichiarazione sostitutiva.

Vi è qualcosa di più: anche se ragioniamo sui titolari di un qualsiasi permesso di soggiorno, la normativa in materia di ISEE che gli stessi sono tenuti a compilare per accedere un contributo all'affitto risolve pacificamente la questione nel senso di ammettere la dichiarazione sostitutiva sulla non possidenza di immobili all'estero, ciò perché le convenzioni per i relativi controlli, di cui parlavamo questa mattina, esistono, basta andarsele a leggere. Lo Stato italiano le utilizza normalmente, quindi non si capisce proprio perché, se uno che dichiara di non avere immobili ai fini dell'ISEE, assoggettandosi quindi a tutti i controlli del caso - abbiamo capito che i furbetti, di cui parlavamo, non sono poi così tanti -, poi nella medesima domanda deve dichiarare nuovamente di non avere immobili, ma questa volta certificandolo? Questo è un aggravamento procedimentale, introdotto con una chiara finalità che è politica, non c'è altro da dire. Finalità che si pone in contrasto però con la legge n. 241/1990 e che è discriminatorio. Rievochiamo con forza a tale riguardo la sentenza con cui il Tribunale di Milano ha accertato la condotta discriminatoria del Comune di Lodi, ordinandogli di modificare il regolamento per consentire ai cittadini appartenenti all'Unione europea di presentare la domanda di accesso ai servizi alle stesse condizioni dei cittadini italiani, ossia in base alla dichiarazione ISEE. Vi ricordo che l'Amministrazione è stata condannata al pagamento delle spese.

Non giochiamo qui a cercare le differenze tra le due situazioni perché, sotto il profilo giuridico, sono differenze di poco conto. Per finire, voglio ancora dire che la discriminazione è nel nostro caso ancora più evidente se si pensa alla situazione particolare dei rifugiati particolari e dei titolari di permesso umanitario che il bando non cita, perché in questo caso - qui c'è l'illogicità del tutto - è inimmaginabile che si possa chiedere a chi non può, per ovvie ragioni, rimpatriare di recarsi presso l'autorità dello Stato estero in modo che questa gli rilasci la certificazione. Anche qui però il diritto parla chiaro, il diritto internazionale, e citiamo la Convenzione di Ginevra, dice chiaramente, con riferimento a questa specifica categoria di persone, che ciò che si è fatto con il bando è illegittimo perché quella documentazione a quelle persone non può essere richiesta.

Noi quindi chiediamo che si ponga rimedio a questo errore, revocando il bando, malgrado il disagio, perché ci sono già le domande in corso, ma se c'è volontà politica, tutto si può fare, perché va soppresso ogni riferimento a quest'obbligo di certificazione in quanto contrasta con le norme di diritto internazionale e con l'ordinamento giuridico italiano, e non mi sembra poco; e poi, sotto il profilo amministrativo, a parte un po' di stress, non ci sarebbero altri problemi. A ciò si aggiunga che la pretesa del bando regionale è anche iniqua perché in molti casi lo Stato di provenienza non ha la possibilità di fornire le attestazioni, in certi Paesi non c'è neanche il catasto, non ci sono i registri, stiamo parlando di questioni fantascientifiche.

Ci permettiamo in ultimo di ricordare al Governo regionale che perseguire una condotta che probabilmente è illegittima è foriero di ricorsi e anche di risarcimento di danni. A parte questo, scusate se mi permetto, comporta anche una responsabilità morale nei confronti dei cittadini valdostani perché abbiamo tutti l'obbligo di una gestione oculata delle risorse pubbliche.

Infine, e non ultimo, vorrei ricordare che ci sono molte associazioni della società civile che hanno condannato questo provvedimento discriminatorio e ne hanno richiesto una radicale e sollecita modifica.

Tutto ciò premesso - mi sono dilungata, ma, rispetto al testo che avevo consegnato, ci tenevo a spiegare la questione nel suo insieme, anche se è tardi -, con questa mozione chiediamo che il Consiglio impegni la Giunta regionale a modificare questo bando, quindi a riaprire per tutti i potenziali richiedenti i termini e quindi bisognerebbe prevedere una nuova scadenza, che potrebbe essere l'11 febbraio 2019. Relativamente all'articolo 2, che parla di requisiti, chiediamo che per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, il requisito aggiunto del titolo di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo sia sostituito semplicemente con la titolarità di un permesso di soggiorno valido e poi chiediamo che tutto l'articolo 4 sia abrogato. L'articolo 4 lo potete facilmente trovare ed è quello che dice che i cittadini di Stati sia appartenenti che non appartenenti all'Unione europea non potranno rilasciare la dichiarazione sostitutiva in merito alla proprietà per le proprietà che potrebbero trovarsi all'estero, ma dovranno produrre la documentazione riguardante "attestazione certificati in corso di validità, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero stesso". Noi quindi chiediamo di abrogare tutto questo, anche perché si chiedeva che ci fosse una traduzione in lingua italiana, autenticata dall'autorità consolare che ne attesti la conformità all'originale, il che comporta una spesa e anche un notevole investimento di tempo. Tutto questo articolo verrebbe abrogato e consentirebbe di poter partecipare alla richiesta del sostegno in base a questo "bando affitti", che chiediamo con forza di modificare.

Presidente - La parola all'Assessore Borrello, ne ha facoltà.

Borrello (SA) - La tematica è stata oggetto di particolare attenzione nelle ultime settimane e la proponente, anche nella stesura della mozione, è stata particolarmente attenta a richiamare tutta una serie di aspetti con dovizia di particolari, con tutta una serie di aspetti anche da un punto di vista normativo e richiami di sentenze e riferimenti giuridici.

Io devo chiedere scusa già in anticipo ai colleghi Consiglieri, ma proprio anche in virtù di un'azione legittima che la collega Pulz ha fatto di messa in mora rispetto all'attività del "bando affitti", a sostegno della locazione, dividerò il mio intervento in tre fasi: un aspetto più di carattere giuridico-legale per andare a rispondere anche ai riferimenti che lei ha prodotto, con il sostegno e il supporto dell'Ufficio legale della Regione, poi c'è un ragionamento più di carattere politico e un ragionamento di carattere amministrativo. Dico questo perché leggerò, per ovvi motivi, anche in virtù del fatto che l'Amministrazione regionale dovrà rispondere alla messa in mora che lei ha prodotto... per evitare anche errori in quanto rappresentante dell'Amministrazione regionale.

Una premessa di carattere generale in questo momento la vorrei fare, anche grazie alla sua mozione, possiamo andare a dettagliare in maniera più puntuale alcuni esoneri che lei ha citato, ma che sono previsti nella normativa di riferimento: mi riferisco ai rifugiati politici e alle persone con problematiche da un punto di vista sussidiario e umanitario. Sono previste nella normativa, lo citerò all'interno della mia risposta.

Entro nel merito rispetto ai punti, che lei ha citato. La scelta di individuare quale requisito di accesso alla misura la titolarità del permesso di lunga durata discende, come evidenziato anche nelle premesse della delibera di Giunta regionale che approva il bando, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 166/2018, con la quale, in particolare, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 11, comma 13, del decreto-legge n. 112/2008, che prevedeva per l'accesso, ai sensi della n. 431/1998, ai contributi statali alle locazioni di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea il possesso del certificato di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale. Secondo la Corte, la disposizione citata contrastava con gli obblighi europei che, ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali, esigono la parità di trattamento tra i cittadini italiani ed europei e soggiornanti di lungo periodo, status che la direttiva 2003/109, che lei citava precedentemente, del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, riconosce ai cittadini di Paesi terzi che risiedono regolarmente in uno Stato membro da almeno cinque anni. A questa disposizione è stata data attuazione in Italia con l'articolo 9 del decreto legislativo n. 286/1998, come modificato dal decreto legislativo n. 3/2007, che ha regolamentato il procedimento per ottenere il riconoscimento del titolo di lungo soggiorno.

È quindi evidente che, in assenza di una previsione normativa statale, il parametro di riferimento oggi è costituito dalle indicazioni della Corte costituzionale, la quale ritiene in tutto equiparabili, ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali, i cittadini europei e titolari del permesso di lungo periodo. Questa scelta - per entrare nel discorso di legittimità e illegittimità con il supporto degli uffici legali - è legittima. È stata d'altra parte adottata dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 166/2018 da moltissime amministrazioni sul territorio nazionale. Una piccola considerazione a margine degli aspetti di carattere giuridico-legale, leggendo le notizie anche per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, sembrerebbe che si vada verso questa direzione.

Occorre ancora considerare che, come da lei citato, il contributo affitti non è l'unica misura di politica abitativa prevista a sostegno delle persone in difficoltà, la legge regionale n. 3/2013 promuove una serie coordinata di interventi che tutelano, tra gli altri, anche le persone non italiane. Tra gli interventi suddetti vi è innanzitutto la realizzazione del bando dell'edilizia residenziale pubblica in ordine al quale la normativa regionale prevede requisiti di accesso, che sono già stati vagliati in passato dalla Corte costituzionale. Va infatti ricordato che la formulazione originaria dell'articolo 19 della legge regionale n. 3/2013, articolo 19, comma 1, lettera b) - le dico tutti i riferimenti - prevedeva tra i requisiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica quello della residenza nella regione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente, dichiarato questo incostituzionale dalla Corte con sentenza n. 168/2014. La Corte ha ritenuto illegittima la disposizione perché discriminatoria sia nei confronti dell'Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri, sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, come ha sottolineato la Corte, in virtù dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva n. 109/2003, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l'accesso alla procedura per l'ottenimento di un alloggio. In esecuzione della predetta sentenza, quella che ha bocciato l'articolo della legge regionale n. 3/2013, quindi la nostra legge, il legislatore regionale ha quindi modificato la legge regionale e l'articolo 9 della legge 3 è stato modificato nel 2014 prevedendo che sono ammessi alla misura di assegnazione della casa popolare, oltre i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia e i loro familiari, anche i titolari di permesso di soggiorno comunitario per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi del decreto legislativo n. 3/2007, purché residenti nel territorio regionale da almeno due anni. Disposizioni, queste ultime, che non sono state oggetto di impugnazione da parte dello Stato; quindi precedentemente era stata impugnata per un problema di costituzionalità - sto parlando della misura per l'assegnazione delle case popolari -, ma dopo la modifica del 2014 non c'è stata l'impugnativa.

Pertanto, anche alla luce di quanto ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 166/2018, non vi sono ragioni di ritenere che detto requisito sia legittimo, avuto riguardo all'edilizia residenziale pubblica, in considerazione delle finalità di evitare che detti alloggi siano assegnati a persone che, non avendo ancora un legame sufficientemente stabile con il territorio, possano poi rinunciare ad abitarvi rendendoli inutilizzabili per altri che ne avrebbero diritto, in contrasto con la funzione socio-assistenziale dell'edilizia residenziale pubblica. Le cito un'ulteriore misura - l'ha citata anche lei nel suo intervento -, proprio nell'ottica della complementarietà degli interventi di politica abitativa: occorre ricordare che, in attuazione dell'articolo 13 della legge regionale n. 3/2013 che disciplina l'emergenza abitativa, la deliberazione di Giunta regionale n. 349/2017 individua come beneficiari dell'assegnazione di alloggi in emergenza abitativa, in presenza di disagio sociale, tutti i residenti in Valle d'Aosta da almeno ventiquattro mesi, ben potendo pertanto i non titolari di permesso di lungo periodo accedere alle predette condizioni che lo equiparano al cittadino italiano ed europeo. Nel discorso complementarietà delle misure per quanto riguarda le politiche abitative abbiamo quindi: l'assegnazione degli alloggi di case popolari (permesso di lungo periodo), contributi affitti, che è un contributo e non è un sostegno definitivo (permesso di lungo periodo), mentre per quanto riguarda l'emergenza abitativa non è previsto il permesso di lungo periodo.

Lei ha fatto anche un ragionamento legato al secondo punto, quello dell'obbligo di certificazione. Il bando affitti, approvato con deliberazione n. 1580/2018, al punto 3) prevede i termini di esclusioni ed esclude coloro che hanno (cito): "titolarità di diritti di proprietà o di altro diritto reale di godimento su immobili ad uso abitativo ubicati sul territorio italiano o all'estero, ovviamente adeguati alle esigenze del nucleo familiare". Il punto 4), quello che lei ha messo anche nell'impegnativa, è legato alla dimostrazione dei requisiti; il predetto bando prevede che "i cittadini di Stato appartenenti all'Unione Europea, con esclusione dell'Italia, e i cittadini di Stato non appartenenti all'Unione Europea, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del D.P.R. n. 445/2000, non potranno rilasciare solo la dichiarazione sostitutiva in merito alle proprietà a destinazione abitativa ubicate all'estero, ma dovranno produrre relativa documentazione, riguardante attestazioni o certificati in corso di validità, rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati da traduzione in lingua italiana autenticata dall'autorità consolare che ne attesti la conformità originale. - tutto questo è definito all'interno del D.P.R. n. 445, articolo 3, comma 4 - I soggetti titolari di proprietà in Italia o all'estero, assegnati in sede di separazione giudiziale dal coniuge, nonché i titolari pro quota di diritti reali, dovranno essere in possesso, al momento della presentazione della loro domanda, dell'attestazione di indisponibilità dell'alloggio. La suddetta documentazione dovrà riguardare la condizione di cui al presente punto con riferimento alla data del bando e deve essere presentata, se non allegata alla domanda, entro e non oltre il 28 febbraio 2019, pena l'esclusione del bando". Le ho letto l'articolo e ho definito gli elementi che vanno potenzialmente a escludere i requisiti richiesti, ovviamente con la possibilità di integrare la documentazione al 28 febbraio (questo è previsto dal bando).

Alcune considerazioni in merito anche al discorso del D.P.R. n. 445. La base giuridica, per quanto riguarda il punto 4), è costituita proprio dall'articolo 3 che le ho letto precedentemente; analogamente a quanto avviene in molti altri bandi per il sostegno all'accesso alle abitazioni di locazione, si fa espresso rinvio alla predetta disposizione. In particolare - e questi sono gli elementi che poi possono essere utili anche per coloro che devono essere esonerati dalla presentazione di queste domande - occorre considerare che, ai sensi del comma 2 del citato articolo 3, i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione, regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 limitatamente agli stati e alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani. Poiché, com'è evidente, le proprietà all'estero non rientrano nella definizione che le ho citato prima, trova applicazione la disposizione di cui al comma 4 del medesimo articolo, secondo cui, al di fuori dei casi dei commi 2 e 3, gli stati, le qualità personali e i fatti sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana, autenticati dall'autorità consolare italiana che ne attesta la conformità originale, dopo avere ammonito l'interessato sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri. Cito questo così le do la ratio del ragionamento fatto all'interno del bando degli affitti.

Arrivo al discorso delle eccezioni. La disposizione del bando deve naturalmente essere letta facendo riferimento anche alle espresse eccezioni dell'obbligo di presentare certificazioni contemplate (in particolare al comma 3, dell'articolo 3, del D.P.R. n. 445/2000), riferite al caso in cui la produzione di dichiarazioni sostitutive in luogo delle certificazioni o attestazioni avvenga - e questo lei l'ha citato - in applicazione di convenzioni internazionali tra l'Italia e il paese di provenienza del dichiarante. Rilevo a tal fine, costituendo legittimo il titolo di esclusione dell'obbligo di cui all'articolo 3, le diverse convenzioni con gli Stati di provenienza di migranti - ne cito qualcuna: le convenzioni lo Stato italiano le ha prodotte per esempio con il Senegal, con il Marocco, la Tunisia, l'Egitto, la Costa d'Avorio e la Nigeria - che prevedono lo scambio di informazioni per le dichiarazioni relative ai redditi, ivi compresi quelli immobiliari, quindi in questo caso non è così complicato andare a individuare un'eventuale documentazione.

Si rammenta, inoltre, la specifica situazione in cui il bando in esame non deroga in alcun modo, dovendosi anche in questo caso fare riferimento alle disposizioni dell'articolo 3 del D.P.R. n. 445/2000 in esso richiamato, che fa salve le diverse disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia di talune categorie di cittadini degli Stati terzi non membri dell'Unione europea che, in virtù del carattere prevalente di norme e di diritto internazionale ed eurounitario, così come anche definito dalla Convenzione di Ginevra del 1951, devono essere parificate con riferimento alla possibilità di avvalersi della dichiarazione sostitutiva, anche per fatti e stati non certificabili o non attestabili, in quanto correlati a situazioni estere da soggetti pubblici o privati italiani a cittadini nazionali di Stati membri dell'Unione europea. Il riferimento è ovviamente ai rifugiati politici, ai titolari di protezione sussidiaria e umanitaria, i quali, per ragioni connesse alla loro condizione, non possono avvalersi della protezione o assistenza dell'autorità del paese d'origine, di fatto esentando il rifugiato dall'adempimento impossibile da attuare. Queste persone sono tutte esonerate da quell'obbligo della certificazione e questo è anche a sostegno della sua tesi.

Chiedo scusa ai colleghi, ma mi sembrava opportuno fare chiarezza da un punto di vista normativo e di legittimità dell'atto, come legittime sono anche le posizioni di carattere politico. In questa sede faccio però una considerazione a livello amministrativo: il bando è stato aperto il 10 dicembre, la presentazione delle domande scadeva il 28 dicembre e sono oltre 2.500 le persone che hanno prodotto richiesta; stiamo ancora aspettando le domande che arrivano dai Comuni, perché pure i Comuni avevano la possibilità di riceverle. In virtù di tutte le problematiche di carattere amministrativo e per non arrecare danno a coloro che hanno presentato le domande, in virtù di quanto espresso, legato anche alle eccezioni che vanno a tutelare le fasce deboli, noi riteniamo che dobbiamo porre particolare attenzione a tali richieste, faremo delle valutazioni sulla casistica delle domande che saranno presentate.

Riteniamo però di astenerci dalla sua mozione, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati alla legittimità degli atti e per le problematiche di carattere amministrativo che il blocco di questo bando comporterebbe in virtù di tutte le cose che ho enunciato, pur con la disponibilità da parte mia e del Governo di analizzare le pratiche per quel ragionamento di complementarietà delle politiche abitative, che non sono a compartimenti stagni, ma sono dinamiche che devono essere rapportate, nella valutazione, nella loro complessità.

Chiedo quindi alla maggioranza su tale tema di astenersi per tutto quanto ho esposto e ringrazio la proponente.

Presidente - Ha chiesto la parola il collega Manfrin, ne ha facoltà.

Manfrin (LEGA VDA) - Assessore, non solo lei non si deve scusare per essere stato lungo e particolareggiato nel suo intervento, ma la ringraziamo per avere inquadrato in maniera assolutamente precisa e puntuale, a livello giuridico, un intervento che è stato fatto dalla maggioranza precedente. Spero, come evocava prima il collega Distort, di non fare arrabbiare nessuno con la mia risposta, ma di aggiungere elementi utili al dibattito.

Questa iniziativa, com'è già stato detto, mira a modificare i criteri del cosiddetto "bando affitti" che lei - questo me lo consenta, collega Pulz - afferma siano asserviti a obiettivi di propaganda politica e, per corroborare questo fatto di propaganda politica, richiama un comunicato stampa prodotto per evidenziare il risultato raggiunto ai tempi. Secondo questa sua impostazione, qualsiasi risultato raggiunto, se evidenziato da un comunicato stampa, può definirsi "propaganda". A questo punto, se noi dovessimo seguire questa impostazione, dovremmo derubricare a mera propaganda anche tutti i numerosi comunicati stampa con i quali lei più volte è intervenuta all'inizio di legislatura.

Siccome non vogliamo accendere un dibattito politico su questo punto, ma vogliamo entrare nel merito, ci concentreremo sulla concretezza degli argomenti che ci ha portato a suffragio della sua tesi su questa iniziativa e, per questo, non posso che ringraziare una seconda volta, perché con questa iniziativa ha specificato bene a livello giuridico su quali temi vuole basare il suo intervento per modificare questa iniziativa.

Veniamo quindi a queste motivazioni. Al primo punto sostiene che la sentenza della Corte costituzionale, la n. 166/2018, sancisca la bocciatura della residenza per almeno cinque anni nel territorio dello Stato poiché, come lei ha riportato, trattandosi di una provvidenza che, alla luce della scarsità delle risorse destinabili, non si può vincolare alla prolunga protrazione del radicamento territoriale. In realtà, da questa tesi esposta pare che lei non abbia letto il bando, soprattutto pare che lei non abbia letto con attenzione nemmeno questa sentenza, perché, collega Pulz, il bando precedente a questo prevedeva dieci anni di residenza sul territorio nazionale e cinque anni di residenza sul territorio regionale. Noi, invece, in osservanza e in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale, abbiamo ridotto a quattro anni di residenza sul territorio regionale andando incontro a quanto era stato previsto. Non mi pare peraltro che negli anni passati qualcuno fosse mai intervenuto a contestare la lunghezza della residenza, né sul territorio nazionale, né su quello regionale. Noi abbiamo addirittura abbassato la permanenza sul territorio regionale. Troviamo quindi che il paragone non sia assolutamente centrato. Peraltro il termine "bocciato dalla sentenza" - è questo il difetto che lei ha prodotto - non sono i cinque anni nel territorio dello Stato come lei ha indicato per il permesso di lungo periodo, ma sono i cinque anni di residenza nella Regione, sui quali in effetti siamo intervenuti.

Proseguiamo. Lei dice che la legge nazionale a cui fa riferimento il bando non prevede tale requisito. Su questo mi permetto di fare una premessa che ha già fatto anche l'Assessore Borrello citandole la legge regionale n. 3/2013: la legge quadro relativa agli alloggi ERP, all'emergenza abitativa, al sostegno alle locazioni e quant'altro, proprio all'articolo 12 "Sostegno alle locazioni", al comma 3 dispone che "la Giunta regionale definisce, con propria deliberazione, i requisiti, la misura, i criteri e le modalità, anche procedimentali, per la concessione e l'erogazione di contributi di cui al presente articolo, nel rispetto dei vincoli previsti per l'accesso ai finanziamenti dello Stato". Secondo questo comma, la Regione autonoma Valle d'Aosta, nella sua piena autonomia, può predisporre i requisiti e lo può fare perché il fondo nazionale da tre anni - non vorrei sbagliarmi - non viene più finanziato a causa della scarsità di risorse; quindi la Regione autonoma Valle d'Aosta, utilizzando esclusivamente i propri fondi per finanziare questo bando, può predisporre dei criteri che premino la territorialità dei richiedenti, che è esattamente quello che viene riportato nella sentenza n. 166/2018 e, inoltre, nella sentenza n. 221/2013, dove si evidenzia che le politiche sociali dirette al soddisfacimento dei bisogni abitativi possono prendere in considerazione un radicamento territoriale ulteriore rispetto alla semplice residenza, purché contenuto in limiti non palesemente arbitrari o irragionevoli. Mi pare che quattro anni di residenza sul territorio regionale non possa essere considerato un limite né arbitrario, né irragionevole. Come dicevo prima, proprio al punto 7 della sentenza n. 166 viene esattamente richiamata l'equiparazione tra cittadini UE e cittadini extra UE prodotta dai permessi di lungo periodo; anzi, secondo l'interpretazione che ha trovato fondamento in numerose conferme in altre Regione e Comuni, quella del permesso di lungo periodo è la soluzione proprio suggerita dalla Corte costituzionale, perché permette di avere una definizione chiara di coloro che possono recepirlo.

Vi chiederete: per quale motivo introdurre delle differenze? Perché chiedere un radicamento territoriale ulteriore? Questa credo sia una domanda recondita, probabilmente condita da tutta una serie di valutazioni politiche fatte dalla collega Pulz durante il suo intervento. Per un motivo semplice: non siamo in presenza, come dichiarato all'interno di questa iniziativa, di una misura che attiene ai bisogni primari della persona indifferenziabili e indilazionabili riconosciuti invece a tutti i cittadini, ed è la stessa sentenza n. 166/2018 a sostenerlo, perché dice che non è questo il caso. Il sostegno all'abitazione in locazione, istituito all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, consiste in un contributo destinato al pagamento del canone da erogarsi a soggetti che si trovano in una situazione di "indigenza qualificata", che non è questo caso. Lei sa benissimo che l'indigenza qualificata non è quella primaria a cui si ricorre con l'emergenza abitativa, ma è qualificata perché la persona, oggetto di questo contributo, è una persona che deve poter già pagare il proprio affitto di casa, quindi non si trova in una situazione di privazione dell'alloggio, ma deve avere già le sostanze necessarie per potersi pagare un affitto, e questo contributo interviene in seconda battuta per sostenere proprio il pagamento di questo affitto. Non è quindi una misura emergenziale: ecco perché si parla di indigenza qualificata. Peraltro la Regione autonoma Valle d'Aosta, come ha già ricordato il collega Borrello, prevede già degli interventi per quanto riguarda i bisogni primari, ovvero l'istituto dell'emergenza abitativa, che interviene sostenendo la quasi totalità del canone d'affitto in caso di sfratto e di reddito, sia per esempio - non so perché lei non lo sa, collega Pulz - quello degli alloggi ERP, dove in applicazione di una legge nazionale è prevista una riserva del 20 percento degli alloggi per i profughi, che quindi è una riserva specificamente prevista per queste persone. Come ricordato anche nella legge n. 3/2013, al di fuori di questa eccezione, anche nella legge n. 3/2013 è previsto il permesso di lungo periodo per accedere agli alloggi ERP. Questo bando di sostegno, quindi, interviene solo ed esclusivamente a sostenere una parte dei costi degli affitti e direi che non siamo proprio nella fattispecie dei bisogni basilari. Infine, secondo una giurisprudenza della Corte costituzionale consolidatasi a partire dalla sentenza n. 432/2005, il legislatore può legittimamente circoscrivere la platea dei beneficiari delle prestazioni sociali in ragione della limitatezza delle risorse destinate al loro finanziamento. E quale modo migliore, collega Pulz, per circoscrivere queste risorse, se non quello di decidere di destinare questi soldi e questo sostegno a chi effettivamente ha deciso di stabilirsi in pianta stabile, rispettando le leggi con tanto di permesso di soggiorno di lungo periodo?

Ancora: nell'individuazione della platea dei beneficiari si è voluto essere addirittura più estensivi prevedendo i possessori di soggiorno di lungo periodo, perché - le faccio l'esempio di quello che invece si poteva fare - la norma nazionale della già citata legge n. 286/1998, la cosiddetta "Bossi-Fini", nelle disposizioni in materia di alloggio e di assistenza sociale, all'articolo 40, comma 6, era addirittura ben più restrittiva. Avremmo potuto invocare quella norma, perché prevede che venga garantito quel diritto esclusivamente agli stranieri titolari di carta di soggiorno e agli stranieri regolarmente soggiornanti e in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale, che esercitino una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo; avrebbero così diritto di accedere in condizioni di parità con i cittadini italiani agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai servizi di intermediazioni delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni Regione o dagli Enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione. Si sarebbe quindi riservato in questa maniera il diritto di accedere ai soli stranieri regolari in possesso di un contratto di lavoro subordinato o che svolgessero un contratto di lavoro autonomo, il che avrebbe completamente escluso, per limiti di reddito, la platea dei percettori stranieri, come ben potrà immaginare. La citata e censurata norma della Lombardia che viene contestata in questa sua iniziativa, invece, aveva previsto, sì, una discriminazione tra soggetti, prevedendo però soltanto per gli immigrati la durata certa della residenza, tanto a livello nazionale, quanto in territorio regionale, mentre per i cittadini italiani ed europei tale requisito non era richiesto. Noi, invece, in ottemperanza della sentenza della Corte abbiamo applicato questo requisito erga omnes, quindi superando le criticità sollevate. Credo che la collega Pulz possa comprendere quale sia la differenza tra applicare un criterio in maniera restrittiva soltanto per i cittadini stranieri e, invece, applicare un criterio per tutti i cittadini, stranieri e italiani. Su questa prima parte è evidente una cosa, ovvero che la sentenza della Corte costituzionale è interpretativa, non definisce parametri univoci, ma individua, sulla base della legislazione vigente, dei parametri a cui fare riferimento in assenza di nuova disciplina per valutare la legittimità dei requisiti di accesso alla provvidenza.

Veniamo così alla seconda parte di quanto da lei sostenuto nella sua iniziativa, collega Pulz, nella quale si rileva la totale inconsistenza delle motivazioni addotte. Lei dichiara innanzitutto che l'articolo 3 del D.P.R. n. 445/2000 sarebbe contrastante con la cosiddetta "Bossi-Fini", considerata fonte preordinata, ma un semplice paragone tra i due articoli 3 può evidenziare efficacemente - come ho già evidenziato prima, peraltro - che nel comma da lei citato si fa riferimento alla rimozione degli ostacoli al riconoscimento dei diritti, tra cui quello dell'alloggio e la verifica dei requisiti di legge che non può certo intendersi come la violazione di un diritto. Inoltre la sua iniziativa sottolinea come livello essenziale di prestazione l'accesso al bando in questione e questa interpretazione, come ho avuto già modo di dirle, è chiaramente errata.

Il bando in questione non può essere considerato un livello essenziale di prestazione, proprio perché, per accedervi, bisogna avere quella che è definita "indigenza qualificata". Non stiamo parlando di persone che sono senza un alloggio oppure di persone in situazioni di morosità e rischio di sfratto o con sfratto esecutivo in mano, ma di persone che hanno un alloggio, che non hanno alcuna mensilità pregressa pendente, quindi questo bando rappresenta un di più rispetto a quanto da lei prefigurato e richiesto come diritto essenziale e fondamentale.

Particolarmente fuori luogo risulta il suo invito a non tenere conto sostanzialmente delle disposizioni contenute in un decreto del Presidente della Repubblica, il n. 445/2000, che al suo interno chiarisce in maniera dettagliata quali siano i documenti per i quali sia sufficiente l'autocertificazione. Questo è stato ben esposto dall'Assessore Borrello.

Per quanto riferito all'ISEE, come riportato dal proponente, all'articolo 46, lettera o), è specificato che la situazione reddituale può essere certificata tramite una dichiarazione; lo stesso non può dirsi, invece, per il possesso di beni immobili che sono esclusi dall'elenco in questione. È bene ricordare, visto che l'ha citato come esempio all'interno della sua mozione, che il caso di Lodi è risultato contrario alle norme, in quanto si è chiesto di certificare una situazione reddituale per accedere a una scontistica, neanche al servizio di refezione scolastica; disposizione, questa, che secondo il TAR contrasta legittimamente con quanto previsto nel D.P.R. n. 445. Questo caso però è totalmente diverso e il motivo è presto detto. Nel nostro paese esiste un database della Pubblica amministrazione - ma anche questo è stato ben esposto -, ad esempio qual è l'ufficio del catasto, ed è relativamente semplice accedere per verificare eventuali dichiarazioni mendaci; lo stesso non si può dire per altri paesi, siano essi UE, come per esempio l'est Europa, siano essi extra UE. Capite bene come la verifica dei suddetti requisiti risulti impossibile all'estero e sia di assoluto buonsenso demandarla ai richiedenti. Inoltre, risulta peraltro evidente che tale onere, secondo la convenzione di Ginevra, non possa applicarsi a coloro che provengono da zone di guerra impossibili da raggiungere e, per questo motivo, ne siano esentati.

Venendo a quello che lei ha esposto nel suo intervento, collega Pulz, lei ha parlato del bando affitti come di un sostegno al reddito: non è un sostegno al reddito, questa è un'interpretazione errata che lei dà del bando affitti e mi ha lasciato particolarmente basito il fatto che lei dichiarasse che non vi sia un problema se una persona possiede una casa all'estero e poi viene qui e chiede anche un contributo per pagare l'affitto di casa che si trova in Valle d'Aosta. Mi sembra invece che un problema ci possa essere, purtroppo abbiamo l'esempio di fior di persone che utilizzano la casa dei propri paesi d'origine come casa vacanze e come casa per parcheggiare la propria famiglia e poi arrivano qui e accedono a tutta una serie di servizi che, invece, sono preclusi a chi possiede già un alloggio. Se noi mettessimo a confronto anche soltanto due cittadini, uno italiano e uno straniero, lei sa bene, come c'è scritto nel bando, che non si possono possedere quote di proprietà, per esempio il cento percento delle quote di proprietà di un alloggio. Perché ad un cittadino italiano o valdostano dovrebbe essere proibito possedere quote di proprietà di un alloggio e, invece, a un cittadino straniero dovrebbe essere concesso? C'è qualcosa che stride.

Nei pochi minuti che mi rimangono desidero evidenziare una parte di intervento che è stata completamente ignorata all'interno del bando, ma che invece è fondamentale: l'intervento a sostegno dei coniugi separati. Si è inserita per la prima volta all'interno di questo bando la possibilità per i coniugi separati - tramite una dichiarazione - di dichiarare l'indisponibilità dell'alloggio, pur avendone la proprietà. Questo permetterà a tanti coniugi, che purtroppo si trovano in una situazione di povertà dovendo affrontare le cause di separazioni, di accedere a questo servizio. Noi riteniamo che sia di assoluta importanza.

Per concludere, quanto le ho rappresentato non rappresenta elucubrazioni personali, ma sono le stesse motivazioni che hanno portato più di un'Amministrazione, prima tra tutte il Comune di Arezzo, con l'allora Assessore alle politiche sociali e oggi Senatrice Tiziana Nisini che abbiamo avuto ospite qui, in Valle d'Aosta, e del Comune di Cascina, con il Sindaco Susanna Ceccardi, a fare questo tipo di scelta che va nel senso di tutelare i propri cittadini, affermare la legalità e verificare in maniera accurata che a percepire il sostegno dalla Pubblica amministrazione sia effettivamente chi si trova in una situazione di necessità e non sia, invece, uno di quei truffatori recentemente scoperti dalla Guardia di finanza di cui abbiamo parlato e di cui anche lei ha dato notizia nel suo intervento. In definitiva, collega Pulz, spero di averle dimostrato i fatti - senza scendere troppo nel tecnico, ma un pochino ho dovuto per addurle motivazioni concrete - che possono portarla a convincersi che, con questo bando, non abbiamo certo creato discriminazioni, ma ci siamo posti quale unico obiettivo quello della tutela dei nostri cittadini.

Dalle ore 20:00 riassume la presidenza la Presidente Rini.

Rini (Presidente) - Ha chiesto la parola la collega Spelgatti.

Spelgatti (LEGA VDA) - In questo dibattito non sarei dovuta intervenire, in quanto eravamo d'accordo che avrebbe preparato l'intervento il collega Manfrin che, come vedete, sa sempre portare avanti qualsiasi iniziativa con la massima dovizia di particolari e quindi lo ringrazio. Ringrazio anche l'Assessore Borrello per la precisione e per aver portato qui le motivazioni giuridiche a sostegno delle nostre scelte.

Intervengo perché c'è un qualcosa che, indipendentemente da tutto, non riesco a sopportare: in tutta la sua esposizione lei parla di "umanità". Il fatto che nei vostri schieramenti politici si parli sempre di "mancanza di umanità" da parte nostra e di "umanità" da parte vostra nelle battaglie che portate avanti è un qualcosa che mi risulta insopportabile, così come la definizione di "razzista" in qualunque scelta si faccia da parte nostra legata alla volontà di dare priorità ai nostri cittadini, ai cittadini italiani o comunque a coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un radicamento sul territorio e una vera volontà di integrazione. Chi governa deve fare necessariamente delle scelte. In un mondo ideale ci sarebbero assolutamente risorse per tutti; purtroppo però non viviamo in un mondo ideale. Se noi abbiamo una torta e la torta da dividere è quella, chi governa purtroppo si deve assumere l'onere di fare delle scelte. Anche non scegliere, come volete fare voi, quindi aprire a tutti, comporta necessariamente una scelta, e questo comporta che chi è arrivato dopo ed è in condizioni spesso e volentieri ancora di difficoltà - perché magari ha più figli o per tante ragioni che non stiamo qui a declinare - può passare davanti ai nostri cittadini. Questo non è comunque corretto. Le faccio un esempio banalissimo. Lei è una madre e ha un marito, siete genitori di un figlio e decidete di adottare un bambino: fate un gesto meraviglioso. Se voi, con due redditi normali, con un figlio e un altro figlio adottivo, decidete di adottare un altro bambino, siete ancora più encomiabili, perché tutto questo comporta necessariamente dei sacrifici. Se però per aiutare un qualsiasi bambino di un orfanotrofio (e quale persona non vorrebbe i bambini che sono in orfanotrofio e che hanno difficoltà?) decidete di adottarne quattro o cinque, a parità di reddito, lei non è più una brava persona, ma è una scriteriata, perché fa dei danni ai propri figli. Qual è il compito principale di un genitore? È tutelare i propri bambini. C'è un limite di non ritorno, c'è un limite entro il quale non si può andare perché, se si supera la soglia, le scelte che si fanno nell'esempio che le ho portato vanno contro i propri figli e, nel caso specifico, vanno contro i propri cittadini.

Mi dà fastidio quando parlate di umanità, perché non è che voi siete più umani e noi lo siamo di meno, semplicemente chi governa deve fare delle scelte. Noi dobbiamo decidere prima di tutto di dare ciò che possiamo alla nostra gente, aiutare dove possiamo tutti coloro che ne hanno necessità, ma dobbiamo anche decidere la soglia oltre la quale non si può andare, perché comunque si toglie ai nostri cittadini. Siccome i soldi sono quelli che sono, si devono stabilire dei criteri e noi i criteri li abbiamo stabiliti.

Presidente - La parola al Consigliere Bertin.

Bertin (RC-AC) - Per annunciare il voto favorevole su questa mozione e per ringraziare la collega che l'ha presentata. Il rischio di questo atteggiamento è che la situazione non migliori, anzi peggiori creando emergenza ed andando nella direzione sbagliata nel gestire queste problematiche che devono essere gestite, sì, dal Governo, ma in questo caso anche con umanità. L'attività di governo non deve escludere di per sé l'umanità. Annuncio il voto favorevole in merito all'impegnativa della mozione.

Presidente - Ci sono altre richieste di intervento? Siamo in discussione generale. Possiamo chiudere la discussione generale. In replica, la parola alla collega Pulz.

Pulz (ADU VDA) - Grazie Assessore Borrello per l'articolata risposta, apprezzo in particolare il suo tentativo di volgere al positivo le nostre critiche e voglio ringraziare i Consiglieri Manfrin, Spelgatti e Bertin che hanno, tutti quanti, arricchito il dibattito.

Prima che si proceda alla votazione, non posso non dichiarare che siamo molto preoccupati perché, nella sostanza, ci si limita a prendere tempo: "adda passà a' nuttata" (traduzione dal dialetto napoletano: deve passare la notte), come dicono al sud, lasciando andare le cose così come sono state impostate. Questo, senza offendere nessuno, è un caso di ignavia politica da parte della nuova Giunta. Gli elementi per capire che il requisito di accesso alla misura - che, così com'è impostato, oltre che discriminatorio è del tutto illogico, come diceva il collega Bertin - ci sono già tutti, nell'ottica della buona gestione delle politiche abitative e, più in generale, del contrasto efficace al disagio sociale, che è l'unica strada - non ce ne sono tante - per evitare conflitti tra poveri. Questo è il punto.

Avreste potuto scegliere di muovervi in base alle indicazioni della Corte tra un minimo e un massimo e voi, nuova maggioranza, decidete di porvi oltre questo massimo, fate una scelta che ai nostri occhi è grave e la fate scaricando le responsabilità su chi vi ha proceduto, sulla vecchia maggioranza, quando avete in mano ben altri strumenti per cambiare strada. Questa, se mi consentite e sempre senza offendere nessuno, è la "politica di Ponzio Pilato". Sotto il profilo amministrativo fermare tutto e ripartire non comporterebbe assolutamente alcun pregiudizio per nessuno; non facendolo, voi vi assumete una responsabilità che è pesante.

Non vorrei essere al vostro posto in questo momento, innanzitutto perché ci si ostina a non volere leggere le norme per come sono scritte, perché qui non si tratta di trovare le deroghe a un principio, ma di ammettere che è sbagliato il principio stesso che è giuridicamente infondato, perché - lo ribadisco con forza - siamo di fronte a un bisogno primario per chiunque risieda regolarmente sul territorio. Inoltre, siamo anche di fronte a un pasticcio, perché non si può emanare un bando in cui si dice: "Se sei straniero, rientri nella misura solo se hai il permesso di lungo soggiorno" e poi, a termini scaduti, mettersi a dire: "Ci sono anche delle eccezioni che però non ho specificato bene, ma te lo dico adesso, vedremo poi chi presenta le domande", quando magari molte persone, che avrebbero bisogno e diritto di questo sostegno, hanno rinunciato a presentare la domanda.

Non possiamo scherzare con il disagio delle persone, noi che siamo qui al caldo e anche con un lauto stipendio, abbiamo a che fare con persone che non si possono permettere di pagare un avvocato affinché questo li aiuti a cercare le eccezioni presenti nel bando. È l'Amministrazione che deve essere chiara, fin dall'inizio, in modo da consentire a tutti quelli che hanno diritto a fare questa domanda di poterla presentare, perché altrimenti sembra che giochiamo a nascondino con le norme. Così sembra di mettere un'inutile toppa su un pasticcio, come dicono a Trieste, dove ho abitato per un anno: "Pezo el tacon che el buso" (traduzione dal dialetto friulano: è peggio la toppa del buco), non so è chiaro per tutti. Avete deciso di lasciare fermo il termine del 28 febbraio per preparare le certificazioni, ma chiunque abbia avuto a che fare con le autorità consolari sa che i tempi sono dilatati, sono più lunghi e, anzi, sa anche forse che i procedimenti sono costosi e per qualcuno può essere un grave problema.

Voglio sottolineare che l'ASGI, l'associazione italiana che conduce studi giuridici sul tema dell'immigrazione, a cui abbiamo fatto riferimento e che conosceva già questo provvedimento regionale perché sorveglia il territorio nazionale per vedere quali normative nuove sono illegittime, è pronta a sostenere le ragioni di quanti presenteranno ricorso.

In ultimo, una questione politica: mi sembra che questa nuova maggioranza strizzi un po' troppo l'occhio alla Lega, che oggi va tanto di moda con il suo atteggiamento e con la sua propaganda, ma finalmente anche la Chiesa cattolica si è decisa a denunciare certi atteggiamenti. In conclusione - non vorrei deludere la Lega di Salvini - noi ci contrapponiamo con questa mozione non tanto a una posizione che è indubbiamente ideologica e propagandistica, ma contestiamo l'illogicità di questo bando affitti perché, se è vero, come ha detto l'Assessore - e l'ha detto più volte anche in altre occasioni -, che le misure di sostegno all'abitazione sono tante e diversificate e bisogna quindi ragionare sul loro complesso, alla fine di tutto questo processo di discriminazione ci sarà lo straniero che non riesce a pagare l'affitto e che quindi va in emergenza abitativa. Se in tanti bandi si cerca di forzare la mano perché il vento in questo momento storico, che per me è avverso, soffia in una certa direzione, ciò non significa che siate nel giusto, Consiglieri Manfrin e Spelgatti, perché il vostro tentativo di mettere le mani sul sistema del welfare, che è uno dei fiori all'occhiello della Valle d'Aosta, risulta molto pericoloso per tutti i cittadini. Il punto su cui vi chiediamo di riflettere è quali saranno le conseguenze reali, pragmatiche di una posizione di tipo ideologico e discriminatorio.

Presidente - Non ci sono altre richieste, procediamo alla votazione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.

Presenti: 34

Votanti : 10

Favorevoli: 3

Contrari: 7

Astenuti: 24 (Baccega, Bertschy, Bianchi, Borrello, Certan, Chatrian, Cognetta, Daudry, Farcoz, Fosson, Gerandin, Marquis, Morelli, Mossa, Nasso, Nogara, Restano, Rini, Rollandin, Russo, Sorbara, Testolin, Vesan, Viérin)

Il Consiglio non approva.