Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 37 del 23 luglio 2003 - Resoconto

OGGETTO N. 37/XII - Definizione di criteri per l'erogazione di prestazioni da parte delle strutture dell'USL. (Interpellanza)

Interpellanza

Premesso che

- L'effettuazione di visite, esami ed interventi operatori c/o le strutture dell'USL Valle d'Aosta comporta spesso l'inserimento del paziente in liste d'attesa;

- La data della prestazione sanitaria è comunicata con un preavviso, a discrezione della struttura interessata, che va dalle 48 prima ad alcune settimane;

Ritenuto che

- il cittadino-paziente abbia il diritto ad una più attenta e maggiore definizione dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie al fine anche della programmazione della sua sfera personale;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

Il Presidente della Regione e l'Assessore alla Sanità per sapere:

1) se siano a conoscenza della situazione e quale giudizio esprimono;

2) se sia intenzione nell'ambito del contratto di programma intercorrente con l'USL prevedere, in relazione alle liste di attesa, l'obbligo per le strutture sanitarie di comunicare sin dall'atto della prenotazione la data della prestazione con possibilità di anticipazione in caso di sopravvenuta disponibilità e previa accettazione del paziente;

3) se tra gli obiettivi della politica sanitaria di legislatura vi è l'intendimento di superare o quantomeno ridurre al minimo i tempi delle liste di attesa attraverso il ricorso ad una politica di convenzionamento e decentramento delle prestazioni sanitarie.

F.to: Frassy - Tibaldi

Presidente - La parola al Consigliere Frassy.

Frassy (CdL) - L'argomento non è certo innovativo, nel senso che la questione delle liste di attesa è una delle questioni che caratterizza negativamente la domanda di sanità pubblica e la Valle d'Aosta non si sottrae a questo tipo di problematica.

Nell'interpellanza partiamo dal problema concreto, oggi, delle liste di attesa, che ha due facce. La prima, può essere quella della politica sanitaria, vista dall'interno dell'amministrazione sanitaria: se dare una prestazione in certi tempi piuttosto che in altri; la seconda, che è quella con cui la vede il paziente: è il prezzo emotivo che viene pagato dall'utente-paziente. È ovvio che chi sta in lista di attesa ha come minimo dei problemi, nella miglior situazione facilmente risolvibili, ma che comunque vanno al di fuori di quella che può essere l'ordinarietà della vita di tutti i giorni; di conseguenza, sarebbe opportuno che, nella prospettiva dell'attesa dell'intervento o dell'esame, vi fosse la certezza dei tempi di attesa, al fine di poter programmare la propria routine, ma anche il fatto di non essere appesi al filo della chiamata, la quale, in alcuni casi, ci risulta essere una chiamata di preavviso con sole 48 ore di anticipo rispetto a quello che è l'intervento.

Penso che su tale problematica si pongano due riflessioni: una, sulle tempistiche che si vogliono dare alle richieste sanitarie dei cittadini, e si apre il ragionamento su quali possano essere i meccanismi che consentono di superare le liste di attesa. Sappiamo che la Regione Valle d'Aosta, da questo punto di vista, purtroppo, sta nelle 9 regioni italiane che hanno la maglia nera sul fronte speculare della lista di attesa, ossia la mobilità passiva; sono tante le questioni che portano alla mobilità, ma fra le tante questioni forse anche le liste di attesa sono uno degli elementi che contribuiscono ad aumentare la mobilità passiva. Dicevo, la mobilità passiva è caratteristica di 9 regioni, tutte del sud Italia: tra queste 9, l'unica regione del nord è il Piemonte con la Valle d'Aosta, perciò siamo in compagnia del Piemonte, ma siamo le uniche due regioni del nord che hanno una mobilità passiva. Mobilità passiva che è significativa, perché dati recenti attribuiscono 1951 casi alla Valle d'Aosta rispetto ai 2886 del Piemonte, e sappiamo qual è la differente situazione demografica delle due regioni!

Al di là della mia riflessione sulla mobilità passiva che esula dalle liste di attesa, riteniamo che vi siano dei sistemi che possono essere convenzionamento, decentramento delle prestazioni sanitarie, attuate fra l'altro con soddisfazione da regioni a noi vicine, come la Lombardia, che per noi è vicina non solo geograficamente, ma anche politicamente per il tipo di impostazione che viene data all'amministrazione di quella regione, per la vicinanza ideale ed ideologica.

In attesa di arrivare al superamento del problema delle liste di attesa, riteniamo opportuno arrivare a quello della precarizzazione del cittadino-paziente, dandogli quanto meno la certezza, fin dalla prenotazione, del momento in cui sarà effettuato l'esame piuttosto che l'intervento, con l'avvertenza che, nel caso in cui vi sia - per i motivi più svariati - la possibilità di anticipare le date fissate, questa venga proposta e il cittadino possa dare o meno la sua disponibilità. Pensiamo sia il minimo per rendere la sanità per certi versi più comprensiva delle sensazioni, delle emotività che caratterizzano il paziente e l'utente della sanità.

Ci auguriamo che l'Assessore Fosson, forte anche della sua professionalità in materia, possa trovare delle risposte a questioni che, per parecchio tempo, sono state oggetto di dibattito, ma non sono mai arrivate ad avere delle risposte risolutive, che si siano concretizzate con segni evidenti.

Presidente - La parola all'Assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Fosson.

Fosson (UV) - Dobbiamo essere corretti e riconoscere che le liste di attesa ci sono, nonostante si sia lavorato molto, su questo, negli ultimi tempi.

Lei certamente sa dell'esistenza di una deliberazione del 29 aprile 2002, la quale riprende un decreto ministeriale sui livelli dei LEA che fissa per le prestazioni ambulatoriali - e su questo bisogna fare una distinzione - dei tempi di 30 giorni per le prime visite e di 60 giorni per gli esami strumentali. È chiaro che il paziente in lista di attesa vive uno stato d'animo particolare. C'è anche da dire che la stessa deliberazione fissa, per le prestazioni urgenti, dei percorsi completamente diversi e così anche per le prestazioni dilazionabili in breve tempo, cioè per quelle che devono essere effettuate nei primi quindici giorni; quindi, per alcune patologie, esistono dei percorsi privilegiati.

Sulla mobilizzazione lei ha fornito dei dati, ma bisognerebbe vedere quale tipo di mobilizzazione esiste, perché la maggior parte di mobilità passiva è per grossi interventi di chirurgia, per neurochirurgia, per cardiochirurgia, per interventi che non si possono verificare qui, perché non c'è un bacino sufficientemente adeguato per sviluppare una certa attività chirurgica efficiente.

Perché si forma una lista di attesa? Perché le richieste sono maggiori delle possibilità di farvi fronte! Il discorso va però fatto soprattutto sull'appropriatezza della richiesta; su questo mi permetta di fare qualche esempio che viene dalla mia esperienza. Se un malato ha un trauma ad una gamba e vuole fare subito una TAC o una risonanza magnetica, ma non ha fatto una semplice radiografia perché ritiene che non serva, questa è una richiesta inappropriata e noi non possiamo dilatare le offerte a misura di richieste inappropriate. Lei ha citato bene il "sistema Lombardia", che conosco; lei sa che quel sistema sta andando in crisi proprio per questo, perché a furia di far fronte a tutte le richieste, senza verificarne l'appropriatezza, si dilata in modo anomalo la spesa.

Se una donna a cui è previsto un controllo mammografico di screening ogni due anni - porto un altro esempio, per capirci e non essere demagogici - si presenta dal suo medico, pur con questo screening e chiede, causa dolori al seno, di fare un'altra mammografia, non è corretto per la salute stessa della donna sottoporsi ad un'altra mammografia! Ci dovrà essere un altro percorso, una visita senologica particolare per vedere, capisce?

Il livello più corretto su cui intervenire mi sembra che sia proprio il controllo dell'appropriatezza delle richieste; su questo l'Amministrazione aveva già sensibilizzato i medici di base dando l'indicazione di colori diversi per determinare l'urgenza della prestazione: questo per fornire un servizio più corretto al cittadino per la sua salute stessa e, su questo, bisognerà lavorare. Lei sa che ogni tre mesi l'USL ci fornisce dei dati sui tempi di attesa e, obiettivamente - lo dicevo già all'inizio - alcuni tempi di attesa in questo momento vanno al di là di quelle che sono le nostre intenzioni e le aspettative del cittadino: su questo dobbiamo lavorare.

Per quanto concerne la centralizzazione delle richieste di prestazione e su quello che lei ha definito, in modo giusto, non "precarizzazione" dell'indicazione della prestazione, bisogna fare tecnicamente una grossa differenza, perché un conto è la richiesta di un esame diagnostico e strumentale, e un conto è una prenotazione per un atto chirurgico.

Sul discorso della prenotazione per un atto diagnostico lei sa che è stato centralizzato tutto il servizio di prenotazione con un CUP funzionante da alcuni mesi, che sicuramente è un passo avanti: sicuramente, quando qualcuno si presenta per avere una prestazione, dà una data precisa di questa prestazione. Se poi un macchinario si rompe, una manutenzione si prolunga, questi sono eventi che intervengono sulla data prevista di effettuazione dell'esame e fanno saltare diverse cose, per cui bisogna prevedere in questo CUP una elasticità maggiore di quella che lei riferisce.

Per quanto riguarda invece le prenotazioni per interventi chirurgici - mi permetta anche questo, per esperienza - un programma chirurgico, una previsione di tempi chirurgici, non è la cosa più facile da fare, perché, proprio per criteri di urgenza e di non differibilità, certe patologie passano davanti ad altre, per cui è difficile a 2-3 mesi prevedere la data esatta di un intervento ordinario come può essere un'ernia o una colecisti, perché non sappiamo nei 15-20 giorni precedenti quanti tumori dello stomaco o dell'intestino si presenteranno, che chiaramente avranno la precedenza su questi interventi in quanto differibili!

Per quello che mi risulta, la precarizzazione è molto relativa, nel senso che l'ammalato viene avvertito un mese o due prima, perché deve effettuare degli esami, effettua questi esami e la previsione operatoria è sempre di 15-20 giorni prima, non di 48 ore prima, anche se lei sa - e questo può verificarsi - che in un programma operatorio previsto per un giorno in cui due o tre malati sono in sala operatoria, può succedere una patologia momentanea ad uno dei malati previsti in sala operatoria, per cui si libera un posto e un malato che era in attesa da 3-4 mesi viene richiamato in tempi più brevi.

Problema del convenzionamento con strutture private: questo, non stupisce nessuno, avviene già normalmente in Valle d'Aosta, abbiamo delle convenzioni per la fisioterapia, per esempio. Il nostro intendimento è sicuramente far funzionare meglio la struttura pubblica e far sì che le risorse che utilizziamo per la sanità pubblica siano spese al meglio. Ciò non toglie che là dove i tempi di attesa, nonostante tutte queste nostre attenzioni, saranno più lunghi, ci si rivolgerà ad altre realtà che potranno permetterci di abbassare queste liste di attesa, tenendo sempre presente che il nostro scopo è migliorare la sanità pubblica.

Una sola parola sul "privato", su cui vi sono già delle convenzioni: bisogna che questo "privato" sia efficiente ed economicamente valido, altrimenti non aiuta a diminuire in modo qualitativamente efficace le nostre liste di attesa. Il discorso è molto ampio, come ha detto anche lei, le liste di attesa comportano tutta una organizzazione della sanità e non comportano solo un intervento in alcuni settori: su questo la nostra intenzione è di lavorare, di lavorare anche insieme a chi ha delle proposte valide e, quindi, penso che vi ritorneremo.

Presidente - La parola al Consigliere Frassy.

Frassy (CdL) - Ho ascoltato la risposta dell'Assessore e devo dire che ha dato una risposta politica, caratterizzata anche da una certa concretezza di chi comunque, fino a ieri, era completamente immerso nei problemi operativi della sanità.

Devo dire che vi sono due cose che non ci convincono completamente, una di tipo forse politico, e ci auguriamo che l'Assessore Fosson riesca ad affrontare la sanità sempre con la mente di colui che ha vissuto la sanità. "Deviare" la risposta alle liste di attesa su quella parentesi che lei ha fatto dell'appropriatezza è un po' la tentazione di chi, gestendo politicamente dal punto di vista amministrativo una macchina complessa, conclude che dopotutto sono i cittadini, come sempre, quelli indisciplinati, che non rispettano le regole, che abusano e, soprattutto, abusano quando costa loro poco o comunque costa loro meno!

Giustamente lei ha detto - e io lo voglio ribadire - che questa Amministrazione ha già emanato disposizioni rigide sull'appropriatezza delle prestazioni, tant'è che sappiamo che alcune di esse, anche semplicemente esami di tipo diagnostico, non possono essere più prescritti dal medico di base, ma devono essere prescritti da un medico specialista. Di conseguenza, direi che l'appropriatezza sta sì nell'educazione del cittadino, sì nella professionalità della categoria medica, ma sta in quella statistica in cui, in settori complessi come la sanità, bisogna fare i conti anche con gli abusi, anche se io non penso che questi siano alla base del problema delle liste di attesa.

Non sono invece in sintonia con una parte centrale dell'interpellanza, che è la motivazione che ci ha spinti a presentarla. È vero che in alcuni reparti vi è l'abitudine di dare le risposte con una certa tempistica, però le posso dire - gliene parlerò in sede privata, perché non è un dato che abbia interesse al dibattito pubblico - che in altri reparti le risposte non vengono date, nel senso che viene detto: "oggi stiamo facendo gli interventi che erano stati prenotati per marzo…" - ad esempio - "… quando ci avvicineremo glielo faremo sapere".

Ora, è vero, vi è il problema della funzionalità della struttura pubblica che dia una risposta alle urgenze, le quali, in sanità, spesso sono forse superiori agli interventi di routine; però è altrettanto vero che, a fronte di interventi che possono essere di routine, in quanto non urgenti per il personale medico, ma diventano straordinari per il cittadino-paziente, perché in quel momento si sottopone ad un qualcosa che è al di fuori del suo normale ritmo di vita quotidiana, le risposte sulla data prevista - quanto meno con una certa approssimazione - dovrebbero essere date all'atto della prenotazione dell'intervento! Anche perché poi vi è tutta una serie di attività collaterali che subiscono riflessi negativi: dall'attività professionale all'attività familiare, allo stesso stato d'ansia che va ad incidere su questo cittadino in attesa di intervento; perciò, pur capendo la difficoltà di una data certa, riteniamo che dare una previsione con un lasso di 15 giorni possa conciliare l'esigenza dell'urgenza della sanità con la programmazione della vita del cittadino-paziente.

Auspichiamo che questo sforzo possa essere realizzato a breve.

Presidente - Vista l'ora, possiamo interrompere i nostri lavori che riprenderanno alle ore 16. Ricordo che alle 15,30 vi è la riunione della Conferenza dei Capigruppo.

La seduta è tolta.

---

La seduta termina alle ore 12,53.