Oggetto del Consiglio n. 177 del 5 novembre 2003 - Resoconto
OGGETTO N. 177/XII - Situazione occupazionale, produttiva e finanziaria della Cogne Acciai Speciali a seguito dell'acquisizione di uno stabilimento siderurgico in Ungheria. (Interrogazione)
Interrogazione
Premesso
- che l'acquisizione dello stabilimento siderurgico ungherese Dissgyori Acelmuvek si è rivelata un'esperienza fallimentare per il gruppo industriale del quale fa parte la Cogne Acciai Speciali;
- che, rispondendo a un'interpellanza del gruppo di Forza Italia del 21 marzo 2001, l'assessore regionale Piero Ferraris affermava tra l'altro:
"L'acquisizione di questo stabilimento rappresenta un completamento della gamma delle produzioni del gruppo Marzorati e della Cogne, in grado di offrire sul mercato un insieme di prodotti in acciaio inossidabile, in acciaio per utensili e in acciai legati da costruzione, nel senso che, se oggi la produzione delle aziende della Cogne è legata esclusivamente ad acciai inossidabili e ad acciai per utensili, in questo modo viene ampliata la gamma produttiva e questo è particolarmente interessante per infondere le fasce di mercato nei settori dell'auto e dei trasformatori intermedi.
Dall'acquisizione di questa azienda il "sistema Cogne", intendendo la Cogne di Aosta, le aziende del gruppo Marzorati in Svizzera che venivano citate (la Novametal, la Stainless Bar, le Ferriere di Stabio e la Novacciai) viene a costituire un gruppo che può fatturare più di 1.000 miliardi; oggi questo raggruppamento fattura circa 750 miliardi, quindi si tratta di un potenziamento del gruppo stesso.
Non solo, l'acquisizione di questo stabilimento apre ai mercati dell'est la possibilità di commercializzare le produzioni del gruppo e, tenuto conto del fatto che ci sarà prossimamente l'ingresso nell'Unione europea dell'Ungheria, questo consente di "aprire" verso i mercati dell'Ucraina e della Romania".
- che le affermazioni dell'assessore si sono rivelate tutt'altro che profetiche;
- che tra le maestranze serpeggia una forte preoccupazione circa il futuro dello stabilimento valdostano, vista la crisi di liquidità e la difficoltà di approvvigionamenti delle materie prime, fattori peraltro confermati anche dallo stesso amministratore delegato nel corso di una recente assemblea con il sindacato e le Rsu;
tutto ciò premesso, i sottoscritti Consiglieri regionali
Interrogano
l'Assessore delegato per sapere:
1. quali considerazioni esprime sull'esperienza industriale ungherese e sulle conseguenze che si riflettono nei confronti del Gruppo Marzorati;
2. se si profila l'ipotesi di C.I.G.: in caso affermativo, quanti dipendenti riguarda, quali sono i reparti coinvolti e per quali periodi;
3. quali ripercussioni potranno avere le difficoltà finanziarie annunciate dall'ad nei confronti dell'attività produttiva e occupazionale della Cogne Acciai Speciali.
F.to: Tibaldi - Lattanzi
Président - La parole à l'Assesseur aux activités productives et aux politiques du travail, Ferraris.
Ferraris (GV-DS-PSE) - La prima domanda posta chiede quali considerazioni si esprimono sull'esperienza industriale ungherese e sulle conseguenze che si riflettono nei confronti del "Gruppo Marzorati".
Tale vicenda porta ad una prima considerazione: che le posizioni di coloro - e sicuramente erano diverse - che pensavano che con l'avventura ungherese si andasse ad un forte ridimensionamento ed eventualmente ad una chiusura della "Cogne", di fatto sono state smentite. Mi ricordo che queste voci provenivano da più parti; anche il Consigliere Tibaldi, nella seduta del 21 marzo, paventava questa possibilità, quando diceva - fra le diverse cose - che, a fronte di un sottoutilizzo dello stabilimento aostano, a fronte di un orientamento della "Cogne" e dei "Marzorati" di rivolgersi fuori dalla Valle, a Stabio piuttosto che all'Ungheria, anche in considerazione del basso costo della mano d'opera ungherese, era possibile che l'imprenditore potesse avere una notevole convenienza a sviluppare determinate produzioni in Ungheria piuttosto che in Valle, e che l'Ungheria potesse diventare un ponte verso gli Stati Uniti. Da questo punto di vista mi pare che non si siano realizzate profezie, da nessuna parte.
Il dato rimanente è che oggi abbiamo uno stabilimento, quello della "CAS", che continua a produrre e che ha effettuato nell'ultimo anno circa 200 assunzioni. È vero, sono state determinate dall'esito dovuto al prepensionamento collegato all'amianto, ma è altrettanto vero che un'azienda che avesse la volontà di ridurre i propri livelli occupazionali o ridimensionare la propria produzione, non avrebbe avuto occasione migliore di questa per andare verso una riduzione dei propri occupati.
Venendo alle questioni specifiche, quindi all'esperienza ungherese, "l'esperienza ungherese" in termini di organizzazione industriale (impianti, qualità della produzione, organizzazione del lavoro) e per tipo di esportazioni (l'incidenza delle esportazioni sull'utilizzo nel mercato locale) è stata un'esperienza che aveva dato risultati positivi. Dove le cose non hanno funzionato? Non hanno funzionato per quanto riguarda il cambio svantaggioso verificatosi fra il fiorino ungherese e l'euro, dopo anni di stabilità del fiorino, l'introduzione di misure di salvaguardia all'importazione in Europa dai Paesi dell'Est, come conseguenza in parte "dell'antidumping" degli Stati Uniti, costo dell'energia elettrica e dei gas industriali che non erano competitivi rispetto agli altri consumatori interni; infine, difficoltà di relazioni esterne con il mondo politico. Questo è stato il motivo che ha portato alla chiusura e alla messa in liquidazione della "DAM".
I mercati delle due società erano rimasti completamente autonomi, quindi non vi è stato alcun effetto negativo come conseguenza industriale della chiusura della "DAM" sul sito di Aosta, nel senso che c'era una completa autonomia dal punto di vista produttivo. È successo che i tecnici occupati nello stabilimento "DAM", prevalentemente di provenienza della "CAS", sono tornati ad occuparsi dello stabilimento di Aosta e quindi sono tornati nel sito originario. La conseguenza sul piano finanziario è che sul bilancio della "Cogne" appare la svalutazione della partecipazione; quindi, dal punto di vista finanziario, l'operazione ungherese ha pesato sulla situazione finanziaria dello stabilimento "Cogne".
In merito alla seconda domanda: "se si profila l'ipotesi di CIG: in caso affermativo, quanti dipendenti riguarda, quali sono i reparti coinvolti e per quali periodi", va detto che non ci troviamo in una congiuntura di mercato particolarmente favorevole per alcun settore. Non voglio dilungarmi su questo, lo do per acquisito; va detto, però - e questo anche facendo delle verifiche con l'azienda - che l'utilizzo della CIG non ha alcuna relazione con la chiusura della "DAM". Il periodo richiesto di cassa integrazione va dall'1/10 al 31 dicembre 2003; i reparti interessati sono: acciaieria, n. 40/50 persone, il treno "TVB", per una decina di persone; il decapaggio per una ventina di persone.
L'utilizzo della cassa integrazione, nella fase finale dell'anno, è uno dei dati strutturali che abbiamo verificato in tutti questi anni dovuto al fatto che la configurazione produttiva dello stabilimento di Aosta è caratterizzata da un sovradimensionamento delle acciaierie rispetto ai reparti di laminazione, quindi di trasformazione dell'acciaio; per cui direi che questo è un dato collegato alla situazione impiantistica interna - lo possiamo verificare - ripetutosi più volte, direi con costanza, negli ultimi anni. Aggiungo che nella situazione attuale il rallentamento produttivo è da ricercare anche nella situazione di mercato generale del settore e nella volontà di riduzione delle scorte di magazzino per ottimizzare i risultati economico-finanziari. Dal momento che i dipendenti dello stabilimento a fine anno non hanno più ferie da utilizzare, si dovrà ricorrere alla CIG.
Ultima domanda: "quali ripercussioni potranno avere le difficoltà finanziarie annunciate dall'ad nei confronti dell'attività produttiva e occupazionale della "Cogne Acciai Speciali"." Secondo le dichiarazioni dell'amministratore delegato che qui ripropongo, non vi sarà alcuna ripercussione sull'attività produttiva e neppure sull'occupazione della "Cogne". Lo dicevo prima: il dato di assunzioni di questo stabilimento sta a dimostrare come, a fronte di una possibile riduzione dell'occupazione, questa non c'è stata, quindi conferma che da parte dell'azienda vi sia una volontà di mantenere i livelli occupazionali e i livelli produttivi. La società ha allungato in questo periodo alcune condizioni di pagamento ai fornitori, ma continua con regolarità il processo di approvvigionamento delle materie prime.
Per quanto riguarda il pagamento nei confronti dei dipendenti, l'azienda ha concordato con i sindacati il riconoscimento ed il pagamento del premio di produzione ai lavoratori in questo mese, quindi neanche i lavoratori subiscono alcuna penalizzazione: questo è il quadro che emerge, quindi la "Cogne" non doveva chiudere perché la "Marzorati" se ne andava in Ungheria, non deve chiudere perché l'Ungheria non c'è più, se posso così sintetizzare!
Président - La parole au Conseiller Tibaldi.
Tibaldi (CdL) - A parte la battuta finale sulla quale tornerò dopo, constato una maggiore dose di prudenza dell'Assessore nell'affrontare la "questione Cogne", a differenza del passato, in cui una notevole dose di ottimismo animava le sue risposte, cercando di banalizzare le problematiche sollevate dal nostro gruppo consiliare o anche da altri gruppi in sede di interrogazione.
Una notevole prudenza che comunque sta a certificare la situazione di disagio che sta vivendo la "Cogne Acciai Speciali", e non solamente per un fattore congiunturale, come l'Assessore ha voluto ribadire, perché a fronte di un fattore congiunturale di mercato che non è felice, ci sono comunque industriali del settore siderurgico che sono in crescita, di conseguenza il dominare o essere dominati dal mercato qualifica o meno le diverse istanze imprenditoriali. Cosa notiamo? Ad un suo proverbiale "ottimismo" oggi fa eco un'attenta prudenza, proverbiale "ottimismo" che peraltro è stato smentito dai fatti, Assessore, perché lei dice che le profezie non si sono concretizzate da alcuna delle parti. I timori che paventavo in quella sede, quando abbiamo affrontato l'interrogazione datata 21 marzo 2001, erano timori e rischi che non si sono realizzati perché l'esperienza ungherese - che lei oggi definisce, più morbidamente, "avventura" - è fallita!
Le vorrei ricordare che l'esperienza ungherese - stante le sue dichiarazioni - era configurata nel progetto industriale come un tassello importante che doveva implementare l'area di influenza della "Cogne" nel mercato. Un tassello importante, tanto che lei diceva che dall'acquisizione di quest'azienda il sistema "Cogne" viene a costituire un gruppo che può fatturare più di 1.000 miliardi a fronte dei 750 fatturati nel 2001, quindi si tratta di un potenziamento del gruppo. Purtroppo, per l'imprenditore questo disegno non si è realizzato per le ragioni da lei prima elencate; sta di fatto che il dato preoccupante di oggi si fonda su due elementi.
Il primo elemento è che c'è una dichiarata difficoltà negli approvvigionamenti, "dichiarata" perché le parole autorevoli sono dello stesso amministratore delegato della "Cogne Acciai Speciali", rilasciate non solo in sede di incontro con le parti sindacali, ma anche su alcuni organi di stampa. Difficoltà per reperire gli approvvigionamenti, alla quale consegue, come secondo fattore, una situazione debitoria pesante, una crisi di liquidità che l'Assessore non ha smentito, perché ci risulta che le banche stiano limitando notevolmente le linee di credito nei confronti dell'azienda.
Lei dice che non vi sono preoccupazioni sul livello produttivo e occupazionale, considera strutturale addirittura una CIG a fine anno per 3 mesi che coinvolge un'ottantina di persone. Sono dichiarazioni estremamente soggettive; non so come si possa definire "strutturale" la collocazione in panchina di un certo numero rilevante, che rappresenta, grosso modo, l'8-10% della forza-lavoro di un'industria, la quale, invece, potrebbe essere in altre condizioni. Tenga presente che comunque tali situazioni sono conosciute e il problema di delocalizzazione da noi paventato, come il rischio di far "crescere" l'Ungheria e far "appassire" Aosta, non è che sia escluso del tutto, perché non c'è solo l'Ungheria al di fuori dei confini valdostani, anzi, sembrerebbe che impianti di proprietà della "CAS", in particolare rettifiche e raddrizzatrici, potrebbero essere smontate e trasferite nel lontano Oriente, in cui vi sono aree appetibili dove gli imprenditori hanno convenienza a insediare le loro attività.
A nome del gruppo consiliare, inviterei l'Assessore ad essere più attento all'evoluzione della situazione della "CAS", che sta evidenziando dei sintomi tutt'altro che tranquillizzanti, ed è questo lo spirito con il quale abbiamo presentato questa interrogazione e sulle cui risposte non siamo completamente soddisfatti!