Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2844 del 20 febbraio 2013 - Resoconto

OGGETTO N. 2844/XIII - Discussione generale congiunta del D.L. n. 204 e della P.L. n. 207: "Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attività commerciale)".

Presidente - Il punto verrà discusso congiuntamente al punto 19. Pour le rapport, la parole au collègue Bieler.

Bieler (UV) - Grazie Presidente.

Negli ultimi anni si è assistito ad un'evoluzione del quadro normativo comunitario e statale verso un sistema decisamente più garantista della libertà di concorrenza, con una spinta di liberalizzazione delle attività commerciali finalizzata a promuovere lo sviluppo e dare impulso all'economia, tappe fondamentali di tale processo evolutivo sono stati i seguenti provvedimenti:

- il decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123 della Comunità europea), che fornisce un contributo decisivo al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi, eliminando le barriere all'accesso e allo sviluppo del mercato del terziario fra Stati membri; limita l'obbligo di autorizzazione preliminare alle attività e prevede requisiti per l'accesso solo nei casi giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica o tutela dell'ambiente;

- il decreto legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 248, che assegna alle Regioni il compito di adeguare i propri ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica private sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge;

- il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (il cosiddetto "decreto Salva-Italia"), che dispone la completa liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali e sancisce il principio generale della libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali; prevede che la disciplina delle attività economiche sia improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario;

- il decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (il cosiddetto "decreto Cresci-Italia"), che delega il Governo ad adottare uno o più regolamenti per individuare le attività per le quali permane l'atto preventivo di assenso dell'amministrazione e disciplinare i requisiti per l'esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l'esercizio dei poteri di controllo dell'amministrazione.

Tali provvedimenti hanno comportato l'implementazione, avvalendosi della competenza legislativa esclusiva che la Costituzione riserva allo Stato in materia di tutela della concorrenza, di una nuova regolamentazione ritenuta idonea a creare un ambiente favorevole alla crescita della competitività delle imprese, assumendo quali precondizioni la libertà di accesso al mercato, ovvero la sussistenza di pari opportunità per l'iniziativa economica e l'instaurazione di assetti concorrenziali, nonché un sistema normativo fondato sulla semplificazione amministrativa, che si concretizza fondamentalmente con l'applicazione degli istituti della segnalazione certificata di inizio attività e dell'autocertificazione con controlli successivi.

In tale contesto normativo e alla luce di alcune sentenze della Corte costituzionale nel frattempo intervenute, sin da subito è apparso opportuno un intervento del legislatore regionale che contemperasse, in modo razionale e con strumenti costituzionalmente legittimi, l'esigenza di assolvere all'obbligo di adeguamento normativo dell'ordinamento regionale ai principi comunitari sopra delineati con le più generali esigenze di sviluppo equilibrato della rete distributiva valdostana e di tutela del piccolo commercio. La bontà dell'approccio adottato ha trovato conferma anche nella recente sentenza della Corte costituzionale: la n. 299 del 2012, con la quale sono stati respinti i ricorsi promossi dalle Regioni Veneto, Piemonte, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Lazio, Lombardia e Toscana avverso l'articolo 31, commi 1 e 2, del sopracitato decreto 201/2011 (il decreto Salva-Italia) in materia di liberalizzazione delle attività commerciali. La Suprema Corte con tale sentenza ha ribadito che "la liberalizzazione, da intendersi come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico... Una regolazione delle attività economiche ingiustificatamente intrusiva genera inutili ostacoli alle dinamiche economiche, a detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consumatori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva, reca danno alla stessa utilità sociale". È stato poi riaffermato il principio secondo cui la materia della tutela della concorrenza, in quanto trasversale rispetto a tutti i settori della vita economica, non può avere una linea di confine definita e inevitabilmente può emendare gli ambiti di materie riservate alla potestà residuale regionale, quale quella del commercio, che con il presente disegno di legge si intende modificare. Nella disciplina regionale dedicata alla materia del commercio (la 12 del 1999), pertanto, vengono inserite le principali misure di liberalizzazione e di semplificazione adottate nel corso degli ultimi anni dallo Stato a sostegno della libertà di iniziativa economica. Grazie.

Presidente - La parola al collega Donzel per la sua relazione.

Donzel (PD) - Grazie Presidente.

Mi scuso coi colleghi perché ho fornito con un po' di ritardo la relazione agli uffici, che spero venga comunque tempestivamente loro consegnata, e mi scuso anche per qualche piccolo refuso nella battitura. Prendo atto della relazione del collega Bieler, che soprattutto nella parte conclusiva mi conferma - come conferma a tutto, credo, il gruppo di ALPE e a quello del PD, che ha collaborato all'estensione della nostra proposta di legge - il fatto che era proprio necessario mantenere la nostra proposta di legge, perché questo inno alle liberalizzazioni che ho sentito nell'ultimo capoverso mi fa un po' rabbrividire. Mi fa rabbrividire che tutte le Regioni, anche quelle non a Statuto speciale, abbiano tentato in qualche modo di affrontare, magari in questo caso soccombendo nei confronti della Corte costituzionale, la tematica della tutela del piccolo commercio anche in termini forti dal punto di vista legislativo e che ci sia quasi un inno alla sconfitta delle Regioni nei confronti dei principi dello Stato. Ricordo che su altre tematiche ben altro è l'atteggiamento - penso alla vicenda dei maestri di sci, alle scuole dei maestri di sci -: cerchiamo di contrastare e di far capire le ragioni del nostro territorio rispetto alle liberalizzazioni selvagge che ci vengono imposte da altri luoghi. In questo caso della legge del commercio invece siete andati fino in fondo a ribadire che in qualche modo assecondate questo spirito di liberalizzazione, citate tra i tanti passi di quella interessante sentenza, che non è...vorrei che la gente capisse che non è tutta scritta in quei termini lì quella sentenza...citate proprio il passo che dice: "via libera alle liberalizzazioni", perché porteranno beneficio ad un territorio come la Valle d'Aosta. Veramente, non mi aspettavo una relazione di questo tenore, lo posso dire...quindi perlomeno confermiamo l'approccio che abbiamo avuto noi e di cui devo ringraziare in modo particolare il collega Louvin, che probabilmente, se ancora fosse seduto nei banchi dell'opposizione, sarebbe il relatore di questa legge.

Va innanzitutto ricordato che il percorso travagliato che ci ha obbligati a presentare la proposta di legge 207 come gruppi di minoranza ALPE e PD è legato alle procedure sommarie - dico: "procedure sommarie" - con cui si voleva approvare il disegno di legge 204, appellandosi all'estrema urgenza di una disciplina regionale. Fu proprio il collega Bieler a dichiarare agli organi di stampa che tale disciplina regionale doveva essere adeguata alle norme nazionali ed europee di liberalizzazione, intendendo evitare le conseguenze di una vacatio legis dal 1° ottobre 2012. Il 1° ottobre 2012 ci sarebbe stato il Big Bang: interi nuovi centri commerciali sarebbero sorti in Valle d'Aosta se non si applicava questo forte baluardo che sarebbe stato il disegno di legge 204 proposto dalla maggioranza. Se siamo qui oggi, a distanza di otto mesi, è perché si è voluto eccessivamente drammatizzare la questione ed accelerare impropriamente i tempi dell'iter legislativo, per evitare invece un franco e proficuo confronto su un tema estremamente importante per il nostro territorio, confronto che alla fine c'è stato grazie alla presa di posizione delle associazioni. Ricordo che a luglio 2012 il Presidente della Confcommercio regionale, che guida anche Rete imprese Italia Valle d'Aosta, aveva criticato anche la convocazione per l'audizione in commissione, non aderendo all'invito - fatto di estrema gravità e straordinarietà nelle nostre procedure consuete - chiedendo di "sospendere l'esame dell'articolato fino alla ripresa autunnale dei lavori del Consiglio Valle e di istituire, da subito, un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati che rischia di mettere in ginocchio oltre 2.000 aziende valdostane che occupano quasi 5.000 addetti" e analoga presa di posizione era venuta da Confcommercio.

In effetti, la legge regionale 7 giugno 1999, n. 12, necessita di alcuni adeguamenti che tengano conto dei principi a tutela della concorrenza espressi nella recente legislazione statale, che a sua volta recepisce norme di carattere europeo. Nel procedere a tale adeguamento, occorre tenere peraltro presente che la materia del commercio, già ricompresa dallo Statuto speciale (articolo 3, lettera a)), tra quelle in cui la Regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e attuazione delle leggi della Repubblica, rientra oggi nella competenza piena della Regione per effetto della sua natura di competenza "residuale" per tutte le Regioni ordinarie ai sensi del nuovo titolo V della Costituzione ed estesa alle Regioni speciali in virtù della clausola di "maggior favore" contenuta nell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Le norme di liberalizzazione e di semplificazione contenute nella legislazione statale, e segnatamente il disposto dell'articolo 31, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), in materia di apertura dei nuovi esercizi commerciali, sono perciò recepite nella nostra proposta di legge attraverso la conformazione della legislazione vigente ai soli principi vincolanti, mantenendo nella normativa regionale gli orientamenti peculiari non incompatibili coi principi della concorrenza. Il nocciolo quindi della questione è proprio il diverso approccio con cui i sottoscrittori ALPE e PD della presente proposta di legge hanno guardato nel redigere nuove norme rispetto al semplice recepimento di norme nazionali previsto dalla prima relazione del DL 204 presentata dalla maggioranza e prova ne è che il disegno di legge 204 ha subito alcune sostanziali modificazioni, perché questa è un'altra cosa che va ben chiarita. Non è il testo che oggi arriva in aula, il 204, quello che doveva essere approvato l'anno scorso con estrema urgenza...sostanziali sono le modificazioni che vi vengono apportate, ma, come poi dimostreremo in sede di dibattimento anche degli articoli, sostanziali, ma non sufficienti, non tali da cambiarne la natura che sostanzialmente recepisce i principi nazionali...prova ne è che il disegno di legge 204, dicevo, ha subito alcune sostanziali modificazioni, che peraltro sono da noi ritenute insufficienti a garantire il tessuto del nostro commercio locale. Vorrei ricordare che il nostro commercio locale svolge funzioni non solo di carattere economico, ma con profonde ricadute sul piano sociale e culturale della nostra comunità, con particolare riferimento ai piccoli comuni di montagna. Non possiamo immaginare che le norme che funzionano per Parigi, per Roma, per Milano possano funzionare in un territorio dove magari abbiamo un comune che ha 100 abitanti e questa cosa qui, se non facciamo noi la Regione Valle d'Aosta a Statuto speciale la battaglia per spiegarlo, chi la fa? Chi la fa questa battaglia? Se non ci opponiamo, se non andiamo anche allo scontro, quale schiena dritta, quella che è evocata su tutti i giornali della Valle d'Aosta in questo periodo, abbiamo rispetto a questo tema? Dov'è la schiena dritta rispetto al tema del commercio, rispetto alla tutela dei nostri piccoli territori di montagna? Recepimento delle norme...è la schiena dritta? Ricordo peraltro il recentissimo - l'ultima audizione che abbiamo avuto - appello del rappresentante del Consiglio permanente degli enti locali a pervenire ad un testo congiunto e l'invito delle associazioni dei commercianti, che fino all'ultimo giorno hanno ribadito la necessità di una contaminazione dei due testi di legge, cioè di recepire parte delle istanze di cui noi eravamo portatori. Ancora una volta la rigidità della maggioranza ha impedito ulteriori correzioni che noi non disperiamo siano possibili attraverso il recepimento di alcuni emendamenti al disegno di legge 204.

La presente legge - la nostra - si propone di rimodulare i vincoli in materia di orari e di chiusura settimanale festiva, pur con tutti i rischi di incorrere in eventuali impugnative da parte del livello nazionale - perché è qui che si vede se la schiena è dritta, oppure piegata, o storta un po' di qua, un po' di là...abbiamo il coraggio di dire la nostra, oppure tutto quello che ci passano a livello nazionale lo prendiamo per buono? -, e il divieto di insediamento di grandi superfici di vendita nei centri storici, nella misura strettamente necessaria al bilanciamento, in una logica di proporzionalità e ragionevolezza, del regime di concorrenza con gli interessi connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso quello urbano, e dei beni culturali che la stessa normativa statale indica come vincoli non superabili. Essa assume inoltre come necessarie alcune modalità di autorizzazione dell'apertura di strutture di media e grande distribuzione che tengano razionalmente conto della particolare conformazione della regione, della limitatezza del suolo disponibile, dell'equilibrio da conseguire nel servizio di distribuzione in modo da assicurare effetti virtuosi nel circuito economico senza stravolgere il quadro complessivo dell'economia locale. Noi già oggi abbiamo un'offerta commerciale che è nettamente superiore, in rapporto al numero di abitanti, a quella di province come Bolzano e Trento; forse dobbiamo farci qualche domanda su una certa assenza di vigilanza su questo tema, con tutte anche le questioni connesse alla presenza di grandi siti di distribuzione che non vendono, perché qui poi andiamo anche su un tema che ha avuto...visto che prima, nel corso di questo Consiglio regionale, si è parlato anche di infiltrazioni mafiose e quant'altro: ecco uno degli indicatori è che...quando ci sono tanti supermercati e poche utenze che utilizzano questi supermercati, qualche dubbio deve venire a qualcuno; allora bisogna chiedersi che cosa ci fanno in Valle d'Aosta tantissimi supermercati in rapporto al numero di abitanti. Qualche domandina magari incominciamo a farcela anche noi come se la fanno altri territori.

L'intento complessivo della proposta di ALPE e PD non è quello di perseguire un'astratta e illimitata libertà di concorrenza, dando pedissequa applicazione ad una normativa statale, ma di garantire la concorrenza in parallelo ad altri interessi garantiti sia costituzionalmente, come la tutela dei lavoratori, della salute, dell'ambiente...sia dal livello nazionale, sia dal diritto comunitario, come la coesione economica, sociale, territoriale delle Regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici, quali le regioni transfrontaliere e di montagna (articolo 174 del Trattato di Lisbona). Per un adeguato bilanciamento di tali principi, sono stati introdotti meccanismi che migliorano le disposizioni di compatibilità territoriale delle grandi strutture di vendita nell'ambito della pianificazione di settore e rafforzano i meccanismi di coordinamento fra la Regione e gli enti locali nell'ubicazione alla scala urbanistica delle grandi strutture di vendita non previste dagli strumenti urbanistici comunali. A tal fine sono stati predisposti appositi meccanismi di concertazione che coinvolgono non solo gli organi esecutivi, ma anche gli organi assembleari dei rispettivi livelli di governo e le rappresentanze degli operatori economici nell'individuare le forme più opportune di raccordo con la normativa urbanistica espressa dal piano territoriale paesistico. In questo riconosco all'Assessore Marguerettaz che il nodo su cui va fondata la resistenza locale a questa liberalizzazione selvaggia è il nodo urbanistico, questo gliene do pienamente atto di averlo colto, ma allora, come le do atto di questa cosa, chiedo magari all'Assessore che doveva occuparsi della tutela del territorio, perché poi non abbiamo messo lì dentro i vincoli necessari. Sebbene l'Assessore Marguerettaz abbia individuato che quello è il nodo su cui si può resistere a norme che ci danneggiano, non capisco perché dall'altra parte l'Assessore all'ambiente non sia intervenuto pesantemente con limitazioni forti in quel settore dove potevamo intervenire.

La normativa si prefigge anche di salvaguardare le specifiche vocazioni delle varie forme di distribuzione e delle diverse situazioni territoriali, con riguardo soprattutto all'interesse generale di tutelare le realtà montane più svantaggiate, alla qualità e varietà dell'offerta e all'accessibilità dei servizi. Questa tutela si sviluppa attraverso una deliberazione regionale di indirizzo sulla rete distributiva e un nulla osta regionale di conformità agli indirizzi per l'apertura delle grandi superfici di vendita. Si ritiene infine essenziale - questo è un punto molto forte, abbiamo avuto occasione di dibatterne anche con l'Assessore in commissione - l'operato, come organo di monitoraggio e proposta per accompagnare l'armonioso sviluppo del settore, dell'Osservatorio regionale del commercio. Tale organismo, snellito e reso più funzionale alla luce dell'insoddisfacente esperienza del precedente pletorico organismo, potrà funzionare da autorità tecnica di vigilanza sul settore commerciale in continua e rapida evoluzione.

Presidente - Ha chiesto la parola il collega Caveri.

Caveri (UVP) - Questa del mito della liberalizzazione del commercio è una vecchia storia: è una storia che nasce con il "decreto Bersani" nel 1998, che fu la prima grande rivoluzione del commercio e devo dire che rientra in un innamoramento nei confronti del liberalismo che ha coinvolto un po' tutta l'Europa. Chi ha studiato il diritto comunitario sa che la cosa incredibile è che la sinistra europea criticò fortemente il thatcherismo e poi il Presidente della Commissione europea Delors è quello da posizioni socialiste che per primo ha portato questo mito del mercato che si autoregola, mito che personalmente non condivido, perché ritengo invece che una logica di mercato libero sia negativa. Oggi, per fortuna, ci si è un po' tornati sopra, cioè questo grande abbaglio della liberalizzazione che appunto nasce a destra, va a sinistra, torna a destra, va al centro è un punto di gravità piuttosto ondivago, comunque questo testo di Monti in qualche maniera è invece consequenziale ad un pensiero liberista, ultra liberista europeo, che ritiene appunto che il mercato sia mosso da una mano invisibile e questa mano invisibile è sempre buona, cioè "se noi consentiamo oggi di fare quello che si vuole, quello che si ottiene è il buono", non è così, naturalmente. Se in Valle d'Aosta è stata fatta una legge sul commercio in seguito al "decreto Bersani", che era diversa da quella imposta dal decreto stesso, lo si deve al fatto che all'epoca, per puro caso, una certa rappresentanza delle Regioni a Statuto speciale era presente nella Commissione bicamerale che si occupò di questi decreti di liberalizzazione, di cui ero Vicepresidente, e lo stesso Bersani comprese all'epoca, per essere onesti, la particolarità delle zone di montagna, la particolarità delle autonomie speciali e quindi possiamo dire che all'epoca si limitarono i danni, che altrove hanno desertificato il commercio tradizionale. A beneficio di chi? A beneficio delle grandi strutture di vendita, perché, se noi vediamo con occhio critico la situazione valdostana, basta che noi attraversiamo il confine della Valle e vediamo come l'applicazione delle norme del 1998 sia stata altrove veramente disastrosa.

Fatta questa premessa, quale posizione assumeremo? Noi abbiamo visto in altra veste le prime bozze, abbiamo seguito e proposto delle modifiche, che qui risultano; avevamo chiesto, quando facevamo parte della maggioranza, una pausa di riflessione dopo il parere Onida chiesto dalle associazioni di categoria e, dopo la sentenza, ritenevamo legittimo che si operasse nella legislazione regionale. Com'è la sentenza? Io credo che sia una brutta sentenza, perché, come capita spesso nella decisione della consulta, si dà un colpo al cerchio e un colpo alla botte, sembra quasi di capire che la Corte, al posto di fissare una volta per tutte in materia di commercio una situazione di interpretazione chiara, finisca per dire: "la concorrenza e le liberalizzazioni sono importanti, poi di volta in volta decideremo se le legislazioni che sono state fatte siano o meno invasive" e quindi è un atteggiamento ponziopilatesco, che non è...come dire? condivisibile, perché il ruolo della Corte costituzionale dovrebbe essere quello di essere tranchant, cioè "questa è una materia dello Stato, questa è una materia delle Regioni", invece ci troviamo sempre con dei minestroni che rendono, a mio avviso, difficile per il legislatore regionale, soprattutto di una Regione autonoma, trovare dei propri spazi: lo dico perché ho seguito anche l'evoluzione altrove, quindi l'evoluzione di Trento e di Bolzano è un'evoluzione interessante, perché Bolzano in particolare ha cercato di resistere all'imposizione di alcune regole che erano state poste per due volte con due diversi provvedimenti dal "Governo Monti" e lo stesso ha fatto Trento. Io devo dire che loro erano molto interessati, per tutta una serie di ragioni particolari, a venir meno al fatto che non fosse imposta una liberalizzazione degli orari, che è un tema che in Valle d'Aosta è abbastanza...come dire? passato, perché da noi effettivamente oramai...sia nelle zone turistiche c'è un'abbondanza di apertura, ma anche le grandi strutture di vendita da noi sono aperte il sabato e la domenica, mentre per tutta una serie di ragioni un po' mitteleuropee a Trento e Bolzano la situazione è un po' diversa.

Ora, dando per scontato quindi un'interpretazione nella quale la rigidità delle liberalizzazioni ed un uso spregiudicato e invasivo delle autonomie speciali e del principio di concorrenza, che finirebbe per essere assorbente di tutte le nostre competenze, se noi prendessimo l'elenco di cui all'articolo 2 del nostro Statuto e vedessimo se ognuno di quei punti è corrispondente al rischio che quella nostra competenza venisse invasa dal principio di concorrenza, potremmo vedere che, se si applicasse in teoria la concorrenza, noi potremmo fare a meno di legiferare, perché sempre ci sarebbe una possibilità invasiva da parte dello Stato. Tuttavia, il testo attuale, accolto dalle associazioni, noi lo voteremo, certo saremmo interessati anche alla parte applicativa, perché gli indirizzi forniti dalla Giunta sono, a nostro avviso, importanti: sono importanti perché, se noi fossimo partiti dal presupposto di lasciare da soli i Comuni a dare un'interpretazione della norma madre emanata dal "Governo Monti" rischiavamo grosso. Certo, detto da un federalista, può colpire il fatto che talvolta debba essere un organo superiore ad interferire sull'autonomia dei Comuni, ma noi sappiamo che molti interessi aleggiano intorno alla materia del commercio, vedremo in prospettiva quali grandi centri apriranno nella plaine intorno ad Aosta, vedremo se ne verranno aperti in Valtournenche, vedremo questa novità eventuale dell'apertura di un grosso centro commerciale, se sarà presentata la richiesta al Comune, nella zona all'ingresso della Valle d'Aosta a Pont-Saint-Martin: questo non per una logica di colpevolizzazione, ma perché dobbiamo renderci conto che soprattutto nel fondo Valle, ma anche nelle vallate con le località più piccole noi stiamo assistendo ad un processo di desertificazione. Se noi oggi entriamo nel mio paese natale, Verrès, e attraversiamo il centro del paese, vediamo la desolazione, la stessa cosa potremmo fare a Châtillon, Saint-Vincent resiste un po' di più, ma fino ad un certo punto, lo stesso capita in centri come Villeneuve e Morgex e francamente una preoccupazione di fondo la potremmo avere anche per il centro di Aosta, io...il Presidente lo ricorderà, nelle discussioni avevamo citato un caso che sta diventando macroscopico, che sono gli acquisti spregiudicati da parte di una parte della comunità cinese. Arrivano, hanno molto denaro, hanno delle condizioni di lavoro talvolta...come dire? sulle quali interrogarsi, aprono dei grandi magazzini, così come permessi a suo tempo dal primo decreto, in cui puoi vendere dallo spillo fino alla borsa di gran moda, dagli oggetti d'artigianato fino alle cose alimentari, cioè questa logica degli store americani, aperti, tra l'altro, con la liberalizzazione degli orari, in orari assurdi, che i nostri lavoratori non concepirebbero in una logica di sfruttamento, io credo che in prospettiva qualche riflessione andrà fatta. Io non ho delle soluzioni, ho seguito con curiosità l'evoluzione, per esempio, del cooperativismo bianco, che ha consentito in provincia di Trento il mantenimento di certi negozi, però anche lì il modello in questo momento è scricchiolante. Io credo che qualche cosa in prospettiva andrebbe fatta, perché noi abbiamo una legge, la 19 se ricordo bene, che finanzia il settore del commercio, è una legge generosa, però effettivamente io non so che cosa noi potremmo fare, un giorno o l'altro, per ridare una vivacità ad una serie di centri che oggi rischiano di essere deprivati totalmente di presenze, che sono le presenze che fanno vivere. Insomma, io adesso non voglio dire, ma credo che tutti noi abbiamo provato una certa depressione attraversando delle zone della nostra Valle dove i negozi sono chiusi, tutto è spento, l'attrattività anche rispetto al mondo del turismo diventa francamente triste.

Torno a bomba per concludere sulla questione delle norme, noi crediamo che questa legge si possa votare, poteva essere perfettibile, ma penso che, da un certo punto di vista, ci si debba anche rendere conto che le affermazioni di principio devono anche fare i conti con la giurisprudenza che la Corte costituzionale ha messo in atto su questa materia, può piacere o può non piacere, a me personalmente non piace, lo ripeto è una giurisprudenza da Ponzio Pilato, però va anche detto che con le ultime sentenze gli spazi di manovra della nostra autonomia si sono oggettivamente ristretti. La nostra competenza sul commercio si è ristretta, resta e qui viene adoperata la nostra competenza sull'urbanistica, credo che un giorno verrà in cui probabilmente una riflessione complessiva andrà fatta non solo su questa materia, ma su questa logica del mercato libero come panacea.

Presidente - La parola al Consigliere Bertin.

Bertin (ALPE) - Grazie Presidente.

La proposta di legge fatta dall'opposizione ha avuto un iter molto travagliato, iniziata a luglio questa...questi provvedimenti legislativi...e che finiscono oggi. Nel luglio ci era stato paventato un rischio terribile, come spesso fa la maggioranza e il Governo regionale, inventando problemi e mettendo fretta su ogni provvedimento legislativo. In questo caso poi abbiamo visto che non esistevano problemi visto che siamo ormai a febbraio. In quel caso bisognava chiudere tutto entro il 1° ottobre, questo in termini generali ha un effetto negativo sulla produzione legislativa di questo Consiglio e lo vediamo spesso, in effetti a volte dobbiamo ritornare dopo appena un anno su leggi appena approvate, perché esse hanno manifestato dei limiti e in termini generali questa fretta non fa bene alla qualità legislativa di questo Consiglio, l'abbiamo già sottolineato in altre occasioni.

In questo caso si voleva chiudere la vicenda molto in fretta, senza aprire un dibattito ampio su quello che rappresenta il commercio in Valle d'Aosta: come si diceva in precedenza, sono 5.000 addetti, con 2.000 strutture...esercenti. Un settore importante non soltanto per il dato economico, anche per il ruolo sociale che ha, in certi piccoli paesi di montagna non è neanche una questione turistica o economica: è anche una questione proprio sociale, avere una struttura sul territorio che garantisce alle persone, alle persone anziane...una qualità della vita decente. Bisognava aprire un dibattito ampio su questa vicenda e avere una visione complessiva, invece ci limitiamo oggi ad approvare una legge poco innovativa, che recepisce quanto voluto dallo Stato, che...come dire? è un approccio liberista che potrà avere conseguenze negative sul nostro territorio. Non salvaguarda il particolarismo territoriale di questa regione e si poteva agire sulle competenze urbanistiche come faceva cenno...il Consigliere Caveri..."verrà il tempo in cui dovremo affrontarle", no, dovremmo affrontarlo subito, non verrà il tempo: sono questioni che vanno affrontate adesso, anche perché il mondo viaggia veloce e questo è un settore...come dire? cardine per l'evoluzione della nostra Regione. Come detto, manca una visione globale e ci si limita ad interventi così, settoriali, in questo caso salvaguardando, sostanzialmente, soltanto le grandi superfici, che in Valle d'Aosta, come detto, sono numerose, non c'è bisogno di aggiungere nuove superfici di quelle dimensioni, la concorrenza c'è. In precedenza Caveri ha detto: "vedremo se apriranno a Sarre, a Pont-Saint-Martin, o chissà dove nuove strutture", ma non stiamo ad aspettare che nascano queste strutture, dobbiamo avere una visione, condurre l'evoluzione di questo sistema, altrimenti, se non pianifichiamo le cose, il rischio è proprio un impoverimento della rete commerciale valdostana, che è basata, come dico, non sulle grandi strutture, ma su quelle piccole: lì bisognava essere innovativi, invece no, non si è fatto niente. Tra l'altro, queste grandi strutture, come sottolineava in precedenza anche il Consigliere Donzel, spesso sono operazioni immobiliari che nascondono anche dubbi sulla provenienza dei capitali, che sicuramente non sono necessarie alla Valle d'Aosta, che ha comunque delle grandi strutture già presenti significative, molto più che a Bolzano e a Trento, come dicevamo in precedenza. Questa mancanza di visione globale la si vede anche dalla non volontà di introdurre l'Osservatorio regionale sul commercio, sull'argomento avevo qualche tempo fa presentato anche un'interrogazione. Questo potrebbe essere uno strumento importante per capire dove si evolve il sistema, intervenire, perché bisogna intervenire, bisogna avere una visione delle cose, non si può lasciare che le cose vadano in un modo non governato, siamo qui per governare l'evoluzione di un sistema come questo, altrimenti poi gli interessi più grandi prendono in mano la situazione e certamente a beneficiarne non saranno i cittadini e gli utenti, ma soltanto i grandi interessi.

Questa legge che approverete certamente non risponde alle esigenze di questa Regione e soprattutto non è innovativa, ma si limita a recepire quanto disposto dallo Stato e certamente non è in grado di rispondere, come detto, alle necessità di questa Regione in questo campo fondamentale. Non si è aperto un dibattito, ampio su questo comparto, sul suo cambiamento, insomma, il nostro giudizio complessivo su quanto verrà approvato oggi non può essere positivo. Quel poco di discussione che è stata fatta o è stata fatta perché abbiamo in un certo senso fatto le barricate, allungando i tempi permettendo un'apertura di una discussione, che è stata comunque troppo piccola e per gli effetti...per l'importanza che ha questo settore, anche sociale, oltre che economica sulla Valle d'Aosta. È un peccato, un'altra occasione persa, l'ennesima e non possiamo che esprimere un giudizio piuttosto negativo su questa cosa.

Presidente - Colleghi, non ho altre persone iscritte a parlare e, vista l'ora, direi di sospendere i lavori e di riprendere alle 15,30.

La seduta termina alle ore 12,52.