Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 1828 del 18 maggio 2011 - Resoconto

OGGETTO N. 1828/XIII - Relazione sulle attività di rilievo europeo e internazionale svolte dalla Regione nell'anno 2010, ai sensi della legge regionale 16 marzo 2006, n. 8.

Président - Nous passons maintenant à la session européenne et internationale du Conseil régional.

La parola al Presidente della Regione, Rollandin.

Rollandin (UV) - Merci M. le Président.

Comme d'habitude il y a la possibilité de faire à ce point de l'année une réflexion sur la question de l'Europe et sur les thèmes qui ont été abordés pendant l'année qui vient de s'écouler, compte tenu du fait que, de mai à mai, s'est écoulée une année officielle, donc il y a eu toute une série d'engagements qui avaient été pris, qui ont été remarquablement soulignés pendant l'année, qui ont vu l'engagement direct de l'Administration régionale, en particulier de ceux qui travaillent sur ces thèmes de façon attentive, compte tenu des processus qui sont en train de se passer au niveau européen.

Un anno fa, in occasione della sessione europea e internazionale del Consiglio regionale, si commentava positivamente l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che portava con sé il rafforzamento delle istituzioni comunitarie, ma soprattutto il riconoscimento formale del ruolo delle autonomie regionali e locali, l'estensione del principio di sussidiarietà a tutti i livelli di governo e l'esplicito riferimento alle zone di montagna, a cui riservare una particolare attenzione. Oggi, a distanza di un anno, dobbiamo rilevare che tali previsioni sono ancora lontane dall'essere attuate e l'evoluzione del contesto sembra portare sempre più le decisioni a livello degli stati e delle istituzioni comunitarie, per cui è necessario continuare ad operare per la salvaguardia dei nostri interessi.

Questa sessione è un'occasione per fare un bilancio di quanto avvenuto nel 2010, anche alla luce delle linee di indirizzo pluriennali approvate lo scorso anno. È un bilancio di soddisfazione per l'azione che abbiamo potuto realizzare nelle attività europee ed internazionali per far fronte delle difficoltà a tutti note, ma anche di preoccupazione per l'evoluzione del quadro complessivo. Si può fare un riferimento al fatto che nel giugno 2010 il Consiglio europeo ha approvato la cosiddetta "strategia Europa 2020"; si aveva alle spalle l'esperienza della precedente strategia di Lisbona, fallita per l'insufficiente coordinamento fra le politiche dell'Unione e quelle degli Stati, per l'improponibilità di obiettivi uguali per tutti e per la carenza di risorse finanziarie messe in gioco.

La nuova strategia 2020 promuove una crescita basata sulla conoscenza con più livelli di occupazione e sostenibilità, cioè più efficiente nell'uso delle risorse e più competitiva. Tutto questo è sicuramente condivisibile sotto i principi così enunciati. Le debolezze della strategia del precedente periodo hanno anche condotto all'introduzione di alcune novità: da un lato, la titolarità della strategia in capo al Consiglio europeo con un monitoraggio annuale; dall'altro, la previsione che gli obiettivi dell'Unione siano tradotti in obiettivi, percorsi e Programmi Nazionali di Riforma (PNR), che tengono conto delle differenti situazioni di partenza che individuano le riforme chiave da realizzare con eventualmente - non è così scontato - la precisazione che sono necessarie le risorse finanziarie da mobilitare, siano esse europee o nazionali. Quindi quello che dicevamo, i motivi di preoccupazione per l'evoluzione del contesto, il tema della partecipazione della Regione all'attuazione della strategia 2020 è affrontato in termini generici già a livello europeo, poiché è previsto che tutte le autorità nazionali regionali e locali "dovrebbero" - sottolineo - attuare il partenariato, tanto nell'elaborazione dei programmi nazionali di riforma quanto nella loro attuazione.

Il PNR in Italia è stato approvato lo scorso mese di aprile, ai fini dell'inoltro alla Commissione europea. Nella prima esperienza dell'Italia si è registrato, nel periodo tra novembre 2010 e marzo 2011, un discreto coinvolgimento delle Regioni con riunioni a livello tecnico e comitati, che ha portato ad un'adeguata presa in considerazione dei contributi regionali, ancorché sintetizzabili in un'ottica di omogeneizzazione sotto il profilo dell'organizzazione. Nella versione finale di aprile 2011, largamente rimaneggiata, i contributi regionali hanno perso di visibilità ed incidenza, il che fa presagire che, ancora una volta, la necessità di governance europea veda coinvolti nella realtà dei fatti più gli Stati che le Regioni e gli enti locali: questo diventa un punto debole e su questo ci sarà da lavorare.

L'altro elemento da sottolineare è che l'elaborazione dei programmi nazionali di riforma si colloca anche nel più ampio meccanismo di governance, introdotto nell'intento di realizzare - a seguito della crisi globale apertasi nel 2008 - un coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri. A tal fine ogni anno il cosiddetto "semestre europeo" fra gennaio e giugno è caratterizzato da una serie di adempimenti, che si traducono nell'approvazione delle manovre economiche e leggi di bilancio. Questa innovazione della governance europea ha dato luogo a livello nazionale all'introduzione di modifiche nella normativa in materia di contabilità e finanza pubblica e certo avrà dei riflessi su tutta la realtà nazionale. In termini più generali, occorre ricordare che nel corso del 2010 ha preso avvio un processo tuttora in corso di riforma della legge n. 11/2005, relativa alla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e alle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, in esito al quale possono essere meglio definite le modalità per la partecipazione alla famosa "fase ascendente", cioè contribuire a decidere ed a programmare le leggi, e discendente del diritto europeo.

Il 2010 è anche l'anno di definizione delle prime proposte per il futuro della politica di coesione e della politica agricola comune per il periodo 2014-2020. Riguardo a questo, la Commissione europea ha presentato la quinta relazione della coesione economica, sociale e territoriale; la pubblicazione ha segnato l'avvio di un processo pubblico di consultazioni che è proseguito fino al 31 gennaio 2011. Il calendario delle attività prevede ora la presentazione da parte della Commissione europea delle proposte legislative per il futuro della politica di coesione. Sicuramente si preparano i nuovi programmi regionali e statali che entreranno in attuazione dal 1° gennaio 2014. Nel merito va sottolineato che la Commissione europea conferma, nella sua proposta, che la futura programmazione deve interessare tutte le Regioni europee senza esclusioni. Inoltre vengono posti in evidenza, fra gli altri, gli aspetti seguenti: accrescere il valore aggiunto dell'Europa; rafforzare la governance; prevedere un numero limitato di priorità chiave; ridurre i carichi amministrativi; semplificare la gestione finanziaria.

La nostra Regione ha risposto alle consultazioni sul quinto rapporto di coesione, inviando alla Commissaria europea della politica regionale le proprie osservazioni; abbiamo ritenuto condivisibile la proposta di interessare nella nuova fase di politica di coesione tutte le Regioni e abbiamo sottolineato alcuni aspetti specifici. A fronte dell'inserimento all'articolo 174 del Trattato dell'Unione europea della nuova dimensione della coesione territoriale, in particolare dell'attenzione che deve essere prestata, fra le altre, alle zone che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici quali le zone di montagna, la relazione della commissione è risultata carente in termini di analisi e proposte. Allo stato attuale, nell'ottica dell'auspicata finalizzazione di tutte le politiche dell'Unione e degli obiettivi della strategia Europa 2020, abbiamo segnalato che il coordinamento fra la politica di coesione e le altre politiche, in particolare quella di concorrenza relativamente alla disciplina degli aiuti dello Stato, deve essere più adeguatamente affrontato. Riguardo al futuro dell'agricoltura di montagna credo che il collega Caveri potrà relazionare su questi temi, avendo partecipato direttamente.

I rappresentanti politici delle Regioni alpine, hanno intensificato l'azione comune sui temi a favore dell'agricoltura di montagna, prendendo ufficialmente posizione nel merito. Credo sia di particolare rilevanza quello che è avvenuto dall'11 aprile 2011 con la riunione tenutasi in Baviera, che ha visto riunite le Regioni dell'Arco alpino e dove sei ministri dell'agricoltura europei hanno sottoscritto una dichiarazione per l'agricoltura di montagna. C'è da sottolineare, infine, l'avvio della revisione della disciplina comunitaria e degli aiuti a finalità regionale, che rappresentano una prima importante occasione nella quale proporre specifiche regole per la montagna. Possiamo dire che l'obiettivo è quello di attivare politiche e azioni mirate che consentano di compensare i sovraccosti che limitano lo sviluppo e le attività insediabili nelle economie di montagna che derivano da caratteristiche del territorio. Le politiche e azioni da attivare dovrebbero essere coerenti con le caratteristiche e le condizioni di svantaggio del territorio, tali da liberare il potenziale di sviluppo economico, sociale e territoriale nelle zone montane. Alla luce di quello che è stato detto, è in corso un'attività di elaborazione e di studio di politiche fiscali di vantaggio, per attrarre e facilitare il permanere di imprese in Valle d'Aosta, in attuazione del nuovo quadro di riferimento normativo che si sta delineando dopo il federalismo fiscale.

Passando alla promozione di interessi e della specificità della nostra Regione e all'attuazione delle politiche europee in Valle, si può fare un cenno alla politica regionale di sviluppo per il periodo 2007-2013. Com'è noto, la politica regionale di sviluppo è definita nel documento unitario di programmazione, approvato dal Consiglio a suo tempo, che contiene la strategia regionale unitaria cui fanno riferimento nove programmi che tutti ricorderanno. Rispetto all'investimento programmato pari a 363.000.000 di euro, al termine dello scorso anno il costo ammesso per i progetti approvati è di circa 197.000.000 di euro, gli impegni assunti ammontano a circa 151.000.000 di euro, mentre i pagamenti sono 79.000.000 di euro. L'attuazione si sta quindi sviluppando secondo una tempistica coerente con le aspettative (come dico questo per il 2013); siamo al 2011, quindi rientriamo pienamente negli obiettivi. L'avanzamento ha interessato interventi mirati sulla quasi totalità degli obiettivi, la strategia si concentra particolarmente su sei dei ventuno obiettivi relativi alla valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale, inclusione sociale e partecipazione al mercato del lavoro, qualità degli insediamenti urbani, turistici e rurali e dell'offerta di servizi, sfruttamento efficiente delle fonti energetiche, ampliamento della dotazione di infrastrutture e servizi per informazione e comunicazione.

Senza entrare nel particolare dei singoli progetti, faccio un breve cenno ancora alla cooperazione per aggiornare il Consiglio rispetto alla situazione dell'Euroregione Alpi Mediterraneo. Dopo che nel 2009 le tre Regioni italiane avevano portato a termine l'iter di autorizzazione statale per la costituzione del gruppo europeo di cooperazione territoriale, il famoso GECT, nel 2010 è proseguito l'iter per la parte francese, seppure con un periodo di stasi dovuto al rinnovo delle Assemblee delle altre Regioni, con marginali richieste di adattamento delle convenzioni. Auspico che con l'impegno raggiunto dalle altre Regioni si possa rapidamente concludere questa fase, procedendo alla definitiva valutazione politica da parte dei membri del GECT sull'istituzione di questo soggetto, considerato che i testi della convenzione e dello statuto del GECT sono ora stati condivisi dai Ministeri degli esteri italiano e francese.

Questa è una breve sintesi della relazione che tutti voi avete avuto. Nell'ambito di questo lavoro, la partecipazione attiva del collega Caveri come rappresentante della Regione nelle varie sessioni potrà dare la possibilità di meglio qualificare alcuni degli interventi più specifici ed un aggiornamento sugli ultimi impegni, soprattutto per la politica di coesione per la montagna. Con questo lo ringrazio per il lavoro che ha svolto e soprattutto per l'impegno a difesa di queste particolarità, che sono per noi il pane quotidiano nell'ambito dell'interesse della politica in senso generale. Grazie.

Presidente - La parola al Consigliere Caveri.

Caveri (UV) - Merci M. le Président.

Je profite de cette discussion pour faire le point, même sur la base du rapport écrit présenté par le Président de la Région et de ce qu'il a ajouté dans cette Assemblée, en le remerciant pour la considération pour le travail accompli: je voudrais parler de mon activité au Comité des Régions à Bruxelles. C'est vrai à ce propos que, comme chef de la délégation italienne, j'ai eu l'honneur de pouvoir participer à certaines réunions restreintes qui m'ont permis de mieux comprendre certains passages. Comme d'habitude il y a les optimistes, les pessimistes, face à l'Union européenne.

Je voudrais commencer avec deux éléments de difficulté. Le premier est en tant que fédéraliste: il faut dire que la faiblesse de l'Europe a été démontrée avec la crise tout à fait récente de l'immigration clandestine. Il faut rappeler qu'il y a une partie clandestine et une partie encore plus délicate d'asile politique, des gens qui ont droit de rester et d'être protégés en Europe. Ce qui s'est passé à Lampedusa avec les différentes réunions des responsables des différents gouvernements démontre, pour le moment, que le Traité de Lisbonne sous le profil de la gouvernance n'a pas fonctionné. Nous avons aujourd'hui un Président du Conseil européen et un Ministre des affaires étrangères, mais la réalité c'est que les pays ne sont pas arrivés à régler une affaire plutôt simple tel que l'application de Schengen, qui est un vieux traité qui a des règles qui apparemment sont des règles certaines, mais la réalité a démontré qu'il y a encore un effort à faire.

Le deuxième argument a été déjà touché par le Président et c'est la faiblesse vis-à-vis de la subsidiarité, parce que quand nous regardons le dernier accord sur la gouvernance économique, c'est-à-dire la réforme du pacte de stabilité, je dois dire que tout le monde au Comité des Régions a démontré une grande préoccupation, car ce qui se passera - une surveillance accrue des politiques économiques et des dépenses publiques - risque d'engendrer, comme s'est passé avec le pacte de stabilité, une incompréhension, parce que c'est difficile d'imaginer une grande perspective pour la stratégie européenne, si après il y a des mécanismes qui empêchent une dépense publique, surtout face à une crise économique. A ce propos le Président a déjà évoqué l'élément le plus fort du débat politique, c'est-à-dire la stratégie 2020, qui est le moment le plus important de cette période de discussion, une stratégie qui commence avec une faillite: l'impossibilité de réaliser la stratégie de Lisbonne. Il s'agissait d'un ensemble de projets pour le futur de l'Union européenne qui n'a pas fonctionné, car on avait fixé une centaine d'objectifs pour la stratégie de Lisbonne. Aujourd'hui, face à une crise économique terrible qui a touché le vieux continent comme le reste du monde, on a élaboré, et c'est en pleine discussion...tout récemment il y a eu la position italienne...nous aurons au Comité des Régions, dans une quinzaine de jours, une nouvelle rencontre entre les chefs des différentes délégations nationales pour faire le point sur la stratégie européenne, et aujourd'hui il y a un numéro restreint d'objectifs qu'on a décidé de fixer.

Deux mille vingt signifie trois priorités: une croissance intelligente, une économie fondée sur la connaissance et l'innovation; une croissance durable, utilisation des ressources avec des ressources plus ouvertes et plus compétitives; une croissance inclusive, encourager une économie à fort taux d'emploi favorisant la cohésion sociale et territoriale, ce mot qui a été déjà soulignée par le Président, c'est-à-dire pour la première fois il y a une cohésion territoriale et donc, pour nous, en tant que territoire de montagne, c'est une possibilité importante. Il y a encore sept objectifs, une espèce de sous-objectifs: recherche et idées innovantes, jeunesse en mouvement, car aujourd'hui le problème est la performance des systèmes éducatifs, une stratégie numérique (Internet), une Europe efficace dans l'utilisation des sources énergétiques (surtout renouvelables), une politique industrielle à l'ère de la mondialisation, l'emploi; enfin, une plateforme européenne contre la pauvreté, parce qu'aujourd'hui la crise économique a créé un ensemble de personnes qui vivent avec beaucoup de difficultés à l'intérieur des riches sociétés occidentales. Evidemment d'autres arguments s'ajoutent: la productivité, le vieillissement de la population, le changement climatique, et donc on peut dire qu'aujourd'hui nous nous trouvons face à la nécessité de comprendre s'il y a, dans l'ensemble de ces projets, un rôle qui peut être joué par les Régions.

Da questo punto di vista è indubbio che le Regioni abbiano un ruolo di idee e di proposte, che in parte sono confluite nel progetto di programma nazionale di riforma che si è incrociato nella fase conclusiva con il documento di politica economica e finanziaria. Non sto a tediarvi con l'insieme di azioni che sono state svolte; devo dirvi che concordo con la posizione espressa dalle Regioni, soprattutto quelle del nord, che hanno detto che c'è un'impronta fortemente "sudista", nel senso "non leghista" del termine, ma perché per l'ennesima volta l'Italia è costretta a dire quello che senza peli sulla lingua il Ministro Tremonti ha detto poche settimane fa: esiste un problema di un'Italia competitiva e di una parte dell'Italia che sta andando alla deriva.

È molto difficile, quando discutiamo sul rapporto di coesione con i colleghi degli altri Paesi europei, poter discutere del caso italiano, perché veniamo regolarmente rimproverati del fatto che la maggior parte delle Regioni del sud spende il 10 percento dei fondi a sua disposizione. È molto difficile, oggi, sostenere una battaglia italiana che tende principalmente e giustamente a sviluppare le Regioni del Mezzogiorno, perché i soldi che sono stati impiegati non hanno sortito gli effetti sperati; è molto difficile per noi poter convincere i colleghi di dare un'ulteriore chance a questi Paesi e, dal punto di vista della divisione della torta, il prossimo periodo di programmazione sarà l'ultima chance, perché i soldi si sposteranno verso i Paesi più poveri, con l'allargamento a 27 che diventerà a breve un allargamento a 29 con l'ingresso della Croazia e probabilmente - se risolverà i suoi problemi di debito con alcuni Paesi europei - dell'Islanda. È chiaro che ci sono Paesi nell'est e nel centro Europa che assorbiranno una parte rimarchevole di questo denaro.

Non voglio tediarvi se non ancora su qualche punto specifico che è stato già affrontato dal Presidente. Il primo argomento, visto che della fase discendente parleremo nella legge comunitaria, riguarda la fase ascendente. È stato ricordato come in questo momento il Senato stia affrontando la nuova legge che regolamenta l'intera materia, sono le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. È una legge non molto innovativa, è una legge che, al posto di avere un comitato interministeriale che si chiamava CIACE, avrà un comitato interministeriale che si chiamerà CIAE: questa è una logica un po' ridicola degli acronimi, che finiscono per rendere incomprensibile il ruolo di strutture di questo genere. Sul processo ascendente va detto che è rimasta sulla carta una buona legge che era stata fatta dal Ministro La Loggia, che prevedeva che le Regioni potessero mandare dei propri esperti nella cosiddetta "comitologia", ovvero nei comitati tecnici che si occupano del 90 percento degli argomenti che possono interessarci; per la Valle d'Aosta possono essere le normative tecniche sugli impianti a fune, per esempio. Questa rappresentanza regionale non viene chiamata, così come ai Consigli europei, quando si tratta di materie che riguardano le competenze delle Regioni, dovrebbe essere chiamato un rappresentante di una regione a statuto ordinario e, in maniera regolare, un rappresentante o il presidente o degli assessori di una regione a statuto speciale o di una provincia autonoma; invece questo - in barba ad una legge statale vigente - non avviene. Quindi si può dire che ancora oggi c'è una situazione di minorità rispetto al ruolo che le Regioni dovrebbero giocare in Europa, e francamente credo che prima o poi è come una bottiglia di champagne di cui salterà il tappo, perché è insopportabile che continuino su alcune materie tipicamente regionali ad andare dei funzionari alle riunioni tecniche e dei ministri, che poi, qualunque governo ci sia, sono scarsamente informati sui contenuti reali delle problematiche.

Secondo argomento cruciale: la questione della montagna. Una lunghissima battaglia politica ha portato ad avere fra le zone cosiddette "svantaggiate" le zone di montagna e, in alcuni casi, questa battaglia ha sortito degli effetti positivi. Il Presidente ricordava la politica agricola, il recente rapporto del Presidente della Provincia di Bolzano al Comitato delle Regioni, che riflette però delle posizioni che sono state espresse dai ministri e dagli assessori regionali, ha portato al riconoscimento della particolarità della montagna. Sembra essere una cosa banale, ma all'inizio della discussione i termini erano veramente difficili; oggi sembra essere passato il messaggio che i fondi compensativi o la possibilità di sommare diversi fondi non è un regalo, ma è la sopravvivenza di un'agricoltura altrimenti destinata ad essere marginalizzata per sempre.

Ma gli argomenti sono anche altri, li riassumo in due problematiche molto importanti. La prima è una discussione recente che si è svolta al Comitato delle Regioni, che riguarda la questione dei servizi di interesse generale, alla presenza del Presidente della Commissione europea, Joaquín Almunia. La questione è abbastanza importante perché oggi abbiamo due tipologie di servizi pubblici in Europa: alcuni servizi sono già stati soggetti alla liberalizzazione, che è cosa diversa dalla privatizzazione, e ci sono settori come le poste, i trasporti, le telecomunicazioni, l'energia e anche l'acqua, di cui si è parlato poco fa; l'acqua, in Europa, è prevalentemente basata non su un principio come abbiamo fatto noi, di mantenimento della gestione al pubblico, ma con gare e bandi. Quando Almunia - che è un progressista, in quanto è uno degli ex leader socialisti della Spagna - ha cominciato a dire: la commissione inizi ad interessarsi dell'ipotesi di maggior concorrenza in settori come scuola, servizi sociali e sanità, un brivido ha percorso la sala. Personalmente ho detto nelle repliche al Vicepresidente, che è il responsabile della concorrenza, che un punto interrogativo deve porselo, perché la realtà è che o noi riusciamo ad applicare questo concetto della particolarità delle zone marginali, oppure...e lui su questo ha giocato con molta abilità, perché io ho detto: guardi che le poste che sono state soggette ad un processo di liberalizzazione, guadagnano nelle grandi città e nelle grandi aree urbane, ma fanno le rugne quando è il momento di mantenere un ufficio postale in montagna, perché ritengono che quell'ufficio non sia redditizio...allora Almunia risponde dicendo: no, perché i servizi universali devono essere mantenuti nelle zone di montagna, dovete fare attenzione, ma...attenzione a cosa?

La realtà dei fatti è che, se non avessimo fatto delle scelte strategiche in passato sull'acqua, sull'energia o su cose di questo genere, questi tipi di servizi di interesse generale vedrebbero il territorio valdostano desertificato. Di fronte a questa realtà, ed è l'altro versante di trattativa, sono gli argomenti citati dal Presidente di una trattativa con l'altro Commissario che si occupa del mercato interno, Michel Barnier, savoiardo, persona che ha in testa le problematiche delle zone di montagna, e lui stesso si rende conto che o noi - questo è un altro tema aggiuntivo - consentiamo degli aiuti all'economia nelle zone di montagna, limitando le regole troppo ferree degli aiuti di Stato... Nel caso degli impianti a fune è significativo: ogni volta, per poter finanziare gli impianti a fune, dobbiamo zig-zagare e abbiamo una vecchia determina fatta a suo tempo dal Commissario Monti che aveva dimostrato intelligenza e sensibilità più dei suoi funzionari, che invece avevano un atteggiamento talmente stringente che avrebbe portato alla chiusura di tutti gli impianti a fune in Italia, cosa che in alcune Regioni purtroppo sta avvenendo.

Cosa si dice, oggi, a Barnier? Visto che si sta discutendo di rendere, sulla base di una norma del trattato, discutibile la possibilità di dare in alcune zone delle Regioni degli aiuti di Stato, ragioniamo che questi aiuti possano essere dati in particolare nelle zone di montagna. Vorrei che però vi restasse per un attimo fissa nella memoria la problematica di come fare a dire cos'è zona di montagna, perché la grande ambiguità italiana viene portata in Europa. In Italia, alla fine, con la legge sulla montagna che è stata posta in discussione dalla Conferenza delle Regioni, ci troviamo nell'ambiguità che non diciamo mai cosa è "montagna", quindi troppa montagna, nessuna montagna. Questo lo dico rispetto ad un'altra problematica di cui mi sto occupando direttamente: la questione delle minoranze linguistiche. Anche in questo caso il Trattato di Lisbona apre finalmente la particolarità delle minoranze linguistiche nazionali, ma la realtà - e lo dico perché nella plenaria del Comitato delle Regioni a giugno sarà autore di un rapporto e a settembre sarò al Parlamento europeo a presentarlo in quella sede, poiché il Parlamento europeo sul tema non si esprime dal 2005 - è che abbiamo la difficoltà che ogni volta che discuti con la commissione questa dice: è vero che i Trattati recependo la Carta europea dei diritti dicono che le minoranze linguistiche devono essere tutelate, ma in fondo chi sono queste minoranze linguistiche? Mentre il Consiglio d'Europa nel tempo ha fissato con chiarezza, con degli accordi internazionali, cos'è una minoranza linguistica o nazionale, l'Unione europea, per la montagna, non definendo con chiarezza di cosa si tratta, ci mette in difficoltà.

Allora un'ipotesi potrebbe essere quella di riflettere sui nuovi strumenti che arriveranno, forse questo è più facile per le minoranze linguistiche che per la montagna, ma dal 1° aprile 2012 avremo finalmente l'iniziativa che si chiama Initiative citoyenne, che è la possibilità per un certo numero di cittadini europei, ovvero un milione - provenienti, queste firme, da almeno quattro Paesi membri con un comitato organizzatore che vede sette Paesi europei -, di presentare alla commissione delle direttive vere e proprie. La commissione ha tre mesi per respingerle o accettarle. Questo per la definizione di "montagna" o per la definizione di "minoranza linguistica" può essere un tema estremamente interessante; dicevo che è più facile per le minoranze linguistiche, perché raccogliere un milione di firme, se si mettono sotto i catalani o gli scozzesi, è più facile, mentre per la montagna è più difficile per la difficoltà di organizzarsi. Questi erano i temi che volevo proporvi.

C'è poi un tema conclusivo molto interessante che è la questione dei GECT, le cosiddette "euroregioni", anche se il termine al nostro Governo - come a quelli precedenti - non piace perché gli sembra troppo politico. Va detto che la Commissione europea ha proposto una modifica che renda meno invasiva la presenza degli Stati nella nascita dei GECT, perché il Presidente è buon testimone di quanto abbiamo dovuto patire, non siamo ancora arrivati, anzi siamo forse usciti dal tunnel, ma ci sono voluti parecchi anni, perché appunto gli Stati non amano queste aggregazioni europee sovranazionali o europee. Va detto però che in questo momento è lanciato un secondo dibattito che può essere venato da una vecchia discussione italiana: quella sulle macroregioni. Ricorderete quando la Lega, parecchi anni fa, lanciò l'ipotesi di tre macroregioni, interpretando un vecchio pensiero degli anni '60 di un loro esponente politico di spicco, anche amico della Valle d'Aosta: il Senatore Professor Gianfranco Miglio.

Oggi, in Europa, accanto ai GECT si ragiona in termini di macroregioni: la macroregione del Danubio, la macroregione del Baltico, la macroregione del Mediterraneo...è un tema molto interessante. Fra un mese, a Grenoble, quelli che si occupano da tempo dello spazio alpino rilanciano l'ipotesi di riflettere su una macroregione alpina; naturalmente quando diciamo "macroregione alpina" non si pensa ad una istanza di governo sostitutiva degli attuali equilibri statali, ma si pensa a formule di collaborazione e di rapporto che possono essere più strette e anche facilitate dal fatto che una volta, per la distanza che esisteva fra il lato estremo delle Alpi...che so? le Alpi slovene fino alle Alpi francesi, era difficile un dialogo. Oggi, con le nuove tecnologie, tutto questo è aperto ad una riflessione complessiva.

Concludo con l'ultimo pensiero che si rifà a quanto abbiamo detto all'inizio: bisogna essere ottimisti o pessimisti rispetto al cammino europeo? Credo sia significativo che, in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, sia il Presidente della Camera che il Presidente del Senato abbiano citato delle frasi di Federico Chabod che si rifaceva ai problemi di nascita di una nazione. Oggi ricordiamo un grande europeista per la data della sua morte avvenuta nel 1944, Emile Chanoux, e le due personalità sono state, nella storia valdostana, un po' come Coppi e Bartali nell'immaginario del dopoguerra e delle discussioni politiche. Credo che ognuno di loro la pensava in un certo modo e nessuno può negar loro una grande serietà ed un carisma, chi nel campo più intellettuale e storico, e chi nel campo più politico. Sicuramente mostrano una visione...erano entrambi dei visionari nel senso positivo del termine, e credo che oggi proprio la discussione su 2020 ci costringa ad essere visionari, perché tutti quegli elementi che vengono citati nel documento proposto a suo tempo dalla Commissione europea, sono i temi di fronte ai quali anche una piccola Regione autonoma come la nostra si troverà, sapendo che l'interlocuzione con Bruxelles è ancora più difficile dell'interlocuzione con Roma, ma questa difficoltà di taglia fra noi infinitamente piccoli e l'Unione europea che conta ormai 500.000.000 di cittadini e 27 Stati, è una interlocuzione alla quale non possiamo sfuggire.

Presidente - La parola al Consigliere Louvin.

Louvin (ALPE) - Merci M. le Président.

Tant le Président du Gouvernement que le collègue Caveri ont amorcé leurs interventions et les ont abordées par quelques mots de pessimisme sur la situation que nous vivons en ce moment par rapport à l'Europe. Ce pessimisme a du bien-fondé dans la mesure où, comme pour toutes choses que l'on a longtemps rêvé d'avoir, une Europe unie, qui a été le moteur de quelques générations avant les nôtres, qui a mobilisé la jeunesse pour faire déplacer les bornes aux frontières dans les années '70...les mouvements de jeunesse se présentaient aux frontières des Etats pour déplacer des barrières, par des gestes symboliques, bien sûr, et aujourd'hui nous assistons à la politique des Etats qui veulent remonter ces frontières et ces bornes, pour se protéger. Les enjeux sont de taille et nous n'ignorons pas l'immense défi que présentent la mobilité accrue et les grandes migrations en cours, mais le repli auquel nous assistons, cette forme d'égoïsme de nombreux Etats par rapport à une situation qu'il s'agit d'affronter tous ensemble est, avant même d'être un reflet de défense et de protection, un reflet d'ignorance et de manque de vision par rapport au futur de notre continent, qui ne saurait vivre isolé non plus, qui a besoin d'être soutenu par des énergies nouvelles, puisque le vieillissement n'appartient pas uniquement à un pays, c'est un phénomène global.

Notre position à nous par rapport à ce cadre général de l'Europe n'est pas quand même une position de pessimisme, nous croyons qu'il faut combattre par plus d'Europe et non pas par moins d'Europe, et qu'il faut, surtout en ce moment, éviter de se laisser prendre aux pièges d'un certain populisme anti-européen qui, vite et sans scrupules, monte sur la vague de l'ignorance, pour pouvoir affirmer des politiques encore de cloisonnement et de clôture.

L'Europe est faible. Le collègue Caveri, qui joue dans la cour des grands avec les protagonistes de cette Europe et qui a souvent l'occasion de les entendre et de parler avec eux, ne sera pas d'avis contraire par rapport à ce que je dis: qu'il y a un manque d'ambition et un manque d'allure de notre classe politique européenne. J'ai eu personnellement l'occasion d'écouter directement le nouveau Président de l'Union européenne dans un débat qui a eu lieu à Bruxelles, mais - par-delà une grande maîtrise technique des rouages de l'Europe - nous avons perçu un manque d'énergie. Nous avons, en ce moment, après l'âge d'or de l'Europe, un âge de fer et nous vivons dans une condition de bureaucratisation de l'Europe qui risque de nous nuire très fort. En même temps quelle est cette Europe tout à fait inefficace dans des domaines stratégiques, nous pensons notamment à la nécessité de contrecarrer la crise financière par des règles financières que l'Union européenne n'arrive pas à exprimer.

Est-ce que Lisbonne a failli? Le Conseiller Caveri a posé la question dans des termes assez nets. Lisbonne en tant que stratégie pour l'Europe, une stratégie très ambitieuse qui était la stratégie de la croissance par la compétence, par la formation, par l'extension des compétences intellectuelles de ce continent. Les Pays européens n'ont pas investi là-dedans, ils sont restés largement au-dessous de ce qu'ils s'étaient engagés à faire, mais finalement nous nous sommes tous laissés prendre aux pièges, la politique toute entière se laisse prendre aux pièges d'une idée de croissance générale, alimentée à n'importe quel prix.

Je voudrais rappeler, et cela est indiqué dans le rapport qui nous a été remis, M. le Président - si je puis me permettre une invitation c'est de nous le remettre l'année prochaine quinze jours à l'avant -, vous avez fourni à cette Assemblée un dossier qui est de taille, qui est très approfondi. Nous regrettons de l'avoir pour la discussion uniquement dans l'Assemblée...si on avait pu le mâcher un peu dans la Ie Commission, où le thème de l'Europe n'est pas souvent évoqué, nous aurions eu matière à vous porter ici, des considérations un peu plus approfondies que ce que nous faisons.

Je disais de cette idée toujours de croissance; la stratégie 2020 se fondera sur trois priorités: croissance intelligente, croissance soutenable, croissance inclusive. Il n'y a pas que la croissance, il y a aussi la transformation, on pourrait dire aussi qu'il peut y avoir une forme de décroissance ou de transformation heureuse de notre économie, qui ne passe pas nécessairement par une augmentation du potentiel économique et financier. Il y aurait là matière à un débat d'une journée entière et peut-être cela ne suffirait pas encore. Mais nous avons l'idée que cette Europe continue à jouer le refrain de la croissance et que ce refrain n'est pas la réponse optimale à nos besoins, d'autant plus que les macro-objectifs qui sont fixés, sont par exemple d'avoir seulement 75 pour cent des personnes entre 20 et 64 ans avec un travail d'ici 2020. Un européen sur quatre sera au chômage, c'est un objectif bien modeste, c'est ne pas imaginer une sortie différente du "cul de sac" dans lequel se trouvent nos économies en ce moment! C'est pourquoi nous disons qu'il ne suffit pas, c'est le Général De Gaulle qui le disait à son temps: "crier Europe, Europe et sauter comme un cabri pour être européen". Il faut avoir une idée européenne de l'évolution de notre continent, et...qui sait? peut-être aussi à notre taille nous avons quelque chose à dire là-dessus!

Président Rollandin, nous sommes à un détour, vous avez présenté un rapport où on fait état de l'accomplissement des projets 2007-2013; nous y arriverons dans un an et demi environ, mais nous sommes déjà au départ du nouveau cycle. On est en train de préparer le nouveau cycle 2014-2020 pour la politique européenne, et là nous avons encore du mal à percevoir quelle sera la stratégie globale de l'Europe! Nous avons l'élaboration des documents qui relancent de plus en plus les objectifs, mais ici il y a une question fondamentale: c'est d'établir une politique fondée sur un retour à une souveraineté alimentaire de la part de nos communautés et de nos Pays, non pas une souveraineté d'Etats dans le sens de gestion autonome de notre politique de développement, de notre politique agricole, de notre politique de consommation, de notre politique d'échange des biens fondamentaux, et c'est sur cela que nous avons un rôle à jouer!

Nous n'avons pas une grande maîtrise des thèmes comme les grandes technologies, l'espace, la finance internationale, ce n'est pas à notre portée; mais les politiques concernant l'environnement, la production agricole, les équilibres internes de nos petites communautés, sont quelque chose sur laquelle nous avons notre mot à dire et donc essayer de faire passer et vous avez fait état de quelques tentatives qui ont eu lieu de la part des Régions alpines, de la signature de documents, et cetera, mais là nous sommes en train de manifester, à mon sens, un certain retard. Nous sommes toujours dans la logique: les institutions régionales doivent négocier avec les institutions de Bruxelles, que ce soit par l'intermédiaire de quelque grand commis que nous avons, tel M. Caveri, qui se présente - et je dirais avec compétence et panache dans le Comité des Régions d'Europe ou d'autres circonstances, nous sommes toujours dans la logique d'un dialogue entre institutions!

Si nous voulons repartir avec l'Europe, notre modeste opinion est celle-ci, il faut repartir par une approche globale dans laquelle nous faisons l'alliance des populations pour certaines politiques européennes. Vous vous souvenez du combat pour le climat qui a mobilisé en Europe des énergies importantes; vous vous souvenez des réactions contre la directive Bolkenstein de laquelle nous allons discuter dans quelques minutes...il y a, dans les fibres de l'Europe, la possibilité d'avoir des réactions communes. Or, s'il y a un terrain sur lequel nous croyons que d'ici quelques mois, dans les années à venir, il doit se jouer une partie essentielle c'est sur la politique agricole commune. Si on continue à en faire uniquement l'affaire aux agriculteurs, à ceux qui s'occupent physiquement de l'activité agricole, nous condamnons définitivement l'agriculture à une position marginale et à une position de défense passive. Il y a, en ce moment, dans le milieu des producteurs et des consommateurs - je pense au groupe d'action pour l'achat communautaire, je pense à toute l'évolution des filières courtes -, une évolution des positions et des requêtes qu'il y ait une politique agricole différente.

Nous demandons au Gouvernement régional, dans la mesure où il en aura l'envie et la disponibilité, d'ouvrir la discussion sur la politique agricole commune à toute la communauté valdôtaine, non pas seulement aux professionnels du milieu, mais de faire comprendre à tout le monde que notre stratégie doit passer à travers une liaison entre l'agriculture, le paysage, la santé, le bien-être, la communauté, les porte-monnaie de nos familles aussi et de faire de façon à ce que la politique européenne par cette nouvelle philosophie revoit complètement ses approches. Vous vous souvenez que dans les années '70 c'est la politique agricole commune qui a été le levier de l'évolution financière de l'Europe, c'est grâce à la politique agricole commune que finalement la Communauté économique européenne à l'époque a eu les clés pour commencer à faire sa propre politique. Je crois que nous sommes à un détour pareil 40 ans après et que nous pouvons revoir intelligemment toute la politique des aides à l'agriculture, renforcer le rôle des petits entrepreneurs agricoles, parce que l'Europe a fait gravement tort aux petits entrepreneurs agricoles et il s'agit de redresser cette erreur, de revenir à une politique de défense du territoire qui ne soit pas uniquement une défense de quantité dans la production agricole, mais de qualité, et de soutien également à une politique des prix des produits agricoles.

Nous avons dépensé quelques mots sur cet argument, puisque nous considérons que l'Europe a aujourd'hui une chance de regagner en légitimité; si elle se fonde sur la capacité de donner aux citoyens européens une réponse articulée à leur besoin fondamental qui est vital, qui est alimentaire d'abord, dans un moment où un dixième de la population européenne vit largement en dessous du seuil de la pauvreté, elle a l'opportunité de redorer son blason et de se réaffirmer.

J'espère ne pas avoir trop abusé de votre patience, mais je reviens par quelques mots aussi sur les thèmes plus concrets, qui ont été évoqués, notamment sur les thèmes de la politique de la montagne, qui a aussi été évoquée, et là c'est pour vous demander, M. le Président, de dépenser un mot sur un passage de votre rapport concernant la politique de la montagne, celui du constat d'abandon définitif de l'idée de zone franche de montagne: "Lo scenario politico e istituzionale si è modificato ed è emerso con chiarezza che le stesse zone franche urbane non sarebbero di fatto state attuate a causa della mancanza di risorse finanziarie statali"...là nous sommes toujours à une phase d'étude, à une phase de consultation? Mais vous avez lancé, vous, M. le Président, des projets ambitieux dans cette matière, vous nous en avez fait état également dans une certaine commission, et rien ne bouge! On ne vous demande pas de relancer sur des mythes, mais de faire au moins le constat d'abandon d'un dossier qui a été longtemps agité comme un dossier mythique à poursuivre.

Pour l'Alp-Med vous avez parlé d'une poursuite de cette initiative; Alp-Med est dans une phase de blocage depuis bientôt quatre ans. Si vous ouvrez le site d'Alp-Med, vous voyez qu'il s'agit d'un chantier à peine ébauché et toutes les dernières nouvelles font état de l'élargissement d'Alp-Med dans termes de Chambre de commerce, en impliquant la Corse et la Sardaigne, donc avant même d'avoir autour de ce noyau initial une forme de coopération active qui se manifeste. On relance, d'une part, des débats fort intéressants sur le plan théorique sur les macro-régions, mais qui ne mènent nulle part en ce moment et, d'autre part, nous assistons à des opérations de liaison, de sympathie, de cordialité, de coopération entre Chambres de commerce, mais une âme de ce discours d'euro-région, alors que nos amis trentins et tyroliens font bouger l'Euro-région Tyrol. C'est une réalité en marche depuis longtemps, comment ça se fait-il que nous, qui avons été aussi un peu les promoteurs, nous avons tenu la cérémonie de baptême au Fort de Bard de cette Euro-région Alp-Med, on ne puisse que constater, quatre ans après, encore une situation fondamentalement bloquée là-dessus?

Donc, et ce sera la conclusion de ce débat, qui est tout juste un vol d'oiseau sur un thème aussi vaste et engageant que celui de la montagne, par rapport auquel je tiens au passage à remercier un effort considérable des services de la Présidence de la Région, du Département des affaires européennes, qui nous a remis un document de taille et qui nous permet d'avoir des informations articulées et importantes, nous devons constater qu'il y a besoin, et nous sommes évidemment là pour le soutenir, d'un effort de relance important, mais c'est un effort que nous devons lancer avec la conviction qu'il y a besoin d'un plus d'Europe.

Les signaux qui sont venus de la politique régionale dans ces derniers mois, surtout de la part de certaines parties de la majorité, font état de repli de la même attitude fondamentalement eurosceptique qui appartient à la Lega Nord et qui n'appartenait pas, dans le temps, à la politique régionale valdôtaine. Nous souhaitons que l'on sache par contre s'exprimer au mieux de la grande tradition européiste, qui a été non seulement celle d'Emile Chanoux, comme cela a été rappelé, mais celle des pro-européens qui étaient Corrado Gex et Mario Andrione, qui ont lancé le Collège d'études fédéralistes, et des longues années de combat pour l'Europe qui ont appartenu à la meilleure tradition de la politique régionale valdôtaine. Merci.

Presidente - La parola al Consigliere Donzel.

Donzel (PD) - Egregio Presidente, cari colleghi, c'è stato oggi giusto un riferimento ad una presa di posizione rispetto agli ottimisti e ai pessimisti. Vorrei, nell'introduzione di questo mio intervento, chiarire che l'aspirazione a vedere un'Europa più unita e più forte non per questo disconosce tutte le problematicità che molto correttamente il Presidente ha illustrato nella sua ampia relazione e che il Consigliere Caveri ha richiamato. Quindi, se da una parte c'è la volontà di ribadire che per noi il futuro della Valle d'Aosta e dell'Italia è in Europa, dall'altra non misconosciamo tutte le difficoltà che in questo momento l'Unione europea sta vivendo.

Voglio essere concreto rispetto ad alcune questioni. Viviamo in un tempo in cui, per quanto ci riguarda, siamo di fronte ad un federalismo incompiuto, non lo dico in termini polemici, ma lo assumo in una dimensione che riguarda tutte le forze politiche: non siamo ancora riusciti a costruire un vero e proprio federalismo nel nostro Paese e questa cosa ha delle ripercussioni, perché nell'esempio più banale che sempre viene riportato - ma banale per noi valdostani non lo è - abbiamo la difficoltà a vedere riconosciuto alla Valle d'Aosta il Parlamentare europeo ed è una responsabilità di tutte le forze politiche.

Abbiamo tentato nel 2008 di strappare la promessa del Parlamentare europeo, ma le elezioni andarono come andarono, non c'è controprova; al di là di questo, resta che è un obiettivo che dobbiamo porci tutti come forze politiche, riuscire ad ottenere questa cosa. Francamente, anche confrontandomi con altre Regioni, ritengo estremamente difficile per noi raggiungere questo obiettivo se non realizziamo compiutamente il federalismo in Italia, se non riusciamo a fare quelle riforme istituzionali del nostro Parlamento, avere un Senato delle Regioni, che sono l'elemento che potrebbe consentire alla Valle d'Aosta di acquisire questo importante obiettivo istituzionale. Questo non vuole sminuire il ruolo che sia la Presidenza della Giunta che il rappresentante nel Comitato delle Regioni svolgono in modo egregio, come si riscontra da entrambe le relazioni, ma certamente avere un contributo in più ed una figura in più presente in Europa per noi sarebbe un obiettivo strategico di assoluto rilievo.

Inutile negare che, una volta ottenuto questo obiettivo strategico, permangono le grandissime difficoltà, cioè l'Europa fatica ancora - non solo per quanto riguarda l'Italia, ma in generale - ad essere vissuta come una prospettiva vera per tutti i Paesi; diciamo che nel momento del bisogno ci ricordiamo che dovrebbe esserci l'Europa e ci appelliamo all'Europa; poi, di tanto in tanto, quando un particolare paese gode di particolari condizioni economiche di vantaggio, va un po' per la sua strada. Dico questo perché Paesi estremamente influenti come la Germania stanno vivendo un momento di ripresa economica e hanno tutto l'atteggiamento di quelli che fanno funzionare la loro economia, ma non fanno quello sforzo di trascinare tutti verso l'alto. Poi si interviene nelle emergenze - il caso Grecia ne è un esempio, il caso Portogallo, il caso Irlanda - e si arriva all'ultimo momento, quando è l'ora del salvataggio. Non c'è ancora una vera e propria politica economica europea!

A mio avviso...e qui mi permetto, visto che è una sessione che si occupa di Europa, di lanciare un grande sogno: ho espresso prima il sogno di poter un giorno eleggere il Parlamentare valdostano senza escamotages elettorali come siamo costretti a far oggi di apparentamenti, un grande sogno sarebbe di affiancare finalmente all'elezione dei rappresentanti territoriali regionali in Europa anche la possibilità che il cittadino di qualunque territorio possa votare un rappresentante su liste veramente europee; quindi che un cittadino possa votare magari un liberale tedesco, oppure un socialdemocratico francese, che ci sia cioè la possibilità di far sentire ai cittadini attraverso il voto che questa Europa esiste.

Rispetto alle questioni che sono state chiamate in causa, è difficile per i singoli Paesi membri - figuriamoci per una Regione come la nostra! - avere i mezzi, ne abbiamo discusso in I Commissione ma adesso non vedo il Presidente Zucchi che ci ha dato la possibilità di fare importanti riflessioni su questo tema, è tanto più difficile per tutti noi concorrere veramente nel momento decisionale, partecipare alle decisioni che vengono prese, e soprattutto - come bene ha illustrato il Consigliere Caveri - la non partecipazione a determinati tavoli tecnici, ci fa trovare di fronte a soluzioni già preconfezionate, che spesso non tengono conto delle peculiarità delle nostre realtà, sia realtà particolari dal punto di vista linguistico, sia dal punto di vista territoriale, perché il problema del riconoscimento della montagna è un problema di cui spesso discutiamo. Va detto che il problema lo abbiamo in casa, nel senso che si fatica già in Italia ad avere una legge chiara sulla montagna...anche qui non è una questione del singolo governo di centro-sinistra o di centro-destra, ma è una questione generale che ci coinvolge tutti, perché, con uno stile tipicamente italiano, alla fine tutti saltano sul carro della montagna, anche quando si trovano in riva al mare, quindi queste leggi sulla montagna diventano difficilmente applicabili.

Per quanto ci riguarda, abbiamo fatto uno sforzo per collegarci con i territori come la Provincia di Belluno, la Provincia di Sondrio, la Provincia di Trento e la Provincia di Bolzano, per riuscire a fare un piccolo coordinamento nostro e portare dentro il nostro partito una riflessione che riguardasse il ruolo della montagna. Quindi siamo anche disponibili a collaborare in un tavolo allargato, quando ci sarà da riflettere su come fare questo sforzo enorme di cui parlava il collega Caveri, riguardante la raccolta di firme per il riconoscimento della montagna e norme a vantaggio della montagna. Lo stesso impegno siamo pronti a discuterlo per quanto riguarda il riconoscimento delle minoranze linguistiche. Un impegno che ci sentiamo di prendere in questa sede e di mantenere quando ci saranno le azioni da portare avanti.

Ritengo poi importante rimarcare che lo sforzo che la nostra Regione ha fatto in alcune situazioni come quella dell'Alp-Med sia uno sforzo che spesso è vanificato dalla difficoltà che c'è da parte degli Stati nazionali di accelerare questo processo per entrare in relazione fra Regioni. C'è una sorta di "miopia europea", in cui non ci si rende conto che nei grossi processi di globalizzazione che stiamo vivendo, i soggetti in gioco sono molto più grandi dei tradizionali Stati europei. Servono per confrontarsi sul piano internazionale dei soggetti molto più forti, come potrebbe essere l'Europa, un'Europa che non annulli però le peculiarità territoriali, le identità regionali come la nostra. In questo senso è importante, è riportato correttamente nella relazione del Presidente - che apprezzo - tutto lo sforzo che fa la Presidenza per partecipare alle organizzazioni internazionali della francofonia. Apparentemente queste sembrano delle realtà macroscopiche per noi, ma sono luoghi dove passa un riconoscimento costruito giorno per giorno della nostra realtà.

Personalmente, come membro dell'APF, ho avuto modo di confrontarmi con altre realtà e rendermi conto che alle volte capita che la Valle d'Aosta non sia nemmeno conosciuta. Quindi ci stiamo battendo per il riconoscimento del ruolo istituzionale della nostra Regione e alle volte ci troviamo di fronte ad autorevoli esponenti internazionali che neanche sanno che esiste la Valle d'Aosta. Quindi questo sforzo che si fa è importante, perché solo attraverso un riconoscimento ufficiale della nostra Regione sarà possibile riuscire ad incidere su norme importanti. Credo che le due cose si muovano insieme: una battaglia per dei riconoscimenti istituzionali e riuscire, grazie anche ad un maggior peso istituzionale, ad incidere su norme che possono cambiare la Valle d'Aosta.

In un momento così drammatico di crisi economica che stiamo vivendo, credo che la battaglia più forte che l'Europa debba avere a cuore è quella sul lavoro e penso che, come ha enunciato il Presidente, politiche fiscali a vantaggio della montagna debbano essere fra i primissimi obiettivi che ci siamo dati. Si è aperto in questo senso uno spiraglio molto importante, di cui va dato merito a tutti quelli che ci hanno lavorato, per la politica agricola comunitaria e la possibilità di ottenere di nuovo un rifinanziamento per gli anni successivi al 2013; è in questa direzione che dobbiamo continuare ad operare e, per quanto ci riguarda, su questo fronte della collaborazione con l'Europa ci sarà il nostro contributo costruttivo.

Presidente - La parola al Consigliere Salzone.

Salzone (SA-UdC-VdA) - Grazie Presidente.

La sessione europea ci dà l'opportunità di fare il punto sulle relazioni e le attività di rilievo fra il Parlamento europeo e la nostra Regione. Lo faremo in modo molto sintetico, anche perché dopo gli interventi che mi hanno preceduto, è molto difficile elencare cose nuove.

Il 2010 ha visto una grande attività delle istituzioni europee nel cercare di arginare i problemi relativi al perdurare della crisi economica e finanziaria. Dobbiamo prendere atto che la crisi ha vanificato molti dei progressi degli ultimi anni, mettendo in evidenza carenze strutturali e la debolezza dei sistemi finanziari di alcuni Stati. In questo contesto si registrano poi differenti capacità di crescita, alcuni Paesi in lotta con il deterioramento della finanza pubblica determinano divari di produttività e di tassi di disoccupazione con le economie emergenti; ciò crea serie difficoltà nel portare avanti l'azione comune fra gli Stati membri.

L'attenzione si è concentrata sul risanamento dei conti pubblici degli Stati, garantendo la salvaguardia dell'euro, introducendo meccanismi di controllo delle politiche economiche e dei bilanci degli Stati. Il percorso ha visto l'introduzione di piani di stabilità e la crescita, modificando alcune norme statali relative ai rapporti con l'Unione europea in materia di finanza pubblica. La logica conseguenza di tutto ciò ha posto l'Unione europea nelle condizioni di porre degli obiettivi precisi che vincolano a programmi nazionali di riforma, che tengono conto delle differente situazioni di partenza individuando politiche di riforma strutturali da realizzare e risorse finanziarie in grado di mobilitare. Alla fine dell'anno è stato presentato il V rapporto sulla coesione, elaborato dalla Commissione europea, che dà avvio al processo di riforma per il periodo 2014-2020, dove si conferma che la futura politica di coesione dovrebbe interessare tutte le Regioni europee.

Per quanto riguarda le nostre competenze, il quadro complessivo si colloca nella legge regionale n. 8/2006 che tratta le disposizioni in materia di attività e relazioni europee e internazionali della Regione Valle d'Aosta. In questo ambito, relativamente alle attività e relazioni europee, il 26 maggio 2010 siamo stati chiamati, come Consiglio regionale su proposta della Giunta, all'approvazione di un documento pluriennale contenente le linee programmatiche dell'azione regionale. La normativa prevede inoltre che il Presidente della Regione, nell'ambito di un'apposita sessione europea, presenti al Consiglio regionale una relazione sulle attività svolte nell'anno di riferimento ed è ciò che oggi stiamo facendo.

Nell'ambito delle attività istituzionali ci preme rilevare il ruolo che assume il Comitato delle Regioni, l'assemblea che coinvolge gli enti regionali e locali e che partecipa all'elaborazione delle politiche della legislazione dell'Unione europea. La Valle d'Aosta ha visto confermata la presenza di un proprio rappresentante nel nuovo Comitato, l'Onorevole Caveri, che è stato inoltre nominato a capo della delegazione italiana. A tal proposito esprimiamo soddisfazione per l'approvazione in commissione al Comitato delle Regioni, del rapporto presentato dal collega Caveri sulle minoranze linguistiche in Europa, soddisfazione per l'interesse che la nostra comunità rappresenta in questo ambito, visto che diventa il traino in questa tematica che porta riconoscimenti politici e morali, un ruolo di cui possiamo andare fieri.

Con il Trattato di Lisbona finalmente c'è un quadro di riferimento comunitario e, come dice Caveri, fra breve sarà possibile, con iniziativa diretta dei cittadini, proporre direttive utili per l'Unione europea, aprendosi quindi uno spazio politico importante che potrebbe portare ad una straordinaria mobilitazione, con raccolta di firme in tutta Europa. Altro ambito di attività istituzionali di rilievo è rivestito dall'Euroregione Alp-Med, con il compito di intensificare gli scambi nei comuni settori di competenza delle Regioni interessate, per operare in favore dello sviluppo sostenibile e favorire la progettualità nell'ambito dei programmi di cooperazione territoriale europea. La Valle d'Aosta, fra l'altro, ha organizzato ad Aosta un seminario "Programmi tematici e spazio alpino" con lo scopo di aiutare i referenti euroregionali a cogliere nuove opportunità di finanziamento per progetti di interesse comune.

Nell'ambito dei programmi e progetti europei la politica regionale di sviluppo 2007-2013 è definita nel documento di programmazione approvato dal Consiglio nel 2007. Oltre ai programmi che interessano la competitività regionale, la cooperazione transfrontaliera, transnazionale, interregionale e lo sviluppo rurale, poniamo la necessaria e puntuale attenzione al programma del fondo per le aree sottoutilizzate, che si concretizzano con una disponibilità di 363.000.000 di euro nei sette anni. Con questo programma la Regione è indirizzata a promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile, armonizzando occasioni di cooperazione con altre realtà europee attraverso la realizzazione di punti di eccellenza.

Altro programma di assoluto rilievo ed entrato nella piena operatività è dedicato all'occupazione: il programma è indirizzato ad azioni volte a supporto dell'innovazione e attraverso la sostenibilità del suo sviluppo la piena occupazione, qualificando l'impresa, il lavoro e l'uso delle risorse ambientali; l'obiettivo è quello di sostenere i processi di aggiornamento e di migliorare le competenze dei lavoratori e delle imprese. Nel 2010 sono stati attuati corsi per la formazione dei lavoratori occupati nelle imprese locali con 286 progetti per un importo pari a 1.600.000.000 di euro. Nello stesso tempo sono stati avviati corsi formativi rivolti ai giovani, ai disoccupati, a donne e stranieri per oltre 5.000.000 di euro. Sono ancora in corso altri progetti rivolti a lavoratori disoccupati o a rischio di perdita del posto di lavoro per 1.500.000.000 di euro. Altri programmi importanti di cui è stato detto sono relativi alla cooperazione territoriale, allo sviluppo rurale, tramite il Fondo agricolo europeo, ma altro ancora, evidentemente.

L'attività istituzionale più intensa rimane l'impegno costante per la politica della montagna ed è stato ben sottolineato sia dal Presidente Rollandin che dal Consigliere Caveri. L'occasione della Giornata internazionale della montagna ha consentito alla nostra Regione di organizzare una tavola rotonda con la presenza di esperti di alta levatura nel settore. L'incontro ha rappresentato un'importante occasione per promuovere le politiche europee in favore dei territori montani, sottolineando la necessità di stabilire regole in materia di aiuti di Stato che tengano conto delle specificità dei territori di montagna.

Sul fronte nazionale vogliamo rimarcare un altro aspetto molto importante, perché rimane in piedi la verifica della possibilità di negoziare con lo Stato l'istituzione delle zone franche di montagna, di interesse europeo, in analogia con le zone franche urbane istituite con la legge finanziaria del 2007, che consentirebbero di avere specifiche misure fiscali nell'ambito delle condizioni di svantaggio territoriale a favore dell'insediamento di nuova imprenditoria per la nostra Regione. Ad oggi tutto pare essersi fermato per mancanza di risorse finanziarie statali, anche se pare delinearsi un'attività di elaborazione e studio di politiche fiscali a vantaggio, nell'ambito del riferimento normativo con il federalismo fiscale. A tal proposito, in riferimento ai rapporti europei, consci del ruolo fin qui profuso nella nostra Regione, grazie all'indiscutibile ruolo di primo piano svolto sia dal Presidente Rollandin, sia dal Consigliere Caveri, auspichiamo che nel breve periodo si possano ottenere i risultati sperati a beneficio della migliore crescita per nostra comunità. Grazie.

Presidente - Se non vi sono altri interventi, il Consiglio prende atto.

Il Consiglio

Premesso che:

- la legge regionale 16 marzo 2006, n. 8, recante "Disposizioni in materia di attività e relazioni europee ed internazionali della Regione autonoma Valle d'Aosta" prevede, all'articolo 4, comma 4, la presentazione - da parte del Presidente della Regione - di una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente, nell'ambito di un'apposita sessione europea ed internazionale del Consiglio regionale;

- il Presidente della Regione ha presentato pertanto al Consiglio regionale, riunito in sessione europea e internazionale, l'allegata relazione, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge regionale n. 8 del 2006.

Prende atto

della relazione stessa.

Allegato

(omissis)