Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2755 del 23 maggio 2017 - Resoconto

OGGETTO N. 2755/XIV - Interpellanza: "Formazione di figure professionali per il sostegno alle famiglie colpite da lutto prenatale".

Rosset (Presidente) - Punto n. 12 dell'ordine del giorno. Per l'illustrazione, chiede la parola il collega Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz (PD-SIN.VDA) - Parlare di lutto prenatale e perinatale non è facile, soprattutto se a farlo è un uomo. Notoriamente quella metà della coppia che, a rigor di logica, nel pensiero diffuso si pensa sia in grado di provare fino in fondo le sensazioni fisiche e psicologiche che sono proprie di quel legame indissolubile viscerale - direi - tra la madre e il feto. Uso il "si pensa" perché anche il padre, almeno nella mia esperienza, vive in qualche modo la gestazione come un periodo di coinvolgimento profondo, fisico anche, oltre che emotivo. Faccio questa considerazione sul ruolo del padre perché, certo, il lutto prenatale e perinatale, ossia il lutto in gravidanza e nel periodo immediatamente successivo al parto coinvolge in modo direi devastante la madre, colei che porta in grembo il bambino, ma anche il padre e la famiglia tutta: i nonni, i fratellini maggiori, quando ci sono, sono anch'essi colpiti e profondamente traumatizzati dall'evento. È un'esperienza traumatica di grave entità, che colpisce profondamente la coppia, la famiglia, il contesto sociale in cui questa è inserita con effetti che possono districarsi sul lungo periodo se non gestiti in modo adeguato, anche somatizzati a tal punto da lasciare strascichi importanti: depressione, sensi di colpa, senso di inadeguatezza, di fallimento, di vergogna addirittura, di rabbia, fino a vere e proprie psicosi anche invalidanti. È un lutto questo che può essere e viene definito "composito", perché - leggo da una pubblicazione - comporta la perdita di una persona unica, nata a livello immaginario e poi percepita come realmente presente, scomparsa prima di essere attivamente conosciuta. Condizione terribile per l'essere umano, perché può ingenerare una sorta di fallimento esistenziale della capacità di conservare e di mettere al mondo una vita, una condizione di innaturalità poiché la morte precede la nascita.

Sappiamo che il sistema sanitario italiano, al contrario di ciò che avviene nei Paesi scandinavi, negli Stati Uniti, in Australia ad esempio, tende a considerare la morte prenatale e perinatale, tranne lodevoli eccezioni - va detto - come un avvenimento sanitario, per il quale non necessitano particolari percorsi di recupero postumo, posteriori. Quasi un accadimento "trascurabile", per il quale non è necessario un supporto psicologico, un percorso terapeutico di elaborazione di questo che è un vero e proprio lutto. Pochissimi ospedali d'altronde dispongono di psicologi e personale medico e sanitario formato specificamente sul lutto e sulla patologia in gravidanza. Nella maggior parte dei casi, le donne, dimesse dopo un aborto spontaneo e una morte intrauterina o la morte perinatale, non dispongono di una rete di sostegno che possa seguire dopo. Il supporto al padre e ai familiari, fratellini compresi, credo sia del tutto assente dai protocolli generalmente adottati dai centri nascita e dalle ASL. Leggo, perché anche su questo argomento, come su tanti altri, non ne sapevo assolutamente nulla, finché non ne ho sentito parlare da persone direttamente coinvolte, di periodi variabili dai due ai tre anni necessari alla mamma e ai parenti per riprendersi dall'esperienza traumatica, periodi che, se opportunamente supportati, recedono naturalmente fino a trasformarsi in un ricordo "accettabile", ma che, se non opportunamente supportati, in alcuni casi possono rappresentare il prodromo di un travaglio interiore, che si può anche trasformare in psicosi con tutte le conseguenze di tipo sanitario, sociale e anche lavorativo.

Ho cercato - sicuramente con delle imprecisioni dovute alla scarsa conoscenza del fenomeno e del contesto - di rappresentare un problema complessivamente sottovalutato che per chi viene coinvolto risulta però totalizzante. Un problema poco noto agli stessi operatori sanitari e che si può affrontare solo con la consapevolezza di trovarsi di fronte appunto ad un problema di tipo sanitario, sociale, economico e produttivo perché no? Pensiamo anche solo alle assenze dal posto di lavoro e ai relativi costi sociali e sanitari delle patologie conseguenti, soprattutto di quelle psicologiche. Ho letto molto materiale su questo tema per preparare questa interpellanza e mi sono convinto alla fine che una corretta formazione del personale, soprattutto ostetrico, possa diminuire considerevolmente le morti in utero, salvando così la vita di molti bambini e al contempo può prevenire il burnout dei professionisti e degli operatori sanitari che si trovano spesso a dover gestire in solitudine, in modo autonomo la morte prenatale e perinatale, il lutto e il dolore che ne conseguono, perché sono loro le persone a diretto contatto con la madre e con i parenti. "Compito dell'operatore - leggo da un'interessante pubblicazione che mi è stata fornita dalla referente regionale dell'Associazione CiaoLapo di cui parlerò fra un attimo, è intanto stare con la persona in lutto, assumendo una funzione di contenimento rassicurante e protetto, e deve l'operatore essere formato, e sostenuto a sua volta, per poter affrontare il carico emotivo che l'evento luttuoso inevitabilmente scatena in ognuno di noi".

Dicevo prima di quest'associazione scientifico-assistenziale, totalmente apolitica, interamente autofinanziata con i contributi e le donazioni dei soci, che in Italia credo sia l'unica, si occupa, in alcuni casi in convenzione con ospedali, consultori di molte Regioni italiane, è presente in Toscana, in Lombardia, in Piemonte, in Emilia-Romagna, in Campania, in Lazio e in Liguria, di definire percorsi assistenziali e linee guida in caso di morte intrauterina e perinatale. Ho letto sul sito di questa onlus che l'associazione offre sostegno psicologico ai genitori e familiari che hanno subito un lutto prenatale e perinatale; fornisce informazioni circa l'importanza degli approfondimenti diagnostici su madre, padre e bambini a seguito di morti intrauterine e morti perinatali e gli operatori sulle modalità di consegna del referto ai genitori, perché spesso non si effettua nei casi, per esempio, antecedenti credo alle 20 settimane, poi lo dico con beneficio di inventario, non si effettua forse nemmeno l'autopsia. Offre supporto circa la possibilità di chiedere la sepoltura del bambino morto prima della ventesima settimana di gestazione. Mi dicono che prima il feto viene smaltito come un rifiuto ospedaliero se non è specificamente richiesta la sepoltura. Supporta i genitori nelle gravidanze successive ad un lutto perinatale. Insegna alle mamme a monitorare i movimenti fetali attivi dei loro bambini dalla sedicesima alla ventiduesima settimana di gravidanza, in particolare nella fase finale della gestazione, con l'obiettivo di captare segnali di un possibile affaticamento del bambino, che in alcuni casi può portare alla morte antecedente all'evento del parto. Promuove la formazione di personale sanitario secondo le più aggiornate linee guida e conoscenze scientifiche. Incentiva la ricerca psicologica e medica sulla perdita in gravidanza dopo il parto. Consiglia i familiari, gli amici e gli operatori circa le parole da non dire e cosa non fare quando si cerca di consolare un genitore in lutto e poi offre gratuitamente agli ospedali aderenti un box, un memory box per raccogliere i ricordi del bambino che pare sia il metodo migliore per elaborare la perdita e il lutto. In più organizza il 15 ottobre la Giornata mondiale della consapevolezza in molte città italiane attraverso eventi culturali e manifestazioni, che hanno proprio lo scopo di aumentare la consapevolezza sociale sul lutto perinatale, al fine di creare una rete sinergica di genitori, cittadini e operatori sociali. A proposito di questa giornata, che è una delle domande che ho posto nell'interpellanza, è interessante segnalare che la citata associazione ha sostenuto e promosso la proposta di legge dal titolo: "Istituzione della Giornata nazionale della consapevolezza sulla morte perinatale", presentata in questa legislatura da una serie di Parlamentari delle più svariate estrazioni politiche. Credo, così come ho chiesto in forma di interpello, che la nostra Regione potrebbe diventare la prima Regione italiana, altrove le iniziative sono a livello cittadino, addirittura legiferare o a formalizzare in qualche modo l'adesione ufficiale alla giornata del 15 ottobre, intraprendendo così un percorso virtuoso di consapevolezza che potrebbe, lo propongo, magari simbolicamente concludersi anche con l'illuminazione di un nostro monumento così come già fatto efficacemente per eventi importanti. Ultima la Giornata sull'autismo e contro le discriminazioni legate all'orientamento sessuale. Sarebbe un piccolo segno, ma estremamente importante per una Regione come la nostra, tra l'altro, appena classificata da Save the Children come una delle Regioni italiane più amiche delle mamme, una notizia recentissima, o per il nostro ospedale e, in particolare, per il nostro centro nascite, tra l'altro, da tempo ufficialmente riconosciuto come "amico del bambino". Sono anni che ci possiamo onorare di questo riconoscimento per alcune pratiche, come, ad esempio, l'allattamento al seno. Aggiungere e concludere i numerosi programmi in essere già sperimentati con un'iniziativa, un progetto finalizzato alla prevenzione del lutto in gravidanza o del corretto approccio al lutto prenatale e perinatale sarebbe un segno di grande civiltà e di attenzione verso i nostri bambini e i loro genitori.

Presidente - Per la risposta, chiede la parola l'Assessore Bertschy, ne ha facoltà.

Bertschy (UVP) - Una considerazione politica iniziale. Io credo che sia da sottolineare come in questo Consiglio a volte si portano argomenti di vario tipo, a volte si arriva a confrontarsi su questioni non così fredde e così poco forse anche attinenti al vivere reale e all'umanità che sta dietro certi approcci. Mentre oggi io credo sia da sottolineare l'umanità che sta dietro a questa interpellanza, perché vero è che viene vissuto molte volte da chi non la vive direttamente come una situazione normale che capita e che purtroppo avviene senza un'attenzione così grande da parte di tutti. Mentre effettivamente dietro a una gravidanza interrotta, dietro ad una situazione come quella che lei ha descritto ci sta una vita che si spegne, ma soprattutto ci sta una famiglia che perde un sogno e una speranza in un momento particolare. Nel rispondere alle domande, che daranno attenzione a quello che lei ha sollevato, quindi le anticipo che la volontà, com'è successo per alcune altre interpellanze che sono già state portate in aula, è di lavorare, conseguentemente alla risposta, con chi opera in campo medico, ma anche in campo sociale, all'interno dell'azienda, con le associazioni per dare continuità a questo messaggio che oggi viene lanciato.

Rispetto alle domande che lei propone, la prima chiede: "se esiste una banca dati precisa e dettagliata delle casistiche indicate in premessa nell'interpellanza - che lei ha ben evidenziato - e se, in caso contrario, vi è l'intenzione di standardizzare protocolli di ricerca sulla madre e sul bambino completi ed esaurienti dal punto di vista della raccolta dati". Ad oggi i dati relativi all'evento del MEF (Morte Endouterina Fetale), sono raccolti per alimentare il flusso informativo del certificato di assistenza al parto. Questo dato dal decreto del Ministro della sanità del luglio 2001, che risponde ad un regolamento che cita: "la modificazione al certificato di assistenza al parto per la rilevazione dei dati di sanità pubblica e statistici di base relativi agli eventi di nascita, alla nati-mortalità e ai neonati affetti da malformazione". Questa è, almeno su base regionale e nazionale, la fonte più ricca di informazioni che ci può permettere di valutare, sia sotto il profilo sanitario che epidemiologico, tutti gli aspetti relativi all'evento nascita. Nell'ultimo quinquennio 2012-2016 le nostre strutture di Ostetricia e di Ginecologia hanno registrato una percentuale di morte endouterina fetale dello 0,2 percento. Diciamo che è un valore che corrisponde alla media nazionale, anche se poi su questo bisognerà fare degli approfondimenti rispetto anche a sistemi di rilevazione.

La seconda domanda è: "se avverte la necessità che nella nostra regione si sviluppino interventi mirati alla formazione della figura professionale, in particolar modo delle ostetriche, circa il sostegno delle famiglie colpite da lutto perinatale per arginare i loro livelli di stress nel senso di impotenza e, contestualmente, la realizzazione di specifici progetti volti a garantire la migliore assistenza possibile all'intero gruppo familiare colpito da morte perinatale, al fine di contenere e ridurre gli effetti del lutto complicato".

Dalle strutture dei nostri servizi si informa che tutte le coppie colpite dall'evento, che afferiscono alle strutture di Ostetricia e Ginecologia, possono usufruire di un supporto psicologico durante tutto il periodo del ricovero. Presso la struttura di Ostetricia e Ginecologia è nato un programma di continua formazione che ha permesso, con la collaborazione con le strutture di psicologia iniziata nel 2015, una formazione sul personale. Ci sono stati tre periodi di formazione e chiaramente l'obiettivo è quello di far acquisire residenze operative che facilitino il fronteggiamento di eventi ad elevata complessità emotiva e relazionale come la morte perinatale. L'obiettivo ulteriore che dovremmo continuare ad acquisire, che è quello che lei ha ben sottolineato, è quello di favorire anche una modalità di relazione tra gli eventi e purtroppo i genitori e le persone che vengono coinvolte. La legge n. 31/2006: "Morte inaspettata del feto di età gestazionale superiore alla venticinquesima settimana" ci sta portando a lavorare, insieme a Ostetricia, Ginecologia, Medicina legale, Direzione sanitaria e Psicologia, ad un protocollo che standardizzi con un approccio più metodologico il percorso operativo di accompagnamento a questi eventi.

La terza domanda è: "se vi è l'intenzione di coinvolgere attivamente le associazioni e ogni utile soggetto riconosciuto che possa supportare la struttura pubblica nella definizione di protocolli assistenziali e linee guida in caso di morte endouterina e perinatale". Evidentemente come per altre collaborazioni che sono in atto con le associazioni, con quelle a livello regionale è più semplice, con quelle a livello nazionale bisogna trovare i riferimenti e farle crescere ed è necessario costruire percorsi di lavoro che aiutino a migliorare i servizi che vengono resi in ambito pubblico. In questi giorni l'ho sottolineato in ogni occasione che la fortuna è stata costruita nel tempo da parte di tutti coloro che hanno operato in questo ruolo e intorno al mondo della sanità, è di avere una sanità con professionisti che si dedicano con attenzione al loro lavoro, ma di avere soprattutto tante associazioni che sostengono l'ambito pubblico con la loro azione e con il loro intervento diretto. In questo senso quindi sono importanti le cose che ha annunciato, gli obiettivi che l'associazione si propone, trovare momenti di lavoro comune per vedere come continuare a far crescere questa collaborazione. Credo che accogliere le suggestioni non possa che migliorare la qualità dei servizi e aprirsi a confronti, che permettono migliori risposte da parte di tutti.

L'ultimo punto è: "se la Regione ha intenzione di incentivare la partecipazione dell'azienda e di eventuali altri soggetti interessati alla tematica alla Giornata mondiale della consapevolezza prevista per il 15 ottobre di ogni anno, allo scopo primario di aumentare la consapevolezza sociale del lutto perinatale al fine di creare una rete sinergica di genitori, cittadini e operatori sociali".

Io credo che questo sia un obiettivo giusto e importante, sul quale lavorare insieme però anche alle persone che hanno voglia di sostenere in ambito di associazioni questo obiettivo, perché, proprio per le premesse, per come lei ha portato l'argomento in aula, deve diventare qualche cosa di sentito all'interno della comunità, purtroppo di chi l'ha vissuto ed è riuscito poi a uscire da questo momento di difficoltà e di lutto e che ha voglia di sostenere con la propria triste esperienza altre persone che si ritrovano a viverla. In questo senso quindi "sì" la volontà di arrivare a questo appuntamento, ma credo sia importante arrivarci non isolati politicamente, ma insieme a persone che vogliono sostenere questo messaggio.

Concludo chiedendo la collaborazione anche su questo tema ad aprirsi ad una discussione, ad un momento di lavoro che possa permettere a tutti di migliorare le condizioni di servizio attuale.

Dalle ore 12,01 assume la presidenza il Vicepresidente Fosson.

Fosson (Presidente) - Per la replica, chiede la parola il Consigliere Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz (PD-SIN.VDA) - Non ho citato dei numeri. L'entità del fenomeno delle gravidanze che non arrivano a termine è considerevole, tant'è che si stima, leggo sui documenti che ho potuto trovare in internet, che una gravidanza su sei si interrompe con la morte del bambino. Parliamo di eventi che colpiscono e tra il 15 e il 20 percento di tutte le gravidanze va incontro ad una perdita. Credo che rientrino in questa casistica anche i cosiddetti "ovuli chiari" o "ovuli bianchi", quindi tutta una serie di eventi. Il fenomeno quindi è estremamente diffuso che credo abbia toccato molti nostri conoscenti. Io personalmente ho vissuto un evento del genere, quindi so e sappiamo anche l'effetto che ha sulle mamme, ma che ha anche sulle famiglie che in qualche modo, nel momento in cui decidono di intraprendere una gravidanza, costruiscono anche dei progetti di vita di un certo tipo.

Io ho citato un'associazione in particolare, perché ad oggi credo sia forse l'unica associazione in Italia, ma poi ovviamente non è intendimento mio sponsorizzare nessun tipo di associazione, anzi la collaborazione con persone che hanno subito questi eventi, che hanno deciso di reagire, magari intraprendendo anche un percorso di sensibilizzazione, è ben accetto e anzi è assolutamente da incentivare e credo che obiettivo della politica sia anche quello di rendere visibili certe necessità.

La questione della Giornata mondiale della consapevolezza non è un evento italiano, è un evento di cui si è tentato di costruire anche un percorso di riconoscimento legislativo; è un evento che oramai ha una diffusione credo in oltre 60 Paesi nel mondo. Questa "Babyloss Awareness Day" quindi è una giornata che dà l'opportunità, è un'opportunità questa giornata del 15 ottobre di creare degli eventi di approfondimento di tipo culturale, medico, sanitario, anche semplicemente nella popolazione di approfondimento rispetto ad una tematica che spesso viene nascosta. Quando io prima parlavo di sentimenti di vergogna, di inadeguatezza che la mamma ha nella seconda e nella terza fase, dopo lo choc di questo evento, sono sentimenti che, se non ben affrontati, causano delle problematiche e delle ricadute non indifferenti anche di carattere sociale. Vi è proprio la negazione, il fastidio - leggevo su alcuni protocolli - nel vedere mamme, per esempio, in stato interessante. C'è il cercare di rifuggire da situazioni in cui vi sono delle coppie che hanno in itinere una gravidanza, quindi il cercare di rendere esplicito un fenomeno, che è naturale perché avviene, è sempre avvenuto, anzi oggi con le tecnologie mediche forse il fenomeno è stato di molto arginato.

Io ho visto anche i dati rispetto a 10 anni fa, oggi comunque progressivamente, man mano che si va avanti con il tempo, si hanno sempre meno morti inaspettate, forse perché i protocolli medici e le tecniche mediche sono più evolute. Questa giornata però, secondo me, è proprio un modo per mettere in chiaro che esiste un problema che può essere affrontato tranquillamente attraverso la consapevolezza del fatto che non è un problema della mamma e neanche un problema della società, ma è un evento normale di cui la società, in qualche modo la politica, il sistema sanitario si fa carico attraverso percorsi magari di recupero. Lei, Assessore, prima diceva che esiste un percorso di recupero durante il ricovero. Io le accennavo, così come mi è stato raccontato, che il recupero è una cosa lunga, ma questo tipo di perdite presuppongono nella famiglia, nei nonni, nei fratellini maggiori che a volte subiscono anche un attaccamento quasi eccessivo da parte della mamma...comportano degli approcci che devono essere inseriti dentro i protocolli. Bisogna seguire queste persone, bisogna seguire anche successivamente, o quanto meno proporre a queste persone un percorso nella consapevolezza che si può tranquillamente arrivare ad un'accettazione del fatto che questa cosa non ha quella gravità di cui molti ad un certo momento, se lasciati in solitudine, si caricano.

Dalle ore 12:12 riassume la presidenza il Presidente Rosset.