Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2923 del 20 settembre 2017 - Resoconto

OGGETTO N. 2923/XIV - Interpellanza: "Bozza di piano di riorganizzazione dell'azienda USL".

Rosset (Presidente) - Punto n. 12 all'ordine del giorno. Per l'illustrazione ha chiesto la parola il Consigliere Guichardaz; ne ha facoltà.

Guichardaz (PD-SIN.VDA) - Con questa interpellanza parliamo di metodo e di contenuti. Solo una piccola premessa per spiegare a chi ci ascolta l'argomento della nostra interpellanza.

Noi chiediamo innanzitutto all'Assessore di spiegare l'iter che ha condotto alla redazione della bozza di atto aziendale che, qualche tempo fa, è stata inviata alle organizzazioni sindacali per un parere, che io ho ricevuto per amicizia con alcuni sindacalisti i quali me l'hanno girata chiedendomi che cosa ne pensavo io (non pensavo nulla, perché non mi è stato inviato). Che cos'è questo atto aziendale? È un documento che genera modifiche organizzative all'interno dell'USL della Valle d'Aosta. Per capirsi, è un atto che per diventare operativo deve essere recepito con apposita delibera, mi sembra della Giunta regionale (forse in passato veniva recepito con delibera del Direttore generale, non ricordo bene questi passaggi). Questo atto aziendale corregge, modifica, innova o mantiene indirizzi operativi e organigrammi aziendali. In estrema sintesi, è quel documento che toglie o crea primariati, che trasforma strutture dirigenziali in strutture ad alta specializzazione che ad esempio non sono più dirigenziali, che ridefinisce cioè il governo operativo dell'Azienda sanitaria locale.

Dicevo che in questo caso non vogliamo tanto entrare nelle cose scritte dentro l'atto aziendale, Assessore, ma vogliamo capire perché avete deciso di effettuare un percorso direi poco condiviso con il Consiglio, per non dire per nulla condiviso. Lei, Assessore, potrà dire - o qualcuno potrà affermare - che l'atto aziendale è una sorta di emanazione tutta interna all'ASL, che le modifiche organizzative sono innanzitutto degli aggiustamenti endogeni, se li vogliamo chiamare così. Io le dico, con tutta l'umiltà possibile, che non c'è niente di più politico dell'atto aziendale. Assessore, non so se ricorda il dibattito sul DERA, sul 118, sui poteri del primario, ci eravamo addirittura addentrati a parlare di potere della cosiddetta "posizione organizzativa". Quante riunioni abbiamo fatto per arrivare a una quadra su questo argomento? Si ricorderà i grandi ragionamenti fatti in occasione dei precedenti atti aziendali, quando si parlava di semplificare la filiera gerarchica, ossia i passaggi della catena di comando. Quante volte abbiamo rilevato che, per assumere una decisione, si dovevano consultare il direttore di dipartimento, i primari, i primarietti, i dirigenti, i funzionari, ciascuno che aveva il suo potere di interdizione e di veto, ciascuno doveva dire qualcosa! Quella semplificazione che rendeva più chiare le responsabilità in capo ai singoli dirigenti e che, al tempo stesso, si proponeva di ridurre i costi delle indennità... sicuramente, ma una riorganizzazione significa riportare comunque anche maggiore efficienza, riportare a ruoli operativi i medici che magari prima facevano solo i dirigenti, o addirittura svolgevano funzioni amministrative, che si dedicavano a fare altro.

L'atto aziendale dovrebbe semplificare e, al tempo stesso, ridurre i costi recuperando risorse utili alla mission aziendale, che è principalmente quella di organizzare e fornire prestazioni sanitarie. A volte l'atto aziendale fa ciò che in apparenza possa sembrare il contrario: prevede nuove strutture, quindi nuove figure dirigenziali; ma ciò, se ben giustificato, ha delle forti ricadute in termini di maggiore efficienza. Vi ricorderete il dibattito sulle strutture complesse che si volevano declassare a strutture semplici. Faccio l'esempio della Medicina nucleare, dell'Oculistica o di altre strutture semplici a valenza dipartimentale che si volevano trasformare in strutture semplici tout court. Ricordo la Terapia antalgica, per esempio, e la Pneumologia; con ciò, riducendo sicuramente spazi di autonomia dei singoli dirigenti, complicando enormemente gli iter burocratici operativi. Ricordo il caso di una struttura che in una prima bozza sarebbe stata declassata e sottoposta alla direzione di una struttura complessa, che nulla c'entrava con le caratteristiche di quelle strutture. Ricordo ancora il dibattito sulla Dermatologia, che si decise - per motivi anche nobili - di declassare; decisione che poi, a posteriori, vediamo aver comunque influenzato decisioni di professionisti che, in alcuni casi, si sono licenziati e se ne sono andati intraprendendo strade diverse dal pubblico. Ricordo di aver sollecitato ad esempio l'ex Assessore Fosson a non depotenziare settori che - ed è possibile dimostrarlo analizzando i dati - portano in Valle d'Aosta la cosiddetta "mobilità attiva", i pazienti di fuori Valle, il che vuol dire soldi freschi, per capirci, ma anche prestigio: è il caso della Medicina nucleare, ma potrei citare il FIVET, la Pneumologia, la Chirurgia bariatrica ed altro. Decisioni, certo, apparentemente tecniche, ma fortemente politiche per il tipo di modello sanitario che vogliamo mantenere, potenziare o modificare.

Gli accordi politici con le Regioni limitrofe - uno era in allegato all'invio che è stato fatto a luglio - entrano a pieno titolo nel processo di modifica dell'atto aziendale, anzi, nel dibattito politico. Fare un accordo bilaterale tra due Regioni confinanti vuol dire prendersi in carico alcune attività - per esempio è il caso della Centrale unica del soccorso - o decidere di delegare attività che richiedono particolari bacini d'utenza per una loro sostenibilità economica, ma anche qualitativa. Sappiamo quanta influenza hanno le casistiche, la pratica quotidiana sui pazienti e come numeri piccoli possono penalizzare anche la qualità della prestazione: è il caso per esempio della Cardiochirurgia e della Neurochirurgica.

Questa lunga premessa è per spiegare che, al di là delle procedure che possono dare anche la sensazione che l'atto aziendale sia un fatto più che altro interno all'USL, di tecnico c'è ben poco dentro un documento di riorganizzazione. Modificare organigrammi e mission significa modificare la natura stessa dell'azienda e quindi del Servizio sanitario regionale. Io dico - e non ho timore di scandalizzare nessuno - che la visione organizzativa e di prospettiva del nostro Servizio sanitario regionale non può prescindere dall'esplicitazione di che tipo di sanità vogliamo, della sua complessiva sostenibilità. È un problema anche pensare di avere tutto, non è solo economica, ma è anche in termini di risorse umane. Se si vuole mantenere funzionante un settore, si deve prevedere anche una politica incentivante da parte della Regione. Si veda ad esempio solo il mantenimento dello status di struttura complessa dell'Oculistica, che oggi pare sia diventato il fiore all'occhiello della nostra sanità. Sono decisioni che presuppongono investimenti considerevoli, peraltro assunti dall'investitore, dalla Regione, dall'USL.

Dicevo che l'organizzazione - anche quella spicciola - della nostra ASL non può prescindere da una visione di prospettive progettuali, visione che non può avere solo l'azienda, ma che deve essere negoziata, mediata e interloquita quantomeno con la politica. È per questo che non ci sono piaciuti i passaggi: l'invio della bozza alle organizzazioni sindacali, bozza quasi finale (se vogliamo dirlo), elaborata sette/otto mesi dopo l'entrata in vigore del precedente atto aziendale. Certo, noi a luglio abbiamo ricevuto in via ufficiosa un malloppo di documenti con delle considerazioni riportate del cosiddetto "gruppo interistituzionale", gruppo che volle il precedente Assessore per monitorare, nell'arco di un anno, se ben ricordo, gli esiti della riorganizzazione operata con il precedente atto aziendale. Il gruppo era formato - per chi non lo sapesse - dal collega Fosson, in rappresentanza della V Commissione, dal Coordinatore dell'Assessorato, da due componenti dell'USL e da rappresentanti del comparto. La relazione datata giugno 2017, collega Bertschy, a mio parere avrebbe dovuto essere quantomeno condivisa con la V Commissione prima che assurgesse a documento di sintesi finale, almeno per quanto attiene le considerazioni che il nostro rappresentante (il dottor Fosson) pare a volte in piena intesa con il dottor Peinetti, che è uno dei rappresentanti dell'USL, relativamente ad una serie di tematiche che personalmente io ritengo - e l'avrei detto in Commissione - piuttosto delicate, di non scarso rilievo. Ad esempio nel documento si legge che i direttori di struttura complessa dovrebbero poter fare libera professione extramoenia (oggi hanno il vincolo dell'esclusività), affinché siano stimolati a rimanere nella nostra area. Il nostro rappresentante di Commissione ritiene che qualunque primario possa effettuare libera professione non più solo in intramoenia, come stabilito dai contratti di lavoro e dalle norme, ma anche o in via esclusiva - e questo non l'ho capito, quindi era il caso di chiedere - in extramoenia. Io dico molto umilmente che la regolamentazione attuale assicura, pur con tutte le sue debolezze, quel necessario rapporto di fedeltà e di esclusività del direttore di struttura complessa che, se non ci fosse, potrebbe portare a situazioni poco chiare ad esempio potrebbe indurre ad effettuare prestazioni specialistiche in cliniche concorrenti.

Colleghi, se ne può parlare. Avete deciso che il Primario dell'Oculistica per un certo periodo dovesse continuare a svolgere attività in extramoenia e l'Assessore mi ha mandato un articolato "116" in risposta a un mio dubbio, a una mia domanda. Avete detto che era un provvedimento temporaneo e previsto dalle disposizioni contrattuali legislative, ma da lì ad aprire, in questo caso - ci sono però molti altri argomenti, ma finisco qua, Presidente - in modo indiscriminato la libera professione dei primari fuori dalla cerchia dell'ASL, io su questo avrei qualcosa da dire, anche al collega Fosson; mi sarebbe poi piaciuto poterlo dire in Commissione, ma prima di vedere una relazione finale e una bozza che poi è stata presentata quasi come l'atto finale del lavoro della Commissione.

Presidente - Per la risposta ha chiesto la parola l'Assessore Bertschy; ne ha facoltà.

Bertschy (UVP) - Collega Guichardaz, credo ci sia tutto il tempo per discutere di tutte le cose che lei ha illustrato. A meno che non ci sia un equivoco di fondo o una cosa che io non ho capito, ritengo che il percorso che stiamo facendo è quello politicamente più corretto per mettere tutti in condizione di esprimere il proprio ruolo. Tra l'altro devo dire che, oltre a sollecitarmi, quindi di mettere in condizioni anche più volte il Consiglio regionale di parlare di sanità (e penso sia una cosa positiva, vista l'importanza che riveste per la vita dei cittadini valdostani), lo fa in maniera precisa, preparata, articolata, quindi lo dico in senso costruttivo. Secondo me abbiamo un'impostazione di fondo probabilmente diversa in questo momento, ma l'obiettivo è comune: costruire dei percorsi in cui l'azienda sia azienda, la politica svolga le sue funzioni attraverso la V Commissione e l'Assessorato, infine, dica se questo atto funziona e lo adotta oppure no. Il percorso è esattamente questo.

Cosa è successo però nell'ultimo anno? Secondo me, se non ce lo ricordiamo, rischiamo anche di andare un po' tutti in confusione: siamo nella situazione in cui avevamo approvato un atto, avevamo una Direzione strategica e un Direttore generale che, alla fine dello scorso anno, è cambiato. Abbiamo avuto sei mesi di tempo per rinominare un Direttore generale e rifare una Direzione strategica. Al Direttore generale abbiamo affidato, oltre che un incarico molto delicato, degli obiettivi di mandato che abbiamo condiviso insieme in V Commissione con il Collegio di direzione, e abbiamo costruito un documento con otto obiettivi declinati poi in ventisette capitoli di dettaglio. Con questi obiettivi credo che la politica abbia espresso in maniera chiara la missione di sanità e di servizio che vuole affidare a questa Direzione strategica per i prossimi tre anni. In tale documento di incarico abbiamo anche detto che tra diciotto mesi verificheremo il lavoro dell'attuale Direttore generale, gli faremo la sua pagellina e verificheremo se, rispetto a questi otto obiettivi e ventisette capitoli, sta realizzando la missione che il Governo e - mi permetto di dire - il Consiglio regionale gli hanno affidato nell'interesse dei valdostani. Il Direttore generale e la sua Direzione strategica - concludo, e mi scuso se non vado esclusivamente dietro alle domande che mi ha posto, ma sto cercando di provare ad articolare il pensiero - hanno preso in mano questi obiettivi, verificato l'organizzazione dell'azienda e, insieme ai vari componenti (attori sindacali, rappresentanti della V Commissione e responsabili politici), hanno concluso i lavori del gruppo interistituzionale dando una propria impostazione, per far capire come vorrebbero raggiungere gli obiettivi e la missione di servizio che gli abbiamo dato a livello organizzativo e lo hanno fatto nell'ambito delle attuali norme. Deve essere chiaro che la politica non ha assolutamente nessun limite - da ieri in avanti, perché l'atto ci è arrivato lunedì - per fare tutto il suo percorso, per dire come la pensa distinguendo bene i ruoli tra V Commissione e Assessorato, perché l'Assessorato interverrà addirittura in una terza fase.

Domani inizierà il dibattito politico in Commissione. La Commissione esprimerà il suo parere e, una volta espresso, se sarà negativo lo sarà evidentemente su come la Direzione generale intende realizzare gli obiettivi di mandato, non sui nomi e sui cognomi dei primari, immagino, perché - per fortuna - ci stiamo allontanando tutti da impostazioni che non vogliamo fare nostre. L'organizzazione deve essere legata a che tipo di sanità possiamo sostenere, come possiamo svilupparla, e l'Assessorato, alla fine, quando la Commissione si sarà espressa e quando l'azienda avrà adottato l'atto, avrà trenta giorni di tempo per dire se quanto è stato fatto è legittimo e coerente. Arriveremo quindi ancora in una fase successiva. Dico questo perché o io non vedo in questa maniera il problema oppure abbiamo un'impostazione diversa. Certamente non le direi questo se fosse rimasta la stessa Direzione strategica e se fossero rimasti gli stessi obiettivi. L'atto era quello di giugno 2016, bisognava andare avanti. Mi pare sia cambiato un po' il mondo intorno alla sanità e mi pare anche giusto che una Direzione strategica, che verrà valutata tra diciotto mesi, dica la sua su come vorrebbe organizzarsi in azienda per rispondere agli obiettivi che le sono stati assegnati.

Mi permetto anche di dire una cosa, ma è una particolarità: noi ci siamo riservati (io credo giustamente, perché è troppo importante questa missione e questo ruolo politico) di dire la nostra in V Commissione sul lato aziendale. Nulla diciamo rispetto all'organizzazione della Dirigenza della struttura e della Regione, che vengono fatte e disfatte, tra l'altro, ad ogni cambio di Governo. La politica ha inteso: le Commissioni consiliari nulla dicono rispetto a questo, ma giustamente ci siamo riservati un ruolo in questo senso e un giorno dovremo anche dircele queste cose. Da un lato ci siamo "ingessati", se così si può dire, perché il ruolo politico potrebbe essere anche quello di affidare a chi gestisce tutti i suoi compiti e fermarsi lì, e dall'altro abbiamo lasciato massima libertà di azione. È una scelta.

Dico anche che, tra gli obiettivi di mandato affidati, l'ultimo punto (H2) era molto chiaro: rivedere l'atto aziendale. Si può discutere evidentemente sui tempi, si poteva fare in tempi diversi. Io credo che la necessità del dottor Rubbo, del dottor Nebiolo e del dottor Ottonello sia anche quella di intervenire su tutte le sollecitazioni partite proprio da questo Consiglio, che hanno una natura di carattere organizzativo in termini ospedalieri, territoriale in termini di sanità, ma soprattutto l'esigenza di dare una risposta in termini amministrativi ad un'organizzazione che, probabilmente, nel tempo non ha avuto tutte le attenzioni che avrebbe dovuto avere. Più volte ne abbiamo parlato.

Sono tranquillo nel dirle che non c'è volontà di togliere spazio, anzi, c'è la volontà di aprire il dibattito e renderlo trasparente. Credo fortemente che la Direzione dovrà motivare le proprie scelte, soprattutto dove ve ne sono di nuove. Se rispondono alle soluzioni adottate o previste all'interno dei lavori del gruppo interistituzionale, saranno sicuramente più coerenti con quello che è stato fatto; se non rispondono a questo, dovranno essere tali da farci capire qual è la scelta per raggiungere dei risultati.

Il gruppo interistituzionale si è riunito cinque volte e ha concluso i suoi lavori, che probabilmente avrebbero potuto essere anche discussi. È vero anche che a volte non sempre le cose e i tempi collimano. Nel periodo estivo noi siamo un po' più fermi con le Commissioni, altri sono andati avanti e la necessità che si è manifestata è stata proprio quella di presentare alla politica un lavoro finito, discusso. Il documento è stato inviato a tutte le organizzazioni sindacali e visto insieme al Collegio di direzione; sono state fatte delle osservazioni e, mi dicono, gran parte di queste osservazioni sono state accolte. L'azienda ha quindi fatto l'azienda e ha completato il suo lavoro per dare risposta agli obiettivi che abbiamo definito insieme. Ora la politica esprimerà le sue considerazioni e soprattutto dovrà rendere coerenti (le do assolutamente ragione in tal senso) gli obiettivi definiti al modello di sanità che possiamo, vogliamo e vorremmo sostenere in futuro per i bisogni e le necessità di servizio ai quali dobbiamo dare risposta ai nostri cittadini.

Concludo dicendo anche che dovremo lavorare su una cosa e dovremo decidere insieme (lo presenterò in V Commissione e poi decideremo come procedere), perché a monte di tutto ci manca un piano sociosanitario che legittimi i percorsi. Questo ce lo ricordiamo tutte le volte, è un problema italiano, per una buona parte delle Regioni. Noi dobbiamo decidere se vogliamo chiudere il percorso (io ho i documenti anche pronti in questo senso con il vecchio piano) o se vogliamo piuttosto, visto quanto sono cambiate le condizioni negli ultimi anni di Servizio sanitario e sociosanitario, aprirci ad una progettazione partecipata su un piano che dia degli indirizzi di visione per i prossimi anni, e non semplicemente legato ai prossimi tre anni. Avremo modo di discutere e di parlare di questo.

Presidente - Per la replica ha chiesto la parola il Consigliere Guichardaz; ne ha facoltà.

Guichardaz (PD-SIN.VDA) - Assessore, credo che, rispetto alle vostre modalità, io ho proprio una visione diversa di metodo. Ci avete infarcito di richiami alla trasparenza e al metodo, e questo pomeriggio ne discuteremo ancora, con altre interpellanze.

Per quello che mi riguarda, Assessore, manca davvero la volontà di condividere. Questo percorso avrebbe dovuto intercettare, quantomeno contestualmente, la politica, le organizzazioni sindacali e gli operatori, tant'è che avete fatto un gruppo interistituzionale, peraltro di monitoraggio. Se poi lei legge la relazione, in molte parti mi sembra che qualcuno dentro quel gruppo parlasse di tutto meno che di dati, non monitorasse proprio nulla, ma portasse proprie considerazioni personali, spesso legate ad altre dinamiche: di potere, o anche di tipo politico.

Questa discussione avrebbe dovuto quindi innescare un processo di concertazione dove tutte le parti in causa, individuate all'interno di quel gruppo interistituzionale, avrebbero dovuto trovarsi nella stessa condizione. Invece voi avete optato per un passaggio con le organizzazioni sindacali e con il gruppo istituzionale. Il nostro rappresentante non ha avuto neanche la cortesia di venire in V Commissione a dirci: "abbiamo finito i lavori; questa è la bozza di relazione e mi piacerebbe condividerla con voi". Non era lì perché si chiamava Fosson, era lì perché la V Commissione, unanimemente, aveva deciso di mandare lì Fosson! E Fosson ha scritto o condiviso delle cose lì dentro che io non condivido per niente. Ha rappresentato la questione della libera professione extramoenia, ma ci sono altre situazioni sulle quali bisognerebbe rimettere ordine.

Non sono neanche d'accordo sul ruolo di "notaio" dell'Assessorato. Io non sono un nostalgico degli Assessori che tutti i giorni chiamavano i Direttori generali a prendere ordini o a confrontarsi, e l'Assessorato della sanità non può dire: "io demando semplicemente degli obiettivi di mandato, dopodiché decidono loro, poi me li rimandano e, a quel punto, do un'occhiata di cosa succede". Perché, ripeto, poi succede (come sempre è capitato) che l'Assessore riceve l'atto aziendale, dopodiché cominciano i peones che si muovono, quelli che vanno a dire: "no, tu avresti abbassato la struttura, ma qua sarebbe invece da riclassificarla", e quindi giungiamo con una serie di modifiche. Mi hanno detto che l'ultima bozza di atto aziendale è addirittura stata modificata, l'USL avrà fatto dei ripensamenti... non lo so, magari qualcuno li ha sollecitati a ripensare qualcosa.

Ripeto: questo aspetto del coinvolgimento e della condivisione non è così indifferente. L'Assessore Viérin aveva creato un gruppo interistituzionale che si sarebbe dovuto prendere un anno per monitorare, tra l'altro con una serie di mandati. La libera professione extramoenia non c'è qua dentro! C'è la valutazione se il SITRA si sta comportando bene e se è corretto, se la Direzione strategica è nei rapporti con il SITRA, i rapporti tra le strutture organizzative, la verifica dell'opportunità della graduazione delle posizioni organizzative. Non c'è quello che io leggo nella relazione del gruppo interistituzionale, che è andato fuori dai suoi compiti! Se poi mi si dice che tante cose del gruppo sono state recepite nell'atto aziendale io mi scandalizzo, perché il gruppo interistituzionale aveva un compito di monitoraggio, non di dare indicazioni che portassero delle modifiche difficili poi da elaborare, rielaborare e rimodificare!

L'ho ribadito prima e lo ribadisco adesso: io penso che questo è un atto, sì, organizzativo, ma dice anche di un modello sanitario che vogliamo, dice se vogliamo i primari in libera professione extramoenia. Guardate che quella è una rivoluzione completa! Vuol dire che i primari possono andare ad operare in perfetta concorrenza altrove, in cliniche. Distruggiamo completamente il modello dell'esclusività, che avrà avuto degli svantaggi e delle pecche, ma che ha permesso poi, a regime, di non avere i "grandi baroni" che venivano lì, facevano le visite in libera professione magari dentro la struttura o, peggio, dentro la struttura la visita istituzionale e poi ti mandano il paziente nelle cliniche!

Assessore, io capisco benissimo che c'è il sogno che dall'altra parte ci sia il tecnico in grado di organizzare e di pianificare con cognizione di causa, magari interpretando anche le indicazioni della politica, ma la politica non può rinunciare ad essere protagonista, soprattutto in campi così delicati come quelli della sanità e del welfare.

Presidente - Vista l'ora, sospendo qui i lavori mattutini. I lavori pomeridiani riprenderanno alle ore 15:30.

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La seduta termina alle ore 12:52.