Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 953 del 17 novembre 2004 - Resoconto

OGGETTO N. 953/XII - Ricorso a strutture private per l'effettuazione di prestazioni sanitarie. (Interpellanza)

Interpellanza

Preso atto che, come risulta dall'esperienza di molti cittadini e cittadine, permangono tempi lunghi di attesa per esami e prestazioni sanitarie;

Verificato che per gli stessi esami e/o prestazioni tali tempi si abbattono drasticamente se l'utente accetta di ricorrere al servizio privato o ancora alle prestazioni fornite in regime di libera professione;

Ritenuto che tale prassi mal si concilia con lo sforzo notevole, anche in termini di risorse finanziarie, che la Regione sostiene per garantire a tutti i cittadini uguali opportunità di cure e di servizi;

Ricordato che, secondo la riforma Bindi, la libera professione intramurale dovrebbe essere consentita solo se le liste d'attesa sono nei limiti prescritti;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

l'Assessore competente per sapere:

1) se ha avuto modo di prendere conoscenza di casi di ricorso al privato e alle prestazioni in regime di libera professione e cosa pensa al riguardo;

2) se è stato quantificato tale fenomeno;

3) se si intravedono delle possibili azioni per rimediare a tali inconvenienti;

4) se intende affrontare tale problema con i vertici dell'USL, in quale modo e con quali proposte.

F.to: Squarzino Secondina - Riccarand

Presidente - La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Credo che il testo dell'interpellanza, pur nella sua brevità, sia abbastanza chiaro, nel senso che si ricorda come sia esperienza personale, oltre che esperienza che molti cittadini raccontano sui mezzi di informazione, che esiste uno strano rapporto, incomprensibile, fra tempi lunghi, quindi lunghe liste di attesa per esami o per prestazioni sanitarie se uno accede al servizio pubblico, all'attività istituzionale, è chiaro che non parliamo di interventi chirurgici ad alto livello... mentre per tutta una serie di esami e di prestazioni sanitarie anche più circoscritte, se ci si rivolge al servizio privato, non solo quello convenzionato con l'USL, ma anche alla prestazione fornita in regime di libera professione da parte degli stessi specialisti che non possono visitare o rispondere alla domanda dell'utente nell'istituzione... non si capisce bene come questo avvenga. Il problema esiste, sappiamo che la Valle d'Aosta spende moltissimo per la sanità, è la Regione che spende di più in termini percentuali per ogni abitante, sappiamo che essa fa uno sforzo affinché la qualità della sanità sia elevata, però credo che questo sia un problema reale a cui forse bisogna cercare di dare una risposta. Ci interessava conoscere se si ha il "senso" della quantificazione del fenomeno, se sono state intraviste delle azioni e quale efficacia abbiano avuto finora quelle intraprese, se vi è l'intenzione politica di porre nei rapporti con i vertici dell'USL questo tema sull'agenda dei lavori.

Presidente - La parola all'Assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Fosson.

Fosson (UV) - La sua interpellanza è chiara, ma la risposta non è semplice. Il problema delle liste di attesa è un problema facile da porre da parte di chi fa l'interrogazione; per chi risponde invece non è così facile anzi è odioso, in quanto prevedere delle liste di attesa vuol dire comunque prevedere dei tempi di attesa per chi ha bisogno di salute. Questo è comunque odioso, anche se è chiaro che in tutto il mondo vi sono liste d'attesa che vanno regolamentate; le sta parlando uno che è stato ampiamente sgridato dalla Direzione amministrativa perché vedeva a tutte le ore le persone che si presentavano in reparto, senza impegnativa relativa al ticket presente. Esistono obblighi amministrativi a cui attenersi e la tecnologia è tale per cui le liste di attesa sono quasi obbligatorie. È più interessante porre il problema delle liste di attesa in relazione con l'attività privata, che in Valle è un fenomeno molto meno presente che in altre realtà d'Italia; questo lo abbiamo visto in tale stagione dei concorsi penalizza un pochino le professionalità valdostane: non essendoci la possibilità di aderire a strutture private o fare grosse attività private, non è un grande richiamo.

Mi permetto di fare comunque due presupposti a questo problema: il primo, ci è ben chiaro che, se il pubblico non funziona o non funziona bene, si favorisce il privato, compito nostro è far funzionare meglio il pubblico; dall'altra parte bisogna dire che è un diritto dell'utente scegliere un medico, l'idea del paziente di farsi curare dall'Ospedale o dalla struttura non è un'idea che è in nessun paziente: l'idea è sempre quella di un rapporto di fiducia fra il paziente e un tipo di medico. Le assicuro che in questa attività pluriventennale ne ho viste di "tutti i colori", cioè tanti e tanti utenti e malati di qualsiasi estrazione sociale e colore politico... quelli che dicevano che bisognava diminuire il potere del primario e poi, quando avevano una questione personale, anche per patologia che non richiedeva necessariamente l'intervento del primario, si rivolgevano all'apicale; quindi direi che è un diritto del malato scegliere e aderire a questo tipo di rapporto di fiducia. È anche un diritto del medico, come in tutte le altre professionalità: un operatore che ha svolto il suo servizio istituzionale in modo corretto, invece di andare a giocare a golf, può svolgere un'attività privata; è chiaro che la prima attività non deve condizionare la seconda, ma deve essere indipendente dalla seconda.

Vengo adesso a parlare delle liste di attesa del pubblico, perché nella prima "sottolineatura" lei ha detto che tali liste sono a volte abbastanza lunghe, e questo può anche essere vero... comunque è un fenomeno esistente che giudichiamo odioso e su cui stiamo lavorando. La Regione ha delle regole sugli accessi ai servizi ambulatoriali che definiscono le prestazioni esterne in prestazioni urgenti, in prestazioni non differibili e in prestazioni differibili. Le prestazioni urgenti sono quelle che devono essere svolte nelle 24 ore, indipendentemente dal servizio di emergenza e pronto soccorso; la seconda indicazione, che poi "ricalca" anche un colore particolare, prevede le prestazioni non differibili, eseguibili nei 7-15 giorni; la terza regola prevede prestazioni differibili in 30 giorni per la prima visita e in 60 giorni per un'attività strumentale.

Chi è che definisce se le prestazioni sono urgenti, non differibili o differibili? È il medico curante che, se valuta che una prestazione è importante per la salute del malato, ha solo da applicare, non ha un numero di prestazioni a cui lui può scrivere "urgente", ma lui scrive "urgente" e vengono effettuate nelle 24 ore. Quella che chiediamo quindi è una grande responsabilizzazione ed è importante in tutto questo percorso la responsabilizzazione del medico di famiglia, che vede il malato e indica se è una prestazione urgente differibile o indifferibile. Da anni vi è con l'USL un rapporto epistolare, una norma per cui l'azienda comunica ogni 3 mesi quali e quante prestazioni "escono" da queste regole, affinché si possa dare degli orientamenti; per fare chiarezza, l'ultimo di questi rapporti è datato 10 ottobre 2004, in cui l'azienda comunica all'Assessorato quali delle visite esterne "escono" da tali regole. Noi in questo ultimo rapporto abbiamo nell'attività operatoria, ad esempio, l'attività di ernie inguinali... che prevede 75 giorni invece di 60, Chirurgia vascolare che "esce" per alcuni interventi dai 60 giorni e va ai 90 giorni, le devo dire che la Chirurgia vascolare - la quale ha subito notevoli cambiamenti - al 30 ottobre di quest'anno ha effettuato gli stessi interventi di chirurgia vascolare che erano stati effettuati in tutto il 2003. Questo fa vedere che vi è un'attività chirurgica in aumento, le sedute operatorie concesse sono aumentate del 20%, come dicevo in commissione, si sono iniziati a fare i turni, ad utilizzare le sale operatorie anche il pomeriggio, si pensa di trasferire qualche attività chirurgica al Beauregard, dove vi sono 2 sale operatorie non utilizzate ancora al 100%; è chiaro che questi tempi derivano anche dal fatto che la struttura non prevede ancora un numero di sale operatorie sufficiente per svolgere un'attività che si sta potenziando di mese in mese. Qui è chiaro che sia una preoccupazione e una responsabilità per tutti prevedere di avere al più presto nuove strutture per poter operare di più.

Per quanto riguarda le visite, siamo fuori dai tempi delle visite differibili, per esempio, per la Gastroenterologia 33 giorni, però è aumentata l'attività endoscopica, vi è una carenza nella Medicina generale perché uno specialista è stato malato e l'Oculistica che, invece dei 30 giorni previsti dalle regole, ha dei tempi di 38 giorni; per il resto posso dire che le regole previste non sono superate di molto. Bisogna dire che vi è un grande aumento delle visite ambulatoriali effettuate nei distretti, un aumento quasi del 23% nei Poliambulatori nei distretti di Donnas e di Morgex soprattutto; questo dimostra tutta la nostra attenzione e la spinta a potenziare sempre più le attività ambulatoriali sul territorio per rendere più accessibile il servizio.

Come diminuiscono le liste di attesa? La prima parola che tutti dobbiamo comprendere è che le liste di attesa diminuiscono con un'"appropriatezza" maggiore, cioè alcune prestazioni non sono corrette, in un articolo di ieri de "Il Sole 24Ore" si dice che è inutile una radiografia su 4, cioè il 25% dell'attività radiologica è inutile, e io aggiungerei dannosa per il paziente. Questo l'esperienza della Lombardia lo indica in modo chiaro, cioè non è dilatando l'offerta che si risolve il problema dell'attesa, ma bisogna rendere la domanda sempre più "appropriata"... un altro esempio su cui stiamo lavorando... oggi dovevo andare a presentare una nuova linea guida sull'ipertensione. L'ipertensione, che è uno dei sintomi più diffusi, era diventata una patologia che prevedeva una visita specialistica ambulatoriale, non è così... la nuova Direzione sanitaria ha lavorato con noi in questo senso e proprio oggi doveva essere presentata questa linea guida nuova, che prevede il primo accesso a un malato iperteso presso il suo medico di famiglia - il quale ha una linea guida chiara - che inizierà a trattare l'ipertensione come sa, come deve sapere e come è importante che lui faccia per rimanere in sintonia con il territorio. Se questa ipertensione sarà "non controllata"... se avrà dei problemi, vi sarà lo specialista, ma riservare allo specialista la prima visita ad un malato di ipertensione non trattato è scorretto, non è appropriato, toglie al medico di base una competenza che deve avere. Così abbiamo deliberato delle linee guida sulle prestazioni radiologiche, è comune sentir dire: "non mi faccio neanche la radiografia, vado subito a fare una risonanza magnetica"; questo non è corretto, si accede alla TAC e alla risonanza magnetica in seguito ad un percorso che deve essere fatto, che è stato scritto e messo nelle linee guida e che sarà compito dell'azienda far rispettare. Questo non solo per diminuire le liste di attesa, ma anche per una maggiore salute dell'utente, non è sempre detto che più prestazioni faccia più utilità ne abbia.

Come si diminuiscono le liste di attesa nel pubblico quindi? Sicuramente con una maggiore "appropriatezza" e qualità. Dicevo, come esempio, in che modo sono stati potenziati i distretti, quanto stiamo spendendo e il 23% delle visite ambulatoriali effettuate in tale periodo ci fanno ben sperare che questo dovrebbe essere ancora più contenuto. Secondo i dati, che sono del 2003, sono state effettuate 150.000 visite specialistiche, 408.000 prestazioni ad esterni. Le proiezioni sono del 2004 e sono di 466.000 prestazioni ad esterni, cioè circa 66.000 prestazioni e visite in più effettuate rispetto al 2003.

Il privato: qui possiamo avere un'analisi dei dati sul privato che controlliamo, cioè sulla libera professione intramuraria, perché praticamente tutto il privato in Valle d'Aosta accede a questa via, sono pochi gli studi privati esistenti al di fuori dell'Ospedale e delle strutture convenzionate. Questo privato nel 2003 ha effettuato 15.000 visite, rispetto alle 150.000 visite effettuate nel pubblico è il 10%, quindi un fenomeno molto contenuto. Sempre rispetto al privato, mi permetto di dire che abbiamo - non dico contrastato perché il privato deve avere il suo spazio - fatto molte battaglie per favorire il pubblico o comunque perché il pubblico avesse una qualità maggiore; l'esempio della Chirurgia vascolare che le ho detto lo scorso anno mi sembra significativo.

Quanto siano state potenziate le strutture pubbliche... è sufficiente andare a vedere il Poliambulatorio di Morgex o di Donnas adesso: specialisti, che non avevano mai effettuato una visita in quella sede, da alcuni mesi vi operano in modo continuativo. Inoltre, poiché sulla libera professione intramuraria non esisteva una regola, abbiamo deliberato, in data 2 agosto 2004, una norma avente per titolo: "Approvazione di direttive all'azienda per la disciplina dell'attività libero professionale intramuraria da parte del personale...". Sono le prime norme che prevedono una delimitazione della libera professione in Valle, la deliberazione riprende la "legge Bindi" del 1999 e dice che in particolare l'attività libero professionale non può comportare per ciascun dipendente, sia medico che non medico, un volume di prestazioni o un volume orario superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali e prevede - come prevedeva la "legge Bindi" - l'istituzione di un organismo di promozione e di verifica. Fra l'altro, questa deliberazione è stata attualizzata pochi giorni fa proprio con un atto aziendale che le parti hanno condiviso, per cui l'attività libero professionale nel nostro Ospedale è regolamentata da quando esistono queste norme.

Gli indirizzi sono questi, comunque, come dicevo, è un diritto del medico e dell'utente di rivolgersi ad altre strutture, su questo vigiliamo. Con il collega Curtaz si è parlato a lungo, per esempio, in un convegno sulla bioetica, dell'importanza dell'Ordine dei medici, che ha sempre più una funzione riconosciuta di controllo di queste attività (se l'attività privata è svolta in modo corretto e se attraverso il pubblico vi possono essere delle forme di favoreggiamento o comunque di indirizzo verso il privato). Noi su questo vigiliamo attentamente, abbiamo previsto queste norme che ricalcano la "legge Bindi" del 1999, che però non prevedeva - mi permetto di correggere le premesse della sua interpellanza - una libera professione in relazione alle liste di attesa, ma stabiliva che "l'attività libero professionale non può comportare per ciascun dipendente un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali", cioè è pari pari quanto abbiamo ripreso nella nostra deliberazione di indirizzo. Per concludere, è nostra intenzione potenziare sempre più il servizio pubblico, per fornire maggiore qualità, delimitare e regolarizzare il rapporto fra privato e pubblico, in modo che il rapporto pubblico-privato diventi chiaro.

Presidente - La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Ringrazio l'Assessore per la serie di elementi che ha fornito alla riflessione. Solo due osservazioni. Non è nostro obiettivo limitare la libertà del paziente di scegliersi il medico di fiducia, credo che uno abbia diritto di scegliersi il medico che vuole, se possibile all'interno della struttura pubblica, oppure all'esterno, ma questo è garantito per il fatto che l'utente va dove vuole; fa parte della possibilità riconosciuta, giustamente, di questo rapporto fiduciario che è alla base del rapporto fra medico e paziente. Quello che volevamo sottolineare era che questo non fosse un diritto indotto dalla necessità di accorciare i tempi. Capisco che a volte il paziente ha questa ansia di conoscere, tutti quelli che sono passati o stanno passando situazioni di sofferenza conoscono l'ansia di sapere, come se il medico potesse risolvere il problema... questo lo capiamo. Il pubblico non deve neanche sentirsi l'onnipotente che risponde a tutte le ansie dei cittadini, questo è vero; però è anche vero che, fosse anche solo per pochi casi, credo valga la pena di vigilare, perché tutti conosciamo, o per esperienza personale, o per esperienza di altre persone, di semplici cittadini che vogliono manifestare il proprio disagio attraverso i mezzi di informazione pubblica, che esiste questo problema.

È un problema su cui, fra l'altro, forse varrebbe la pena di accendere i "riflettori"; per esempio, quando si fa il questionario di soddisfazione degli utenti, si riesce a cogliere in qualche modo le motivazioni per cui l'utente va presso il privato? Sarebbe interessante cogliere l'opinione della fascia di utenti che sceglie il privato al posto del pubblico. A volte non è solo completa insoddisfazione, forse vi sono delle motivazioni che andrebbero magari raccolte - e questo vale sia per chi va nel privato, sia per chi va fuori Valle -, forse un'indagine conoscitiva aiuterebbe di più a "tarare" alcuni strumenti; dico "forse", credo che i tecnici siano più capaci di noi politici di individuare gli strumenti, però credo che questo dato di conoscenza non esiste, per cui varrebbe la pena ercarlo.

Un altro elemento su cui andrebbe messa attenzione è il rapporto esistente fra il ricorso alle prestazioni di libera professione intramuraria e l'abbattimento delle liste di attesa. Lei parlava di queste 15.000 prestazioni, il 10%, ma sono relative alle liste di attesa lunghe o ad altre motivazioni? Forse occorre fare una verifica per cui si possa circoscrivere anche a livello di dati l'assunto, che molte volte da questi banchi facciamo, cioè il ricorso al privato è dovuto alla lunghezza delle liste di attesa. Forse non è così, ma con i dati alla mano possiamo verificarlo; se non li abbiamo, è chiaro che uno, sulla base di esperienza personale o di cittadini, fa questa relazione. Per esempio, sarebbe bene capire meglio una serie di dati, l'analisi costi-benefici tra l'attività in libera professione e il tempo dedicato alle visite, quindi anche questo rapporto costi-benefici delle due tipologie di attività.

Ritengo che tale problema rimarrà sempre e torneremo ancora sicuramente a trattarlo, perché non si risolve né con l'interpellanza, né con la risposta dell'Assessore e neanche con "aggiustamenti vari". È un problema complesso e, come diceva l'Assessore, sono molti i piani su cui lavorare, il piano della prevenzione, ad esempio, è un piano importantissimo. Giustamente tutti devono fare la loro parte, però credo che la presenza di alcuni dati più significativi potrebbe aiutare tutti a ripensare alle proprie valutazioni su questo fenomeno.