Oggetto del Consiglio n. 78 del 12 febbraio 1981 - Resoconto
OGGETTO N. 78/81 - PROSECUZIONE E CHIUSURA DELLA DISCUSSIONE GENERALE SUI DISEGNI DI LEGGE N. 255 E N. 256 CONCERNENTI IL BILANCIO DI PREVISIONE DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA VALLE D'AOSTA PER L'ANNO FINANZIARIO 1981.
Presidente - Siamo sempre in discussione generale degli oggetti 12 e 13 dell'ordine del giorno. Ha chiesto di parlare il Consigliere Lanivi. Ne ha facoltà.
Lanivi (DP) - Diciamo che la discussione su questo bilancio, e lo si è potuto notare anche dagli interventi dell'opposizione, esprime una situazione di difficoltà che non è soltanto una difficoltà parziale o territorialmente ridotta come quella regionale, ma è una difficoltà più grande perché la nostra vicenda si svolge avendo quale sfondo la situazione del Paese, quindi di una realtà nazionale, e non solo nazionale, più vasta e le cui conseguenze si fanno sentire anche sulla nostra realtà e anche su un documento quale il bilancio di previsione dell'amministrazione regionale per il 1981.
Occorre innanzitutto fare, a mio modesto modo di vedere, una premessa: noi possiamo pensare di vedere nel bilancio regionale interamente l'azione di una Giunta, di un governo. Il bilancio è, indubbiamente, un documento importante, forse il più importante di un'amministrazione, ma non bisogna fare assumere a questo documento più significato di quanto possa avere in quanto questa maggioranza, come le maggioranze precedenti, ha delle caratteristiche che non possono essere definite dall'esame di un bilancio.
Non voglio affrontare l'esame di questo documento dal punto di vista prettamente tecnico-contabile, cosa che ha fatto in maniera encomiabile il collega De Grandis, ma piuttosto soffermarmi su alcuni dati di tipo politico. Indubbiamente, questo bilancio segna e testimonia due tipi di difficoltà. Il primo è di tipo esterno, superiore alla Valle d'Aosta, e, come ho detto in precedenza, influisce in termini negativi sul bilancio regionale.
In questo ordine di difficoltà, vi è, per esempio, da tener conto di una tendenza a livello legislativo nazionale che limita obiettivamente l'autonomia delle capacità decisionali dell'amministrazione regionale. A livello nazionale si è andato affermando un tipo di intervento settoriale con la predisposizione di leggi quadro per settore, la contrattazione a livello centrale tra i rappresentanti regionali delle fette che spettano alle singole Regioni per cui il bilancio regionale, formato anche da una sommatoria di cifre e di interventi che vengono spostati dal potere centrale al potere regionale, è sancito a livello nazionale non solo come quantità, ma anche come destinazione di spesa.
Questo modo di legiferare, che sempre più il legislatore nazionale sta seguendo, è, obiettivamente, un dato limitativo delle capacità e delle autonomie regionali. Se questo può essere accettato e non suscita particolari problemi per la Regione a statuto ordinario, diventa un problema più grande per le Regioni a Statuto speciale e cioè per quei poteri politici che hanno da affrontare situazioni particolari come quelle espresse dalle Regioni a Statuto speciale.
Un altro elemento che ci proviene dall'esterno e che ha conseguenze per noi è l'assunzione, da parte degli Enti pubblici di un sempre maggiore carico di impegni, di oneri e di compiti. Questo significa, per il potere regionale, la necessità di una continua dilatazione del personale e dei servizi, una progressiva burocratizzazione, e, sul piano del bilancio, una progressiva rigidità. Nel 1971, esattamente alla vigilia del riparto fiscale, ad esaurimento di quello precedente, si era notato che la rigidità del bilancio non era soltanto data dalla somma delle spese che obbligatoriamente l'amministrazione deve sostenere, come il pagamento di stipendi e di certi servizi o oneri obbligatori, ma anche dall'applicazione di leggi che l'amministrazione si è data, magari anche superate, da consuetudini e prassi, che nel bilancio trovano collocazione come spese ripetute e diventate "obbligatorie". In tal modo la libertà finanziaria dell'amministrazione regionale tende a ridursi progressivamente allo zero.
Uno degli elementi che più contano nella rigidità o nel progressivo irrigidimento del bilancio regionale è, indubbiamente, questa tendenza che si è affermata nel nostro Paese, e quindi nella nostra Regione, di un aumento di compiti e funzioni dell'Ente pubblico, per cui esigenze e aspirazioni del cittadino hanno trovato nell'Ente pubblico il primo interlocutore, che vi ha provveduto costruendo nuovi centri, in definitiva dilatando la propria dimensione burocratica. Questo porta a una dilatazione della burocrazia che progressivamente rallenta, fino a paralizzarla, la possibilità stessa dell'Ente pubblico di far fronte a nuovi servizi e a nuovi compiti.
Vorrei aggiungere una questione che ha dei risvolti tipici per la Valle d'Aosta: l'inflazione. Se nel resto del Paese questo aspetto ha certe caratteristiche, nella Valle d'Aosta ne assume alcune particolari, perché accanto ad alcuni dati negativi, quali la perdita di valore della moneta, l'aumento del costo della vita, la perdita di valore dei salari, vi sono dei risvolti in positivo: l'aumento del turismo di fine settimana. Questo fenomeno ha avuto conseguenze anche sotto il profilo commerciale, con una serie di grandi negozi che il commercio piemontese è venuto a collocare alle porte di Aosta proprio per drenare la importazione. Vi è quindi l'ingresso nel nostro Paese di moneta pregiata di una corrente turistica che, molto probabilmente trova la sua giustificazione nel cambio favorevole che i turisti di fine settimana hanno, venendo nel nostro Paese, a moneta debole, per fare degli acquisti. Questo nella nostra piccola Regione conta, è un fatto che potrà avere notevoli conseguenze, sulla rete commerciale di distribuzione.
Un altro aspetto, per certi aspetti positivi per l'economia regionale, è l'aumento dei proventi della casa da gioco di Saint-Vincent, l'inflazione e la perdita di credibilità della moneta fa si che il volume del denaro giocato a Saint-Vincent aumenti e quindi in qualche maniera corregga gli effetti negativi della perdita di valore della nostra moneta.
Tutti questi dati hanno pesato su un documento contabile, ma soprattutto sulla economia regionale e quindi tale documento contabile dell'amministrazione regionale va considerato all'interno della logica complessiva dell'economia, dello sviluppo e della crescita regionale nel suo insieme.
I tentativi, quindi, degli stessi rappresentanti delle forze di opposizione, di aprire una polemica su questo bilancio sono ridotti e possiamo dire che il taglio dato dall'opposizione a questo bilancio è ben lungi dall'essere considerato feroce o duro.
Mi pare che negli stessi interventi dell'opposizione ci sia, sullo sfondo, la preoccupazione di una realtà più vasta, che offre molti spunti per considerare non solo la nostra situazione, ma quella più globale con grande attenzione ai dati di fragilità e di difficoltà che offre.
Questo vuol dire che su questi dati il bilancio va assolto e approvato? No, ma significa prendere in dovuta considerazione quegli elementi e quei dati che condizionano la nostra realtà e rispetto ai quali, - e qui è la nostra responsabilità - vanno prese delle misure, adottate delle strategie per evitare che la Valle d'Aosta diventi preda indifesa di scelte che, obiettivamente tendono a ridurre la sua autonomia.
La definizione del rapporto finanziario con lo Stato, indubbiamente, ci farà superare un grosso limite, dando la possibilità all'amministrazione regionale di avere fondi sufficienti per fare fronte ai suoi impegni.
Accanto a questo, però, nel rapporto con il potere centrale, è chiaro che si deve sviluppare una nostra iniziativa politica, una capacità di dominare la vicenda regionale perché queste maggiori risorse vengano indirizzate per consentire non solo lo sviluppo socio-economico della nostra Regione, ma per porla a riparo da future o possibili future scelte e sviluppi negativi del Paese che possono avere ripercussioni su di essa.
Il secondo ordine di difficoltà deriva dalla nostra situazione regionale. Possiamo, dire complessivamente, che nella nostra Regione non si è ancora realizzata una unità culturale che consenta l'individuazione degli obiettivi che devono guidare il processo programmatorio. Più volte in quest'aula è stata sottolineata l'esigenza di adottare un processo programmatorio, e questo è più che giusto, ma dobbiamo capire che il processo programmatorio è un metodo che deve essere guidato da fili ben stabiliti, che la Regione Valle d'Aosta da lungo tempo persegue e cerca di definire, anche perché l'individuazione, di questi fili non è operazione che possa essere compiuta da pochi, ma piuttosto il frutto di una maturazione culturale complessiva della Regione, e quindi di tutte le forze politiche nel loro insieme, e solo questo processo di progressiva maturazione culturale darà alla Regione, come comunità nel suo insieme, la possibilità di definire gli obiettivi centrali che saranno alla guida del processo di programmazione.
Senza questi obiettivi il processo programmatorio può essere processo che razionalizza, ma che non utilizza tutte le possibilità della Regione verso l'obiettivo centrale stesso, la sopravvivenza, la crescita di una comunità particolare come la Valle d'Aosta, con sue proprie caratteristiche. C'è il rischio, per la Valle d'Aosta, che l'adozione di processi di programmazione con puri intenti di razionalizzazione, la spoglino delle sue caratteristiche, dei suoi ruoli, dei suoi obiettivi fondamentali. E non a caso, anche se inconsapevolmente, da parte di politici più o meno discutibili, di cui non faccio il nome, vi è stata una resistenza al processo di programmazione.
Intuivano, infatti magari senza comprenderlo, il rischio che il processo stesso di programmazione può avere se ad esso non si antepongono degli obiettivi compatibili con gli interessi di fondo della Comunità Valdostana.
E mi pare che questi obiettivi, ed è bene ribadirlo ancora oggi, non possano che essere la sopravvivenza di un popolo e di una cultura.
Questo può e deve rappresentare quel minimo comune culturale che può stabilire un diverso confronto tra le forze politiche, rispettando cioè caratteristiche e nature diverse, ritrovarsi su un dato col quale può venire fuori l'indicazione da porre a capo del processo di programmazione.
Di fronte a questo bilancio quindi, sarebbe errato parlare di soddisfazione o insoddisfazione, è un'occasione che cogliamo per analizzare non solo la situazione regionale, ma in termini più vasti, il rapporto tra questo Consiglio. L'Amministrazione regionale e la Comunità Valdostana che deve essere al centro vero dei nostri interessi.
Se io dovessi dire che questo bilancio va comunque votato direi una cosa che non penso, è un bilancio che si colloca in una linea di sviluppo in positivo, quindi è un momento in positivo, non di perfezione, rappresenta un punto che dobbiamo superare. L'amministrazione regionale ha avuto del coraggio che in questo documento è esemplificato e testimoniato da tagli fatti con criteri di tipo politico. È un bilancio che, lo ha detto il Consigliere De Grandis, e ne prendo atto con molto piacere, ha avuto il coraggio di non bluffare, in cui vengono detti limiti e difficoltà dell'amministrazione che ha avuto il coraggio, in questa situazione, di presentarsi all'esame di questo Consiglio regionale. Gran parte di questi limiti di tipo contabile, prettamente finanziario saranno superati dal nuovo bilancio regionale.
Il tema sul quale io voglio porre l'accento come responsabilità nostra, cioè del Consiglio regionale e delle forze politiche valdostane, è, invece, l'altro aspetto, cioè il superamento di un nostro modo di essere politico, di una nostra capacità di proporre alla Comunità Valdostana degli obiettivi che superino le angustie non del bilancio, ma di un nostro modo tradizionale di fare politica. Sino ad oggi l'attività dell'amministrazione regionale ha, in una sua prima fase, teso, e ci è riuscita attraverso un bilancio positivo con cui detrattori o sostenitori di maggioranze o di forze politiche diverse devono fare il conto, al soddisfacimento di alcune esigenze primarie della Comunità Valdostana, come gli acquedotti, le fognature, le strade. Queste esigenze, a cui oggi possiamo guardare con un certo sorriso, solo attraverso l'attività e questa autonomia sono state garantite alla popolazione valdostana, e solo 30 anni fa, non secoli fa, volevano dire isolamento, assenza di quelle minime infrastrutture civili che consentono a una comunità di vivere e di progredire.
Dopo questa prima fase, stiamo vivendo la seconda: affrontare in maniera più matura i problemi della scuola, della sanità, dell'abitazione, ecc. Anche questa domanda si esaurirà nel giro di pochi anni, dobbiamo, quindi, pensare alla domanda che, verso la metà e la fine degli anni '80, si farà più precisa e più forte della nostra comunità: la domanda di cultura. Non possiamo pensare di utilizzare con sempre maggiore forza o in maggiore quantità il bilancio regionale per aumentare contributi o per creare o inventare esigenze semplicemente perché pensiamo di avere i denari per soddisfarle, le prossime esigenze saranno di tipo culturale, e mai come per la Valle d'Aosta questo discorso può essere opportuno. La nostra autonomia, se non la rafforziamo culturalmente, se non le diamo queste caratteristiche, con difficoltà si riuscirà a distinguerla dalle altre. Tutto ciò che si spenderà nei prossimi anni a favore dello sviluppo culturale sarà ben speso. Possiamo anche fare degli sprechi, ma varrà la pena di fare degli sprechi a favore di iniziative, di attività culturali che daranno senso alla nostra Regione.
Per terminare, allora, mi pare che le indicazioni alla Giunta regionale potrebbero essere così riassunte: l'azione culturale va posta, con forte convinzione, al primo piano accanto alla formazione professionale, che non va intesa come attualizzazione del vecchio concetto di istruzione professionale, cioè apprendimento o insegnamento minimale da dare a chi ha finito la V^ elementare per andare a fare il falegname o il fabbro, ma come preparazione dei quadri tecnici, dei quadri dirigenti amministrativi di cui la Regione avrà bisogno. In assenza di questo la nostra realtà regionale sarà continuamente debitrice di quadri che dovranno provenire dall'esterno, per cui si realizza questa contraddizione, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni: che nella misura in cui si sostiene il soddisfacimento di certi servizi, questo comporta l'importazione a caro prezzo di quadri tecnici dall'esterno.
Basterebbe, per verificare questo, andare in ospedale dove si può benissimo rastrellare un mucchio di persone della Comunità n. 3 inservienti, infermieri o infermiere d'ultimo rango a livelli di retribuzione più bassi, ma quando lentamente si sale nella gerarchia dell'ospedale, si arriva ai livelli più alti di retribuzione, di giovani o di personale della Valle d'Aosta se ne trovano sempre di meno.
Per questo, non solo dal punto di vista culturale e sociale, ma anche economico, è importante che la Regione sappia costruire un tipo di politica, di formazione professionale che abbia queste caratteristiche, la capacità cioè di dare sbocco alle energie umane di cui è in possesso.
Il terzo punto è il decentramento: a questo proposito avrei dei dubbi circa la proposta avanzata dal Consigliere di Nuova Sinistra, che i maggiori contributi ai Comuni significhino realizzare il decentramento. La realtà dei Comuni della Valle è molto diversificata, si va da un Comune come Aosta che può competere, sia sotto il profilo organizzativo, che sotto il profilo tecnico, con la stessa amministrazione regionale, a un Comune come Rhême-Notre-Dame con 95 residenze anagrafiche. Questi due poli estremi danno l'idea della realtà della nostra Regione, quindi, molto probabilmente, il contributo che la nostra amministrazione regionale dà ai Comuni può servire ad affrontare certe spese minimali obbligatorie per tutti, ma questo non significa affatto risolvere i problemi delle autonomie comunali. D'altra parte, oggi, i problemi più grandi difficilmente si risolvono a livello comunale, vi è ormai una dimensione che non è più quella del Comune.
Il Comune di dimensione media in Valle d'Aosta non è superiore ai 600 abitanti e, forse, con il censimento dei prossimi anni questa media verrà ancora abbassata e, di fronte ai servizi cui queste comunità devono fare fronte, questa dimensione comunale è insufficiente. Ritornando al discorso delle comunità montane senza farne né dei miti, né delle battaglie di bandiera, la struttura delle dimensioni sovracomunali è l'unica possibilità di risolvere, in modo anche economicamente compatibile, il discorso dei servizi. Qui bisogna stare, però, attenti e anche da parte delle forze politiche viene chiesto un minimo di coerenza e di onestà.
Ron Kane, nell'ultimo suo libro "USA-URSS: Giganti malati", tra le malattie degli Stati Uniti d'America parlava della incompatibilità delle aspirazioni di quel Paese, cioè un popolo che esprime delle aspirazioni incompatibili tra loro. Dobbiamo stare attenti anche noi, in Valle, a non portare avanti delle aspirazioni non compatibili. Non possiamo, nello stesso tempo, fare in quest'aula delle battaglie sovracomunali, cioè di una dimensione diversa da quella regionale per risolvere i problemi, e, nello stesso tempo, solleticare il campanilismo, perché a questo punto il risultato è zero, il risultato è di raggiungere una estremizzazione delle posizioni campanilistiche di un potere centrale della Regione.
Credo che la maggioranza che si è formata rappresenti un quadro politico realisticamente capace di affrontare questi problemi, non fosse altro perché contiene al nocciolo la collaborazione e la solidarietà tra le forze regionalistiche, le quali hanno l'onore, ma anche l'onere di farsi portatrici di un discorso di sviluppo della nostra Regione.
Questa maggioranza può, non solo, raggiungere l'obiettivo di sanare quelle temporanee deficienze contabili del bilancio, ma consentire il raggiungimento degli obiettivi che ho elencato e che facevano parte delle dichiarazioni programmatiche del Presidente Andrione, al momento in cui questa maggioranza si è presentata in questo Consiglio.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.
Berti (ACV) - Questo è un bilancio, un po' particolare, come giustamente è stato definito dall'Assessore alle Finanze nella sua introduzione di ieri, anomalo, è un bilancio restrittivo, in rosso, che ha dato dei grossi tagli a tutte quelle spese e quelle programmazioni che potevano essere oggetto di una scelta politica in certi settori.
Non c'è molto da dire perché penso che la discussione principale, nonostante questo sia l'atto più importante che questa Amministrazione compie nell'arco dell'anno, sia come strumento politico, che come strumento programmatico, la si potrebbe avere in questi giorni in occasione della discussione del nuovo riparto fiscale. L'Assessore infatti ieri ci ha comunicato che, forse, fra qualche mese, un più massiccio introito nelle casse della Regione. Penso che in quel momento l'importante sarà trovare delle soluzioni e vedere quali siano le branche produttive nei vari settori del terziario, nel settore edilizia, che qui mi sembra un po' trascurato, in molti altri settori produttivi che diano un po' di spazio, di respiro alla nostra Regione.
Sono limitatissime le spese di scelta perché quelle correnti, la Sanità, la Pubblica Istruzione, il personale, ci portano via una gran parte di questo ridotto bilancio. Per chiarimenti sui vari capitoli mi riservo di intervenire in seguito per alcune delucidazioni, nella discussione che si avrà nell'esame capitolo per capitolo.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Mafrica. Ne ha facoltà.
Mafrica (PCI) - Siamo in un momento di esame del bilancio e io penso che si possa anche cercare di fare un bilancio più complessivo, cioè quello dell'attività dei sei anni di una Giunta regionale di un certo tipo. La valutazione che penso di poter fare e che stiamo di fronte a un progressivo impoverimento dell'autonomia valdostana.
La caduta della Giunta Dujany nel 1974 è, a mio giudizio, il momento in cui ha avuto inizio questo processo di decadenza, di abbandono degli indirizzi autonomistici più sostanziali, e voglio anche argomentare su questo punto. Dal 1970 al 1974 la Giunta Dujany, che ricordo era formata, almeno per un certo periodo, dai Democratici Popolari, dal Partito Socialista, dall'Union Valdôtaine Progressiste, con l'appoggio esterno del Partito Comunista, a mio giudizio, si è avuto un forte momento di ispirazione autonomista e progressista. Esempi in questo senso sono l'acquisizione del riparto fiscale, che adesso viene messo in discussione, un rilancio della programmazione (ricordo che allora è stata predisposta per la prima volta la bozza di piano di sviluppo) iniziativa per il decentramento, che ancora adesso sono rimaste a quel livello, l'istituzione delle Comunità Montane, la ricerca di nuovi strumenti per la gestione del bilancio, che sono rimasti a quel punto, il fondo di rotazione per i diversi settori, tentativi di riorganizzare la struttura amministrativa della Regione, di mettere ordine nelle funzioni e nell'organizzazione del personale. C'era stata, allora, anche una ripresa del dibattito culturale che aveva portato nella scuola iniziative, anche se discusse, di riforma che aveva animato il dibattito tra gli insegnanti, gli studenti e le famiglie.
Negli anni successivi, a nostro giudizio, questi elementi che ho ricordato si sono man mano svuotati e la Valle d'Aosta è diventata non più una Regione così speciale come poteva essere in anni passati, ma forse, una delle tante Regioni dello Stato italiano, in cui è massiccia e influente la presenza nel potere della Democrazia Cristiana. Questo lo vediamo, innanzitutto, nel modo di atteggiarsi del governo regionale nei confronti dello Stato. Come in tutte le Regioni in cui la Democrazia Cristiana è al governo, invece che di una ricerca di un confronto effettivo tra potere locale e potere centrale, si preferisce la ricerca di canali particolari, di rapporti tra amministratori democristiani a livello locale e a livello nazionale. Anche qui si è scelta questa strada, sia per il riparto, sia per i 20 miliardi venuti come contributo particolare l'anno scorso, sia per cercare di risolvere il problema della grande viabilità, della superstrada tra Aosta e Courmayeur.
Direi che questo metodo nei rapporti tra Regione e Stato è quasi una caratteristica del modo di gestire il potere della Democrazia Cristiana. Vedo un'analogia nel ricorso ai rapporti tra amici, invece che tra istituzioni, anche nel fatto che in questi giorni ci sia da parte della Democrazia Cristiana il tentativo di non essere scavalcata da nessuno nei rapporti con il Presidente degli Stati Uniti, tanto è vero che il primo ad essere ricevuto ufficialmente dal Presidente Reagan è stato il Ministro degli Esteri italiano, Colombo. Quindi, io penso che su questo elemento sia necessaria una riflessione.
È vero che ci sono state, nella stessa dichiarazione dell'Assessore alle Finanze, ieri delle correzioni, che all'interno della maggioranza sono venute delle insofferenze rispetto a questo metodo, però, per un certo tempo, si è battuta la grancassa e l'impostazione è stata: alla Valle d'Aosta arrivano o arriveranno o sono arrivati fondi perché ci sono Assessori democristiani che hanno amici democristiani nel Governo. Noi questo lo abbiamo criticato, e pensiamo di avere già ottenuto qualche effetto nelle insofferenze che si sono manifestate.
Ma anche all'interno della concreta gestione del potere noi vediamo un impoverimento della capacità autonomistica della Regione, proprio nel modo in cui la Regione affronta i grandi processi di trasformazione che, pure, in questi anni, si sono realizzati e si stanno realizzando. Ci siamo trovati, in questi anni, di fronte a una crisi sempre più grave dell'industria e rispetto a questi problemi l'iniziativa da parte della Giunta, e in particolare dell'Assessore all'Industria, a nostro giudizio, presenta carenze molto gravi, sia per un atteggiamento di rinuncia rispetto a problemi che hanno momenti di decisione anche esterni tipo la Cogne, la Montefibre, sia rispetto a concreti ripensamenti degli interventi attuati in questi anni verso le piccole industrie valdostane. Abbiamo visto questo impoverimento dell'autonomia nell'agricoltura e nel turismo, sono venuti fuori anche in questi settori, in modo palese, dei problemi che sono la punta emergente di problemi più gravi, mi riferisco al problema del risanamento del bestiame e a quello che si è evidenziato con l'assenza di neve di questo inverno. Qui vengono fuori elementi che derivano da una carenza strutturale di una politica in questi settori.
C'è stata, in questi anni, una gestione del bilancio che, mettendo da parte, se non rifiutando la programmazione, andando contro ogni volontà di decentramento, ha portato una gestione quotidiana, spicciola che rincorre i problemi e ha provocato la situazione per cui oggi ci si trova di fronte a un bilancio in deficit per il 1980 e a un bilancio che deve ricorrere al credito per 35 miliardi per il 1981.
Questi sono elementi di carattere più generale che credo debbano portare a un ripensamento da parte delle forze politiche di questo Consiglio.
Noi riteniamo che questo bilancio, anche se è stato presentato quasi con un po' di cloroformio, quasi mettendo da parte la discussione, in attesa di una discussione, futura sul riparto, sia, in realtà una fotografia della situazione che si viene a determinare quando si utilizza il potere regionale in un certo modo. Quando avendo avuto 20 miliardi, non previsti, in più dell'anno precedente nel bilancio, avendo una situazione complessiva, comunque non trascurabile come entità del bilancio regionale, si arriva ad avere per il 1980 un deficit di 1700 milioni, non si riesce ad incassare 53 miliardi, non si riesce a spenderne altri 64, si presenta per il 1981 una differenza tra entrate effettive e spese di 35 miliardi, significa che non è soltanto una questione contingente, è anche una questione di metodi, di organizzazione della spesa regionale.
Io non voglio entrare nel merito di queste cose, perché l'ha fatto prima il compagno Tonino, ma credo che si debba sottolineare che i tagli fatti in una situazione così difficile rivelino una certa direzione di marcia. Non è senza significato che ben 11 miliardi e mezzo in questi tagli siano stati effettuati su spese che andavano a vantaggio dei Comuni.
È stata denunciata da tutti la crescita, ormai difficilmente controllabile, delle spese correnti, in particolare le spese per il personale scolastico, per il personale regionale, ed è stata anche sottolineata da molti la mancanza di investimenti effettivi per quel che riguarda i settori produttivi, per i fondi di rotazione, uno strumento tra i più dinamici che possono essere utilizzati, non c'è in questo bilancio nessun nuovo intervento. Il bilancio è stato presentato come anomalo, come provvisorio, ma proprio perché non è stato camuffato rivela in modo più chiaro indirizzi e metodi della Giunta regionale, metodi che noi critichiamo, che consistono nel rifiuto programmatico della programmazione, nell'accentramento all'interno della Giunta di tutti i poteri e compiti di amministrazione diretta che potrebbero, invece, essere trasferiti senza difficoltà anche a Comuni più piccoli, nell'amministrazione fatta prevaricando altri poteri, altri livelli quali le Comunità Montane. Io non so se non si possa rinunciare a questa ormai tradizionale venuta dei Sindaci il martedì al Palazzo regionale; credo che, se si trovasse qualche strumento, probabilmente, si potrebbero ottenere risultati migliori anche lasciando i Sindaci nel loro Comune.
Noi non facciamo della programmazione un mito, ma crediamo che, senza un coordinamento delle politiche di spesa, le spese correnti diventino prevalenti, così come risultano vincenti le pressioni fatte da singoli o da gruppi, perché più immediate, rispetto a interessi più collettivi; senza coordinamento della spesa, anche per affrontare problemi gravi, è facile andare incontro a scelte casuali, a scelte tampone che non affrontano i problemi alle radici. Decentramento e programmazione non sono per noi solo obiettivi politici generali: il decentramento non serve solo per stimolare una partecipazione e per favorire una crescita democratica della Comunità valdostana nelle sue capacità di autogoverno, ma è anche una necessità, perché occorre liberare la Giunta Regionale e il Consiglio Regionale da compiti di amministrazione diretta, di spesa spicciola, per lasciare loro compiti di indirizzo e di legislazione che non sempre riusciamo a fare, come dovremmo, nei tempi dovuti.
Il bilancio, indubbiamente, può essere considerato provvisorio, però per alcuni mesi sarà lo strumento che consentirà la spesa, almeno fin quando non sarà definitivamente approvato il riparto fiscale e almeno fin quando non cominceranno queste entrate del riparto fiscale a essere riversate direttamente nei conti della Regione.
Sul riparto fiscale voglio fare alcune considerazioni: siamo passati, con la presentazione al Consiglio regionale del progetto di legge avvenuto ieri, dal livello tecnico della consultazione tra direzioni tecniche dei Ministeri e Regione, al livello politico con la possibilità di una discussione in Consiglio. È questo, quindi, un primo effettivo passo in avanti. Il giudizio che noi diamo sul riparto fiscale è che si deve andare, con questo strumento, a una riacquisizione di diritti della Regione che con gli anni erano stati via via messi in discussione, a partire dal momento in cui si era fatta, a livello nazionale, la riforma tributaria.
Dobbiamo dire e ribadire che non abbiamo condiviso il metodo con cui, in questi ultimi tempi, si è condotta la questione, metodo con il quale si cercava di tenere all'oscuro il Consiglio regionale, dando a questi soltanto alcune frammentarie informazioni, forse per poi avere non so quali meriti particolari da presentare alla popolazione valdostana. Ma non soltanto il Consiglio regionale è stato tenuto all'oscuro, ci risulta che siano stati tenuti all'oscuro, e questo è ancora più grave, anche i parlamentari della Valle d'Aosta. Non ci risulta che in questo periodo essi siano stati effettivamente coinvolti in questa discussione o trattativa avvenuta con le direzioni dei Ministeri.
Noi non condividiamo questo metodo perché siamo convinti che risponde a una logica deleteria di rapporti tra Stato e Regione, perché questa logica, una volta che abbia portato dei risultati, fa si che i diritti effettivi della Regione, semmai messi in discussione nel tempo, possano essere presentati come concessione, gesto generoso da parte del Governo e dello Stato. La revisione del riparto fiscale, a nostro giudizio, è oggi necessaria ed è una riacquisizione di diritti che la Valle d'Aosta aveva già visto riconosciuti e che erano stati messi in discussione da leggi nazionali ormai da molti anni.
Noi avremmo voluto un procedimento diverso, avremmo voluto partire da una discussione del Consiglio regionale con l'intervento unitario di tutte le forze presenti in Consiglio, nel governo, nel Parlamento, fin dalla prima fase, per accelerare i tempi. Forse il metodo dei rapporti personali, in qualche modo, è riuscito a portare qui lo schema di disegno di legge, probabilmente se la pressione non fosse stata di un singolo Assessore, ma di più forze dell'intero Consiglio, i tempi sarebbero stati più brevi. Il coinvolgimento di tutte le forze, comunque, necessario, perché né all'interno del Governo, né al Parlamento la maggioranza che siede su questi banchi ha analoga maggioranza, quindi è necessaria e indispensabile, da parte di tutte le forze politiche, una iniziativa perché siano accelerati i tempi, siano fatte le cose nel più breve tempo possibile.
Noi daremo il nostro contributo a partire dalla discussione che avverrà lunedì, cercheremo, per quello che ci è possibile, attraverso il Presidente della Camera e i Capigruppo Parlamentari, di stringere il più possibile i tempi, vogliamo, però, che su questa questione si correggano le formazioni, forse propagandistiche, del passato e si vada avanti, invece, con lo spirito unitario, con il senso che si va a una riconquista dei diritti della Regione che erano stati messi in discussione.
Sul riparto altre due osservazioni: abbiamo sentito dal Presidente della Giunta che c'è l'intenzione di chiedere il riconoscimento dei fondi che sarebbero dovuti arrivare per il 1980, chiediamo all'Assessore come mai non si è fatto anche un discorso analogo, vogliamo una spiegazione per gli anni precedenti. Abbiamo visto che nel riparto fiscale del dicembre del '71, erano stati assegnati, sotto forma di contributi speciali, riconoscimenti sia per il '69 che per il '70, quindi almeno due anni.
Il secondo elemento è, a nostro giudizio, più sostanziale ed è la fine che faranno questi soldi quando arriveranno alla Regione. Noi pensiamo che la situazione denunciata da tutti in questo bilancio possa ripetersi, da qui a qualche anno, se non interverranno delle modificazioni nel modo di organizzare la vita regionale e di spendere i soldi del bilancio regionale. Se non si cambia metodo, se non si ha un indirizzo ben chiaro, abbiamo il timore che in un paio di anni, con un processo inflativo che continua a essere dell'ordine del 20% annuo ormai da dieci anni, ci si possa trovare nuovamente in condizioni di rigidità del bilancio e di ingovernabilità della spesa senza che ci sia nessuna valvola di sicurezza, nessun appiglio possibile, perché una volta che il riparto fiscale sarà definitivamente approvato dal Parlamento e quindi operante, se il bilancio regionale si ritroverà nelle stesse condizioni non so cosa potremo fare.
Occorre, quindi, intervenire subito in modo che l'organizzazione della spesa regionale, attraverso la programmazione, il decentramento, la revisione delle leggi non più utili, porti a un qualcosa di più dinamico che sia in grado di far fronte ai problemi della collettività valdostana.
Avviandomi a concludere voglio fare alcune osservazioni di carattere politico sulla relazione fatta dall'Assessore alle Finanze. L'Assessore alle Finanze, oltre a non entrare nel merito del bilancio '81, cercando di spostare l'attenzione sul riparto in modo da illuminare con questa luce del futuro i guasti e le ombre di una situazione attuale a cui occorre porre rimedio, ha fatto, a mio giudizio, almeno tre osservazioni che meritano interesse. Innanzitutto ha cercato di valorizzare il ruolo della Democrazia Cristiana, rivendicando una sua capacità nella trattativa nei confronti di Roma, anche in previsione di trattative che si possono rendere necessarie in futuro, per affrontare problemi che, evidentemente, esistono all'interno della maggioranza. C'è stato inoltre, nella relazione dell'Assessore, un richiamo all'unità della maggioranza, con alcuni elementi che noi abbiamo ritenuto quasi una predica nei confronti di altre forze, che ci sono sembrati rivolti in modo particolare ai democratici popolari. È stata una richiesta, una partecipazione leale all'interno della maggioranza. Noi pensiamo che questo elemento debba essere preso in considerazione perché ci sembra che in una situazione di questo tipo, ci sia un tentativo effettivo, che qualche successo, forse, ha già ottenuto, di mettere nell'angolino la forza dei democratici popolari, di togliere loro lo spazio e la potenzialità che potrebbero avere all'interno della maggioranza. Terzo elemento è un tentativo di ridiscussione rispetto al ruolo egemone che l'Union Valdôtaine ha avuto e continua ad avere nella maggioranza stessa. Questa è stata, per un certo verso, una novità assoluta, perché da molto tempo non sentivamo dalla Democrazia Cristiana porre i problemi in questo modo. Io credo che, effettivamente, quello della arroganza dell'Union Valdôtaine sia un problema che esiste e che abbia provocato, almeno fino ad oggi, degli irrigidimenti nei rapporti tra le forze politiche, su cui è necessario che l'Union Valdôtaine ripensi.
Con queste osservazioni dove voglio arrivare? Se nella stessa relazione dell'Assessore c'erano questi elementi che rivelano discussioni interne, divisioni, contestazioni all'interno della maggioranza, ha questa maggioranza la possibilità di durare? Come si devono collocare le forze dell'opposizione nei confronti della maggioranza stessa? Noi non vogliamo fare i profeti, può darsi che, come hanno sottoscritto i Consiglieri unionisti in un documento pubblicato su "Le Peuple Valdôtain" questa maggioranza duri così come è, sia come maggioranza che come esecutivo fino al 1983. Noi non crediamo, però, che la situazione di difficoltà della Valle d'Aosta, dal punto di vista economico-sociale, i problemi che abbiamo individuato come momenti di decadenza dell'autonomia valdostana possano essere lasciati da parte, perché continuano, nonostante le difficoltà, a esserci i numeri, continua a essere presente e andare avanti una certa maggioranza regionale. Il problema è quello della capacità effettiva dei Valdostani di guidare lo sviluppo della Regione, ad autogovernarsi.
Il secondo problema, rilevato anche dal Consigliere Lanivi, è, in una certa misura, quello della tenuta culturale e morale del popolo valdostano. Noi pensiamo che in questi anni, e in questo ha avuto la sua influenza anche il modo con cui ha governato la Regione, si sia andati verso un modello culturale, un modello di convivenza che mette al centro dell'interesse dei singoli e dei gruppi, il denaro, piuttosto che altri valori. Crediamo che questo sia un elemento di pericolosità, a lungo periodo, anche per lo stesso futuro della Comunità valdostana, che va al di là dell'esistenza di una o di un'altra maggioranza, e che chiede una riflessione da parte di tutte le forze politiche.
Noi non siamo soddisfatti, quindi, delle scelte dell'attuale maggioranza e stiamo lavorando in direzioni diverse per una ripresa dello spirito autonomistico a tutti i livelli, nell'organizzazione dello Stato e nell'organizzazione interna della Regione.
Nell'organizzazione dello Stato, contrariamente a quello che ha affermato il Consigliere Voyat stamattina, le Regioni grosse - Emilia, Piemonte, Toscana - sono state le prime a fare delle leggi con cui hanno decentrato poteri ai Comuni, quindi qualcosa è stato fatto.
A livello di organizzazione regionale il decentramento, tenuto conto, ovviamente, delle possibilità di intervento diverso che hanno Comunità montane e Comuni, deve, a nostro giudizio, fare dei passi in avanti.
Per i processi economici continuiamo ad insistere, senza farne un mito, che un minimo di programmazione sia necessario, perché ci sia un rilancio di un intervento per obiettivi, per programmi rispetto ai principali problemi dell'industria,. dell'agricoltura, del turismo.
Siamo inoltre preoccupati per un certo isterilimento del dibattito autonomistico, ci sembra che la questione etnica valdostana venga usata in modo grossolano più per dividere il popolo valdostano in parti o in partiti, che per cercare di unire tutte queste forze nel progetto di uno sviluppo in condizioni nazionali e internazionali così difficili.
Noi vogliamo lavorare per un'alternativa autonomista e progressista all'attuale maggioranza regionale e in questo senso ci felicitiamo di aver trovato come forze della sinistra una maggiore unità che non in periodi passati a livello regionale - che comprenda le forze della sinistra, le forze laiche, i movimenti regionalisti.
Ci sembra che una maggioranza di questo tipo sarebbe in grado di impegnarsi, più che per le fortune elettorali di ciascun singolo partito, per il futuro della nostra Regione.
Presidente - Ha chiesto di parlare l'Assessore all'Industria e Commercio, Artigianato e Trasporti, Chabod. Ne ha facoltà.
Chabod (DC) - Siccome prima il Consigliere Martin e poi il Consigliere Minuzzo mi hanno tirato per i capelli, devo intervenire soprattutto per il Consigliere Martin. Mi rincresce che non abbia visto l'intervista che ho rilasciato al TG 3 venti o venticinque giorni fa, ad ogni modo: Martin, stai tranquillo!
Per quello che riguarda Minuzzo, sulla questione della programmazione, vi annoierò un momentino solo. Con il bilancio preventivo relativo all'anno 1981 questo Assessorato vuol creare occasione di riflessione per un programma triennale che impegnerà la Regione fino all'83. Intendiamo porci, non come strumento amministrativo di controllo, ma anche come soggetto politico di programmazione e di incentivazione delle attività produttive ed economiche della Regione. Intendiamo svolgere sempre di più questo ruolo con la collaborazione delle forze sociali ed economiche, dei sindacati, delle organizzazioni di categoria e delle rappresentanze politiche.
Non mi voglio pertanto attenere al commento delle cifre di bilancio riportato ed illustrato nella relazione tecnica, ma individuare gli obiettivi che si intendono raggiungere, i mezzi e gli strumenti con i quali si intende prevedere il programma dell'Assessorato e della Giunta.
Come premessa desidero distinguere l'intervento pubblico regionale, incidente sulle strutture e regolato da atto amministrativo, da quello di incentivazione e di indirizzo che chiede ed impone la presenza e la partecipazione e l'iniziativa privata. L'equilibrio fra i settori pubblici e privati potrà realizzare, nell'ottica della programmazione, uno sviluppo ordinato delle nostra Regione.
Fase conoscitiva: Politicamente ritengo che sia assolutamente essenziale superare l'attuale carenza conoscitiva della realtà valdostana e che, pertanto, sia necessario creare strumenti ed organi che approfondiscano e consentano una conoscenza puntuale dell'economia, dell'occupazione, delle infrastrutture, dei trasporti della Valle d'Aosta. Risulta, pertanto, necessario procedere attraverso i seguenti stadi: conoscenza oggettiva e reale dei settori che riguardano industria, commercio, artigianato, trasporti, cooperazione e forze energetiche; valutazione delle carenze dei singoli settori, raffrontando la nostra situazione e quella di altri Paesi industrializzati; individuazione delle linee strategiche di intervento e degli obiettivi che devono essere raggiunti nei singoli comparti del commercio, dell'artigianato, dell'industria.
Censimento demografico delle forze di lavoro. È necessario, innanzitutto, un'analisi sociologica dell'elemento demografico della Valle, deve essere, a mio parere, fatta una cartina della densità abitativa della Regione e delle caratteristiche degli insediamenti.
La fortissima attrazione turistica della Valle d'Aosta è l'elemento che non può essere sottovalutato e deve essere sempre tenuto presente, in quanto, sia in relazione alla residenza che in relazione ai servizi, determinante, forte variazione di tasso di residenzialità, con punte massime di densità abitative nei periodi stagionali.
Questa caratteristica, evidentemente turistica, deve essere tenuta presente nella valutazione dei nostri programmi. L'obiettivo a cui dobbiamo tendere è di ridurre tali incongruenze, prolungando il periodo stagionale e razionalizzando e riconvertendo talune attività commerciali nei periodi non turistici.
Fatta questa premessa ed in base ad un equilibrato assetto territoriale ed urbanistico globale, dobbiamo individuare le prospettive di occupazione per gli anni '80 e quindi determinare la vocazione della Valle d'Aosta nel campo economico e sociale. Su circa 46.000 unità lavorative, comprensive dei lavoratori autonomi, circa 24.000 unità, pari al 52,1%, sono impiegate in attività produttive dell'industria e dell'artigianato. Si deve ritenere che tale indice sia tra i più elevati in campo nazionale, per cui non si debba insistere sull'indirizzo di una maggiore industrializzazione della Regione in quanto potrebbe nuocere a un equilibrato sviluppo della nostra popolazione.
Riteniamo, nel campo della produzione, che debbano essere realizzate delle incentivazioni per un mantenimento dell'equilibrio occupazionale esistente. Nella relazione si è prevista la possibilità di un incremento di 1.200 unità pari a un incremento del 7% nei confronti dell'occupazione attuale. Tale incremento, pertanto, risulta evidentemente non vasto e proporzionato al superamento di una congiuntura negativa. Tale previsione è precauzionale ed è rapportata ad un'ipotesi di sviluppo nel settore produttivo e ad un eventuale incremento demografico.
Ritengo, tuttavia, che l'aumento dei posti di lavoro debba essere cercato nelle seguenti direzioni: espansione e riconversione della piccola, media impresa sia industriale che artigianale, riconversione in posti di lavoro effettivi dell'attuale lavoro nero e della sotto-occupazione, rapporto privilegiato verso quelle attività manifatturiere e di servizi connessi alle caratteristiche della Valle e soprattutto interdipendenti dell'attività turistica.
Problema da affrontare con estrema chiarezza è quello della verifica del decentramento produttivo e quindi della incentivazione a nuovi tipi di installazione. L'artigianato artistico sottolinea, in modo particolare, l'esigenza da parte nostra di valorizzazione l'artigianato valdostano, incrementando l'efficienza delle imprese e valorizzando la sua presenza nei mercati nazionali ed internazionali, in tale campo ha estrema importanza il problema dell'avviamento al lavoro, della professionalizzazione, dell'incentivazione dei giovani.
Il lavoro nel terziario. Abbiamo dovuto individuare la vocazione della Valle nella terziarizzazione, che dovrebbe rappresentare l'obiettivo degli anni '80 come elemento portante dell'economia e come possibile campo di maggiore occupazione.
Terziario vuol dire servizi sanitari, sevizi turistici, servizi bancari, intermediazione commerciale. Nel nostro Assessorato il problema principale è quello relativo alla valutazione e valorizzazione del commercio.
Terziario significa giungere ai livelli dei Paesi maggiormente industrializzati, significa migliore qualità di vita, produttività in settori da troppo tempo lasciati ai margini della valutazione economica. Quando parliamo di questa vocazione verso il terziario, parliamo di una svolta importante dell'economia della Valle, di una svolta qualitativa dei nostri programmi.
La terziarizzazione passa attraverso nuove forme di turismo scolastico, agriturismo, termale, congressuale, attraverso il miglioramento dei servizi, informatica, creditizia, attraverso una maggiore produttività nel comparto mercantile. Quando parlo di mercantile mi riferisco all'autoporto.
Dobbiamo, pertanto, prevedere un incremento occupazionale nell'attività dei servizi, nei settori parasanitari, commerciali e turistici. Si deve presumere che circa il 47% della popolazione attiva dovrà venire occupata nel settore del terziario, se si vogliono raggiungere gli indici dei Paesi CEE. Ne consegue l'esigenza di una nuova politica regionale che abbandoni l'illusione degli anni '70 e crei l'illusione di un nuovo sviluppo economico della Valle. Ciò significa muoversi attraverso delle direttive ben precise, adeguare le normative regionali a una nuova realtà, valorizzare le caratterizzazioni dei settori produttivi, indirizzare ed incentivare lo sviluppo delle attività private e dei diversi settori, prevedere un intervento regionale di supporto e di infrastrutture finalizzate ad un preciso programma di terziario, omogeneizzare i diversi piani programmatici nei diversi Assessorati, nelle direzioni che sono state sopraindicate.
Il commercio. Il commercio è stato tormentato da grossi mali, lo diceva anche il Consigliere Lanivi, prima della legge 426; ha rappresentato un settore rifugio della disoccupazione, della sottoccupazione, del dopolavorismo e del dilettantismo; si sta scoprendo il commercio negli anni attuali in cui emerge l'esigenza di una razionalizzazione delle imprese per un effettivo servizio ai consumatori. Il commercio deve essere considerato come la vera attività di supporto dell'industria e del turismo, ma anche come base di conoscenza dell'indirizzo del consumo. In questo senso dobbiamo combattere le forme di abusivismo e lavoro nero, che determinano evasioni fiscali, evasioni sanitarie, non sicurezza per la collettività. Il piano regionale che l'Assessorato sta predisponendo dovrà eliminare l'eccessiva frammentarietà e dispersione degli esercizi, risolvere il problema della grande distribuzione nella logica di programmazione dei centri di attrazione commerciale e turistica. La determinazione nella lievitazione dell'aumento dei prezzi non si raggiunge attraverso politiche di autarchia o di artificiale congelamento dei prezzi o attraverso demagogiche campagne sui prezzi, la politica sui prezzi, che è l'equivalente di una politica rivolta a garantire un maggiore potere d'acquisto del salario del lavoro dipendente, può essere conseguita solo attraverso una riduzione dei costi che colpiscono le varie fasi dell'intera produzione fino al consumo.
In questa direzione va intesa tutta la politica regionale relativa alla razionalizzazione dei trasporti, alla incentivazione dei centri di approvvigionamento, alla efficienza dell'impresa all'ingrosso e al minuto. In questa direzione la Regione deve imporre una politica di commercializzazione nei propri prodotti agricoli - verdura, frutta, formaggi, vini e carni - attraverso quella che può essere definita un'adeguata educazione dei consumi.
Gli interventi. Quest'analisi conduce alla rigorosa esigenza di interventi nei diversi settori; per quanto ci riguarda, noi intendiamo precisare tutta la disciplina dell'autorizzazione dei diversi settori del commercio, della somministrazione, delle rivendite dei giornali, degli impianti di distribuzione dei carburanti e autotrazione. Ciò vuol dire lotta all'abusivismo, non solo come lotta a una concorrenza sleale, ma all'evasione delle norme fiscali. A questo proposito pensiamo che sia essenziale regolarizzare la vita dei mercati determinando una precisa disciplina degli orari e così via. Per quanto riguarda il commercio deve essere abbandonata la politica del decentramento spontaneo e non razionale. I piani commerciali regionali e comunali dovranno, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, stabilire un effettivo equilibrio fra domanda e offerta.
Ad una politica di regolamenti, di norme, deve corrispondere una politica di garanzia e incentivazione. Questi sono gli strumenti che individuiamo come basi di crescita dell'economia della Valle. I centri commerciali integrati possono costituire esempi di servizio a favore dei consumatori e turisti.
La cooperazione e l'associazionismo, con l'ottimizzazione della riserva umana e finanziaria, può essere premessa per lo sviluppo delle attività commerciali e artigiane. Il credito deve essere considerato come lo strumento più efficiente per la riconversione e ristrutturazione delle imprese. La formazione professionale vuol dire creare nuovi imprenditori, efficienti iniziative private e nuovi posti di lavoro.
Il lavoro femminile nell'attività del terziario deve trovare connotazioni ben chiare e deve corrispondere alle caratteristiche, alle esigenze della donna.
Tutte queste annotazioni conducono a provvedimenti riguardanti settori dell'appredistato, i problemi dell'avviamento al lavoro, dell'istruzione, dei rapporti con gli Enti burocratici, bancari e così via.
La politica degli anni '80 non consente dilettantismo, ma impegna l'Ente pubblico e il settore privato ad un impegno comune che non deve essere di semplice sopravvivenza, ma guardare ad un effettivo sviluppo sociale ed economico.
Presidente - Ha chiesto di parlare, per il secondo intervento, il Consigliere De Grandis. Ne ha facoltà.
De Grandis (PRI) - Ho chiesto la parola per colmare una lacuna, fra l'altro, volontaria, del mio intervento di stamattina. Il Consigliere Viberti ha parlato di decentramento, ha illustrato l'iniziativa che il suo movimento ha assunto per promuovere una proposta di legge di iniziativa popolare, ed il discorso è stato ripreso, in particolare dal Consigliere Tonino e dal Consigliere Mafrica.
Quando ho terminato di esaminare questo progetto di bilancio, nonostante il Consigliere Viberti mi abbia graziosamente definito ragioniere, avevo dei dubbi sulle mie interpretazioni, allora sono andato, a sciacquare i panni a Torino, presso i tecnici che operano a livello universitario, per verificare se quello che io avevo riscontrato era valido oppure no.
In quell'occasione mi sono stati fatti molti complimenti per come era stato fatto il progetto di bilancio. Io mi sono sentito molto lusingato e siccome non avevo assolutamente nessun merito, ho ritenuto stamattina di esprimere quell'apprezzamento sul personale dell'Assessorato che aveva lavorato. In quella stessa occasione mi è stato fatto vedere il bilancio della Regione Piemonte, che, vi confesso, è illeggibile: si tratta di un lunghissimo, chilometrico foglio uscito da una stampatrice meccanografica, di difficilissima lettura e che non è ancora accompagnato dalla legge finanziaria, che noi abbiamo da due anni.
Per quanto riguarda il decentramento ho avuto già occasione di dire, in questa sede, che lo vedo favorevolmente, perché lo considero un passo in avanti verso la democrazia partecipata, uno strumento utile per ridare alla Regione la funzione programmatoria e non quella gestionale che verrebbe in parte trasferita ai Comuni. In linea di principio, q uindi, concordo con questo impegno che deve avere l'amministrazione regionale.
Il Consigliere Nebbia, però stamattina, e il Consigliere Lanivi nel pomeriggio ci hanno giustamente messo in guardia su alcuni rischi. Il Consigliere Nebbia si domandava qual è la reale capacità dei nostri Comuni di disporre di strutture idonee per gestire questi fondi? E il Consigliere Lanivi ci faceva due casi estremi: il Comune di Aosta che, al limite, può competere con l'Amministrazione regionale sotto l'aspetto tecnico-organizzativo, e il Comune di Rhêmes, che credo disponga del Segretario Comunale mezza giornata alla settimana.
Evidentemente, qui bisogna agire con estrema prudenza perché, altrimenti, si corrono due rischi fondamentali.
Il primo è quello di trasferire ai Comuni dei fondi che questi non hanno la capacità di gestire e quindi di spendere; il secondo di scaricare tutta una serie di residui passivi dal bilancio regionale per trasferirli, secchi, secchi sul bilancio regionale.
A questo proposito io vorrei che gli amici della sinistra, che si battono per un decentramento tout-court, osservassero quello che sta avvenendo in Regioni la cui amministrazione è senza sospetti, almeno dal loro punto di vista, vale a dire la Toscana e l'Emilia Romagna.
Mi ero piuttosto sorpreso per l'esiguità, la continua riduzione dei residui passivi presenti in questi bilanci: ebbene, attuando quel decentramento sul quale tutti noi siamo, bene o male, d'accordo, si è verificato che i residui di quelle Regioni, pur non comparendo sui bilanci regionali, sono maggiori di ieri, perché basta fare il cumulo dei residui passivi dei Comuni, presso i quali sono stati decentrati certe funzioni e certi fondi, per vedere che il risultato che si è ottenuto è diametralmente opposto a quello che si voleva perseguire.
Stamattina quindi mi ero astenuto dal parlare di decentramento, proprio perché volevo cercare una maggiore documentazione e, in conseguenza, fare delle proposte più ancorate alla realtà. Visto però che la discussione si è sviluppata con una certa ampiezza su questo tema, ho ritenuto di chiarire la mia posizione e, soprattutto, la mia preoccupazione su questi punti.
Insisto nel dire: decentramento si, però, vediamo di non fare dei libri dei sogni, vediamo, soprattutto, di non fare della demagogia, perché se non teniamo conto della reale situazione dei nostri Comuni, rischiamo, nel tentativo di raggiungere un obiettivo positivo, di raggiungerne uno totalmente negativo.
Presidente - È iscritto a parlare per il secondo intervento il collega Minuzzo. Ne ha facoltà.
Minuzzo (PSDI) - Non è un vero e proprio secondo intervento, desidero solo dichiarare che, se l'Assessore Chabod è stato sincero, sono mortificato e chiedo scusa per avergli fatto saltare il pranzo, per scriversi quella lunga relazione. Se, diversamente, l'Assessore è stato un po' bugiardo, cioè non ha scritto quella relazione da mezzogiorno alle 16, ma l'aveva già preparata per illustrare il suo settore del bilancio regionale, devo dichiararmi soddisfatto perché i 40 milioni che l'amministrazione regionale, alcuni mesi or sono, ha deliberato a favore dell'Istituto ISCOM, hanno iniziato a partorire un primo risultato. Se non è stato infatti l'Assessore a far questa relazione certamente è stata fatta da quell'Istituto cui il Consiglio regionale ha dato la consulenza per lo studio del commercio e degli altri settori della nostra Regione.
Siccome non ho avuto la possibilità di seguirla bene, visto la velocità dell'Assessore nel leggere questa relazione, chiederei cortesemente se posso averne una copia, perché ci sono alcuni punti molto interessanti, sui quali chiederei delle spiegazioni, magari intervenendo quando esaminiamo il bilancio.
Presidente - La parola al Consigliere Tonino per il secondo intervento. Ne ha facoltà.
Tonino (PCI) - Non si tratta, in effetti, di un secondo intervento; siccome si chiude la discussione generale ed è nostra intenzione presentare degli emendamenti al progetto di bilancio, illustro brevemente l'emendamento che abbiamo presentato che si inserisce, tra l'altro, nella discussione che, proprio verso la fine del dibattito generale, si è accesa sul problema del decentramento finanziario ai Comuni.
Nell'intervento di questa mattina avevo fatto notare come i due miliardi e mezzo che vengono distribuiti ai Comuni per svolgere delle funzioni normali siano fermi da diversi anni e perciò largamente svalutati.
È questa una forma di decentramento finanziario che sempre abbiamo definito molto limitata e che non poteva essere confusa con la nostra visione del decentramento ai Comuni e alle comunità montane.
Siccome la questione è stata sollevata, voglio precisare, in breve, quali sono a proposito le nostre intenzioni. Una cosa sono i fondi decentrati ai Comuni, che non hanno formato dei residui passivi, ma sono stati utilizzati per piccole opere, dato il piccolo e irrisorio trasferimento di fondi operato con questa legge. Altra cosa è, invece, la necessità di mantenere alla Regione tutte le funzioni di indirizzo e di programmazione e di trasferire, invece, attraverso la delega ai Comuni e alle Comunità Montane, funzioni esercitate dalla Regione.
La settimana scorsa, abbiamo inviato a tutte le Comunità Montane, perché ci esprimano un parere argomentato, una proposta di legge che abbiamo preparato come Gruppo Comunista, riguardante la delega di tutte le funzioni relative alla forestazione e alla difesa dell'ambiente alle Comunità Montane. Sui tratta di una proposta molto semplice: tutti i fondi che oggi vengono gestiti in modo centralistico sono distribuiti alle Comunità Montane, le quali realizzano un piano di intervento in collaborazione dialettica con la Regione e gestiscono il personale necessario. È una proposta che non credo avremo, evidentemente, modo di discutere, e si inserisce nella nostra ottica del decentramento non inteso come una semplice dispersione di fondi, ma come responsabilizzazione di altri livelli su settori in cui è possibilissimo mantenere la funzione di direzione e di programmazione e trasferire, invece, la funzione gestionale ai Comuni e alle Comunità Montane.
Fatta questa precisazione, l'emendamento che noi presentiamo è molto semplice. Questa mattina avevo già fatto riferimento a un capitolo del bilancio, il 23250 che prevede un miliardo per spese per acquisto e costruzione di beni patrimoniali. Riteniamo che in una situazione di questo tipo si possa evitare che la Regione continui ad acquistare beni patrimoniali e si faccia, invece, giustizia nei confronti dei Comuni aumentando di almeno un miliardo, anche se non riusciamo così a coprire le differenze che sono state portate dalla svalutazione di questa somma per effetto dell'inflazione, il fondo a disposizione dei Comuni e lo adeguiamo, perciò, al nuovo potere di acquisto.
Questo emendamento non modifica niente della struttura del bilancio e, perciò, credo che possa essere accolto dal Consiglio.
Presidente - Ha chiesto di parlare l'Assessore ai Lavori Pubblici, Borbey. Ne ha facoltà.
Borbey (DC) - Chiedo scusa al Consiglio, forse non è dovere di un Assessore, facente parte dell'Esecutivo, fare una sintesi brevissima. Dicevo prima al collega Pollicini che tutti abbiamo le nostre deformazioni professionali; l'amico Lanivi è stato Presidente della programmazione, e ho ammirato il suo intervento; io sono stato per otto anni Sindaco di un piccolo Comune in cui ci si diceva a tu per tu quello che si pensava.
Ritengo mio dovere, quale esponente della Democrazia Cristiana, dire qualcosa sugli interventi di oggi e in particolare da parte delle forze politiche di minoranza. Parto quindi, immediatamente dal Consigliere Viberti, che io stimo in modo particolarmente il quale, oggi, su un documento importante, prettamente politico-amministrativo ci ha rallegrati, ci ha fatto sorridere, tutti ci siamo divertiti. Il suo è stato il classico intervento della persona che rappresenta un partito politico che non ha alcuna responsabilità di governo e non ne potrà mai avere perché la popolazione valdostana rifiuta e rifiuterà sempre di dare tali responsabilità a questi partiti politici.
Quegli allora, si dilettano nel fare dei personalismi in quest'aula consiliare, attaccando in prima persona il Presidente della Giunta e facendo soltanto delle critiche, perché la critica è sempre facile da farsi. Questo è normale e sappiamo benissimo noi tutti, compreso il Consigliere Viberti, quanto sia difficile amministrare la propria abitazione, e quanto quindi, sia più difficile amministrare la cosa pubblica: la critica è facile, ma amministrare è difficile.
Noi accettiamo la critica costruttiva, ma non accettiamo che si venga in quest'aula soltanto a fare i buffoni. Chiedo scusa al Consigliere Viberti, come egli ha fatto oggi in quest'aula.
Per quanto concerne, invece, l'intervento del Partito Comunista, questo, come sempre, si lancia contro la Democrazia Cristiana. A me piace combattere e non piace pietire, ed è chiaro che si può combattere soltanto facendo della minoranza, perché in maggioranza, alcune volte, bisogna anche ingoiare dei rospi. Quando i socialdemocratici e i repubblicani sono nelle Giunte comuniste devono ingoiare dei rospi, oppure li fanno ingoiare ai comunisti, perché il gioco della socialdemocrazia in Italia è questo: se è in maggioranza non ha possibilità di spazio, va in minoranza e pietisce: se è in maggioranza fa ingoiare dei rospi alla Democrazia Cristiana, in campo nazionale, al Partito Comunista nelle varie Regioni quali Piemonte, Lazio, Liguria e via di seguito.
Non mi stupisco che il Partito Comunista attacchi pesantemente la Democrazia Cristiana, è suo dovere.
Nel '77 ho avuto una grossa lite all'interno del Partito con il mio padre putativo, il Comm. Bordon, il quale, giustamente, vede sempre più lontano, dati gli anni di esperienza che non servono soltanto per invecchiare, ma per fare esperienza e dare dei consigli a chi è più giovane. Mi ero accanito nel 1977, quando era stato fatto questo famoso accordo programmatico, tra partito Comunista e Democrazia Cristiana in modo particolare.
L'Union Valdôtaine ha ragione, è il movimento regionalista in Valle d'Aosta ed è, quindi, giusto che faccia, per il benessere dei valdostani, le scelte politiche che, in determinati momenti storici e della vita pubblica, possano determinare un orientamento più a sinistra o, come voi ingiustamente dite, più a destra. Noi rifiutiamo questa impostazione, ma la accettiamo sempre con il sorriso sulle labbra, ma allora, perché il Partito Comunista valdostano ha fatto questa scelta? Perché in Italia, si parlava di buttare alle ortiche questa socialdemocrazia, questo Partito Repubblicano: facciamo un gruppo forte, due grosse forze politiche quali il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana e questi "rompi" li lasciamo un po' da parte. Io nutro grande stima per il Partito Repubblicano che in campo nazionale è sempre stato preso per i fondelli.
Si è sempre battuto per l'economia in Italia, commettendo anche degli errori di sentimentalismo in questo sistema. Ma oggi anche il rappresentante del partito Repubblicano in Valle d'Aosta segue le orme del Partito Repubblicano in campo nazionale: serietà professionale nel campo specifico del bilancio e dell'economia per l'Italia in modo particolare. Ringrazio De Grandis perché oggi ha fatto un discorso prettamente tecnico, inerente al bilancio per la Valle d'Aosta.
Torniamo al Partito Comunista. Questi si scaglia contro la Democrazia Cristiana che pietisce presso i suoi alti esponenti romani, quindi Ramera va da Fanfani o dai suoi amici che, a loro volta, vanno dal Segretario politico, Piccoli. Ritengo che sia nostro dovere avere questi incontri, abbiamo sollecitato l'On. Piccoli perchè faccia pressione presso l'On. Forlani, l'On. Andreatta, al fine di dare una spronata a questi burocrati che forse avevano difficoltà e si attardavano sugli articoli 12 e 6.
Ritengo che sia per il bene della Valle d'Aosta che noi ci muoviamo in questo senso.
Noi abbiamo le critiche se ci muoviamo in questo senso, mentre il Partito Comunista non ne deve avere se in quest'aula - e scusatemi il termine amici del Partito Comunista che siete tutti giovani - non sa neanche fare la minoranza, e viene qui a pietire presso l'Union Valdôtaine nel dire: mollate questa DC, prendete noi, siamo disponibili perché noi rappresentiamo la massa. Ma perché noi non rappresentiamo la massa? La Democrazia Cristiana è in Valle d'Aosta perché è un partito pluralista, perché al nostro interno si discute, se così non fosse non avremmo avuto la nostra scissione e il nostro amico Pollicini non se ne sarebbe andato dalla DC, scegliendo i comunisti, mentre adesso si trova a fianco di Borbey.
Siamo uomini liberi e quindi si hanno degli scambi non a titolo personale ma a livello politico importante, perché la gestione politica in Valle d'Aosta è a livello amministrativo. Hanno fatto la loro scelta, noi da tanto tempo diciamo che questa scelta potrà essere rivista o forse è giusto che rimanga tale, ma da voi queste cose non potranno mai succedere, salvo che non succeda quel patatrac che non è sperabile per il bene del mondo. È sperabile che, al contrario si rivedano alcune posizioni e il Partito Comunista sia obbligato a rivederne alcune di politica internazionale, per non sparire dalla scena politica italiana e, in particolar modo, valdostana.
Quindi, signori del Partito Comunista, la DC con tutte le sue pecche, con tutte le sue magagne, con tutte le sue scissioni, conta ancora mille voti più di voi, su una base elettorale che è pluralista: va dal commerciante, che può avere dei soldi, ed è giusto che li abbia perché lavora, forse, 13 ore al giorno, al povero contadino che lavora 18 ore al giorno. Se la relazione di Chabod è stata fatta da questa famosa società, è valida, se invece è farina del suo sacco, forse, ha detto parole che sono un po' incomprensibili. Ma qui ci divertiamo tutti, sembra quasi che, nella politica valdostana, si sia scoperta l'acqua calda, e non si riconosce chi, per generazioni e generazioni ha operato nel settore turistico ed economico. Guido Chabod, che non ha bisogno, da parte mia, di difese come Assessore all'Industria e Commercio può dare tanti consigli e indirizzi giusti ai valdostani.
Tutti possiamo avere le nostre incapacità, prima ho parlato delle mie deficienze ma le cose si possono dire in tante maniere o con la battuta sulle spalle, che ti dà coraggio, oppure con i grossi paroloni di programmazione e con gli incarichi alle grosse società di ricerca sul mercato.
Non voglio dilungarmi troppo, voglio soltanto fare un appunto al Partito Social-Democratico a nome della Democrazia Cristiana. A noi è spiaciuto enormemente che il Partito Socialdemocratico sia uscito dalla maggioranza, perché abbiamo sempre detto che in Italia si può governare con una socialdemocrazia: un partito Socialista e un partito Repubblicano nell'area laica. Abbiamo avuto anche noi degli sbandamenti, ma ci sono venuti proprio dal nostro pluralismo interno.
Che ci sia stata in Valle d'Aosta più lealtà o meno lealtà questo è sempre da confrontarsi, perché il partito Socialdemocratico ha fatto maggioranza coi comunisti e i socialisti al Comune di Aosta nel 1975, con un Consigliere, abbandonando la Democrazia Cristiana, come, in altre Regioni. Può darsi che, a titolo personale, alcuni esponenti della DC abbiano fatto determinate dichiarazioni a cui, poi, non siano seguiti dei fatti, ma questa è la normale situazione politica, ma la socialdemocrazia ha fatto un errore madornale, perché lo sgarbo può essere avvenuto senza motivazioni politiche fondate. Si deve inoltre ricordare che quando è entrata nella maggioranza, dalla quale adesso è uscita, nel giro di un anno e mezzo ha raggiunto il doppio dei voti nel Comune di Aosta. Secondo noi democristiani, la scelta della socialdemocrazia di far parte della maggioranza è stata un'ottima scelta. Può darsi che non le sia stato dato troppo spazio a livello regionale, ma a livello comunale non può dire che la Democrazia Cristiana non abbia accettato e riconosciuto alcune posizioni politiche. Su 8 Consiglieri, infatti, alle elezioni comunali dell'80, che la Democrazia Cristiana ha avuto come gruppo di maggioranza relativa al Comune di Aosta, ha rivendicato 2 Assessori, ha accettato la giusta rivendicazione, da parte del partito Repubblicano, di un Consigliere con un Assessore, e della Social-democrazia di un Assessore con due Consiglieri, mentre le sarebbero spettati tre Assessori o almeno un Sindaco e un Assessore. Secondo noi, quindi, la socialdemocrazia ha fatto un errore politico enorme. Noi siamo speranzosi che questo errore politico venga rivisto da parte loro, perché da parte nostra c'è sempre una porta aperta e siamo sempre qui per dialogare.
Non mi dilungo oltre, vi chiedo scusa per questo intervento che è a braccio e forse sconclusionato, ma ci tengo a sottolineare che noi, verso le posizioni del Partito Comunista, siamo aperti alla discussione e al confronto, ma non chiedete più il confronto alla DC se ritiene, oggi, cambiando l'impostazione del '77, che la DC sia la larva, sia il Partito che ha arrecato tantissimi danni in Italia e alla Valle d'Aosta. Se il Partito Comunista è convinto di questo deve avere il coraggio di fare una opposizione spietata anche con quelle forze che fanno maggioranza con la Democrazia Cristiana, perché è una scelta precisa, è una scelta di cinque anni, e noi siamo convinti che l'elettorato ci darà ragione, e sarà ancora una scelta futura.
Presidente - Il Consigliere Minuzzo chiede la parola per fatto personale. Consigliere Minuzzo, il fatto personale consiste nell'interpretazione data, in questo caso, dall'Assessore Borbey a parole pronunciate dal Consigliere Minuzzo.
Minuzzo - (Dal fondo fuori microfono)
Presidente - No, è un giudizio politico, non è un fatto personale, non posso dare la parola per fatto personale. Può essere sbagliato, ma l'articolo del regolamento precisa che a fatto personale consiste la interpretazione data ad un intervento da un Consigliere, che non corrisponde al pensiero e alle volontà di chi aveva parlato. Questo riferimento non c'è stato, è un giudizio politico sulla socialdemocrazia, il Consigliere Minuzzo avrà ampia possibilità di riprendere la parola nel corso dell'adunanza.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Mafrica per il secondo intervento. Ne ha facoltà.
Mafrica (PCI) - L'intervento dell'Assessore Borbey è interessante, dal nostro punto di vista, perché, anche parlando a braccio, come dice lui, viene fuori in modo manifesto qual è la logica della politica, del modo di concepire l'amministrazione da parte di uno che è Assessore regionale della Valle d'Aosta.
Non ho nessuna difficoltà a dire che, a mio giudizio e a giudizio del mio partito, si tratta di una logica vecchia, che è diversa dalla nostra e che, quindi, non ci crea alcuna difficoltà il fatto che l'Assessore faccia una serie i affermazioni. Tengo solo a sottolineare quanto queste affermazioni cerchino di falsificare nostre posizioni.
Siamo di fronte, per esempio, ad un ennesimo tentativo di presentare, da parte di Borbey - può darsi che lui l'abbia capito così - il compromesso storico come un accordo fra Democrazia Cristiana e Partito Comunista: non ci si litiga più, si comincia e si governa assieme il Paese, buttando fuori questi partiti piccoli che danno fastidio. Noi non l'abbiamo mai presentato in questo modo, l'abbiamo sempre presentato in modo diverso, e anche perché, probabilmente, la Democrazia Cristiana non l'ha capito, siamo stati costretti ad apportare delle modifiche abbastanza radicali su questo tema. Per noi compromesso storico significa, fondamentalmente, un rapporto tra le grandi forze - non diciamo Democrazia Cristiana - socialiste, comuniste e cattoliche, per la parte che la Democrazia Cristiana ha di rappresentanza anche tra i cattolici per risolvere i grandi problemi del Paese.
Oggi, i grandi problemi del Paese sono la tenuta democratica, e su questo il rapporto continua, al di là del fatto che noi siamo all'opposizione, nella battaglia contro il terrorismo, la politica internazionale, il futuro economico del Paese e ancora, il livello di vita dei cittadini, su queste grandi scelte un rapporto che passa attraverso una collaborazione al governo, può anche passare attraverso posizioni differenti.
Il compromesso storico per noi aveva questo senso: non volevano arrivare - è stato fatto nel '73, dopo la caduta di Unità Popolare in Cile - nel nostro Paese a una spaccatura tra le grandi forze, ma, al di là delle forze che erano nel governo e quelle che erano nell'opposizione, ci doveva essere una convergenza rispetto ai dettati della Costituzione, rispetto alla tenuta del Paese sui grandi problemi.
Sulle altre questioni, forse l'Assessore non ha capito la critica che noi abbiamo fatto. Noi non critichiamo il fatto che i democristiani valdostani parlino dei problemi della Valle d'Aosta con i loro segretari, con i loro Ministri, questo è naturale e non è assolutamente criticabile, critichiamo il fatto che la Regione Valle d'Aosta, istituzione, deleghi a un Assessore, senza passare in Consiglio, senza presentarsi come istituzione nei confronti del governo, trattative su questioni essenziali per la nostra Regione. Noi diciamo cioè che una cosa sono i partiti quando si presentano alle elezioni, chiedono consensi sui loro programmi, e una cosa sono questi partiti quando assumono responsabilità di governo. La Giunta regionale è una istituzione diversa dai partiti che la compongono, e ci sembra che, in questa fase, abbia delegato a rapporti tra partiti e interni a partiti questioni che, invece, interessavano il Consiglio Regionale, le forze sociali della Val d'Aosta e che avrebbero dovuto essere trattate in modo diverso.
Per quel che riguarda il nostro modo di fare la minoranza, nel nostro Partito si dice che sarebbe ora, anche a livello di Paese, che fosse la Democrazia Cristiana a cominciare a provare che cosa vuol dire stare all'opposizione. Voi qui, in Valle d'Aosta, avete fatto la opposizione come ritenevate più opportuno, noi la facciamo come riteniamo più opportuno.
Il problema comunque è questo: noi non ci battiamo contro la Democrazia Cristiana in modo particolare, perché ci sono questioni che riguardano i nostri rapporti a livello nazionale, ma vediamo nell'operato di Assessori, che fanno parte della Democrazia Cristiana, delle cose che vogliamo criticare.
Qui smentisco che ci sia anche solo l'intenzione - perché è una deformazione anche questa - di fare lo scherzo per cui il Partito Comunista fa da ruota di scorta a una possibile defenestrazione della Democrazia Cristiana. Può darsi che Borbey sia preoccupato di questo, ma non so che elementi abbia. Noi facciamo una proposta politica all'Union Valdôtaine, ai Democratici popolari, alle forze di sinistra, che è cosa diversa dall'essere disponibile al momento in cui, magari, ottenuto il riparto fiscale qualcuno pensa che la Democrazia Cristiana non serva più, allora si può fare un'operazione di questo genere.
In questo senso con l'Union Valdôtaine siamo altrettanto polemici e forse più che con la Democrazia Cristiana, su altre questioni. Alla Democrazia Cristiana rimproveriamo questioni di metodo di governo, di concezione del potere, con l'Union Valdôtaine abbiamo discusso sulla concezione dell'autonomia, su questioni relative alla cultura, sempre per la responsabilità che ha l'Union Valdôtaine nel governo regionale.
La sostanza comunque di questo ragionamento è che non mi stupiscono le parole di Borbey, perché io sono convinto - ed è, d'altronde, una posizione che il Partito ha preso in modo chiaro - che in questa situazione politica i comunisti sono un'alternativa democratica alla guida del Paese della Democrazia Cristiana, quindi forze alternative è ovvio che abbiano visioni diverse.
Pensiamo di essere una forza alternativa perché oggi c'è una crisi dei partiti, che tocca un po' tutti e quindi anche il nostro partito, ma riteniamo che ci sia, in modo particolare, una crisi della Democrazia Cristiana. Di questa tesi non siamo i soli sostenitori, perché all'interno del mondo cattolico Baget Bozzo, autorevole scrittore di Repubblica, sacerdote della Curia di Genova, mi pare, Scoppola della Lega Democratica sostengono da tempo che siamo in una fase storica in cui la Democrazia Cristiana ha ancora una larga adesione, dal punto di vista dei voti, ma non riesce più ad esprimere, come idee di governo e di mutamento per il Paese, sufficienti elementi per garantire la direzione politica del Paese.
D'altronde, ricordando soltanto gli ultimi 4 mesi, durante il Governo Forlani, c'è stata, prima, la questione degli scandali dei 2000 miliardi che, credo, nel Paese abbia rappresentato qualcosa, poi, la vicenda del terremoto, in cui un intervento del Presidente della Repubblica ha anche dovuto dire qualcosa: colpa della Democrazia Cristiana aver portato allo sfascio le amministrazioni del Sud e avere impedito che ci fosse, nel complesso dello Stato, un'organizzazione in grado di intervenire subito a salvare migliaia di persone che, forse, erano ancora vive sotto le macerie.
C'è, infine, stata la vicenda del terrorismo, con divisioni interne al governo, in cui la Democrazia Cristiana è stata zitta e tranquilla e ha cercato di mediare, anche nella polemica sulle centrali estere del terrorismo, tra posizioni diverse, in questo caso, di alcuni Partiti della maggioranza e di altri all'opposizione.
La Democrazia Cristiana quindi, in questi ultimi tempi, a livello di governo nazionale non esprime più, a nostro giudizio, quella funzione che ha avuto con De Gasperi in determinati periodi della sua storia, nella fase della ricostruzione. È un partito che è in crisi.
Noi diciamo che i Comunisti, con tutti i difetti che hanno, si collocano come forza alternativa per la direzione politica del Paese assieme ad altre forze politiche disponibili, in questo senso, sarà poi, la storia a verificarle. Non accettiamo polemiche su legami internazionali, perché crediamo che la nostra politica estera sia stata chiarita in più punti. Per quel che riguarda la vita democratica interna sono convinto che la nostra sia pari e superiore, in molti casi, a quella di altri partiti, comunque, stiamo lavorando nella direzione di una revisione del partito, quindi se l'Assessore è soddisfatto di come vanno le cose, tanto piacere per lui e per la Democrazia Cristiana.
"Noi, comunque, contiamo di più" ha detto l'Assessore. Se voi ritenete di contare di più io vi dico che molte volte, rispetto a questioni concrete, poste da altre forze nei vostri confronti, siete stati costretti a un ruolo così subalterno, che noi preferiamo essere opposizione che essere condizionati, in una maggioranza, a un livello di forza subalterna, come molto spesso avviene.
Comunque, questa è una precisazione senza alcun rancore personale di nessun tipo, su nostre posizioni politiche.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Viberti per il secondo intervento. Ne ha facoltà.
Viberti (DPROL) - Chiedo scusa ai colleghi per aver scordato la ciliegina da mettermi sul naso e la cipria da mettere sulla barba per interpretare meglio le mie qualità di buffone.
Per non parlare proprio a braccio, ho preso alcuni appunti sulle cose che, nel corso della giornata, sono state dette.
Tra gli interventi di questa mattina il più divertente e purtroppo anche il più breve, è stato quello del collega Fosson. Il capogruppo della Democrazia Cristiana infatti, dopo aver rotto l'accerchiamento intorno alla Giunta, guidando la carica al grido di "arrivano i nostri", si è poi miseramente scoperto rifacendo il solito discorso del Paese, guidato, sì, dai democristiani, ma almeno libero. Sarebbe ora che usaste un po' di fantasia, cari colleghi democristiani, dovreste fare come Voyat, il quale di fantasia dimostra di averne parecchia; infatti, oltre a dirmi che la Nuova Sinistra si ispira ai regimi totalitari, e per smentirlo mi basta ricordare che è stato il sottoscritto a fornire gli indirizzi dei dissidenti polacchi a cui abbiamo spedito la mozione da me presentata e votata dal Consiglio all'unanimità.
Non so dove l'esimio capogruppo dell'Union Valdôtaine ha potuto leggere che la Nuova Sinistra, almeno quella che opera in Valle d'Aosta, si ispira a principi che non siano quelli della libertà e del rispetto reciproco tra gli uomini.
Il massimo, però, è stato quando Voyat mi ha spiegato che non sono Dio. Non solo non ho mai pensato di esserlo, ma se anche mi avesse sfiorato per un attimo tale pensiero la presenza di un vero Dio al centro dei banchi della Giunta mi avrebbe subito riportato con i piedi per terra e poi, come Dio, costringerei troppi democristiani a cambiare bandiera e non è questa la mia intenzione.
Dimenticavo di rendere merito allo sprazzo di fantasia avuto stamattina da Fosson, iL cui intervento non è stato, poi, così piatto come dicevo prima.
Infatti, a parte la carica dei 101 o del VII, non so, caro Generale Custer, ad un certo punto, Fosson ci ha detto che il passaggio di denaro cittadino: - tasse - servizi, rende meno che il passaggio di denaro: cittadino-servizi. Non ha, però, dato spiegazioni su questo fatto, a parte, forse, il tempo impiegato a spendere questo denaro. Provo a fornire io una spiegazione mutandola dal pensiero popolare: denaro del cittadino, tasse, potere democristiano, servizi.
Vorrei anche rispondere ad una accusa di scarsa fiducia nelle istituzioni e nelle persone che le rappresentano, oltre che a fare critiche personali. Per quello che riguarda le istituzioni posso dire che, avendo preso posto in questo Consiglio, pensavo, evidentemente, di poter fare qualche cosa. Non so se alla fine del mio mandato mi resterà ancora un briciolo di fiducia nelle istituzioni; invece di fiducia nelle persone che le rappresentano debbo ammettere di non averne molta dopo averle viste all'opera. Loro stesse, infatti, non rispettano le leggi che fanno, e farò un esempio che penso basti per tutti. L'esempio in questione è quello di una garanzia fidejussoria alla Fédération des Coopératives, concessa tramite una legge per la quale la Fédération non avrebbe avuto diritto a ottenere questo finanziamento. Nulla contro la Fédération, se la Fédération aveva bisogno di un finanziamento, è giusto, visto che va a favorire un settore importante come quello della cooperazione, che ricevesse questo denaro, ma che questo fosse fatto in modo regolare, non prendendo dei soldi su una legge destinata alla cooperazione agricola, non andando contro l'art. 10 di questa legge che dice: qualora la cooperativa abbia già usufruito o intenda usufruire nel corso dell'anno di provvidenze regionali o statali, a qualsiasi titolo, non ha diritto a queste garanzie.
Ora, oltre al fatto che la legge è fatta apposta per le cooperative agricole che si interessano di zootecnica, campo in cui non opera la Fédération des Coopératives, sappiamo tutti, perché l'abbiamo deliberato in questo Consiglio, che alla Fédération erano stati dati già dei finanziamenti, quindi altra strada si doveva provare perché se si crede che le leggi abbiano un valore bisogna rispettarle sempre, altrimenti non si può pretendere dagli altri che le rispettino.
Per quanto riguarda gli attacchi personali, se alcuni appartenenti alla maggioranza hanno particolarità di macchietta non è colpa mia, certo è che anche grazie anche alla mia presenza la qualità e il valore di questo consesso è proprio in ribasso. Ma come si fa ad essere un gruppo che rappresenta una minoranza all'interno di uno Stato e all'interno di questo Stato rivendica i propri diritti, poi, però, da veri Giani bifronti dove si è maggioritari si fanno i conti in base ai voti come ha fatto stamattina qualcuno? Qualcuno stamattina mi ha detto che, siccome io rappresento qui un certo numero di voti non ho diritto di parlare come chi ne rappresenta 18 volte tanto. Questo è proprio prendere a schiaffi la democrazia. Bel rispetto delle minoranze! Come si fa a criticare il sistema di partiti che tutto blocca e lottizza e poi dire che certe cariche spettano di diritto? Competenza, serietà, preparazione e buona volontà sono, ormai, inutili, evidentemente, anche qua.
A quanti hanno criticato o fatto cenni alle nostre proposte di legge di iniziativa popolare dirò questo: avremmo potuto portare in Consiglio questa proposta per vedercela bocciare tranquillamente, pensiamo che sia necessario discutere ampiamente su tutte le perplessità che sono state sollevate. Anche noi, collega Lanivi, sappiamo che il Comune di Rhêmes ha 95 abitanti, o 93 se sono scesi in questi giorni, anche noi abbiamo questi dati, comunque, quello che noi vogliamo fare è una battaglia di principio e se qualcuno ha voglia di darci una mano o se qualcuno prende iniziativa in questo senso, e ce lo dice per tempo, noi siamo disposti a lottare per queste cose.
L'assenza delle Comunità Montane, da questo disegno di legge dipende dal fatto che le Comunità Montane, purtroppo, sono state tenute sempre in un cantone. Per quello che riguarda la seconda proposta di iniziativa popolare le Comunità Montane sono ricordate e noi ci auguriamo che, semmai passasse, siano proprio le Comunità Montane a farsi interpreti e a lottare per realizzare il decentramento finanziario che queste due leggi propongono.
Su tutte le perplessità, da quelle di Nebbia a quelle di De Grandis, noi siamo convinti che sia necessario un grosso dibattito, ma un dibattito che parte dalla gente, dalla base, perché è la gente che ha bisogno di capire, di discutere e di fare proposte, la gente è stufa di sentirsi dire che questo si fa così, e quello si fa cosà, la gente ha bisogno di partecipare, altrimenti la fiducia nelle istituzioni scomparirà definitivamente.
Critiche quindi, anche dure nei confronti delle nostre proposte non ci spaventano, noi non siamo Dio in terra, lo confermo ancora in questo momento, siamo disponibili a discutere con chiunque, in particolare con i due partiti che ci sono vicini: il Partito Comunista e il Partito Socialista, con cui abbiamo tentato un dialogo proprio per queste due proposte di legge.
Tralascio ogni polemica nei confronti di chi ha cercato di tirarmi per i capelli su altre cose, perché soprattutto quanto è stato detto dai colleghi Lanivi e Nebbia, spero senza livore, mi trova quasi completamente consenziente.
Se qualcuno vorrà proporre, tra l'altro, degli emendamenti per finanziare la legge 73 del '79, proposta dal collega Nebbia o per dare fondi alle Comunità Montane vedrà il mio voto favorevole anche se voto contro questo bilancio.
Per quanto concerne la stima, anche la grande stima di buffone che l'Assessore Borbey mi offre, io non posso che accettarla, come mi tocca accettare - questo però di controvoglia - di vedere aumentare il numero della clientela dell'Assessore anche tramite l'assunzione di nuovi assistenti e ancora meno mi piace il mercato che addirittura all'interno del Consiglio Regionale, l'Assessore ai Lavori Pubblici fa invitando il collega socialdemocratico a meditare su quali siano stati i successi elettorali dovuti, naturalmente, alla sua presenza all'interno della maggioranza regionale.
Caro Borbey, hai detto delle cose vere quando hai parlato dei nostri pochi voti raccolti con difficoltà; la gente, ormai, è talmente poco abituata ad avere a che fare con gente che fa politica per motivi ideali, anziché con sanguisughe, essendo i valdostani diffidenti per natura - e meno male perché sennò chissà come sarebbero stati ridotti da questa classe politica - e non sapendo che noi non succhiamo sangue a nessuno e non ne abbiamo alcuna intenzione neanche in futuro, preferiscono versare il loro obolo sapendo quanto gli costa.
Il popolo valdostano è sempre stato saggio, ma non è così, cari colleghi, che si può migliorare la qualità della vita e la qualità delle istituzioni e, comunque, noi non abbiamo paura neanche di passare per buffoni, noi abbiamo la coscienza pulita.
Presidente - Ha chiesto di parlare il Consigliere Voyat per il secondo intervento. Ne ha facoltà.
Voyat (UV) - Solo per chiarire una piccola imprecisione riportata dal collega Viberti. Non ho detto che non dovrebbe parlare il rappresentante di nuova sinistra, in quanto ha avuto solo poco più di 1000 voti, ho detto che i Partiti che hanno raccolto poco più di 1000 voti non possono pretendere di contare o di imporre la loro volontà a forze politiche che hanno raccolto più di 18000 voti. Se vuoi, andiamo a verificare la registrazione e penso che ne sarai convinto.
Presidente - Colleghi Consiglieri, in sede di discussione generale non c'è più nessuno iscritto a parlare. Consideriamo chiusa la discussione generale abbinata sugli oggetti 12 e 13 dell'ordine del giorno. Come è noto al Consiglio, dopo la chiusura della discussione generale, che io confermo in questo momento, hanno la parola l'Assessore alle Finanze e, infine, come dice il regolamento, il Presidente della Giunta.
La parola all'Assessore Ramera.
Ramera (DC) - La prima parola o la prima battuta che mi corre l'obbligo è che ai vari problemi che l'amico Forlani ha, come Presidente del Consiglio da quattro mesi, si aggiunge, forse, l'accusa di aver fatto mancare la neve in Valle d'Aosta. Dato che questo povero amico Forlani, che oltre a essere mio amico di partito è anche amico di parrocchia, è stato accusato dei petroli, del terremoto e di accidenti vari, ad un certo momento diciamo anche che è mancata la neve in Valle d'Aosta grazie a lui.
Confesso che mi trovo piuttosto imbarazzato, visti i numerosi interventi, i numerosi appunti che ho raccolto perché è la prima volta, in questo Consiglio, che c'è stato uno stacco tra la mia relazione, quale Assessore alle Finanze, e gli interventi del Consiglio, mentre io devo naturalmente, rispondere a tutto questo. Avevo preparato una risposta molto pacata, perché il discorso di questa mattina era andato avanti in maniera pacata, e mi sono segnato critiche o elogi giusti che condivido anche se vengono dall'opposizione. Io non sono il quinto evangelista, mentre qualcuno in questa sala lo è, rifacendomi a una battuta di Borbey che diceva: quelli che invecchiano, se non altro, hanno esperienza, al contrario, dico che anche invecchiando c'è sempre qualcosa da imparare.
Dicevo che mi sono annotato minutamente, come usa fare Andreotti normalmente in tutti i convegni, Consigli nazionali o Congressi, tutte le cose che sono state dette e le mediterò attentamente.
Partiamo subito dall'emendamento presentato dal Consigliere Tonino che ritengo improponibile, in quanto il miliardo del capitolo 23250 è finanziato a mutuo, vedi pagina 172 del bilancio, perché si tratta di spese di investimento, quindi il trasferirlo come contributo ai Comuni, non lo so con esattezza, ma mi sembra impossibile ritenerlo accettabile. Non è infatti questa una spesa di investimento e non so cosa potrebbe accadere in sede tutoria. Dirò poi le cose pacate che avevo predisposto perché il discorso di stamattina, mi ha veramente colpito, infatti sia dalla maggioranza che dalla minoranza sono venuti interventi non solo intelligenti, ma con una pacatezza che fa merito a chi li ha pronunciati; il pomeriggio invece è andato un po' più a ruota libera, per cui ho qui degli appunti veloci che sarò, forse sconnesso nel riassumere, ma, mi sia consentito, devo fare per forza alcune precisazioni.
Innanzitutto sono sbigottito dall'intervento del Consigliere Mafrica, perché avevo detto ieri, e chiaramente, che noi accettiamo coinvolgimenti nella maggioranza di partiti che attualmente ne sono fuori, e non ho paura di dirlo: vedi il Partito Liberale, le rappresentanze degli artigiani, vedi il Partito Socialista, soprattutto, che con noi governa questo Paese. Avevo infatti accennato agli esempi vicini e lontani da questo palazzo. Mi stupisce quando il Partito Comunista, che viene in quest'aula a lavare i panni della Democrazia Cristiana e naturalmente lo capisco, il ruolo delle parti è sempre un ruolo molto teatrale che si svolge in qualunque aula assembleare di questo Paese però, e non vorrei ripetere i concetti che ha già espresso Borbey, che da sempre lava i panni all'Union Valdôtaine, accusandola di strapotere, di malgoverno e cose del genere, dice che vorrebbe creare l'alternativa a questa maggioranza sostituendosi a noi. Allora io non capisco molto e lo so, Tonino, sono solo trent'anni che faccio politica, so anche che voi mi accusate di fare politica personale, però vorrei che anche voi foste capaci a fare la politica personale che portasse a risultati per la Valle d'Aosta. Io mi chiedo come sia possibile un tale ricambio traumatico, l'Union che non va bene oggi, improvvisamente andrebbe bene domani, e anche tu, Consigliere Martin progressista, saresti forse l'immagine su cui poggiare questo trauma politico e sono cose che non capisco.
Sono stato di certo frainteso, però i nastri servono a documentare e, a chi volesse copia del mio intervento, sono disponibile a darla, perché non penso certo alla malafede, visto che stamattina, la discussione è avvenuta in maniera serena, pacata, intelligente, mentre ora mi sono state attribuite parole e concetti non espressi. Nessun alterco, nessun attacco c'è stato ieri nelle mie parole, né ai Democratici Popolari e né, tanto meno, all'Union e nessun vanto per la Democrazia Cristiana.
L'invito alla lealtà, che poi è stato il concetto principale del Consigliere Minuzzo, era inteso nel senso di un semplice richiamo, per dire che se noi vogliamo essere fatti fuori da qualcuno, vogliamo che avvenga in maniera leale e non con marchingegni particolari.
Non vi è stato assolutamente attacco all'Union Valdôtaine; ho detto addirittura che è, praticamente, la depositaria del concetto regionalista, semmai è stato frainteso un mio passaggio dove dicevo che: " Le nostre popolazioni non aspirano a una nuova carta di identità etnica e culturale, ma potrebbero rischiare di smarrire quella vecchia, quella che non ha mai tradito i valori della autonomia, inseguendo imitazioni e modelli che hanno già portato al collasso i rapporti tra Paese reale e Paese legale sul piano, naturalmente, nazionale".
Sarebbe sleale, da parte nostra, nei confronti di un movimento come l'Union Valdôtaine mettere in discussione i principi basilari che ci hanno consentito l'alleanza. Questo lo ha detto Tonino, intendendo o fraintendendo il mio accenno alla parte culturale, che è stata sviluppata, naturalmente, molto meglio che da parte mia perché vi ha dedicato un'ampia parte del suo intervento, dall'amico Lanivi, e che, effettivamente, dovrebbe far meditare tutto il Consiglio, almeno coloro, più giovani di me, che siederanno in questo Consiglio alla fine degli anni '80. Per questo vorrei invitare i Consiglieri a leggere un grande libro "Le Défi Mondial" di Jean Jacques Servant Schreiber, soprattutto la seconda parte di questa pubblicazione dovrebbe far meditare, non su di noi piccoli, su di una Regione veramente piccola, ma sui grandi Paesi del mondo, su quella che sarà l'evoluzione degli anni '80.
Non posso dimenticare, prima di svolgere il mio intervento vero e proprio che credo sarà pacato, alcune affermazioni che ha fatto il Consigliere Mafrica. Non so se ce l'abbia con me in particolare, il suo tono provocatorio meriterebbe una risposta diversa, però, vista la partenza di questa mattina, non riesco a fare polemiche, e mi permetterò semplicemente di precisare alcune cose.
Il Consigliere Mafrica ha sottolineato l'aspetto di quello che deve essere l'atteggiamento Stato-Regione, per cui ha ricordato il riparto, i 20 miliardi, come se fossero stati richiesti, genuflettendoci, al Governo centrale. Il Presidente della Giunta, che più volte è sceso con me a parlare con membri del Governo, penso che sia rimasto colpito dal modo con cui io tratto certi problemi, perché la cordialità è una cosa e il trattare certi problemi è tutt'altra, per cui vado subito al nocciolo, forse anche provocando, magari, le ire di certi Ministri o di certi Presidenti. Questo riparto, si dice, sarebbe passato per canali personali, ma io vorrei sapere se sui vari riparti, che ci sono stati in Valle d'Aosta, e questo è il terzo, sia stato possibile fare in anticipo una discussione di carattere generale, formare delle delegazioni e andare a discutere.
Noi abbiamo ritenuto in tutta modestia (è inutile che mi si venga a dire che abbiamo voluto strombazzare, perché, caso strano, alla televisione, io che sono un funzionario della RAI, sono il meno ricordato e forse il meno amato dai miei colleghi), e se ne abbiamo colpa, lo vedremo al momento in cui arriveranno le somme, di formulare insieme ai due direttori dei Ministeri del Tesoro e delle Finanze, una prima bozza che ricalcava la precedente ed andava a toccare nuovi aspetti che, per la nostra stessa esperienza, avevamo individuato.
Nessuna concessione, quindi, particolare e nessuna facilità di discorso, perché, se ricordate quanto ho risposto alla vostra interpellanza, credo 15 giorni fa, vi dicevo che c'era ancora una difficoltà, avevo chiuso sull'art. 12, che in questo periodo è stato rifatto cinque volte e telefonicamente siamo stati informati delle varie situazioni a cui abbiamo aderito perché ritenevamo che la stesura definitiva fosse migliore delle precedenti.
Se poi ci sono stati dei ritardi, come ci vuole essere imputato, allora devo dire due cose: primo punto, nel '76, quando arrivai a ricoprire questo incarico, mi venne fatto notare dall'allora Ragioniere Capo che per alcuni tributi soppressi dalla nuova legge della riforma tributaria noi rimettevamo dei miliardi, perché gli accertamenti in corso da parte dell'Ufficio Imposte andavano avanti oltre il 1973, tanto è vero che nello scorso anno abbiamo introitato proprio per questi aggiornamenti, la bellezza di 7 miliardi.
Non è un vanto aver sollevato questo problema, noi in Valle d'Aosta per primi, ha portato un certo irrigidimento del governo perché era facile accontentare la nostra Regione, ma sarebbe stato più difficile accontentare le altre quattro Regioni a Statuto speciale, comunque ha portato un beneficio anche alle altre quattro Regioni a Statuto speciale che hanno usufruito di questi accertamenti successivi al 1973. Secondo punto, il nostro è il primo riparto uscito dal governo, nonostante, come dicevo ieri, fosse stato agganciato ai riparti della Sicilia e della Sardegna, proprio perché le nostre esigenze, le nostre difficoltà finanziarie richiedevano questa primogenitura. Noi siamo contenti del riparto perché ci sono delle voci che avranno la possibilità di dilatarsi nel giro degli anni e quindi coprire le nostre esigenze, naturalmente, se non andremo, come diceva De Grandis, ad ingrandire questa macchina burocratica, che spesso è dovuta o voluta, che potrebbe irrigidire il bilancio, magari tra dieci anni; ma non siamo soddisfatti ancora di questo riparto, perché, con quella concessione che ha favorito il Meridione nei confronti del Nord, io, che non sono dell'Union Valdôtaine ma sono valdostano, ritengo che gli stessi diritti che ha ottenuto Bolzano li deve ottenere anche la Valle d'Aosta.
Gli interventi sono stati fatti, credo, in maniera intelligente, in buona fede da tutti, però voglio dire, in generale - quindi non farò nomi - non voglio classificare i Consiglieri di serie A o di serie B, perché io sarei un Assessore di serie C, mi autodefinisco da solo - che le critiche che ci sono state fatte non siano giuste. Avevo detto ieri in apertura, e adesso è già diventata una battuta, che era un intervento anomalo per un bilancio anomalo, perché ritenevo che il Consiglio capisse che non è l'Assessore alle Finanze che manovra la politica della Regione, ma ritenevo che venisse compresa la difficoltà di questo particolare momento, per cui si fa fuoco con la legna che si ha: abbiamo questi introiti, sono diminuiti dall'anno scorso, perché mancano i 20 miliardi dell'art. 12, lunedì discuteremo come rispondere al Governo in maniera decisa, ma allo stesso tempo intelligente, per il nostro interesse.
Alle critiche delle opposizioni noi opponiamo la logica dei numeri o il muro della maggioranza, ma solo un ragionamento che non vuol essere né rituale, né scontato: il bilancio sarebbe stato diverso, e mi pare di averlo accennato anche solo sfumandolo, se non fosse caduto - e lo ha detto egregiamente il Consigliere Martin stamattina - il precedente governo, il Cossiga 2, con il quale si era chiusa la discussione sulle linee generali del nuovo riparto, per cui, oggi, al mese di febbraio, quasi certamente, sarebbe già stato approvato almeno da un ramo del Parlamento e ci troveremo a discutere su linee diverse. Abbiamo anche denunciato, e qualcuno lo ha sottolineato, mi sembra il Consigliere De Grandis, il gioco di rigonfiamento delle cifre. L'anno scorso, quando il Presidente Andrione, mentre ero ancora Assessore al Turismo, mi disse di occuparmi anche delle Finanze, mi ricordo di aver passato una notte, e il Ragioniere Capo è qui per darne atto, per farmi senza macchina calcolatrice, ma con la penna, tutti i conti del bilancio per verificare se effettivamente era autentico o non contraffatto in qualche modo. Sarà perché le società normalmente fanno di questi scherzi, ma pensavo che ci fosse qualcosa che non andava, e se il Consigliere Minuzzo ha riscontrato 70 milioni, mi sembra, nei residui passivi, io lo scorso anno registrai una differenza di 9 miliardi, perché le macchine non sono sempre perfette.
Avevo notato che c'era qualcosa che non quadrava e quella notte feci le sette del mattino, incontrai il Ragioniere Capo mentre andava al caffè e gli feci riscontrare questa differenza. Abbiamo rinunciato, ripeto, a questi rigonfiamenti delle cifre e soprattutto non abbiamo utilizzato il potenziale di ricorso all'indebitamento, perché si fa un gran parlare dei 34 miliardi, però il nostro bilancio consente 90 miliardi di indebitamento e quindi, oltre i 34, considerando gli indebitamenti passati, avremo la possibilità di farne circa altri 30, ma io sono certo, me lo auguro, che non arriveremo a contrarre questi 34 miliardi di mutui ai tassi folli del 24% perché spero che arrivi prima il riparto fiscale.
Sul piano politico, mi ritengo soddisfatto dei vari interventi che non solo hanno soddisfatto la maggioranza, ma evitato la cristallizzazione di posizioni scontate, guardando in positivo allo sviluppo della nostra Regione e al rafforzamento dell'autonomia valdostana. Ieri avevo detto, appunto, che noi siamo aperti, e l'ho ripetuto prima, a qualunque sostegno, consiglio suggerimento, quindi non credo di dover aggiungere altro, perché mi sembra di essere stato abbastanza chiaro in sede di illustrazione, anche se qualcuno, malevolmente, ha voluto dire che io avevo giocato sul bilancio o sul riparto nello stesso modo.
Mi sia consentito, tuttavia, un accenno sul tipo di struttura delle entrate regionali, anche perché intendo rivolgere, con questo, un appello a tutti i partiti, quindi anche all'opposizione, che sono presenti al Parlamento della Repubblica. Il fenomeno della sempre maggiore incidenza del trasferimento, nell'ambito dello Stato, delle entrate, ha avuto fondamentali effetti sulla spina dorsale di tutta la finanza locale. Ora, sul tema specifico, non già della finanza così detta propria, costituita, cioè dai nostri tributi e compartecipazioni, a tributi erariali, bensì dalla finanza derivata, basata sui trasferimenti dello Stato, quindi dal bilancio dello Stato, mi sembra di dover rilevare una carenza, quasi caratteriale, che da vent'anni, almeno, anima il rapporto finanziario tra la Regione e lo Stato. Sembra quasi che il bilancio dello Stato sia un fatto estraneo, un pericolo a cui ci si avvicina con troppa cautela, per non dire con diffidenza, lo stesso dicasi per i flussi derivanti dalla CEE. Dobbiamo, quindi, abbandonare questa forma di pigrizia mentale che consiste nell'impegnare con grande celerità i fondi nostri, quindi immediatamente disponibili, e con serena valutazione vedere come si può - come diceva anche stamani il Consigliere Nebbia - accedere non solo ai fondi che sono previsti dallo Stato e dalla CEE, e che troppo spesso vengono dimenticati, ma anche a quelle partecipazioni che possono raccogliere denaro delle banche o di privati, per costituire una nuova ossatura finanziaria della Regione, che esamineremo senz'altro con cautela, appena terminato questo periodo.
Per questo dicevo che tutte le forze politiche sono impegnate e devono farsi carico di questa responsabilità di studiare i vari serbatoi cui è possibile attingere e unire gli sforzi per vincere battaglie come quella riparametrazione sulla base di nuovi coefficienti, sui fondi che provengono dallo Stato, perché noi non accettiamo l'impostazione che favorisce la politica meridionalistica col 60% e il Nord con il 40%. La nostra Regione è, infatti, in una tale situazione per cui non possiamo accettare che i contributi siano fatti in base alla superficie e alla popolazione.
Nel terminare, ringrazio sentitamente tutti coloro che hanno partecipato al dibattito di oggi, perché hanno contribuito a portare nuove idee e con le loro critiche a farci meditare su quello che potremo fare nel prossimo futuro.
Lunedì ci vedremo per discutere del riparto fiscale e io ritengo che in quell'occasione tutte le forze politiche dimostreranno una coesione veramente meditata perché questo documento ritorni a Roma con il voto favorevole di tutto il Consiglio.
Presidente - Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.
Andrione (UV) - Come sempre, il dibattito sul bilancio, vasto e completo, coinvolge aspetti tecnici e aspetti politici ed è compito del Presidente della Giunta cercare, alla fine, in chiusura di discussione generale, se non di dare una sintesi completa di quanto è stato detto, per lo meno di indicare le linee che l'Amministrazione Regionale intende seguire e quali sono i problemi più urgenti sul tappeto.
Sul piano tecnico il bilancio è stato, credo, egregiamente illustrato dal primo oratore di questa mattina, De Grandis, poi da Nebbia, da altri e da Lanivi in particolare. Si tratta di un bilancio che non è un bluff, anche perché, sia detto molto chiaramente, non poteva esserlo, abbiamo il dovere di dire la verità, soprattutto perché vi è un riscontro politico importante, di questo bilancio sul versante romano. Solo dicendo la verità abbiamo la dimostrazione razionale e logica che le nostre sono richieste di applicazione di leggi della Repubblica, impostando, quindi, in tal modo, con la massima correttezza il rapporto Regione-Stato. La Giunta regionale ha ritenuto inoltre di operare tagli che sono stati criticati nelle spese correnti anche se di investimento - scusate il bisticcio - con acquedotti, fognature e cose di questo genere e di non procedere, invece, come si sarebbe potuto fare secondo il suggerimento di Nebbia, a tagli legislativi, perché, a nostro avviso, soltanto con un salto di qualità, e cioè con un bilancio differente e differentemente finanziato, è possibile riprendere quelle leggi oggi desuete, ma che rispondono ancora a un bisogno di fondo e trasformarle in leggi moderne, nuove, con nuove applicazioni e, di conseguenza, con una risposta più precisa ai bisogni attuali.
Al tempo stesso, dobbiamo riconoscere che, per quanto la nostra posizione sia particolarmente chiara, esiste uno stato avanzato di disgregazione nelle strutture pubbliche italiane, disgregazione che è denunciata non dall'Union Valdôtaine, ma dall'intero arco costituzionale e non del Parlamento italiano, perché credo che leggete tutti dall'Unità al Corriere della Sera e saprete che certe dichiarazioni sono fatte quotidianamente.
Non si può, credo, essere accusati di avere un rapporto di tipo mafioso con il governo italiano, perché, per lo meno per quanto ci riguarda, non vantiamo particolari amicizie, non le desideriamo, diciamo semplicemente che un certo tipo di legge deve essere emanato perché è obbligo, sia da parte del Governo della Repubblica che del Parlamento discuterlo e approvarlo, sia da parte della Regione averlo per potere, poi, affrontare i propri compiti.
Vi è un altro riscontro, anche questo politico, tipico del nostro Consiglio regionale: rispetto a questa situazione obbligata, che soltanto con un disegno di legge statale può modificarsi e modificandosi quantitativamente, secondo l'insegnamento dell'economista tedesco Karl Marx, si modifica anche qualitativamente, questo tipo di discorso deve avere una risposta dalle forze politiche presenti in Consiglio regionale.
Negli ultimi mesi, come sempre quando si verifica un infortunio coniugale, il marito è l'ultimo a saperlo e quindi il Presidente della Giunta è stato informato con un certo ritardo, sembra che siano corse, vaste, sotterranee e più o meno moltiplicate trattative al fine di mutare la maggioranza attuale, il Partito Social-Democratico ha preso la decisione di uscirne e di creare un gruppo laico con il Partito Socialista già all'opposizione. Ora, questo bilancio, come tutti i bilanci che l'hanno preceduto, è un'occasione politica per fare il conto delle forze che vogliano essere in maggioranza - e se lo fanno sono bene accette - e delle forze che non vogliono essere in maggioranza. L'anno scorso, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale e altri, se ricordo bene, hanno votato a favore...
(...interruzione...)
... Certo, non discuto, l'ho detto io per primo, oggi noi possiamo accettare questi voti, però chiediamo di sapere se vi sono stati dei mutamenti delle posizioni e, di conseguenza, se questa maggioranza è aumentata, non nei numeri, ma nelle forze che l'appoggiano.
Vi è infine, un aspetto di politica generale per seguire, invece, l'illuminazione di chi ha la coscienza pulita.
Noi vorremmo assicurare il Consigliere Viberti che anche noi abbiamo la coscienza pulita, non solo, ma troviamo divertente, se volete, un certo tipo di intervento che unisce l'invito a fare piazza pulita di questa serie di persone che non ne indovinano una in Giunta e una continua e pesante, oserei dire, adulazione. Il Consigliere Viberti infatti deve rendersi conto che noi riteniamo di essere adulati quando lui, con parole particolarmente delicate e fiorite, sottolinea la brachicefalia del collega Rollandin, perché dalle nostre parti le teste rotonde, le sfere sono molto più apprezzate che quelle ovoidali perché si suppone che ragionino meglio. Al tempo stesso, quando il Consigliere Viberti mi onora dell'immagine di formichina, pensate, piccolina, neruccia, cara, simbolo di operosità e parsimonia, devo essere, effettivamente, felice e contento, ragione per la quale, in modo tutto particolare, a nome dell'intera Union Valdôtaine lo ringrazio. Avrei ancora una domanda da fare: perché egli ha avuto la bontà di chiamarmi Monster President. Ho fatto una piccola indagine nelle poche lingue che conosco, ma la parola monster non l'ho trovata e mi sono detto che, forse, nella sua ampiezza culturale il nostro Viberti ha anche studiato il Walser, chiederò ad alcuni amici per sapere se in questo dialetto tipicamente valdostano esiste la parola.
Ritornando ai nostri più gravi problemi, qual è la maggiore preoccupazione della Giunta, quale che sia, poi, la discussione che faremo successivamente, lunedì mattina, su questo disegno di legge? È che ci rendiamo conto che nello stato attuale delle cose per cui la situazione italiana vi è nota, non si può escludere una crisi, una paralisi legislativa prolungata, mentre è vitale per noi che questo disegno di legge sia approvato entro termini ragionevolmente brevi. Di conseguenza, lo sforzo che la Giunta cercherà di fare sarà quello di accelerare al massimo tale approvazione, e chiede pertanto, senza nessuno spirito di parte, a tutti i gruppi di voler collaborare, perché finalmente, il riparto fiscale abbia un minimo di equità nei confronti della Valle d'Aosta.