Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 234 del 26 novembre 2008 - Resoconto

OGGETTO N. 234/XIII - Interpellanza: "Valutazioni in ordine alle determinazioni assunte dal Consiglio di Amministrazione dell'Università della Valle d'Aosta relative alla proposta di riduzione del numero delle facoltà".

Interpellanza

Appreso che sarebbe stata assunta, in seno al Consiglio di Amministrazione dell'Università della Valle d'Aosta la determinazione di richiedere al Senato Accademico di produrre uno studio di fattibilità contenente proposte di accorpamento delle attuali 5 Facoltà in un massimo di 3 Facoltà;

i sottoscritti consiglieri regionali

Interpellano

la Giunta regionale per sapere se:

1) quali siano le valutazioni e le indicazioni espresse dal Presidente della Regione in ordine a questo sviluppo delle strutture didattiche;

2) a quale atto programmatorio o deliberativo precedentemente adottato dalla Regione facciano riferimento le posizioni del Presidente della Regione nella sua qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Università della Valle d'Aosta;

3) se sia stato preventivamente consultato il Senato Accademico in ordine alle ripercussioni della paventata soppressione di intere strutture didattiche;

4) se si considera che l'iniziativa sia stata assunta nel rispetto dell'autonomia universitaria e delle prerogative degli organi accademici dell'Università della Valle d'Aosta.

F.to: Louvin - Chatrian - Morelli Patrizia

Président - La parole au Conseiller Louvin.

Louvin (VdAV-R) - Grazie, Presidente. Vorrei che questo tema fosse discusso, come spero sarà, con estrema precisione perché intorno all'Università della Valle d'Aosta e al suo sviluppo occorre che la politica regionale, gli organi dell'amministrazione si esprimano sempre con molta precisione, non dando la sensazione di pronunciare giudizi affrettati né in senso entusiastico né in senso depressivo.

La nostra sollecitazione ad esprimere da parte del governo regionale la sua posizione in merito alla prospettata riduzione del numero di facoltà non è nata, e fatalmente per i fatti imponderabili si è invece intrecciata, con una polemica che ha preso le mosse da una dichiarazione in sede politica, dove è stato un poco improvvidamente evocata l'idea di un atteggiamento padronale della Regione rispetto all'università. Ho avuto modo di dire che non ritengo questa sia una interpretazione perfettamente ascrivibile a chi l'ha pronunciata, che è il segretario politico della Stella Alpina, il quale ha avuto occasione di esprimersi in questo senso nel suo congresso, ma mi rammarico che circoli una idea per cui la Regione abbia nei confronti di questa istituzione un atteggiamento di tipo padronale.

Sono sicuro che tutto deve essere fatto, per evitare che ci sia questo fraintendimento, ma in questo momento ci preme riportare l'attenzione sulla problematica specifica di questa interpellanza, che prende le mosse da un'indicazione che è contenuta in un documento a carattere ufficiale, con cui il consiglio di amministrazione dell'università, dopo aver fatto una complessa ricostruzione dei punti di forza e dei punti di debolezza di questa istituzione nel suo ancora giovane sviluppo, prospetta la riduzione del numero di facoltà dell'ateneo da 5 a 3. Su questo la nostra valutazione, intanto, è che si debbano discutere molto apertamente i limiti e le potenzialità. Finora c'è stata una corrente messianica dell'università: università dalle progressive e magnifiche sorti; il leitmotiv se ricordate è sempre stato "il fiore all'occhiello della Val d'Aosta" e anche i fiori più belli che portiamo all'occhiello, qualche volta possono avere dei petali che fatalmente appassiscono.

Bisogna che questa università sia osservata con attenzione. Ci sono e abbiamo rilevato anche noi dalla lettura dei documenti e da altri approfondimenti che abbiamo fatto, criticità nelle iscrizioni, negli abbandoni che si rilevano durante lo sviluppo di determinati corsi universitari: abbiamo riscontrato che in alcuni di essi la soglia di abbandono sale anche oltre il 50%. Sono dati su cui sicuramente interrogarsi. Abbiamo purtroppo assistito, anche se in occasione delle celebrazioni annuali dell'anno accademico l'argomento non veniva mai evocato, all'accantonamento progressivo di master universitari, di anno in anno attivati e poi non coltivati o coltivabili per difetto di iscrizione. Di qua la nostra preoccupazione che a sorpresa ha incontrato, invece di una apertura di approfondimento sulle vie migliori, per quella che dovrebbe essere una razionalizzazione dei corsi di studio, un'indicazione prospettica che va nella direzione di una riduzione delle strutture didattiche, cioè delle facoltà.

Quando si è presentato in quest'aula i primi di luglio il Presidente Rollandin con un suo discorso di carattere programmatico, era stato quanto mai sintetico e preciso nell'indicare in meno di tre righe (forse due scarse...) le intenzioni della maggioranza e sue personali rispetto all'università: "per quanto riguarda l'università riteniamo di dover rivedere l'impostazione dei corsi e dei diplomi (su questo non potremmo che convenire) che devono essere di respiro europeo, di alta qualità, selettivi". Fine della trasmissione, questa era stata la sua dichiarazione, Presidente, in quest'aula. Non vedevamo rientrare in questo orizzonte, e siamo sorpresi di aver visto rientrare oggi, una problematica diversa che attiene l'organizzazione delle strutture didattiche. Crediamo che i segnali che vengono dalla Regione, in particolar modo in questo momento dagli organi direttori della università, debbano essere dei segnali coerenti sulla fiducia che abbiamo e che essa ha in se stessa, quindi riteniamo che sia pericoloso qualora non ce ne siano ancora, o non ce ne siano per niente delle necessità, prospettare situazioni soppressive o comunque di accorpamento. Diremo dopo, se verrà confermato questo orientamento, le ragioni per le quali dissentiamo, ma siamo comunque sorpresi - lo dico nel porre questa questione che abbiamo specificato in diversi punti - che si sia tracciato così netto un segno nella direzione di un accorpamento di facoltà, cosa che a noi pare essere semmai un "a posteriori" rispetto a un processo di perfezionamento, di razionalizzazione e anche di sfoltimento, se necessario, della offerta didattica in questo momento, data dall'università.

Le chiediamo conto, Presidente, della posizione che lei ha tenuto all'interno degli organi universitari. Crediamo che sia compito dell'assemblea ascoltare quali siano le sue valutazioni come espressione di questa Amministrazione regionale (ma la cosa può coinvolgere anche l'Assessore alla cultura, se si sia pronunciato all'interno di questo organismo), se questo tragga fondamento da un orientamento che ha avuto modo di maturare all'interno della Regione, come sollecitazione di obiettivo di soppressione di strutture, e se questo sia nato nel quadro di quella che riteniamo debba essere una normale logica di confronto preventivo con il senato accademico, con gli organi espressione della autonomia didattica dell'università. Queste sono le finalità con le quali abbiamo presentato l'interpellanza di cui auspichiamo poter sentire una risposta esaustiva.

Président - La parole au Président de la Région, Rollandin.

Rollandin (UV) - Grazie, Presidente. Credo che le competenze del collega Louvin nell'ambito universitario mi esimano dal fare una serie di considerazioni sul tema dell'università e su quelle che sono le valutazioni nell'ambito della vita dell'ateneo valdostano, tenendo conto che lo conosce fin dall'inizio. Nel contempo vorrei sottolineare come da parte di questa maggioranza, ma credo da parte di tutto il Consiglio, ci sia la dovuta attenzione all'ateneo, non solo, ma ritengo che abbia fatto già oggetto di intervento l'esigenza di intervenire per non perdere l'occasione storica di avere la disponibilità di un campus universitario ad Aosta, con l'accordo fatto con il Ministero per quanto riguarda la Testafochi, su cui ci siamo impegnati. I fondi messi a disposizione attraverso i FAS avevano come oggetto prioritario l'intervento nell'ambito della sede universitaria, perché oggi affrontiamo uno dei problemi, sicuramente importanti, ma nell'ambito della collocazione della università e della sua possibilità di avere un assetto definitivo, anche la parte strutturale ha un suo significato importante. In questi anni si è molto discusso, anche cambiando idea, su quella che poteva essere la sede universitaria: le sedi provvisorie hanno impegnato non poco l'Amministrazione regionale. E questo denota l'attenzione nei confronti di una presenza importante.

Nel contempo noi, quando abbiamo presentato queste poche note sintetiche nell'ambito del programma per quanto riguarda l'università, non volevamo sottovalutare il tema che l'ateneo stesso comporta o che racchiude, ma volevamo esprimere - dando per acquisita la sua presenza e la sua valenza - alcuni degli aspetti che ci sembravano importanti da sottolineare, tenendo conto che parallelamente al programma di governo c'era stato un programma di maggioranza, che sull'ateneo la diceva lunga sugli interventi che si volevano fare.

Per quanto riguarda queste tre sottolineature, in merito al respiro europeo siamo già andati molto lontano, facendo sì che ci fosse il riconoscimento della sede valdostana come Chair Senghor: credo che sotto questo profilo sia una delle poche università che avrà questo riconoscimento con Lione, quindi in collegamento con le università che oggi rappresentano nell'ambito universitario un punto di eccellenza. Al contempo abbiamo cercato di tenere nella massima considerazione gli sviluppi del progetto, tenendo conto degli indirizzi nell'ambito della francofonia, molto spesso sottovalutati nell'ambito dei programmi universitari. Abbiamo cercato di approfondire, sul tema della selezione, la possibilità di frequentare corsi e di come si può tenere conto del numero chiuso, della selezione che può essere oggetto di riflessione anche ad Aosta come in altre realtà.

Venendo adesso allo specifico, il tema dell'università ha fatto oggetto di una di queste sedute ordinarie. Au conseil d'administration de l'Université de la Vallée d'Aoste du 31 octobre 2008, portant sur la programmation triennale de l'université et sur le programme annuel des activités, approuvés par le sénat académique lors de la réunion du 24 septembre, j'ai présenté un document relatif au plan de développement triennal 2009/2011 et au programme annuel des activités 2009 là où est mentionnée pour mémoire la disponibilité du DM n° 362, en particulier la partie concernant les mesures de rationalisation, étant donné que ce thème est à la une au niveau général, donc il fallait le prendre en charge.

Ce document, qui met en évidence la nécessité d'harmoniser les procédures de programmation de l'université avec celles du Ministère, et qui n'a pas encore été fait, propose une synthèse de l'offre formative, de l'évolution des demandes d'admission et des inscriptions à l'Université de la Vallée d'Aoste. Ces données montrent une diminution préoccupante des inscriptions effectives à certains cours, dont le nombre est parfois bien au-dessus des chiffres minimum fixés par le ministère et qui ont déjà été signalées plusieurs fois par la cellule d'évaluation de l'université. Donc il y a un aspect technique qui doit être pris en charge, étant donné que le Ministère a compétence et certaines évaluations doivent être prises en compte.

En se basant sur ce constat, le conseil a considéré opportun de demander au sénat académique de livrer, avant le 31 janvier 2009, une étude de faisabilité quant à la rationalisation des structures et des parcours didactiques, en particulier pour ce qui est de l'offre formative du 1er niveau. Cette rationalisation pourrait éventuellement passer par une réduction du nombre de cours, par la création de parcours de 2e niveau ou encore par une meilleure gestion du personnel enseignant. Toutes ces mesures iraient dans le sens de la réforme universitaire prévue par le décret ministériel n° 270/2004 et par celui du 16 mars 2007 qui devrait entrer en vigueur prochainement.

Je crois donc d'avoir marqué le fait qu'à présent il n'y a pas d'imposition ou d'assomption de responsabilité par rapport à la réduction prévue des cours. On a pris acte d'un facteur que même le collègue Louvin allait dire qu'il y a parfois de déceptions, un manque d'inscriptions par rapport à certains cours. Evidemment sur la base des données techniques on a pris acte et on chargé le sénat académique de faire une analyse, afin de comprendre si c'est plus correct de prévoir aujourd'hui de réduire ou bien de trouver d'autres instruments pour aller dans une direction plus convenable. Au moment où on aura ces résultats on sera à même de prendre des décisions.

Pour ce qui est du 2e point de cette interpellation, durant cette phase, ce ne sont pas des délibérations, ni d'éventuels documents de programmation adoptés précédemment par la Région qui font office de référence. En tant que Président de la Région, comme en tant que Président du conseil de l'université, j'ai des responsabilités bien précises, parmi lesquelles figure certainement la meilleure utilisation des fonds publics octroyés à l'université. Le pourcentage de participation de l'Administration régionale est 80% par rapport aux fonds affectés à l'université: sur 7 milliards c'est 1 milliard de la part de l'Etat, le reste revient à l'Administration régionale. A ce propos, la demande de rationalisation me semble non seulement légitime, mais aussi opportune, car il est certain que les ressources supplémentaires dont aura besoin l'université pour se développer ne lui viendront pas de l'Etat, mais bien de la Région. Par ailleurs, je tiens à signaler que la Région est bien représentée au sein du conseil d'université, où siègent son Président, son Assesseur à l'éducation et à la culture et trois représentants nommés par le gouvernement régional de la Vallée d'Aoste et choisis parmi des personnes très cultivées, possédant des compétences gestionnaires et administratives reconnues, dont une au moins appartient à l'aire francophone. Du fait de sa composition, le conseil d'université est le lieu où peuvent être évaluées les exigences de tous les autres organes de l'université, ainsi que celles des principales institutions, dont la Région.

J'ajouterai encore que, dans le document approuvé par ledit conseil, il est clairement écrit que les nouveaux objectifs stratégiques de développement pour le triennat 2010/2012 seront approuvés en 2009. Cela relève de la compétence exclusive du conseil d'université - comme je l'expliquerai mieux d'ici peu - mais, en vue de cette approbation, différents avis seront requis par la cellule d'évaluation et sera elle aussi entendue.

En ce qui concerne le 3e point, le 24 septembre dernier, le sénat académique a approuvé, pour ce qui relève de sa compétence, les plans triennaux de développement des différentes facultés, ainsi que le plan annuel des activités, et les a transmis au conseil. S'il n'a pas été consulté préalablement au sujet des répercussions de la suppression de structures didactiques, c'est parce que personne n'a supprimé quoi que ce soit. Il lui a toutefois été demandé de produire, en toute indépendance, une étude de faisabilité sur ce qu'avait décidé le conseil. Il est donc probable que le sénat exprimera un avis sur les possibles répercussions de l'éventuelle rationalisation des structures didactiques et des cours de 1er niveau.

Enfin, pour ce qui est du respect de l'autonomie universitaire et des prérogatives des organes académiques, aux termes du statut de l'Université de la Vallée d'Aoste (1er alinéa de l'article 12), le conseil d'université fixe les lignes générales de développement de l'université et se charge de la gestion administrative, financière, économique et patrimoniale de celle-ci. Conformément à la lettre a) du 2e alinéa de l'article 12, il détermine, en accord avec les lignes générales de développement de l'université et en fonction des objectifs institutionnels, les objectifs stratégiques de développement de chaque triennat. Aux termes de la lettre b) du 2e alinéa de l'article susmentionné, il approuve, une fois évaluée sa cohérence avec les objectifs stratégiques de développement, le plan triennal de développement de l'université, auquel il destine les ressources financières disponibles. Enfin, aux termes de la lettre c) du 2e alinéa de l'article 12, il entérine, avant le début de chaque année universitaire et sur la base du plan triennal de développement, le programme annuel des activités pour ce qui est de l'acquisition des ressources et de la meilleure utilisation des structures. Etant donné que toutes les initiatives ont été prises et seront prises au sein des organes institutionnels de l'université, l'autonomie universitaire et les prérogatives des organes académiques de l'université ne sont lésées en aucune façon.

Président - La parole au Conseiller Louvin.

Louvin (VdAV-R) - Sarei curioso di sapere quanti colleghi hanno chiaro cosa sta succedendo, perché la questione già complessa di per sé è stata accompagnata da una presentazione che ne ha ulteriormente - me lo permetta, Presidente - confuso le idee in ordine a determinati problemi: o parliamo di riduzione di corsi e di offerta formativa, o parliamo di riduzione di numero di strutture didattiche (leggi: di facoltà). Della seconda mi sono permesso, assieme ai colleghi del gruppo, di porle la questione perché il documento di cui ci ha parlato dice puntualmente: "Il consiglio ritiene indispensabile intervenire fin d'ora, razionalizzando le attuali strutture didattiche" e per chi frequenta l'università o lavora in quell'ambito, struttura didattica significa sempre facoltà, "e richiedendo a tale fine al senato accademico di produrre un apposito studio di fattibilità che contenga possibili proposte di accorpamento delle attuali 5 facoltà in un massimo di 3 facoltà a regime".

Non è di questo che ho sentito parlare, Presidente, nella sua risposta e me ne rammarico, perché quando si dà una indicazione precisa, quando la "voce del padrone" (per riprendere l'espressione infelice del segretario della Stella Alpina, Rudi Marguerettaz) chiede e fa rilevare au passage che è detentore (stockholder, come si dice) di una quota rilevante del finanziamento - ne siamo consapevoli, è una scelta che abbiamo fatto - ma chiede di scendere da 5 a 3, non lo chiede in modo casuale, lo chiede avendo già identificato un obiettivo. Su questo non abbiamo capito perché ci sia stato, in questi giorni, un palleggiamento di responsabilità; lei qualche giorno fa ha dichiarato sui giornali che questo avveniva su precisa sollecitazione... "la razionalizzazione è necessaria su indicazione tecnica cioè del senato accademico"; non so, ho qualche dubbio in proposito che gli accademici siano contenti, dopo che abbiamo costruito insieme a loro nel corso di 8 anni di vita di una università, progressivamente, una dopo l'altra aprendo a ventaglio 5 facoltà, che siano contenti di vederle ridurre a 3.

Possiamo discutere tranquillamente qui e fuori di qui sulla opportunità di averne una, due, tre, cinque o cinquanta di facoltà, ma riteniamo che a fronte di facoltà neonate - perché quando si parla di facoltà sorte 2 o 4 anni fa, non c'è stato ancora un percorso tale da consentire di mettere alla prova se queste strutture didattiche hanno un futuro oppure no - indicare la prospettiva di una contrazione, di una riduzione così secca e brutale, sia sul piano promozionale dell'università un controsenso. Ed è un controsenso, a nostro modo di vedere, per quelle stesse ragioni che il Presidente della Regione mette a fondamento di un impegno collettivo, che dovrebbe esserci a sostegno di questo ateneo.

Lei ci ha ricordato i fondi FAS: ne abbiamo varato le disposizioni finanziarie in quest'aula così poco tempo fa da poterci ricordare benissimo che abbiamo indicato la cifra di 24 milioni di euro per i centri di eccellenza, tutti destinati a un campus universitario. Ora, credo che in altra sede si andrà a disquisire su quanto possa convenire o meno l'accorpamento di due o tre facoltà, che a nostro modo di vedere non è un risparmio significativo a fronte di un messaggio depressivo che con questa iniziativa si sta dando rispetto all'università.

Sono state ricordate iniziative di ampliamento, di internazionalizzazione, di allargamento all'ambito della francofonia: chi le porta avanti sul piano concreto? Chi è l'interlocutore di questi accordi, se non le facoltà dell'università? La scelta che si prospetta, perché non mi pare che si parli di soppressione di facoltà ma di accorpamenti, è di avere delle facoltà ibride con l'idea che in questo modo non si scontenta nessuno; rimangono tutti lì i professori, si continua a vivere insieme: giuristi, linguisti, economisti, psicologi, eccetera. Sul piano scientifico, ma soprattutto sul piano didattico, la cosa non è così automatica.

Siamo dell'avviso che sarebbe stato molto meglio tenere un serio dibattito prima sulle conseguenze di immagine, di prospettiva, di sostanza e anche di tipo economico in una sede precedente, prima di far sentire una voce dell'organo consiglio di amministrazione che dice: signori, è ora di stringere un po' i bulloni. Perché la mia sensazione - ne parleremo di più la settimana prossima quando affronteremo il tema del bilancio in quest'aula - è che i bulloni non li stiamo ancora stringendo. I bulloni - o le viti se preferisci, Lattanzi - in questo momento non li stiamo ancora stringendo ed è curioso che il primo punto da cui si parte per razionalizzare la spesa pubblica in questa regione, sia l'insegnamento universitario. Questa è una cosa che non riusciamo a capire, non la capiamo logicamente, non la capiamo come necessità di percorso. Mentre siamo favorevolissimi ad affrontare il discorso della razionalizzazione della spesa pubblica, non capiamo perché si debba essere molto attenti a salvare fino all'ultima scuola di montagna, ma se si tratta di dare giù di cesoia sulle facoltà universitarie, questo possa avvenire senza che ci sia nemmeno un sussulto da parte di chi si occupa dell'educazione e dell'istruzione in questa regione. Sembra quasi che l'università sia un mondo a sé stante, regolato da logiche diverse e nelle quali la voce della Regione risuona in un modo particolare.

Secondo noi non era sano che ci fosse l'eccessivo entusiasmo, la costante esaltazione delle virtù taumaturgiche della nostra università. Non è sano, in questo momento che si dica: signori, è ora di cominciare a stringere ed è bene che le facoltà siano messe insieme. Non sono delle realtà omologhe, non sono sempre delle realtà che possono convivere, è un modello, quello delle facoltà ibride, conosciuto in qualche ateneo, ma che è sinonimo spesso di debolezza della proposta formativa.

In un momento in cui chiamiamo da fuori gli studenti, abbiamo sentito e sentiamo di voler avere una università aperta, che fa venire dalla Spagna, dalla francofonia, eccetera. Se li accogliamo in strutture che non hanno un forte richiamo, qualificato, che abbiano una precisa connotazione e che si sappia cosa si viene a studiare in questa valle, questo è un messaggio contraddittorio che porta alla depressione della proposta formativa. Qui faccio appello a coloro che sanno di più di marketing; dovremmo rivolgerci all'Assessore al turismo: credo che si chiami demarketing, invece di offrire positivamente il prodotto qui lo si deprime. Questo è il nodo della questione, Presidente.

Siamo perché ci sia una indicazione politica diversa, fortemente razionalizzatrice della proposta, che non abbia paura di mettere mano là dove i numeri non giustificano il sostegno e il mantenimento ai corsi - non alle facoltà, ma ai corsi - e che ci sia un rapporto molto rispettoso dell'autonomia universitaria. Quell'autonomia che non ci pare in questa circostanza, malgrado le sue affermazioni, essere stata così tanto rispettata.