Oggetto del Consiglio n. 117 del 4 ottobre 1957 - Verbale

OGGETTO N. 117/57 - PROPOSTA DI DISEGNO DI LEGGE DELLO STATO PER L'ATTUAZIONE DELLA ZONA FRANCA DELLA VALLE D'AOSTA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 14 DELLO STATUTO SPECIALE DELLA REGIONE VALLE D'AOSTA.

Il Presidente, PAREYSON, rammenta che il Consiglio regionale, nell'adunanza del 10 luglio 1957 (oggetto n. 93) aveva concordato, unanime, sulla proposta di rinviare alla prima seduta consiliare della prossima sessione ordinaria autunnale (prima settimana di ottobre 1957) ogni decisione in merito alle proposte della Commissione consiliare di studio per l'attuazione della Zona Franca in Valle d'Aosta, in attesa che la Commissione stessa potesse accertare e riferire in merito alla effettiva situazione della Zona Franca di Livigno e di altre zone franche per quanto concerne il problema del controllo valutario e degli scambi, al fine di poter decidere in merito alla proposta di disegno di legge per l'attuazione della Zona Franca nella Valle d'Aosta.

Fa presente che la Commissione consiliare ha rassegnato la documentata relazione trasmessa in copia ai Signori Consiglieri.

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LEGGE N. 516, DEL 17 LUGLIO 1910,

CONTENENTE ESENZIONI GABELLARIE A FAVORE DEL COMUNE DI LIVIGNO

(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 1910, n. 180)

Art. 1

Il Comune di Livigno è dichiarato fuori della linea doganale.

La franchigia si estende al dazio di consumo ed ai generi di privativa dello Stato.

Art. 2

È concesso ai livignesi di introdurre nel territorio doganale in esenzione dai diritti di confine gli animali nati od allevati nel Comune e gli altri prodotti indicati nella annessa tabella (1).

In caso di riconosciuti mutamenti nella produzione del territorio comunale il Governo del Re potrà portare variazioni alla quantità e qualità degli animali e degli altri prodotti da ammettersi in esenzione, in modo, però, che non ne derivi aumento nello ammontare totale dei diritti di confine abbuonati per effetto della presente legge.

(1) La tabella annessa alla su riportata legge venne sostituita con quella allegata al R. Decreto-legge 6 luglio 1933, n. 862, convalidato con la legge 21 dicembre 1933, (vedi bollettino ufficiale delle Dogane, anno 1933, puntata 104).

Art. 3

Con decreto Reale, sentito il Consiglio di Stato, sarà delimitato il territorio extradoganale e saranno stabilite le norme e le cautele, cui è subordinato il godimento della concessione (2).

(2) Con Regio Decreto 14 maggio 1911, n. 546, venne approvato il Regolamento sul regime doganale del Comune di Livigno (vedi Bollettino Ufficiale delle Gabelle e delle Privative, anno 1911, n. 94).

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R. D. L. 6-7-1933, N. 862, CHE STABILISCE ESENZIONI DOGANALI A FAVORE DEL COMUNE DI LIVIGNO

(art. 2 Legge n. 516, del 17-7-1910)

QUALITÀ DEGLI ANIMALI O DEI PRODOTTI

Quantità da introdurre

Bovi

N. 1

Tori

" 1

Vacche

" 226

Giovenche e torelli

" 80

Vitelli

" 410

Cavalli interi, aventi al garrese un'altezza di m. 1,40 o meno

" 1

Cavalli, altri

" 10

Muli

" 7

Asini

" 2

Pecore e capre

" 156

Maiali di peso fino a 20 Kg.

" 7

Maiali di peso superiore a 20 Kg.

" 1

Lana di panno greggio

q.li 7

Pelli crude

" 20

Formaggio a pasta molle

" 103

Formaggio a pasta dura (non specificato)

" 7

Burro di latte fresco

" 84

Cacciagione di altra specie

" 3

Rape

" 5

Carne fresca (escluse quelle di pollame, di selvaggina, di piccione e di coniglio)

" 14

Carne secca

" 7

Ossa e stracci

" 25

Rottami di rame

" 15

Rottami di ferro

" 15

VISTO: d'ordine di Sua Maestà il Re:

IL MINISTRO PER LE FINANZE

f.to: Jung.

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REGIO DECRETO N. 546, DEL 14 MAGGIO 1911, COL QUALE È APPROVATO IL REGOLAMENTO SUL REGIME DOGANALE DEL COMUNE DI LIVIGNO

Regolamento sul regime doganale del Comune di Livigno

Art. 1

Omissis

Delimitazione dei confini territoriali del Comune di Livigno.

Art. 2

Nel territorio delimitato come all'articolo precedente, non sono permessi depositi di merci estere soggette a diritti di confine in quantità superiori ai bisogni degli abitanti, giusta l'art. 1 della legge doganale testo unico approvato con R.D. 26 gennaio 1896, n. 20.

Art. 3

La provenienza dal territorio extradoganale, di cui all'art. 1, degli animali e dei prodotti nominati nella tabella annessa alla legge 17 luglio 1910, n. 516, dev'essere dai cittadini di Livigno e Trepalle comprovata, per gli effetti dell'art. 2 della legge stessa, mediante presentazione di certificati emessi dal Municipio, firmati dal Sindaco, o dall'Assessore o Consigliere che ne faccia le veci e dal Segretario comunale, ed autenticati col bollo del Comune.

I certificati devono essere staccati da registro a matrice e figlia, previamente bollato su ciascun foglio dalla dogana principale di Tirano, in modo che il bollo sia impresso parte sulla matrice e parte sulla figlia.

Il formato del registro e il modulo dei certificati sono stabiliti dal Ministero delle Finanze.

Art. 4

I certificati di origine, rilasciati a termini dell'articolo precedente devono contenere:

a) il numero d'ordine per anno solare;

b) il cognome, il nome, la paternità e il domicilio del richiedente e del conducente, ove non sia il medesimo;

c) il numero dei capi, la specie ed il sesso degli animali; o la qualità, il peso netto e il peso lordo dei prodotti da introdurre in franchigia. Devono, inoltre, essere indicati per gli animali bovini, le caratteristiche del manto e gli altri segni atti a meglio identificarli; per i cavalli, questi segni e caratteristiche e l'altezza; per i maiali, il peso di ogni capo; per i panni di lana, il numero delle pezze o dei capi;

d) la dichiarazione, per gli animali, che essi sono nati nel Comune o vi sono stati allevati per un periodo non inferiore a tre mesi, per gli altri generi, che essi sono prodotti del territorio comunale;

e) la prescrizione che gli animali e i prodotti devono, nel trasporto, seguire la via doganale: nei periodi in cui questa sia impraticabile, i certificati devono contenere la precisa indicazione del diverso percorso;

f) il termine di validità, stabilito in base alla normale durata del viaggio fino alla dogana;

g) la data del rilascio.

Art. 5

Il Municipio di Livigno deve tenere al corrente un prospetto riepilogativo dei certificati di origine, su modello stabilito dal Ministero delle Finanze, in modo che si possa ad ogni momento rilevarne il numero dei capi di bestiame e le quantità di prodotti per i quali siano stati emessi certificati durante l'anno, e, di conseguenza, il numero dei capi di bestiame e le quantità di prodotti che ancora possano essere introdotti in franchigia entro la linea doganale.

Identico prospetto sarà tenuto al corrente dalle dogane di Tirano e di Isolaccia, le quali vi segneranno, mano, mano, i capi di bestiame ed i prodotti ammessi alla importazione in franchigia.

Art. 6

Su presentazione del certificato di cui ai precedenti articoli, la dogana, accertata corrispondenza con esso degli animali o dei prodotti che si vogliono introdurre, ed accertato, inoltre, che non sia superato, tenuto conto delle importazioni effettuatesi in precedenza, il numero o la quantità indicata nella tabella annessa alla legge, rilascia la bolletta di esenzione dai diritti di confine, staccandola dal registro mod. A/23. Il certificato di origine sarà unito alla matrice della bolletta.

Art. 7

Gli animali condotti dal territorio extradoganale alle fiere ed ai mercati entro la linea doganale verranno ammessi alla importazione temporanea secondo l'articolo 124 della legge doganale - testo unico approvato con Regio Decreto 26 gennaio 1896, n. 20.

Se però venga presentato il certificato di cui agli articoli 3 e 4, la Dogana, su richiesta degli interessati, e previ gli accertamenti indicati nell'articolo 6, prescinde dal richiedere la cauzione.

Il certificato verrà unito alla matrice della bolletta d'importazione temporanea.

Degli animali, in tal caso, la dogana terrà nota nel prospetto di cui alla seconda parte dell'articolo 5, considerandoli come definitivamente importati in conto del numero annuale fissato dalla tabella.

Se prima che la bolletta d'importazione temporanea sia scaduta gli animali siano ricondotti nel territorio extradoganale, la Dogana, accertata la identità di essi in confronto della bolletta e del certificato di origine, annullerà la annotazione fatta sul prospetto e ne darà notizia al Municipio di Livigno perché possa a sua volta annullare l'annotazione fatta sul proprio prospetto riepilogativo.

Art. 8

Sono ammessi in franchigia i prodotti indicati nella tabella annessa alla legge anche se siano importati in pacchi postali, purché questi siano accompagnati fino alla Dogana che deve eseguire il riscontro, e di là all'Ufficio postale viciniore, dal certificato di cui all'articolo 3, da esibirsi, nell'atto della spedizione dei pacchi, all'Ufficio di posta di Livigno.

Anche di tali certificati il Municipio di Livigno e la Dogana terranno nota nel progetto di cui all'articolo 5.

Art. 9

Se gli animali o i prodotti per i quali il Municipio di Livigno abbia già rilasciato il certificato di origine non siano più trasportati entro la linea doganale, l'interessato è tenuto a restituire il certificato stesso al Municipio, il quale, accertatosi che gli animali o i prodotti siano rimasti nel territorio extradoganale, annulla il documento e lo contrappone alla rispettiva matrice.

Sul prospetto riepilogativo il Municipio fa opportuna annotazione del ritiro del certificato figlia, affinché la Dogana ne sia intesa per gli effetti del confronto di cui allo art. 16.

Art. 10

Se per qualsiasi causa, non esclusa la forza maggiore, il trasporto di animali o di prodotti per i quali il Municipio abbia già rilasciato il certificato di origine, subisse ritardo tale da rendere insufficiente il termine fissato per giungere alla Dogana, l'interessato è tenuto a ripresentare il certificato al Municipio, il quale, se le circostanze del ritardo siano giustificate, concede, con annotazione sul documento, il nuovo termine necessario.

L'annotazione deve essere firmata come è detto all'art. 3.

Art. 11

Nei soli casi di comprovata forza maggiore può il Municipio di Livigno, su deliberazione della Giunta Comunale, rimettere in validità certificati che siano scaduti prima dell'inizio o durante il trasporto degli animali o prodotti. Il parere favorevole della Giunta deve risultare dall'annotazione che il Municipio deve apporre sui certificati a termini dell'articolo precedente.

Art. 12

Se siano presentati per la introduzione in franchigia nel territorio doganale animali o prodotti scortati da certificato scaduto di validità, la Dogana li respinge, salvo ad ammetterli quando il documento sia stato regolarizzato come è detto nell'articolo precedente.

A richiesta dell'interessato, la Dogana, purché le indicazioni del certificato scaduto corrispondano perfettamente con gli animali o coi prodotti presentati, può concedere la introduzione di questi contro deposito del dazio, in attesa della ripresentazione del documento: regolarizzato. In tal caso gli animali od i prodotti devono essere notati nel prospetto di cui all'art. 5.

Se il termine di validità del certificato sia scaduto soltanto da poche ore, per circostanze di forza maggiore che la Dogana conosca od abbia modo di accertare immediatamente, può la Dogana stessa concedere sanatoria, facendone sul documento opportuna annotazione.

Art. 13

Risultando irregolarità nei certificati di origine, la Dogana procede come segue:

a) se si tratti di lievi omissioni di forma per cui non sia menomata la perfetta corrispondenza del documento con gli animali od i prodotti presentati all'introduzione, può essere concessa sanatoria;

b) se manchi anche una sola delle firme prescritte dall'articolo 3, o il bollo del Municipio, o uno dei requisiti indicati alle lettere c), d) e f), dell'art. 4, gli animali od i prodotti presentati devono essere respinti, salvo ad ammetterli quando il certificato sia stato regolarizzato. Per la mancanza del bollo del Municipio può essere concessa sanatoria, quando non sorga il dubbio sulla autenticità delle firme. A richiesta dell'interessato, può essere concessa l'introduzione degli animali o dei prodotti contro deposito del dazio;

c) se si tratti di correzioni, abrasioni od alterazioni di qualsiasi specie, gli animali o i prodotti presentati col certificato irregolare vengono respinti. Possono essere ammessi alla introduzione contro deposito del dazio, se ciò sia chiesto all'interessato. Il certificato è trattenuto dalla Dogana, che lo invia immediatamente al Direttore della circoscrizione doganale. Questi, fatte le opportune indagini e sentito il Municipio, decide se il documento debba o non accertarsi e, nel secondo caso, se per le alterazioni debba essere fatta denuncia all'Autorità Giudiziaria.

Contro la decisione sfavorevole del Direttore, l'interessato può, entro dieci giorni dalla notificazione, ricorrere alla Intendenza di Finanza e contro la sfavorevole decisione della Intendenza può, nello stesso termine, ricorrere al Ministero delle Finanze.

Art. 14

In tutti i casi in cui la dogana respinga un certificato di origine, deve farne risultare, con opportuna annotazione sul medesimo, il motivo.

Art. 15

Tutti i registri che la dogana debba usare per le operazioni di cui tratta il presente Regolamento, formeranno serie speciali.

Le bollette da essi staccate saranno esenti dal diritto: di bollo, quando non siavi riscossione di dazio o prestazione di cauzione.

Art. 16

Entro i primi cinque giorni di ogni mese, il Municipio di Livigno deve trasmettere alla dogana di Tirano, in doppio esemplare, un estratto del prospetto di cui all'art. 5, firmato dal Sindaco o da chi lo sostituisce, dal quale risultino i certificati emessi nel mese precedente, il numero e la specie degli animali, o la quantità e la specie dei prodotti per ciascun documento, ed il numero e la quantità complessiva degli animali e dei prodotti per ogni specie.

Nello stesso termine la dogana secondaria di Isolaccia deve trasmettere a quella principale di Tirano, insieme coi registri del mese precedente, una copia del prospetto di cui all'art. 5 dalla quale risultino, distintamente per ogni certificato, le importazioni in franchigia effettuatesi nel detto mese.

La dogana principale riporta nel proprio prospetto i dati comunicatile dalla secondaria, e fa poi il confronto con l'estratto inviatole dal Municipio.

Se non risultino discrepanze, restituisce uno degli esemplari dell'estratto al Municipio col visto e la firma del Ricevitore, ed unisce l'altro esemplare, ugualmente vistato e firmato, alle scritture del mese relativo da spedire all'Ufficio centrale di revisione; infine comunica alla dogana secondaria, per l'accertamento di cui all'art. 6, il numero complessivo degli animali di ciascuna specie e le quantità complessive dei singoli prodotti importati a tutto il mese precedente.

Se dal confronto risultino notati nell'estratto trasmesso dal Municipio certificati non presentati né alla Dogana di Tirano, né a quella di Isolaccia, la prima, salvi i casi di cui all'art. 9, li riporta senz'altro nel proprio prospetto, ai sensi dell'art. 5, considerando introdotti entro la linea doganale gli animali o i prodotti descritti nei certificati stessi, e poi procede come è detto di sopra.

Se risultino altre discrepanze, la dogana principale respinge l'estratto del prospetto al Municipio per chiarimenti, e qualora anche dopo questi le discrepanze rimangono, ne informa il Direttore della circoscrizione doganale per gli opportuni provvedimenti.

Il Direttore potrà richiamare dal Municipio il registro dei certificati di origine per le verificazioni ed i confronti che riconosca necessari.

Art. 17

Entro i primi cinque giorni di gennaio, il Municipio deve trasmettere alla dogana di Tirano, insieme con il prospetto di cui all'art. 16, il registro dei certificati di origine dell'anno precedente. La dogana lo unisce alle scritture del mese di dicembre dell'anno stesso, da spedire all'Ufficio centrale di revisione.

Art. 18

La dogana principale di Tirano deve, mese per mese, eseguire una sommaria revisione dei registri e degli altri documenti di cui tratta il presente Regolamento, adoperati dalla dogana secondaria di Isolaccia, e deve immediatamente informare il Direttore della circoscrizione di ogni irregolarità che abbia a rilevare,

L'Ufficio centrale di revisione delle scritture gabellarie, nell'esame dei registri inviatigli, a tenore delle disposizioni doganali vigenti, deve in modo particolare assicurarsi che, per l'applicazione dell'art. 2 della legge 17 luglio 1910, n. 516, siano esattamente osservate le norme stabilite col presente Regolamento.

Art. 19

Per la repressione del contrabbando e per gli altri compiti demandatile dalle leggi e dal Regolamento in vigore, la R. Guardia di finanza esercita la sua vigilanza e può eseguire perquisizioni anche nel territorio extradoganale di Livigno.

In relazione al presente Regolamento essa può eseguire indagini nel registro comunale dei certificati di origine, nel prospetto di cui all'art. 5, nei ruoli dei proprietari di bestiame, ed in genere in tutti quei registri e documenti dai quali possa trarre elementi e notizie nell'interesse del suo compito.

Le autorità, i funzionari e gli agenti comunali di Livigno devono, in ogni caso, se richiesti, prestare alla R. Guardia di finanza tutta la possibile coadiuvazione; ed anche se non richiesti, devono denunciare alla Dogana o alla R. Guardia di finanza i depositi clandestini di merci, i contrabbandi, i tentativi di contrabbando ed ogni altro fatto a loro conoscenza che costituisca violazione delle leggi finanziarie, della legge speciale a favore del Comune e del presente Regolamento.

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DECRETO MINISTERIALE 9 OTTOBRE 1934, CHE DETTA NORME PER DISCIPLINARE LA ISTITUZIONE E L'ESERCIZIO NEL COMUNE DI LIVIGNO DEI DEPOSITI ALL'INGROSSO E DEI NEGOZI DI MINUTA VENDITA DI ALCUNI PRODOTTI.

(Pubblicato nella G. U. del 17-10-1934, n. 244)

IL MINISTRO PER LE FINANZE

VISTO l'art. 1 della legge doganale, la legge 17 luglio 1910, n. 516, e gli articoli 2 e 19 del R. decreto 14 maggio 1911, n. 564;

RICONOSCIUTA l'assoluta ed urgente necessità di disciplinare nel Comune di Livigno l'istituzione e l'esercizio dei depositi all'ingrosso e dei negozi di minuta vendita di coloniali, spiriti, tabacchi, accenditori automatici, pietrine focaie, fiammiferi, cartine e tubetti per sigarette;

Determina

Art. 1

Chiunque intenda tenere nel Comune di Livigno, per i bisogni della propria industria o per effettuarne la vendita, all'ingrosso al minuto, caffè, zucchero, tè, spirito (liquori e spirito in natura), fiammiferi, pietrine focaie, cartine e tubetti per sigarette, tabacchi e accenditori automatici, deve chiederne licenza, per mezzo del podestà, rispettivamente alla Regia intendenza di finanza di Sondrio, all'Ufficio compartimentale dei monopoli di Stato di Como o all'Ufficio tecnico di finanza di Como. Anche le domande per l'autorizzazione alla vendita dei tabacchi e degli accenditori potranno essere presentate all'Intendenza di finanza di Sondrio, che ne curerà la trasmissione ai rispettivi Uffici destinatari.

La licenza è rilasciata dai detti Uffici a chi, con certificato dell'Ufficio provinciale dell'economia corporativa, dimostri di essere inscritto presso l'Ufficio stesso come esercente un'industria in cui si usino i prodotti sopraindicati, o a chi dimostri, con licenza commerciale rilasciata dal podestà, di essere autorizzato alla vendita di detti prodotti.

La licenza è rifiutata a coloro che risultino condannati per contrabbando o puniti due volte per contrabbando con decisione della autorità amministrativa.

La licenza deve essere rinnovata ogni anno ed è soggetta a revoca temporanea o definitiva, nel caso di inosservanza delle disposizioni di cui appresso. È sempre ritirata in via provvisoria fino al definitivo esito del procedimento penale, a coloro che sono imputati di contrabbando o di associazione in contrabbando.

Art. 2

Nella licenza viene indicata la esatta ubicazione dei magazzini od esercizi nei quali i generi indicati all'art. 1 possono essere tenuti. Nelle licenze rilasciate ai negozianti all'ingrosso e agli esercenti la minuta vendita viene inoltre prescritta la quantità massima dei suddetti generi, che i titolari possono tenere nei propri esercizi e nei relativi magazzini di deposito.

Tale quantitativo è determinato, su proposta del podestà del Comune e sentito il Comando di circolo della Regia guardia di finanza, in relazione al fabbisogno normale per un periodo di tre mesi per i negozianti all'ingrosso e per il periodo di un mese per i negozianti al minuto, avuto riguardo, nell'uno come nell'altro caso, alla popolazione e al numero degli esercizi autorizzati esistenti nel Comune.

Nella determinazione del quantitativo sarà tenuto conto dell'afflusso di villeggianti e di militari che si verifica nella stagione estiva.

A tale effetto gli albergatori e coloro che cedono in affitto appartamenti o camere di alloggio devono notificare al Municipio il nome e cognome dei villeggianti e il periodo di loro soggiorno; i comandanti dei Corpi Armati che si recano a Livigno per esercitazioni militari, sono tenuti a notificare il numero dei dipendenti militari e i giorni di loro permanenza in paese.

Nella stagione invernale, il periodo sul quale viene ragguagliato il quantitativo potrà essere portato a sei mesi per i commercianti all'ingrosso e per quelli al minuto, qualora nel Comune non esistano grossisti per i generi previsti all'art. 1 o per qualcuno di essi.

Art. 3

Gli esercenti la vendita al minuto sono obbligati a tenere un registro di carico e scarico, con riferimento, per il carico, alle fatture di acquisto, e, per lo scarico, alle vendite effettuate in quantità non inferiore a Kg. 3 di zucchero, Kg. 1 di caffè, Kg. 0,2 di tè, a dieci scatole di fiammiferi, a una busta contenente cinque pietrine focaie, a 250 cartine o tubetti per sigarette, Kg. 0,200 di tabacco, litri 2 di spiriti, delle quali, nel registro, dovrà essere indicato il nome, cognome e domicilio dell'acquirente. Degli accenditori automatici dovrà essere registrata ogni singola vendita con le medesime indicazioni.

Art. 4

Gli esercenti all'ingrosso dei generi considerati all'art. 1 sono obbligati a tenere un registro di carico e scarico delle partite introdotte nel Comune e ivi vendute. Il carico dovrà essere giustificato con le originali fatture di acquisto e lo scarico con le matrici delle fatture di vendita. Agli effetti di questa disposizione è considerata vendita all'ingrosso quella fatta in quantitativi non inferiori a Kg. 25 di zucchero, Kg. 10 di caffè, Kg. 1 di thè, a un pacco di fiammiferi di 100 unità di condizionamento, a 4.000 cartine o tubetti per sigarette, a 10 bustine di pietrine focaie contenenti ognuna cinque pietrine, a Kg. 2 di tabacchi, a litri 5 di spiriti. È vietata la vendita all'ingrosso di accenditori automatici.

Art. 5

È fatto divieto agli esercenti grossisti di vendere i generi suindicati ai rivenditori che non siano in possesso della licenza di cui all'art. 1.

Gli acquisti all'ingrosso da parte di enti morali, ditte private, albergatori e corpi armati potranno essere fatti anche sulla base di una semplice lettera di commissione, che dovrà essere allegata alla matrice della fattura, la quale verrà sempre emessa anche per tali vendite.

Art. 6

Il caffè, lo zucchero, il thè, gli spiriti, i fiammiferi, le pietrine focaie, le cartine e tubetti per sigarette, i tabacchi, gli accenditori automatici trovati nel territorio del Comune in esercizi o depositi diversi da quelli autorizzati sono dichiarati in contrabbando a norma dell'art. 94 della legge doganale.

Non costituiscono deposito le provviste esistenti nelle abitazioni dei privati in quantità proporzionata al numero delle persone conviventi e per un periodo di un mese. Sulla persona non potranno essere portati tabacchi in quantità eccedenti il consumo giornaliero personale e non più di un accenditore automatico o di due scatole di fiammiferi.

Art. 7

Le infrazioni alle disposizioni contemplate dal presente decreto, come pure la inesatta o infedele tenuta del registro di carico e scarico, sempreché non ricorrano gli estremi del contrabbando o della complicità in contrabbando, sono punite:

a) con l'ammenda prevista dall'art. 91-bis della legge doganale;

b) con la sospensione della licenza estensibile da un minimo di cinque giorni, fino al massimo di un anno;

c) con la revoca definitiva della licenza.

Art. 8

La vigilanza sull'applicazione del presente provvedimento è eseguita dalla Regia guardia di finanza, a norma dell'art. 19 del R. decreto 14 maggio 1911, n. 546.

Al Comando di circolo di Sondrio, saranno comunicate tutte le licenze accordate a termini dell'art. 1 con l'indicazione dei contingenti stabiliti per ogni concessionario.

Art. 9

All'entrata in vigore del presente decreto i negozianti, tanto all'ingrosso, quanto al minuto, dei generi previsti all'art. 1, redigeranno l'inventario dei generi medesimi esistenti nei rispettivi esercizi e magazzini. Copia dell'inventario sarà trasmessa, a cura degli esercenti, al Comando di circolo della Regia guardia di finanza di Sondrio, a mezzo del comandante del reparto della Guardia di finanza del Passo di Foscagno.

Le quantità dei generi accertate con l'inventario costituiranno il primo carico dei registri previsti dagli articoli 3 e 4.

Qualora le quantità così accertate fossero superiori ai quantitativi consentiti con la licenza, il concessionario di essa non potrà far altri acquisti di quei generi sino a quando le rimanenze di essi non risultino inferiori ai quantitativi della licenza.

Art. 10

Il presente provvedimento entrerà in vigore il 1°-11-34.

IL MINISTRO: JUNG

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Aosta, li 26-7-1957.

RELAZIONE

SULLA ZONA FRANCA DI LIVIGNO

Il territorio del Comune di Livigno - m. 1816 s.m. - copre una superficie di 21.079 ettari ed è compreso tra un'altitudine minima di m. 1693 ed una massima di m. 3302; esso è per buona parte costituito da un'ampia conca prativa attraversata da una strada ai lati della quale si allinea l'abitato e percorsa dal torrente Spöl affluente dell'Inn.

Il Comune, pur appartenendo politicamente all'Italia (provincia di Sondrio), appartiene geograficamente alla Svizzera, costituendo un saliente in territorio elvetico, oltre la cresta del rilievo alpino.

Esso è collegato con una rotabile che valica il Passo di Foscagno (m. 2291) al territorio nazionale e con una seconda strada alla Svizzera, attraverso la Forcola di Livigno (m. 2328); da notare che il collegamento stradale con la Confederazione Elvetica non è stato attuato attraverso lo sbocco più basso della Valle (Ponte del Gallo - m. 1693) in quanto oltre la frontiera italiana si stende il Parco Nazionale dell'Engadina.

Date queste particolari caratteristiche geografiche, il Comune, sino a qualche anno fa, era condannato, durante i mesi invernali, ad un completo isolamento. Dal 1950, l'attuale Sindaco provvede, a proprie spese, a far tenere la strada del Passo di Foscagno sgombra dalla neve anche nell'inverno.

La popolazione di Livigno ammontava, alla data del 31 dicembre 1955, a 1820 abitanti.

La principale attività economica è costituita dall'allevamento del bestiame e dalla produzione di latticini, in quanto le condizioni ambientali non consentono altra coltura oltre quella del foraggio.

Scarsa la produzione artigianale di oggetti in legno, a causa delle esigue risorse forestali del Comune e nulla quella industriale.

L'attrezzatura turistico-alberghiera è attualmente molto modesta, per quanto ci sia la tendenza a migliorarla; esistono "in loco" cinque piccoli alberghi di quarta categoria e due di seconda.

Il regime di extraterritorialità doganale era stato già concesso dall'Austria a Livigno, a causa delle migliori possibilità di comunicazione verso la Svizzera. soprattutto nel periodo invernale, dietro versamento di un canone annuo di 300 lire austriache.

Quando Livigno, divenuta italiana, dichiarò di non essere in grado di pagare tale canone, fu confermata, con legge 17 luglio 1910, n. 516, l'extraterritorialità doganale del Comune.

La legge, all'art. 1, dichiara il Comune di Livigno fuori della linea doganale ed estende la franchigia al dazio di consumo ed ai generi di monopolio.

Con successivo R.D. n. 546, del 14-5-1911, venne approvato il Regolamento sul regime doganale del Comune di Livigno, Regolamento di cui interessa mettere in rilievo le disposizioni contenute agli art. 2 e 19, essendo le altre regolatrici delle agevolazioni doganali concesse per gli animali e prodotti trasferiti nel territorio doganale, giusta tabella annessa alla legge successivamente modificata.

L'art. 2 precisa: "Nel territorio delimitato come all'art. precedente non sono permessi depositi di merci estere soggette a diritti di confine in quantità superiore ai bisogni degli abitanti, giusta l'art. 1 della Legge doganale T. U. approvato con R. D. 26-1-1896, n. 20" (sostituito dalla Legge in vigore 25-9-1940, n. 1424).

La disciplina dei depositi venne regolamentata con D.M. 9 ottobre 1934, che detta le norme per l'istituzione e l'esercizio nel Comune dei depositi all'ingrosso e dei negozi di minuta vendita di alcuni prodotti: caffè, zucchero, thè, spirito (liquori e spiriti in natura), fiammiferi, pietrine focaie, cartine e tubetti per sigarette, tabacchi e accenditori automatici, per i quali è obbligatoria la tenuta di un registro di carico e scarico vidimato dall'Intendenza di Finanza di Sondrio. Il predetto decreto prevede controlli affidati alla G.F. ed ai vari uffici di revisione delle scritture doganali periferici e ministeriali.

L'art. 6, comma 2°, disciplina le provviste private nei seguenti termini:

"Non costituiscono deposito le provviste esistenti nelle abitazioni dei privati in quantità proporzionata al numero delle persone conviventi e per un periodo di un mese. Sulla persona non potranno essere portati tabacchi in quantità eccedenti il consumo giornaliero personale e non più di un accenditore automatico o di due scatole di fiammiferi".

Ai termini dell'ultimo capoverso dell'articolo 1 della Legge doganale e n. 2 del Regolamento del 1911, i depositi sono regolati dall'Intendenza di Finanza di Sondrio: per il caffè, lo zucchero ed il thè; e dall'Ispettorato Compartimentale dei Monopoli di Milano per i tabacchi, accendisigari, cartine e tubetti per sigarette, pietre focaie, fiammiferi.

Dette autorità assegnano i rispettivi generi in deposito sotto forma di licenze ripartiti per periodi dall'1-10 al 30-6 per quasi 3/4 dei quantitativi e per il rimanente a quote mensili, tenuto conto dell'andamento stagionale e per un più efficace controllo da parte della Finanza, nella cosiddetta stagione turistica.

L'art. 19 del R.D. n. 546, del 14-5-1911, affida alla G.F. la vigilanza attiva delle disposizioni della legge e del regolamento e precisamente il 1° capoverso dice testualmente: "Per la repressione del contrabbando e per gli altri compiti demandati dalle leggi e dai regolamenti in vigore, la G.F. esercita la sua vigilanza e può eseguire perquisizioni anche nel territorio extradoganale di Livigno".

Premesse le caratteristiche del regime doganale di Zona Franca, limitato al solo fabbisogno di una popolazione di poche anime, si riassume l'esito delle indagini, improntate alla più severa obiettività, espletate in loco per accertare il sistema valutario vigente in quel Comune.

Le premesse sulle condizioni economiche della popolazione molto povera, le cui principali risorse, nella generalità dei casi, sono costituite dalla pastorizia e dall'emigrazione-stagionale nella vicina Svizzera, non lasciano dubbi sulla trascurabile necessità valutaria che non supera quella del normale traffico di frontiera, improntata alle esigue esigenze locali dei valligiani che dispongono di mezzi e di risparmi modestissimi e che sono tutti conosciuti personalmente dagli organi di controllo. Quindi questo mercato valutario non consente di ammettere, neppure in via d'ipotesi, un vero e proprio problema valutario a Livigno.

Le fonti a cui ci si è rivolti sono le più qualificate ed interessate: Dogane di Como e di Tirano e Autorità Comunali di Livigno. Queste sono state concordi nell'affermare che nel Comune vige la legislazione valutaria e dei divieti, applicata, tuttavia, con benevola comprensione date le particolari condizioni della popolazione che ha scarse risorse di vita, ma sempre in relazione alle modeste quantità di generi di consumo popolare quali zucchero e tabacchi e per i piccoli trasferimenti di valuta.

In pratica il Sindaco presenta annualmente alla Direzione della Circoscrizione Doganale di Como un elenco di prodotti da introdurre nella Zona Franca, limitati al fabbisogno della popolazione, i quali, come si rileva dall'unita copia fornitaci da quel Municipio, vanno dai generi alimentari alla carta e cancelleria, alle scope, ai materiali da costruzione, alle pellicole fotografiche e ad altri normali oggetti di consumo.

La direzione doganale di Como, vagliata con una certa larghezza, come si è detto, la lista dei prodotti, ne autorizza la introduzione dandone nel contempo comunica, zione al Ministero per il benestare. Avviene così il rifornimento quasi totale da parte italiana. Ma può accadere che, come per lo zucchero, una parte del contingente, circa 1/3, provenga dalla Svizzera per i valichi controllati dalla G.F., che prende nota di tutti i generi introdotti in Livigno provenienti dalle due frontiere sino all'esaurimento dei contingenti stessi.

Per qualche partita di merci estere, in transito dal territorio doganale, viene tuttavia presentato il regolare benestare bancario d'importazione, come, per esempio, per importazioni di liquori e macchinari previsti dalla tabella annuale dei contingenti.

Il piccolo traffico di frontiera avviene nella grande maggioranza dei casi attraverso il baratto di merci fra le due parti, e cioè prodotti (latte e burro principalmente) dei livignesi contro zucchero e tabacchi, generalmente, degli svizzeri, con la benevola comprensione della G.F. addetta al controllo valutario ai valichi della Forcola di Livigno e del Ponte del Gallo.

A questo proposito ci è stato confermato che il servizio della G.F., istituito presso i due valichi anzidetti, ha lo scopo precipuo del controllo valutario in entrata e all'uscita. Nel 1942, con apposita disposizione ministeriale, i livignesi erano autorizzati a fare acquisti in Svizzera per un ammontare di L. 500; disposizione che non risulta né abrogata, né modificata, ma praticamente non osservata per la tolleranza degli organi di controllo.

Si tratta di arrangiamenti locali: ma al Passo di Foscagno il controllo doganale e valutario, a quanto si è potuto constatare, viene eseguito in entrata e uscita con le stesse formalità praticate presso gli altri passaggi di frontiera fra gli Stati.

Le finanze comunali sono assai scarse di mezzi, in relazione evidentemente alla povertà della popolazione, e per ricavare qualche introito il Comune ha ottenuto di poter riscuotere, con apposita legge, l'imposta di consumo sui generi contingentati, in deroga e a modifica dell'art. 1, comma 2°, della Legge istitutiva della Zona Franca che ne sanciva esplicitamente l'esenzione. Ragione per la quale il Comune richiede quantitativi di generi contingentati, per alcune, voci, superiori all'effettivo fabbisogno della popolazione e le autorità doganali e ministeriali non sollevano normalmente eccezioni alle richieste stesse.

L'Assessore per l'Industria e il Commercio

(Dr. M. Marchiando)

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TABELLA DEI CONTINGENTI PER L'ESPORTAZIONE PER L'ANNO 1955

N.

VOCE

Quantità assegnata

1

Farina frumento

q.li 1.500

2

Farina granoturco

" 1.500

3

Farina segala

" 200

4

Farina di grano saraceno

" 100

5

Riso

" 600

6

Patate

" 1.000

7

Frutta fresca

" 200

8

Verdura fresca

" 200

9

Castagne

" 300

10

Legumi secchi

" 50

11

Agrumi

" 5

12

Fichi secchi

" 20

13

Noci, nocciole e mandorle

" 30

14

Miele vario

" 2

15

Uova

N.ro 10.000

16

Conserve di pomodoro

q.li 20

17

Oli odi oliva e di semi

" 40

18

Aceto

" 20

19

Lardo

" 50

20

Strutto e grassi per cucina

" 70

21

Formaggi vari

" 30

22

Carni fresche

" 50

23

Carni conservate e salumi

" 40

24

Pesce conservato

" 10

25

Verdure conservate

" 5

26

Zucchero

" 150

27

Dolciumi

" 20

28

Marmellate

" 10

29

Drogherie

" 3

30

Surrogati caffè e caffè

" 5

31

Thè

" ------

32

Liquori

ettol. 15

33

Vermut e marsala

" 30

34

Vino

" 2.000

35

Birra e acque minerali

" 100

36

Crusca

q.li 500

37

Mangimi in genere

" 400

38

Paglia

" 250

39

Fieno

" 800

40

Sale pastorizio

" 50

41

Sale da cucina

" 300

42

Maiali

N.ro 350

43

Cavalli

" 10

44

Asini

" 30

45

Muli

" 10

46

Vitelli

" 30

47

Giovenche

" 30

48

Vacche

" 80

49

Pecore

" 50

50

Capre

" 50

51

Legname da opera

mc. 250

52

Legna da ardere

q.li 700

53

Carboni ed altri combustibili fossili

" 900

54

Scarpe confezionate

paia 500

55

Cemento

q.li 6.000

56

Calce e gesso

" 3.500

57

Mattoni usuali e forati

N.ro 30.000

58

Ardesie per tetti

q.li 2.000

59

Ferro per costruzioni

" 500

60

Attrezzi agricoli

" 30

61

Chioderie assortite

" 30

62

Attrezzi da cucina, stoviglie, terraglie

" 10

63

Vetri per porte e finestre

" 15

64

Sapone

" 80

65

Detersivi per bucato

" 30

66

Scope e spazzole

N.ro 3.000

67

Tessuti in genere

q.li 40

68

Filati e cordami

" 5

69

Mercerie in genere

" 10

70

Profumerie

" 2

71

Cappelli

N.ro 300

72

Fiammiferi vari

scat. 13.000

73

Petrolio

q.li 50

74

Benzina e nafta

" 4.000

75

Carburo

" 5

76

Oli e grassi minerali per macchine

" 100

77

Oli minerali per bruciatori ed apparecchi da riscaldamento

" 500

78

Copertoni e camere d'aria

N.ro 200

79

Copertoni e camere d'aria per auto

" 50

80

Biciclette

" 30

81

Macchine da cucire

" 10

82

Macchine da maglieria

" 4

83

Macchine da scrivere

" 5

84

Apparecchi radio

" 5

85

Carta ed oggetti da cancelleria

q.li 20

86

Pellicole materiale fotografico

N.ro 300

87

Articoli sportivi

q.li 5

88

Medicinali

" 20

89

Crine vegetale

" 20

90

Lana per materassi

" 5

91

Carri agricoli

N.ro 10

92

Materiale elettrico

q.li 10

93

Mobili

" 100

94

Concimi agricoli

" 100

95

Candele

" 3

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COMUNE DI LIVIGNO - Provincia di Sondrio

TABELLA DEI CONTINGENTI PER L'ESPORTAZIONE, PER L'ANNO 1957, RICHIESTI IN DEROGA AL DIVIETO DI ESPORTAZIONE

N.

VOCE

Quantità

1

Farina di frumento

q.li 1.500

2

Farina di granoturco

" 1.500

3

Farina di segala

" 200

4

Farina di grano saraceno

" 100

5

Riso

" 600

6

Patate

" 1.000

7

Frutta fresca

" 200

8

Verdura fresca

" 200

9

Castagne

" 300

10

Legumi secchi

" 50

11

Agrumi

" 5

12

Fichi secchi

" 20

13

Noci, nocciole, mandorle

" 30

14

Miele vario

" 2

15

Uova

N.ro 10.000

16

Conserve di pomodoro

q.li 20

17

Olio di oliva e di semi

" 40

18

Aceto

" 20

19

Lardo

" 50

20

Strutto e grasso per cucina

" 70

21

Formaggi vari

" 30

22

Carni fresche

" 50

23

Carni conservate e salumi

" 40

24

Pesce conservato

" 10

25

Verdure conservate

" 5

26

Zucchero

" 150

27

Dolciumi

" 20

28

Marmellate

" 10

29

Drogherie

" 3

30

Surrogati di caffè e caffè

" 5

31

Thè

" 2

32

Liquori

ettol. 50

33

Vino

" 2.000

34

Vermouth e marsala

" 30

35

Birra e acqua minerale

" 100

36

Crusca

q.li 500

37

Mangimi in genere

" 400

38

Paglia

" 250

39

Fieno

" 800

40

Sale pastorizio

" 50

41

Sale da cucina, calce, gesso, cemento, mattoni, attrezzi agricoli, tessuti in genere, scope, spazzole, profumerie, benzina, nafta, oli e grassi, biciclette, macchine da scrivere, radio, carta e cancelleria, articoli sportivi, pellicole fotografiche, ecc.

NORME VALUTARIE VIGENTI NEL TERRITORIO NAZIONALE

ESTRATTI

D.L. 6-6-1956, n. 476: (G.U. 6-6-1956, n. 137) Nuove norme valutarie e istituzioni di un mercato libero di biglietti di Stato e di banca esteri.

Art. 1

Agli effetti del presente decreto legge sono considerati residenti:

1) - le persone fisiche di nazionalità italiana aventi la residenza nel territorio della Repubblica;

2) - le persone giuridiche aventi la sede nel territorio della Repubblica;

3) - le persone fisiche di nazionalità straniera e gli apolidi aventi la residenza nel territorio della Repubblica, limitatamente all'attività produttrice di redditi ivi esercitata;

4) - le persone fisiche di nazionalità italiana, aventi la residenza all'estero, limitatamente all'attività produttrice di redditi esercitata nel territorio della Repubblica;

5) - le persone giuridiche aventi la sede all'estero, limitatamente all'attività produttrice di redditi esercitata nel territorio della Repubblica.

Agli effetti del presente decreto legge sono valute estere i biglietti di Stato e di banca esteri aventi corso legale nonché i titoli di credito ed i crediti, estinguibili in monete aventi corso legale fuori del territorio della Repubblica, che servano per effettuare pagamenti fra residenti e non residenti.

Art. 2

Ai residenti è fatto divieto di compiere qualsiasi atto idoneo a produrre obbligazioni fra essi e non residenti, esclusi i contratti di vendita di merci per l'esportazione, nonché i contratti di acquisto di merci per l'importazione, se non in base ad autorizzazioni ministeriali. Ai residenti è fatto divieto di effettuare esportazioni ed importazioni di merci se non in base ad autorizzazioni ministeriali.

I crediti dei residenti verso i non residenti debbono essere dichiarati dai titolari con le modalità ed entro i termini stabiliti dal Ministero per il commercio con l'estero.

I residenti che siano creditori o debitori a qualunque titolo verso non residenti hanno l'obbligo di riscuotere i loro crediti o di pagare i loro debiti con le modalità ed entro i termini stabiliti dal Ministero per il commercio con l'estero.

Art. 3

I residenti possono compiere atti idonei a produrre obbligazioni fra essi e non residenti, in deroga al disposto del primo comma dell'art. 2, quando tali obbligazioni abbiano per oggetto cessioni di beni d'uso e prestazioni di servizi ai non residenti stessi in relazione al loro soggiorno in Italia.

I residenti che siano creditori verso non residenti in dipendenza degli atti previsti dal precedente comma sono autorizzati a ricevere in pagamento biglietti di Stato e di banca esteri o assegni in moneta estera.

Art. 4

I residenti non possono ricevere pagamenti da non residenti o effettuare pagamenti a non residenti, direttamente o per conto dei medesimi, se non in conformità del disposto degli articoli 2 e 3.

Art. 5

Ai residenti è fatto divieto di possedere quote di partecipazione in Società aventi la sede fuori del territorio della Repubblica nonché titoli azionari e obbligazionari emessi o pagabili all'estero se non in base ad autorizzazioni ministeriali.

I residenti che assumono partecipazioni in Società aventi la sede fuori del territorio della Repubblica e che divengano proprietari di titoli azionari e obbligazionari emessi o pagabili all'estero hanno l'obbligo di farne dichiarazione alla Banca d'Italia, con le modalità ed entro i termini stabiliti dal Ministero per il commercio con l'estero.

Con decreto del Ministero per il commercio con l'estero può essere stabilito l'obbligo del deposito dei titoli azionari e obbligazionari menzionati nel comma precedente presso la Banca d'Italia o aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa.

Art. 6

Le cessioni, gli acquisti e ogni altro atto di disposizione fra residenti e non residenti, concernenti i titoli di credito di qualsiasi specie, non possono effettuarsi se non in base ad autorizzazioni ministeriali.

L'esportazione dei titoli di credito menzionati al precedente comma, nonché dei biglietti di Stato e di banca italiani, può effettuarsi in base ad autorizzazioni ministeriali.

Art. 7

Le cessioni, gli acquisti e ogni altro atto di disposizione concernenti le valute estere menzionate al secondo comma dell'art. 1, i crediti di cui al secondo comma dell'art. 2, nonché le quote di partecipazione in società aventi la sede fuori del territorio della Repubblica ed i titoli azionari e obbligazionari emessi o pagabili all'estero, non possono essere effettuati nel territorio della Repubblica se non in contropartita con l'Ufficio italiano dei cambi, con la Banca d'Italia o con aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa, oppure secondo le altre modalità stabilite nelle autorizzazioni ministeriali.

Art. 8

I residenti hanno l'obbligo di offrire in cessione all'Ufficio italiano dei cambi, a mezzo della Banca d'Italia o di aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa, le valute estere determinate con decreto del Ministro per il commercio con l'estero di concerto con il Ministro per il tesoro.

L'offerta in cessione ha luogo con le modalità stabilite dal Ministero per il commercio con l'estero di concerto con il Ministro per il tesoro oppure, quando le valute estere siano quelle determinate ai sensi del decreto legge 28 luglio 1955, n. 586, con le modalità stabilite dal decreto legge stesso.

Possono essere concesse deroghe all'obbligo dell'offerta in cessione con autorizzazioni ministeriali.

Art. 9-10-11-12-13-14-15-16

Omissis

D.M. 6-6-1956 - (G.U. 7-6-1956, n. 138)

Norme concernenti i crediti e i debiti verso l'estero ai sensi dell'art. 2 del D.L. 6 giugno 1956, n. 476.

Art. 1

Le autorizzazioni concernenti le esportazioni e le importazioni di merci sono accordate, in applicazione del primo comma dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, senza limiti di importo o di quantità, oppure entro i limiti previsti da contingenti, dal Ministro per il commercio con l'estero.

Le esportazioni e le importazioni di merci comprese nelle autorizzazioni generali sono consentite dalle Dogane su presentazione di un benestare rilasciato dalla Banca d'Italia o dalle aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa. Le esportazioni e le importazioni di merci sottoposte ad autorizzazione particolare sono consentite dalle Dogane su presentazione dell'autorizzazione stessa e di un benestare rilasciato dall'Ufficio italiano dei cambi oppure dalla Banca d'Italia o dalle aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa.

Art. 2

Le autorizzazioni previste al primo comma dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, concernenti gli atti aventi per oggetto prestazioni diverse da quelle menzionate al precedente art. 1, sono accordate, senza limiti di importo oppure limitatamente ad un importo determinato, dal Ministro per il commercio con l'estero.

Art. 3

La dichiarazione dei crediti di cui al secondo comma dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, deve essere fatta alla Banca d'Italia o ad aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa entro quindici giorni dalla data della costituzione dei crediti stessi, e deve indicare lo importo e le condizioni di esigibilità del credito, nonché il nome e la residenza o la sede del debitore.

La dichiarazione delle variazioni verificatesi nei crediti di cui sopra deve essere fatta secondo le modalità determinate dal Ministro per il commercio con l'estero,

Art. 4

La riscossione dei crediti ed il pagamento dei debiti di cui al terzo comma dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, debbono aver luogo ad una data che non si discosti di oltre centottanta giorni da quella del passaggio della merce attraverso la linea doganale o della prestazione del servizio, salvo deroghe espressamente disposte dal Ministro per il commercio con l'estero.

Art. 5-6

Omissis

Decreto Ministeriale 6 giugno 1956 - Autorizzazione a contrarre mutui all'estero per una durata non superiore a 12 mesi, ai sensi del primo comma dell'art. 2 del decreto legge 6 giugno 1956, n. 476.

Articolo unico

Fermo il disposto dell'art. 4 del decreto ministeriale 6 giugno 1956, pubblicato nella presente Gazzetta Ufficiale, contenente le norme concernenti i debiti e i crediti verso l'estero ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, il divieto di cui al 1° comma dell'articolo 2 del decreto-legge stesso non si applica alla Banca d'Italia e alle aziende di credito autorizzate a fungere da agenzie di questa:

a) per le aperture di credito ottenute da banche dell'estero;

b) per lo sconto presso banche dell'estero di effetti commerciali che siano stati emessi all'ordine di residenti a copertura di effettive esportazioni di merci, sempreché si tratti di operazioni che debbano estinguersi senza ulteriori rinnovazioni e proroghe entro un termine non superiore a 12 mesi.

---

D.M. 6-6-1956 - Norme concernenti le quote di partecipazione in società aventi la sede all'estero e di titoli azionari e obbligazioni emessi o pagati all'estero, ai sensi dell'art. 5 del D.L. 6-6-1956, n. 476 - (G.U. 7-6-1956, n. 138).

Omissis

D.M. 6-6-1956 - Norme concernenti le cessioni, gli acquisti e gli altri atti di disposizioni dei titoli di credito di qualsiasi specie, ai sensi dell'art. 6 del D.L. 6-6-1956, n. 476 (G.U. 7-6-1956, n. 138).

Omissis

D.M. 6-6-1956 - Norme concernenti la cessione delle valute estere allo Stato, ai sensi dell'articolo 8 del D.L. 6-6-1956, n. 476 - (G.U. 7-6-1956, n. 138).

Omissis

D.M. 1-8-1956 - Determinazione delle valute estere ai fini della legge 7-3-1956, n. 43, accettate in cessione dell'Ufficio Italiano dei Cambi per investimenti di capitali esteri in Italia - (G.U. 9-8-1956, n. 199).

Omissis

D.M. 6-6-1956 - Istituzione di un mercato libero di biglietti di Stato e di banca esteri ai sensi degli articoli 9, 10 e 11 del decreto legge 6-6-1956, n. 476 - (G.U. 7-6-1956, n. 138).

Art. 1

I biglietti di Stato e di banca esteri di cui all'art. 9 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, sono quelli aventi corso legale in qualsiasi Stato estero.

Art. 2

La Banca d'Italia e le aziende di credito autorizzate a fungere da sue agenzie possono acquistare i biglietti di cui al precedente art. 1:

a) da non residenti che siano temporaneamente in Italia, qualunque sia lo scopo del loro soggiorno;

b) dai residenti che li abbiano ricevuti ai sensi del secondo comma dell'art. 3 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, oppure a titolo gratuito;

c) dai residenti che li abbiano ricevuti in conformità di norme di legge oppure di autorizzazioni ministeriali.

Art. 3

La Banca d'Italia e le aziende di credito autorizzate a fungere da sue agenzie possono cedere i biglietti acquistati ai sensi del precedente art. 2:

a) ai residenti che si recano all'estero per scopi di turismo, affari, studio e cura, fino al limite determinato dal Ministro per il commercio con l'estero;

b) ai residenti per l'assunzione di quote di partecipazione in società aventi la sede fuori del territorio della Repubblica e per l'acquisto di titoli azionari e obbligazionari emessi o pagabili all'estero, autorizzati ai sensi del primo comma dell'art. 5 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476;

c) contro cessione di lire che siano state accreditate nei conti esteri previsti all'art. 6, lettera d), del decreto Ministeriale 6 giugno 1956, pubblicato nella presente Gazzetta Ufficiale, contenente le norme concernenti i crediti e i debiti verso l'estero ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, a titolo di rimborso di capitali investiti in Italia oppure di interessi, rendite e frutti afferenti ai capitali medesimi oltre i limiti stabiliti dal primo comma dell'art. 2 della legge 7 febbraio 1956, n. 43;

d) ai residenti per il pagamento di debiti derivanti da altre operazioni effettuate in conformità di norme di legge oppure di autorizzazioni ministeriali.

D.M. 28-12-1956 - Misura della cauzione prevista dall'art. 1 della legge 20 luglio 1952, n. 1126, per le importazioni di merci dall'estero e valute estere alle quali si applica (G.U. 2-1-1957, n. 1).

Omissis

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COMMERCIO CON L'ESTERO

- D.M. del 25-6-1957 (G.U. 25-6-1957) La tabella "A' import" annessa al D.M. 29-3-1956 (G.U. n. 83, del 7-4-1956) rettificata e modificata, è stata ampliata.

Con la giunta di altri prodotti la cui importazione dai Paesi dell'area del dollaro è consentita dalle Dogane su presentazione di denuncia-benestare con impegno del regolamento valutario previsto dal D.L. 28-6-1955, n. 586.

- Provvedimento n. 1702621-A del 22-7-1955 - Nuova tabella Export che sostituisce la precedente n. 1417570/22-AG. del 3-3-1955 e successive variazioni. La nuova tabella è preceduta dalla parte normativa che stabilisce a quali Paesi essa si applica e le relative modalità per la sua applicazione.

- Provvedimento U.I.C. - Disciplina delle importazioni e delle esportazioni di merci "a Dogana" e loro regolamento valutario - Elenco dei Paesi ammessi.

- D.M. 25-7-1957 - Tabella delle merci importabili liberamente "a Dogana" da Paesi con accordi bilaterali - Norme valutarie.

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(OMISSIS: segue cartina geografica del Comune di Livigno).

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Il Presidente, PAREYSON, dà la parola al Vice Presidente, Pasquali, Presidente della Commissione consiliare di studio.

Il Vice Presidente, PASQUALI, riferisce quanto segue:

"Io prendo come punto di partenza la seduta del 10-7-1957, seduta nella quale si è fatto un esame del progetto di legge per l'attuazione della Zona Franca. Come ricorderete, nella mia qualità di Presidente della Commissione consiliare, vi avevo comunicato che tutti i membri della Commissione erano stati d'accordo sul progetto di legge portato a vostra conoscenza, salvo sull'articolo 3, per il quale alcuni membri della Commissione avevano formulato delle riserve. La disparità di vedute verteva essenzialmente su questo punto: se in regime di Zona Franca le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato abbiano vigore anche nella Regione.

La maggioranza dei membri della Commissione riteneva che così fosse, mentre i membri della minoranza ritenevano che non fosse così e che si potessero non applicare nel territorio della Regione valdostana costituita in Zona Franca le disposizioni generali sul controllo valutario.

"Io credo opportuno ricordare che nella relazione di maggioranza fatta dalla Commissione, - che seguiva ad altre osservazioni fatte in precedenza e che già voi conoscete -, si mettevano in evidenza le varie ragioni anche dottrinarie, per le quali, secondo noi, era indiscutibile che le disposizioni generali sul controllo valutario dovessero essere applicate anche alla Zona Franca Valdostana.

Nella citata relazione si aggiungeva, per abbondanza, che il regime di Zona Franca in Valle d'Aosta doveva essere attuato tenendo presenti criteri realistici, oltre a quelli ideologici, come per dire che, oltre tutto, ritenevamo pure che fosse meglio, da un punto di vista pratico, adottare il testo dell'articolo 3 da noi proposto.

Quando abbiamo discusso la questione in Consiglio, vari oratori hanno espresso il loro parere e vi è stato qualche cosa che ha spinto il Consiglio a disporre per un supplemento di indagini nella zona di Livigno, e quello che ha dato la spinta è stata la asserzione che le nostre affermazioni dottrinali sull'impossibilità dottrinale di escludere la Valle d'Aosta dai controlli valutari e degli scambi non era sostanzialmente esatta in quanto esisteva già in una determinata parte d'Italia una Zona Franca in cui questi controlli non erano applicati: se vi era un precedente di questo genere era bene accertarlo e farlo presente, per un ulteriore sviluppo della discussione.

Il Consiglio ha ritenuto opportuno di svolgere questa indagine ed ha dato incarico alla Commissione consiliare di accertare quale era la situazione di diritto e di fatto della zona di Livigno.

Prima che avesse luogo la visita a Livigno, l'Assessorato all'Industria e Commercio aveva già svolto per conto suo una diligente ed esauriente indagine sulla situazione di fatto e di diritto della zona di Livigno e, a cura dell'Assessorato, era stata inviata ai membri della Commissione una pubblicazione, in seguito inviata a tutti i Consiglieri, in cui lo stato di fatto e di diritto della zona di Livigno era esaurientemente illustrato. Era stato accertato, in sostanza, che le norme sul controllo valutario emanate dallo Stato italiano erano applicate o applicabili a Livigno, anche se, allo stato di fatto, vi era una serie di tolleranze in rapporto alla situazione geografica locale ed alla scarsa entità economica delle tolleranze stesse.

Nonostante il risultato dell'indagine fatta dall'Assessorato a Livigno e presso i funzionari statali competenti, la Commissione consiliare ha ritenuto opportuno di recarsi ugualmente a Livigno, anche per vivere un po' l'atmosfera della Zona Franca.

Dopo la visita sopralluogo a Livigno - alla quale non ho potuto partecipare per ragioni di salute - ha avuto luogo una riunione della Commissione, nel corso della quale il problema in esame è stato sviluppato a fondo. In questa riunione i membri di maggioranza della Commissione hanno dichiarato che la loro visita non aveva fatto altro che confermare quanto chiaramente già risultava loro, in base alla relazione dell'Assessorato, come situazione di diritto.

I pareri non furono così espliciti per i membri della minoranza della Commissione, i quali hanno osservato che lo stato di fatto di Livigno non era così chiaro e così evidente come era sembrato ai colleghi della maggioranza, pur non potendosi ignorare nemmeno da parte loro che i funzionari doganali sul posto avevano dichiarato esplicitamente che, per quanto li riguardava, non c'erano dubbi che essi avrebbero, in qualunque circostanza, applicato le leggi vigenti nello Stato italiano aggiungendo che, se alcune di queste leggi non erano state applicate, era perché il caso non si era presentato.

A questo punto il problema poteva ritenersi, per quanto riguardava Livigno, sostanzialmente risolto e quindi, come situazione di diritto non era possibile sostenere che le norne valutarie italiane non fossero applicate anche a Livigno: non esisteva, pertanto, quella situazione che avrebbe consentito l'eventuale precedente invocabile anche per la Valle d'Aosta. Questo, parlando dal punto di vista strettamente giuridico e prescindendo dalla utilità pratica di avere, e no, questa esenzione dall'applicazione delle norme sul controllo valutario.

Frattanto si era rivisto, particolarmente da parte mia, quello che era successo a Trieste in questi ultimi due o tre anni per la questione della Zona Franca. Una prima relazione della Camera di Commercio di Trieste dice chiaramente che "ritiene utile sgomberare il campo eliminando i progetti prospettati... però solo alla pubblica opinione e non agli organi qualificati -, che non soddisfano alle condizioni di una Zona Franca compatibile con situazioni di fatto e con pregiudiziali di carattere generale". Questo diceva la stessa Camera di Commercio e non soltanto, quindi, la Commissione.

Nell'anno successivo, 1956, veniva istituita in Trieste, un'altra più vasta Commissione incaricata di studiare il problema della Zona Franca. Questa Commissione ha sentito i pareri di 62 esponenti della vita triestina e di 40 rappresentanti di Amministrazioni pubbliche, delle varie categorie economiche e dei Sindacati.

È interessante notare come questa Commissione, così complicata e che aveva sentito oltre 100 persone di tutti i settori, nella sua relazione dice, ad un certo punto:

"Si pensò da alcuni che la Zona Franca integrale avrebbe dovuto comportare l'estromissione del territorio di Trieste da quello doganale italiano, con completa franchigia e totale autonomia anche nei confronti delle norme italiane in materia di valute e di scambi con l'estero. Si trattava di una radicale riforma alla quale furono mosse, dagli stessi ambienti economici, sostanziali obiezioni".

Poco più avanti questa stessa Commissione dice, per rispondere alle suddette premesse: "Il Territorio di Trieste, se retto in Zona Franca, resterebbe territorio italiano. Non potrebbe, perciò, essere estraniato dall'economia valutaria italiana e dalla relativa disciplina legale e dagli accordi commerciali che l'Italia intrattiene con i vari Paesi. Sarebbe impossibile un regime autonomo e altrettanto irrealizzabile una libertà di movimento fuori dell'indispensabile controllo dello Stato".

Questo per dire che del parere nostro sono stati, dopo lungo studio, non soltanto la Camera di Commercio ma anche quella Commissione che aveva sentito il parere di oltre 100 persone qualificate e che ha escluso che fosse possibile l'attuazione di una Zona Franca senza il controllo valutario da parte dello Stato.

Quindi, ripeto, tutte due le Commissioni di Trieste hanno concluso in un modo abbastanza perentorio che per Zona Franca deve intendersi una zona estera dal punto di vista doganale, e nazionale dal punto di vista valutario. Tale definizione è da tutti accettata.

Questo voi lo sapevate perché ve lo avevamo già detto.

Ritornando al nostro progetto di legge, la Commissione poteva, a questo punto, per quanto riguarda l'articolo 3, chiudere i suoi lavori e venire in Consiglio a dire "Onorevoli Colleghi, decidete voi adesso". Noi, invece, abbiamo creduto opportuno di sviluppare un po' meglio la questione e, dopo aver discusso il pro ed il contro, lo stesso Consigliere Chabod Renato, ad un certo momento, ha riconosciuto che, quanto meno dal punto di vista pratico, era forse opportuno nella sostanza lasciare l'articolo 3 come era stato proposto, sia pure con delle aggiunte, che sono quelle che noi vi leggiamo adesso.

Quindi, secondo il parere unanime della Commissione, andava bene la prima stesura dell'articolo 3, che dice al primo comma: "Il pagamento delle merci estere importate nel territorio della Valle d'Aosta e le riscossioni inerenti alle merci esportate all'estero si effettuano a mezzo della Banca d'Italia, secondo le norme valutarie e gli accordi infrastatali".

Vi dò ora lettura del secondo importantissimo comma, nella formulazione da noi stilata:

"Il Presidente della Giunta rilascia, qualora siano necessari e d'accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero, permessi di importazione per le merci estere necessarie al fabbisogno della popolazione e delle imprese e permessi di esportazione di prodotti originari della Valle d'Aosta o fabbricati nella stessa". È stato osservate che la frase: "d'accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero" era un po' troppo elastica e generica, perché in realtà non precisava bene quali fossero i diritti del la Regione su questo argomento, per cui era opportuno precisare meglio questo articolo.

Nello studio delle varie proposte che si sono fatte si è rivisto quello che era scritto nello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, nelle norme di attuazione di detto Statuto ed anche quanto era stato statuito per la Regione Siciliana.

Io mi sono permesso di insistere che ritenevo dannoso includere nell'articolo 3 qualche cosa che fosse simile a quanto statuito per dette Regioni, perché queste Regioni, non avendo la Zona Franca, hanno ottenuto delle concessioni vincolate a certe norme, per cui non era affatto necessario che noi ci accodassimo a quanto previsto per tali Regioni.

In altre parole, le concessioni fatte a dette Regioni sarebbero state, a mio avviso, l'ultima trincea su cui, nella peggiore delle ipotesi, ci saremmo ritirati; ma non era né tattico né prudente scriverlo.

Per esempio, la disposizione che statuisce una quota parte delle valute estere entrate nella Regione Trentino-Alto Adige è destinata per gli acquisti, contiene, secondo me, una limitazione non opportuna, perché quando si dice che le merci estere devono entrare secondo il fabbisogno della popolazione e delle imprese, la questione valutaria passa in secondo ordine in quanto, evidentemente, la Banca d'Italia ha sempre la valuta necessaria per il fabbisogno dei 100.000 abitanti della Valle d'Aosta e dei turisti della Valle d'Aosta.

È quindi inutile limitare e vincolare la disponibilità di valuta ad una determinata e reale disponibilità.

Abbiamo cercato di trovare qualche altra formula, basandosi sugli esempi di Zara e di Trieste. Zara aveva una Zona Franca molto ampia ed era stato fissato un solo limite; infatti poteva comperare all'estero quello che voleva, nei limiti di una cifra massima stabilita, quindi vi era un contingente di valuta.

Per Trieste, invece, non vi era un contingente di valuta, ma era indicato un contingente di merci e la valuta per quelle merci sarebbe stata data in ogni caso.

Dopo aver molto riflettuto, ho proposto quello che il Consigliere Chabod Renato ha definito la penultima proposta, che, per caso, è stata proprio la penultima -, e cioè di lasciare il testo così come era stato formulato, con l'intesa che il Consiglio desse mandato a coloro che dovranno concretare coi rappresentanti del Governo italiano la stesura definitiva dell'articolo di stabilire che cosa voglia dire "d'accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero".

In altre parole questo accordo non deve essere qualche cosa di fluttuante o di incerto, in un certo senso dipendente dal "bon plaisir" del Ministero per il Commercio con l'estero, ma deve essere un qualche cosa di più concreto.

La Commissione era d'accordo, in linea di massima, su questa proposta, e il Consigliere Chabod Renato ha fatto quella che io chiamerei l'ultima proposta e che è stata, in definitiva, la proposta della Commissione.

Questa proposta era di dare la seguente formulazione al secondo comma dell'articolo 3:

"Il Presidente della Giunta rilascia, qualora siano necessari, permessi di importazione per le merci estere necessarie al fabbisogno della popolazione e delle imprese, e permessi di esportazione di prodotti originari della Valle d'Aosta o fabbricati nella stessa, nei limiti e con le modalità che saranno stabilite con apposito regolamento (o apposite norme)".

Su questo testo i membri della Commissione sono stati, praticamente, tutti d'accordo ed è questo testo che io presento al Consiglio perché voglia pronunciarsi in merito".

Il Consigliere BARMASSE chiede se il termine "impresa" comprenda anche le imprese turistiche o soltanto le imprese industriali.

Il Vice Presidente, PASQUALI, dichiara che la parola "impresa" va interpretata nel senso più largo e, cioè, chiunque fornisca a terzi servizi o merci. Precisa, quindi, che nella voce "impresa o imprenditore" si comprende anche l'albergo, il bar, il caffè, le sartorie e l'impresa turistica. Rileva che tale interpretazione trova la sua conferma nell'articolo 2082 del Codice Civile.

Il Consigliere CHABOD Renato dichiara quanto segue:

"Essendo stato chiamato in causa dal Presidente della Commissione consiliare, Vice Presidente Pasquali, debbo chiarire il mio pensiero, che, come è risultato in sede di Commissione, non concorda con quello del Vice Presidente Pasquali, salvo per quanto riguarda le precisazioni che farò.

Non concordo, in primo luogo, sui risultati della visita sopralluogo della Commissione a Livigno e sulla relazione relativa alla Zona Fianca di Trieste, perché non posso ammettere che la situazione di diritto sia chiara e che si debbano applicare le norme valutarie. Io dico di no; tanto è vero che nelle due relazioni su Trieste non si dice che non si potrebbe attuare in base ad una determinata disposizione di legge; io ho annotato la frase che ha detto l'Ing. Pasquali: "la Commissione ha ritenuto utile", entriamo cioè nel concetto della tattica, "di sgomberare il campo eliminando i progetti...".

Ho notato fra altro, con piacere, che anche a Trieste alcuni la pensavano come noi in merito alla questione valutaria. Che cosa oppone la maggioranza della Commissione a Trieste? Essa non oppone una ragione giuridica, perché dice: "noi, maggioranza della Commissione, riteniamo che sia opportuno e utile, per ragioni di carattere economico, di mantenere le norme valutarie". Non si può, quindi, parlare di situazione di diritto, perché la situazione di diritto non è valutabile nel senso di utilità, di praticità o di economia.

La situazione di diritto esiste o non esiste: se vi è una norma giuridica non c'è bisogno di venire a parlare di opportunità, utilità e convenienza; si deve applicare l'articolo tal dei tali.

Per quanto riguarda Livigno, la maggioranza della Commissione e, in particolare, l'Assessore Marchiando, dicono: è vero che da Livigno si va in Svizzera a lavorare e che gli operai tornano indietro liberamente con i soldi svizzeri in tasca; è vero che i prodotti agricoli di Livigno sono venduti in Svizzera e che in Svizzera gli abitanti di Livigno comperano il cioccolato e tutto il resto liberamente. Ma la maggioranza della Commissione aggiunge: "è una tolleranza"; cioè, vi sarebbero le norme sul controllo, ma i funzionari, in pratica, non le farebbero applicare.

Io rispondo che questo si chiama libertà e non già tolleranza; perché, se vi fossero le norme, i funzionari non potrebbero attuare questa tolleranza, perché debbono fare osservare le leggi. I funzionari non hanno l'arbitrio di fare osservare, o no, le leggi, a seconda che faccia loro comodo; tanto più che in qualche caso si violerebbero addirittura delle norme penali e nei casi di infrazioni penali i funzionari non hanno la facoltà di tollerare, ma hanno l'obbligo di denunciare il trasgressore, e se non lo denunciano sono responsabili di omissione di denuncia.

Questo il punto; perciò io dico: parlate di libertà e non di tolleranza.

La tolleranza, tanto per fare un esempio noto a tutti, si può avere quando la legge prevede che, in sede di visita doganale, è tollerato il passaggio degli effetti personali e di una certa quantità di provviste alimentari (burro, formaggio o altro).

La tolleranza si ha quando l'agente di finanza, pur sapendo che il viaggiatore può trasportare al massimo 1 Kg. di formaggio o di burro, chiude un occhio anche se invece di 1 Kg. ve ne è 1 Kg. 200.

Invece in materia di valuta, nel caso di Livigno, non si può parlare di tolleranza: o c'è la legge e si deve applicare, o non c'è la legge e c'è libertà.

A Livigno c'è quello che l'Assessore chiama "il piccolo traffico locale".

Precisate le ragioni del mio dissenso, non ignoro tuttavia che la questione è discutibile, opinabile e controvertibile, come tutte le questioni per le quali non esiste una norma precisa.

Il Vice Presidente, Pasquali, potrebbe parlare per un'ora ed io altrettanto, sostenendo ognuno la propria tesi, senza deflettere dal proprio punto di vista, proprio perché, come si è detto, la questione è opinabile e discutibile.

Vi sono due punti preoccupanti per la minoranza, ma soprattutto per me: il primo è quello che mi aveva opposto l'Assessore Marchiando, dicendomi: "devi ammettere che Livigno è, praticamente, una località isolata dal mondo, di difficile accesso e con soli 1800 abitanti". Egli affermava che, trattandosi di una "goccia nel mare" (- su 1800 abitanti ce ne saranno al massimo 1000 che vanno a lavorare in Svizzera e, quindi, il movimento di denaro è minimo -) si trascurava di disciplinare la questione valutaria.

Obiettava che, nel caso della Valle di Aosta, la situazione è diversa perché gli abitanti son più di 90.000 e perché non siamo isolati dal mondo come Livigno, e lo saremo tanto meno in avvenire, per cui sarebbe difficile, anzi impossibile, riuscire ad ottenere per la Valle d'Aosta un trattamento simile a quello concesso al Comune di Livigno.

Ecco, quindi, l'opportunità di non insistere su questa tesi, che potrebbe causare, per la sua discutibilità, un ritardo alla attuazione della Zona Franca che noi vogliamo; ecco la convenienza di trovare e prospettare una soluzione meno rigida, cioè accettabile, che abbia il conforto di una qualche norma di legge sulla quale non possano sorgere discussioni e difficoltà.

Per me questa è una soluzione di subordine e noi, minoranza, abbiamo detto: "l'articolo, così come è, non va nel modo più assoluto e non va nemmeno la proposta di demandare ai nostri delegati di trattare (per dare un significato più concreto alla frase "d'accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero"), perché detta disposizione non ci dà garanzie e, come giustamente diceva il Vice Presidente Pasquali, ci farebbe dipendere dal "bon plaisir" di S.E. il Ministro per il Commercio con l'estero.

In sede di Commissione, io ho rilevato che nello Statuto siciliano vi è, all'articolo 40, una norma chiara e che se inserissimo una tale norma nel progetto di legge in discussione non ci potrebbero dire che non è una cosa attuabile perché potremmo richiamare l'articolo 40 dello Statuto siciliano ("Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione. È, però istituita, presso il Banco di Sicilia, finché permane il regime vincolistico sulle valute, una Camera di compensazione, allo scopo di destinare ai bisogni della Regione le valute estere provenienti dalle esportazioni siciliane e dalle rimesse degli emigranti, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte nel compartimento siciliano").

Ciò vuole dire che tutte le valute estere che derivano alla Sicilia dalle menzionate sue attività sono destinate ai bisogni della Sicilia; quindi, ammesso in ipotesi che in Sicilia vi sia abbondanza di valuta e che vi sia scarsità di valuta nel rimanente territorio della Repubblica, la Sicilia continuerebbe a tenersi la sua eccedenza di valuta e viceversa.

Il Vice Presidente Pasquali ha obiettato che questo è poco; io ho risposto che non è poco e che, comunque, è già un qualche cosa di garantito, di fissato dalla legge, al di sotto del quale non si può andare. In sostanza, il Vice Presidente Pasquali è più ottimista di me e dice che noi potremmo ottenere di più; ma io osservo che potremmo anche ottenere di meno: in sostanza è meglio quel poco ma sicuro. Questo è il nostro punto di vista.

Ho aggiunto poi che dobbiamo precisare anche la disciplina dei permessi di importazione e di esportazione, che nel testo attuale dell'articolo 3 non è chiarita per niente, perché è rimessa all'apprezzamento discrezionale del Ministro per il Commercio con l'estero e del Presidente della Giunta regionale.

Dopo varie discussioni in Commissione, siamo arrivati all'ultima proposta che, almeno per me, è una soluzione di compromesso, perché significa recedere dalla posizione di diritto che io ritengo essere quella vera, ma significa anche rendersi conto di quelle difficoltà indubbie di cui abbiamo discusso in sede di Commissione.

L'ultima proposta consisterebbe nell'aggiunta, al secondo capoverso, delle parole "con le modalità che saranno stabilite con apposito regolamento".

Si farà, pertanto, un regolamento in cui si inseriranno quelle norme base e si riuscirà ad avere il riconoscimento di quello che, per il Vice Presidente Pasquali è un minimo, ma che comunque è un minimo garantito dalla legge.

Quindi, se il Consiglio concorda, posso anche aderire a questa proposta; io sarei, però, del parere di inserire fra il primo comma ed il secondo comma, di cui adesso dirò brevemente, tale e quale la già menzionata norma dell'articolo 40 dello Statuto della Sicilia, perché allora avremo regolato tutto. Diremo nel primo comma che si applicano le norme valutarie; nel secondo comma diremo che le valute del turismo, delle esportazioni e le rimesse dei nostri emigranti rimangono in Valle d'Aosta; nel terzo comma, infine, diremo che la disciplina dei permessi di importazione e di esportazione sarà stabilita con le modalità che saranno fissate con apposito regolamento.

Ripeto che posso anche concordare su questa formulazione, a condizione, però, che si ottenga come minimo il trattamento più favorevole della Sicilia e del Trentino-Alto Adige che non hanno la Zona Franca. Se chiediamo il trattamento più favorevole delle predette due Regioni, che non hanno la Zona Franca, non dovremmo incontrare delle difficoltà. Ritengo, però, che il secondo comma dovrebbe essere almeno completato con l'aggiunta delle parole "del turismo", fra le parole "della popolazione" e le parole "e delle imprese".

Per quanto riguarda l'interpretazione della parola "imprese", concordo su quanto detto dal Vice Presidente Pasquali che, secondo il Codice Civile, la parola "imprese" ha un concetto molto ampio, poiché l'articolo 2082 del Codice Civile dice: "È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e di servizi".

Questa dizione dovrebbe comprendere anche il bar; però non so se nel significato comune la parola "impresa" comprenda anche il bar; leggendo il testo dell'articolo, come è formulato ora, si potrebbe sostenere con abbondanza di argomentazioni, da una parte e dall'altra, sia la tesi più estensiva del Vice Presidente Pasquali, sia la tesi più restrittiva che è la nostra. Cito un esempio: un Tizio che sta a Torino e che ha una villa al Breuil o a Courmayeur, ove viene abitualmente a soggiornare tutti gli anni, non può venire compreso né fra le "imprese alberghiere", né fra la popolazione della Valle, ma può soltanto essere considerato come un turista. Ecco perché io proponevo di aggiungere le parole "del turismo".

Faccio presente, in proposito, che il decreto Ministeriale del 9-10-1934, che disciplina l'istituzione e l'esercizio nel Comune di Livigno dei depositi all'ingrosso e dei negozi di vendita al minuto di alcuni prodotti, stabilisce, al terzo comma dell'articolo 2: "nella determinazione del quantitativo" - tabacchi ed altri generi di monopolio - "sarà tenuto conto dell'afflusso di villeggianti e di militari che si verifica nella stagione estiva". Per Livigno, dunque, la cosa è stata chiarita ed io ritengo che potessimo anche noi fugare il dubbio aggiungendo le parole "del turismo", di modo che la frase "della popolazione, del turismo e delle imprese" comprenderebbe tutto e saremmo sicuri che tutte le nostre richieste sarebbero soddisfatte.

Per quanto io sia convinto della bontà della nostra tesi in linea di diritto, - in via di pratica opportunità e soprattutto affinché si possa giungere sollecitamente in porto, io non posso che dichiararmi favorevole se si arriva ad un accordo su questo punto (aggiunta delle parole "del turismo" e con l'intesa a verbale che il Consiglio, nello "apposito regolamento" che sarà elaborato, - e che è necessario non soltanto per questo articolo 3 ma anche per altri articoli --, ottenga come minimo il trattamento riservato alla Sicilia dall'articolo 40 del suo Statuto ed il trattamento riservato al Trentino-Alto Adige)".

Il Consigliere CHABOD Renato termina le sue dichiarazioni chiedendo che la discussione del presente oggetto sia riportata a verbale per esteso.

L' Assessore MARCHIANDO dichiara quanto segue:

"Desidero esporre alcune considerazioni di ordine pratico sulla situazione di diritto e di fatto della Zona Franca di Livigno.

Ricordo, anzitutto, che Livigno ha ottenuto la Zona Franca nel 1910. Dal 1910 ad oggi sono passati ben 47 anni ed in questo periodo non vi è sorta una sola industria: vi sono due attività artigianali rappresentate da due falegnami. Se questa Zona Franca avesse portato tutti i benefici che molti credono, io ritengo che a Livigno sarebbero sorte molte industrie.

A prescindere dal fatto che nel 1910 si era in regime di libera circolazione dei capitali e, quindi, non vi erano restrizioni di sorta, mentre, invece, dal 1934 sono entrate in vigore norme valutarie circa le quali non si possono sollevare dubbi, va osservato che nel regolamento sul regime doganale del Comune di Livigno, approvato con R.D. n. 546, del 14-5-1911, si dice, all'articolo 2: "Nel territorio delimitato come all'articolo precedente, non sono permessi depositi di merci estere soggette a diritto di confine in quantità superiore ai bisogni degli abitanti...".

All'articolo 19 dello stesso regolamento noi leggiamo che per la repressione del contrabbando e per gli altri compiti demandatile dalla legge e dal regolamento in vigore, la Guardia di Finanza esercita la sua vigilanza e può eseguire perquisizioni anche nel territorio extradoganale di Livigno.

Esaminando, poi, il Decreto Ministeriale 9-10-1934, che disciplina l'istituzione e l'esercizio nel Comune di Livigno dei depositi e dei negozi di minuta vendita di determinati generi contingentati, noi vediamo che chiunque intende tenere di tali generi nel Comune di Livigno per i bisogni della propria industria o per effettuarne la vendita, all'ingrosso o al minuto, deve farne richiesta tramite il Sindaco alla Direzione Doganale di Como.

Il Sindaco di Livigno deve chiedere annualmente alla predetta Direzione l'assegnazione di contingenti di merci e generi in esenzione fiscale in relazione alle necessità locali.

Queste richieste vengono vagliate dalla Direzione Doganale di Como con una certa qual larghezza, perché il Comune di Livigno è situato a 1800 metri di altitudine e, fino a cinque anni fa, era tagliato fuori praticamente dal mondo per sei mesi all'anno.

Nel dossier di atti trasmessi in copia ai Signori Consiglieri vi è l'elencazione delle merci contingentate che vengono importate dall'Italia e, fra queste, vediamo che i tabacchi e lo zucchero vengono importati dall'Italia per 2/3 e dalla Svizzera per 1/3.

Gli esercenti di Livigno debbono tenere un libro di carico e scarico di tutte le merci contingentate e debbono giustificare gli acquisti e le vendite che oltrepassano un determinato quantitativo.

Il Livignese, quando circola in Livigno, non può avere in tasca un quantitativo di tabacco superiore al consumo giornaliero, oltre ad una scatola di fiammiferi.

Si tratta, quindi, di vere limitazioni che dimostrano che la Zona Franca di Livigno è una Zona Franca limitata o incatenata, come ebbi a dire, se non erro, nella seduta del 10 luglio 1957.

Stiamo alla reale situazione delle cose: io vorrei discutere con dei veri tecnici e sono certo che mi darebbero ragione.

Vediamo la relazione della Commissione di Trieste per la Zona Franca, della quale facevano parte dei tecnici di provata capacità: si legge, nel verbale del 29 gennaio del 1955, che per Zona Franca si deve intendere una zona estera dal punto di vista doganale e nazionale dal punto di vista valutario.

Questa definizione è stata accettata da tutti.

Ora se vogliamo cavillare, se vogliamo dilazionare la soluzione del problema della Zona Franca, possiamo tirare fuori tutte queste questioni che non sono sostenibili, perché noi sappiamo che le leggi valutarie esistono e che non vi è mai stata Zona Franca anche agli effetti valutari, ma solo agli effetti doganali.

Questo sia ben chiaro ed io penso che anche l'Avvocato Chabod vorrà accettare questa definizione, perché se così non fosse, ciò vorrebbe dire che egli intende fare il cavilloso per principio".

Il Consigliere CHABOD Renato, in riferimento a quanto affermato dall'Assessore Marchiando ed al segnalato fatto del non avvenuto sviluppo di alcuna nuova industria nella Zona Franca di Livigno dal 1910 ad oggi, dichiara che anche in Valle d'Aosta in cento anni e più di Zona Franca non sorgeranno industrie nella località di Chamolé o di Pont Bozet o di Rhêmes Notre Dame, a causa della loro altitudine e ubicazione.

Rileva che il Comune di Livigno ha soltanto due accessi praticabili con automezzi, di cui uno è il passo detto "Forcola di Livigno", a metri 2328 di altitudine.

Informa che la strada che attraversa tale passo è larga circa un paio di metri, non è asfaltata, è sprovvista di paracarri e di piazzuole ed è assai ripida, per cui il sorpasso si presenta assai difficile e pericoloso e peggio ancora l'incrocio con automezzi.

Precisa che il secondo accesso avviene attraverso il "Passo di Foscagno", a 2291 metri di altitudine, su una strada pure stretta e non asfaltata, pure essendo ora transitabile con autopullman.

Informa che fino a 4-5 anni addietro detta strada rimaneva chiusa durante l'inverno, mentre ora viene tenuta aperta e costituisce l'unica possibilità di comunicazione con la zona di Livigno durante la stagione invernale.

Comunica che, secondo quanto ebbe a dire il Sindaco, sarebbero ora in corso delle trattative per rendere più agevole la strada della Forcola, il che lascia sperare che possa sorgere, in avvenire, una industria a Livigno.

Osserva che, stando così le cose, cioè dato l'isolamento quasi assoluto di Livigno, per la poca praticabilità delle due strade di accesso, non era pensabile che potesse sorgere un'industria in Livigno dal 1910 ad oggi.

Non ritiene, quindi, accettabile l'affermazione che la Zona Franca di Livigno non è servita neanche a far sorgere una industria.

Rileva che non si può, d'altra parte, ritenere che le condizioni di vita dei livignesi siano molto misere perché, - come possono affermare i membri della Commissione che si sono recati a Livigno, - risulta che un terreno colà acquistato per una costituenda Cooperativa è stato pagato ben Lire 1.600 al metro quadrato.

Segue breve discussione fra i Consiglieri CHABOD Renato, il Consigliere MANGANONI e gli Assessori ARBANEY, BIONAZ e MARCHIANDO, il quale ultimo ricorda che, in Aosta, vi sono dei terreni pagati fino a Lire 30.000 al metro quadrato.

Il Consigliere CHABOD Renato rileva che vi sono altri elementi ancora che stanno ad indicare che le condizioni di vita dei livignesi non sono misere: l'aumento della popolazione ed i vari negozi che si notano in Livigno, nei quali i tabacchi ed il cioccolato costituiscono un motivo di richiamo per i turisti.

Concorda con l'Assessore Marchiando che il Decreto ministeriale 9 ottobre 1934 permette l'importazione di determinati quantitativi annui contingentati di generi e merci in esenzione fiscale (tabacco, caffè, thè, zucchero).

Precisa, per quanto riguarda il tabacco, che possono essere importati, salvo errore, non più di 7.000 Kg. all'anno dall'Italia o dalla Svizzera.

Ricorda, in proposito, che la legge n. 516, del 17 luglio 1910, istitutiva della Zona Franca di Livigno, stabiliva che le modalità di attuazione della Zona Franca dovevano essere adottate con Decreto reale, tanto è vero che il regolamento che disciplina il regime doganale è stato approvato con Regio Decreto n. 546, del 14 maggio 1911.

Dichiara che, a suo avviso, il Decreto Ministeriale 9 ottobre 1934 è da ritenersi illegittimo, perché le sue norme avrebbero dovuto essere emanate con Decreto reale.

Osserva, poi, che il menzionato Decreto ministeriale contempla soltanto il tabacco, il caffè, il thè e lo zucchero e cioè i quattro generi per i quali, in passato, vi era un notevole contrabbando.

Fa presente che per tutti gli altri generi non vi è limitazione alcuna, tant'è vero che, ad esempio, i negozi abbondano di cioccolato che può essere consumato a volontà sul posto.

Riferisce che, in effetti, il cioccolato, il tabacco ed i liquori costituiscono un'attrattiva per i turisti e, di riflesso, un beneficio economico per la zona di Livigno.

Fa presente che, se Livigno non avesse avuto la Zona Franca, la popolazione non si troverebbe nelle buone condizioni economiche in cui si trova attualmente, come è stato constatato dai membri della Commissione consiliare in occasione della loro visita a Livigno.

Dichiara di non poter accettare l'appunto di voler cavillare per ritardare la soluzione del problema, perché da un anno e mezzo che ha trattato questi suoi punti di vista in sede di Commissione nell'intento di ottenere la formulazione di un disegno di legge chiaro nei suoi concetti e nelle sue norme, ad evitare la possibilità di cavilli restrittivi in sede di applicazione della legge.

Ricorda che, rispondendo al Vice Presidente Pasquali, già ebbe ad affermare che, pur rimanendo fermo nella sua convinzione, tuttavia, per le ragioni di pratica opportunità esposte dal Vice Presidente Pasquali, era disposto ad accettare la proposta formulazione dell'articolo 3, a condizione che venissero aggiunte le parole "del turismo".

Rileva che questo significa non già cavillare o dilazionare, ma sacrificare un proprio convincimento.

Ricorda ancora di avere proposto di inserire nell'articolo 3 la norma del 2° comma dell'articolo 40 dello Statuto della Sicilia sulla quale non possono sorgere difficoltà.

L'Assessore BIONAZ premette che, allorquando è stato discusso per la prima volta dal Consiglio il problema della Zona Franca, riteneva che il Comune di Livigno fosse un centro più importante; rileva di avere constatato invece, - leggendo la relazione sulla visita a Livigno, - che si tratta di un piccolo Comune di 1800 abitanti, situato in una zona isolata, a 1800 metri di altitudine.

Ricorda che la divergenza di vedute sull'articolo 3 fra la maggioranza e la minoranza della Commissione era sorta perché la minoranza sosteneva che la Zona Franca totale non era soggetta alle norme sul controllo valutario e citava, ad esempio, la zona di Livigno, mentre la maggioranza era di parere contrario.

Rileva che dalla visita fatta dalla Commissione a Livigno è risultato che la Zona Franca di Livigno è soggetta alle norme della legislazione sul controllo valutario, come le altre Zone Franche, ma che, di fatto, è ammessa una certa qual tolleranza, trattandosi di un piccolo Comune con soli 1800 abitanti, situato a 1800 metri e in una zona molto isolata.

Il Consigliere CHABOD Renato afferma che, in assenza di norme, vi è libertà ("silentio legis libertas civium") e che occorre una norma per limitare la libertà dei cittadini.

Rileva che in Livigno vi era libertà di scambio fino al 1934, data in cui con il già citato Decreto Ministeriale si provvide a limitare l'importazione di soli pochi generi contingentati, per cui per tutti gli altri generi vi è libero scambio.

Ricorda, comunque, di aver già detto di essere disposto ad accettare l'ultima proposta concordata in sede di Commissione.

Il Vice Presidente, PASQUALI, osserva che è cosa pacifica per tutti i Consiglieri, ad eccezione del Consigliere Chabod Renato, che nella Zona Franca di Livigno vigono le norme emanate dallo Stato in materia valutaria; soltanto che tale zona è talmente piccola ed ha così poca importanza che determinati problemi non si sono mai posti.

Rileva che non è, quindi, il caso di discutere ancora sul caso di Livigno, che è un caso del tutto eccezionale anche in relazione alla tolleranza molto larga di fatto ammessa nella materia in esame per le ragioni già dette.

Fa presente che la tolleranza non esclude, anzi conferma, la esistenza e la applicabilità della legge.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, dichiara quanto segue:

"Io sono un po' responsabile per la proposta che ho fatto nella riunione del 10 luglio scorso, dopo di essermi dichiarato perplesso nell'assumere, di fronte alla mia coscienza, una decisione in questa materia che ritengo di estrema importanza per la nostra Regione.

Poiché allora ci si prospettava una ipotesi, sia pure non giuridica, ma una ipotesi di fatto, che avrebbe forse potuto darci la possibilità di richiedere legittimamente qualcosa di più di quello che avevamo già intenzione di richiedere con il nostro progetto di legge, ho proposto che il Consiglio desse mandato alla Commissione di effettuare una visita a Livigno per stabilire l'esattezza, o meno, di quello che da parte dell'opposizione, veniva prospettato.

Confesso che non ho alcun rimorso di aver fatto questa proposta perché tutto serve a chiarire le idee e ad approfondire un problema così importante e complesso come questo.

Ciascuno di noi ha una pesante responsabilità nella decisione, sia pure unilaterale, che dobbiamo prendere per giungere ad un accordo anche con lo Stato in base all'articolo 14 del nostro Statuto regionale.

Oggi noi abbiamo acquisito altri elementi di convinzione per sostenere una tesi o l'altra.

Nella passata seduta il Consigliere Chabod Renato ha sostenuto, naturalmente in piena buona fede, che l'approvazione dell'articolo 3, così come era stato formulato, avrebbe potuto significare la diminuzione del 90%, o per lo meno dell'80%, dei benefici derivanti alla nostra Regione dalla Zona Franca.

Non posso che compiacermi che, in seguito alla visita fatta a Livigno, egli abbia, sia pure per dei motivi che egli definisce di opportunità, receduto dalla sua tesi e sia entrato nell'alveo della tesi sempre sostenuta dalla maggioranza della Commissione.

Per quanto mi riguarda, sono oggi nella possibilità di esternare il mio punto di vista, sia pure con qualche lieve ritardo che non va a detrimento, ma va a vantaggio della tesi che voglio sostenere.

Dirò subito che, dal punto di vista giuridico, non può esservi dubbio che Zona Franca vuol significare territorio al di là della dogana agli effetti doganali, ma al di qua della dogana dal punto di vista del controllo valutario.

Questo perché? Perché tutta la dottrina, concorde, lo afferma e tutti gli studiosi ce lo dicono, come abbiamo visto anche ultimamente attraverso le consulenze da noi assunte.

Quindi non vi è alcun dubbio su questo punto.

Si discute di Zona Franca e di Zona Franca integrale: tale diversità di termini esiste nella legge. Si deve, quindi, discutere di Zona Franca e si deve stabilire che cosa è una Zona Franca dal punto di vista giuridico.

Non si possono fare analogie fra le diverse Zone Franche che noi conosciamo, perché i territori diversificano: Livigno non è la Valle d'Aosta, la Valle d'Aosta non è Zara, non è il Carnaro, non è Annemasse.

A me pare che la definizione migliore che si possa dare della Zona Franca, nell'interesse della Valle d'Aosta, sia questa: un insieme organico di provvedimenti, di carattere prevalentemente fiscale, atti a favorire la ripresa dell'economia locale e ad aprire a questa nuova possibilità di sviluppo nel campo industriale e commerciale, dei traffici e dei consumi.

Questa è la Zona Franca che noi dobbiamo avere in Valle d'Aosta. Dobbiamo, cioè, applicare alle necessità della nostra autonomia i concetti schematici della Zona Franca, - così come lo insegna la disciplina giuridica e come si rileva dalla giurisprudenza.

Dal punto di vista giuridico, non ho alcun dubbio. Non concordo con il Consigliere Chabod Renato quando egli dice che, a suo avviso, la tolleranza di Livigno è libertà, perché non vi è alcuna norma. Io gli rispondo che sono tutte tesi opinabili, ma che fra tutte le tesi soltanto una sarà accettabile.

Va osservato che le leggi ci sono e mi spiego subito. Quando, nel 1910, è stata concessa a Livigno la Zona Franca non vi era alcuna legge valutaria: allora in tutti gli Stati vi era la massima libertà in tale materia ed è per questo che non troviamo alcuna norma nella legge sulla Zona Franca di Livigno, che è stata concessa nel 1910. Ma dal 1932 in poi, e specialmente dal 1934, vi sono delle norme valutarie che stabiliscono che ai residenti in Italia, - e Livigno si trova in Italia -, è fatto divieto di compiere qualsiasi atto idoneo a produrre obbligazioni tra essi e i non residenti, esclusi i contratti di vendita di merci, ecc., per l'importazione e l'esportazione; è stato, cioè, messo il catenaccio valutario per tutti i residenti.

Evidentemente, se si fosse ritenuto che a Livigno non dovevano applicarsi le norme valutarie, in questa legge si sarebbe dovuto fare una eccezione per Livigno. Se non lo si è fatto è perché non lo si è voluto fare; quindi anche a Livigno sono applicabili le norme valutarie. Naturalmente le leggi si applicano bene e si applicano male: se le leggi non sono perfette, perché sono fatte dagli uomini, anche l'applicazione delle leggi non è perfetta, perché fatta dagli uomini. È stato detto che nella zona di Livigno vi è una certa tolleranza in questa materia per le ragioni particolari già illustrate. Tutto questo non vuole significare che a Livigno non siano applicabili le norme valutarie, come in tutte le altre Zone Franche e come nel resto del territorio italiano.

D'altra parte, su questo punto, la relazione dell'Assessore Marchiando e la relazione del Presidente della Commissione consiliare sono esaurienti e non fanno che confermare la tesi della maggioranza della Commissione consiliare.

Quindi, dal punto di vista giuridico, siamo tranquilli perché il concetto che deve essere la base delle nostre richieste è questo: chiedere tutto ciò che legittimamente è nel nostro diritto di richiedere.

Ecco perché io, nella passata riunione, avevo detto: se mi affacciate il dubbio che vi è un precedente caso che ci dia la possibilità di chiedere qualche cosa di più, esaminiamolo questo caso e anche se dovremo perdere un mese o due di tempo sarà impiegato bene.

Oggi noi sappiamo che questo caso, in linea di diritto, non esiste e che, solo in linea di fatto, si tratta di lievi tolleranze in un piccolo paese di montagna nel quale vi è l'80% di questi abitanti che vanno a lavorare in Svizzera e che, invece di tornarsene con i denari in tasca, si comperano il vestito o altre merci di cui hanno bisogno e nessuno dice loro niente per comprensibili ragioni di tolleranza.

Ciò non significa che non siano in vigore le norme valutarie, perché sia a Como e sia a Tirano che a Livigno, dove ci sono le guardie di Finanza, le norme di legge sono le stesse.

Nessun dubbio, quindi, dal punto di vista legislativo, giuridico e giurisdizionale, che la prima parte dell'articolo 3 è come doveva essere.

Oggi siamo tutti d'accordo sulla prima parte dell'articolo 3 e la questione valutaria è superata: ne prendo atto.

La Commissione, molto diligentemente, ha ritenuto di proporre al Consiglio un'altra questione, che è indubbiamente attinente anche alla prima parte dell'articolo 3; è una questione nuova, ma è bene che sia stata posta.

Si propone, cioè, di sostituire l'inciso "d'accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero" con la frase "nei limiti e con le modalità che saranno stabilite con apposite norme e con apposito regolamento".

A mio parere, questa aggiunta non ha una grande importanza; però non posso non esprimere alcune mie perplessità di carattere tecnico: si è sostenuto che era molto pericoloso parlare di un accordo con il Ministero per il Commercio con l'estero, perché si poteva trovare un Ministro col quale non ci si potesse mettere d'accordo per i permessi di importazione. D'altronde, l'esperienza ed il buon senso ci insegnano che sarà molto più facile mettersi d'accordo con un Ministro che non con un Governo, perché il Governo è costituito di 20 o 30 Ministri e la istruttoria delle proposte e questioni importanti viene svolta preventivamente presso i vari Ministeri interessati e dopo le proposte sono portate al Consiglio dei Ministri, ove se i Ministri non sono d'accordo viene rinviata la decisione, in attesa di ulteriore istruttoria.

Quindi ho i miei dubbi che questa formula sia la migliore per la Regione; però, siccome si tratta di una proposta di progetto di legge e noi conosciamo e condividiamo le idee della Commissione consiliare, coloro che dovranno trattare con il Governo sapranno anche quale è il minimo e quale è il massimo entro i quali è possibile addivenire ad un accordo.

Vi è, però, un'altra cosa: ci potrebbero dire che si vuole fare un regolamento del regolamento, perché queste norme di attuazione dell'articolo 14 dello Statuto sono esse stesse, in un certo senso, un regolamento, in quanto le norme di attuazione non sono altro che il regolamento di una disposizione di legge.

In terzo luogo, vi può essere un altro pericolo e, cioè, che sia difficile, in via preventiva, regolamentare le licenze e determinare i quantitativi da importare con licenza di importazione, che debbono essere concesse in base al fabbisogno della popolazione.

Per noi, attualmente, la cosa è facile perché le richieste sono fatte in base ai contingenti annui fissati dalla legge e, quindi, non vi è da discutere sulle quantità.

Ma quando non ci saranno più i contingenti e bisognerà discutere sulle quantità di merci e generi da richiedersi, che sono basate sui fabbisogni della popolazione, il Presidente della Giunta dovrà richiedere al Governo delle licenze di importazione di merci estere, documentando i fabbisogni della popolazione.

Vi sarà indubbiamente qualche difficoltà, che si potrà però superare, per regolamentare preventivamente tutte queste cose anche per il futuro.

Dal momento che siamo tutti d'accordo di definire al più presto questa questione e per non perdere ulteriore tempo, io dichiaro, - pur con questi motivi di perplessità e posto il punto fermo sulla prima parte dell'articolo 3 -, che si può accettare la formulazione proposta dal Presidente della Commissione a nome di tutta la Commissione e che consiste nel sostituire all'inciso a cui ho accennato prima le parole: "nei limiti e con le modalità che saranno stabilite con apposite norme".

Questa è la mia idea".

Il Consigliere CHABOD Renato fa presente di aver già precisato chiaramente di essere rimasto dello stesso avviso e dichiara di esserlo tutt'ora, anche dopo le precisazioni fatte dal Presidente della Giunta.

Conferma, peraltro, tenuto conto dell'opinione di tutti e della situazione contingente, di essere disposto, per ragioni di opportunità, ad accettare la menzionata formulazione proposta.

Rileva che il Presidente della Giunta ha affermato che non vi è dubbio alcuno che Zona Franca significa zona al di là della dogana agli effetti doganali, ma non anche agli effetti valutari ed ha detto che tale sua tesi è confortata da tutta la dottrina.

Osserva che, se anche tutta la dottrina conforta tale tesi, ciò non significa ancora che sia sicuramente così perché in merito a tale questione non si è ancora pronunciata la Corte Costituzionale.

Rileva che il Presidente della Giunta ha dato della Zona Franca una delle tante definizioni in uso, che sono tutte diverse una dall'altra ed osserva che la diversità delle definizioni deriva dal fatto che la legge doganale dice soltanto che sono considerati fuori della linea doganale, ad esempio, i territori del Comune di Livigno, del Carnaro, ecc., senza chiarire cosa sia la Zona Franca o cosa si debba intendere per Zona Franca.

Rileva che l'affermazione più acuta fatta dal Presidente della Giunta è quella in cui ha sottolineato che la legge valutaria si riferisce a "tutti i residenti" nel territorio dello Stato.

Osserva, però, che la legge valutaria deve essere coordinata con le altre leggi e che, se la questione fosse così pacifica, nell'approvare lo Statuto siciliano (art. 40) e quello del Trentino-Alto Adige (art. 75) il legislatore non avrebbe sentito il bisogno di precisare che: "le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione".

Circa la nuova formulazione del secondo comma dell'articolo 3, concorda che effettivamente è più facile accordarsi con un Ministro, cioè con una persona sola, che non con molti Ministri; rileva, però, che il regolamento viene fatto una volta tanto e servire per sempre, sino a quando non viene modificato.

Fa presente che se non si vuole usare la parola "regolamento", si può dire "norme di attuazione". Dichiara di non essere d'accordo con il Presidente della Giunta quando dice che questo progetto di legge è già un regolamento, perché lo Statuto, al secondo comma dell'articolo 14, dice: "Le modalità di attuazione della Zona Franca saranno... stabilite con legge dello Stato".

Osserva che una tale legge deve avere norme di regolamento, il che è evidente anche per altre materie del progetto di legge, ad esempio quella che si riferisce all'industria.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, rileva che il secondo comma dell'articolo 14 dello Statuto prevede appunto la successiva emanazione di norme di natura regolamentare ("modalità di attuazione...").

Il Consigliere CHABOD Renato, pur riconoscendo esatto il rilievo del Presidente della Giunta, rileva che il secondo comma dell'articolo 14 dello Statuto precisa che le modalità di attuazione della Zona Franca saranno concordate con la Regione e stabilite con legge dello Stato, il che significa che, dal punto di vista formale, occorre che tali norme di attuazione o regolamentari, siano approvate con una legge.

Circa la prospettata difficoltà di regolamentare preventivamente la questione delle licenze relative ai generi da importare, perché i fabbisogni della popolazione possono variare, osserva che il movimento della popolazione, e così pure quello dell'afflusso turistico, non possono variare di molto nel periodo di un anno.

Conclude, dichiarando di essere disposto ad accettare la soluzione di compromesso proposta per il secondo comma dell'articolo 3, a condizione che si aggiungano le parole "del turismo", in modo che resterebbe chiarito che i permessi di importazione comprendono il quantitativo di merci estere necessario al fabbisogno della popolazione, dei turisti e delle imprese.

Il Presidente della Giunta, BONDAZ, osserva che la parola "imprese" comprende tutto e che tutti i Consiglieri concordano nell'affermare che la dizione "fabbisogno della popolazione e delle imprese" debba comprendere anche il fabbisogno delle imprese turistiche. Non ritiene, quindi, necessario di aggiungere le parole "del turismo" e ritiene sufficiente sia dato atto a verbale che tutti i Consiglieri concordano che nella dizione: "fabbisogno della popolazione e delle imprese" è compreso tutto il fabbisogno locale, anche quello delle imprese turistiche e dei villeggianti.

Il Consigliere CHABOD Renato, preso atto delle precisazioni fatte dal Presidente della Giunta, Bondaz, si dichiara disposto a recedere dalla sua proposta; chiede, però, che si dia atto a verbale che, secondo l'interpretazione unanime del Consiglio, i villeggianti sono compresi nella "popolazione" e che gli alberghi, i bar, ecc., sono compresi nella voce "imprese".

Il Vice Presidente, PASQUALI, precisa che, allorquando in sede di Commissione si è parlato di apposito regolamento, si è anche inteso lasciare impregiudicata la possibilità di sviluppare maggiormente detto articolo in sede di trattative sulla formula definitiva dell'articolo 3.

Fa presente, quindi, che anche la dizione "apposito regolamento" va intesa con elasticità nel mandato che viene dato a coloro che dovranno trattare, intendendosi con questo che sarà tanto meglio se, in sede di trattative, le eventuali norme regolamentari comprenderanno maggiori precisazioni.

Dichiara, comunque, che è pacifico che, come minimo, la Valle d'Aosta deve ottenere il trattamento della Sicilia.

Il Presidente, PAREYSON, constatato che nessun altro Consigliere ha osservazioni o rilievi da formulare in merito agli articoli del disegno di legge, dà lettura delle proposte della Giunta e pone ai voti l'approvazione delle proposte stesse.

IL CONSIGLIO REGIONALE

ad unanimità di voti favorevoli, espressi con votazione per alzata di mano (Consiglieri presenti e votanti: trentatre);

Delibera

1) di esprimere parere favorevole al sottoriportato disegno di legge da proporre ai competenti organi dello Stato, recante norme per l'attuazione della Zona Franca in Valle d'Aosta, ai sensi dell'articolo 14 dello Statuto speciale della Regione, disegno di legge predisposto dall'apposita Commissione consiliare di studio ed esaminato in data odierna dal Consiglio regionale;

2) di dare mandato alla Giunta regionale e al Presidente della Giunta regionale di trattare con i competenti organi governativi centrali ai fini della approvazione del disegno di legge in questione e della emanazione della relativa legge dello Stato per l'attuazione della Zona Franca in Valle di Aosta.

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REGIONE AUTONOMA DELLA VALLE D'AOSTA

Consiglio regionale

PROPOSTA DI DISEGNO DI LEGGE DELLO STATO PER L'ATTUAZIONE DELLA ZONA FRANCA DELLA VALLE D'AOSTA, AI SENSI DELL'ART. 14 DELLO STATUTO SPECIALE DELLA REGIONE VALLE D'AOSTA.

(Proposta sulla quale il Consiglio regionale ha espresso parere favorevole in data 4 ottobre 1957)

Legge n. :

NORME PER L'ATTUAZIONE DELLA ZONA FRANCA DELLA VALLE D'AOSTA.

(... Omissis...)

Art. 1

Il territorio della Valle d'Aosta posto, dall'art. 14 della Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, fuori della linea doganale e costituito a Zona Franca, è delimitato: a ovest e a nord dal confine politico con la Francia e con la Svizzera, dalla Punta Galisia (3348) al Mont Dolent (3823) e alla Punta Ludwigshohe (4346); a est e a sud da una linea che, partendo dalla Punta Ludwigshohe, segue il confine del territorio della Provincia di Vercelli fino alla Comba di Mombarone (2371), da dove, attraverso la Punta Cresta (2061) ed il Bec di Nona (2085), giunge al confine del Comune di Pont St. Martin con la Provincia di Torino, tocca il Bec Ranun (2266), Cima di Bonzo (2516), piega a nord-ovest fino al Colle della Finestra (2309); prosegue per Colle Valera, Colle Valbella, Colle dei Corni, Monte Marzo (2756), Colle Santanel, Colle Larissa, Monte Rosa dei Banchi, Colle dell'Arietta (2833), volge a ovest sud ovest attraverso la Bocchetta del Rancio, Punta Lavina (3308), Colle Bardoney (2833), Punta Senge (3408), Colle Teleccio, Punta Gran St. Pierre (3692), Colle Money, Colle Gran Croux, Colle del Gran Paradiso (3345), Colle Moncorvé (3351), Becca Monciair (3544), Colle del Gran Etret, Monte Violetta (3031), Colle Nivolet (2641), volge a nord lungo la sponda orientale del Lago Rosset, fino al Colle Leynir (3093), ripiega a sud est ed, attraverso il Colle Rosset (3024), il Gran Vandala (3271) e la Punta Basei (3338), raggiunge la Punta Galisia (3348).

Art. 2

Le merci estere introdotte nel territorio della Valle d'Aosta sono esenti dai diritti di confine e da tutti i diritti doganali, comunque denominati, che la Dogana è tenuta a riscuotere in forza di legge, in relazione alle operazioni doganali.

Le merci nazionali introdotte e prodotte nel territorio della Zona Franca sono esenti dall'imposta di fabbricazione e di consumo e da ogni altro tributo a favore dello Stato, ivi compresi i diritti erariali sugli spiriti, i diritti di monopolio e l'imposta generale sull'entrata. L'esenzione si estende al diritto di licenza U.T.I.F. per la fabbricazione in Valle dei prodotti per i quali è dovuto nel territorio doganale, nonché al diritto erariale ed all'imposta generale sull'entrata sul consumo del gas e dell'energia elettrica.

La legge sull'imposta generale entrata non si applica nel territorio della Zona Franca della Valle d'Aosta.

Restano in vigore nel territorio della Valle d'Aosta, anche per il bestiame e le merci provenienti dall'estero, le disposizioni di legge e di regolamento di polizia sanitaria e fitopatologica, di igiene e incolumità pubblica, di repressione delle frodi in commercio, di tutela e conservazione del patrimonio artistico nazionale e di incremento della esportazione, nonché quelle relative agli scambi di energia elettrica.

Art. 3

Il pagamento delle merci estere importate nel territorio della Valle d'Aosta e le riscossioni inerenti alle merci esportate all'estero si effettuano per mezzo della Banca d'Italia secondo le norme valutarie e gli accordi infrastatali.

Il Presidente della Giunta rilascia, qualora siano necessari, permessi di importazione per le merci estere necessarie al fabbisogno della popolazione e delle imprese e permessi di esportazione di prodotti originari della Valle d'Aosta o fabbricati nella stessa, nei limiti e con le modalità che saranno stabiliti con apposite norme.

Art. 4

Le merci nazionali o nazionalizzate introdotte nella Zona Franca si considerano, a tutti gli effetti, come esportate.

Tuttavia, esse possono essere rispedite in franchigia nel territorio doganale nei seguenti casi:

a) - quando siano permanentemente vigilate e custodite in magazzini a ciò espressamente destinati ed assimilati ai depositi doganali;

b) - quando ne risulti comprovata l'origine italiana o quando presentino caratteristiche proprie della produzione italiana.

Detta esenzione è accordata al proprietario delle merci in nome o per conto del quale è stata effettuata l'esportazione, a condizione che sia presentata la relativa bolletta doganale di uscita o un suo duplicato e che la reimportazione avvenga nel termine di due anni dalla data della bolletta medesima.

Nel caso di reintroduzione di merci ammesse, quando si esportano, a restituzione o abbuono di diritti, devono essere reimborsate allo Stato le somme relative alle restituzioni o agli abbuoni usufruiti.

Nel caso di reimportazione nel territorio doganale di merci che sono state esportate a scarico di importazione temporanea di materie prime per essere lavorate, devono essere corrisposti i diritti di confine relativi alle materie prime temporaneamente importate incorporate nelle merci stesse.

Detta esenzione compete alle condizioni che sia possibile accertare indubbiamente la identità in confronto delle relative bollette di riesportazione e che la reintroduzione nel territorio doganale avvenga entro due anni.

Art. 5

Alle industrie esistenti o che sorgeranno nella Zona Franca è concesso:

a) - di essere considerate in territorio doganale, a condizione che gli stabilimenti si prestino e si sottopongano alla vigilanza permanente;

b) - di corrispondere, per i prodotti fabbricati nella Zona Franca e destinati al territorio doganale, i soli diritti di confine propri delle materie prime estere incorporate;

c) - di introdurre temporaneamente nella Zona Franca materie prime nazionali o nazionalizzate per essere ivi lavorate, e ciò ai fini della reintroduzione in franchigia nel territorio doganale dei prodotti con esse ottenuti.

I relativi disciplinari saranno emanati dal Ministero per le Finanze, in accordo con la Amministrazione regionale e, nei casi di cui alle precedenti lettere b) e c), anche di concerto con il Ministero del Commercio con l'Estero.

È concesso alle industrie della Valle di Aosta, che abbiano optato per uno dei regimi di cui ai punti a), b) e c) sopracitati, di poter successivamente mutare regime, quando lo ritengano più utile allo svolgimento delle proprie attività, o di poter adottare promiscuamente i regimi stessi allo scopo di agevolare il commercio con altre Provincie della Repubblica.

Le relative concessioni saranno fatte dal Ministero delle Finanze.

Art. 6

Il Ministero per le Finanze, d'accordo con il Presidente della Giunta regionale, determinerà in quali località della Zona Franca e per quali merci estere non sono permessi depositi che eccedano i limiti di quantità da stabilire in rapporto al fabbisogno della Regione, designerà i varchi per i quali è permesso il passaggio delle merci, dalla Zona Franca al territorio doganale, e delimiterà la zona di vigilanza che, ai sensi dell'art. 92 della Legge doganale, dovrà essere istituita lungo la nuova linea.

Art. 7

I prodotti del suolo, gli animali vivi e loro prodotti in natura, lavorati o comunque confezionati, i prodotti delle cave, delle miniere, delle sorgenti, dell'artigianato e delle piccole industrie, le cui spedizioni a mezzo ferrovia o per strade ordinarie siano scortate da certificati di origine rilasciati dal Sindaco del luogo di produzione, sono considerati prodotti nazionali e, come tali, sono ammessi liberamente, senza alcuna formalità, in franchigia nel territorio doganale.

Con Decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Finanze, di concerto con i Ministri del Tesoro, del Bilancio, dell'Industria e del Commercio e del Commercio con l'Estero, saranno disciplinate, con i criteri che regolano il traffico di frontiera, le agevolazioni che si rendessero necessarie per i bisogni della pastorizia e dell'agricoltura.

Art. 8

In relazione ai precedenti articoli 4 - 5 - 6, costituiscono violazioni punibili con le stesse pene previste dalla legge doganale per il contrabbando:

a) - la immissione delle merci estere nei magazzini della Zona Franca riservati al deposito delle merci nazionali o negli stabilimenti industriali considerati in territorio doganale;

b) - il deposito di merci estere in località o in quantità non permesse.

Agli effetti del presente articolo, sono considerate come merci estere i prodotti di origine nazionale che siano soggette a diritti di confine alla introduzione in territorio doganale.

Art. 9

Per l'accertamento dei reati previsti dall'art. 8 e previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, gli agenti dell'Amministrazione finanziaria hanno facoltà di entrare negli stabilimenti e magazzini esistenti nella Zona Franca e di ispezionare i libri ed altri registri o documenti commerciali.

Le Autorità regionali e comunali debbono, all'uopo, segnalare all'Autorità doganale i depositi irregolari di merci.

Art. 10

Alle spese necessarie per la sistemazione della linea doganale e per l'impianto ed il funzionamento degli Uffici doganali e della vigilanza, sarà provveduto con appositi stanziamenti da iscriversi nello stato di previsione del Ministero delle Finanze.

Le opere a tal fine occorrenti sono dichiarate di pubblica utilità a tutti gli effetti di legge.

Le occupazioni ed espropriazioni che all'uopo si renderanno indispensabili si effettueranno a norma della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e successivo modificazioni ed aggiunte.

Art. 11

Il Ministero delle Finanze, di concerto, ove occorra, con gli altri Ministeri interessati, è autorizzato ad adottare tutti i provvedimenti occorrenti per l'attuazione della presente legge ed a consentire i temperamenti che si renderanno necessari per la sua prima applicazione e per il passaggio nel territorio costituito in Zona Franca dal vecchio al nuovo regime tributario, con speciale riguardo alle merci nazionali e nazionalizzate a cui si volesse mantenere la nazionalità per la rispedizione in franchigia nel territorio doganale.

Il Ministero per il Tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione della presente legge.

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