Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 311 del 10 gennaio 2019 - Resoconto

OGGETTO N. 311/XV - Interpellanza: "Iniziative per conservare e rilanciare la diffusione della lingua francoprovenzale in Valle d'Aosta".

Rini (Présidente) - Point n° 41 à l'ordre du jour. Pour l'illustration, la parole au collègue Sammaritani.

Sammaritani (LEGA VDA) - Premetto che avremmo potuto esporre questa interpellanza sulla tutela del patois - o francoprovenzale o arpitano, che dir si voglia - proprio in patois, come benissimo avrebbe potuto fare il collega Lucianaz, magari con qualche piccola apprensione da parte del Presidente, come è accaduto all'ultima riunione dello scorso anno, comunque l'avremmo fatto efficacemente, oppure in francese, lingua più affine all'italiano. Lo facciamo invece in italiano, proprio perché tutti, fuori da quest'Aula, meglio comprendano e soprattutto capiscano, indipendentemente dalla lingua ufficiale prevalente più in uso nel nostro territorio, che il nostro intendimento è di difendere uno degli elementi principali di tutte le culture: la lingua parlata in un territorio e, soprattutto, una lingua utilizzata per secoli da chi quel territorio l'ha vissuto, l'ha difeso, l'ha reso quello che oggi noi ereditiamo con le sue bellezze, le sue particolarità, la sua cultura e specialmente la sua identità.

Il patois è lingua parlata in Valle d'Aosta, in Svizzera romanda, in Savoia, in alcune vallate del Piemonte e forse, come non tutti sanno, in Puglia, in Provincia di Foggia, in una piccola comunità dei Monti Dauni, nei comuni di Celle di San Vito e Faeto. Come invece molti sanno, il patois è una vera e propria lingua di origine neolatina, ormai riconosciuta fin dalla seconda metà del 1800, grazie soprattutto all'opera del linguista Isaia Ascoli; è una lingua neolatina, di origine latina, che possiede tratti comuni al francese e altri al provenzale, ma che mantiene la propria individualità e la propria indipendenza rispetto ad entrambe. È una lingua che ha seguito e sancito la creazione di una comunità transfrontaliera che ha scavalcato le nostre Alpi, fin dal VI secolo dopo Cristo, quando queste lingue si sono formate, quindi parecchi secoli prima della nascita dello Stato transfrontaliero creato poi dai Savoia.

È quindi importante per la Valle d'Aosta, per la sua storia, per la sua cultura, che questa lingua venga conservata, valorizzata e tramandata, per evitare che questo territorio perda una parte importante della sua identità. Per questo interpelliamo il Governo regionale per conoscere quali siano le iniziative che il Governo intende mettere in campo, sia in ambito scolastico, sia in ambito extrascolastico, al fine di conservare e rilanciare la diffusione della lingua francoprovenzale in Valle d'Aosta.

Presidente - Prima di dare la parola all'Assessore Viérin per la risposta, collega Sammaritani, vorrei solo puntualizzare che non c'è mai stata da parte di questa Presidenza nessuna apprensione e nessuna preoccupazione per l'utilizzo del nostro dialetto, della nostra lingua, e la chiamo volutamente "lingua francoprovenzale". È stato semplicemente un richiamo dovuto al nostro Regolamento e al fatto che, quando si utilizza il francoprovenzale, se si utilizza, purtroppo non c'è tutta la parte di resocontazione. Non vi è stata quindi nessuna apprensione, ma semplicemente un richiamo alle regole del funzionamento di questo Consiglio.

Prego, Assessore Viérin.

Viérin (UVP) - Je remercie le collègue Sammaritani. J'aurais pu répondre à cette interpellation en français ou, comme justement disait le collègue, en patois. Je remercie moi aussi le collègue Lucianaz, car, au-delà du thème utilisé de temps en temps, de nous nous souvenir et de rappeler que notre langue existe, il est aussi important que les institutions soient sensibilisées sur ce thème. Je partage même la considération que cette langue, qui en effet est véritablement une langue et pas un dialecte, soit mise à la disposition de toute la communauté, non seulement de ceux qui justement ont la chance ou l'habitude de l'apprendre en famille, mais aussi de ceux qui n'ont pas la possibilité peut-être de la connaître.

Collega, la ringrazio e vi ringrazio per questa iniziativa, anche perché era un'iniziativa che, da settembre in avanti, avevamo proposto come gruppo proprio per capire quali sarebbero stati gli intendimenti della valorizzazione del patois e poi, anche un po' per combinazione, l'avevamo proprio indirizzata a lei, collega Sammaritani. Mi fa quindi piacere oggi poterne dibattere, soprattutto con l'approccio che lei ha introdotto su questo tema linguistico. Negli anni abbiamo lavorato tanto per questa lingua, il collega Lucianaz l'ha ricordato nel suo intervento e, insieme ad altri - all'epoca ero Assessore all'istruzione e cultura - avevamo condiviso un concetto: che questa lingua non fosse patrimonio di pochi, ma che potesse essere messa a disposizione dalla comunità anche per chi non è valdostano e che però è venuto a vivere qui. Tant'è che tantissime iniziative svoltesi nel 2008, nel 2009 e nel 2010 hanno visto lavorare l'Amministrazione in generale e tutti noi, come anche le associazioni e il territorio, affinché ci fosse questa integrazione.

L'integrazione nella nostra Regione può avvenire da un punto di vista culturale se i tratti della nostra comunità non si chiudono, quindi non come avviene in altre comunità, separando le etnie, ma solo se queste vengono messe a disposizione. Una lingua può essere difesa, anzi, può diventare eterna se anche chi non la conosce ha la possibilità di impararla, di parlarla e magari pure di scriverla, benché sul patois ci sia un dibattito ancora aperto in merito alla grafia. Porto alcuni esempi di integrazione. Avevamo organizzato una mostra sui nuovi patoisan, e Patrizia Lino, un'infermiera di Bergamo venuta in Valle d'Aosta, aveva sentito l'esigenza di conoscere il patois, perché in ospedale aveva riscontrato che, quando un malato stava male, c'era un effetto migliore se costui poteva avere vicino qualcuno che parlava la sua lingua. Poi ci inventammo il primo musical in patois, con la protagonista, una ragazza di colore, che parlava patois sul palco del Teatro Romano: per noi fu un bell'esempio di integrazione, perché questa lingua vedeva una diversa generazione, non dico solo di sopravvivenza, ma di valorizzazione. Penso anche alla prima messa in patois: avevamo ospitato la Rencontre internationale del patois e al Vescovo attuale - che allora Vescovo non lo era ancora, ma era Don Lovignana - avevamo chiesto appunto di poter celebrare la prima messa in patois nella Cattedrale di Aosta. Sono stati sviluppati tantissimi progetti, penso a quelli scolastici ed extrascolastici: lavorammo al Dichionnéro di petsou patoésan, che era un dizionario plurilingue, fotografico, disegnato - qui ricordo con grande piacere Raymond Vautherin, perché affidammo a lui questo compito - un piccolo dizionario distribuito poi nelle scuole. Fu uno strumento didattico e pedagogico molto interessante per fare capire, anche e soprattutto a chi non aveva la fortuna di conoscere questa lingua, che essa non solo esisteva, ma che poteva essere aggiunta non in modo impositivo, bensì come una possibilità in più per dare a tutti l'opportunità di essere valdostani fino in fondo. Valdostano non è solo chi è nato qui, ma anche chi è venuto a vivere qui e ha piacere e la voglia di fare parte della nostra comunità, nonché della sua identità culturale.

Io ho un'idea personale: la lingua materna non è per forza solo quella che la mamma ti parla, ma è la lingua del pensiero; al di là del proferire il verbo, se noi pensiamo è quella la lingua che uno ha dentro. Se ognuno di noi pensa in che lingua pensa, si rende conto che è quella la radice linguistica che gli appartiene. Abbiamo comunità vicino alla nostra - penso alla Francia - dove il patois è stato cancellato. Esisteva negli istituti scolastici francesi uno strumento, la patoise, che veniva picchiata sulle dita dell'alunno, il quale doveva poi tenerla in mano ed era bannis (bandito) dalla classe finché qualcun altro non pronunciava un'altra parola in patois e quindi passava la patoise picchiando sulle dita. Questo per dire che i Centres culturels della fine degli anni Settanta, che hanno rappresentato un momento culturale - era il preludio delle nostre biblioteche e vi era la reazione contadina al 1968 -, hanno dato alla nostra comunità la possibilità di mantenere un'identità grazie alla musica popolare, al teatro popolare, e non è venuta dalle istituzioni, ma dal popolo, dalla gente. È la gente ha salvaguardato l'identità, il patois.

Scusate questa premessa, ma ci tenevo perché mi è piaciuta molto l'introduzione del collega Sammaritani, è l'approccio giusto per mettere a disposizione una lingua al maggior numero possibile di persone, partendo dalla scuola. Abbiamo effettivamente necessità tutti insieme di rilanciare un'azione strategica per questa lingua. Tanto è stato fatto e ho voluto ricordare alcuni passaggi: ci eravamo aperti a progetti didattici divulgativi, avevamo fatto la Pimpa in patois, il Projè Popón - allora era Assessore Lanièce, cui poi è succeduto Fosson - per gli asili in nido con dei piccoli libriccini, audiolibri per le scuole, quindi a livello scolastico è stato fatto tanto.

Oggi abbiamo necessità di rilanciare alcune iniziative. Lancio un'idea, che potrebbe essere condivisa con il Consiglio regionale, al di là della legge 482/1999 di cui si tratta nella vostra iniziativa: credo che la Valle d'Aosta abbia la necessità di lavorare ad una legge regionale di valorizzazione del patois, perché le leggi sono gli strumenti normativi che tutelano la comunità indipendentemente da chi li amministra, politici o tecnici come i dirigenti. L'idea che volevo proporre a questo Consiglio, e che poi avremo modo di dibattere con i colleghi in Commissione, è di lavorare a un piano di rilancio del patois attraverso un testo normativo valdostano, una legge regionale che possa codificare alcuni aspetti più delicati. Penso alla grafia: all'epoca avevo detto che non era tanto importante come si scriveva, quanto iniziare a riparlarlo o a parlarlo, però ho avuto degli incontri con alcuni insegnanti in questi giorni, con degli esperti, ed è necessario fare un discorso condiviso. Bisogna ampliare il ruolo degli sportelli linguistici lanciati all'epoca con i fondi della n. 482, occorre una legge regionale che codifichi la tutela e sancisca alcune azioni e alcuni principi per la Regione autonoma Valle d'Aosta, uno strumento che possa riprendere i principi che sono nel mio e in tanti interventi di persone sensibili a questo tema. Bisogna ripartire con i corsi di formazione - perché l'ultimo è del 2012 - affinché ci siano degli insegnanti: ne avevamo anche parlato, ci sono corsi di supporto al Concours Cerlogne, ma non abbiamo più insegnanti o, meglio, ci sono (circa una settantina) ma sono molto impegnati. Bisogna fare un corso in primavera, rilanciare la formazione e affidarsi oggi alle nuove tecnologie che si sono evolute rispetto ad altri mezzi.

Nelle prossime settimane mi impegnerò a presentare un piano, programmando degli incontri con il Centre d'études, il BREL, gli insegnanti, la Compagnia del Teatro popolare, con tutto il mondo che lavora direttamente e indirettamente per il patois, affinché ci sia una codificazione di un gruppo istituzionalizzato che è più scientifico, ma anche divulgativo e si rilanci in modo deciso questa azione. Non deve esserci solo la sensibilità di un Amministratore per un periodo o di altri Amministratori per altri, ma deve essere codificato con legge, con finanziamenti dedicati per poter tutelare questa nostra lingua, che è motivo di orgoglio e che noi, all'epoca, avevamo battezzato la lénva dou valdotèn (la lingua del valdostano).

Presidente - Per la replica, la parola al collega Sammaritani.

Sammaritani (LEGA VDA) - Faccio prima una minireplica a quanto ha detto lei, Presidente, se consente. Il termine "preoccupazione", che ho utilizzato, andava proprio in quella direzione, avevo già capito il senso del suo intervento lo scorso Consiglio: ci sono dei problemi anche regolamentari. Pertanto è proprio in questa sede che anticipo che noi, come gruppo della Lega, stiamo pensando di fare delle proposte in merito, ma le vedremo poi nelle opportune sedi.

Ringrazio l'Assessore Viérin per la sua risposta, per l'excursus che ha fatto in ordine alle iniziative variegate e molteplici degli anni passati per la tutela e la promozione del francoprovenzale, e lo ringrazio anche per il senso di autocritica con il quale ha improntato il suo intervento. Lui stesso ammette che la lingua va rilanciata e bisogna proporre delle iniziative. Noi abbiamo apprezzato questo intendimento e questo suo slancio per il futuro.

Prendiamo quindi atto con piacere di questa risposta e assicuriamo che, come gruppo, abbiamo tutto l'interesse e porremo sempre la nostra attenzione su questo argomento perché - come ha già accennato lei, Assessore, e come ha scritto già qualcuno parecchi decenni orsono, mi pare fossero gli anni Settanta - la Valle d'Aosta per numerosi fattori è l'unica grande Regione dell'area francoprovenzale in cui questo parlare può sopravvivere, malgrado la smania di distruggere il passato che ha accompagnato la modernizzazione galoppante del ventesimo secolo e, aggiungo io, malgrado la smania di omologare tutto ciò che sta connotando, con il processo di globalizzazione, questo non migliore, almeno fino ad oggi, ventunesimo secolo.

Presidente - Consigliere Sammaritani, colgo l'occasione per ribadire che questa Presidenza è sensibile a questo tema. Non si tratta nemmeno di un problema procedurale, è il nostro Statuto che prevede che gli atti ufficiali, come la resocontazione dei lavori di quest'Aula, siano fatti in italiano o in francese, è una disposizione statutaria. Pertanto, se si vuole intervenire su questo, bisogna mettere mano al nostro Statuto, e questo impegno possiamo prendercelo come Consiglio regionale. Il richiamo era quindi esclusivamente rivolto a questo aspetto tecnico.

Ha chiesto la parola il collega Lucianaz.

Lucianaz (LEGA VDA) - C'était pour terminer les deux minutes à disposition... combien de minutes y avait-il encore pour terminer le temps? Seulement pour dire que j'ai demandé à mon Chef de groupe, Manfrin, de vous soumettre une modification au règlement des travaux du Conseil, parce que je ne crois pas que le Statut d'autonomie parle d'utiliser seulement les deux langues. De toute façon nous chercherons de prévoir l'utilisation de notre langue même à l'intérieur de cette Assemblée.

Contrairement à mon collègue, moi j'ai une attitude très critique envers les Gouvernements précédents qui se sont succédés à l'égard du francoprovençal, mais aujourd'hui ce n'est pas le bon jour pour parler de cela. Je me souhaite seulement qu'au plus tôt reparte le Centre de Saint-Nicolas qui a été dramatiquement abandonné. Bon courage à l'Assesseur, on le soutiendra de toute façon.

Presidente - Grazie, collega Lucianaz. La modifica proposta dovrà essere pertanto statutaria e non regolamentare.