Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 391 del 11 febbraio 2004 - Resoconto

OGGETTO N. 391/XII - Stato di applicazione della normativa sul minimo deflusso vitale al fine di salvaguardare la naturalità dei corsi d'acqua. (Interrogazione)

Interrogazione

Ricordato che, al fine di salvaguardare la naturalità dei corsi d'acqua, è stato previsto un deflusso minimo vitale che deve essere rilasciato dagli impianti idroelettrici;

Al fine di avere informazioni aggiornate sull'applicazione della normativa relativa al deflusso minimo vitale;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interrogano

la Giunta regionale e l'Assessore competente per sapere:

1. quale è lo stato di applicazione sui corsi d'acqua valdostani della normativa sul minimo deflusso vitale ed il giudizio complessivo della Giunta sulla applicazione;

2. quali problemi ci sono per un'applicazione puntuale di tale normativa;

3. come è organizzata la vigilanza per il rispetto del deflusso minimo vitale; se sono state rilevate infrazioni; se sono state comminate sanzioni.

F.to: Riccarand - Squarzino Secondina

Presidente - La parola all'Assessore al territorio, ambiente e opere pubbliche, Cerise.

Cerise (UV) - L'interrogazione richiama l'attenzione sull'applicazione della normativa in materia di portate di minimo deflusso vitale. Il punto di partenza per una risposta corretta non può che essere quello di fare chiarezza su cosa prevede espressamente la normativa. Il deflusso minimo vitale è il deflusso che in un corso d'acqua deve essere presente a valle delle captazioni idriche, al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati (già questo concetto si è notevolmente evoluto, ricomprendendo genericamente il concetto di qualità degli ecosistemi). È possibile, quindi, indicare due diversi aspetti: il primo è connesso all'esigenza di individuare la portata da lasciar defluire a valle delle derivazioni esistenti affinché siano ripristinate condizioni minime di naturalità, che potrebbero anche non coincidere con quelle originarie ormai definitivamente compromesse, e di qualità dell'ambiente; il secondo invece è connesso alle nuove derivazioni rispetto alle quali deve essere garantito che non saranno compromesse le condizioni attuali di naturalità. L'applicazione del minimo deflusso vitale costituisce pertanto uno degli strumenti principali attraverso il quale valutare i prelievi in modo tale da non compromettere la naturalità del corso d'acqua nelle sue componenti qualitative e quantitative, permettendo quindi di perseguire la finalità della salvaguardia delle diverse risorse idriche; uno dei principi fondamentali della gestione delle risorse idriche come fissata dal decreto legislativo n. 152/1999: "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole", e successive modificazioni ed integrazioni.

L'articolo 3 della legge n. 183/1989, che ha riformato la difesa del suolo, "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo", stabilisce che, per la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e sotterranee, le singole derivazioni non devono pregiudicare il minimo deflusso costante negli alvei sottesi. Il successivo decreto legislativo n. 275/1993, nel dettare ulteriori criteri per il rilascio di concessioni di derivazione, all'articolo 5 ha ribadito che nei procedimenti istruttori, per il rilascio del titolo al legittimo uso dell'acqua, si deve tenere conto del mantenimento costante del minimo deflusso vitale, dell'esigenza di tutelare la qualità delle acque e della salvaguardia dell'equilibrio del bilancio idrico.

All'articolo 1 della legge n. 36/1994 e successive modificazioni ed integrazioni sulla riorganizzazione dei servizi idrici viene riconfermata l'introduzione della regola del deflusso minimo vitale, stabilendo che l'acqua deve essere utilizzata secondo criteri di solidarietà, senza pregiudicare il patrimonio idrico, la fauna, la flora e gli equilibri idrologici e salvaguardando le aspettative delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro. Infine, il decreto legislativo n. 79/1999: "Attuazione della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica", in particolare ha stabilito che le derivazioni destinate alla produzione di energia elettrica, comprese quelle in atto, devono essere compatibili con la presenza negli alvei sottesi del deflusso minimo vitale. Il successivo decreto legislativo n. 152/1999 ha confermato che, per ogni derivazione a qualunque uso destinata, deve essere definita la portata di deflusso minimo vitale.

I criteri regionali nascevano quasi 10 anni fa, quando la preoccupazione principale era quella di garantire un valore minimo di portata a valle della derivazione, a seguito delle esperienze di sfruttamento dei corsi d'acqua dei decenni precedenti, dove nulla era previsto, se non addirittura lo sfruttamento completo. Oggi la questione del minimo deflusso vitale è stata inquadrata nel quadro più ampio della corretta gestione e salvaguardia delle risorse idriche, disciplinata dal decreto legislativo n. 152/1999, che richiede una valutazione complessiva del corso d'acqua dai punti di vista qualitativo e quantitativo attraverso lo strumento del Piano di tutela delle acque e la fissazione di specifici obiettivi di qualità ambientale, sempre per i corsi d'acqua.

Quesito n. 1: sappiamo che i corsi d'acqua regionali sono pesantemente interessati da prelievi irrigui nel periodo estivo, che risalgono ormai all'inizio del secolo scorso, e dai prelievi idroelettrici a partire dagli anni '50. Nel primo caso non è previsto alcun rilascio arrivando al prelievo anche totale dell'intera portata, nel secondo caso a volte - peraltro è del tutto eccezionale - è previsto un piccolo rilascio spesso simbolico, mentre è abbastanza generale la contropartita al Consorzio pesca di finanziamenti per semine e altri danni al patrimonio ittico. Con la deliberazione del Consiglio regionale n. 1193/1995 e successivamente con deliberazione del Consiglio regionale n. 2333/1996, sono stati fissati i criteri attraverso i quali definire e applicare il deflusso minimo vitale per i corsi d'acqua regionali. Tali criteri prendono in considerazione sia le caratteristiche idrologiche del corso, sia gli aspetti naturalistici attraverso una serie di fattori correttivi, lasciando la possibilità, in sede di valutazione di impatto ambientale, di aumentare ulteriormente le portate di minimo deflusso vitale. La deliberazione fissava poi in 10 anni il tempo concesso agli utilizzatori per adeguare le portate di minimo deflusso vitale a quanto previsto dalla deliberazione stessa. In base a quanto stabilito dalla deliberazione consiliare n. 1193/1995, le concessioni rilasciate dopo la sua entrata hanno visto imposta una portata di minimo deflusso vitale. Tale valore è stato calcolato secondo quanto stabilito dalla deliberazione stessa per quelle concessioni inferiori a 220 kW o portate analoghe (limite perché la domanda sia sottoposta al VIA). Per quelle sottoposte al VIA, si è passati da un valore più elevato di quello previsto dalla deliberazione, ma sempre costante nel tempo, a valori via via maggiormente differenziati nel corso dell'anno, in funzione del deflusso naturale, fino a raggiungere anche percentuali di rilascio delle acque pari al 30-40% della portata media disponibile. Su 35 domande esaminate dal VIA si sono avuti 14 pareri negativi e un aumento generalizzato, come previsto dalla deliberazione del Consiglio della portata di minimo deflusso vitale, per gli altri casi di parere positivo.

Le concessioni rilasciate di nuove derivazioni sono però poche, pertanto è impossibile stabilire quali siano stati i benefici direttamente conseguenti all'applicazione della normativa, a fronte invece di un generale miglioramento della qualità dei corsi d'acqua regionali, come testimoniato dalle campagne annuali dell'ARPA, che indicano un generale raggiungimento degli obiettivi fissati dal decreto legislativo n. 152/1999 e già previsti nel 2008, quindi si sono raggiunti con diversi anni di anticipo, e per molti parametri anche quelli del 2016, per l'avanzato stato di realizzazione del sistema depurativo regionale delle acque reflue civili.

Punto 2: la deliberazione del Consiglio n. 1193/1995 ha effettivamente imposto che nelle nuove concessioni sia prevista una portata di deflusso minimo vitale, indicando in 10 anni i tempi di adeguamento per quelle esistenti. Tempi e modi sono però allo stato attuale non più in linea con le indicazioni provenienti dai successivi atti normativi, come il decreto n. 152/1999, che indicano nel Piano di tutela delle acque da approvarsi entro la fine del corrente anno lo strumento attraverso il quale disciplinare definitivamente la questione.

Il decreto legislativo n. 152/1999 prevede inoltre che sia l'Autorità di bacino - nel nostro caso quella del fiume Po - a fissare i criteri generali per la definizione della portata di minimo deflusso vitale. Con la deliberazione n. 7/2002 in data 13 marzo 2002, allegato B, dove si recita: "Regolazione delle portate in alveo", sono stati fissati dall'Autorità di bacino del fiume Po i criteri generali di calcolo del deflusso minimo vitale, le modalità e i tempi attraverso i quali le regioni devono procedere ad approvare o ad adeguare i propri regolamenti.

I criteri dell'Autorità di bacino del fiume Po prevedono la definizione di una serie di parametri da considerare per ogni singolo corso d'acqua specifico e da individuare singolarmente e specificatamente, che correlano il valore della portata minima agli aspetti climatici, idrologici, idrogeologici e biologici di ogni singolo sottobacino. Viene richiesto quindi da subito che sia applicata per le nuove concessioni da rilasciare la quantità riferita agli aspetti idrologici, rinviando al piano di tutela l'elenco dei corsi d'acqua regionali ai quali applicare i parametri correttivi di tipo naturalistico, biologico, eccetera e, entro il 31 dicembre 2008, definire il valore dei singoli parametri correttivi per i corsi d'acqua o per i singoli tratti.

Le regioni, nell'ambito dei propri piani di tutela delle acque, dei loro strumenti di pianificazione e regolamentari, disciplinano poi l'applicazione graduale alle grandi e alle piccole derivazioni, comunque in atto alla data di emanazione del regolamento attuativo, del deflusso minimo vitale calcolato tenendo conto della componente idrologica e degli eventuali fattori correttivi e nel rispetto dei seguenti obiettivi intermedi: entro il 31 dicembre 2008 tutte le derivazioni dovranno essere adeguate in modo da garantire, a valle delle captazioni, la componente idrologica del deflusso minimo vitale; entro il 31 dicembre 2016 la componente idrologica del deflusso minimo vitale dovrà essere integrata con l'applicazione dei fattori correttivi, ove necessari.

La regola di calcolo e i criteri di applicazione si basano su principi di sussidiarietà e gradualità. In base al principio di sussidiarietà viene stabilito dall'Autorità di bacino un approccio omogeneo al problema, con la definizione della regola di calcolo e dei criteri di applicazione per l'intero bacino del Po. All'interno di questo schema unitario, le regioni possono adeguare, nell'ambito di criteri comuni forniti dall'Autorità di bacino stessa, la regola e la sua applicazione alla propria realtà territoriale mediante l'adozione di provvedimenti propri e la determinazione di parametri sito-specifici.

L'applicazione graduale del deflusso minimo vitale alle derivazioni è indispensabile per consentire l'adeguamento progressivo dei settori economici coinvolti e la crescita del sistema preposto al controllo dell'applicazione stessa. La gradualità consente inoltre di perfezionare nel tempo, in base a successivi approfondimenti e alla verifica degli effetti prodotti dall'applicazione del deflusso minimo vitale, l'efficacia e il livello di dettaglio dei provvedimenti adottati. La gradualità nell'applicazione del deflusso minimo vitale è armonizzata con quanto disposto dal decreto legislativo n. 152/1999, allineando i termini temporali con le scadenze previste per il conseguimento degli obiettivi di risanamento stabiliti dal decreto stesso.

Sulla base di questi elementi, come Regione, è stata indicata chiaramente nel progetto di Piano regionale delle acque l'esigenza di introdurre una portata minima di minimo deflusso vitale quale strumento di salvaguardia degli ecosistemi fluviali in un quadro di iniziative estese, che complessivamente in modo organico sono finalizzate al medesimo obiettivo. I corsi d'acqua regionali, lo sappiamo, sono ecosistemi pregevoli da salvaguardare, riqualificare e valorizzare ai fini non solo ambientali in senso generale, ma anche come risorsa importante dal punto di vista turistico in quanto concorrono a costruire l'immagine di una regione di montagna. Tale visione globale, con la definizione degli obiettivi e delle azioni, è contenuta nel progetto di Piano regionale delle acque approvato con la deliberazione di Giunta regionale n. 347/2003 che, pur prendendo atto di una situazione qualitativa delle acque buona - come detto sono già stati raggiunti gli obiettivi di qualità previsti per il 2008 e in molti tratti anche quelli di buono del 2016 -, evidenzia ancora alcune insufficienze. Il progetto di Piano regionale delle acque si pone infatti come obiettivo generale l'attuazione di una politica sostenibile delle acque da un lato, facendo fronte alle diverse condizioni ed esigenze ambientali del territorio e, dall'altro, garantendo l'adeguato apporto di risorse idriche necessarie alla vita e allo sviluppo della Regione. Sono pertanto definite le linee di governo delle risorse idriche valdostane finalizzate a conseguire un adeguato equilibrio della conservazione o il ripristino di un regime idrico compatibile con la tutela degli ecosistemi, con gli usi ricreativi e con l'assetto del territorio e il soddisfacimento dei bisogni di acqua per lo sviluppo economico e sociale della Regione.

Il progetto individua, in un quadro unitario e complessivo di obiettivi, metodi e strumenti, le azioni necessarie per garantire l'integrità e la fruibilità del patrimonio idrico, attraverso la tutela ed il risanamento delle risorse dell'ambiente, che da esse dipende, e la razionalizzazione dell'uso in un'ottica di risparmio del bene, secondo principi di gestione coordinata dell'intero ciclo delle acque. Il progetto fissa anche i criteri generali da seguire nella definizione del minimo deflusso vitale nel Piano regionale di tutela delle acque, considerata l'adozione delle portate di minimo deflusso vitale, che risulta essere allo stato attuale uno strumento necessario non solo per recuperare le situazioni compromesse, in linea con gli obiettivi di qualità stabiliti dal Piano di tutela delle acque, ma anche per valutare la compatibilità del prelievo richiesto con le condizioni ambientali del corso d'acqua. Il deflusso minimo vitale regionale sarà composto da una componente idrologica stimata in base alle peculiarità del regime idrologico e da eventuali fattori correttivi, che tengano conto delle caratteristiche morfologiche dell'alveo del corso d'acqua, della naturalità ed i pregi naturalistici della destinazione funzionale e degli obiettivi di qualità definiti all'interno del Piano di tutela delle acque. Si intende quindi definire le portate di minimo deflusso vitale distinguendo fra le derivazioni in atto e quelle future, prevedendo quindi formulazioni diverse per i due casi.

Per quanto riguarda le concessioni di acqua pubblica esistenti, il piano di tutela disciplinerà, come previsto dall'Autorità di bacino del fiume Po, l'applicazione graduale alle grandi e alle piccole derivazioni, considerando anche il raggiungimento dei seguenti obiettivi: 31 dicembre 2008, tutte le derivazioni dovranno essere adeguate in modo da garantire, a valle delle captazioni, la componente idrologica del deflusso minimo vitale; entro il 31 dicembre 2016 la componente idrologica del deflusso minimo vitale dovrà essere integrata con l'applicazione dei fattori correttivi eventualmente stabiliti. Il piano di tutela, ai sensi del decreto legislativo n. 152/1999, dovrà poi individuare i casi particolari di deficit idrico e le misure da adottare per la sua mitigazione e soluzione, oltre che stabilire le attività di monitoraggio e di approfondimento necessarie a verificare l'efficacia dei rilasci e a migliorare la determinazione del flusso minimo vitale nei propri corsi d'acqua.

Si è quindi optato per un'impostazione molto pragmatica di analisi dei problemi; si individua innanzitutto quali sono le cause del possibile degrado - sfruttamento eccessivo delle acque, degrado delle sponde, eccessiva urbanizzazione, eccetera -, si individua l'insieme degli interventi possibili e si applicano le iniziative che risultano più efficaci.

Infine alla vigilanza sulle derivazioni provvede il Corpo forestale valdostano, che richiede all'ufficio competente dell'Assessorato una verifica congiunta della situazione nei casi in cui ravvisa condizioni di esercizio delle derivazioni difformi da quelle approvate. Per quanto riguarda gli aspetti connessi al minimo deflusso vitale, si è avuto un verbale di infrazione con sanzione amministrativa nell'agosto del 1999 per la derivazione sul torrente Chalamy e sempre nel luglio 1999 è stata comminata ad una ditta di produzione elettrica una sanzione amministrativa per un prelievo di acqua superiore a quello concesso.

Si dà atto che dalle ore 10,07 alle ore 10,13 riassume la presidenza il Presidente Perron e che, dalle ore 10,13, presiede il Vicepresidente Nicco.

Presidente - La parola al Consigliere Riccarand.

Riccarand (Arc-VA) - Sicuramente il problema del deflusso minimo vitale è uno degli aspetti di grande rilevanza per gli equilibri ambientali naturali della nostra Regione, quindi giustamente più volte vi è stata un'attenzione particolare da parte del Consiglio su questo tema, fino ad arrivare, nel 1995, con una deliberazione consiliare, a stabilire dei parametri di rilascio, che dovevano essere rispettati per le nuove concessioni, ed a cui dovevano adeguarsi tutte le altre concessioni entro 10 anni.

La risposta dell'Assessore è stata molto ampia ed ha fatto una panoramica complessiva della situazione, che è complessa perché vi sono anche normative nazionali, e quelle dell'autorità di bacino, che interferiscono e incidono sulle scelte a livello regionale. Mi pare di aver colto dalla risposta un dato preoccupante (anche se mi riservo di approfondire la questione rileggendo l'intervento dell'Assessore, in cui vi sono molti aspetti che vanno presi in considerazione). Il Consiglio regionale ha stabilito, nel 1995, il deflusso minimo vitale per derivazione sui corsi d'acqua della Valle d'Aosta. Tale deliberazione prevedeva che tutte le derivazioni nuove dovevano rispettare il deflusso minimo vitale e, per quanto riguarda quelle già in atto, ovviamente, data l'incidenza del provvedimento che significava ridurre in certi casi i quantitativi di produzione di energia idroelettrica, che l'adeguamento sarebbe avvenuto gradualmente, nell'arco di 10 anni. Adesso, se ho interpretato bene la risposta dell'Assessore, questo adeguamento slitterebbe, perché si parla del 2008, in quanto sono intervenuti nuovi provvedimenti dell'autorità di bacino, eccetera; però la domanda che poniamo è la seguente: i criteri per il calcolo del minimo deflusso vitale, definiti dalla deliberazione consiliare del 1995, rimangono validi? Se rimangono validi, come immagino, per quale motivo si prevede uno slittamento di questo termine, essendo stato questo termine a suo tempo stabilito nei 10 anni?

Si tratta ovviamente di una questione di non poco conto, perché parliamo dell'applicazione vera del minimo deflusso vitale. Le nuove concessioni sono molto poche, quindi quelle su cui si applica in questo momento la normativa sul minimo deflusso vitale sono poche, mentre gran parte delle concessioni erano già in atto nel 1995, quindi non erano obbligate ad adeguarsi immediatamente… ma ora si parla di un ulteriore slittamento di 3, 4 anni… poi sono possibili ulteriori slittamenti, perché qui mi pare che si faccia rinvio a un nuovo Piano, che dovrebbe definire una nuova regolamentazione. A nostro avviso questo rinvio non è auspicabile, né accettabile. Se vi sono delle correzioni, delle integrazioni da fare rispetto alla deliberazione consiliare del 1995, alla luce delle disposizioni date dall'Autorità di bacino, si facciano. Se vi sono degli aspetti migliorativi bisogna coglierli, ma non bisogna, per quanto ci è possibile, rinviare sull'applicazione del minimo deflusso vitale agli impianti già esistenti nel 1995, perché è questione che riguarda gran parte dei corsi d'acqua della Valle d'Aosta.

Rispetto alla vigilanza, l'Assessore ci ha segnalato un verbale e una sanzione amministrativa. Ci sembra che vi sia stata un'attività di vigilanza ma, dai dati che vengono riferiti, non so fino a che punto sia organizzata questa vigilanza, quanto sia capillare e quanto sia pregnante. Il fatto che in soli due casi sia stato rilevato un non rispetto del minimo deflusso vitale per le concessioni che lo devono applicare, ci lascia un punto interrogativo.