Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 230 del 19 novembre 2003 - Resoconto

OGGETTO N. 230/XII - Tutela delle esigenze dei lavoratori atipici in Valle. (Interpellanza)

Interpellanza

Visti gli esiti della recente indagine degli artigiani della Cgia di Mestre sulla diffusione dei lavoratori atipici in Italia;

Appreso che nella graduatoria delle regioni stilata secondo la percentuale del numero dei lavoratori atipici in rapporto al totale degli occupati, la Valle d'Aosta si colloca al secondo posto, con una percentuale del 37,50%, a fronte di una percentuale del 31,7% a livello nazionale;

Considerato che, pur tenendo conto di eventuali imprecisioni derivanti dal fatto di operare su piccoli numeri, tale dato denota una situazione di significativa presenza di lavoro precario, avvalorata anche dai dati delle agenzie interinali presenti in Valle;

Ritenendo che questa situazione di lavoro precario non possa non trovare eco all'interno delle politiche regionali, che dovrebbero farsi carico delle esigenze tipiche di questa particolare categoria di lavoratori, sia per quanto riguarda l'accesso ad eventuale forme mirate di formazione professionale sia per quanto riguarda eventuali misure atte a sopperire alle attuali carenze di protezione sociale;

I sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

l'Assessore competente per sapere:

1) come valuta i dati sui lavoratori atipici in Valle, emersi dall'indagine di cui in premessa;

2) se, e come, intenda farsi carico, all'interno del piano regionale di politiche del lavoro, delle particolari esigenze di formazione e di tutela sociale presenti in questa categoria di lavoratori.

F.to: Squarzino Secondina - Riccarand

Président - La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Recentemente sono stati diffusi i dati di un'indagine effettuata dalla CGIA di Mestre sulla presenza dei lavoratori atipici in Italia. In base a tale indagine la Valle d'Aosta si colloca al 2° posto di una graduatoria delle regioni, stilata secondo la percentuale del numero dei lavoratori atipici, in rapporto al totale degli occupati, con una percentuale del 37,50%, a fronte di una percentuale del 31,7% a livello nazionale.

Certamente - come si ricorda ogni volta che si confrontano i dati della nostra regione con quelli di altre regioni italiane -, il fatto che si operi sempre su piccoli numeri ci fa prestare attenzione ai dati forniti, perché i piccoli numeri possono stravolgere la realtà e incidere in modo determinante sulle percentuali. Come vede, Assessore, la nostra attenzione non è tanto rivolta a sapere esattamente le percentuali, non è tanto questo che ci interessa! Ci interessa invece affrontare un tema che non possiamo eludere: non possiamo non prendere atto che, anche in Valle, siamo di fronte al diffondersi del fenomeno di lavori atipici, come lo denotano anche i dati forniti dalle stesse agenzie interinali presenti in Valle d'Aosta. Si tratta di un fenomeno esistente, che coinvolge - al di là delle percentuali più o meno alte - centinaia di persone che vivono e lavorano in Valle; un fenomeno che non può non interpellare i responsabili della politica, specie quelli che si occupano delle strategie per favorire l'insorgere e il mantenimento del lavoro.

A noi pare che questa tipologia di lavoratori presenti almeno 2 bisogni fondamentali, come si indica, in sintesi, nell'interpellanza. Il primo: essere aiutati a passare dalla fase dei lavori atipici, utili per un periodo di studio, per il primo contatto con diverse realtà lavorative, alla fase di un lavoro più stabile; il secondo: essere tutelati anche nel periodo di intervallo fra un lavoro atipico e un altro lavoro atipico, in modo che sia attivata una serie di sicurezze, legate, nel nostro sistema, al periodo lavorativo (nell'interpellanza le chiamiamo "carenze di protezione sociale"). Ci chiediamo perché non si fa qualcosa affinché, anche per questi lavoratori atipici, nel periodo in cui non sono tutelati dal contratto di lavoro, non possa essere previsto un minimo di sistema di garanzie rispetto alla protezione sociale. Per questo riteniamo sia utile porre tale problema all'attenzione della Giunta.

Ci interessa sapere innanzitutto quale valutazione viene data rispetto ai dati emersi dall'indagine, ma soprattutto rispetto a quelli che avete in vostro possesso, rispetto a quanto sta succedendo in Valle e, poi, se e come la Giunta intenda farsi carico, all'interno del piano regionale di politiche del lavoro - che so essere in predisposizione -, dei percorsi formativi e anche (non so in quale modo) di strumenti di tutela sociale richiesti da questa categoria di lavoratori.

Président - La parole à l'Assesseur aux activités productives et aux politiques du travail, Ferraris.

Ferraris (GV-DS-PSE) - Innanzitutto il problema della flessibilità è di grande rilevanza. Se pensiamo anche ad una normativa nazionale, il cosiddetto "decreto legislativo n. 30" e poi le applicazioni successive, avremo a che fare, nel prossimo futuro, con nuove forme di lavoro atipico, dal contratto di somministrazione al lavoro intermittente, al lavoro ripartito, alle prestazioni occasionali, al lavoro a progetto, al contratto di inserimento… e si potrebbe continuare, per cui questa è una problematica che va vista con grande attenzione.

Rispetto al concetto di flessibilità e del lavoro atipico c'è anche una confusione terminologica, nel senso che, in primo luogo, non c'è una definizione pienamente condivisa di cosa viene fatto rientrare nella "flessibilità", anzi, si deve sottolineare che del termine "flessibilità" nell'uso quotidiano ne viene fatto un utilizzo generalistico, tanto che questo concetto appare ormai come uno "slogan"; inoltre, che le dimensioni della flessibilità sono eterogenee e riguardano differenti aspetti del rapporto di lavoro, quali ad esempio: entrate ed uscite dal mercato del lavoro, livello e struttura delle retribuzioni, orari…

In linea generale la flessibilità viene distinta in numerica (quanto incide in termini esclusivamente quantitativi), funzionale (la possibilità di utilizzare in modo flessibile la prestazione di lavoro) o salariale (legata agli elementi flessibili della retribuzione); pertanto tale concetto abbraccia una pluralità di situazioni. Questo genera elementi di confusione sul piano informativo, proprio perché manca una definizione chiara, mi pare di averlo detto in modo specifico.

Per quanto riguarda l'indagine richiamata, che è stata fatta da un'associazione di categoria, la Confartigianato di Mestre, vengono inseriti tra le posizioni atipiche i lavoratori assunti con contratto di apprendistato: questa, a nostro avviso, è un'operazione impropria. Ci si deve infatti interrogare se un lavoratore interinale con un contratto che può essere di durata anche di un solo giorno, è confrontabile con un lavoratore assunto con un contratto comunque a tempo indeterminato - come nel caso degli apprendisti - e che prevede anche della formazione obbligatoria, per cui bisogna intanto intendersi sulla definizione del "lavoro atipico". Al di là di questo, l'indagine dai dati che vengono forniti sembra far riferimento a valori di stock, ovvero dati riferiti al complesso degli occupati. Se così fosse, nel caso del lavoro interinale si sarebbe dovuto tradurre il monte ore lavoro (cioè il numero di contratti moltiplicato per la loro durata) in lavoratori equivalenti su base annua.

Prendendo per buoni i dati forniti dalla Confartigianato di Mestre, considerato che nel 2002 le assunzioni con contratto di lavoro interinale sono state in Valle d'Aosta 3.300 e che lo stock di occupati in posizione di lavoro interinale evidenziato dall'indagine risulta pari a 1988 unità, ne risulterebbe che in Valle d'Aosta ogni lavoratore interinale sarebbe mediamente stato assunto poco più di una volta e mezzo nell'arco dell'anno, quindi avrebbe avuto dei periodi di lavoro particolarmente lunghi, in buona sostanza la durata media dei contratti per uno stock di 1988 unità avrebbe dovuto essere pari a circa 220 giorni, il che, direi, è "un'atipicità nell'atipicità". È comprensibile che si tratta di dati non attendibili, anche perché la situazione della Valle d'Aosta si porrebbe in netta controtendenza rispetto ad altre realtà nazionali. Infatti, i dati che vengono forniti dal CNEL sul lavoro interinale in Italia - ma confermati anche dai dati regionali - ci dicono che il lavoro interinale mediamente impegna 77 giorni di lavoro per ogni lavoratore; sono più frequenti comunque i contratti interinali di 20 e 30 giorni di lavoro, mentre sono molto rari quelli al di sotto di 20 giorni e, ancor più rari, quelli sopra i 90 giorni.

Senza voler entrare nel merito di questioni metodologiche, perché non mi sembra il caso, questi esempi risultano però utili per capire che, per poter affrontare correttamente il problema, è necessaria molta cautela nella lettura e nell'interpretazione dei dati e, soprattutto, è necessario disporre di dati affidabili.

Passando alla situazione specifica della Valle d'Aosta, si deve innanzitutto sottolineare che la realtà del lavoro atipico nella nostra regione non è molto diversa da quella relativa alle altre regioni del nord ovest. In particolare, anche il mercato del lavoro valdostano appare sempre più interessato da forme contrattuali di lavoro atipiche, considerato che la quota dei lavoratori assunti con contratti di formazione lavoro, part-time ed a termine è arrivata, nel 2002, a spiegare oltre i 3/4 della domanda di lavoro di flusso, quindi delle assunzioni. La crescita dell'incidenza di queste forme contrattuali è costante e, nell'arco degli ultimi 10 anni, essa è più che raddoppiata. Soltanto nel corso dell'ultimo quadriennio le assunzioni con contratti atipici sono cresciute del 40% ed il loro peso è passato dal 61,1% del 1999 al 77,9% del 2002.

Tra le diverse tipologie contrattuali considerate "atipiche", il ruolo di gran lunga più importante è svolto dai contratti a tempo determinato, i quali, nel periodo 1999-2002 (compresi anche i contratti di formazione lavoro), hanno mediamente inciso per poco meno del 90% sul totale degli atipici ed hanno avuto un'incidenza di circa il 60% sul totale degli avviamenti. Rilevante è anche il ruolo che è andato assumendo il lavoro interinale. A partire dal 1999, primo anno di introduzione di questo strumento, le assunzioni avvenute in base a questa forma contrattuale sono progressivamente cresciute, passando dalle circa 700 unità del 1999, alle circa 3.300 del 2002. Sul complesso degli avviamenti questo specifico rapporto di lavoro è arrivato ad avere, nel 2002, un'incidenza del 14% sul complesso delle assunzioni. Lo scorso anno sembra però mettere in luce alcune novità rispetto a questo strumento.

In particolare, si deve notare che pur essendo ancora in aumento, il ricorso al lavoro interinale cresce a tassi annuali sensibilmente decrescenti: si pensi che nel 2001 le assunzioni con questa forma contrattuale erano cresciute del 75%, mentre nel 2002 il tasso di crescita è stato del 12,5%. Questi dati suggeriscono l'ipotesi che, pur in un quadro ancora evolutivo, ci si stia approssimando abbastanza velocemente alla soglia fisiologica di utilizzo di questo strumento in Valle d'Aosta.

È opportuno ribadire che i dati analizzati finora si riferiscono a valori relativi al flusso delle assunzioni, mentre i dati inerenti lo stock degli occupati indicano ancora una prevalenza dei contratti a tempo indeterminato. A tale proposito, si sottolinea che l'indagine trimestrale sulle forze lavoro dell'ISTAT segnala per la Valle d'Aosta che l'occupazione stabile nel 2002 era pari all'88% sul totale dei lavoratori dipendenti, quindi il dato da questo punto di vista è significativo. Inoltre, nel periodo 1998-2002 questa quota si è ridotta soltanto di circa 1 punto percentuale, quindi in 4 anni si è passati dall'89 all'80%. Pur tenendo conto delle possibili distorsioni statistiche, questi dati sembrerebbero consentire di affermare che sullo stock dell'occupazione i rapporti di lavoro atipici hanno per il momento avuto degli effetti modesti.

Sul piano delle politiche, considerati i dati precedenti, riteniamo pertanto che il tema del lavoro flessibile debba continuare ad essere oggetto di attenzione da parte dell'Amministrazione regionale. A tale proposito si ricorda che diversi interventi sono già previsti dal piano di politica del lavoro attualmente in scadenza e che le prime proposte in discussione per il nuovo piano di politica del lavoro evidenziano una specifica attenzione su questo tema. Condividiamo il concetto che non si possa pensare di costruire il futuro di una persona sulla precarietà.

Sottolineo, infatti, che tra gli indirizzi per l'elaborazione del piano di politica del lavoro per il prossimo triennio, già concertati tra le parti sociali nell'ambito del "Patto per lo sviluppo" e successivamente approvati da parte della Giunta regionale, figura uno specifico punto volto a promuovere interventi per migliorare la qualità del lavoro e per contrastare la precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Nonostante l'impegno dichiarato e praticato dal Governo regionale, le azioni che si potranno mettere in campo riguarderanno tuttavia prevalentemente l'offerta di servizi alle persone. Infatti, il recente regolamento della Commissione Europea relativo alla regolamentazione degli aiuti di Stato fa esplicito divieto di elargire aiuti economici per la conversione di contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato: questo è senza dubbio un problema che va a modificare interventi esistenti nel precedente piano per l'incentivazione e la trasformazione di contratti a tempo determinato in tempo indeterminato. Inoltre, dovranno essere servizi di qualità, poiché non bisogna dimenticare che con l'avvio della cosiddetta "legge Biagi", anche soggetti privati potranno fornire servizi di natura diversa ai lavoratori. Questo elemento di contesto è pertanto un ulteriore stimolo per l'amministrazione pubblica ad impegnarsi a sostenere i soggetti più deboli sul mercato del lavoro e che saranno oggetto di minore attenzione delle organizzazioni private; sicuramente, fra questi, vanno inclusi anche i lavoratori atipici.

Credo che comunque su questo tema dovremo tornare anche sulla base di proposte più precise, tenendo conto delle sollecitazioni fatte da parte del Consigliere interpellante: quelle di fare un confronto di merito su quanto è possibile fare rispetto ad una problematica che, sugli obiettivi finali, penso ci trovi concordi.

Si dà atto che dalle ore 12,24 presiede il Vicepresidente Nicco.

Presidente - La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Condivido con lei il fatto che è un tema molto complesso, in continua evoluzione, che non possiamo liquidare con 2 o 3 definizioni: lavori precari, lavori atipici, lavori interinali, flessibilità, ma che c'è una tale miriade di figure e di possibilità contrattuali che vanno prese in esame, anche adesso, con l'attuazione della cosiddetta "legge Biagi".

Abbiamo predisposto questa interpellanza perché, come dicevo nella presentazione, siamo interessati al fatto che la Giunta prenda in carico detto problema, rivolgendosi anche a queste nuove figure di lavori interinali, per esempio, che, al di là delle percentuali fornite adesso dall'Assessore, riguardano centinaia e centinaia di persone in Valle. Non so se lei sa che delle 3 agenzie interinali presenti in Valle, 2 hanno circa 3.000 iscritti all'anno: un'agenzia ha dichiarato di collocare 700 persone in questi mesi del 2003 e le altre 2 agenzie di collocarne in media 250-300 all'anno: siamo quindi di fronte a cifre notevoli. È un tipo di settore che sta vedendo un cambiamento di rotta, nel senso che, mentre prima tali lavoratori erano essenzialmente assunti per picchi di lavoro ad esempio nell'industria, adesso anche la pubblica amministrazione ricorre per la sostituzione: questo può essere anche un suggerimento per il nostro Assessore alla cultura, se non sa dove reperire il personale per le borse di studio!

C'è quindi un utilizzo diffuso di questo strumento e riguarda ormai categorie diversissime, da donne oltre i 50 anni oppure sui 45 anni che non hanno possibilità di lavorare diversamente, ad extracomunitari, la cui fascia di utilizzo sta aumentando in modo esponenziale, a diplomati e neolaureati. È chiaro che non vi sono dei dati certi, ma su questo pregherei l'Assessorato di affinarne la raccolta.

Lei ha dato una serie di percentuali, io per avere alcuni dati ho dovuto prendere contatto direttamente con queste agenzie, che mi hanno gentilmente fornito degli elementi, ma io credo sia compito dell'Amministrazione regionale preoccuparsi di avere dei dati certi. Lei prima aveva detto che si deve usare una cautela nella lettura dei dati, che si deve disporre di dati affidabili e io condivido: questo deve essere proprio il compito di un assessorato che vuole attivare politiche del lavoro, quindi attiro l'attenzione dell'Assessore sulla necessità che vengano intensificati gli sforzi per dotare l'Amministrazione di strumenti statistici adeguati.

Riguardo alle prospettive, all'impegno che l'Assessore ha detto di voler portare avanti all'interno del piano regionale delle politiche del lavoro, credo che finora lì hanno trovato risposta i bisogni di tipo formativo, mentre io insisto su un concetto, che vorrei riprendere e che si ricollega a bisogni di tutela sociale. So che in altre regioni questo è stato fatto, ad esempio la Toscana, nel suo POR, ha individuato interventi mirati allo sviluppo professionale di lavoratori atipici, ma anche altre misure, come risulta dall'accordo intervenuto fra la Giunta regionale toscana e i sindacati sul lavoro atipico, in cui si prevedono misure volte a sopperire alle carenze che l'attuale sistema di protezione sociale mostra nei confronti dei lavoratori atipici in termini di tutela; ad esempio: accesso a linee di credito agevolato, convenzioni agevolate con enti assicurativi per mancato guadagno in caso di malattia, assegni di sostegno per lavoratrici atipiche in caso di maternità. Questi sono alcuni esempi, ma posso farle avere il testo dell'accordo fra la Giunta regionale toscana e i sindacati sul lavoro atipico.

Solo l'altro giorno un giovane mi ha raccontato di essere andato in un supermercato a comprare un elettrodomestico e di volerlo comprarlo a rate, ma che non glielo hanno consentito dato che lui è un lavoratore temporaneo, un lavoratore che non può, con un contratto di lavoro, garantire uno stipendio mensile fisso per 12 mesi all'anno, tale da dare la garanzia di poter pagare le rate successive. Porto questo esempio per far capire che, se noi non studiamo delle misure dirette all'assicurazione sociale, del periodo in cui manca il guadagno, oppure del periodo in cui, non avendo un lavoro, non possono accedere alle forme di credito, noi condanniamo i lavoratori atipici, i lavoratori interinali, tutti i lavoratori della massima flessibilità, a uno stadio di precarietà che noi non vogliamo, che io so che lei non vuole! Non basta dire che non siamo d'accordo; dobbiamo studiare questi tipi di misure e il POR può anche essere il posto in cui già iniziare a studiare dette misure.

Accolgo l'apertura dell'Assessore rispetto all'esame di proposte che intendiamo fare, ribadisco questa tipologia di proposte, ribadisco che è sufficiente vedere alcuni accordi che sono stati fatti in altre regioni italiane, per capire quanto lavoro sarebbe possibile fare e questo a vantaggio proprio delle fasce più deboli.