Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 2491 del 6 marzo 2002 - Resoconto

OGGETTO N. 2491/XI Impegni nel Piano socio-sanitario 1997-1999 per l’assistenza ai malati di mente. (Interpellanza)

Interpellanza Preso atto delle indicazioni presenti nei Piani socio-sanitari 1997-1999 e 2002-2004 per quanto riguarda la cura e l’assistenza degli ammalati psichici;

Visto il documento predisposto dalla DI.A.PSI (Difesa ammalati Psichici-ONLUS) del Piemonte, assunto e fatto conoscere dalla DI.A.PSI della Valle d’Aosta;

Viste le osservazioni che sulla situazione degli ammalati psichici e delle loro famiglie sono state fatte da rappresentanti della DI.A.PSI Valle d’Aosta nel corso dell’audizione in quinta commissione consiliare, in cui sono state sottolineate alcune esigenze prioritarie per la nostra regione e precisamente:

- la attivazione di strutture di accoglienza;

- l’estensione a tutto il territorio regionale del servizio infermieristico all’ammalato e del servizio di sostegno alla famiglia, attivati per ora solo per la città di Aosta;

- la revisione delle modalità di utilizzo della legge regionale 22/93 per offrire un sostegno economico alle famiglie;

- l’aggiornamento e la formazione degli operatori sociali sulle tematiche della psichiatria

- l’adozione di modalità facilitanti l’inserimento lavorativo;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

l’Assessore competente per sapere:

1) quali sono, relativamente agli ammalati psichici, gli impegni del Piano sociosanitario 1997-1999 che sono stati realizzati; di quali si è avviato l’iter di attuazione e quali rimangono ancora inadempiuti;

2) se, come, e in quali tempi, si intende rispondere alle esigenze evidenziate dalle famiglie di ammalati psichici.

F.to: Squarzino Secondina - Beneforti

Presidente La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU) Il tema dell’assistenza e cura degli ammalati psichici è sempre difficile da affrontare, sia per il carico di sofferenza che ogni caso esprime, sia per la difficoltà di individuare e far emergere gli ammalati latenti: si tratta di ammalati che non osano o non vogliono manifestarsi, o che non vogliono accettare neanche personalmente il loro stato di disagio; sia, infine, per la difficoltà oggettiva di individuare strumenti flessibili capaci di dare una risposta alle esigenze differenziate che ogni persona, e il relativo nucleo familiare, esprimono.

Recentemente l’associazione che raggruppa le famiglie di ammalati psichici, la DI.A.PSI, ha iniziato anche nella nostra regione la sua attività, ed ha iniziato a portare all’attenzione della popolazione e delle autorità competenti il problema nel suo complesso. Teniamo conto che si sta parlando di "malattia psichica", non di handicap o cose di questo genere; si parla di schizofrenia, di depressione grave, di disturbi dell’umore, di gravi disturbi della personalità, di psicosi, cioè di casi molto gravi che non possono essere affrontati superficialmente o messi nell’angolo, relegati come cose non importanti, e non considerati delle priorità da prendere in considerazione.

Eravamo già intervenuti su tale questione precedentemente con altra iniziativa, e recentemente c’è stata un'audizione in sede di commissione consiliare, in seguito ad una richiesta fatta dall'Associazione DI.A.PSI. Si trattava di una richiesta della DI.A.PSI, rivolta alla commissione e a tutti i Capigruppo e alle forze politiche per far conoscere al maggior numero di soggetti possibile le questioni che le interessano.

Nel corso dell’audizione in V Commissione, i rappresentanti dell’Associazione DI.A.PSI hanno illustrato la situazione in cui si trovano gli ammalati psichici in Valle, hanno esposto le loro esigenze ed hanno fornito anche alcuni dati che, sicuramente, l’Assessore conosce. E certamente l’Assessore ha presente la complessità della questione.

Riteniamo sia utile portare anche in Consiglio tale questione, perché è un modo per aiutare ciascuno di noi a farci carico del problema, ciascuno per la sua parte, in modo che le eventuali risposte che vengono date sul territorio a questo problema, le eventuali analisi che vengono fatte, anche queste, diventino patrimonio collettivo. Cosa chiedono, e in questo senso sono un po' la portavoce delle esigenze espresse dall'Associazione DI.A.PSI, innanzitutto cosa chiedono i rappresentanti della DI.A.PSI? Chiedono che sia data attuazione a tutta quella serie di interventi che erano previsti già nel Piano socio-sanitario 1997-1999, che, essendo stato prorogato fino al 2001, da triennale è diventato piano quinquennale.

Chiedono che sia data attuazione a tutti gli strumenti che il piano prevede e li elenco brevissimamente, per ricordarli: un servizio psichiatrico di diagnosi e cura, un day hospital, un centro di salute mentale, un centro diurno, una struttura riabilitativa, l'hospice presso la sede dell’ex-Maternità, una residenza sanitaria assistenziale, anche questa presso la sede dell’ex-Maternità, tre centri di salute mentale di minori dimensioni, due comunità protette collocate sul territorio, oltre alla integrazione fra le varie tipologie di servizi.

Rispetto a tutta questa serie di strumenti che il piano prevede, quello che appare come prioritario in seguito alle richieste della DI.A.PSI, riguarda l’attivazione di strutture di accoglienza. Sono stati presentati, tra l'altro, casi di persone senza fissa dimora, senza famiglia, che il buon cuore di qualcuno ha accolto nella propria casa, ma credo che il Servizio sanitario debba provvedere a questi soggetti.

Una seconda esigenza importante è che sia attivato un centro diurno per le comunità protette. Come ulteriori suggerimenti e ulteriori richieste, che non erano presenti nel piano del 1997, l’associazione chiede poi che alcuni servizi che sono stati attivati nella città di Aosta e circondario siano estesi a tutta la Valle. In particolare due tipi di servizio: il servizio infermieristico per il malato, perché questo consentirebbe la somministrazione diretta di medicine, quindi un controllo rispetto al malato, cosa che la famiglia non può fare perché molte volte la sua azione non è accettata dal malato; il servizio di sostegno alla famiglia, perché il problema degli ammalati psichici diventa anche un problema per la famiglia.

Non per niente l’associazione DI.A.PSI è l’associazione dei familiari dei malati, anche perché questi ammalati non hanno le possibilità di esprimere le proprie esigenze e i propri bisogni. Insieme alla richiesta di attivazione urgente di strutture di accoglienza e di un centro diurno, la DI.A.PSI chiede, ripeto, che siano estesi a tutto il territorio regionale il servizio infermieristico per il malato e il sostegno alle famiglie. Inoltre, viene chiesto che si prevedano specifiche formazioni o informazioni su questa speciale tipologia di ammalati per tutti gli operatori sociali, perché, ad esempio, l’assistente sociale non è in grado di conoscere in particolare questo tipo di malattia, di utente: gli psicologi stessi non sono tutti attrezzati a seguire questa tipologia di ammalati.

Un’altra questione che è stata sollecitata e sottolineata come urgente, di cui non si parla molto e di cui non si vede traccia nei vari piani, è la questione dell’inserimento lavorativo per questi particolari tipi di ammalati. Si potrebbe pensare a forme sperimentali di inserimento lavorativo, dato che effettivamente queste persone, proprio per la labilità della loro personalità e anche per il fatto che in genere si tratta di persone molto intelligenti, che hanno un grande senso del proprio "io", non sempre accettano le difficoltà che in un ambiente normale di lavoro si incontrano, per cui sarebbe opportuno pensare a qualche iniziativa specifica rispetto a questo settore.

Ho fatto un po' il quadro della situazione così come è emersa dalle audizioni in commissione. Ci sembra importante che l’Assessore faccia il punto circa gli impegni del Piano socio-sanitario 1997-1999 e che esprima i propri intendimenti rispetto alle richieste evidenziate dalle famiglie, richieste che abbiamo riportato nella premessa dell'interpellanza.

PresidenteLa parola all’Assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Vicquéry.

Vicquéry (UV) Condivido l’approccio che la Consigliera Squarzino ha dato ad un problema, che giustamente definisce "complesso", e in quanto complesso, difficile da risolvere.

Andando per ordine, nelle premesse dell'interpellanza è citato un documento della DI.A.PSI, associazione che si occupa della difesa degli ammalati psichici, di cui si è costituita ed è attiva una sezione valdostana. Corre l’obbligo di ricordare che in seno al Dipartimento di salute mentale, prima ancora che l’associazione venisse costituita, era stato espresso l’auspicio che in Valle d’Aosta si costituisse un'associazione dei familiari dei pazienti psichiatrici, al fine di completare all’interno del Dipartimento di salute mentale, come indicato dal "Progetto obiettivo nazionale per la salute mentale", la rappresentanza di tutti i soggetti aventi ruolo rispetto alla problematica. Non appena la DI.A.PSI si è costituita, circa un anno fa, vennero posti in essere contatti e incontri, volti non solo a supportare la presentazione pubblica, ma ad inserire immediatamente l’associazione nel dipartimento.

L’assemblea di tutti i membri del Dipartimento di salute mentale è convocata almeno una volta all’anno, mentre mensilmente si riunisce il Consiglio, organo ristretto, ai cui lavori possono richiedere di partecipare o essere espressamente invitati quanti sono direttamente coinvolti nelle singole specifiche discussioni. Proprio nelle scorse settimane il Consiglio del Dipartimento di salute mentale ha incontrato la DI.A.PSI per ascoltare le valutazioni in merito ai problemi e alla qualità dei rapporti instaurati con i servizi pubblici, nell’intento di migliorare la collaborazione impostata su criteri di reciprocità.

Nella riunione del Consiglio del Dipartimento di salute mentale, a cui la DI.A.PSI partecipò in data 22 gennaio scorso, sono stati affrontati serenamente e in modo costruttivo i problemi alla cui soluzione tengono tutti, talora con visioni diverse, ma pur sempre in un'ottica di rispetto e di considerazione reciproca e con gli stessi obiettivi: fornire servizi di qualità.

Nel corso della riunione sono state affrontate tematiche sia gestionali sia strutturali. Non sempre, ad esempio, i familiari di persone con problemi psichiatrici sembrano essere soddisfatte dell’intervento terapeutico posto in essere da parte delle strutture, dei servizi, dei medici. I familiari degli utenti psichiatrici si aspettano, talvolta, ciò che l’intervento medico terapeutico non può assicurare, o non può farlo così come i familiari dell’utente desidererebbero.

Questo però non può essere ascritto a critiche delle strutture, dei servizi e dei medici, ma alla drammatica complessità delle problematiche e al fatto che la prima preoccupazione è e deve essere per tutti l’utente.

Ai familiari degli utenti delle strutture psichiatriche pare anche che i medici non forniscano sempre tutte le indicazioni e le informazioni che vorrebbero avere, ed è faticoso spiegare che anche il paziente psichiatrico, se non è interdetto giuridicamente, ha diritto alla privacy e alla tutela della privacy, per cui ai familiari possono essere fornite solo le informazioni che il paziente è d’accordo siano fornite. La riunione comunque è valsa non solo a chiarire queste ed altre situazioni, ma anche a prendere atto della necessità di perfezionare comunque il rapporto fra i medici delle strutture e dei servizi psichiatrici, e i familiari dei pazienti psichiatrici, individuando inoltre altre problematiche, alla cui soluzione la DI.A.PSI sarà chiamata a concorrere.

Esistono servizi e prestazioni territoriali offerti piuttosto diffusamente, il sostegno psicologico alle famiglie, ad esempio, non è trascurato; ma non è possibile ipotizzarne in senso unilaterale una modificazione. Il Dipartimento salute mentale ha attivato protocolli di collaborazione per coinvolgere strettamente i medici di assistenza primaria, gli infermieri, gli psicologi in un lavoro che diventa di rete, per moltiplicare le occasioni e gli strumenti di prevenzione, di assistenza e di sostegno fornito ai pazienti e ai familiari: in questo ambito si tenta di fare della formazione per le altre figure professionali, ma la scommessa è lavorare in rete.

Ha poi perfezionato meccanismi per i T.S.O. (trattamenti sanitari obbligatori), che non poca importanza hanno nell’affrontare la casistica più complessa: normativa che è in fase di ridiscussione a livello parlamentare, normativa molto complessa su cui il dibattito politico ideologico è nuovamente aperto. Poiché esistono invece carenze reali, è su queste che bisogna concentrarsi. Bisogna allora giustamente tornare al Piano socio-sanitario, che ha recepito in materia quanto indicato dal Dipartimento di salute mentale, individuando delle priorità rispetto a ciò che complessivamente sarebbe necessario fare, considerando inoltre che è indispensabile fare i conti anche con le risorse economiche e soprattutto umane disponibili (fisioterapisti, riabilitatori, psicoterapeuti, infermieri).

Nell'interpellanza viene auspicata la revisione delle modalità di utilizzo della legge regionale n. 22/1993, ma in proposito va detto che ciò è già stato fatto in adesione a una richiesta sollecitata dalle famiglie.

La legge funziona come deve funzionare rivolgendosi non solo all'utenza psichiatrica, ma a tutta l’area del disagio e della marginalità, condizionando l’intervento di sostegno pubblico a un rapporto economico dell'utenza e dei familiari, valutato sulla base di criteri quali il reddito; né è possibile aspettarsi che attraverso detta legge, possano essere finanziati progetti che non siano realmente alternativi rispetto alle prestazioni normalmente fornite dai servizi.

È opportuno perfezionare il sostegno della rete alle famiglie, perché non si propende verso scelte che ghettizzino l’utente psichiatrico, indirizzandolo in strutture che ripropongano la logica manicomiale, ma assicurando invece quanto più possibile la permanenza del paziente stesso, come del resto avviene per gli anziani ospitati nelle microcomunità, nel suo territorio e vicino alla famiglia, ritenendo che ciò contribuisce se non ad una totale guarigione, spesso impensabile e irraggiungibile, a rendere la sua vita comunque migliore.

Nelle premesse dell'interpellanza è sollevato anche il problema delle difficoltà, che si incontrano per assicurare agli utenti con problematiche psichiatriche alcune facilitazioni nell’inserimento lavorativo. Va detto che il problema esiste, ma esiste purtroppo anche per i tossicodipendenti e per gli alcoldipendenti, esiste per tutta quella fascia di popolazione che, essendo in situazione di disagio, trova difficoltà ad inserirsi o a reinserirsi in un mercato del lavoro che è chiuso e ostico anche verso le persone in situazione, per così dire, di normalità.

Va tuttavia ricordato che in passato è stato realizzato, di concerto con l’Agenzia del lavoro, il "Progetto Horizon", finanziato dal Fondo sociale europeo e attuato in diversi stati europei, assumendo in Valle d’Aosta la denominazione "Cooperativamente", al termine del quale sono stati possibili alcuni inserimenti lavorativi. Recentemente è stato inoltre approvato il "Progetto Copernico", che sarà finanziato dal Fondo sociale europeo, e che prevede la collaborazione dell’Assessorato regionale alla sanità, del Dipartimento salute mentale e del Consorzio Trait d’union.

Sulla base di una ricerca sul territorio e dopo un processo di formazione specifica, si tenterà di dare una prima positiva risposta al problema del reinserimento lavorativo delle persone con problematiche psichiatriche, di concerto con l’Agenzia del lavoro. Ultimamente, è stato inoltre deciso di ampliare la gamma dei soggetti inseribili nella Fondazione agricola Ollignan con attenzioni particolari per alcuni, pochi, soggetti che hanno una patologia psichica psichiatrica.

Per quanto concerne i due quesiti dell'interpellanza, preciso, rispetto al Piano socio-sanitario 1997-1999, che questo indicava degli obiettivi e degli strumenti e, fra questi, le strutture attraverso i quali il raggiungimento di quegli obiettivi sarebbe stato possibile.

Si ricordi anche che in sede di risposta ad una precedente interpellanza ebbi modo di esplicitare un interrogativo, mi chiedevo in tutta onestà: "Ci riusciremo?", evidenziando che i propositi del piano richiedevano tempi lunghi e che non avremmo potuto trarre un bilancio prima dell’aprile 2003, tanto per indicare una data appena credibile.

La necessità dei tempi lunghi non è legata solo alle complessità delle procedure burocratiche, ma a un sistema di regole nel settore molto specifico. Non si dimentichi che il Piano socio-sanitario 1997-1999 venne approvato prima che venisse costituito il Dipartimento di salute mentale, e prima che alcune decisioni politiche nazionali modificassero il contesto nel quale certe scelte e l'individuazione di certe strutture erano state indicate.

In alcune regioni l'introduzione dei meccanismi dell’accreditamento ha fatto sì che nell’intertempo trascorso fra l’approvazione della realizzazione di una struttura pubblica indispensabile e la sua realizzazione siano mutate le regole, e ora queste strutture non risultano più rispondenti, sono inadeguate e non possono essere utilizzate.

In Valle d’Aosta la costituzione del Dipartimento di salute mentale, la sua partecipazione a progetti nazionali come il "Progetto Progress", teso ad individuare nuove tipologie di strutture destinate a meglio organizzare i servizi forniti all'utenza - progetto su cui personalmente credo molto, perché il tentare di definire nuove tipologie di strutture destinate ad organizzare meglio i servizi è la vera scommessa, rispetto alla logica manicomiale, ma che va al di là della logica della comunità-alloggio o di strutture simili -, e l'individuazione di un mutamento prodottosi nella tipologia dell'utenza - questo è un dato incontestabile, in quanto è cambiata l’utenza dai tempi degli ex manicomi - ha portato a modificare la tipologia di alcune strutture indicate nel piano.

Così come venivano ristrutturati, da un punto di vista edilizio, gli ambienti dell’ex-Maternità, e potevano meglio operare i servizi già esistenti come il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il day hospital psichiatrico, i cui lavori si ritiene che vengano ultimati finalmente entro fine giugno, essendo già utilizzata metà del reparto nuovo; sta per essere dato un incarico per la progettazione esecutiva del centro di salute mentale e del centro diurno, che verranno collocati nella ex-Maternità.

Il piano 1997-1999 prevedeva l’attivazione di tre centri di salute mentale di minori dimensioni e due comunità protette, suddivise sul territorio fra Aosta Pont-Suaz, Donnas presso il Poliambulatorio e alta Valle, da attuare nel secondo triennio.

Allo stato attuale si deve osservare che mentre la struttura di Pont-Suaz è operante, anche se dovremmo trovare ipotesi logistiche diverse - e su questo ci stiamo attivando - i lavori di ampliamento del Poliambulatorio di Donnas sono in corso e, anche se la progettazione e la fase dell’appalto hanno accumulato dei ritardi, proseguono secondo la tempistica definita dalla programmazione.

Si prevede che il Poliambulatorio di Donnas possa essere terminato entro il 2003. Per quanto riguarda la struttura da attuare in alta Valle, mentre il piano indicava che questa sarebbe stata realizzata solo nel secondo triennio, vi è un ripensamento in funzione sia del numero dei possibili utenti, sia della tipologia degli stessi.

Rispondendo alla seconda domanda, l’obiettivo è quello di diminuire la ospedalizzazione e la cronicità. Per quanto concerne la fornitura di prestazioni territoriali, sia ambulatoriali che domiciliari, il dipartimento ha apportato una modificazione strutturale delle attività dell'Unità budgetaria di Psichiatria; alcuni medici prestano la loro attività esclusivamente nel reparto Diagnosi e cura e svolgono attività ambulatoriale in Aosta; altri medici svolgono, oltre ad attività ambulatoriali e domiciliari in Aosta, attività anche a livello territoriale con la copertura più ampia per ognuno dei quattro distretti. È previsto un potenziamento per i distretti uno e tre e l’apertura di un nuovo polo a Nus.

All’interno di ognuno dei quattro distretti, vi sarà la presenza di più psichiatri con la possibilità di interscambio, mentre è previsto per i consultori di Aosta un referente psichiatra per le nuove situazioni problematiche urgenti. Su questo sono intervenuto personalmente, perché non è ipotizzabile che, a fronte di questioni urgenti, non sia reperibile non solo il sabato e la domenica, ma soprattutto nei week-end, nessun medico psichiatra, e che nessuno riesca a prendersi in carico i soggetti, come è successo troppo spesso.

È per supplire a queste necessità che è in corso un ampliamento della copertura di guardia attiva nel reparto di Diagnosi e cura, di modo che il medico sia referente dell'urgenza e possa relazionarsi immediatamente con le altre figure professionali sul territorio, mentre oggi così non è. Oggi ci si limita ad una ospedalizzazione senza presa in carico oggettiva del problema del soggetto né del problema della famiglia. A tal proposito vi illustro alcuni dati di carattere generale.

Nel 2001 presso il servizio di Diagnosi e cura sono stati effettuati 300 ricoveri: nel numero sono inclusi i ricoveri ripetuti, e cioè più ricoveri relativi alle stesse persone, con un numero di giornate di degenza complessive di 3721. Relativamente a questo dato c’è da evidenziare che rispetto all’anno precedente, mentre il numero dei ricoveri è rimasto uguale, è diminuito il numero delle giornate di ricovero e i ricoveri sono riferiti a situazioni più gravi e complesse.

Gli utenti dei day hospital sono stati circa 103, pari a 1358 giornate di degenza. Tra visite ambulatoriali, colloqui, psicoterapie, consulenze, fototerapie, test psicologici, prelievi, alcometrie, eccetera, il servizio di Diagnosi e cura ha effettuato ben 17.116 interventi, di cui 14.000 ad Aosta e 3.000 sul territorio. Rispetto all’anno precedente l’attività ambulatoriale è aumentata del 40 percento, un dato estremamente significativo, a cui contribuisce anche l’aumento complessivo delle prestazioni fornite sul territorio. Pertanto, in sintesi, se l’obiettivo principale è quello di diminuire la ospedalizzazione e la cronicità, e aumentare gli interventi sul territorio, devo dire, in tutta franchezza, con tutti i punti interrogativi che ho citato, che stiamo andando verso questa logica, con un aumento significativo delle prestazioni sul territorio.

Concludo riprendendo alcune proposte della Consigliera, che fa proprie quelle della DI.A.PSI. Estensione del servizio infermieristico a domicilio su tutto il territorio: ho avuto modo di incontrarmi recentemente con la DI.A.PSI e ho spiegato loro che è impensabile, non solo oggi, ma anche in futuro, ipotizzare che i servizi specialistici di secondo livello, quali sono quelli della psichiatria, o degli specialisti in genere, possano entrare a domicilio di tutti i pazienti valdostani, perché lo specialista di secondo livello deve fare un lavoro di filtro e affidare poi la sua professionalità, delegandola ai medici operanti sul territorio, in primis ai medici di base e alle strutture professionali ivi operanti.

In questo contesto è impensabile ipotizzare che un servizio infermieristico specifico per il Dipartimento di salute mentale venga istituito sul territorio, perché deve essere utilizzato il servizio infermieristico globale dell’assistenza domiciliare e dell’assistenza domiciliare integrata solo ed esclusivamente per i casi di necessità del servizio infermieristico, mentre, ancora oggi, troppe volte, si confonde il servizio infermieristico in quanto tale con il servizio di assistenza alla persona, che deve essere fornito da altri servizi. Questo concetto mi pare sia stato recepito, perché questa è la logica su cui si stanno muovendo tutti i servizi sanitari regionali?

(interruzione della Consigliera Squarzino Secondina, fuori microfono)

? ieri, con il Presidente dell'associazione.

Servizio di sostegno alla famiglia: la modifica della legge regionale n. 22 è stata fatta per andare incontro a queste situazioni, e alcune sono già state esaudite a seconda della dichiarazione dei redditi e degli aspetti oggettivi di ammissibilità o meno della domanda. Sull’inserimento lavorativo ci stiamo muovendo con forza, come ho detto; di certo non posso aspettarmi risultati concreti in questo contesto generale, in cui difficilmente riescono ad inserirsi persone cosiddette "normodotate".

Il problema comunque c’è, le procedure sono state avviate sia a livello di struttura, sia a livello di riorganizzazione del servizio, che in questi anni ha subito delle modificazioni complesse. I risultati non sono, in questo campo, oggettivamente misurabili come lo sono in altri: non è sufficiente il numero delle visite ambulatoriali o delle presenze sul territorio dei medici per poter avere dei riscontri oggettivi, perché l’enorme problema è quello di gestire questi soggetti, è quello di convincere alcuni pazienti psichiatrici a recarsi a prendere la terapia normalmente nella sede ambulatoriale quando non ritengono di doverla prendere. L’enorme problema è quello di dover sempre più intervenire sui casi urgenti. Ritengo che i disegni di legge che sono all’attenzione del Parlamento, debbano affrontare tutte queste problematiche, perché la soluzione "sic et simpliciter" di chiudere i manicomi, ha messo in grosse difficoltà i servizi territoriali regionali, difficoltà che sono assolutamente palesi.

Presidente La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU) Ho ascoltato con attenzione la lunga relazione che l’Assessore ha fatto e credo che uno degli obiettivi, che era quello di rendere più pubblico l’insieme delle questioni, sia stato realizzato.

Rispetto alle singole osservazioni fatte, non ho messo in dubbio anche nella mia presentazione che c’è la volontà politica di affrontare tale questione; purtroppo, i risultati, rispetto a tutte le azioni che si stanno facendo, sono minimi. Lei mi dice che i risultati non sono misurabili in questo settore, può anche darsi; ma sono mediamente le famiglie, che hanno il carico affettivo di questi utenti, che possono misurare il grado di soddisfacimento, la qualità di vita loro e del loro congiunto.

Credo quindi che il soddisfacimento e i risultati vadano misurati sul miglioramento della qualità di vita dell’utente e dei familiari. Rispetto a questo, dalla sua esposizione emerge come esistano delle criticità su cui occorre cominciare a lavorare subito, e come si debba accettare che ci sia questa criticità e non nasconderla. Lei ha detto che nei servizi già avviene il sostegno psicologico alle famiglie, e che si sta avviando il lavoro di rete. Di fatto, questo sostegno psicologico alle famiglie, non è ritenuto idoneo dalle famiglie, altrimenti non avrebbero sollecitato una qualità di tipo diverso di sostegno psicologico che viene dato nell’ambito del territorio di Aosta.

Ripeto, non metto in dubbio che il programma, che le attività che vengono poste in essere, abbiano questa finalità; però la finalità del sostegno psicologico alle famiglie non è raggiunta, altrimenti le famiglie non avrebbero detto che gradirebbero un tipo di sostegno diverso. Sono i dati che parlano.

C’è la volontà politica, ma i risultati sono misurabili non tanto nell’affermazione di tutte le cose che vengono messe in atto - e che non metto in dubbio - ma nel fatto che queste cose messe in atto raggiungano dei risultati. E rispetto, ripeto, al sostegno psicologico della famiglia, non c’è un risultato. Se si continua per quanto riguarda il sostegno psicologico, a mantenere lo stesso trend di servizio, non va bene; qui bisogna intervenire, qui bisogna attivare un servizio tipo quello che è stato attivato dal Comune di Aosta. Se questo è un servizio che sperimentalmente funziona di più, perché non prendere questo come modello e ripensare al sostegno psicologico complessivo alla luce di questo modello? Se uno continua ad affermare: "noi facciamo sostegno psicologico e questo va bene", è chiaro che non si mette neanche nella prospettiva di verificare il senso del proprio servizio!

Condivido il fatto che si tratta di diminuire la cronicità e che bisogna attivare servizi sul territorio: l’esempio di prima mi sembra calzante; allora, dare servizi sul territorio è giusto, ma devono essere servizi che rispondono a delle esigenze reali. Non ci si deve limitare solo a dire: "abbiamo fatto i servizi sul territorio, siamo a posto".

Apprezzo che l’Assessore si sia impegnato personalmente a chiedere che l’USL attivi nei consultori uno psichiatra, una guardia medica, una copertura per l’emergenza. E qui apro una parentesi. Questo vuol dire che anche in altre situazioni lei non potrà più dire: "non è colpa mia, è l’USL che prende le decisioni". Quando lei vuole, quando lei ha individuato un obiettivo ben preciso, chiede, pretende, ottiene; questo, per certi aspetti, è politicamente giusto, anche se dovrebbe essere all’interno di un piano e non dettato da un input estemporaneo che dipende da esigenze che lei ritiene utili! Chiusa parentesi.

Prendo atto di questo, dicevo, ma il tipo di risposta che lei mi ha fornito rispetto al servizio infermieristico non mi soddisfa. Lei afferma che ieri la DI.A.PSI ha ritenuto soddisfacente questa risposta; può darsi, io non c’ero all’incontro ieri, non conosco la proposta che lei ha fatto, né come l’ha motivata, ma credo che non si possa dire che un servizio infermieristico non può essere dato sul territorio anche a questa tipologia di ammalati.

Come viene dato agli anziani, va dato anche a questi utenti e allora si preparano - ecco perché si parlava di preparazione - gli infermieri che lavorano sul territorio a questo specifico tipo di servizio, altrimenti non diamo una risposta reale a questi utenti! È vero che diminuiscono gli utenti psichiatrici nella struttura, certo, ma se sul territorio questi non ricevono i servizi adeguati, la qualità complessiva della vita degli utenti e delle famiglie scade e diventa non umana in molte situazioni. E lei questo lo sa benissimo!

Prendo atto del lavoro, degli esperimenti e dei progetti che ci sono, ritorno come ultimo punto sulle strutture. Su questo ritengo che non ci sia la consapevolezza dell'importanza di queste strutture; queste non vogliono dire cronicità, ma servono ad offrire un servizio agli ammalati perché possano condurre una vita decorosa e protetta. Lei ha parlato di "tempi lunghi" e di "nuove tipologie di strutture". Può anche darsi; ma se io prendo il recente Piano socio-sanitario 2002-2004, qui sono indicati queste strutture e sono indicate anche con degli errori palesi! Non vorrei che le strutture che nel piano sono già indicate come presenti, mentre non ci sono, non fossero più perseguite. Nel piano, là dove si fa l’elenco delle strutture sanitarie e socio-sanitarie nell’ambito della salute mentale, viene dato come esistente nel Distretto II, che corrisponde alla zona di Aosta e circondario, un centro diurno.

Ma questo centro non esiste; vorrei sapere dov’è questo centro diurno, se appena prima lei mi ha detto, facendo l’elenco dei lavori, che per il centro diurno e il centro di salute mentale nell’ex-Maternità stanno partendo i lavori. Di conseguenza, il piano prevede l’esistenza di un centro diurno nel Distretto II, che non esiste. Come pure sempre nel piano si parla di "residenze terapeutiche riabilitative" e se ne individuano due nel Distretto di Aosta, e invece ce n’è una sola, quella di Pont-Suaz, e ancora con i problemi che tale struttura pone. Quindi la questione di "dove possono vivere in situazione protetta gli adulti, che non hanno una famiglia dietro le spalle", rimane ancora insoluta!