Oggetto del Consiglio n. 324 del 14 gennaio 2004 - Resoconto
OGGETTO N. 324/XII - Stato delle trattative tra Stato e Regione in ordine alla regionalizzazione degli uffici del lavoro. (Interrogazione)
Interrogazione
Preso atto che con la legge regionale n. 7/2003 ("Disposizioni in materia di politiche regionali del lavoro, di formazione professionale e di riorganizzazione dei servizi per l'impiego") si è proceduto a definire la struttura operativa dell'ufficio del lavoro in vista della sua regionalizzazione;
Preso atto che, come ricorda l'articolo 37 di tale legge, il passaggio di tali competenze in capo alla Regione necessita di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che definisca le risorse che vanno attribuite alla Regione, in concomitanza con il trasferimento di competenze;
Atteso che da circa un anno dall'emanazione della legge regionale non ci sono elementi nuovi circa tale regionalizzazione;
Considerato che tale ritardo potrebbe nuocere alla qualità dei servizi che l'Ufficio del lavoro eroga agli utenti;
La sottoscritta Consigliera regionale
Interroga
la Giunta per sapere:
1) a che punto sono le trattative tra Stato e Regione circa la regionalizzazione degli uffici del lavoro;
2) quali sono, a suo parere, le motivazioni di tale ritardo e come è possibile accelerare tali decisioni;
3) se tale ritardo incide negativamente sulle politiche del collocamento e come è possibile rimediare almeno temporaneamente a tali eventuali inconvenienti.
F.to: Squarzino Secondina
Presidente - La parola all'Assessore alle attività produttive e politiche del lavoro, Ferraris.
Ferraris (GV-DS-PSE) - Come è noto, il conferimento delle funzioni alla Regione in materia di lavoro è avvenuto in sede di Commissione paritetica in un confronto che si è sviluppato fra il 1998 e il 2001 e che ha portato alla pubblicazione della norma di attuazione il 10 aprile 2001.
La norma di attuazione n. 183/2001 detta i tempi per il conferimento di competenze dalla Regione allo Stato; infatti, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, lo Stato avrebbe dovuto provvedere all'individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire alla Regione per l'esercizio delle funzioni conferite mediante l'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Questo non è ancora avvenuto e ci sono pesanti ritardi, ma su questo tornerò dopo. La Regione avrebbe dovuto disciplinare, con legge regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto in questione, l'organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e compiti conferiti in materia di lavoro, cosa che è stata fatta con legge n. 7 del 31 marzo dell'anno passato.
Successivamente alla pubblicazione della norma di attuazione, si sono svolte, nel corso del luglio 2001, delle riunioni tecniche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento affari regionali, per individuare il percorso che avrebbe dovuto portare alla predisposizione del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri con l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da assegnare alla Regione per lo svolgimento delle funzioni in materia di servizi per l'impiego e di politiche del lavoro. A questa prima fase di attività non è seguita, per lungo tempo, alcuna forma di proposta, neppure informale o ufficiosa, sul documento in preparazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento affari regionali (Ministro La Loggia), per cui il termine dei 6 mesi dalla promulgazione della norma di attuazione, che scadeva il 6 dicembre 2001, è stato ampiamente superato.
È opportuno precisare che il percorso per arrivare all'emanazione del DPCM prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri richieda il parere della Regione e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori - per queste ultime, solo per la parte riguardante il personale - e che agisca di concerto con il Ministero del lavoro e politiche sociali, che si è occupato della prima stesura della bozza di DPCM, e con il Ministero dell'economia e della funzione pubblica; per cui, le amministrazioni interessate alla preparazione del DPCM, sono diverse.
A partire dalla fine del 2001 la Regione ha iniziato il processo per la preparazione della legge regionale, legge approvata - come è noto - nel corso del 2003. A partire dal 2002 la Regione ha scritto, a più riprese, al Dipartimento affari regionali per sollecitare l'iter per la preparazione del DPCM e, allo stesso tempo, ha continuato e intensificato l'attività per la preparazione della legge regionale. Anch'io mi sono recato personalmente a Roma per un incontro con il Sottosegretario del Ministero del "Welfare", per sollecitare la predisposizione del DPCM stesso. Nel frattempo, dicevo, sono continuati gli incontri a livello informale e i solleciti per la predisposizione del DPCM.
Il 12 settembre 2003 si è svolto presso il Dipartimento degli affari regionali un incontro tecnico per la definizione del testo del tanto sospirato DPCM; anche in quella sede sono emerse diversità di valutazioni fra le stesse amministrazioni centrali. Finalmente, in data 28 novembre, è stato formalmente inviato alla Regione come ai ministeri interessati il testo di DPCM ufficiale da esaminare e su cui esprimere il parere non vincolante della Regione.
In merito al contenuto della proposta di DPCM, che è pervenuto alla fine del mese di novembre, è opportuno precisare che esistono aspetti di criticità sia rispetto alle risorse umane da trasferire, che alle risorse finanziarie da rimborsare, situazione già emersa ed evidenziata durante gli incontri tecnici del 2001 e del 2003. In particolare, la bozza di DPCM individua in 39 unità il contingente su cui calcolare la percentuale del 70% per la determinazione del personale da trasferire alla Regione. Il primo e più importante aspetto negativo è che la quota di personale proposta comprende solo ed esclusivamente il personale assegnato al settore delle "politiche del lavoro" della Direzione regionale del lavoro di Aosta e alle sezioni circoscrizionali per l'impiego della Valle d'Aosta, escludendo totalmente il personale all'area risorse umane, che svolge funzioni di supporto per i settori tecnico-operativi "ispezione del lavoro e impiego". In questo modo, al termine del processo, verranno trasferite alla Regione un numero di 27 unità, con una variazione, che è prevista dalla norma di attuazione nella misura del 5% in più o in meno, nettamente inferiore al personale utilizzato oggi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per svolgere le funzioni conferite alla Regione. Per fare un esempio: presso le sole sezioni circoscrizionali per l'impiego operano 31 unità, escludendo da questo le persone che sono occupate presso il settore "politiche del lavoro".
Oltre a questo problema legato al personale, ve n'è un secondo per quanto riguarda le risorse finanziarie, particolarmente delicato, perché il DPCM afferma che verrà rimborsato il 95% di quanto speso per il personale trasferito, interpretando secondo noi in modo restrittivo e difforme a quanto è scritto nel comma 2 dell'articolo 9 della norma di attuazione che parla del trasferimento alla Regione del 95% delle spese "effettivamente sostenute dall'amministrazione dello Stato nell'ultimo esercizio finanziario in cui sono stati integralmente svolti". Il DPCM non tiene quindi conto in termini corretti di quanto è previsto dalla norma di attuazione.
Ripeto, vi è un'interpretazione difforme rispetto a questo e se si tiene conto che le altre spese sostenute dall'amministrazione dello Stato non sono di importo importante - sono le spese generali di gestione -, diventa fondamentale calcolare in modo corretto il 95% sul costo del personale che realmente svolgeva le funzioni, anche in considerazione del fatto che le risorse umane che verranno trasferite sono sottostimate rispetto alle funzioni da svolgere.
Rispondendo alla terza domanda, in effetti il prolungarsi della fase interlocutoria crea difficoltà per l'applicazione delle nuove norme in materia di lavoro da parte degli stessi uffici periferici del Ministero del lavoro, sia per carenze organizzative e funzionali legate alla particolare situazione della Direzione regionale del lavoro, che per l'assenza di indirizzi su queste attività che la stessa amministrazione centrale ha trasferito alle regioni; rimangono 2 le regioni in cui non c'è stato trasferimento delle funzioni in materia di politica del lavoro e collocamento, che sono: Valle d'Aosta e Sardegna. Una parte delle azioni di politica attiva del lavoro sono comunque svolte dalla Regione attraverso le proprie strutture ed i propri strumenti di politica del lavoro: il piano triennale e il "POR"; in questo caso è utile l'esperienza e l'attività che sta svolgendo l'Agenzia regionale del lavoro.
È altrettanto vero che una situazione di questo genere pone in una particolare situazione di disagio il personale della Direzione regionale del lavoro, che opera in regime di incertezza sia rispetto all'attività ordinaria, sia rispetto al passaggio eventuale alla Regione, tenuto conto del fatto che sono cambiate in modo sostanziale le norme che regolano il collocamento. Su questo aspetto non esistono rimedi temporanei, in quanto sono a tutti gli effetti uffici e risorse del Ministero del lavoro e la norma di attuazione indica che l'esercizio effettivo delle funzioni inizia quando sono trasferite con specifico decreto ministeriale le risorse umane, finanziarie e materiali alla Regione.
Oggi non pare proponibile un rafforzamento dei servizi propri della Regione, attraverso una duplicazione delle attività che vengono svolte dal Ministero del lavoro su base territoriale e dall'agenzia. Quello che intendiamo fare è, da una parte, dar corso all'applicazione della legge n. 7 per quanto riguarda la costituzione del Consiglio per le politiche del lavoro e, soprattutto, operare in sede nazionale nei confronti del Governo e del Ministero degli affari regionali, perché si giunga in breve tempo ad una conclusione di questa vicenda. Ci saremmo aspettati da un governo che è sensibile alle questioni federali, magari una sensibilità altrettanto attenta rispetto a un problema di decentramento, già realizzato in tutto il resto del Paese, anche perché i tempi sono ormai maturi, il DPCM doveva essere emanato entro il dicembre 2001? siamo a gennaio 2004 e la questione non è ancora conclusa!
Quello che comunque riteniamo fondamentale è che la norma di attuazione venga applicata così come è stata scritta, perché è una norma che riconosce un diritto della Regione e questo deve essere esercitato.
Si dà atto che dalle ore 10,09 presiede il Presidente Perron.
Président - La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.
Squarzino (Arc-VA) - Ringrazio l'Assessore per aver ricostruito tutto il quadro della vicenda: questo può aiutare anche chi era un poco "digiuno" di questi problemi.
Nonostante questo quadro dettagliato, le preoccupazioni rimangono; sono quelle che ha sollevato l'Assessore a conclusione del suo intervento e sono preoccupazioni grosse, perché finché non viene definito questo DPCM con cui vengono trasferite le risorse e il personale alla Regione, siamo veramente penalizzati. Credo che su questo aspetto forse il Governo potrebbe fare un'opera ancora più convincente, anche coinvolgendo il Senatore e il Deputato, in modo che si solleciti la soluzione di questo problema.
L'Assessore diceva che è un problema che riguarda lo svolgimento di nostre competenze e questo va bene, è un problema che, se non risolto, ha delle ripercussioni anche sul personale perché lavora in situazioni precarie di non chiarezza di propri compiti; ma probabilmente l'Assessore - per pudore? - ha dimenticato di dire quali sono le conseguenze più grandi per i lavoratori, per i disoccupati. Se è vero che l'Agenzia del lavoro può svolgere una grossa attività nell'ambito delle politiche attive, per quanto riguarda la definizione dello "status di disoccupato" l'Agenzia del lavoro non ha queste competenze, ma tocca sempre all'Ufficio del lavoro e al collocamento definire lo "status del disoccupato"!
Purtroppo, questa è la cosa grave: oggi, in Valle d'Aosta, non vengono applicate le stesse norme che vengono applicate in tutto il resto d'Italia per la definizione dello "status del disoccupato", perché? Perché da noi non è attuato il decreto n. 181/2000, ripreso dal decreto n. 297/2002 in cui si definiscono le modalità nuove con cui vengono chiamati i disoccupati, e gli effetti di questi decreti di livello nazionale sono sospesi in Valle d'Aosta; questo cosa significa? Non sono solo parole, significano una cosa molto grave, vale a dire: in Valle d'Aosta, per essere disoccupato, bisogna non aver lavoro oppure avere un reddito inferiore a 6.200.000 di vecchie lire all'anno.
Con i decreti legislativi di cui ho parlato prima - n. 181 e n. 297 - lo "status di disoccupato" viene riconosciuto, sì, a chi non ha lavoro, ma anche a chi ha un reddito annuo inferiore al minimo fiscale, cioè al minimo esente da imposizione fiscale, che attualmente è circa 14 milioni all'anno. Questo significa che tutta una fascia di persone che ha un reddito collocato fra i 6 e i 14 milioni all'anno di vecchie lire, in Valle d'Aosta non è considerata disoccupata! Questo incide sulla possibilità che hanno questi utenti di accedere o alla chiamata pubblica - perché non sono iscritti nelle liste di disoccupati - o alla chiamata di artigiani, impresari, e via dicendo, che se chiamano persone iscritte nelle liste di collocamento possono avere delle esenzioni fiscali da 24 a 36 mesi. Cosa significa? Significa che i nostri aspiranti lavoratori in Valle d'Aosta sono in una situazione molto più precaria di altri lavoratori di altre regioni e questo è un problema grave!
Ora se si avesse chiaro che i ritardi hanno un'influenza sulle persone in cerca di occupazione, forse si cercherebbero dei mezzi più pressanti per convincere il Governo a giungere alla firma di questi decreti!