Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 2605 del 8 maggio 2002 - Resoconto

OGGETTO N. 2605/XI Interventi per la tutela della salute degli operatori sanitari anche in considerazione di sovraccarichi di lavoro. (Interpellanza)

Interpellanza Viste le recenti percentuali di "errori" nella diagnosi e cura degli utenti nelle strutture sanitarie a livello nazionale;

Appreso che la causa della maggior parte di tali errori va ricercata nel sovraccarico di lavoro degli operatori sanitari;

A fronte della carenza di infermieri nell'ospedale di Aosta e del sovraccarico di lavoro cui questi operatori sono sottoposti;

Visto che a molti infermieri viene negata la possibilità di ottenere il necessario riposo compensativo, programmando indirettamente lo straordinario, vietato dal contratto di lavoro;

Vista inoltre la scelta dell'azienda di mettere in vendita "pacchetti di ore infermieri" per far fronte alla carenza del personale;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

l'Assessore competente per sapere:

1) se è stata fatta una valutazione del carico di lavoro degli infermieri e della possibile incidenza di tale sovraccarico sugli eventuali "errori? del personale;

2) cosa intende fare perché l'azienda tuteli anche la salute degli operatori sanitari.

F.to: Squarzino Secondina - Beneforti

Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU) Il problema delle condizioni di lavoro degli infermieri e la stessa emergenza infermieri è ormai all'ordine del giorno da diverso tempo, senza che si incominci a enucleare una soluzione adeguata. Si ha piuttosto l'impressione che con il passare del tempo le situazioni si aggravino e si incancreniscano, rendendo più difficile trovare una via d'uscita rispettosa delle esigenze del personale e funzionale per il servizio.

C'è stato un fatto nuovo che ha richiamato la nostra attenzione sulla questione infermieri: una recente indagine del Politecnico di Milano, l'Istituto Cineas, in collaborazione con un istituto svizzero, lo Zurich Consulting, ha messo in luce che ogni anno in Italia, ma anche in altri paesi, si verifica una strage di pazienti all'interno dell'Ospedale; in Italia si calcola nel 2000 circa 35.000 pazienti, quindi sono cifre consistenti. Lo stesso studio, nell'analizzare le cause di questa strage di pazienti, dice che si sbaglia soprattutto per carichi di lavoro eccessivi, per carenza di personale.

Proprio queste espressioni: "carichi di lavoro eccessivi", "carenza di personale", sono un po' le condizioni che caratterizzano il lavoro e le prestazioni degli infermieri all'USL di Aosta. Sappiamo che gli infermieri sono sotto organico, non sono presenti in numero sufficiente a coprire le esigenze. Sappiamo che, per questo motivo, a molti infermieri viene negata la possibilità di ottenere il necessario riposo compensativo. Sappiamo che la pratica della vendita di pacchetti ad ore, anche se accettata dal personale, ha aggravato il carico di lavoro, perché si è tradotta in un ulteriore stress per il personale.

Se per un breve periodo, un'emergenza di pochi mesi, si possono capire alcune scelte che hanno come conseguenza un sovraccarico di lavoro del personale, questa soluzione non è più accettabile per periodi più lunghi, che si protraggono nel tempo per mesi, possiamo dire anche per anni, perché sono almeno due anni che questo problema emerge nella sua gravità acuta. Sono anni che permane questo stato di cose ed è uno stato di cose che preoccupa innanzitutto i diretti interessati, gli infermieri; preoccupa le organizzazioni sindacali che li tutelano: che siano autonome o che siano confederali, la valutazione su questo dato è unanimemente condivisa.

I sindacati, ancora recentemente - in questi anni più volte lo hanno fatto, ma cito un documento del mese scorso - hanno detto che: "ferie e riposo rischiano di non poter essere goduti per la mancanza di operatori in numero sufficiente a coprire i turni, i quadri non sono quasi mai definitivi a causa delle frequenti assenze per malattia, correlata allo stress da superlavoro, le necessità individuali vengono sacrificate per far posto alle esigenze organizzative". Mi sembra che questi siano giudizi molto pesanti e gravi, molto circostanziati. Il contratto prevede 36 ore di lavoro, ma questo giungerà quasi sempre a 40 - a volte anche di più - alla settimana.

Noi siamo convinti che l'azienda non possa non rendersi conto di questa situazione, e allora ci chiediamo: se di fronte a questa situazione ha agito di conseguenza; se ha proceduto ad una verifica del carico di lavoro degli operatori; se si è posta la domanda circa la possibile incidenza del carico di lavoro eccessivo, dovuta alla carenza di personale, proprio sulla cura e sulla salute del paziente; se considera la tutela della salute dei lavoratori un obiettivo da perseguire; insomma, cosa sta facendo per i suoi infermieri, che sono una parte importante della struttura ospedaliera? Il disagio è grande.

È vero che è grande anche in molte parti d'Italia e che in molte USL c'è questa "fame" di infermieri, ma è talmente grande che questa "fame" di infermieri giunge anche da noi e addirittura alcuni infermieri, magari già assunti nella nostra regione, accettano proposte più allettanti fatte da aziende sanitarie di altre regioni. E così potremmo dire che oltre al danno, nel senso che risorse preziose nel nostro Ospedale sono sottratte all'organizzazione sanitaria regionale, c'è anche la beffa, perché si tratta di operatori sanitari preparati in loco nella Scuola regionale per infermieri, quindi con risorse regionali.

Ci interessa sapere, rispetto a questi temi, qual è la valutazione fatta dall'USL, qual è la valutazione fatta anche dall'Assessorato e se emergono ulteriori indizi di soluzione del problema.

Président La parole à l'Assesseur à la santé, au bien-être et aux politiques sociales, Vicquéry.

Vicquéry (UV) Mi complimento con la "claque"; di certo c'è, però, che non possiamo ogni qualvolta ci sia una notizia giornalistica, trarre delle conclusioni direttamente rilevanti dalla notizia giornalistica, perché buona norma sarebbe quella di approfondire i temi in loco e di verificare se questi temi ci sono.

In via preliminare vorrei osservare che l'assioma in base al quale gli errori di diagnosi e cura degli utenti delle strutture sanitarie a livello nazionale siano imputabili a sovraccarichi di lavoro, è alquanto discutibile, nemmeno quella ricerca lo dice. È una delle possibili concause, ma una delle possibili concause, perché fondamentalmente ci sta la professionalità della persona che presta assistenza, ed è ancora più discutibile in Valle d'Aosta, tenuto conto degli elevati indici di copertura del personale medico e infermieristico rispetto alla popolazione residente. Almeno siamo onesti intellettualmente fra di noi, perché la ricerca parla di "errore di diagnosi", e lei sa meglio di me, Consigliera Squarzino, che questa materia è di esclusiva competenza del personale medico e non del personale infermieristico, su cui è impostata la sua interpellanza. Se è di competenza del medico la diagnosi, ricordo che tutto si può dire in Valle d'Aosta, meno che manchino i medici: abbiamo un medico ogni due posti letto ospedalieri, siamo la Regione europea - se non mondiale - con il più alto numero di medici rispetto ai posti letto.

Abbiamo 1,84 medici per 1000 abitanti, contro una media nazionale di 1,63; abbiamo una percentuale di più 13 percento di medici presenti in Ospedale e sul territorio. Delle due l'una: o i medici sono incapaci e professionalmente non preparati, ma sicuramente non hanno il sovraccarico di lavoro. Qui parliamo di "errore di diagnosi", questo è il punto su cui si concentra quella ricerca a livello nazionale, che tira delle conclusioni assolutamente inaffidabili, perché è un metodo elegante per distruggere il sistema pubblico.

Mi dispiace che proprio dal versante dell'Ulivo si continui imperterriti a citare documentazioni, ricerche, indagini che sono finanziate dal sistema privatistico stesso, per poter dimostrare che il sistema pubblico è inaffidabile e bisogna rivolgersi al privato, che bisogna andare a lavorare nel privato. Mi dispiace, perché culturalmente e ideologicamente si sta facendo il gioco di quelli che vogliono distruggere il sistema pubblico. Questo lo dico a ragion veduta, perché sapete quanto difenda il sistema pubblico.

Se parliamo invece di "errore nella cura", in questo settore si inserisce anche il personale infermieristico, ausiliario e quant'altro, ma anche qui vorrei ricordare che pur essendoci delle carenze, di cui parlerò, in Valle d'Aosta sono presenti 5,15 infermieri per 1000 abitanti contro una media nazionale di 4,27 con un più del 20 percento.

Questo è il dato di fatto, ed è un dato che possiamo registrare grazie alla politica lungimirante, che è stata fatta in Valle d'Aosta con la Scuola per infermieri professionali, con le borse di studio; siamo stati i primi a dare le borse di studio per le Scuole per infermieri professionali e mediamente si diplomano in Valle d'Aosta dai 20 ai 30 infermieri professionali. Nell'ambito dello studio che è stato citato più volte in quest'aula, lo studio effettuato dal Cresa, si è potuto constatare che vi sono reparti che evidenziano scostamenti in eccesso o in difetto, in termini di carichi di lavoro del reparto rispetto agli standard nazionali. Là dove si verificano degli scostamenti in eccesso dei carichi di lavoro del personale infermieristico, ossia un deficit fra quantità di lavoro offerta dal personale e quantità di lavoro richiesta per la cura degli utenti, si è provveduto ad attivare gli strumenti previsti dalla normativa vigente, per fornire le necessarie prestazioni infermieristiche aggiuntive.

I tanto contestati "pacchetti infermieri", che qui in Valle d'Aosta sono applicati ormai da due anni, sono ora previsti da una legge dello Stato, legge n. 1/2002. Sulla base di quanto esposto, non è pertanto dimostrato che vi sia una correlazione causale diretta fra gli "errori di diagnosi e cura" e i reparti in cui sono stati attivati gli strumenti previsti dalla normativa vigente, per far fronte alla carenza di personale infermieristico, così come non vi è nessuna statistica che dimostri - e sarebbe opportuno che ci fosse - quali e quanti sono questi errori.

Se per "errore di diagnosi e cura" si intende la inappropriatezza dei ricoveri e delle successive cure - e la ricerca citata a volte fa questa confusione -, si sta valutando un elemento quantitativo delle prestazioni sanitarie, che non necessariamente attiene alla dimensione qualitativa delle prestazioni medesime e della relativa offerta da parte degli operatori sanitari, dimensione che, pur evidenziando sovraccarichi di lavoro, può rispondere in modo efficace alla domanda di salute dell'utenza servita. Questo è un punto su cui dobbiamo riflettere.

Se si fa di tutt'erba un fascio, se nell'ambito degli errori ci si riferisce anche alla inappropriatezza dei ricoveri, al fatto che il cittadino potrebbe essere curato sul territorio invece che ricoverato, mi dovete dare atto che si sta facendo volutamente della gran confusione in materia, perché non è "errore di diagnosi e cura". Può sfiorare l'errore della cura il fatto che un soggetto venga ospedalizzato piuttosto che curato a domicilio, ma non è dal punto di vista medico legale da inserire in questa fattispecie.

Rispetto al secondo punto, il dimensionamento quantitativo delle prestazioni aggiuntive da rendersi da parte del personale infermieristico è attentamente studiato dalle direzioni di area e dai competenti uffici infermieristici, così come le modalità tecniche ed organizzative del loro espletamento. Tali analisi sono improntate al mantenimento dei livelli quali-quantitativi di erogazione dei servizi e non, ovviamente, ad un loro deterioramento nel medio-lungo periodo. La direzione sanitaria di azienda sovrintende affinché non si creino situazioni di sovraccarico, tali da rendere possibili errori dovuti ad eccessivo affaticamento. Rispetto al problema dei "pacchetti di ore infermieri", in termini assoluti le prestazioni aggiuntive richieste al personale infermieristico prevedono una disponibilità - sottolineo: "disponibilità", non obbligatorietà - a prestare ore aggiuntive in misura non superiore a 150 ore negli otto mesi - la media mensile è di 18 ore 45 minuti - e con modalità organizzative di massima tali da garantire che le prestazioni aggiuntive siano rese prioritariamente nell'unità budgetaria di appartenenza, ovvero in unità budgetarie ove il dipendente ha già prestato attività lavorativa.

Tutto ciò mira ad una programmazione del lavoro infermieristico, che consente anche al personale di programmare l'orario aggiuntivo nel corso dell'anno, a fronte di un'adeguata remunerazione. Tale programmazione, prevista dalla normativa - legge n. 1/2002 - è quindi uno strumento per evitare un sovraccarico di lavoro dannoso sia per la salute psicofisica del lavoratore, sia per il mantenimento dei livelli qualitativi dell'assistenza erogata.

Questa programmazione è esattamente uno degli obiettivi più volte richiesti dalle organizzazioni sindacali, rispetto alla logica precedente del semplice espletamento del lavoro straordinario; lavoro straordinario che non poteva diventare attività ordinaria, se non nell'ambito di un ragionamento più vasto come quello previsto dalla normativa vigente.

C'è stato cioè un ribaltamento del concetto: io, volontariamente, accetto la proposta dell'azienda, programmo nell'arco degli otto mesi questo orario aggiuntivo, ed è cosa ben diversa dal subire dall'azienda un lavoro straordinario a fine turno a seconda delle esigenze. È di tutta evidenza che sono interventi straordinari eccezionali, la normativa - legge n. 1/2002 - è stata fatta su pressante richiesta degli assessori regionali alla sanità di tutta Italia per superare il problema di un'emergenza, che comunque c'è e che non voglio sottintendere.

Rispetto al problema della tutela della salute, tutto il personale dipendente è sottoposto, ai sensi della normativa vigente in materia di sicurezza sui luoghi di lavori, a visite e controlli periodici per verificare lo stato di salute, l'adeguatezza dello svolgimento delle mansioni previste dal contratto di lavoro. Le visite e i controlli periodici, svolti a norma di legge, da parte del medico del lavoro hanno l'obiettivo di ridurre i rischi per la salute psicofisica del lavoratore, prima di tutto nell'interesse della tutela della salute pubblica e di riflesso dell'azienda in cui il dipendente stesso opera.

Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU) C'è sempre difficoltà a capire quello che l'altro dice. Io sono stata molto esplicita nella mia introduzione, dicendo che quella ricerca era un'occasione per riflettere. Un'occasione per riflettere su quello che capita nel corso del lavoro all'interno di un ospedale.

Sottolineo, solo en passant, che ancora una volta registro un atteggiamento di scetticismo dell'Assessore nei confronti delle ricerche, già di fronte alla ricerca "Prometeo", aveva sollevato dubbi, ma dopo due o tre anni ha dovuto ricredersi. Non credo che l'utilizzare dati scientifici sia un metodo per distruggere la sanità pubblica. Piuttosto distrugge la sanità pubblica chi non fa funzionare i servizi pubblici, distrugge la sanità pubblica chi richiede agli utenti che vogliono prenotare un esame, di pagare, altrimenti devono aspettare due mesi prima di avere l'esame. Assessore, questi distruggono la sanità pubblica! Distrugge la sanità pubblica anche chi vuole immettere nell'Ospedale in modo massiccio il privato. Allora non dica a me che voglio distruggere la salute pubblica, semmai è la sua politica, Assessore, che qui in Valle distrugge la salute pubblica! Chiusa parentesi.

Lei dice che bisogna far riferimento a temi approfonditi in loco: sicuramente le indicazioni che ho fornito emergono da quello che in loco sta avvenendo. Ho citato un documento dei sindacati in loco, parlo del 5 aprile 2002, sono le RSU locali che dicono quelle cose, non è la sottoscritta che non è dentro l'Ospedale e che non vede le situazioni, ma sono le RSU che descrivono quella situazione, sono le persone che lavorano all'interno che descrivono questa situazione.

Quindi è proprio in loco che il tema del disagio degli infermieri va approfondito. E il fatto che lei continui a trincerarsi dietro il dato che qui abbiamo un numero di infermieri superiore in percentuale a quello che c'è a livello nazionale, secondo me, può diventare preoccupante per certi aspetti, perché significa - se i risultati sono questi - che non c'è una capacità organizzativa del lavoro da parte dell'azienda. Lei, nella sua introduzione, ha seccamente smentito, la correlazione disagio infermieri - errori, ricordando che gli errori semmai sono da imputarsi alla diagnosi e non dall'operato degli infermieri.

Però nella sua risposta, quando mi ha elencato le iniziative che l'azienda sta intraprendendo per gli infermieri, ha detto "l'azienda, per evitare che vi siano errori dovuti ad affaticamenti…", questa è un'affermazione fatta dall'azienda e non da me; quindi questo significa che l'azienda è consapevole che a volte, purtroppo, ci sono errori dovuti ad eccessivo affaticamento. Questo è un dato di fatto, che l'azienda in loco ha fornito. Io credo allora che il problema esista e che le soluzioni finora individuate sono risultate solo dei palliativi che non risolvono il problema, ma lo prorogano nel tempo.

Lei dice che bisogna guardare in loco. Allora guardiamo in loco quali sono le cause reali di fondo dell'emergenza infermieristica ad Aosta. La programmazione del personale infermieristico da preparare con i corsi universitari è adeguata alle esigenze? Lei vanta, giustamente, questo corso di trenta infermieri professionali all'anno; intanto, è difficile che arrivino in trenta alla conclusione del corso perché lungo il percorso se ne perdono alcuni.

Inoltre ci si domanda se questo numero è sufficiente a coprire l'uscita del personale che va in pensione? No, non è sufficiente, perché la stessa azienda richiama personale già in pensione, perché venga a prestare la propria opera, non essendo sufficiente il numero di infermieri che escono ogni anno.

E quando abbiamo chiesto in commissione questa valutazione, non abbiamo avuto risposte chiare ed esaurienti! Ancora, quale utilizzo viene fatto in loco del personale infermieristico? Non c'è a volte un utilizzo improprio? Abbiamo in percentuale più infermieri rispetto al resto d'Italia, ma può darsi anche che a molti di questi siano affidati compiti amministrativi, che molti di questi cioè svolgano funzioni improprie rispetto a quelle previste dal mansionario del contratto. Ancora: si è pensato a incentivare in qualche modo e a facilitare il lavoro degli infermieri? Credo che ogni azienda che si rispetti cerca di far sì che il proprio personale si trovi bene. Il personale infermieristico che se ne va dalla Valle d'Aosta, probabilmente non va a percepire uno stipendio molto diverso, ma gode di benefit diversi. Checché ne pensi l'Assessore ci sono persone che se ne vanno perché ci sono dei benefit diversi e interessanti, delle facilitazioni, degli aiuti che consentono all'operatore sanitario di lavorare meglio.

Ancora: quali sono le condizioni di lavoro degli infermieri? Qui non è stata fatta un'analisi, e io l'ho chiesto espressamente nella nostra interpellanza. Si è fatta una valutazione del carico di lavoro degli infermieri e della possibile incidenza di tale sovraccarico sugli eventuali errori del personale? Lei ha detto che ogni direzione budgettaria se la fa, ma sulla base di quali parametri? I risultati di questa valutazione dove sono, chi li ha visti? Quante sono le persone con sovraccarico di lavoro? In quali posti sono? Questi sono i dati importanti da avere, non basta dire che viene fatta una valutazione!

La valutazione, se non si traduce in dati concreti, non è né controllabile né utilizzabile. Ancora: quali sono le condizioni di lavoro degli infermieri? In alcuni casi abbiamo visto che si è fatta giustamente la scelta di mantenere i servizi agli utenti, ma in altri lo si è fatto facendo pagare agli infermieri questa scelta; addirittura in taluni casi si mette un posto letto in più e non si aumenta il personale. Secondo me, questo è molto grave!

Dal punto di vista organizzativo si segnalano poi anche molte carenze strumentali per il lavoro quotidiano; l'avere o no dei lavapadelle, l'avere o no dei defibrillatori può essere giudicato cose banali, Assessore - anche se non è poi così banale per chi lavora tutto il tempo in un reparto. Ma veniamo al clou, al fatto che all'USL di Aosta con l'introduzione della vendita di pacchetti ore si sia anticipato il "decreto Sirchia". Assessore, sono due cose totalmente diverse e l'USL oggi non ha applicato il "decreto Sirchia", non lo ha applicato affatto, perché per applicare il "decreto Sirchia" occorrono alcune condizioni: un contratto individuale fra datore di lavoro e il professionista, e questo non si inventa da un giorno all'altro; la definizione preventiva delle tariffe, dei tetti massimi individuali in seguito ad una consultazione preventiva con i sindacati in sede di contrattazione decentrata; la definizione del tetto massimo di spesa calcolata sulla base del costo presunto del personale vacante in organico; la definizione delle situazioni - ed ecco qui la nostra richiesta di una valutazione del carico di lavoro- che comportano eventuali stress da superlavoro.

Questo non è stato fatto ancora, per cui non si sono ancora definite le modalità di utilizzo del personale. Concludo, signor Presidente, dicendo che si lascia il personale allo sbaraglio. Personale che, se interrogato, ad una voce risponde: siamo spremuti oltre ogni limite! Fino a quando può andare avanti questa situazione, Assessore?